Anno XXXIV
n. 4 Aprile 2004
Ordine
Direzione e redazione
Via Appiani, 2 - 20121 Milano
Telefono: 02 63 61 171
Telefax: 02 65 54 307
dei
giornalisti
della
Lombardia
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e-mail:[email protected]
Spedizione in a.p. (45%)
Comma 20 (lettera b)
dell’art. 2 della legge n. 662/96
Filiale di Milano
Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al Giornalismo
Istituto “Carlo De Martino” per la Formazione al Giornalismo
IL CIRCOLO GREMITO DI COLLEGHI GIOVANI E MENO GIOVANI
“SARÀ L’ANNO DELLA SVOLTA:
LAUREA TRIENNALE IL TITOLO
MINIMO PER L’ACCESSO
ALL’ESAME DI GIORNALISTA”
di Daniele Lorenzetti e Antonino Morici
La sala Bracco del Circolo della Stampa è già gremita. Saluti, pacche sulle spalle e strette di mano. Inizia una delle
assemblee dell’Ordine più affollate degli ultimi anni, come
nota con soddisfazione il presidente Franco Abruzzo. A lui
tocca presiedere per la quindicesima volta l’annuale riunione
degli iscritti all’Ordine dei giornalisti della Lombardia. «Un
appuntamento particolarmente importante quest’anno – ha
sottolineato Abruzzo nel suo intervento di apertura – in quanto conclude un ciclo di attività, il triennio 2001-2004, e prece-
Le relazioni
del presidente
e dei consiglieri
Le tessere
ai praticanti delle
tre scuole lombarde
de le elezioni del prossimo maggio per il rinnovo delle cariche». La relazione del presidente ha questo titolo: “Il 2004
anno della svolta: laurea triennale titolo minimo per l’accesso
all’esame di giornalista. Così vuole l’Unione Europea”.
È stata un’assemblea sobria e pragmatica, con tre momenti
salienti: le relazioni annuali sul bilancio, i discorsi dei vertici
delle tre scuole di giornalismo milanesi, e i tradizionali riconoscimenti dell’Ordine alle 20 penne d’oro, alle migliori tesi
di laurea, e agli studenti delle scuole con la consegna dei
tesserini da praticante, in un ideale abbraccio tra vecchie e
nuove firme del giornalismo lombardo.
Segue a pagina 2
Medaglia d’oro
a venti colleghi per
mezzo secolo di Albo
Premio tesi di laurea,
ecco gli otto vincitori
su 255 concorrenti
Da pagina 2 a pagina 21
GIORNALISTI
ALLE URNE
per eleggere
i 9 consiglieri
regionali e
i 25 nazionali
nonché i 3
revisori dei conti
ORDINE
4
2004
Milano, 24 marzo 2004. Gli iscritti all’elenco professionisti e a quello pubblicisti
dell’Albo di Milano saranno convocati in
assemblea per l’elezione dei 9 consiglieri
regionali e di 25 consiglieri nazionali (14
professionisti e 11 pubblicisti) dell’Ordine. Le operazioni elettorali si svolgeranno, in seconda
c o nv o c a z i o n e
valida qualunque
sia il numero
degli intervenuti,
il 23 e 24 maggio.
Il ballottaggio, invece, si terrà il 30 e 31 maggio. Il Consiglio regionale è formato da sei professionisti e tre pubblicisti. Il Collegio dei revisori dei conti annovera due professionisti e un pubblicista. Si voterà, come negli
anni passati, nella Sala Orlando dell’Unione del Commercio di corso Venezia
49. Qui saranno collocate 30 cabine,
capaci di smaltire 600 persone in un’ora.
La sala di 600 mq è dotata di 600 poltrone. Le operazioni elettorali di prima
convocazione (16 maggio) si svolgeranno
nella sede dell’Ordine di via Appiani 2
anche se si sa in partenza che saranno da
considerare nulle, in quanto è impossibile ipotizzare che votino il 50%+1 dei circa
17mila giornalisti
professionisti e
pubblicisti iscritti
negli elenchi dell’Albo.
Non è ammesso il
voto per corrispondenza o per delega. I professionisti
votano soltanto per i professionisti e i
pubblicisti soltanto per i pubblicisti. Il
Consiglio, nella seduta del 23 febbraio, ha
deciso di aprire soltanto il seggio di Milano: ai giornalisti, che abitano fuori della
provincia di Milano e che raggiungeranno
Milano per votare, verrà rimborsato il
biglietto utilizzato sui mezzi pubblici.
IL 23/24 E IL
30/31 MAGGIO
INPGI
Gabriele
Cescutti
è presidente
Andriolo
vicepresidente
vicario
Condivisa dal Consiglio
generale dell’Istituto
una dichiarazione
programmatica
a pagina 22
1
Circolo
Relazione
della Stampa
di Franco
giovedì 25 marzo
Abruzzo
LA RELAZIONE
DEL PRESIDENTE
I lavori sono stati aperti dalle relazioni sul
consuntivo economico. «Sono date e numeri
un poco noiosi, lo so – ha scherzato Abruzzo con la platea – ma non possiamo sfuggire alle regole della nostra normativa».
È toccato al consigliere tesoriere Davide
Colombo esporre le cifre relative al bilancio
consuntivo 2003, che presenta un avanzo di
esercizio pari a 32.389,74 euro, e al bilancio
preventivo 2004.
Subito dopo il presidente del Collegio dei
revisori dei conti, Alberto Comuzzi, ha
evidenziato che dopo l’affidamento della
gestione titoli dell’Ordine alla Banca Intesa
Spa, «la redditività del portafoglio nel periodo 31/12/2002-31/12/2003 è stata del
3,98%, mentre sul periodo 2 marzo 2003-2
marzo 2004 il rendimento ha toccato il
10,02%». Comuzzi, dopo aver considerato
questi dati come «un segnale confortante di
ripresa che lascia ben sperare sul recupero
del nostro portafoglio», ha invitato l’assemblea ad esprimere un voto favorevole sulle
due relazioni, approvate all’unanimità per
alzata di mano.
Qualche nota preoccupata nella relazione di
Letizia Gonzales, consigliere coordinatore
dell’Urp, letta da Bruno Ambrosi: «Dall’osservatorio dell’ufficio legale – ha sottolineato –
si nota un peggioramento nel rispetto delle
tariffe e nei pagamenti ai collaboratori». La
lista delle doglianze è lunga: fotografi e giornalisti non retribuiti benché il loro lavoro sia
stato regolarmente pubblicato, proliferazione
dei service, sfruttamento dei co.co.co,
dequalificazione professionale. Un mercato
sempre più aggressivo, dunque, in cui i collaboratori vivono da eterni precari. Gonzales
ha proposto di «favorire l’associazionismo di
gruppi che possano condividere spese,
iniziative e progetti comuni per creare dei
veri liberi professionisti».
«L’anno appena trascorso – ha aggiunto il
consigliere segretario Sergio D’Asnasch –
ha visto aumentare gli iscritti all’Ordine. All’inizio del 2004 il totale dei giornalisti nella
nostra Regione è di 20.743 contro i 19.972
del 2003. I professionisti sono saliti a 6410,
rispetto ai 6057 dell’anno precedente».
D’Asnasch ha poi ricordato come l’Ordine,
dopo la creazione nell’attuale sede di via
Appiani di una biblioteca di 3.600 volumi di
storia nazionale ed europea, storia e diritto
del giornalismo e dell’editoria, sia attualmente impegnato nella ricerca di una nuova sede
(ne è stata individuata una all’angolo tra via
Fabio Filzi e via Locatelli, il cui acquisto è
stato proposto all’Inpgi).
Sono seguite le relazioni dei vertici delle tre
scuole di giornalismo di Milano. Accanto
all’Ifg “De Martino”, l’istituto di più lunga tradi-
2
“Il 2004 anno della svolta: laurea
triennale titolo minimo per
l’accesso all’esame di giornalista.
Così vuole l’Unione europea”
1. I dati statistici sulle
decisioni disciplinari
dal 1997 al 2003
segue dalla prima pagina
LA CRONACA
DELLA GIORNATA
Franco
Abruzzo
zione in Italia, e alla Cattolica, da quest’anno
si è aggiunto lo Iulm. Stringato l’intervento di
Bruno Ambrosi, presidente dell’Afg “Walter
Tobagi”: «Mi esimo – ha detto – dall’infliggervi la lettura della relazione scritta, limitandomi all’ammonimento di un maestro del giornalismo come Kapuscinski, che ne condensa il significato: i cinici non sono adatti al
nostro mestiere». Prima di lasciare la parola
agli altri relatori, Ambrosi, riferendosi alle
imminenti elezioni per il rinnovo dei vertici
dell’Ordine, ha aggiunto: «Auguro a chi avrà
il privilegio di reggere le sorti dell’Afg di
operare con l’impegno che è stato profuso in
questi nove anni».
Il condirettore della Scuola di Giornalismo
dell’Università Cattolica del Sacro Cuore,
Giorgio Simonelli, ha sottolineato come
«l’aumento delle richieste di iscrizione ai
corsi confermi il ruolo privilegiato per la
formazione rivestito dalle università».
Per Angelo Agostini, coordinatore editoriale del master in giornalismo dello Iulm, è
stato il primo intervento all’assemblea
annuale dell’Ordine lombardo.
Ma l’attesa era tutta per il momento più
emozionante: la consegna delle medaglie
d’oro, dei premi per le tesi di laurea e dei
tesserini da praticante.
Dei 20 decani con cinquant’anni di iscrizione
alle spalle, tra i quali molti cronisti del vecchio
e glorioso Giorno, assenti giustificati Jole
Giannini e Franco Gallini (è stato il figlio a ritirare la medaglia per lui). «Sono davvero
emozionato nel premiare colleghi con cui
spesso ho condiviso anni di amicizia ed
esperienze professionali», ha detto il presidente Abruzzo introducendo la consegna
delle penne d’oro.
Quanto alle tesi di laurea, il 2004 è stato un
anno di grande successo con ben 255 tesi
sottoposte alla giuria che ha dovuto lavorare
sodo per scegliere le più meritevoli. I premi
sono andati a Paolo Beltramin, Roberta
Frau, Daniele Memola, Maria Chiara Merli,
Marta Pasuch, Monica Pinna, Mattia Mirko
Stanzani e Massimo Veneziani. Per tutti,
tanta emozione e il sorriso delle giornate da
ricordare.
E infine, per chiudere in bellezza, la consegna del tesserino azzurro da praticante: in
rigoroso ordine alfabetico, i 72 allievi delle
scuole milanesi hanno ricevuto l’agognata
tessera, primo passo verso il traguardo del
professionismo. Immancabile la stretta di
mano di Abruzzo e Ambrosi, inevitabile la
ressa di amici e fotografi. Quest’anno l’affetto e il battimano dei compagni è stato davvero fragoroso.
Ultimi flash di un’assemblea da ricordare,
prima del ricco buffet a base di vino, tartine
e sorrisi nella sala adiacente.
Daniele Lorenzetti
e Antonino Morici
L’assemblea è chiamata ad approvare i bilanci
dell’ente, che per legge sono illustrati dal
consigliere tesoriere e dai revisori dei conti. Il
mio rendiconto riguarda, invece, le decisioni
disciplinari e tutte quelle pronunce rese come
pareri nel corso del 2003:
Anno 1997 Procedimenti avviati n. 32; procedimenti archiviati n. 41. Sanzioni disciplinari inflitte: Avvertimento n. 2; Censura n. 1; Sospensione n. 1. 77 interventi
Anno 1998 Procedimenti avviati n. 21; procedimenti archiviati n. 42. Sanzioni disciplinari inflitte: Avvertimento n. 7; Censura n. 6; Sospensione n. 1. 77 interventi
Anno 1999 Procedimenti avviati n. 16; procedimenti archiviati n. 57; Sanzioni disciplinari inflitte: Censura n. 1; Sospensione n. 1. 75 interventi
Anno 2000 Procedimenti avviati n. 30; procedimenti archiviati n. 71; Sanzioni disciplinari inflitte: Avvertimento n. 2; Censura n. 2; Sospensione n. 3; Radiazione n. 2. 110 interventi
Anno 2001 Procedimenti avviati n. 23; procedimenti archiviati n. 37; Sanzioni disciplinari inflitte: avvertimento orale n. 4; censura n. 2. 66 interventi
Anno 2002 Procedimenti avviati n. 24; procedimenti archiviati n. 55; Sanzioni disciplinari: avvertimento orale n. 2; censure n. 2; sospensione n. 3. 86 interventi
Anno 2003 Procedimenti avviati n. 9; procedimenti archiviati n. 44; Sanzioni disciplinari: avvertimento orale n. 1; avvertimento scritto n. 7; censure n. 2; sospensione n. 0; radiazioni n. 3 = 66
interventi
Anno 2004 Procedimenti pendenti: n. 69
2. “Professioni, decide
solo lo Stato”.
Giornalisti vicini
alla laurea
2.1. L’Ordine di Milano bloccato dal ministro dell’Università mentre si accingeva a
disapplicare la normativa italiana sull’accesso a favore di quella comunitaria, che
prevede il possesso di una laurea minima
triennale come condizione per esercitare
una professione intellettuale regolamentata. Dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, si è ritenuto (erroneamente) che lo Stato
avesse perso i suoi poteri regolamentari e che
non potesse, quindi, riscrivere il Dpr n.
328/2001, allargandolo ai giornalisti, agli informatici, agli statistici e ai consulenti del lavoro. Il
ministero dell’Istruzione/Università nell’ottobre
2003 ha rimeditato la questione del collegamento tra laurea universitaria, praticantato
giornalistico ed esame di Stato, dando disco
verde alle modifiche del Dpr n. 328/2001 e istituendo una commissione ad hoc guidata dal
sottosegretario di Stato Maria Grazia Siliquini.
Conseguentemente il Consiglio dell’Ordine dei
giornalisti della Lombardia ha bloccato una
delibera con la quale lo stesso Consiglio, quale
autorità amministrativa, avrebbe disapplicato
(in forza delle sentenze n. causa 103/1988
della Corte di Giustizia Ce 22 luglio 1989 e n.
389/1989 della Corte costituzionale) l’articolo
33 (commi 4, 5, 6 e 7) della legge n. 69/1963,
affermando la prevalenza (in base alla sentenza n. 389/1989 della Corte costituzionale) sulla
norma interna della Direttiva n. 89/48/CEE.
Questa direttiva, in base alla sentenza della
quarta sezione della Corte di Giustizia europea nella causa C- 285/00, si applica “alle
professioni regolamentate, cioè a quelle per le
quali l’accesso o l’esercizio sono subordinati,
direttamente o indirettamente, mediante
disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, al possesso di un diploma universitario della durata minima di tre anni”. In sostanza l’Ordine di Milano, se non ci fosse stato il
ripensamento del ministro, avrebbe chiesto ai
praticanti il possesso di una laurea triennale
qualsiasi come condizione vincolante per
sostenere l’esame di giornalista.
Sono mutati i requisiti culturali per l’esercizio di
una professione nell’ambito dei Paesi Ue e,
quindi, i giornalisti professionisti italiani non
possono essere discriminati rispetto agli altri
professionisti italiani e a quelli europei sotto il
profilo della preparazione universitaria minima
di tre anni, principio al quale devono attenersi
anche alcune professioni un tempo collegate
a un diploma di scuola media superiore
(geometri, ragionieri, periti agrari e periti industriali).
Con l’iniziativa del ministro Moratti e del sottosegretario Siliquini, è prevedibile che nel giro
di 4-6 mesi l’accesso al praticantato giornalistico e all’esame di Stato sia vincolato esclusivamente al possesso di una laurea (qualsiasi)
conseguita al termine di un percorso minimo
di tre anni. Il 2004, quindi, è l’anno della svolta.
La pratica (di durata biennale) potrà essere
svolta nelle redazioni (di quotidiani, periodici,
agenzie di stampa, telegiornali, radiogiornali,
testate web); nelle scuole di giornalismo, nei
master universitari e nei corsi di laurea in giornalismo (riconosciuti dall’Ordine). La modifica
del Dpr n. 328/2001 presuppone una prima
approvazione del testo da parte del Consiglio
dei ministri, l’acquisizione successiva di tre
pareri (tra i quali quello del Consiglio di Stato)
e, quindi, una seconda approvazione da parte
del Consiglio dei ministri. Segue la pubblicazione del Dpr nella Gazzetta Ufficiale. Un Dpr,
che, comunque, fotografa quello che avviene
nelle scuole e nei master universitari di giornalismo: la laurea è la condizione per poter partecipare ai concorsi selettivi.
2.2. Le Regioni non possono istituire nuove
professioni. Questo è l’assunto centrale della
sentenza n. 353 (depositata il 12 dicembre
2003) della Corte costituzionale, che ha abrogato (in quanto “illegittima”) una legge piemontese istitutiva di figure sanitarie. La sentenza
chiarisce l’ambito delle competenze concorrenti tra Stato e Regioni e afferma che la materia delle professioni, con i relativi profili ed ordinamenti didattici, appartiene soltanto allo
Stato. L’importanza della nuova pronuncia è
tutta nelle date: la sentenza del 12 dicembre
2003 è la prima dopo la riforma (legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3) del Titolo V, che
al terzo comma dell’articolo 117 afferma:
ORDINE
4
2004
Una veduta del salone napoleonico
del Circolo della Stampa durante
l’assemblea del 25 marzo
A fianco, il presidente Franco Abruzzo
con accanto il vicepresidente
Brunello Tanzi.
Tutte le immagini dedicate all’assemblea
sono state riprese da Walter Meloni.
“Nelle materie di legislazione concorrente
spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo
che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”.
Una sentenza della Corte costituzionale (la n.
271 del 22 luglio 1996), in tema di principi
fondamentali, afferma che “nella materia di
competenza concorrente, i principi fondamentali risultanti dalla legislazione statale esistente, assolvono alla funzione loro propria, che è
quella di unificare il sistema delle autonomie
ai livelli più alti, solo quando hanno il carattere
di stabilità e univocità”. La sentenza n.
353/2003 ribadisce sul punto che “i relativi
principi fondamentali, non essendone stati,
fino ad ora, formulati dei nuovi, sono pertanto
da considerare quelli, secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. sentenze n. 201
del 2003 e n. 282 del 2002), risultanti dalla
legislazione statale già in vigore”.
2.3. L’assetto attuale delle professioni. Il
Dlgs n. 300/1999 affida al ministero della
Giustizia la vigilanza sugli Ordini professionali
e al ministero dell’Istruzione/Università la
“missione” di formare i nuovi professionisti. Il
comma 18 dell’articolo 1 della legge n. 4/1999
conferisce al ministero dell’Istruzione/Università, di concerto con quello della Giustizia, il
compito di “integrare e modificare” con regolamento gli attuali ordinamenti sull’accesso alla
professioni e di raccordarli con le lauree triennali e con le lauree specialistiche biennali. Il
regolamento (Dpr n. 328/2001) disciplina la
maggioranza delle professioni intellettuali
(dottore agronomo e dottore forestale, agrotecnico, architetto, assistente sociale, attuario,
biologo, chimico, geologo, geometra, ingegnere, perito agrario, perito industriale, psicologo)
e trascura quelle dei giornalisti, degli informatici, degli statistici e dei consulenti del lavoro.
Con parere 7 maggio 2002 n. 2228 il Consiglio di Stato ha scritto che “non sussistono
motivi ostativi alla riforma dell’ordinamento
professionale dei giornalisti, come previsto
dall’articolo 1 (comma 18) della legge n.
4/1999”.
3. La Corte di Strasburgo
impone l’alt alle
perquisizioni negli uffici
dei giornalisti e dei loro
avvocati. È un grande
fatto civile
L’ordinamento europeo impedisce ai giudici
nazionali di ordinare perquisizioni negli uffici e
nelle abitazioni dei giornalisti nonché nelle
“dimore” dei loro avvocati a caccia di prove
sulle fonti confidenziali dei cronisti: “La libertà
d’espressione costituisce uno dei fondamenti
essenziali di una società democratica, e le
garanzie da concedere alla stampa rivestono
un’importanza particolare. La protezione delle
fonti giornalistiche è uno dei pilastri della
libertà di stampa. L’assenza di una tale protezione potrebbe dissuadere le fonti giornalistiche dall’aiutare la stampa a informare il pubblico su questioni d’interesse generale. Di conseguenza, la stampa potrebbe essere meno in
grado di svolgere il suo ruolo indispensabile di
“cane da guardia” e il suo atteggiamento nel
fornire informazioni precise e affidabili potrebbe risultare ridotto”. Questi sono i principi
sanciti nella sentenza 25 febbraio 2003
ORDINE
4
2004
(Procedimento n. 51772/99) della quarta
sezione della Corte europea dei diritti dell’uomo. Va detto che gli articoli della Convenzione
operano e incidono unitamente alle interpretazioni che la Corte di Strasburgo ne dà attraverso le sentenze. Le sentenze formano quel
diritto vivente al quale i giudici dei vari Stati
contraenti sono chiamati ad adeguarsi sul
modello della giustizia inglese.
Questa sentenza, tradotta ed asseverata in
tribunale nonché pubblicata nel sito web
dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, è a
disposizione dei giornalisti presi di mira dai Gip
e dal Pm. Il segreto professionale dei giornalisti è tutelato solennemente dall’articolo 10
della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, mentre l’articolo 8 della stessa Convenzione protegge il domicilio dei legali.
Si legge nella sentenza: “Secondo l’opinione
della Corte il presente caso si distingue dal
caso Goodwin in un punto fondamentale. In
quest’ultimo caso l’ingiunzione (di un tribunale
inglese, ndr) aveva intimato al giornalista di
rivelare l’identità del suo informatore, mentre
nel caso in oggetto sono state effettuate
perquisizioni presso il domicilio e il luogo di
lavoro del giornalista. La Corte giudica che
delle perquisizioni aventi per oggetto di scoprire la fonte di un giornalista costituiscono anche se restano senza risultato - un’azione
più grave dell’intimazione di divulgare l’identità
della fonte. Infatti, gli inquirenti che, muniti di
un mandato di perquisizione, sorprendono un
giornalista nel suo luogo di lavoro, detengono
poteri d’indagine estremamente ampi poiché,
per definizione, possono accedere a tutta la
documentazione in possesso del giornalista.
La Corte, che non può fare altro se non
rammentare che “i limiti definiti per la riservatezza delle fonti giornalistiche esigono da
parte [sua] (...) l’esame più scrupoloso possibile” (vedi sopra il provvedimento Goodwin
citato, § 40), è quindi del parere che le perquisizioni effettuate presso il giornalista erano
ancora più lesive nei confronti della protezione
delle fonti di quelle adottate nel caso Goodwin.
In considerazione di quanto precede, la Corte
giunge alla conclusione che il Governo non ha
dimostrato che l’equilibrio degli interessi in
oggetto, vale a dire, da un lato, la protezione
delle fonti e, dall’altro, la prevenzione e repressione dei reati, sia stato salvaguardato. A tale
scopo rammenta che “le considerazioni di cui
devono tenere conto le istituzioni della
Convenzione per esercitare il loro controllo
nell’ambito del par. 2 dell’art.10 fanno pendere
la bilancia degli interessi in oggetto in favore
di quello della difesa della libertà di stampa in
una società democratica” (vedi sopra il provvedimento Goodwin citato, § 45)”.
Le novità di Strasburgo sono un grande fatto
civile, che non verrà smentito dai magistrati
italiani. Una brutta pagina (le perquisizioni)
dovrebbe essere alle nostre spalle. Per
sempre.
4. Commistione
informazione/pubblicità
questione deontologica
primaria
Ho richiamato l’attenzione dei direttori responsabili e di tutti i colleghi sul tema della commistione pubblicità/informazione, diffondendo di
nuovo la delibera 19 novembre 1997 del
nostro Consiglio, che mantiene inalterata la
sua attualità e il suo valore giuridico come atto
amministrativo. Si tratta di difendere la qualità
dell’informazione oggi infiltrata in moltissimi
casi dalla pubblicità. La pubblicità mascherata
uccide l’informazione. L’ articolo 44 del vigente
Contratto nazionale di lavoro (che ha forza di
legge con il Dpr n. 153/1961), che impone la
separazione tra informazione e pubblicità,
ingloba una “delibera di indirizzo” (del 20
novembre 1986) di questo Consiglio che,
richiamandosi ai principi etici della professione
(articoli 2 e 48 della legge 3.2.1963 n. 69), invita i giornalisti a rafforzare soprattutto il rapporto di “fiducia tra la stampa e i lettori” e a osservare sempre “i doveri imposti dalla lealtà e
dalla buona fede”.
La distinzione tra messaggi pubblicitari e testi
giornalistici è una regola che figura adesso
anche nella Carta dei doveri del giornalista»
firmata l’8 luglio 1993 dall’Ordine nazionale e
dalla Fnsi con la precisazione che “il pubblico
deve essere comunque posto in grado di riconoscere il lavoro giornalistico dal messaggio
promozionale”. Anche la legge n. 223/1990 sul
sistema radiotelevisivo pubblico e privato dice
all’articolo 8 che “la pubblicità televisiva e
radiofonica deve essere riconoscibile come
tale ed essere distinta dal resto dei programmi con mezzi ottici o acustici di evidente percezione”.
La responsabilità del direttore emerge anche
dalla legge 633/1941: il direttore è, infatti,
“autore dell’opera collettiva dell’ingegno” che è
il giornale o il periodico. Il Consiglio osserva
che un giornalista, sia redattore o direttore,
non può ignorare le norme sancite dal legislatore a tutela dei consumatori (e dei lettori) e
soprattutto il principio che “la pubblicità deve
essere palese, veritiera e corretta” (articolo 1,
comma 2, del Decreto legislativo 25 gennaio
1992 n. 74). Il direttore è da considerare
responsabile della correttezza del messaggio
pubblicitario in quanto, come ha stabilito
questo Consiglio, “è tenuto per legge a controllare (anche) i testi pubblicitari” che appaiono sul giornale al fine, come nei casi condannati dall’Antitrust, di evitare che i lettori siano
ingannati dai messaggi pubblicitari spacciati in
maniera truffaldina per articoli. Ogni comportamento omissivo è un tradimento della professione giornalistica.
4.1. Confermata la sanzione (censura) al
direttore di Starbene: in casi di commistione pubblicità-informazione il direttore ha il
dovere di rendere pubblico almeno il
dissenso dalle scelte dell’Ufficio marketing. Sanzione della censura per il direttore
responsabile della rivista Starbene (Mondadori) con la sentenza n. 1827/2003 della prima
sezione civile della Corte d’appello di Milano,
che ha confermato la sanzione inflitta il 10
novembre 1996 dall’Ordine di Milano, il 20
marzo 2002 dall’Ordine nazionale e poi il 24
ottobre 2002 dal Tribunale civile di Milano. In
sostanza la Corte d’Appello ha affermato la
responsabilità soggettiva del direttore per
culpa in vigilando in merito a due casi di pubblicità ingannevole. “Il direttore quantomeno
avrebbe potuto evidenziare – scrivono i giudici
- il proprio dissenso all’ufficio marketing, già in
relazione al numero 26 ed a maggior ragione
laddove l’episodio si ripeteva con il n. 27 (della
rivista Starbene), essendo fatto grave che un
direttore responsabile tolleri che nella pubblicazione da lui diretta siano inseriti, non solo
dépliants separatamente aggiunti, ma anche
pagine che vadano a formare un corpo unico
con la rivista stessa, senza esercitare in alcun
modo quel controllo che il ruolo svolto rigorosamente impone. Il direttore avrebbe avuto
l’onere di intervenire presso l’editore e/o presso l’ufficio marketing e/o presso l’ufficio diffusione periodici, con un ventaglio di possibilità,
che andavano dalla richiesta più drastica di
bloccare la distribuzione a quella più lieve di
semplice segnalazione del proprio dissenso.
Al contrario non ha ritenuto di intervenire in
alcun modo ed in questa inerzia non può che
ravvisarsi una sua grave omissione. Né poteva legittimamente temere di esporsi in modo
pericoloso nei confronti dell’editore (dato e non
concesso che un simile timore rappresenti
un’esimente o un’attenuante alla propria
responsabilità) posto che nei suoi confronti
avrebbe avuto facile gioco limitandosi a
rappresentare le già ricevute proteste della
redazione e del fiduciario sindacale”.
4.2. Giornaliste “attrici pubblicitarie”. Il
Consiglio ha sanzionato due giornaliste, che si
sono prestate a trasformarsi in “attrici” pubblicitarie. Gli strateghi del marketing aziendale
ritengono oggi che il messaggio pubblicitario
sia più incisivo e penetrante se è presentato
da un giornalista all’interno di una trasmissione televisiva di cui lo stesso giornalista è un
protagonista di prestigio. Il Consiglio ha
costantemente affermato che esiste una strategia precisa secondo la quale la pubblicità
deve presentarsi come informazione, cioè con
il volto e la firma dei giornalisti. Si punta a collocare il messaggio pubblicitario in maniera
sempre più diretta all’interno dell’informazione.
Non c’è niente di meglio che far recitare lo spot
pubblicitario a una giornalista, che lavora con il
suo volto e il suo nome all’interno della
trasmissione stessa. Questa strategia finisce
per inquinare la figura del giornalista professionista.
La nuova frontiera della pubblicità, che sta
invadendo l’informazione, mette in discussione l’autonomia professionale del giornalista
con ricadute lesive sull’immagine del giornalista, dell’Ordine e della professione. La confusione dei ruoli crea quel clima negativo che
limita l’autonomia professionale, perché elimina il confine morale tra informazione e pubblicità. Confine morale che (in passato e in molti
casi) è saltato quando telecronista e teleoperatore di concerto decidono di inquadrare i
messaggi pubblicitari cartellonistici posti all’interno di un campo di calcio, lungo il percorso
di una corsa ciclistica o di una gara automobilistica.
Le giornaliste sanzionate hanno violato l’obbligo di esercitare “in modo esclusivo e continuativo” la professione (articolo 1, comma 3,
della legge n. 69/1963 sull’ordinamento della
professione giornalistica). Questo assunto
può ammettere eccezioni nel senso di svolgere attività gratuite volte alla promozione dei
diritti umani, della solidarietà e dell’ambiente,
che sono “principi fondamentali” della nostra
Carta costituzionale. Prestare il nome, la
voce, l’immagine per iniziative pubblicitarie
realizza di per sé una attività incompatibile
con la tutela dell’autonomia professionale,
perché determina una violazione dell’obbligo
di esercitare “in modo esclusivo e continuativo” la professione. I principi della Carta dei
doveri vanno letti dentro l’articolo 1 della
legge professionale. Chi si trova in questa
situazione pone in essere comportamenti
che recano una ferita alla propria dignità, alla
dignità della professione giornalistica e
dell’Ordine al quale appartiene. Nell’ordinamento giornalistico lo spartiacque pubblicità/informazione è un principio morale ineludibile da parte degli iscritti gelosi della loro
autonomia e della loro credibilità “esterna”. Il
giornalista non solo deve essere, ma deve
anche apparire corretto. L’articolo 2 della
legge n. 69/1963 protegge il comportamento
“interno” (“l’essere”) della professione, mentre
l’articolo 48 tutela la proiezione “esterna”
(“l’apparire”) della professione: il come gli altri
percepiscono l’immagine del giornalista attraverso i suoi comportamenti pubblici.
4.3. I contenitori pubblicitari che mescolano inserzioni e articoli funzionali alle
inserzioni. La commistione pubblicità/informazione appare una risposta miope e
sbagliata da parte degli editori, che non si
pongono il problema di difendere anche l’immagine delle testate, della professione giornalistica e dei loro redattori. Nessuno avversa la pubblicità, ma la si vuole soltanto corretta. Il Consiglio non può (sentenza n, 11/1968
della Corte costituzionale) e non intende
giudicare gli articoli, che accompagnano
3
Bilanci
Circolo
esperienze
della Stampa
e prospettive
giovedì 25 marzo
LE RELAZIONI
DEI CONSIGLIERI
spesso le inserzioni pubblicitarie. Gli articoli
sono estranei al giudizio disciplinare, ma
sono e appaiono funzionali alla pubblicità
ospitata nel “contenitore” (il caso specifico
riguarda il Corriere della Sera).
Il Consiglio ha ritenuto che l’editore del Corriere della Sera abbia tenuto una condotta illecita
tale da generare una responsabilità civile
poiché “la violazione delle norme interne della
categoria professionale è sufficiente per qualificare il fatto compiuto come ingiusto” (in tal
senso sentenza del Tribunale di Udine del 23
febbraio 1998 in Resp. civ. prev., 1998, 1500).
L’esistenza di un fatto ingiusto obbliga al risarcimento del danno ex art. 2043 del Codice
Civile. Conseguentemente il Consiglio ha deliberato di agire in sede giudiziaria civile contro
l’editore del Corriere della Sera per le responsabilità emerse a suo carico nel corso dell’istruttoria nonché di sottoporre in futuro all’esame del Tribunale civile di Milano eventuali
analoghi comportamenti di altri gruppi editoriali lombardi. Il Consiglio ha deliberato di agire
contro altri editori che mescolano inserzioni ed
articoli, arrecando danni incalcolabili all’immagine della professione giornalistica.
5. Mobbing in redazione
“pratica” in crescita
Mi sono occupato anche di alcune vicende,
che richiamano la parola mobbing. Gli interventi sono avvenuti nel quadro dei poteri
istruttori che mi conferisce l’articolo 6 della
legge n. 241/1990 e a tutela della dignità dei
colleghi. L’Ordine, - come afferma la sentenza n. 11/1968 della Corte costituzionale -, ha
il compito di “contribuire a garantire il rispetto
della personalità dei giornalisti e, quindi, della
loro libertà nei confronti del contrapposto
potere economico del datori di lavoro, compito, questo, che supera di gran lunga la tutela
sindacale dei diritti della categoria”. “La
necessità della vigilanza dell’Ordine non è
predisposta a tutela della sola libertà dei
singoli giornalisti, ma è strumento, sia pur
mediato, di garanzia dell’interesse generale
sottostante al diritto riconosciuto dall’art. 21
della Costituzione” (sentenza n. 2/1971 della
Corte Costituzionale). Le vicende sono legate a episodi di dequalificazione professionale
con inviti a lasciare l’azienda dietro elargizione di quattrini spesso in un contesto clinico
preoccupante. Va detto che offerte di questo
tipo coronano normalmente attività aziendali
da mobbing. La persona prima viene portata
alla disperazione e alla malattia, poi viene
espulsa dal processo produttivo oppure
demansionata radicalmente. La letteratura
giuridico-sindacale è ricca di tali … esempi.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n.
515/2004, ha stabilito che le dimissioni date
in un grave stato psichico sono annullabili dal
giudice.
Il potere di assegnare le mansioni spetta ai
direttori responsabili (art. 6 Cnlg): si tratta di
una attribuzione a “salvaguardia di un interesse generale di rilievo costituzionale” (sentenza
n. 2/1971 della Corte costituzionale), che “non
può essere oggetto di interferenza esterna”.
L’azienda non può, quindi, impartire ai direttori
disposizioni in contrasto con la deontologia
professionale (articolo 6 del Cnlg), con il rispetto delle leggi e dei diritti fondamentali della
persona. I giornalisti, come tutti i cittadini,
hanno il dovere, invece, di essere fedeli alla
4
Costituzione e alle leggi della Repubblica (articolo 54 Cost.).
Secondo la sentenza n. 359/2003 della Corte
costituzionale, “la giurisprudenza ha, prevalentemente, ricondotto le concrete fattispecie
di mobbing nella previsione dell’articolo 2087
cod. civ. che, sotto la rubrica “tutela delle
condizioni di lavoro”, contiene il precetto
secondo cui “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure
necessarie a tutelare l’integrità fisica e la
personalità morale dei prestatori di lavoro”, e
che è stato inteso come fonte di responsabilità
anche contrattuale del datore di lavoro”. La
Consulta ha rilevato che, pur non essendo
stata mai approvata dal Parlamento italiano
un’apposita e specifica legge per contrastare il
grave fenomeno, “la disciplina del mobbing,
valutata nella sua complessità e sotto il profilo
della regolazione degli effetti sul rapporto di
lavoro, rientra nell’ordinamento civile (vedi art.
117 della Costituzione) e, comunque, non può
non mirare a salvaguardare sul luogo di lavoro
la dignità ed i diritti fondamentali del lavoratore
(artt. 2 e 3 della Costituzione). Per quanto
concerne l’incidenza che gli atti vessatori
possono avere sulla salute fisica (malattie
psicosomatiche) e psichica del lavoratore
(disturbi dell’umore, patologie gravi), la disciplina che tali conseguenze considera rientra
nella tutela e sicurezza del lavoro nonché nella
tutela della salute, cui la prima si ricollega,
quale che sia l’ampiezza che le si debba attribuire. Di ciò si ha conferma negli atti interni e
comunitari che finora si sono occupati del
fenomeno”.
L’articolo 41 della Costituzione, nel proclamare
che “l’iniziativa economica privata è libera”,
afferma che essa “non può svolgersi.....in
modo da recare danno...alla... dignità umana”.
La Costituzione pone in sostanza e in modo
esplicito un veto insuperabile a comportamenti aziendali improntati alla disuguaglianza e alla
dequalificazione dei lavoratori.
I dirigenti aziendali devono pertanto rispettare
le norme costituzionali (2, 3, 32 e 41 Cost.),
civilistiche (artt. 2103 e 2087 Cc), contrattuali
(artt. 1 e 6 del Cnlg) e deontologiche della
professione giornalistica (artt. 2 e 48 della
legge n. 69/1963). Le aziende non hanno la
libertà di agire come credono. Chi si macchia
di mobbing, come dimostra la giurisprudenza,
può essere perseguito anche in sede penale
(con la contestazione del reato di violenza
privata o di maltrattamenti).
Questo Consiglio conosce bene tutti gli aspetti
del mobbing attraverso gli studi condotti dalla
collega Paola Pastacaldi e pubblicati su
Tabloid (marzo 2004) e nel nostro sito.
6. Conclusioni.
Le elezioni di maggio
in un clima di concordia
e di serenità
Questa relazione conclude l’attività del triennio
2001-2004. In maggio i giornalisti lombardi
torneranno alle urne per eleggere i 9 consiglieri regionali e i tre revisori dei conti nonché 25
consiglieri nazionali (14 professionisti e 11
pubblicisti). Da parte mia mi adopererò perché
attorno alla nostra massima Istituzione ci sia
la più ampia concordia e perché le elezioni
avvengano in un clima sereno.
Franco Abruzzo
Relazione del consigliere segretario
Sergio
D’Asnasch
“Una nuova sede e la biblioteca
sul giornalismo i fatti nuovi”
Cari colleghi, gli iscritti all’Ordine dei giornalisti
della Lombardia sono aumentati anche nel
corso dell’ultimo anno, come era avvenuto in
quelli precedenti. All’inizio del 2004 il totale dei
giornalisti della nostra regione è di 20.743,
contro i 19.972 del 2003. I professionisti sono
6.410, i pubblicisti 10.456, i praticanti 664, gli
iscritti all’elenco speciali 3.402. Vanno infine
aggiunti 45 iscritti all’elenco stranieri e 13 all’elenco temporaneo.
I professionisti sono saliti a 6.410, rispetto ai
6.057 dell’anno precedente. Di questi il 58,65%
sono uomini ed il 41,35% donne. Da sottolineare che la presenza femminile nella nostra
professione è sempre più rilevante: nel 2003 le
donne erano il 41%. È, invece, calato, seppure
di poco, il numero dei praticanti: 664 contro
669. La diminuzione delle nuove leve si sta del
resto verificando da diversi anni: nel 2002 i
praticanti erano stati molti di più, 805. È la
dimostrazione di come gli editori cerchino di
evitare le assunzioni dei giovani con regolare
contratto di praticantato. Ricorrono invece a tipi
di rapporti meno impegnativi per loro e che
soprattutto evitino gli oneri previdenziali, insiti
nei regolari contratti a tempo pieno. Il nostro
Ordine cerca di contrastare questa tendenza
degli editori, riconoscendo il praticantato di ufficio a coloro che dimostrino di averlo fatto, con
un rapporto costante di lavoro presso una o
più redazioni. Lo segnaliamo quindi all’Inpgi
perché possa verificare, attraverso i suoi ispettori, se non si sia trattato di un vero e proprio
abuso a carico di questi giovani, obbligando
quindi i responsabili al pagamento dei contributi arretrati e delle relative multe. Talvolta i
nostri praticanti di ufficio sono poi costretti a
rivolgersi al pretore del lavoro, perché il contratto di lavoro giornalistico sia loro riconosciuto a
tutti gli effetti. È nostra profonda soddisfazione
constatare che la magistratura ha sempre
confermato nelle sue sentenze quanto l’Ordine aveva già stabilito riconoscendo il praticantato di ufficio. L’Ordine della Lombardia è stato
il primo a seguire questa strada contro il precariato e lo sfruttamento e continuerà a farlo.
I pubblicisti sono aumentati quest’anno a
10.456, dai 9.982 del 2003. Ciò è dovuto principalmente alla legge 150/2000, che ha previsto l’obbligatorietà di iscrizione all’Ordine per
coloro che svolgono lavoro di ufficio stampa
presso enti pubblici. L’iscrizione viene ottenuta
frequentando gli appositi corsi organizzati
dall’Ordine stesso o da altri enti autorizzati. Per
non creare discriminazioni, è stato deciso
dall’Ordine nazionale che simile procedura
possa essere usata anche da coloro che operi-
no in uffici stampa di organismi privati. Finora,
invece, il tesserino di pubblicista poteva essere
ottenuto solo dimostrando la pubblicazione
“non occasionale e retribuita” di articoli presso
testate giornalistiche. Gli effetti della legge
150/2000 si prevede che si avranno ancora per
un paio di anni almeno.
L’Ordine dei giornalisti della Lombardia è
attualmente impegnato nella ricerca di una
nuova sede. In seguito alle fusioni bancarie,
sono state messe in vendita diverse sedi di
agenzia. A noi ne è stata offerta una all’angolo
tra via Fabio Filzi e via Locatelli 6, poco distante da dove ci troviamo adesso, in via Appiani.
Sono 620 metri quadrati al prezzo di un milione e 465 mila euro. Il prezzo al metro quadrato
è di 4.800.000 vecchie lire: veramente poco se
si pensa che ci troviamo proprio in una nelle
zone centrali e di maggior sviluppo della città.
Alla cifra richiesta va però aggiunto il 20% di
Iva. Dopo averci ben riflettuto, il Consiglio
dell’Ordine ha deciso di non procedere in
proprio all’acquisto, con relativo mutuo, ma di
proporlo all’Inpgi, assicurandogli un affitto pari
al 5-5,5% annuo. L’Inpgi fa un ottimo affare, nel
quadro dei suoi investimenti immobiliari, e l’Ordine potrà avere una sede più spaziosa e
razionale, pagando lo stesso affitto dell’attuale
in via Appiani. Le pratiche per questa soluzione sono bene avviate.
Un’altra iniziativa a livello organizzativo da
segnalare è la biblioteca che l’Ordine ha creato, con circa 3.600 volumi relativi soprattutto
alla storia nazionale ed europea, alla storia del
giornalismo, al diritto del giornalismo e dell’editoria. I colleghi Paolo Pozzi e Olga Piscitelli
hanno provveduto a classificare i libri attraverso un sistema computerizzato che ne rende
facilissima l’individuazione. La biblioteca si sta
dimostrando di grande utilità per ricerche, attinenti anche a tesi di laurea di argomento giornalistico. Le tesi in questo campo sono del
resto in continuo aumento nelle Università
italiane, come dimostra anche il crescente
numero di neo laureati che partecipano al
concorso da noi indetto per premiare le migliori tesi di argomento giornalistico. Le cerimonie
di premiazione sono ormai una tradizione di
queste nostre assemblee.
Come segretario, sento il dovere – anche a
nome del presidente e dell’intero Consiglio - di
dire grazie al nostro personale, dal direttore
agli impiegati, per il grande impegno profuso
nell’espletamento degli incarichi non facili
quanto delicati e nell’ascolto dei nostri colleghi,
che sempre più numerosi si presentano agli
sportelli dell’Ordine.
ORDINE
4
2004
Relazione del consigliere coordinatore dell’Urp
Relazione del consigliere tesoriere
Letizia
Gonzales
Davide
Colombo
“Ordine: una casa comune
per i liberi professionisti”
“Gestione tranquilla e improntata
all’economicità, mentre sono
attesi sviluppi per la nostra azione
contro Bipop-Carire”
Cari colleghi, partiamo dai numeri. 600, 700
giornalisti o aspiranti tali ricevuti direttamente in un anno nei nostri uffici. Altrettanti colleghi assistiti dal servizio legale gestito
dall’avv. Luisella Nicosia. Un altro migliaio i
colleghi ricevuti dal dott. Salvatore Gentile
dello Studio Marcianesi & Partners, responsabile dell’ufficio fiscale, per questioni relative a partita Iva, fatturazione dei compensi
dopo l’introduzione della cosiddetta “riforma
Biagi” (ha riscritto totalmente le collaborazioni occasionali e quelle coordinate e continuative), compilazione della dichiarazione dei
redditi. 120.000 euro di piccoli crediti recuperati in tre anni di lavoro e più di 5.000 risposte evase ai quesiti posti attraverso e-mail.
Queste in sintesi le cifre che rappresentano
il grande lavoro dell’ufficio relazioni con il
pubblico (le consulenze sono tutte gratuite)
affidato al mio coordinamento.
Problemi ricorrenti. Dall’osservatorio dell’ufficio legale si nota un peggioramento nel
rispetto delle tariffe e nei pagamenti ai collaboratori. Troppo spesso fotografi e giornalisti
non vengono retribuiti benché il lavoro commissionatosia stato regolarmente pubblicato. Crescono le richieste di collaborazione
ma anche i servizi pubblicati senza firma o
interamente copiati soprattutto su Internet. Il
proliferare poi dei service spesso improvvisati e scorretti contribuiscono al forte disagio
dei collaboratori che sono malamente sfruttati e pagati poco e male.
L’impressione è di un mercato sempre più
aggressivo, privo di regole dove il lavoro
autonomo è sempre più a rischio. Purtroppo,
segnala ancora l’avvocato Nicosia nella sua
relazione sono in aumento nelle aziende i
casi di dequalificazione professionale attraverso vessazioni o aumenti esagerati del
carico di lavoro per costringere il professionista a gettare la spugna o accettare trasferimenti in altre sezioni del giornale o in altre
testate.
L’Ordine lombardo, come ho sottolineato già
nella relazione dell’anno scorso è diventato
un solido sostegno ed un valido punto di riferimento per la miriade di colleghi freelance
(in gran parte pubblicisti) che trovano nei
nostri uffici risposte ai loro quesiti professionali, fiscali e legali quando occorre. Si sa che
il lavoro autonomo, anche nel nostro settore
è aumentato moltissimo in questi ultimi anni
creando un esercito di co.co.co. che ha
superato in larga misura i giornalisti “garantiti”, quelli cioè che hanno un posto fisso in
redazione. La legge Biagi consente infatti ai
lavoratori autonomi iscritti negli albi professionali che svolgono attività intellettuali di
usufruire ancora di questo contratto che è
stato, invece, eliminato per le altre categorie
di lavoratori.
Finti co.co.co veri precari. Ho già descritto
in altre occasioni il grave disagio di questi
colleghi che devono affrontare a loro spese
malattia e maternità, non possono accendere mutui in banca né tantomeno usufruire di
prestiti, non hanno ferie. Spesso lavorano il
sabato e la domenica senza retribuzioni
straordinarie. Vivono in famiglia il più a lungo
possibile e contano sull’aiuto dei genitori.
Leggiamo quasi tutti i giorni nei giornali della
difficile posizione dei giovani in una società
che appare sempre più in difficoltà. Almeno
questa la tesi apparsa in una lunga e
approfondita inchiesta pubblicata su Repubblica nello scorso febbraio (tema “la famiglia
e la crisi”) dove il sentire comune di tanti
intervistati esprimeva un gran pessimismo
sul futuro dei loro figli. “Non sono tanto i
giovani a vedere nero nel loro futuro, ma i
loro genitori disorientati da questo mondo
che cambia dove non riescono più a percepire la sicurezza di un domani sicuro e sereORDINE
4
2004
no”. Dal canto loro i giovani così impegnati a
navigare nelle difficoltà del presente non
sognano alcun futuro perché devono fare i
conti con la precarietà che caratterizza il
mondo del lavoro e sono consapevoli che
forse non riusciranno mai a realizzare un
destino migliore dei loro genitori, anzi…
Dopo queste considerazioni un po’ amare
frutto anche degli incontri bisettimanali con i
giovani che ricevo personalmente,con ansie
e problemi di vita quotidiana mi sono chiesta
quale ruolo può svolgere un ordine professionale in una situazione così difficile senza
essere uno spettatore passivo di fronte ad
una realtà che muta così drammaticamente
e rapidamente.
Quale futuro per un’istituzione moderna.
Uno dei compiti che dovrebbe assumersi
un’istituzione come la nostra è quello di creare un osservatorio permanente sulla professione per adeguare i nostri regolamenti alle
mutate condizioni del mercato. Una specie
di “bussola del lavoro” con dati aggiornati nei
diversi settori di specializzazione per indicare ai giovani che si avvicinano al giornalismo
i percorsi migliori da seguire. A mio avviso
un istituto moderno non dovrebbe limitarsi
alla pura registrazione di professionisti e
pubblicisti negli albi, ma trovare il modo di
interagire con gli iscritti attraverso reti di informazioni adeguate. Non solo codici e leggi,
sicuramente utilissimi per svolgere con
competenza il mestiere, ma anche segnalazioni puntuali sul mercato del lavoro, sui
trend culturali, su forme di aggiornamento
permanente. Dovremmo in ogni modo favorire la libera professione tutelando gli iscritti
con l’osservazione efficace delle tariffe,
potendo contare su strumenti adeguati di
sanzione nei confronti di quegli editori privi
di regole e di scrupoli che oggi più che mai
sono totalmente inadempienti nei pagamenti
delle collaborazioni. Il rispetto della dignità
della persona è al centro dei compiti della
nostra istituzione tuttavia non sempre abbiamo gli strumenti necessari per tutelare i freelance troppo spesso lontani dalle redazioni e
con pochi collegamenti sul territorio.
Favorire veri liberi professionisti. Dovremmo favorire l’associazionismo di gruppi che
possano condividere spese, iniziative,
progetti comuni attraverso la creazione di
sostegni economici e culturali. Un giovane
che non sia un co.co.co. e che non abbia
prospettive di carriera all’interno del suo giornale può scoprire che lavorando in autonomia avrebbe più chance per valorizzare la
sua professionalità e per guadagnare di più.
Insomma se nel giornalismo il percorso del
lavoro individuale fosse promosso e rispettato di più dagli editori potrebbe diventare la
via moderna per valorizzare il capitale
umano, favorire la crescita di veri liberi
professionisti e creare un valido percorso
alternativo all’assunzione. Tutti i giornali si
arricchiscono del contributo dei collaboratori
esterni, dello specialista, di quel giornalista
che con competenza aggiunge specifici
know-how. Ma la vera figura del libero professionista non si è ancora compiutamente
affermata fra i giornalisti. Siamo ricchi di
co.co.co. che non sono altro che finti lavoratori dipendenti camuffati da autonomi,
mentre l’ “autonomo” che non aspira al posto
fisso raramente riesce a conquistarsi una
dignità adeguata.
L’Ordine dunque come “una casa comune”
dei liberi professionisti? È uno spunto di
riflessione e comunque un tentativo per calare di più l’istituzione nel mondo reale, per
dare maggiore dignità al giornalista freelance, per evitare masse crescenti di precari in
balia degli editori da utilizzare come virtuali
redattori assunti.
Signor presidente, colleghe e colleghi, sottopongo alla vostra attenzione i numeri che
sintetizzano il conto consuntivo 2003 e il
bilancio preventivo per il 2004.
BILANCIO
CONSUNTIVO 2003
Per quanto riguarda il bilancio consuntivo,
nell’anno appena trascorso si evidenziano i
seguenti flussi:
Le entrate totali
sono state pari a
€ 2.520.647,62
Le uscite totali
sono invece state pari a
€ 2.488.257,88
ne consegue un avanzo
di esercizio pari a
€
32.389,74
ENTRATE
Le entrate sono in linea con quelle registrate nel
precedente esercizio e si sostanziano, quasi esclusivamente, per le quote di iscrizione, il cui importo
complessivo è stato pari a € 1.904.781,09 così
suddivise: € 1.542.244,36 (prof.-pubb.-prat.) e €
362.536,73 (elenco speciale).
I diritti di segreteria hanno fatto registrare
entrate per € 103.327,09 circa, anche in
questo caso la tendenza è in linea con i flussi registrati lo scorso esercizio.
Tra le altre voci di entrata: il totale delle tessere Alitalia ammonta a € 10.094,70, mentre il
totale delle tessere FF.SS. è di € 12.232,31.
Nel 2003, beneficiando della ripresa di valore
che si è evidenziata sulle principali borse
mondiali, anche il portafoglio titoli dell’Ordine
di Milano ha recuperato un po’ di terreno fino
ad evidenziare, nella voce dei ricavi da
plusvalenze del conto economico, interessi
attivi complessivi pari a € 16.021,95 di cui €
12.806,71 derivanti dalla Gestione titoli affidato alla divisione di private banking di Banca
Intesa. Al 31 dicembre scorso avevamo in
gestione un quota pari a 334.878,05 euro
(252.484,10 euro in gestione patrimoniale titoli + 82.393.95 euro sul conto corrente titoli).
Il confronto con gli ultimi saldi resta purtroppo infelice: il 31/12/2002 avevamo in gestione
322.105 euro, mentre alla fine dell’anno
precedente, il 2001, quando ancora avevamo
il portafoglio in gestione a Bipop-Carire, il
saldo era di 411mila euro circa. La perdita in
tre anni è di circa il 29%.
Voglio in questa sede ricordare che l’Ordine
oltre a essersi costituito come parte civile nel
procedimento penale in corso nei confronti dei
dirigenti di Bipop-Carire, è anche capofila di un
comitato che rappresenta 20 parti lese. La
Procura della Repubblica di Brescia, com’è
noto, contesta 30 reati diversi a 45 dirigenti e
funzionari dell’istituto guidato alla fine degli anni
Novanta e fino al 2001 da Bruno Sonzogni. Si
va dall'aggiotaggio, al falso in bilancio, alle false
comunicazioni sociali, fino all'infedeltà patrimoniale. L’inchiesta scaturì dalla denuncia di una
gestione privilegiata dei patrimoni di alcuni
clienti speciali a danno di tutti gli altri: è un’inchiesta delicata, resa ancor più complessa dal
cambiamento della normativa sul falso in bilancio, avvenuto quando i magistrati stavano già
lavorando sulla vicenda. E i nostri legali,
Raffaele Di Palma e Francesco Sardi de Letto,
dopo un recente colloqui con uno dei pm, la
dottoressa Silvia Bonardi, ci hanno annunciato
che potremmo aspettarci nei mesi autunnali la
fissazione dell’udienza dibattimentale.
Ma torniamo ai nostri numeri.
A fine anno sui conti correnti bancari registravamo un attivo pari a 120.595 euro, mentre
l’ultimo estratto conto datato 18 marzo 2004
cifra un attivo di 553.561,45 euro. A fine
gennaio 2004 il conto postale dell’Ordine
ammontava invece a 45.071,89 euro.
A febbraio abbiamo acquistato pronti contro
termine a tre mesi per 400mila euro, beneficiando di un tasso lordo dell’1,80%. E nei
mesi a venire la politica di gestione della liquidità resterà prudentemente orientata al vincolo della totale garanzia sul capitale investito.
I crediti (per gli anni dal 1996 al 2003) verso gli
iscritti ammontano a € 428.296,60 circa. Nel
corso del 2004 le esattorie provvederanno a
notificare le cartelle esattoriali agli iscritti morosi
e noi siamo confidenti di recuperare entro l’esercizio in corso una quota cospicua di quei valori.
USCITE
Le uscite sono state pari a € 2.488.257,88, e
la voce più rilevante è come sempre quella
relativa alle quote di competenza Cnog, pari
a € 966.243,93.
Consentitemi di ringraziare tutto il personale
dipendente che ha contribuito, con impegno
e professionalità, al buon andamento del
nostro Ordine. A tal proposito, ricordo che
l’Ordine è tenuto ad applicare ai propri dipendenti il Contratto collettivo di lavoro per il
comparto degli enti pubblici non economici.
Il rinnovo del contratto per il biennio economico 2001-2002, ha comportato nel corso
del 2003 un maggiore esborso; difatti a fronte di una previsione di spesa di € 374.000,00
per i dipendenti, le spese effettive sono state
€ 459.078,01.
L’affitto degli uffici, comprensivo di spese
condominiali, ammonta a € 84.186,62 circa,
mentre per la convocazione dell’assemblea
del 27 marzo 2003 sono state spese per l’invio delle raccomandate € 11.183,81 circa.
Le spese legali ammontano a € 26.168,65
circa. L’impegno su questo fronte è correlato
alle impugnazioni delle nostre decisioni davanti al Tribunale e alla Corte d’Appello di Milano
nonché di fronte alla Corte di Cassazione.
La consulenza legale, fiscale e amministrativa a favore dei nostri iscritti ha impegnato
risorse pari a € 35.107,91.
Riassumendo, i fondi ad oggi accantonati
sono così composti:
F.do aggiorn.to professionale €
969,65
F.do attività editoriali
€
2.322,07
F.do arredamento uffici
€ 17.065,69
F.do acquisto sede Ordine € 522.194,46
F.do adempim.pluriennali
€ 77.637,38
Avanzo di esercizio 2003
da destinare
€ 32.389,74
TOTALE FONDI ACC.TO
€ 652.578,99
In funzione degli sviluppi relativi all’ipotesi di
acquisto della sede e delle prossime elezioni
lo stanziamento dei fondi potrebbe essere
così modificato:
F.do adempimenti pluriennali € 210.027,12
F.do agg.to professionale
€
969.65
F.do attività editoriali
€ 69.387,76
F.do acquisto sede ordine
€ 122.194,46
F.do DPR 445/00
€ 200.000,00
F.do iniziative culturali
€ 50.000,00
TOTALE
€ 652.578,99
segue
5
segue la relazione del tesoriere Davide Colombo
A seguito di un’accurata istruttoria condotta
dal presidente, il Consiglio ha deciso unanime, con delibera, di utilizzare il nuovo strumento della posta prioritaria in luogo delle
tradizionali raccomandate per la convocazione dell’assemblea dei bilanci del marzo 2003
e del marzo di quest’anno, applicando l’articolo 3 del Dlgs n. 382/1944.
Le Poste ci rilasciano distinta sull’inoltro delle
16.850 lettere così come avveniva con le
raccomandate. La linea di Milano è stata
seguita da altri Ordini. Altre amministrazioni
pubbliche (Istruzione, Interno, Inps, Inail)
utilizzano la posta prioritaria al posto delle
raccomandate. Si risparmiano così almeno
32mila euro per assemblea. Il Consiglio con il
conforto di un parere legale (firmato dal prof.
avv. Giuseppe Minieri) intende seguire
questa linea - e così ha deciso unanime il 23
febbraio 2004 - anche per l’assemblea elettorale del maggio prossimo. Va detto che “l’Ordine professionale non è tenuto a munirsi
della prova della ricezione degli avvisi da
parte di tutti i destinatari, dovendo viceversa
provare solo che gli avvisi personali della
convocazione siano stati, almeno, inviati agli
iscritti” (Tar Campania Napoli, Sez.I,
30/11/1994, n.271-fonte Foro Amm., 1995,
177) e che “in assenza di una normativa
specifica e non essendo rilevante alcuna
formalità, deve ritenersi non necessaria la
prova dell'avvenuta ricezione degli avvisi di
convocazione dell'assemblea elettorale inviati agli iscritti” (Cons. Naz. Forense,
28/12/2001, n.307 - fonte Rass. Forense,
2002, 317).
Il Consiglio nella seduta del 22 marzo scorso
ha deliberato di sottoporre al voto di quest’assemblea la delibera del 23 febbraio con la
quale ha confermato la linea dell’utilizzazione
della posta prioritaria in luogo della raccomandata semplice previo rilascio da parte di
Poste SpA della distinta.
Con la distinta abbiamo la prova che le
16.850 lettere di convocazione dell’assemblea elettorale sono partite.
Procedura simile ed uguale a quella delle
raccomandate.
Assemblea elettorale e assemblea dei bilanci: la convocazione degli iscritti
con posta prioritaria valida soltanto se Poste SpA rilasciano la distinta
Ed ecco il testo della delibera votata all’unanimità nella
seduta del 23 febbraio 2004 e riapprovata all’unanimità
nella seduta del 22 marzo 2004:
Delibera del Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della
Lombardia in merito al procedimento amministrativo
relativo alla convocazione delle assemblee 16, 23/24 e
30/31 maggio 2004 per far fronte agli adempimenti di cui
all’articolo 4 (Elezione dei Consigli dell'Ordine) della
legge n. 69/1963.
Il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia,
riunito il 23 febbraio e il 22 marzo 2004 nella propria sede di
via Appiani 2-Milano,
ascoltata la relazione del presidente del Collegio, responsabile del procedimento amministrativo relativo alla convocazione delle assemblee 16, 23/24 e 30/31 maggio 2004 per far
fronte agli adempimenti di cui all’articolo 4 (Elezione dei
Consigli dell'Ordine) della legge n. 69/1963;
letto l’articolo 3 del DlgsLgt n. 382/1944 (Norme sui Consigli
degli ordini e Collegi e sulle commissioni centrali professionali): “L'assemblea per l'elezione del Consiglio deve essere
convocata nei quindici giorni precedenti a quello in cui essa
scade. La convocazione si effettua mediante avviso spedito
per posta almeno dieci giorni prima a tutti gli iscritti”;
letto l’articolo 4 della legge n. 69/1963 (sull’ordinamento della
professione di giornalista): “L'assemblea per l'elezione dei
membri del Consiglio deve essere convocata almeno venti
giorni prima della scadenza del Consiglio in carica. La convocazione si effettua mediante avviso spedito per posta raccomandata almeno quindici giorni prima a tutti gli iscritti, esclusi i sospesi dall'esercizio della professione”;
osservato che nell’ordinamento giuridico delle professioni
intellettuali organizzate con l’Ordine e il Collegio coesistono
due modelli di convocazione delle assemblee, il primo
mediante avviso spedito per posta (così il DlgsLgt n.
382/1944, che è la legge generale delle professioni intellettuali) e il secondo mediante avviso spedito per posta raccomandata (così l’articolo 4 della legge professionale dei giornalisti);
tenuto conto che l’esigenza di convocare le assemblee con
avviso spedito per posta (prioritaria), ma con contestuale rilascio da parte di Poste Italiane Spa della relativa distinta, è
stata prospettata dal presidente dell’OgL ai ministri dell’Economia e della Giustizia con lettera raccomandata rr 22 giugno
2001 e ai presidenti delle Commissioni Giustizia della Camera e del Senato con raccomandata rr 6 luglio 2001;
che il Ragioniere generale dello Stato in risposta, con nota
prot. n. 80437/2001 (rif. Prot. Entrata n. 0071560), ha scritto
che “ogni utile iniziativa sulla proposta in parola potrà essere
assunta dal Ministero della Giustizia in relazione ai compiti
di vigilanza sugli Ordini professionali”;
che il ministero della Giustizia non ha dato seguito all’auspicio del Ragioniere generale dello Stato di introdurre nella
legge professionale dei giornalisti una nuova “disposizione a
carattere ordinamentale ovvero organizzatorio non avente
implicazioni sulla finanza pubblica (art. 11, comma 3, lettera
i-bis della L 468/1978 introdotta con la L. 208/1999”; e che
anche le Commissioni Giustizia di Camera e Senato hanno
ignorato il problema sollevato dal presidente dell’OgL comune
agli altri Ordini e Collegi professionali;
tenuto conto che la presidenza del Consiglio dei ministri, con
circolare 29 marzo 2002 n. 31550/III/2.16 (Enti e progetti del
Servizio civile nazionale. Procedure di selezione dei volontari), impone ai volontari l’utilizzazione della posta prioritaria
per restituire all’Ufficio nazionale per il servizio civile la copia
del provvedimento di avvio al servizio debitamente firmata
dall’interessato per accettazione;
tenuto conto: 1. delle circolari 30 aprile 2002 n. 48 e 28 aprile 2003 n. 42 (Formazione commissioni esami di Stato) del
ministero dell’Istruzione e dell’Università che impegna le
Università a trasmettere, con apposita distinta, le domande
presentate dai docenti, con raccomandata o posta prioritaria,
all’Ufficio scolastico regionale territorialmente competente; 2.
delle circolari del Ministero dell’Interno 8 aprile 2000 n. SAF
9/2000 (spese postali per il referendum 2000); 2 aprile 2001 n.
SAF 4/2001 (disciplina spese postali per le elezioni 13 maggio
2001); 29 agosto 2001 n. SAF 13/2001 (spese postali e telegrafiche Referendum del 7 ottobre 2001); 28 marzo 2002 n.
FL 8/2002 (Elezioni amministrative del 26 maggio 2002. Disciplina delle pese postali); 17 aprile 2003 n. FL 15/2003 (Elezioni amministrative del 25 maggio 2003. Disciplina delle spese
postali); 12 maggio 2003 n. FL 17/2003 (Disciplina delle spese
postali per i referendum del 15 maggio 2003), che, tutte, prevedono la spedizione da parte dei Comuni delle “cartoline avviso” - con le quali si dà avviso agli elettori residenti all'estero
della data delle consultazioni - per posta prioritaria sia per i
paesi europei, che per quelli extraeuropei;
tenuto conto che l’Inps (circolare 30 aprile 2002 n. 48) e l’Inail
(nota 13 novembre 2002) affidano corrispondenza delicata
diretta ai loro utenti alla posta prioritaria;
tenuto conto che “nulla esclude che una pubblica amministrazione (qual è l’Ordine dei giornalisti della Lombardia)
utilizzi anche il generale parametro della convenienza economica, che trova applicazione per tutta l'attività amministrativa
in base ai principi di economicità e buona amministrazione e
risponde ad un principio generale dell'azione amministrativa” (Tar Toscana, Sez.II, 20/05/2002, n. 1020; fonte Foro
Amm. TAR, 2002) e visto l’articolo 1 della legge n. 241/1990
secondo il quale “l'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia e di pubblicità secondo le modalità previste dalla
presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano
singoli procedimenti”;
tenuto conto delle leggi n. 289/2002 e n. 350/2003 (leggi
finanziarie per il 2003 e per il 2004), che prevedono misure di
contenimento della spesa delle pubbliche amministrazioni
alle quali anche l’Ordine dei Giornalisti della Lombardia
appartiene (art. 1. comma 2, del dlgs n. 165/2001, già Dlgs n.
29/1993) e “dei canoni di buona gestione, che sono elevati
a principi fondamentali cui deve uniformarsi l'azione e l'attività amministrativa” (C. Conti Umbria, Sez.Giurisdiz.,
31/07/2000, n.424; fonte Riv. Corte Conti, 2000, f. 4, 58);
osservato che “l’Ordine professionale non è tenuto a munirsi della prova della ricezione degli avvisi da parte di tutti i
destinatari, dovendo viceversa provare solo che gli avvisi
personali della convocazione siano stati, almeno, inviati agli
iscritti” (Tar Campania Napoli, Sez.I, 30/11/1994, n.271-fonte
Foro Amm., 1995, 177) e che “in assenza di una normativa
specifica e non essendo rilevante alcuna formalità, deve ritenersi non necessaria la prova dell'avvenuta ricezione degli
avvisi di convocazione dell'assemblea elettorale inviati agli
iscritti” (Cons. Naz. Forense, 28/12/2001, n.307 - fonte Rass.
Forense, 2002, 317) ;
delibera
a. di affidare, come è già avvenute in occasione della convocazione delle assemblee del marzo 2003 e del marzo 2004,
all’Ufficio delle Poste Italiane SpA di Milano 26 l’affrancatura
(francobollo posta prioritaria da euro 0,60 + euro 0,025 di
lavorazione a busta) delle 17mila (circa) lettere di convocazione dell’assemblea degli iscritti del 16, 23/24 e 30/31 maggio
2004 per far fronte agli adempimenti di cui all’articolo 4
(Elezione dei Consigli dell'Ordine) della legge n. 69/1963;
lettere imbustate ed etichettate (con gli indirizzi degli iscritti)
dalla ditta “Indirizzi Araldo” di Milano;
b. di presentare all’Ufficio delle Poste Italiane SpA di Milano
26 apposita distinta con i nomi dei giornalisti professionisti e
pubblicisti destinatari dell’avviso di convocazione dell’assemblea; distinta, che andrà bollata dai dipendenti dell’Ufficio delle
Poste Italiane SpA di Milano 26 pagina per pagina; procedura
in passato osservata per l’inoltro degli avvisi mediante raccomandata e diretta a garantire, - con la distribuzione “veloce,
economica e facile in Italia e nel mondo” assicurata dalla
posta prioritaria (come recita la pubblicità delle Poste Italiane
SpA) -, le stesse certezze di recapito della corrispondenza
ottenibili con la spedizione per raccomandata;
c. di chiedere all’Ufficio delle Poste Italiane SpA di Milano 26
la restituzione delle lettere non esitate per assenza dei destinatari dal loro domicilio o per trasferimento degli stessi ad
altro indirizzo sconosciuto all’OgL;
d. di pubblicizzare, con titolazione vistosa ed efficace, l’evento delle assemblee elettorali nella prima pagina del numero di
marzo 2004 del mensile Tabloid (organo dell’Ogl, che viene
spedito a tutti gli iscritti negli elenchi dell’Albo); nella prima
pagina del sito web dell’OgL e con comunicati stampa diffusi mediante fax ed email (dirette personalmente anche agli
iscritti) nelle giornate prossime al 16, 23/24 e 30/31 maggio
2004, giorni dello svolgimento delle assemblee elettorali. ■
...............................
Nota: La relazione è stata approvata all’unanimità
dall’Assemblea degli iscritti all’Albo di Milano svoltasi il
25 marzo 2004 al Circolo della Stampa.
Relazione del Collegio dei revisori dei conti
Alberto
Comuzzi
Il Collegio dei revisori dei conti, - composto
dai giornalisti Alberto Comuzzi, Maurizio
Michelini e Giacinto Sarubbi -, in conformità
al disposto di legge, presenta la propria relazione sul conto consuntivo per l’esercizio
2003 e sul bilancio preventivo 2004.
I membri di questo Collegio hanno proceduto
ad una accurata analisi e verifica di tutte le
poste in entrata e in uscita, controllando la
veridicità delle pezze giustificative presentate.
Sono state effettuate le verifiche trimestrali
con estrema puntualità e sono stati ottemperati gli obblighi di legge relativamente all’attuazione di tali verifiche.
Dalle verifiche di cui sopra è emerso quanto
segue :
Euro
• entrate per
2.520.647,62
di cui :
• quota di iscrizione per
1.904.781,09*
• diritti di segreteria per
103.327,09
• tessere viaggi Alitalia per
10.094,70
• tessere viaggi ferrovie per
12.232,31
• tassa iscrizione albo per
76.985,00
• tessere registro praticanti per
9.940,00
• inserto Tabloid
22.092,00
* (al lordo di quanto di competenza
del Consiglio nazionale)
6
“La certificazione dei nostri bilanci
una garanzia per gli iscritti”
La gestione titoli dell’OgL è stata affidata nel
marzo 2002 alla Bancaintesa spa, a seguito
della delibera unanime del Consiglio di
cessare ogni rapporto con la Bipop–Carire.
Dalla documentazione trasmessa da
Bancaintesa emerge che la redditività del
portafoglio nel periodo 31/12/200231/12/2003 è stata del 3,98% (da 322071,34
euro a 334878,05 euro).
Sul periodo 2 marzo 2003 –2 marzo 2004 il
rendimento tocca il 10,02 per cento. È un
segnale confortante di ripresa, che lascia ben
sperare sul recupero del nostro portafoglio.
È da rilevare inoltre che i crediti verso gli
iscritti per gli anni dal 1998 al 2003 ammontano a 428.296,60 euro
Il Collegio dei revisori dei conti sottolinea
come nel bilancio siano stati accantonati i
seguenti fondi istituzionali:
F.do aggiorn.to professionale
F.do attività editoriali
F.do arredamento uffici
F.do acquisto sede Ordine
F.do adempim.pluriennali
969,65
2.322,07
17.065,69
522.194,46
110.027,12
TOTALE FONDI ACC.TO
652.578,99
ai quali va aggiunto l’avanzo del 2003 pari a
32.389,74 euro, che appare prudente accantonare per intero nel Fondo adempimenti
pluriennali, anche considerando che
quest’anno si terranno le elezioni per il rinnovo del Consiglio. Adempimento, questo,
molto oneroso.
banche, riconciliandoli trimestralmente e a
fine anno.
Il Collegio informa, inoltre, che il bilancio
preventivo 2004 è stato redatto sulla base del
consuntivo 2003, sulla scorta dei dati disponibili e con il criterio di massima prudenza.
Il Collegio dei revisori dei conti pertanto
Si precisa inoltre che l’Ordine dei giornalisti
per gli anni 2002 e 2003 ha certificato i bilanci affidando l’incarico alla società Certifida srl
iscritta al Registro Revisori Contabili
n.119646 pubblicata in G.U. n.100 del
29.12.2000, la quale ha rilasciato il seguente
giudizio:
“I bilanci dell’Ordine di giornalisti (relativi agli
anni sopra indicati, ndr) risultano conformi
alle norme che ne disciplinano i criteri di
redazione; sono pertanto redatti con chiarezza e rappresentano in modo veritiero e
corretto la situazione patrimoniale e finanziaria ed economica dell’Ente”. La certificazione
dei nostri bilanci va vista anche come una
garanzia per gli iscritti.
Il Collegio dei revisori, inoltre, ha controllato
la rispondenza dei dati di bilancio con i saldi
effettivi esistenti sia in cassa che presso le
invita
l’Assemblea ad esprimere voto favorevole al
conto consuntivo 2003 ed al bilancio preventivo 2004.
Il presidente del Collegio sindacale
Alberto Comuzzi
Il revisore Maurizio Michelini
Il revisore Giacinto Sarubbi
...............................
Nota/ La relazione è stata approvata all’unanimità dall’Assemblea degli iscritti
all’Albo di Milano svoltasi il 25 marzo
2004 al Circolo della Stampa.
ORDINE
4
2004
Presidente dell’Associazione “Walter Tobagi”
per la Formazione al Giornalismo
Bilanci
Circolo
della Stampa
giovedì 25 marzo
esperienze
e prospettive
LE SCUOLE
DI GIORNALISMO
Bruno
Ambrosi
“La prestigiosa via milanese
al giornalismo fabbrica oggi
professionisti multimediali”
L’occasione di un bilancio ci deve indurre non
solo ad elencare i risultati raggiunti, le cifre,
le buone intenzioni da realizzare o difficili da
raggiungere: è la logica dei consuntivi, alla
quale ovviamente non ci si deve sottrarre. Ma
è anche una buona occasione per tentare di
riflettere su quali e quanti tumultuosi cambiamenti siano avvenuti nel giornalismo in
quest’ultimo decennio all’insegna di una
tecnologia travolgente che ha cambiato radicalmente, senza che quasi ce ne accorgessimo, il modo stesso di fare i giornali e, di
conseguenza, i giornalisti.
Ed è proprio questo il compito primario
dell’Associazione: “fabbricare” i giornalisti di
oggi e di domani attraverso quell’Istituto
“Carlo De Martino” che per primo in Italia ha
affrontato con onore il difficile ed ambizioso
compito, cercando di svolgerlo al meglio per
quasi un trentennio, con risultati lusinghieri
che si misurano sul numero delle Direzioni,
dei quadri qualificati, delle grandi firme, dei
posti di lavoro ottenuti. Non è stato un compito facile,soprattutto in questi ultimi anni di crisi
dell’editoria e di sofferenza del mondo giornalistico,contrassegnato, soprattutto nel
nostro Paese, non solo dall’inaridimento delle
indispensabili fonti economiche degli investimenti pubblicitari ma anche da una stagnazione della diffusione che ci vede nelle posizioni più basse delle classifiche europee e in
quelle più imbarazzanti delle mondiali.
Senza contare che i facili entusiasmi provocati dall’avvento dei cosiddetti “new media” si
sono rapidamente sgonfiati di fronte ad un’economia non ancora pronta e ad una mentalità non sufficientemente matura, con il risultato che una sola testata telematica “autonoma”, sganciata cioè da un quotidiano di
carta, ha avuto una vita stentata sino alla
recente scomparsa.
Ciò nonostante è indubbio che ci dovrà essere una ripresa, se il fosco scenario mondiale
lo consentirà, e che il futuro sarà scandito
sempre più dagli impalpabili bit che ormai da
tempo hanno messo in pensione il piombo
tradizionale delle redazioni e che, appunto,
da quasi un decennio governano ormai nelle
grandi come nelle piccole realtà editoriali la
fabbricazione dei giornali. Un merito della
quasi decennale gestione della Scuola
sembra proprio essere questo: aver trovato
una realtà ancorata ai vecchi criteri gutenberghiani con solo una piccola apertura ai
nuovi orizzonti, e averla adeguata rapidamente alla rivoluzione in corso, introducendo
ORDINE
4
2004
in maniera decisa quelle nuove tecnologie e
quegli insegnamenti che si sarebbero presto
rivelati come determinanti. E così, da anni, il
praticante giornalista che frequenta il nostro
Istituto può essere considerato a tutti gli
effetti un professionista multimediale capace
di muoversi in maniera competente tra telematica e radiofonia, tra carta stampata e
televisione, nutrito di solide basi culturali e
deontologiche che dobbiamo ad un corpo
direttivo e docente di prim’ordine, un professionista, insomma, attrezzato culturalmente
e capace di trovarsi a proprio agio in qualunque ambiente di lavoro in maniera produttiva
da subito, senza incertezze.
È questo il ritratto ideale che corrisponde ai
quaranta neo praticanti che da oggi entrano
nel registro dell’Ordine lombardo con il loro
bagaglio di entusiasmi e di speranze: sono
le ragazze e i ragazzi del XIV° corso biennale dell’Ifg che vanno ad aggiungersi agli oltre
seicento colleghi che li hanno preceduti negli
anni in quella che è ormai considerata la
prestigiosa “via milanese” al giornalismo
creata nel nostro Istituto tra molte difficoltà
economiche che non ci hanno mai impedito
di perseguire un primato che non fosse
soltanto temporale. D’altronde basterebbe
dare un’occhiata al sito telematico dell’Ifg per
poter constatare, ogni giorno, come in via
Fabio Filzi si lavori per creare un giornalista
autenticamente multimediale, capace di
passare dalla tradizionale pagina scritta per
il quotidiano al giornale radio, all’agenzia,
all’inchiesta, alla comunicazione on line.
Difficoltà economiche, dicevamo. Lo stanziamento della Regione, pur decurtato e palesemente incongruo rispetto alle esigenze di
una scuola moderna e tecnologicamente
avanzata è la base essenziale per il nostro
funzionamento, unito al contributo indispensabile che viene erogato dall’Ordine lombardo: solo così, tra mille aggiustamenti al
risparmio, riusciremo a chiudere ancora una
volta il bilancio in nero e a prevedere un futuro possibile, non senza domandarsi perché
questa realtà tanto importante del mondo
giornalistico non attiri una concreta attenzione dalle molte altre istituzioni interessate
direttamente o indirettamente, prima fra tutte
la Federazione editori.
Ma, nonostante queste difficoltà oggettive
che ne condizionano l’esistenza, la nostra
Scuola rimane un punto di riferimento eccellente nel panorama dei corsi di giornalismo
autorizzati dall’Ordine nazionale, un arcipelago ormai di 13 isole prevalentemente
appoggiate alle Università, sparse praticamente sull’intero territorio nazionale. Doveva
essere, quella universitaria, la sorte anche
del “De Martino” in base a protocolli già
avviati e di cui la relazione dell’anno scorso
vi aveva già dato notizia: un percorso che si
è momentaneamente interrotto anche per le
difficoltà e le incertezze che il mondo degli
Atenei sta registrando, ma che rappresenta
comunque, anche per il nostro Istituto, una
scelta obbligata che sarà compiuta da chi
sarà chiamato a guidare le sorti della nostra
Scuola.
Infatti, come ben sapete, le imminenti elezioni per il rinnovo dell’Ordine comporteranno il
rinnovo dei vari incarichi, Associazione per
la Formazione al Giornalismo compresa:
l’augurio è che chi sarà chiamato ad assumere questa responsabilità sappia gestire al
meglio la prestigiosa creatura dell’Ordine
lombardo che rappresenta un modello per
tutti gli Istituti, impegnandosi a fondo per
mantenere ed accrescere i primati faticosamente raggiunti, senza mai dimenticare l’ammonimento del grande Kapuscinski : “ I cinici
non sono adatti al nostro mestiere”.
7
Relazione del coordinatore editoriale
del Master in giornalismo dell’Università Iulm di Milano
Circolo
della Stampa
giovedì 25 marzo
Bilanci
esperienze
e prospettive
LE SCUOLE
DI GIORNALISMO
Giornalisti: un accesso
privilegiato con le scuole
riconosciute dall’Ordine
Bologna, 27 febbraio
2004. Le scuole di giornalismo riconosciute dall’Ordine sono l’accesso privilegiato alla professione, al
punto che la stragrande
maggioranza degli ex allievi lavora effettivamente come giornalista.
Lo dice l’indagine del
Centro di documentazione
giornalistica fatta su un
campione di 85, tra esaminandi e neo professionisti, presentata al
convegno a Bologna che ha riunito tutte le
scuole italiane. L’indagine ha monitorato i tre
attori del settore - scuole, allievi ed editori - a
14 anni dalla nascita di istituti sostitutivi del
praticantato e quindi alternativi per l’accesso
alla professione.
Un accesso che le scuole in qualche modo
rendono molto probabile: l’Istituto ”Carlo De
Martino” per la Formazione al Giornalismo
di Milano dal ‘77 al 2001 ha formato 596 professionisti, e oggi 563 lavorano in campo
giornalistico, 18 in uffici stampa, mentre uno
fa l’editore.
Dei 178 allievi di Urbino,
173 lavorano come giornalisti.
Anche se, sottolinea l’Ifg
milanese, “il problema ormai è la precarietà di un
mercato che utilizza lo strumento dei contratti a termine: prima il 70% era assunto a tempo indeterminato,
ora la percentuale è invertita”.
Anche se appena uscito
dal corso, il 73% del campione dichiara di lavorare già. Il 5% è stato assunto a tempo indeterminato, il 57% con contratto di collaborazione continuata, il 19% ha un contratto a
tempo determinato, il 13% lavora come free
lance, e il 6% ha altre forme contrattuali.
La maggior parte (il 35%) lavora in quotidiani, il 10% in agenzie stampa, mentre il resto
si ripartisce tra tv, radio, settimanali e mensili. Del 27% che non lavora però ben il 70%
non ha ancora ricevuto offerte di lavoro. Nel
74% dei casi il lavoro è una conseguenza
dei periodi di stage passati nelle redazioni.
(Reuters)
Angelo
Agostini
“Anche i maestri
giornalisti dovrebbero
frequentare una scuola”
E ora che le scuole di giornalismo milanesi
sono tre, un quarto esatto di tutte quelle
disseminate sul territorio nazionale, che
cosa facciamo?
Con la presenza del Master in giornalismo
dell’Università Iulm, le scuole milanesi sono
diventate tre. All’Ifg, storico predecessore,
s’era affiancata da tempo la scuola dell’Università Cattolica, ora si conta anche l’Università Iulm. Tre scuole, tre strade d’accesso al
giornalismo, tutte tre a Milano, ciascuna con
un modello differente, un modello didattico,
professionale e istituzionale. Potremmo pure
goderci la supremazia della prima piazza
mediatica nazionale, e raccontarci che ovviamente questa è Milano: la città dove la vivacità giornalistica è prima, anche nei percorsi
formativi per avviare i giovani alla professione. Potremmo farlo, ma non basta.
Registriamo sommovimenti profondi, dal
decreto ministeriale sull’accesso alla professione, fino alla realtà di dodici scuole di giornalismo operanti in Italia. Registriamo tutto
questo, ma restiamo ancora balbuzienti di
fronte ad una realtà viva e concreta, che ha
già cambiato di fatto l’accesso alla professione.
Di più: ha cambiato concretamente aspettative, desideri, bagagli professionali, capacità
operative dei giovani che mettiamo tutti gli
anni nel mondo dei giornalismi. Vent’anni fa,
un ragazzo (o una ragazza) uscito dall’Ifg
pensava di potere essere assunto da un
giornale e andare a fare il cronista. Oggi no.
Oggi no, non perché non ci sia lavoro;
perché questa è una bufala, agitata per motivi che a definirli contrattuali sarebbe far loro
un onore. Oggi no, perché i giovani giornalisti formati dalle scuole s’insinuano, s’affermano, irrompono nei mille rivoli che la
professione ha saputo creare ben oltre la
cerchia ristretta delle redazioni.
Non c’è più (orrenda banalità!) solo la redazione d’un quotidiano di fronte al ragazzo
formato dentro una scuola.
Che sia un ufficio stampa, piuttosto che un’istituzione pubblica, un’impresa, un gruppo di
pressione, piuttosto che la televisione di
quartiere, o il mestiere da free lance, oggi il
giornalismo pervade tutti gli angoli della vita
associata. E di giornalisti c’è bisogno, vitale
e assoluto, ovunque. Questo è il punto: che
giornalisti formiamo? Cronisti, commentatori,
specialisti, redattori, infografici, deskisti,
addetti stampa?
Oggi formiamo giornalisti dentro soluzioni
ormai quasi antiche come gli Ifg, all’interno
di istituzioni nuove come le università private, attraversando modelli ibridi, come la
commistione tra la sovranità dell’Ordine e la
supremazia dell’Accademia.
Abbiamo modelli istituzionali differenti, ma
nessuna base didattica comune al di là
dell’apparentamento dentro il Quadro di Indirizzi del Consiglio nazionale dell’Ordine.
Abbiamo un tale quadro confuso, proprio
mentre il Governo viene a dettare le nuove
norme per l’accesso alla professione.
Ce n’è abbastanza, io credo, per arrivare ad
una proposta semplice e concreta. Si dia vita
a una qualunque forma condivisa e unitaria
di qualche cosa che possa assomigliare a un
Istituto nazionale per il giornalismo. Un istituto, centro, osservatorio (la forma non conta),
che abbia almeno due compiti: formi i formatori, coordini i centri di formazione.
Sul primo punto non mi dilungo. Quindici
anni di esperienza nella formazione al giornalismo sono sufficienti per autorizzarmi a
dire che non tutti i buoni giornalisti sono
buoni maestri di giornalismo.
Quindici anni sono abbastanza per dire che i
maestri giornalisti dovrebbero frequentare
una scuola che dia loro gli strumenti per
potere esercitare con decenza la funzione
che il titolo accrediterebbe. Non basta sapere scrivere per insegnare a trovare, verificare
e rendere comprensibile una notizia.
I maestri di giornalismo sono una garanzia
per tutta la categoria: vogliamo dare loro
qualche cosa che assomigli ad una patente?
Sul secondo punto sarò altrettanto breve.
Dodici scuole sono molte, la riforma dell’accesso ne annuncia molte di più.
Se l’Ordine vuole conservare una supremazia che i fatti gli assegnano, l’impegno è
scritto: non basta un quadro d’indirizzi,
serve un coordinamento molto più stretto.
Serve che le scuole facciano sistema.
Almeno le buone scuole.
I neo praticanti dell’Istituto per la Formazione al Giornalismo, dello Iulm e dell’Università Cattolica riuniti nella foto di gruppo al Circolo della Stampa
8
ORDINE
4
2004
Condirettore della Scuola di giornalismo
dell’Università cattolica del Sacro Cuore
Giorgio
Simonelli
“Domande
in crescita
del 200 per cento”
Come sembrano lontani i tempi in cui l’ipotesi
di affidare all’Università la formazione dei giornalisti sembrava un’idea fuori dal mondo, uno
sfizio intellettuale, una soluzione così poco
praticabile da suscitare spesso e volentieri
facili ironie. Un po’ come in quel vecchio film
con Doris Day e Clarke Gable, intitolato in
italiano 10 in amore, una commedia hollywoodiana di George Seaton del 1957, in cui il
capocronista dell’Evening Cronicle, accetta, in
seguito alle molte insistenze del suo direttore,
di portare una sua testimonianza in un corso
universitario di giornalismo. Presentatosi all’appuntamento svogliato e disinteressato a quell’esperienza che ritiene inutile per sé e per gli
studenti, per una serie di equivoci viene scambiato per uno studente e in quella veste impartisce alla zelante professoressa del corso una
lezione di vero giornalismo, quello che si impara “consumando le suole lungo le vie della città
e nella frenetica vita di redazione”.
Ora tutto questo ci sembra appartenere a un
passato remoto e un po’ pittoresco, ma chi,
tra noi, che al problema ci siamo dedicati e
appassionati per anni, non ricorda quanto
quella mentalità, quella che si può chiamare
“sindrome di 10 in amore” fosse persistente, e
non solo negli anni Cinquanta, anche in tempi
molto più vicini?
Ma come sono cambiate le cose al punto da
far apparire quei problemi e quelle incomprensioni reperti archeologici? Pur restando aperta, la questione della formula (master di primo
livello dopo la laurea triennale o triennio di
base più laurea specialistica), non è minimamente in discussione che il luogo privilegiato
della formazione giornalistica sia l’ambito
accademico. Dove, certo, molte cose sono
cambiate, per rendere possibile questo tipo di
percorso formativo, riconosciuto approvato e
condiviso dal mondo del giornalismo e dai
suoi rappresentanti istituzionali.
In base all’esperienza del Master in giornalismo a stampa e radiotelevisivo dell’Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo
dell’Università Cattolica, che insieme con altre
Scuole ha vissuto intensamente questa fase
di cambiamento e di crescita (le domande di
ammissione alla selezione per il biennio 20032005 hanno visto un aumento del 200%
rispetto al precedente), penso si possano
raggruppare lungo tre linee le scelte che
hanno reso possibile la realizzazione di
questo progetto.
La prima riguarda la progettazione di piani di
studio, nei quali le discipline teoriche della
comunicazione e dell’informazione, nate e
sviluppatesi in ambito accademico fin dagli
anni settanta su una matrice fondamentalmente semiotica, hanno trovato un coerente
inserimento nei curricula e una specificità di
metodi e contenuti. L’insegnamento della
“teorie” - possiamo dire le famigerate, da un
certo punto di vista, teorie - viene impartito
sempre avendo di mira l’applicazione a un’esperienza concreta di comunicazione; la
semiotica è semiotica del testo giornalistico, o
ancor più specificamente semiotica del testo
giornalistico audiovisivo, e mai nessun insegnamento, neanche il più teorico, prescinde
dall’elaborazione da parte degli studenti di un
elaborato, dalla finalizzazione in un “compito”,
in tutti sensi a cui la parola rimanda.
La seconda linea di rinnovamento ha riguardato la didattica laboratoriale, sempre più
spesso affidata a docenti provenienti dal
mondo esterno all’università, dall’ambito delle
professioni giornalistiche, con il coinvolgimento anche di firme di prestigio, di personaggi
famosi. Ma tutto in un’ottica ben diversa rispetto a quella che introduceva queste figure nei
corsi universitari in qualità di semplici testimoni - come il James Gannon -, Clarke Gable del
ORDINE
4
2004
film da cui siamo partiti -, in maniera estemporanea, effimera, in quella forma della cosiddetta “ospitata” che si basa soprattutto al
prestigio e mira alla visibilità. La presenza dei
professionisti nei laboratori è, ora, una presenza radicata, un coinvolgimento vero, che si
esprime nella partecipazione alla programmazione didattica, alla realizzazione di prodotti,
indispensabile nella didattica di laboratorio,
all’elaborazione e alla discussione dei lavori di
tesi finale. Nel piano di studi progettato per il
nostro master del biennio 2004-2006 l’attività
didattica dei moltissimi laboratori, previsti
attorno ai vari contenuti e alle varie tecniche
del giornalismo, si svolgerà in forma concentrata e sulla base di singoli progetti definiti in
condivisione e realizzati in collaborazione tra
il docente e gli studenti.
La terza linea è quella dell’attività redazionale.
Oggi le scuole di giornalismo sono più che
mai luoghi di lavoro, lavoro a tempo pieno, con
la vitalità, la frenesia, la durezza, anche, di
una redazione. Può apparire fastidioso e un
Scuole e master
universitari riconosciuti
dall’Ordine nazionale
dei giornalisti
ISTITUTO “CARLO DE MARTINO”
PER LA FORMAZIONE AL GIORNALISMO di Milano
(promosso dall’Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al Giornalismo,
dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia e dalla Regione Lombardia)
20124 Milano - Via Fabio Filzi, 17 Tel. 02.6749871 - Fax 02.67075551
E-mail: [email protected]
Direttore: Gigi Speroni; Vicedirettore: Adolfo Pallavisini.
MASTER BIENNALE IN GIORNALISMO
(promossa dall’Università Cattolica di Milano)
20123 Milano - Università Cattolica Sacro Cuore - Via S. Agnese 2, III piano
Tel. 02.862205 - Fax 02.865684
Sito Web: www.unicatt.it/milano - e-mail:[email protected]
Direttore: Gianfranco Bettetini; condirettore Giorgio Simonelli.
MASTER BIENNALE DI GIORNALISMO
(promosso dall’Università IULM di Milano)
Università Iulm - via Carlo Bo 1 - 20143 Milano - Tel. 02.8914121
Direttore Giovanni Puglisi (Rettore)
coordinatore didattico Marino Livolsi (Pro Rettore)
Angelo Agostini coordinatore editoriale.
ISTITUTO PER LA FORMAZIONE AL GIORNALISMO di Urbino
(promosso dall’Ordine dei giornalisti delle Marche, dall’Università degli Studi di Urbino
e dalla Regione Marche)
61029 Urbino - Via della Stazione 150/D Tel. 0722.350581 - Fax 0722.328336
Sito Web: www.uniurb.it/giornalismo - E-mail: [email protected]
Direttore: Lella Mazzoli - Direttore dei corsi: Silvano Rizza.
CENTRO ITALIANO DI STUDI SUPERIORI PER LA FORMAZIONE E
L’AGGIORNAMENTO IN GIORNALISMO RADIOTELEVISIVO di Perugia
fondato dalla Rai e dall’Università di Perugia in collaborazione con l’Ordine nazionale
dei giornalisti e la Regione Umbria
06077 Ponte Felcino - Villa Bonucci - Via G. Puccini, 253
Tel. 075.5918204/5/6/7 – Fax 075.5918298
Sito Web: www.sgrtv.it - E-mail: [email protected]
Direttore: Vittorio Fiorito.
SCUOLA SUPERIORE DI GIORNALISMO di Bologna
promossa dall’Ordine dei giornalisti dell’Emilia Romagna,
dall’Università degli Studi di Bologna e dall’Associazione
per la Formazione al Giornalismo dell’Emilia Romagna
40138 Bologna - Università degli Studi - Facoltà di Lettere e Filosofia
Villa Pallavicini Gandolfi - Via Martelli, 22/24
Tel. 051.6024560 - Fax 051.6024561
Sito Web: www.lettere.unibo.it/didattica/scuole/giornalismo/index1.html
Direttore: Angelo Varni.
SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN GIORNALISMO LIBERA
UNIVERSITÀ INTERNAZIONALE “GUIDO CARLI” (LUISS)
promossa dall’Ordine dei giornalisti del Lazio
e Molise e dall’Università Luiss - Facoltà di Scienze Politiche
00162 Roma - Via OresteTommasini, 1
Tel. 06-8522538; 06-85225558; fax 06-86506515
Sito Web:www.luiss.it
Direttore: Luciano L. Pellicani.
po’ esibizionistico portare come esempio il
lungo elenco delle attività prodotte dal nostro
Master. Ma è giusto correre questo rischio, se
non altro per rendere il giusto merito agli
studenti, ai tutor, ai docenti che vi sono quotidianamente impegnati. Allora dalla “bottega”
del Master escono: un magazine periodico,
Presenza, che analizza i problemi di attualità
nell’ambito nazionale e internazionale, sfruttando le molteplici competenze presenti in
una grande università diffusa su tutto il territorio nazionale come la “Cattolica”; un quotidiano on line, mag, che si propone di raccontare
attraverso cronache, interviste e inchieste gli
aspetti meno evidenti e meno frequentati dalla
grande informazione dei cambiamenti sociali;
un settimanale di approfondimento radiofonico, registrato e montato nello studio del
Centro audiovisivi dell’Università e messo in
onda dall’emittente Circuito Marconi; servizi
telegiornalistici, interviste, documentari, montaggi di materiali dell’archivio audiovisivo
dell’Università che vengono forniti a testate di
informazione televisiva locale e a circuiti
nazionali.
Completano il quadro l’attività stagistica, la
produzione di un’agenzia, i cicli di lezioni affidate a direttori di testate, rappresentanti ai
massimi livelli delle istituzioni giornalistiche,
docenti di altre università. Ci sarebbero poi i
riconoscimenti e i premi recentemente ottenuti da alcuni lavori realizzati dalla redazione; ma
a parlare di questo, il rischio di narcisismo,
poco sopra evocato, diventa troppo forte.
SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN ANALISI E GESTIONE
DELLA COMUNICAZIONE INDIRIZZO IN GIORNALISMO UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA “TOR VERGATA”
(Facoltà Lettere e Filosofia)
promossa dall’Ordine dei giornalisti del Lazio e Molise
e dall’Università di “Roma - Tor Vergata”
00198 Roma - c/o Istituto San Leone Magno - Largo di S. Costanza, 1
Tel. 06.84240912/3 - Fax 06.84240913 Sito Web: www.scuolacomunicazione.uniroma2.it
Direttore: Franco Salvatori.
CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE INDIRIZZO IN
GIORNALISMO - LIBERA UNIVERSITÀ
MARIA SS. ASSUNTA (LUMSA) - Facoltà Lettere e Filosofia promosso dall’Ordine dei giornalisti del Lazio e Molise e dalla Libera Università Maria
SS. Assunta (Lumsa)
00193 ROMA - Via della Traspontina, 21 - Tel. 06.68422200/68422292 - Fax 06.6878357
Sito Web: www.lumsa.it - E-mail: [email protected]
Direttore: Claudio Vasale.
CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE INDIRIZZO
IN GIORNALISMO - UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO Facoltà di Scienze della formazione promosso dall’Ordine dei giornalisti della Sicilia e dall’Università di Palermo
90139 Palermo - Piazza Ignazio Florio, 24 - Tel. 091.321536/321547 - Fax 091.321665
Sito Web: www.unipa.it - E-mail: [email protected]
Direttore: Antonio La Spina.
MASTER BIENNALE DI GIORNALISMO UNIVERSITÀ
“SUOR ORSOLA BENINCASA” di Napoli
promosso dall’Università “Suor Orsola Benincasa” di Napoli
80135 Napoli - Via Suor Orsola, 10 -Tel. 081.2522251/2 - Sito Web: www.unisob.na
Direttore: Lucio D’Alessandro.
MASTER BIENNALE IN GIORNALISMO
(in corso di attivazione: selezioni previste nel 2004) - 70121 Bari – Istituto “Di Cagno
Abbrescia” – corso A. De Gasperi n. 320 Tel. 080.5714732.
SCUOLA DI GIORNALISMO DI TORINO in fase di allestimento.
9
Bilanci
Circolo
esperienze
della Stampa
e prospettive
giovedì 25 marzo
IL PRATICANTATO
A SCUOLA
Iulm
Pensare il giornalismo
nella dimensione
storico-comunicativa
di Valeria Morselli
Circolo della Stampa, 25 marzo 2004 ore
16.30. Una data e un’ora che segnano un
importante traguardo nella vita di 72 giovani. Sono i nuovi “aspiranti professionisti”.
Vengono da tre scuole diverse, Ifg “De Martino”, Università Cattolica e Iulm, ma condividono lo stesso sogno: diventare bravi giornalisti.
Facce tese, ma felici. Voci che tradiscono
una profonda emozione. Qualche lacrima e
tanti sorrisi. Così si sono presentati a Franco Abruzzo per ritirare il tanto atteso “tesserino azzurro”, quello da praticante. E così
anche i dodici del primo anno di corso del
lavori di testata. All’aggiornamento quotidiano del giornale on-line con media-news e
curiosità. Alla registrazione del Gr che, dalle
15.00, è disponibile in Internet. Alla confezione, infine, di un mensile: il Lab.Iulm (lo si
può trovare nella sede della scuola). Ed è in
avvio anche il Tg.
Un sistema di insegnare a fare giornalismo
che cerca di formare i giovani a tutto tondo.
Un modus operandi che, i ragazzi stessi,
definiscono “molto interessante” anche se
faticoso.
La fatica però è una peculiarità e, nello stesso tempo, una costante di tutte e tre le scuole milanesi: il famoso “sudare le sette camicie”. Tutti i giorni. Per portare a casa un
prodotto buono. Per far vedere ciò di cui si è
capaci. Per migliorarsi nel tempo. Perché,
spiega Angelo Agostini responsabile del
Master, “di giornalisti c’è un bisogno, vitale e
assoluto, ovunque”. E dunque “è bene
rimboccarsi le maniche”, aggiungono loro
che di camicie ne cambiano parecchie.
Tra una chiacchierata e una risata è già
passata un’ora. Troppo. È la loro giornata.
Così dopo un drink e un salatino salutano e
vanno, giustamente, a festeggiare. Sapendo
che il giorno dopo ricomincerà il solito “tran
tran”. Tra notizie, Gr e giornale on-line. Con
una sola piccola differenza: un “tesserino
azzurro” che esce dal portafoglio e che vale
tutta la fatica fatta per averlo.
patesi in ambito accademico a quello che
vuole essere un corso di avviamento professionale. «Così – ha spiegato Simonelli – l’insegnamento delle teorie viene impartito
sempre avendo di mira l’applicazione a un’esperienza concreta di comunicazione; la
semiotica, ad esempio, è semiotica del testo
giornalistico».
Parallelamente alla rivoluzione dei piani di
studio, l’esperienza ha portato a un ripensamento delle attività laboratoriali. Perché
se è vero che questo mestiere non si impara solo «consumando le suole lungo le vie
della città», la pratica resta una delle fasi
più importanti della formazione professionale. Sono stati così coinvolti nell’insegnamento firme di prestigio, chiamate non solo a
riferire della propria esperienza, ma anche
a partecipare alla programmazione didattica e alla realizzazione di prodotti. «Per il
master del biennio 2004-2006 – ha aggiunto Simonelli – l’attività didattica dei moltissi-
mi laboratori, previsti attorno ai vari contenuti e alle varie tecniche del giornalismo, si
svolgerà sulla base di singoli progetti definiti
e realizzati in collaborazione tra docenti e
studenti».
L’intento è quello di rendere la scuola di giornalismo il più possibile simile a una redazione reale, fatta di fatica e frenesia.
Perché questo sia possibile i 40 allievi della
Cattolica lavorano alla realizzazione di un
magazine, Presenza, periodico di attualità;
un quotidiano on line, Mag, che attraverso
interviste e inchieste «racconta i cambiamenti della vita sociale»; un settimanale di
approfondimento radiofonico e servizi telegiornalistici.
Un’offerta questa, premiata dal numero di
domande di ammissione, che per il biennio
2003-2005 ha visto un aumento del 200%
rispetto alla precedente. Un impegno nella
formazione che è riuscito a trasformare una
mentalità.
Master in Giornalismo dell’Università Iulm.
Dieci ragazzi e due ragazze. Pochi, è vero,
ma con tanti sogni e speranze per il futuro.
Studenti che, come nelle altre scuole, si
mettono ogni giorno a confronto con le diverse sfaccettature del giornalismo. La loro
mattina è interamente dedicata alle lezioni
teoriche.
Storia del giornalismo, informatica, comunicazione e tante altre materie. Perché,
raccontano i ragazzi, c’è molto da acquisire
non solo concretamente, ma anche a livello
concettuale. “È importante imparare non solo
come scrivere e adattare il proprio stile alle
diverse realtà, ma anche, e soprattutto,
pensare il giornalismo nella sua dimensione
storico-comunicativa”, spiegano con convinzione. Il pomeriggio, invece, è dedicato ai
Università Cattolica
Un giornale online “racconta”
i cambiamenti della vita sociale
di Nicola Zaccagni
Un vecchio film in bianco e nero, una
commedia hollywoodiana del ’57 di George
Seaton, con Doris Day e Clarke Gable. Da
10 in amore è partito il condirettore della
Scuola di giornalismo dell’Università cattolica del Sacro Cuore, Giorgio Simonelli, per
l’intervento esposto in occasione della
consegna delle tessere di praticante il 25
marzo scorso a Milano.
Il film, che racconta di un cronista dell’Evening Cronicle costretto a tenere, contro la
sua volontà, un corso universitario di giornalismo, è stato ritenuto specchio di quella
mentalità secondo cui insegnare il mestiere
di cronista dietro banchi di scuola è impresa
impossibile. «Ora tutto questo ci sembra
appartenere a un passato remoto e un po’
pittoresco – ha dichiarato Simonelli -, ma chi
tra noi si è dedicato e appassionato al
10
problema ricorda quanto quella mentalità
fosse persistente, e non solo negli Anni
Cinquanta, anche in tempi molto più vicini».
A distanza di anni il preconcetto sembra
essere stato smentito e a tutt’oggi «non è
minimamente in discussione che il luogo
privilegiato della formazione giornalistica sia
l’ambito accademico».
Tanto è cambiato dal 1961, anno in cui il filologo e storico del teatro Mario Apollonio
fondò a Bergamo la Scuola superiore di giornalismo e mezzi audiovisivi. È infatti opinione ormai diffusa che una professione come
quella del giornalista può essere insegnata e
appresa attraverso un percorso di tipo
universitario, «riconosciuto, approvato e
condiviso dal mondo del giornalismo e dai
suoi rappresentanti istituzionali».
Nel corso degli anni l’Alta scuola in media,
comunicazione e spettacolo dell’Università
Cattolica ha variato i piani di studio al fine di
consentire l’applicazione di discipline svilup-
ORDINE
4
2004
Venti
Circolo
della Stampa
giovedì 25 marzo
medaglie
d’oro
MEZZO SECOLO
NELL’ORDINE
I
IST
ION
S
S
FE
PRO
Nicola
D’Amico
Giorgio
D’Ilario
Due generazioni che si confrontano, si avvicinano e si legano. Nel nome della passione
comune per il giornalismo.
Per Nicola D’Amico, grande esperto di scuola, scrittore e cronista, già inviato del Corriere della Sera, direttore del Tempo e dell’Istituto Carlo de Martino per la Formazione al
giornalismo, la festa dell’Ordine per i 50 anni
di iscrizione all’Albo ha un sapore speciale.
Perché è riuscita a mettere insieme due
mondi lontani: “È stato un incontro bellissimo, commovente, importante sia per noi
vecchietti sia per i giovani che si stanno
affacciando alla professione.
In noi i nuovi giornalisti possono vedere il
sacrificio, la costanza e la pazienza nel lavoro, la dedizione nella professione, le forze
che abbiamo messo e speso in tutti questi
anni. E noi, prosegue D’Amico, attraverso i
volti di tanti giovani che credono ancora nel
giornalismo, riusciamo a capire che ne è
valsa la pena”.
Un giudizio attento anche sulle votazioni
dell’assemblea, “segnale chiaro delle ritrovata serenità della categoria”, sulle scuole di
giornalismo e sui loro direttori che, per D’Ami-
«Non mi dica che è il traguardo di una
carriera, per favore. Semmai è una tappa!».
Di abbandonare il mondo del giornalismo,
del racconto, che sono le sue vere passioni,
Giorgio D’Ilario non ne ha proprio voglia. È
felice di poter ricevere il riconoscimento
dell’Ordine dei giornalisti per i suoi 50 anni
di iscrizione all’Albo, ma partecipa all’assemblea degli iscritti con garbo e riservatezza. Lui, uno degli ospiti d’onore della giornata, si sente come tutti i colleghi presenti: un
giornalista.
Con questa consapevolezza ascolta diligente la relazione sui conti dell’Ordine e attende il suo turno. L’atmosfera è distesa. Nel
pubblico ci sono giovani e meno giovani,
professionisti, pubblicisti, studenti e praticanti. D’Ilario scambia qualche battuta con chi
gli siede a fianco e, quando il presidente
Abruzzo inizia a consegnare le medaglie
d’oro, lui è uno dei primi a essere premiato.
Si alza, riceve il premio, cortese ringrazia e
si concede ai fotografi.
Poi torna al suo posto. «Non ho ricevuto un
premio alla carriera – puntualizza – ma un
riconoscimento per il mio lavoro. È come se
mi avessero detto: continua così».
Pilade
Del Buono
ORDINE
4
2004
co, “devono avere grande capacità comunicativa e scegliere quei giovani che hanno la
vocazione per essere giornalisti”.
c.a.
La prima delle venti megaglie per il cinquantennio di iscrizione all’albo dei giornalisti di
Milano è la sua. Lui è Pilade Del Buono,
settantatré anni portati con leggerezza e
una carriera invidiabile alle spalle.
Quando il presidente Franco Abruzzo
pronuncia il suo nome, Pilade si alza dalla
prima fila, si guarda intorno sorridendo,
stringe la mano del presidente e si risiede.
Ordinaria amministrazione per questo “veterano” della parola scritta.
“Complimenti”, gli sussurra un amico avvicinatosi per le congratulazioni. “Sì, è proprio
una bella medaglia alla memoria…”, gli
risponde Del Buono, che alla battuta non
rinuncia mai.
Una vita spesa nel mondo del giornalismo. I
primi passi nel 1949 a Sportinformazioni, poi
alla redazione di Sport Giallo a fianco del
grande maestro Gianni Brera, che lo vuole
con sé anche al Giorno di Baldacci e Rozzoni. Nel 1969 arriva a L’Avvenire, dove rimane
come caporedattore fino al ’74, quando, cioè,
un altro maestro – Montanelli – lo chiama al
neonato Giornale. Sarà Pilade a convincere
Brera a occuparsi delle pagine sportive della
testata quando Montanelli deciderà di lanciare l’edizione del lunedì. Nel 1982 accetta la
vicedirezione de La Nazione di Firenze. “A
Firenze ho vissuto alcuni degli anni più divertenti della mia vita, sarei rimasto in Toscana
molto più a lungo dei due anni effettivi che
lavorai lì, tuttavia per questioni familiari decisi
di tornare a Milano”. La carriera per Pilade si
chiude al mitico Sole 24 Ore.
a.s.
Bruno
Enriotti
Ci sono pagine a firma di Giorgio D’Ilario che
sono ancora fresche di stampa, altre che tra
poco usciranno dalle tipografie. A lui, insomma, non rimane che scrivere.
m.v.
Da “cronista del porto” per l’Unità a Genova a caporedattore della redazione milanese: è racchiusa tra questi due estremi la
carriera giornalistica di Bruno Giuseppe
Enriotti, tutta trascorsa presso il quotidiano
del Partito Comunista Italiano.
Nel 1957, a ventisette anni, diventa corrispondente dalla Romania. La permanenza
a Bucarest dura però soltanto quattro
mesi. I suoi articoli non risparmiano le critiche al governo rumeno, ed è costretto a
lasciare il Paese. A firmare l’ordine di
espulsione è il futuro despota, Nicolae
Ceausescu, allora sottosegretario agli
Interni.
Due anni dopo, la svolta professionale, con
il trasferimento a Milano. Si occupa soprattutto di cronaca e, nel ruolo di capocronista, tra il 1969 e il 1976, si trova ad affrontare gli anni caldi del terrorismo. Un periodo drammatico e di grande tensione, che
influenza profondamente la sua vita,” in un
momento eccezionale – racconta – in cui il
lavoro era vissuto come estremo impegno”.
Con la pensione, si dedica agli studi storici
e, dal 2003, dirige la Fondazione Memoria
della Deportazione, che raccoglie la documentazione dell’Aned (Associazione
nazionale ex deportati politici nei campi di
annientamento nazisti).
e.b.
11
Circolo
della Stampa
giovedì 25 marzo
Ai colleghi
professionisti
e pubblicisti
VENTI MEDAGLIE
D’ORO
I
IST
ION
S
S
FE
PRO
Enzo
Fabiani
Enzo Fabiani ha ricevuto la medaglia d’oro
dell’Ordine dei giornalisti Lombardi con
semplicità, quasi fosse un’inevitabile
adempimento burocratico. Il pomeriggio
della cerimonia passeggiava avanti e
indietro per le sale del Circolo della Stampa guardando l’orologio e ripetendo agli
amici: “Ma quando finirà questa cosa?”. A
un certo punto però si è voltato verso la
grande porta d’ingresso ed è sbottato:
“Strano, non sono ancora arrivati”. I due
figli che avevano promesso di passare di
là erano in ritardo, e in fin dei conti gli
dispiaceva.
Giornalista per caso, Fabiani ha ancora
nello sguardo il luccichio di chi vive le
proprie giornate come un’avventura. A
vent’anni, in tasca soltanto un diploma di
quinta elementare e tanta curiosità, se ne
andò dalla piccola Fucecchio a Firenze in
cerca di fortuna.
Subito si avvicinò a poeti, pittori, scultori,
da Enzo Faraoni a Giovanni Papini. Subito
divenne loro amico. Nel 1952, con la stessa naturalezza, bussò alla redazione milanese del Popolo. Prima i giri di nera, poi la
terza pagina. Sei anni più tardi Edilio
Rusconi lo volle nella squadra di Gente,
dove è rimasto fino alla pensione.
Ogni settimana firmava due rubriche, di
arte e letteratura, e guidava la redazione
culturale. Fabiani non ama le celebrazioni,
ma i suoi 3.990 articoli li conserva tutti.
Sono una parte di sé.
p.b.
Massimo
Fabbri
La carriera giornalistica di Massimo Fabbri
inizia a 27 anni, nel 1948, quando avvia una
collaborazione con l’agenzia Scambi Intercontinentali, con Il momento, il Lavoro Illustrato e Orizzonti. Cinque anni dopo, nel
1953, è redattore de Il Sole, testata di riferimento per il mondo economico-finanziario.
Nel 1956 approda a Il Giorno, dove apre
insieme al professor Francesco Forte la pagina economica, della quale è caposervizio. Dal
‘70 è anche responsabile dell’ufficio stampa
dell’Eni per Milano e per l’Italia settentrionale.
Ha collaborato anche con le riviste Espansione, L’Espresso, L’Europeo, Quattrosoldi,
Panorama, Successo, Tempo ed è stato
consulente della Rai-Tv.
s.o.
Marco
Matteucci
Carmela
Fedele
Ferdinando
Mariani
“Sono contenta per te, brava. È il mestiere
più bello del mondo”. Carmela Fedele, in
arte Lina Lepera, sorride al termine della
cerimonia che ha sancito, in meno di un’ora,
i suoi cinquant’anni di giornalismo e la mia
iscrizione al registro dei praticanti. A pensarci, è proprio strano.
Carmela ha vissuto mezzo secolo di articoli,
di telefonate, di incontri, di notti febbrili, di
viaggi. Oggi ha raggiunto una pietra miliare
sullo stesso sentiero che io sto iniziando a
percorrere. Proprio adesso.
Nessuna di noi nasconde un luccichio, un
tremito. In un attimo, con il tesserino azzurro tra le mani, penso alla vita che Carmela
mi ha raccontato: le prime cronache stenografiche nel 1950, per il quotidiano Roma
di Napoli; l’avventura milanese con La
Patria, di Achille Lauro; il ritorno a Napoli.
E poi, la scelta di trasferirsi per sempre
all’ombra del Duomo per vivere il ritmo
frenetico delle redazioni: dapprima, con il
gruppo giornalisti stenografi lombardi poi,
dal 1962, nelle file della Rai, accanto a
Bruno Ambrosi e Pino Mezzera. “Chiamami quando vuoi, quando hai bisogno di un
consiglio...”.
Gli occhi lucidi, la voce tremula, la mano che
stringe forte quella della moglie. L’ostentata
indifferenza per la cerimonia la lascia ai
giovani praticanti. Ferdinando Mariani, classe 1928, penna d’oro, dopo cinquant’anni di
professione non ha bisogno di atteggiamenti
costruiti: «Sono emozionatissimo. Quando
mi sono alzato per andare a ritirare la medaglia mi tremavano le gambe». Sentimenti forti
in un luogo, il Circolo della Stampa, che
«considero casa mia». Orgoglio professionale che vuole trasmettere alle nuove leve con
semplicità, senza nessuna saccenteria:
«Tenetevi stretto l’entusiasmo che ho visto
oggi, è lo stesso che avevo io alla vostra età.
Andate in giro, non abbandonate la strada,
accontentandovi delle tecnologie».
Voce di un’esperienza cominciata proprio
così, negli anni ’50, come cronista di nera in
costante ricerca di notizie prima per l’Italia e
poi per il Tempo di Milano. Nel’60 il passaggio
alla grafica: Mariani per anni disegna le pagine “rivoluzionarie” del Giorno. Nostalgie per
quei tempi? La risposta sta nello sguardo che
rivolge alla moglie prima che nelle parole:
«Ora ho lei, i miei figli». L’entusiasmo di Mariani, da quando è in pensione, è tutto per loro.
da.c.
12
Arrivederci, Carmela, verrò a trovarti presto.
È bello avere qualcuno che ti guida. Quando
non conosci la strada.
e.n.
Piglio deciso, sguardo fermo, che cela
forse un po’ di emozione. C’è tutta la sicurezza di chi ha svolto con dedizione e
professionalità il proprio mestiere nei passi
che accompagnano Marco Matteucci
verso la sua medaglia d’oro.
Cinquanta anni di ricordi si bruciano in
pochi metri sulla passatoia rossa: dagli
inizi alla Gazzetta del Popolo di Torino,
sino al ventennio trascorso al Corriere
d’Informazione e all’esperienza con Autocapital.
Dall’immediato dopoguerra ad oggi: una
passione - per il giornalismo - che è rimasta immutata: ancora adesso si diverte a
scrivere – mi confessa - e a studiare gli
argomenti che lo appassionano, come i
“suoi” motori.
Alla cerimonia, si complimenta con me e
si schermisce, dice che ho fatto un buon
lavoro. Gli rispondo che il buon lavoro l’ha
svolto lui, in tutti questi anni. Io mi sono
solo limitato a raccontarlo.
D’altronde, basta osservare la stima di
quei colleghi - amici di una vita - nei suoi
confronti, le strette di mano, per capire di
avere di fronte un esempio da seguire. E
da invidiare. Per quella sua voglia di fare,
di svolgere con rispetto e sensibilità un
mestiere che – come lui insegna - si può
solo vivere con devozione.
e.b.
ORDINE
4
2004
Massimo
Ranghieri
I
IST
ON
I
S
FES
PRO
Annamaria
Ottolenghi
Costume e società, moda e bellezza. È un
piccolo ritratto dell’Italia dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta quello tracciato da Annamaria Ottolenghi nella sua carriera di giornalista.
E il punto di osservazione sono le pagine dei
grandi periodici, femminili ma non solo, sorti
nel nostro Paese nel dopoguerra.
Dopo la laurea in Lettere, Annamaria Ottolenghi, nata a Milano il 10 febbraio 1921,
lavora come pubblicista alla redazione di
Selezione dal Reader’s Digest. Dal 1953 è a
capo dell’Ufficio Ricerche e cura le “finestrelle” non firmate a corredo degli articoli.
Interrompe poi il lavoro per Selezione per
trascorrere due anni – dal settembre ’56 al
giugno ’58 – allo Smith College di Northampton, negli Stati Uniti, dove segue corsi di giornalismo, comunicazione e relazioni pubbliche.
Una volta tornata in Italia approda ad Arianna, ai periodici Mondadori. Qui è responsabile delle rubriche “Arianna risponde” e “La
bellezza di Maria Laura”. Nel 1962, infine,
passa alla redazione di Quattrosoldi, mensile della Editoriale Domus.
Le precarie condizioni di salute, purtroppo,
non le hanno permesso di sostenere un’intervista, né di partecipare alla premiazione
al Circolo della Stampa.
c.d’o.
“Indipendentemente dalla medaglia d’oro, è
comunque un bel traguardo”. Così esordisce
Massimo Ranghieri quando lo incontro
mentre entra nell’austero palazzo che ospita
il Circolo della Stampa.
Un’occasione, per lui, di incontrare vecchi
amici, come Pilade del Buono, e colleghi
della Rai e dell’Avvenire, alcuni dei quali non
vedeva da molti anni. Anni che scorrono. E
che culminano in queste occasioni, in cui
veterani del giornalismo si raccolgono per
ribadire i valori della professione, più che per
ritirare un premio.
Ma “questo 25 marzo è più importante per
voi che per noi” mi dice. E dopo aver ritirato
la sua medaglia Ranghieri non va via, ma
rimane a vedere 72 giovani praticanti che
si incamminano in un lungo percorso, che
lui ha imboccato più di 50 anni fa. “La scuola che fate è importante, ma altrettanto
importante è l’esperienza che vi farete sulla
strada”.
E sottolinea la necessità che le scuole di
giornalismo siano organizzate con molte
ore dedicate alla pratica, e che i corsi siano
tenuti da docenti qualificati. “Nell’epoca
Mario
Oriani
Sergio
Rossi
“Una grande soddisfazione per il riconoscimento”: si è limitato a un commento telegrafico Mario Oriani, al momento di ricevere la
medaglia d’oro per i 50 anni di iscrizione
all’Albo dei giornalisti della Lombardia.
Quasi a voler assecondare Orazio, che nelle
Epistole ricordava Singula de nobis anni praedantur euntes (gli anni che fuggono ci portano
via una cosa dopo l’altra), si ritrae di fronte
all’invito di ripercorrere le tappe principali della
sua carriera. “Non è il caso di stare a ricordare
quello che ho fatto in tanti anni di lavoro - si
limita a dire - godiamoci il momento”.
Il percorso nel giornalismo inizia nell’adolescenza con la palestra dei fogli scolastici e
prosegue con le collaborazioni al Corriere
d’Informazione, al Corriere della Sera, per
proseguire con le direzioni di Qui Touring,
Corriere dei Piccoli e Corriere dei ragazzi.
Finita l’esperienza alla Rizzoli, arriva la
voglia di provare nuove esperienze con Il
Giornale della Vela e Storia Illustrata.
L’attività giornalistica prosegue tutt’ora con
varie collaborazioni, intervallate da numerosi
libri: Arbitri Maledetti, Portofino amore mio e
Il Convento dei delitti i più celebri.
L. d. O.
Giacca blu scuro di velluto a coste, sguardo
emozionato dietro agli occhiali spessi.
Sergio Rossi si siede, si alza, si avvicina ai
capannelli dei colleghi, saluta: non sta fermo
un attimo. Non vuole darlo a vedere, ma
freme nell’attesa di ricevere la sua medaglia
d’oro.
“Me la consegna Franco Abruzzo? Dovrò
fare un inchino - e lo mima sorridendo - o
basterà una stretta di mano? Ah, signorina,
volevo ringraziarla per l’articolo. Tutti uguali,
però, i giornalisti: Bernardo Valli era a L’Italia, non all’Avvenire. E, poi, quella foto antidiluviana. Dove l’avete pescata? Non sono
mai stato una bellezza, ma forse sono
meglio da vecchio”.
Quando è il momento della sua premiazione, il presidente dell’Ordine ripete la battuta
che ha dato il titolo al resoconto del nostro
incontro, pubblicato sullo scorso numero di
Ordine Tabloid - “È il momento di Sergio
Rossi, a L’Italia e a L’Avvenire: sempre nella
stessa parrocchia”.
Alla fine della cerimonia, quando gli mostro
il tesserino da praticante nuovo di zecca, il
collega Rossi non si scompone: “Lo tenga a
Giorgio
Santocanale
ORDINE
4
2004
Quello che si alza dalla seconda fila dello
splendido salone del Circolo della Stampa
di Milano è un uomo sorridente e visibilmente emozionato. Giorgio Santocanale ritira la
sua “Penna d’oro” dalle mani di Bruno
Ambrosi, presidente dell’Associazione
“Walter Tobagi” per la Formazione al Giornalismo.
“Sono molto soddisfatto di questo riconoscimento – ha commentato. Questa medaglia per i cinquant’anni d’iscrizione nell’elenco dei professionisti è un’attestazione
molto gradita. Sono stato fortunato a poter
vivere questa giornata. Sono sopravvissuto a molti colleghi, forse più meritevoli di
me, che purtroppo, per motivi anagrafici,
non hanno potuto avere questa soddisfazione”.
L’amore per il giornalismo è nato molto
presto nella sua vita. “È una passione che
ho scoperto da bambino – dice – sui banchi
di scuola”. Santocanale ha cominciato la sua
carriera a Palermo, città natale, dove ha
lavorato per il Gazzettino di Sicilia, la Sicilia
del popolo, il Corriere di Catania e il Giornale di Sicilia.
Poi il trasferimento a Milano, dove ha svolto
l’incarico di capo ufficio stampa per la Philips, ha collaborato con Tuttomotori e Tutto
Scienze e ha diretto le riviste scientifiche
Scienza e vita nuova e Futura.
Santocanale è stato anche tra i promotori e
fondatori dell’Ugis – Unione giornalisti scientifici italiani – della quale è tutt’ora vice presidente.
d.u.
delle specializzazioni un giornalista deve
comunque avere una formazione completa,
ed è molto importante che la vostra scuola
vi consenta di sperimentare tanti media
diversi”.
g.m.c.
mente. Questo è solo l’inizio”.
Sulla sua medaglia d’oro sono incise due
date: 1954-2004. Le separa solo un trattino,
ma in mezzo ci sta una vita, la vita di Sergio
Rossi, umile cronista.
r.m.
Angelo
Soldani
Raggiante, impeccabile in un elegante abito
grigio, Angelo Soldani è arrivato insieme alle
due figlie. “È un momento importante. Oggi
non ho pensato ad altro”, ha confessato. E
quando ha ritirato la medaglia d’oro ha
lasciato intravedere qualche lacrima di
commozione. Orgoglioso? “Molto, si tratta di
un riconoscimento ufficiale a conclusione di
50 anni di professione”.
Ma le soddisfazioni più grandi le ha ricevute
giorno dopo giorno da un mestiere che ha
definito “avvincente” e a cui si è dedicato con
passione. Comasco, Soldani è legato in
modo indissolubile alla città dove è nato nel
‘26 e al quotidiano L’Ordine.
Qui ha cominciato come fattorino nel ‘46. Il
suo è stato un traguardo faticosamente
conquistato: da correttore di bozze a redattore, poi praticante, infine professionista nel
‘54. Al giornale si è sempre occupato di tutto,
in modo particolare di politica e, altra sua
passione, di calcio.
Si è congratulato con me per il tesserino da
praticante appena ricevuto: “Quello è stato il
momento in cui mi sono sentito davvero
giornalista”, ha ricordato.
Qualche consiglio? “Mantenere serietà,
impegno quotidiano e, primo fra tutti, il
gusto di fare bene la notizia”, ha risposto
senza indugio. Cercherò di tenerlo sempre
a mente.
s.b.
13
Circolo
della Stampa
giovedì 25 marzo
Ai colleghi
professionisti
e pubblicisti
VENTI MEDAGLIE
D’ORO
TI
NIS
SIO
S
E
F
PRO
Luigi
Vismara
Italo Pietra, Gaetano Afeltra e Guglielmo
Zucconi. I nomi dei direttori si inseguono
nella mente di Luigi Vismara. Guarda la
medaglia e pensa ai suoi grandi maestri.
“Sono proprio trascorsi 50 anni di carriera,
sa?” mi dice, sospirando un poco. “E questa
medaglia ha un suo peso, un suo valore.
Guardare voi giovani che oggi avete ricevuto il tesserino da praticanti mi fa salire al
cuore un po’ di tristezza, di malinconia. Sono
felice per voi ma invidioso (sorride) della
vostra giovinezza, del tempo che avete
ancora a disposizione, dei giorni che vi
aspettano per esplorare questo meraviglioso mestiere che avete scelto”.
Mi stringe la mano, socchiude gli occhi per
assaporare gli ultimi istanti di quella gloria in
cui echeggia anche il suo nome. E dice:
“Buona fortuna”. Poi, se ne va, tenendo in
mano il suo orgoglio dorato.
Luigi Vismara, classe 1927, approdò al
mondo dell’informazione intorno alla metà
degli Anni’40 come cronista della Prealpina
di Varese. Vide bombardamenti, avvenimenti drammatici e morti. Quelli della guerra in
Franco
Gallini
Quando il presidente Franco Abruzzo lo
chiama per consegnargli la medaglia d’oro,
Franco Gallini, direttore d’orchestra e critico
musicale, sta dirigendo le prove per il debutto delle “Sinfonie in Do minore” di Pietro
Mascagni.
E così al suo posto a ritirare il riconoscimento dell’Ordine dei giornalisti lombardo è uno
dei cinque figli, visibilmente emozionato.
Gallini arriva trafelato a cerimonia ormai
conclusa, vorrebbe brindare al suo premio
con un bicchiere di prosecco, ma tutte le
bottiglie sono già state portate via. Al giovane praticante che gli chiede se è contento
PUB
BLI
CIS
TI
per il riconoscimento conferitogli risponde:
“Vede, è di questo che sono contento”, ed
estrae da una cartellina un pacco di fogli
pentagrammati.
E d'altronde è alla musica più che al giornalismo che Gallini ha dedicato tutta la sua vita,
preferendo la bacchetta di direttore d’orchestra alla macchina per scrivere, il palcoscenico alla redazione. Una professione che gli
ha consentito di viaggiare molto e di ottenere consensi nei teatri di tutta Europa. L’attività pubblicistica è stata una bella amante, la
musica la compagna di sempre dalla quale
ancora non ha voglia di separarsi.
p.m.a.
Jole
Giannini
Algeria negli Anni ’60. Nel 1970 la corrispondenza da Mosca per Il Giorno.
Mentre scende le scale, lasciandosi alle spalle il Circolo della Stampa e i suoi colleghi,
giovani e non, Vismara non ha ancora deciso
di smettere, di posare la penna. “Ci vediamo
tra 50 anni”. Ed esce di scena.
c.m.
Una carriera iniziata da giovanissima, negli
Anni ’40, come addetta stampa presso il
“British Council” di Milano, e come traduttrice di commedie dall’inglese per la radio. Poi
l’avvicinamento alla “scatola” che avrebbe
cambiato l’Italia.
Il 3 gennaio del 1954 nasceva ufficialmente
la televisione e Jole Giannini ne fu madre e
istitutrice. Dopo l’esperienza al Tg unico,
quello stesso anno, la grande svolta. Jole
propose all’allora direttore della Rai, Sergio
Pugliese, una trasmissione per insegnare
l’inglese.
Partì così Passaporto, programma di grande successo, da lei interamente scritto e
presentato. «Ero riuscita ad inventare un
nuovo sistema d’insegnamento semplice ed
efficace». “La professoressa d’Italia” divenne
così famosa in tutto il mondo. Nel ’58 il dipartimento di Stato americano la invitò negli
Stati Uniti, l’anno dopo le venne assegnato il
premio nazionale per la Tv “Guglielmo
Marconi”.
Un susseguirsi dunque di successi, finché
arrivò la primavera del ’61 e le lezioni d’inglese, d’un tratto, sparirono dal palinsesto.
Iniziò così la collaborazione con Grand Hotel
e con La Notte di Nino Nutrizio: «Un grande
giornale – ricorda Jole – per un grande direttore. Onesto e coerente Nutrizio rappresentò
un giornalismo autentico e indipendente,
come pochi oggi».
d.g.
I
IST
LIC
B
B
PU
Luciano
Consigli
Giancarlo
Sansoni
“Sono rimasto commosso nel rivedere tanti
vecchi colleghi. È come se le lancette dell’orologio fossero tornate indietro, facendomi
ripercorrere una carriera di cui posso dire di
essere soddisfatto”.
Così l’architetto Luciano Consigli, “papà”
della rivista Humor Graphic, commenta la
cerimonia organizzata dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia per celebrare i 50
anni di attività professionale dei suoi iscritti.
Per Consigli la medaglia giunge a coronamento di una carriera pubblicistica costruita
sempre con passione e curiosità nei vari
ambiti del giornalismo da lui affrontati: critica
di costume, motori, nautica, letteratura, religione. Cosa vorrebbe vincere ora? “La
commessa per un grattacielo o il restauro
del grande murale che ho fatto in via Bergamo, oggi un po’ impallidito”.
b.n.
14
“Sono in partenza per Madrid, tenga questo
numero, al guardaroba troverà una cosa per
lei”. Il numero era il 55, un mazzolino di
fresie e Crescendo napoletano di Domenico
Rea: casa, respiro, silenzio. Nella giornata
dei lampadari scintillanti e delle foto, degli
applausi e dei brindisi, un signore in giacca
chiara ha lasciato il palazzo della festa prima
degli altri, con la delicatezza delle favole;
schiudendo le mani, ha liberato una striscia
di lucciole.
Il signore in giacca chiara è Giancarlo
Sansoni. Avremmo dovuto intervistarlo per
capire quale emozione gli procurasse
l’omaggio resogli dall’Ordine per i suoi primi
cinquant’anni di giornalismo. Emozioni e
pensieri che resteranno a lui.
Nell’intervista pubblicata sullo scorso numero di Tabloid, Giancarlo Sansoni parlava
della Milano ingoiata dal tempo, di un giornalismo fatto di sintesi e accuratezza, ricordi… dolci ricordi anche per noi.
Grazie professore
m. s. n.
ORDINE
4
2004
255
Circolo
elaborati
della Stampa
giovedì 25 marzo
per 7 categorie
I PREMI ALLE 8
TESI DI LAUREA
I
Storia del giornalismo italiano, dei suoi interessi
e dei suoi protagonisti, anche attraverso le vicende
storiche e di costume che lo hanno impegnato
Vincitori (2.500 euro pro capite)
• Maria Chiara Merli, Università degli Studi di Torino (Facoltà di Lettere e Filosofia). Tesi: “Metro, Leggo e City. La free press in Italia: un fenomeno editoriale dilagante”. Relatore: prof. Mimmo Candito.
• Massimo Veneziani, Libera Università Lumsa di Roma (Facoltà di Lettere e
Filosofia). Tesi: “Il giornalismo italiano degli anni ‘70. Le ragioni di una svolta”.
Relatore: prof. Francesco Malgeri.
II
Storia del giornalismo occidentale
III
Istituzioni della professione giornalistica. La deontologia
e l’inquadramento contrattuale dei giornalisti in Italia,
in Europa e nel resto del mondo occidentale
IV
Giornalismo radiotelevisivo
V
VI
Giornalismo telematico:
nessun vincitore
(Vincitore (2.500 euro)
• Marta Pasuch, Università degli Studi di Trieste (Facoltà di Scienze della
formazione). Tesi: “La retorica della fotografia giornalistica tra allegoria, simbolo, mito. Iraq 2003 nelle foto di El Pais, Corriere della Sera e Le Monde”. Relatore: prof. Luciano de Giusti.
Segnalazione
• Giovanna Ragaini, Università Cattolica del Sacro Cuore (Facoltà di Lingue e
Letterature straniere. Tesi: “Istituzioni totali e informazione: il caso Magazine
2”. Relatore: prof. Piermarco Aroldi.
Vincitore (2.500 euro)
• Daniele Memola, Libera Università Lumsa (Facoltà di Lettere e Filosofia).
Tesi: “Diritto di cronaca e falsificazione dell’informazione. Fattoidi, bufale e
leggende metropolitane”. Relatore: prof. Pietro Mazzà.
Vincitori ex aequo (1.250 euro pro capite)
• Roberta Frau, Università degli Studi di Milano Bicocca (Facoltà di Sociologia). Tesi: “La cavalleria leggera dell’informazione. Storia, attualità e prospettive dell’informazione radiofonica in Italia”. Relatore: prof. Francesco Abruzzo.
• Monica Pinna, Università degli Studi di Genova (Facoltà di Scienze della
formazione). Tesi: “Euronews. Dieci anni tra missione pubblica e logica
commerciale. Crisi e prospettive del canale di informazione europeo”. Relatore: prof.ssa Marina Milan.
Con il premio alle migliori tesi di laurea sul giornalismo (giunto quest’anno alla sesta edizione), il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia punta a valorizzare il collegamento
tra l’Università e la professione giornalistica, ma anche a rilanciare la ricerca sul mondo dei
media. La giuria (formata dai consiglieri dell’Ordine), assistita dai consulenti (giornalisti e
professori universitari), ha individuato gli autori degni di ricevere il riconoscimento. La giuria
(coordinata da Nicola D’Amico e Gianni de Felice) ha preso atto che le tesi, pur di notevole
valore, relative alla quinta sezione del premio (giornalismo telematico), non presentavano
elementi tali da costituire la base per una duratura storicizzazione del fenomeno, data anche
la sua troppo recente formazione, e ha deciso di raddoppiare i riconoscimenti relativi alla
prima sezione (Storia del giornalismo italiano). Ogni vincitore riceverà un assegno di 2.500
euro il 25 marzo al Circolo della Stampa in occasione dell’assemblea (h. 15) degli iscritti
all’Albo di Milano. Estratti (di 400 righe) delle tesi premiate (e segnalate) verranno pubblicati
su Tabloid, organo mensile dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia. Hanno partecipato al
concorso 255 neolaureati, che hanno discusso le tesi nelle Università italiane (pubbliche e
private) nel periodo gennaio-dicembre 2003. Qui accanto i nomi degli otto vincitori (due sono
ex aequo) sezione per sezione e sopra la foto di gruppo durante la premiazione al Circolo.
Giornalismo economico e finanziario
Vincitore (2.500 euro)
• Mattia Mirko Stanzani, Università degli Studi di Milano (Facoltà di Scienze
politiche). Tesi: “L’economia italiana attraverso le pagine del Corriere della
Sera dal 1963 al 1973”. Relatore: prof. Angelo Moioli.
VII
Giornalismo culturale, sociale, scientifico,
sportivo e di costume
Vincitore (2.500 euro)
• Paolo Beltramin, Università degli Studi di Padova (Facoltà di Lettere e Filosofia). Tesi: “La bella confusione. La critica cinematografica a Federico Fellini
da Lo Sceicco bianco a 8-1/2”. Relatore: prof. Gian Piero Brunetta.
Partecipare alla seduta plenaria nel corso della quale oltre cinquanta giurati assegnano collegialmente i premi costituisce una intrigante
occasione per apprendere, di anno in anno, come il nostro mestiere sia vissuto nell’immaginario accademico
Il giornale come creatura a sé
o una certa idea della professione
sono i poli contrapposti attorno
ai quali hanno ruotato i 255 lavori
di Nicola D’Amico
Il comunicato ufficiale dell’Ordine riferisce in
queste stesse pagine i nomi dei candidati e
dei lavori premiati alla VI edizione del
Concorso per la migliore tesi avente per
oggetto il giornalismo nelle sue varie realtà
umane, professionali in genere e tecnologiche in particolare, con riferimento alla
varietà dei media.
Non ci soffermeremo qui, dunque, sulla notizia conclusiva. Ci preoccuperemo, piuttosto,
ORDINE
4
2004
sforzandoci di essere il più possibile esaustivi, su come ad essa si sia arrivati.
saminare le tesi di laurea che annualmente partecipano al concorso dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia e
partecipare alla seduta plenaria nel corso
della quale oltre cinquanta giurati, tra professionisti e pubblicisti, assegnano collegialmente i premi ai migliori lavori, costituisce
una intrigante occasione per apprendere, di
anno in anno, come il nostro mestiere sia
vissuto nell’immaginario accademico.
E
La “controparte”, infatti, che i commissari si
trovano di fronte sfogliando a turno la mole
dei lavori di dottorato (250 concorrenti,
quest’anno), non sono soltanto i giovani che
questi lavori hanno redatto, ma anche – se
non soprattutto – i docenti che li hanno assegnati. E la prima considerazione che
quest’anno si è ricavata è stata quella che
potremmo chiamare la “spersonalizzazione”
degli interessi. Mentre alla tenzone dello scorso anno abbondavano le biografie (e le corrispondenti tecniche di lavoro) di giornalistiscrittori, di inviati speciali e direttori-manager,
quest’anno i protagonisti del giornalismo
affioravano da un contesto più largo, in cui il
vero centro dell’interesse erano ora il giornale come creatura a sé, ora la professione in
quella che potremmo chiamare la sua “astratta concretezza”, cioè la capacità di tradurre in
un “pezzo” un modello irriproducibile di idea
della professione che il giornalista porta
dentro di sé e realizza sul campo.
Se volessimo portare alle estreme conseguenze questa osservazione, potremmo
imboccare molteplici strade:
- assenza di grandi nuove figure (con conferma di interesse ineguagliabile per il “fenomeno” Montanelli, mai abbastanza sondato e, perché no?, idealizzato; insieme al
“riservato” Buzzati e a “monumenti” storici
come Pietro Verri e il suo leggendario
Caffè e a personaggi intriganti come il
cronista D’Annunzio o inquietanti come
Oriana Fallaci),
- razionalizzazione del mestiere in conseguenza del “mezzo tecnico che modifica il
messaggio”,
- urgere di temi “drammatici” (mercificazione
della notizia e dell’immagine, trasformazione delle proprietà, concentrazioni, ingabbiamento degl’inviati, lotta o simbiosi tra tv
e carta stampata, ecc.), di temi che non
segue
15
Il profilo
Circolo
degli studenti
della Stampa
premiati
giovedì 25 marzo
GLI 8 VINCITORI
TRA LE 255 TESI
lasciano spazio agl’interessi “romantici” per
i protagonisti. Ma è probabile che tutti
questi fattori si combinino tra loro.
na seconda considerazione che ci
sentiamo in coscienza di poter fare è il
forte miglioramento delle capacità di
scrittura constatato nelle tesi di questa
sessione nei confronti delle tesi presentate
nello scorso anno, quando la commissione
dovette, senza spirito di parte e senza
iattanza, invitare l’accademia ad essere più
accorta nella concessione di lauree a
persone affette da gravi sintomi di carenza
di sintassi quando non di ortografia.
Nessun commissario ha elevato quest’anno
lamentele del genere. Molto dignitosa la
media qualitativa delle tesi, con picchi di
eccellenza non solo nei lavori premiati, ma
anche nelle tesi che hanno raggiunto il
massimo dei voti per poi cedere davanti ai
“primi inter pares”.
U
a Commissione ha lavorato nel quadro
di non poche difficoltà. Innanzi tutto, le
“gabbie” (sette) nelle quali si dovevano
costringere i lavori, spesso trasversali a più
di una sezione. È stato difficile stabilire, per
esempio, se una tesi dovesse essere assegnata a “Storia del giornalismo italiano, dei
suoi interessi, dei suoi protagonisti, ecc.”
anziché al “Giornalismo culturale, sociale, di
costume, ecc.” Una tesi che parlasse dell’organizzazione di un giornale sportivo andava
collocata tra le tesi “sportive” o tra quelle
“economico-finanziarie”?
L
Le “batterie”, come si diceva, erano sette.
Oltre quelle citate sommariamente, figuravano quella istituzional-sindacal-deontologica,
quella radiotelevisiva, quella telematica, la
storia del giornalismo occidentale in senso
largo.
Una scelta delicata, dunque. Che è stata
risolta con la flessibilità, intendendosi per tale
i casi – non numerosi, tuttavia – in cui la
commissione, in corso d’opera, ha deciso di
mutare “serie” a un lavoro che in precedenza
era stato altrimenti “etichettato”.
olti gli argomenti “new entry” nella
vasta gamma delle proposte. Segnaliamo, tra gli altri (sempre in riferimento alla presenza qualitativa e quantitativa nei
giornali), quello della clonazione, degli OGM,
il “radiotiving – interazione tra radio e televisione –, il giornalismo ”all news”, la “free
press”, mtv, giornalismo/intrattenimento tra
ibrido e innovazione professionale, weblog,
handicap e stampa, stampa e pena di morte,
“giornali verdi” (ambientalisti).
Quali gli atteggiamenti della commissione
nel loro complesso? A filo di statuto, i
commissari hanno innanzi tutto preso atto
del tasso di interesse e di originalità presentato dal singolo lavoro. Ma cum grano salis.
Infatti, questo fattore è accreditabile o addebitabile solo qualche volta all’estensore della
tesi, ma quasi sempre, al contrario, al docente che assegna il titolo. Il problema era
dunque solo quello di verificare se il contenuto cui il lavoro doveva dedicarsi era tale da
presentare quelle caratteristiche statutarie di
M
potenziale stimolo alla conoscenza, presso
la pubblica opinione, e al progresso oggettivo della professione, anche sotto il profilo
della sua storicizzazione, prima soggettivamente e poi nella difficile comparazione
oggettiva tra i lavori concorrenti.
Dello stile di scrittura, altro elemento importante, si è detto prima. È stato un elemento
di giudizio discriminante per gli stessi motivi
sopra elencati: capacità del lavoro di penetrare nel grande pubblico e di apportare una
conoscenza fruibile dell’argomento trattato.
Sotto questa luce, persino lavori eccellenti,
ma elucubrati in maniera criptica e astrusa,
hanno ceduto il posto a tesi piane, chiare,
altamente e concretamente documentate,
come lo statuto del concorso prevede.
Le singole angolature di giudizio, tuttavia,
nel ricomporsi hanno potuto modificare
quella che potremmo chiamare la cruda
“somma algebrica” dei giudizi settoriali. Lo
si è constatato nella riunione plenaria finale, dove sono prevalse le perorazioni di
sintesi, spesso altrettante occasioni, per
l’assemblea, di interessanti momenti di
coinvolgimento culturale.
l sale della riunione plenaria, tuttavia, è
stato costituito dallo scontro-incontro tra le
varie angolature di giudizio. Uno scontro
culturale e tecnico-professionale conclusosi
sempre in un incontro. Quasi tutte le tesi
premiate, infatti, con una o due eccezioni “di
bandiera” (il commissario che difende fino
all’ultimo la tesi da lui proposta per il premio),
sono state laureate con il consenso unanime
I
La giuria tecnica che
ha aiutato il Consiglio
Camillo Albanese, Andrea Baiocco,
Gino Banterla, Aldo Bernacchi, Andrea
Biglia, Rita Bisestile, Gianfranco Bonanno, Andrea Bosco, Gianfranco Buosi,
Giovanna Calvenzi, Claudia Cassino,
Daniela Castelli, Vincenzo Ceppellini,
Ezio Chiodini, Leonardo Coen, Matteo
Collura, Arturo Colombo, Sara Cristaldi,
Vittorio Da Rold, Nicola D’Amico (coordinatore scientifico), Giacomo de Antonellis, Gianni de Felice (coordinatore
scientifico), Marzio De Marchi, Fabrizio
De Marinis, Carmen Del Vecchio, Gianluigi Falabrino, Enrico Fedocci, Giacomo Ferrari, Dario Fertilio, Antonella
Fiori, Franz Foti, Emma Franceschini,
Mario Furlan, Marco Garzonio, Robertino Ghiringhelli, Michele Giordano, Elisabetta Invernici, Lorenzo Leonarduzzi,
Patrizia Lorenzini, Alberto Mazzuca,
David Messina, Alfredo Pallavisini,
Mario Pancera, Paola Pastacaldi, Stefano Porro, Emilio Pozzi, Ruben Razzante,
Guido Re,Tiziano Resca, Rodrigo Rivas,
Gianni Rizzoni, Francesca Romanelli,
Ottavio Rossani, Giovanni Santambrogio, Pietro Scardillo, Gigi Speroni, Livio
Sposito, Gregorio Terreno, Lucia Vastano, Roberto Zoldan.
dei membri della commissione, una commissione. Lo spirito di grande serenità di giudizio che ha contraddistinto la riunione plenaria è stato consolidato dai numerosi casi in
cui, davanti alla provata primazìa assoluta di
un certo lavoro, presentato da altro commissario, alcuni membri della commissione
hanno rinunziato a far correre il proprio
“cavallo”, ancorché giunto gloriosamente fino
alle soglie del traguardo.
Quali sono stati gli scogli da superare nel
corso della discussione finale tenutasi a via
Appiani dal primo pomeriggio alla tardissima
serata del 15 marzo scorso? Innanzitutto
quello di dover dare un valore condiviso al
concetto di spirito critico, in contrapposizione
alla norma statutaria di “esaltazione della
professione”. Se si fosse presa alla lettera
quest’ultima espressione, infatti, si sarebbe
potuti incorrere in una sorta di castrazione
dello spirito critico del candidato. Al contrario, la commissione, ha saputo vincere lo
spirito corporativo e ha considerato in tutto il
proprio peso le reali capacità del concorrente (e si sono fatte delle verifiche in corpore
vili anche in corso di assemblea), di apportare un reale stimolo all’esame di coscienza
collettivo della categoria. Non sono state
invece premiate le agiografie di persone – in
mancanza di “storie” singole eccellenti – e di
istituzioni.
Sintomatico di questo atteggiamento è il
premio che è stato assegnato alla tesi “Diritto di cronaca e falsificazione dell’informazione: fattoidi, ‘bufale’ e leggende metropolitane” del candidato Daniele Memola dell’università Lumsa di Roma (relatore prof. P.
Mazzà).
Vivace, nella più assoluta moderazione ed
eleganza, la discussione che ha portato alla
non assegnazione del premio sul giornalismo telematico, per il quale concorrevano
soltanto due tesi. La discussione è stata
incentrata sulla possibilità di storicizzare con
metri ancora non definibili una materia tanto
nuova e la capacità dei candidati, sebbene
autori ambedue di ottimi lavori, di apportare
a filo di statuto quel contributo essenziale di
chiarezza all’argomento che il concorso
richiedeva.
Elegante, inoltre, il dibattito su pagine economiche ed economia finanziaria dei giornali al
fine di stabilire la pregnanza dei lavori
presentati, come, anche, quello accesosi in
commissione plenaria, in presenza di lavori
di comparazione: si trattava di stabilire quanto potesse costituire un handicap alla qualità
del lavoro una sproporzione di peso tra i
media presi in considerazione. Interesse
plebiscitario hanno suscitato, ancora, le illustrazioni e le perorazioni relative alle tesi,
tutte eccellenti, aventi per oggetto la fotografia giornalistica.
È stata unanime la considerazione dell’alto
livello dei lavori presentati, tale da costituire
un vero e proprio passo in avanti nella storicizzazione di questo importante aspetto
della professione. Un interessante dibattito
ha, infine, suscitato la tesi su Fellini e critica,
rievocatrice di clamorose cecità, di oscure e
meno oscure pavidità, di clamorosi pentimenti.
Nicola D’Amico
LE 255 TESI
Studente
Abiuso Francesco
Abrami Giovanna
Università
Un. studi Milano Bicocca - facoltà sociologia
Un. studi Bologna - facoltà scienze della comunicazione
Agostinacchio Marianna
Agostini Monica
Alessandrini Monia
Alessi Caterina
Alfieri Paolo Maria
Allegra Valentina
Alonzi Donatella
Anconitano Veruska
Angiulli Carmen
Antonelli Alessandro
Aristone Attilio
Arlati Roberto G.
Baldini Sergio
Ballone Andrea
Barbi Roberta
Un. studi Bari - facoltà lettere e filosofia
Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Teramo - facoltà scienze della comunicazione
Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà scienze politiche
Un. studi Perugia - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Catania - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Salerno - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Siena - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Bari - facoltà economia e commercio
Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze politiche
Un. studi di Teramo - facoltà scienze della comunicazione
Un. studi Milano - facoltà scienze politiche
Un. studi Pisa - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Milano Bicocca - facoltà sociologia
Libera Un. Maria SS. Assunta - facoltà lettere e filosofia
Barraco Fabio
Barzaghi Marco
Battifoglia Enrica
Beconi Silvia
Beltrame Lorenzo
Beltramin Paolo
Berardi Anna
Berbenni Maddalena
Bernardelli Elisabetta
Bernasconi Silvia
Bertolotti Francesca
Bevilacqua Elisa
Bevilacqua Michele
Bianchi Francesco F.
Un. studi Siena - facoltà scienze politiche
Un. studi Milano - facoltà scienze politiche
Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà di filosofia
Un. studi Firenze - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Trento - facoltà sociologia
Un. studi Padova - facoltà lettere filosofia
Un. per stranieri di Perugia - facoltà lingua e cultura italiana
Un. studi Bergamo - facoltà lingue e letterature straniere
Un. studi Parma - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Milano - facoltà lettere e filosofia
Un. Catt. Sacro Cuore Brescia - facoltà scienze linguistiche e lett. straniere
Un. studi Torino - facoltà scienze politiche
Un. studi Parma - facoltà lettere e filosofia
Un. Iulm - facoltà scienze della comunicazione e dello spettacolo
16
Titolo tesi
Il giornalismo investigativo in Italia: il caso Lockheed
La gestione delle informazioni e il rapporto tra mass media e istituzioni (politiche e militari) in tempo di guerra,
dal Vietnam alla guerra del Golfo del 2003
Alessandro Verri e gli anni del Caffè
Glamour 1922 - 2002: texture di una rivista di moda
Network writing. Passione e professione di scrivere in rete”
Libertà di informare e di essere informati e tutela della riservatezza a mezzo Internet
Informazione e guerra. Politica media, opinione pubblica, verità, inganni: golfo, Kosovo, Afghanistan, Iraq e altre storie
Il “parlato serio e semplice”: lingua e stile di Enzo Biagi
Dalle riproduzioni tipografiche al prodotto editoriale: il giornalismo nell’era delle reti digitali
Il Corriere della sera e Mani pulite: la difficile strada verso l’obiettività
Mass media e problemi di informazione
La questione di Trieste nella stampa comunista del secondo dopoguerra (1945 - 1947)
Un giornale per emigranti: La voce di Fossacesia
Il Partito d’Azione e la sua stampa
Mario Borsa, un giornalista coerente, alla guida del Corriere della sera dalla liberazione all’indomani della repubblica
La stampa della Lomellina dal 1950 al 2002: il giornalismo locale dagli anni della ricostruzione alla stagione della globalizzazione
La comunicazione in allarme. La presentazione giornalistica dell’ 11 settembre
e gli effetti sulla percezione della personalità dei personaggi coinvolti
Il crack della Rizzoli nelle cronache e nei commenti del Corriere della sera (1870 - ‘83)
Mtv, il fenomeno che ha cambiato il mondo della televisione
Linguaggi scientifici e riviste di divulgazione in Italia (1788 - 2002)
Stelle! (1933 - 1938): cinema, divismo e modelli femminili in un rotocalco cinematografico degli anni trenta.
L’immagine del premio Nobel nella stampa quotidiana. Un confronto internazionale
La bella confusione. La critica cinematografica a Federico Fellini da “Lo sceicco bianco” a “8 e 1/2”
Diversità culturale e realtà mediatica
Our special corrispondent: la produzione giornalistica di Virginia Woolf, 1904 - 1912
Archivio Publifoto: immagini di conferenze ed avvenimenti politici italiani ed internazionali
Inediti dell’archivio libico Maraja di Como: grafica pubblicitaria e cinema d’animazione, 1933 - 1949
La comunicazione scientifica in Italia e in Francia: il caso dell’oceanografica
Un modello di informazione locale il caso di Luna nuova
Metafore di Internet. un’indagine sul Corriere della sera
Giornalismo e letteratura. l’evoluzione della terza pagina nella storia del Corriere della sera
Relatore prof.
Francesco Abruzzo
Roberto Grandi
R. Cotrone
Anna Lisa Carlotti
Pierfranco Malizia
Nicoletta Parisi
Stefano Balassone
Gabriella Alfieri
Salvatore Sica
Maurizio Boldrini
Giuseppe Scarcia
Giovanni Aliberti
Nadia Tarantini
Ada Gigli Marchetti
Bruno Di Porto
Franco Abruzzo
Giuseppe Pisicchio
Donatella Cherubini
Ada Gigli Marchetti
Tullio De Mauro
Silvia Franchini
Massimiliano Bucchi
Gian Piero Brunetta
Emidio Diodato
Flaminia Nicora
Gloria Bianchino
Antonello Negri
Maria Teresa Zanola
Carlo Marletti
Sergio Manghi
Angelo Agostini
ORDINE
4
2004
Maria Chiara Merli
La free press? Un “passaggio”
verso il giornale tradizionale
di Andrea Celauro
Non sempre il destino della “free press” è
quello di essere abbandonata in un cestino
all'uscita della metropolitana. C'è chi la piega
nella borsa, se la porta a casa, la studia con
attenzione e sceglie di dedicarle la tesi di
laurea. È quanto ha fatto Maria Chiara Merli,
in un pregevole lavoro dal titolo “Metro, Leggo
e City. La free press in Italia: un fenomeno
dilagante”. L'idea della tesi, discussa alla
facoltà di Lettere e Filosofia di Torino sotto
l'egida del prof. Mimmo Candito, è nata dalla
curiosità di capire i motivi di un successo che
ha portato i tre quotidiani gratuiti a triplicare, in
due soli anni, fatturato pubblicitario e copie
distribuite. Tutto questo mentre, sull'altro
versante, le grandi testate nazionali lottavano
per difendere le proprie quote di lettori e inserzionisti dall'attacco della televisione.
“I lettori dei quotidiani forse non necessitano
di un giornalismo snaturato nei suoi caratteri
peculiari, ma di un giornalismo che aderisca
di più alle esigenze del pubblico della società
digitale”, sostiene Maria Chiara, e mostra
come la “free press” in questo abbia gioco
facile, essendo nata proprio per soddisfare
tale richiesta: “La prima pagina di Metro assomiglia alla homepage di un sito Internet”.
La brevità dei pezzi, tutti neutri e facili da
leggere, l'uso del colore e della fotografia,
fondamentali per l'aspetto “brioso ed esuberante” delle testate, i titoli che sembrano
slogan pubblicitari; tutto questo fa della “free
press” un'arma vincente, dati alla mano, in un
panorama editoriale caratterizzato dalla
crescente disaffezione dei lettori più giovani.
“Il tempo medio di lettura è di non più di 10-15
minuti e termini come ‘sfogliare’ e ‘approfondimento’ non sono, di norma, in sintonia”. La
scommessa, come è ovvio, si gioca sul
campo dei numeri più che su quello dell'autorevolezza. Avvicinare alla lettura i giovani tra i
13 e i 24 anni, che non riescono a essere
conquistati dai quotidiani a pagamento, tagliare a misura loro le notizie. Come? Dando
ampio spazio allo sport e allo showbusiness e
puntando sulla carta dell'informazione di
servizio. Con importanti differenze, però, tra
l'uno e l'altro dei “free papers”. Nello sport è
specializzato Metro, la cui appendice “Metrostadio” viene distribuita anche davanti agli
impianti sportivi, mentre veline e attori trovano
spazio soprattutto su Leggo. Diversa la scelta
di City, di proprietà dello stesso gruppo editoriale del Corriere, che riserva un maggior
numero di colonne alla cronaca locale e
all'informazione di servizio.
E proprio da via Solferino arriva il suo direttore, Lanfranco Vaccari, che individua negli
studenti universitari il target del giornale.
Quegli stessi che, secondo le interviste fatte
da Maria Chiara, tacciano l'informazione a
pagamento di essere “troppo politicizzata,
provinciale e schierata”. “Per questo”, scrive
Chiara, “Vaccari parla della necessità di una
riqualificazione verso l'alto di alcuni grandi
quotidiani a pagamento, sull'esempio dei
“quality papers”, e del ridimensionamento di
acuni altri da nazionali a regionali. La “free
press” invece deve restare stampa metropoli-
tana”. Una più ferrea divisione dei ruoli? Così
sembrerebbe. Difficile per un giornale “omnibus”, i cui punti di riferimento debbano restare
autorevolezza ed esaustività, battere la stampa gratuita sul suo stesso campo. Anche
perché, come sottolinea Maria Chiara parlando di Metro, questi “sono progetti di marketing
che possono essere ritirati quasi senza
conseguenze”. Dunque niente da perdere,
tutto da guadagnare, nonostante siano gratuiti.
Ma una speranza c'è, chiosa la Merli citando
l'analisi di due ricercatori: la lettura della “free
press” può invogliare all'approfondimento sul
quotidiano a pagamento, “può diventare la
‘piccola sorella’ che accompagna il lettore
verso i media tradizionali della stampa e il
mondo dei libri”.
Massimo Veneziani
Come cambiò il giornalismo
nei cruciali Anni ’70
di Elena Seno
Tre anni trascorsi negli archivi della città di
Roma con le mani tra atti e scartoffie di
tempi passati, ricercando nella polvere che
inesorabilmente tutto ricopre. Massimo
Veneziani, dottore in Scienze della comunicazione, sotto quella polvere ha rinvenuto
carte storiche che gli sono servite per capire
com’era il mondo della stampa italiana negli
Anni Settanta.
Impiegato come ausiliario del consulente
tecnico d’ufficio della Procura di Brescia dal
1999, ha potuto consultare le relazioni dei
periti della Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e, senza violare il segreto d’ufficio, anche i documenti sulle
stragi di quegli anni. Ne ha tratto una tesi di
laurea dal titolo “Il giornalismo italiano degli
Studente
Bianchi Grazia
Billiani Sonia
Biondani Paolo
Bombino Silvia
Borghi Luigi
Bottai Elisa
Botton Mara
Brancatisano Manuela
Broccardo Arianna
Buzzetti Eugenio
Callegari Massimo
Campus Simone
Canazza Nicoletta
Canova Laura gina
Cappuccio Armando
Caratti di valfrei Chiara
Carboni Alessia
Carletti Francesca
Carletti Raffaela
Carta Giuseppina
Carulli Annarita
Casiraghi Silvia
Castagna Stefano
Catelani Borys
Cavagnola Roberto
Cerbone Davide
Ceriotti Simone
Cervi Alessandro
Ciccolo Sabrina
Cioffi Arianna
Collazzo Manuela
Condito Maria G.
ORDINE
4
Anni ’70. Le ragioni di una svolta”. Studente
dell’università Lumsa di Roma ha così conciliato studio e lavoro, realizzando con il relatore prof. Francesco Malgeri un corposo
elaborato di 400 pagine.
Una tesi di laurea per far luce su un periodo
storico cruciale, quello che va dalla fine degli
Anni ’60 all’inizio degli ’80: la stagione della
contestazione studentesca, del terrorismo di
destra e di sinistra, gli anni bui della Repubblica, delle agitazioni dei lavoratori. Una
complessità dalla quale anche il giornalismo
italiano è uscito rinnovato. «Basta elencare
alcuni quotidiani che nascono in quegli anni
– spiega Massimo – per capire il cambiamento che subisce la stampa: 21 aprile
1971 Il Manifesto, 11 aprile 1972 Lotta
Continua, 25 giugno 1974 Il Giornale, 14
gennaio 1976 La Repubblica». Nuovi giornali che esprimono, assieme ad altri “fogli”
Università
Un. Cattolica del Sacro Cuore Milano - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Udine - facoltà lingue e letterature straniere
Un. studi Padova - facoltà giurisprudenza
Un. studi Bologna - facoltà lettere e filosofia
Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere e filosofia
Un. Iulm - facoltà scienze della comunicazione e dello spettacolo
Libera Un. di lingue e comun. Iulm - facoltà scienze della comunicazione
Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere filosofia
Un. studi Milano Bicocca - facoltà sociologia
Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Ferrara - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Sassari - facoltà scienze politiche
Un. studi Padova - facoltà scienze politiche
Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere filosofia
Un. studi Napoli Parthenope - facoltà di economia
Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà sociologia
Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà sociologia
Un. studi Macerata - facoltà scienze della comunicazione
Un. studi Cagliari - facoltà lettera e filosofia
Un. Luiss - facoltà scienze politiche
Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà scienze politiche
Un. studi Padova - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Firenze - facoltà scienze della formazione
Un. Studi Genova - facoltà scienze politiche
Un. studi Napoli “Federico II” - facoltà scienze politiche
Libera Un. Lingue e comunicazione - facoltà scienze della comunicazione
Libera Un. Lingue e comun. Iulm - facoltà scienze comun. e spettacolo
Un. Cattolica del Sacro Cuore Milano - facoltà giurisprudenza
Un. studi Roma Tre - facoltà discipline dell’arte musica e spettacolo
Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze della comunicazione
Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze della comunicazione
2004
di movimento, una vivacità nuova. Non solo
viene meno la fiducia nei confronti delle notizie “stile velina” delle fonti istituzionali, ma
fare giornalismo d’inchiesta diventa un dovere: la parola d’ordine è controinformare.
«Cambia il modo di fare informazione nel
momento in cui tutto sta cambiando – chiarisce Massimo. Alcuni degli atti che ho
consultato mi hanno fatto capire le ragioni
della svolta degli Anni ’70 e del fenomeno
Controinformazione. Per esempio ho trovato
un documento sulla fondazione di una Spa
alla quale parteciparono Sofri e altri, ma
curiosamente anche il figlio di un senatore
repubblicano. Oppure testimonianze sui
finanziamenti a Lotta Continua da parte di
industrie italiane come la Ferrero, la Fiat e
altre».
Negli anni Settanta il rapporto della stampa
con i Servizi segreti diventa più stretto. Lo
dimostrano alcuni documenti della
Controinformazione contenenti notizie che
solo i Servizi segreti avrebbero potuto dare,
raccolti nella tesi di laurea.
Per far luce sul mondo della stampa di quegli
anni, Massimo Veneziani ha intervistato
anche alcuni protagonisti, giornalisti che
credettero nel cambiamento come Giorgio
Bocca, Nello Ajello, Federico Orlando, Pino
Adriano e Aldo Giannuli. «Ho trovato grande
disponibilità – ha commentato Massimo.
Davanti ad alcuni giornalisti avevo una sorta
di timore reverenziale, ma sono soddisfatto di
quello che mi hanno trasmesso».
Anche se Massimo ha solo 26 anni e il
periodo storico degli Anni ’70 non lo ha
vissuto in prima persona, si è appassionato
a quel modo di fare informazione. «Certo ha spiegato – ho sempre avuto il pallino di
fare il giornalista, ma con questa tesi di
laurea ho scoperto quel bel giornalismo,
quella passione civile della professione che
oggi sembra non esistere più».
Titolo tesi
La cronaca in quotidiani italiani attraverso il tempo
“Crisi del giornalista o nuovo giornalista?” Com’è cambiata la figura del giornalista con i nuovi media. caso studio: Messaggero Veneto
La responsabilità penale del direttore di un periodico: il reato proprio di omesso controllo (art. 57 cod. pen.)
Dalla carta al Web: la ri - mediazione di una rivista tra i problemi di semiotica e mercato
I weblog: dai diari di rete a una nuova frontiera del giornalismo on line
Il messaggio nel sonoro televisivo. analisi comparativa di notizie di cronaca
Il cittadino. Un esempio di giornalismo locale
L’identità di testata nell’informazione locale. Analisi comparata di due esempi: Tg3 Lombardia ed Etg
Dario Papa dal modello «penny press» al rinnovamento della stampa italiana di fine Ottocento
Gli stili del reportage: la professione del reporter tra giornalismo e narrazione
“Prima pagina”: il linguaggio della rassegna stampa tra radio e televisione
Guerra e informazione nell’epoca del digitale
Carlo Monticelli, tra giornalismo e impegno civile (1857 - 1913)
L’immagine dell’uomo e della donna nella pubblicità di Amica dal 1962 ad oggi
Processi di gestione e fattori critici di successo nelle agenzie di stampa. Il caso Radiocor
La fotografia nell’informazione. La professionalità del photo editor nel panorama dei periodici italiani
Comunicazione sociale: il ruolo dell’ufficio stampa. Il caso del forum permanente del terzo settore
L’agenzia multimediale. L’Ansa dall’inchiostro alla rete
Informazione di guerra e guerra dell’informazione. Come i quotidiani hanno raccontato il Kosovo
Le inchieste giornalistico - televisive sulla Sardegna del piano di rinascita dal 1967 al 1970
I sottocodici del linguaggio giornalistico
Giornalismo sportivo e opinione pubblica. Elementi per un’analisi storica
La stampa spagnola e il trapasso dalla dittatura franchista alla democrazia (1973 - 1977)
Il mercato della notizia: aspetti e problematiche di sociologia del giornalismo alla luce degli studi recenti
La stampa italiana e la guerra del Vietnam
Quotidiano politico e quotidiano sportivo, mondi di carta che s’incrociano. Il caso Gazzetta
Carta stampata e Internet: un binomio possibile?
Le voci del Medio Oriente: un’analisi dei mass media arabi per un confronto con l’occidente. Il caso Al - Jazeera
Diritti e doveri dei giornalisti in situazione di conflitto
Le donne della “repubblica”. Immagine femminile e giornaliste nel quotidiano La repubblica dal 1976 al 1980
Tutto lo sport colore per colore nei microfoni della radio. Il linguaggio delle radiocronache calcistiche
L’intervista televisiva tra informazione ed intrattenimento
Relatore prof.
Celestina Milani
Antonella Varesano
Alessandro Alberto Calvi
Giulio Blasi
Emilio Carelli
Gaia Varon
Angelo Agostini
Giorgio Simonelli
Francesco Abruzzo
Walter Passerini
Sabatina Matarrese
Vincenzo Vita
Filiberto Agostini
Anna Lisa Carlotti
Daniela Mancini
Giorgio Simonelli
Alberto Abruzzese
Aldo Fontanarosa
Marco Deriu
Francesco Atzeni
Massimo Baldini
Paolo Colombo
Carlo Fiuman
De Marco Pietro
Adele Maiello
Mirella Giovene
Angelo Agostini
Angelo Agostini
Michele De Salvia
Giancarlo Bosetti
Giuseppe Mazzei
Michele Sorice
17
Marta Pasuch
E il quotidiano divenne
comunicazione visiva
di Enrico Lagattolla
“Osservando alcuni quotidiani italiani ed
europei, ho notato che, rispetto ad alcuni
anni addietro, si concentrano molto di più
sulla comunicazione visiva delle notizie. Se,
dunque, anche i quotidiani appartengono
all’insieme dei cosiddetti manufatti comunicativi, possiamo affermare che la comunicazione cui danno vita è in buona parte una
comunicazione visiva. Oggi, in quasi tutte le
pagine di cui è composto un quotidiano,
troviamo pubblicata almeno una fotografia”.
Con queste parole Marta Pasuch apre la
sua tesi di laurea in comunicazione visiva,
discussa all’Università di Trieste: “La retorica
della fotografia giornalistica tra allegoria,
simbolo, mito. Iraq 2003 nelle foto di El Paìs,
Il Corriere della Sera, Le Monde”.
Sfogliando (e osservando) i tre quotidiani, la
Pasuch si è posta una serie di interrogativi:
perché si pubblicano le immagini fotografiche sui quotidiani d’informazione adesso
che possiamo vedere tutto alla televisione?
Perché vengono pubblicate alcune fotografie e non altre? Le fotografie possono creare
disinformazione? Perché alcune foto di
eventi passati sono rimaste così fortemente
impresse nella memoria collettiva?
L’ipotesi centrale del lavoro è che esiste una
“retorica della fotografia giornalistica”, costituita dai modi con cui si attribuisce un senso
alle immagini che troviamo nei quotidiani,
dovuta sia alle scelte di chi pubblica le foto,
sia al tipo di fruizione di chi sfoglia un giornale così confezionato. Una complessità
semantica dell’immagine che dovrebbe
indurre ad un uso più consapevole della
comunicazione visiva. Esisterebbero tre
modi principali attraverso cui viene elaborato il senso delle immagini fotografiche: l’allegoria, che stimola l’interpretazione del lettore, al quale vengono in mente frames visivi
per analogia o per contrasto, ironicamente o
paradossalmente; il simbolo, che semplifica
la percezione dell’immagine, e la decontestualizza. Un esempio è la celebre foto di
Robert Capa che ritrae un miliziano spagnolo colpito a morte. “La foto di Capa - scrive
Marta - diventa l’equivalente fotografico della
Guernica di Picasso, e continua ad essere
vista come la sintesi simbolica non solo del
popolo spagnolo durante la guerra civile, ma
del sacrificio di tutti i popoli in guerra. L’uso
simbolico che viene fatto di questa foto costituisce il suo stesso contenuto documentale.
Pertanto diventa irrilevante, nella maggior
parte dei suoi utilizzi, porre la questione del
rapporto tra l’evento e la fotografia”. Infine il
mito, che traduce la foto giornalistica in
un’immagine portatrice di fattori metalogici,
quella doppia dimensione di presente e di
passato, di razionale e di irrazionale: impressione, rappresentazione, un significato che
affiora non ragionato, e abolisce la complessità degli atti umani.
Descrivere gli eventi per mezzo di allegorie,
simboli o miti significa estetizzare la realtà e
travisarla, perché si narrano dei fatti drammatizzandoli o spettacolarizzandoli, in tono
epico o lirico. Ma non c’è spettacolo né
epica, solo l’accadere delle cose colto dalla
prospettiva individuale del fotogiornalista.
Perciò, cosa abbiamo visto della guerra in
Iraq? E cosa non abbiamo visto, che sia
sfuggito ad un’istantanea, o che non sia mai
stato reso pubblico?
La complessità propria della comunicazione
per immagini e le modalità cognitive della
fruizione sono le ragioni per cui ogni quotidiano dovrebbe valutare più attentamente le
proprie scelte visive. “A questo proposito conclude Marta - si è cercato di suggerire
alcune soluzioni: far sì che i giornalisti abbiano una cultura dell’immagine di base e che
questa cultura si trasformi in una deontologia; aprire il dialogo tra la redazione e i lettori sul proprio modo di lavorare; inserire
nell’organigramma redazionale delle figure
ad hoc che si occupino della linea visiva del
giornale”.
dossier stranieri, che in Italia non hanno avuto
l’eco che meritavano.
“Circoscrivendo la riflessione all’ambito
dell’informazione fornita dagli organi di stampa, la falsificazione può consistere o nella
mancata pubblicazione di eventi avvenuti
(occultamento-mimetizzazione),o nella pubblicazione di notizie di eventi non accaduti –
sostiene la tesi. In questo caso possiamo
distinguere tre categorie: dei fattoidi, delle
bufale, dei falsi giornalistici veri e propri”.
I cosiddetti fattoidi sono eventi mai avvenuti,
dotati di peculiarità e caratteristiche anomale
ma plausibili e verosimili, che possono far
supporre una loro reale esistenza. Nella categoria rientrano: le leggende metropolitane
(storie improbabili raccontate come vere che,
dopo aver avuto diffusione nel corpo sociale,
si spostano sulle pagine degli organi di stampa trasformandosi così in false notizie di eventi mai avvenuti); le notizie prive di fondamento
già pubblicate, ma mai smentite; le trasposizioni dei tanti stuzzicanti… “si dice che” in
abbondante circolazione in vari tipi di comunità e che si traducono in eventi reali; le informazioni equivoche o interpretazioni fuorvianti
di documenti.
Dalla ricerca di Daniele Memola riaffiorano
alla memoria eventi clamorosi che hanno fatto
discutere, a partire dai numerosi casi di pubblicazione di coccodrilli. Ecco alcuni esempi: il
suicidio di Monica Vitti il 4 maggio 1988, o il
coccodrillo firmato da Eugenio Montale, il 25
gennaio del 1954, su Ernest Hemingway.
Tutte occasioni di riflessione. “Anche se la
professione è mutata – conclude Daniele – è
vero però che non sono cambiate le regole
deontologiche, per prima quella che impone
al giornalista l’obbligo e il dovere, nell’interesse dei lettori, di dare un’informazione il più
possibile veritiera e completa. La stessa legge
dell’Ordine aggiunge poi che è obbligo inderogabile del giornalista il rispetto della verità
sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri
imposti dalla lealtà e buona fede. La deontologia professionale è in gran parte, se non per
intero, racchiusa in queste semplici ma difficili
parole: onestà, verità, libertà.”
Daniele Memola
Un “fattoide” per
i gusti del pubblico
di Palmira Mancuso
Venticinquenne, giornalista professionista,
laureato alla Libera Università Maria Santissima Assunta di Roma: Daniele Memola è stato
premiato con la tesi “Diritto di cronaca e falsificazione dell’informazione. Fattoidi, bufale e
leggende metropolitane”, nella quale pone
l’accento su un problema più che mai attuale,
ovvero il rapporto tra la verità sostanziale dei
fatti e la falsificazione delle notizie per esigenze che poco hanno a che fare con la professione.
“L’inseguimento dell’audience e dei gusti del
pubblico, la comunicazione sempre più urlata,
l’omogeneizzazione dello stile del messaggio
giornalistico con quello televisivo si accompagnano con la deformazione dei fatti e la creazione di eventi che alla fine non esistono,
oppure fatti deformati in quanto espressi in
modo del tutto non corrispondente al vero. Si
può affermare che oggi sono le notizie che si
dirigono verso i giornali, non il contrario, ed è
sempre più ridotta la possibilità per i giornalisti
di verificare la loro origine, le finalità per le
quali sono state diffuse e la loro veridicità. Al
contempo migliaia di eventi che realmente
accadono, talvolta anche importanti, non
diventano notizie perché non trovano spazio
sui quotidiani”.
Ma come nasce l’idea di approfondire un tema
così controverso? “Sulla deontologia sono
stati scritti manuali e manuali – dice Daniele –
ma le regole sono spesso disattese, e mi incuriosiva capire come. Per questo ho iniziato una
ricerca che mi ha portato a scoprire casi
clamorosi di bufale e false notizie, che puntualmente sono state pubblicate sui maggiori
quotidiani nazionali”. Un lavoro che si è
protratto per quasi un anno, spulciando tra le
pagine dei giornali, ma anche attingendo a
LE 255 TESI
Studente
Cordua Davide
Cori Alessandro
Corti Elisabetta
Corti Novella
Costantini Cristiana
Covini Alessandra
Cozzi Federico G.
Cristello Assunta
Crosta Francesca
Daghetta Aldo P.
D’alessandro Davide
D’amelio Mariafrancesca D.
D’antoni Davide
De chiara Arianna F.
De felice Chiara
De leonardis Matteo
De luca Anna Maria
De meo Iranna
De nicolao Barbara
De nisi Veronica
De riccardis Sandro
De rossi Federico
De trucco Michele
Del fabro Alessia
Del ninno Loredana
Dell’elce Francesca
Di centa le van kim Anton
Di nanni Francesca
Diana Leandro
Diliberti Monica
Dimola Eleonora
Doneda Elena
18
Università
Un. Cattolica Sacro Cuore Brescia - facoltà lettere e filosofia
Un. studi “Roma Tre” - facoltà scienze politiche
Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere filosofia
Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà giurisprudenza
Un. studi Siena - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Milano - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Milano - facoltà giurisprudenza
Un. studi Salerno - facoltà lettere filosofia
Un. studi Milano Bicocca - facoltà sociologia
Un. Iulm - facoltà scienze comunicazione
Un. studi Teramo - facoltà scienze della comunicazione
Un. studi Milano - facoltà scienze politiche
Un. Roma “La Sapienza” - facoltà scienze della comunicazione
Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze della comunicazione
Un. studi Roma Tre - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Teramo - facoltà scienze della comunicazione
Libera Un. Maria ss. Assunta di Roma - facoltà scienze della comunicazione
Un. studi Basilicata - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Padova - facoltà scienze della comunicazione
Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà sociologia
Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà giurisprudenza
Un. studi Genova - facoltà scienze politiche
Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze della comunicazione
Un. studi Trieste - scuola superiore lingue moderne
Un. studi Bologna - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Teramo - facoltà scienze della comunicazione
Un. commerciale “Luigi Bocconi” Milano - facoltà economia
Un. studi Federico II Napoli - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Milano - facoltà scienze politiche
Un. studi Palermo - facoltà scienze della formazione
Un. studi di Bari - facoltà giurisprudenza
Un. Cattolica del Sacro Cuore di Brescia - facoltà lettere e filosofia
Titolo tesi
“Il luogo che più non è”. 11 settembre 2001: stampa e televisione che cosa ci raccontano?
L’Italia verso la prima legislatura: comunicazione e conflitto politico nelle pagine della stampa
Tra varietà e informazione: il caso Chiambretti c’è
La libertà di stampa nella presente congiuntura dell’ordinamento costituzionale
La disfida del libro. A confronto le strategia di marketing dei due principali quotidiani italiani
La scena teatrale milanese dalle pagine del Monitore dei teatri (1861 - 1880)
Il segreto professionale del giornalista
Il falso giornalistico. Da insinuazioni e accostamenti suggestionanti
Donne e giornalismo tra opportunità e discriminazioni. Il caso dell’editoria a Milano
L’inchiesta giornalistica. Tecniche d’indagine e strutture narrative nel giornalismo investigativo
Cronache dalla mafia. Il maxiprocesso di Palermo attraverso la stampa italiana
I giornali studenteschi milanesi (1945 - 1968)
Il corpo dei telegiornali. Riti e seduzioni dei corpi nella conduzione dei tg
Leggo, City, Metro. Viaggio nel fenomeno della free press
Nuovo cinema: paradiso e inferno. Il cinema italiano tra giornalismo, critica e pubblico (1989 - 2001)
La “notizia politica”
“Il decentramento televisivo: le tv regionali in Europa”
D’Annunzio giornalista sportivo
Fra serial killer e delitti misteriosi. Struttura e linguaggio della “nera” nei quotidiani
Una squadra chiamata radio. Le emittenti radiofoniche del gruppo l’Espresso
Il caso Enron: profili criminologici
La comunicazione e l’informazione nei processi culturali, tra teoria e indagine empirica. (La costruzione mediata della realtà)
La nuova comunicazione di guerra: censura e disinformazione da Desert Storm a Iraqui Freedom
Ginnastica a tempo di bit: analisi delle cronache sportive italiane e russe in rete
Immagini pubbliche della clonazione
In marcia per la pace. Il movimento pacifista nell’Italia degli anni ‘80 attraverso la stampa
Vietnam 1975 - 2000: una tigre in bicicletta
Giulio Massimo Scalinger (1857 - 1907)
L’Ordine dei giornalisti: necessaria sentinella alla libera e corretta informazione o modello inadeguato e superato?
La mafia svelata. Il giornalismo d’inchiesta di Mario Francese
Il rapporto di lavoro dei giornalisti. Tra autonomia e subordinazione
Tra informazione e satira: il giornalismo di denuncia di Striscia la notizia
Relatore prof.
Massimo Ferrari
Enrica Tedeschi
Giorgio Simonelli
Angelo Mattioni
Maurizio Boldrini
Paolo Bosisio
Ennio Amodio
Salvatore Sica
Francesca Zajczyk
Angelo Agostini
Piero Nicola Di Girolamo
Ada Gigli Marchetti
Giuseppe Mazzei
Mario Morcellini
Giancarlo Bosetti
Nadia Tarantini
Andrea Melodia
Annamaria Andreoli
Ivana Paccagnella
Giuseppe Mazzei
Gabrio Forti
Giuliano Carlini
Umberto Dante
Francesco Straniero Sergio
Giuliano Pancaldi
Piero Nicola De Girolamo
Franco Amatori
Raffaele Giglio
Ada Gigli Marchetti
Franco Nicastro
Tommaso Germano
Marina Villa
ORDINE
4
2004
Roberta Frau
Monica Pinna
La radio come fonte EuroNews, tv con
d’informazione rapida meno soldi di altre
di Armando Stella
Leggerezza percettiva, tecnologica e produttiva. Tre attributi che fanno dell’informazione
radiofonica lo strumento più tempestivo, rapido e immediato al servizio degli utenti. “Col
cuore oltre l’ostacolo”, motto buono anche
per un esercito al servizio delle notizie, “il
mezzo radiofonico si distingue come la cavalleria leggera dell’informazione, capace di
immediatezza e approfondimento”, che
smonta il paradigma per cui “la radio dà le
notizie, la tv le illustra, il giornale le approfondisce”.
Roberta Frau, laureatasi alla facoltà di
Sociologia dell’Università degli Studi di Milano Bicocca, in “Teoria e tecnica della comunicazione di massa”, parte da qui, dall’analisi delle qualità prime dello strumento
radiofonico, per un’indagine su come si fa
informazione, sul ruolo e l’importanza che
riveste in alcune emittenti italiane. La tesi,
“La cavalleria leggera dell’informazione.
Storia, attualità e prospettive dell’informazione radiofonica in Italia” (relatore il prof. Francesco Abruzzo, correlatore il prof. Giorgio
Grossi) abbraccia un settore che, sostiene
Roberta Frau, “negli ultimi anni sembra aver
conosciuto una nuova età, una vera e
propria seconda giovinezza”. Dal colpo di
Studente
Fecchio Sara
Feliziani Gioia
Fialdini Francesca
Finotello Marco
Fiore Francesco
Università
Un. studi Urbino - facoltà sociologia
Un. studi Macerata - scienze della comunicazione
Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze della comunicazione
Un. studi Torino - facoltà scienze strategiche
Un. studi Siena - facoltà scienze servizio sociale
di Anna Bernasconi De Luca
“La giornata di EuroNews non inizia e non
finisce mai: si va in onda 24 ore su 24. Si
lavora a Natale, Capodanno, di giorno e di
notte. Le pause non esistono in un canale
all news di informazione continua”. E a tutto
tondo è anche l’analisi dell’emittente che
Monica Pinna, genovese nata in Sardegna
e trapiantata a Lione, affronta nella tesi di
laurea “EuroNews. Dieci anni tra missione
pubblica e logica commerciale. Crisi e
prospettive del canale di informazione europeo”.
Redattrice bilingue per EuroNews dal 5
giugno 2001, Pinna ha scelto di raccontare
EuroNews tracciando “uno spaccato a 360°
della storia, della vita redazionale, della crisi
e delle prospettive future”. E articola la tesi,
discussa all’Università degli Studi di Genova, in due parti. La prima (relatore Marina
Milan) ripercorre la storia del Canale, da
quando è stato concepito come personalità
giuridica nel ‘91 e dalle prime trasmissioni
dalla cittadina francese nel ‘93, all’ingresso
di Alcatel Altshom nel ‘95, alla crisi generata
dal disimpegno del partner britannico Indipendent Television News nel 2002 e all’attuale condizione di emittente interamente
pubblica. La seconda parte (relatore Mario
Bottaro) racconta come funziona la televisione, seguendo idealmente la giornata di un
“giornalista europeo”.
“Noi informiamo gli italiani di quello che
succede in Francia, gli spagnoli di quello che
accade in Italia, i polacchi di quello che
avviene in Germania, i tedeschi di quello
che succede in Belgio; il tutto in sette lingue,
secondo una prospettiva europea”. Pinna
cita Luis Rivar, direttore editoriale dell’emittente, per condensare nell’introduzione al
suo lavoro l’obiettivo dell’emittente. Ma cos’è
EuroNews? Un canale di informazione a
flusso continuo, “una sorta di radio con
immagini organizzata in due telegiornali
principali e in una serie di blocchi informativi
da trenta minuti”. E anche “una televisione
indipendente, che riesce a coprire 24 ore di
emissione al giorno con 10 giornalisti per
ogni lingua e un budget ampiamente inferiore a quello delle dirette concorrenti”. Perché
“non esistono televisioni migliori di altre, ci
sono solo televisioni con più soldi di altre”, è
il motto del suo direttore editoriale.
Per abbattere i costi di un canale che “ha
avuto sempre abbastanza per sopravvivere
e mai abbastanza per svilupparsi”, il lavoro
dei redattori è basato sulla post-produzione
delle notizie. Secondo Pinna, è indubbio che
l’aumento delle inchieste e delle dirette
migliorerebbe il canale, ma di norma la vita
del giornalista “EuroNewsiano” (come i
dipendenti dell’emittente si definiscono
scherzosamente) si svolge tutta in redazione. Il giornalista, infatti, “timbra il cartellino.
Entra e si siede, guarda la televisione e
aspetta. Sa che per tutta la giornata resterà
in redazione”. Lavora in squadre composte
da redattori di sette diverse nazioni. La
riunione di redazione altro non è che un
incontro con il caposervizio, o Chef d’éd, che
presenta alla squadra un montaggio di
immagini d’agenzia. Su queste, ogni giornalista scrive un testo. Così, lo spettatore può
scegliere in quale lingua ascoltare i servizi
trasmessi da EuroNews.
“Non si tratta di traduzioni” sottolinea Pinna.
E proprio questa particolarità fa di EuroNews un canale davvero europeo. Infatti,
comparando i diversi testi, si scopre che “se
è vero che ogni redattore ha un modo di
raccontare che riflette la propria cultura, è
vero anche che lavorando gomito a gomito
con giornalisti di altri Paesi, il suo linguaggio
si spoglia dalle faziosità della propria lingua
e si fa “glocale”. Lo stesso vale per lo stile
giornalistico, che si libera dei cliché dei
diversi tipi di giornalismo europei e si internazionalizza”.
Ricapitolando, giornalisti cittadini d’Europa,
notizie in chiave europea per una televisione davvero transnazionale.
Titolo tesi
Arcangelo Ghisleri e la Rivista Repubblicana
La rappresentazione della disabilità psichica nel linguaggio giornalistico
Comunicazione e giornali di strada: strumenti di rappresentazione sociale alternativa
Contributo alla storia dell’autonomismo valdostano. Il dibattito sui giornali locali dal 1943 al 1947
L’assistente sociale tra ruolo e immagine: interrogativi, considerazioni e prospettive per una rappresentazione ed identificazione
della professione nel rapporto con i mass media e la comunità
Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze politiche
Il codice deontologico dei giornalisti e la riservatezza e il trattamento dei dati personali
Un. studi di Sassari - facoltà scienze politiche
Corrispondenti di guerra: un mestiere difficile
Un. studi Ferrara - facoltà di economia
The New York Times e l’11 settembre: analisi teorica ed empirica dello shock organizzativo
Un. studi Milano Bicocca - facoltà sociologia
La cavalleria leggera dell’informazione. Storia, attualità e prospettive dell’informazione radiofonica in Italia
Libera Un. Lumsa - facoltà lettere e filosofia
La Vanguardia democratica. Dal franchismo allo stato delle autonomie
Un. studi Padova - facoltà lettere e filosofia
Editoria e cultura a metà Ottocento: le “gemme d’arti italiane” (1845 - 1861)
Un. studi Catania facoltà giurisprudenza
Il finanziamento della stampa periodica
Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere filosofia
“Nostro handicap quotidiano”. L’immagine dell’handicap in alcuni quotidiani italiani (1978/1999)
Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere e filosofia
Giornaliste e giornalisti sul fronte dell’informazione: i linguaggi e gli stili di lavoro nell’esperienza delle inviate e degli inviati di guerra
Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere e filosofia
Storia ed evoluzione del giornalismo nelle carceri italiane: dai periodici su carta all’on-line. Il caso San Vittore
Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà di sociologia
Una notizia lunga ventiquattro ore. Radio all news italiane a confronto: Radio 24 - Il Sole 24 ore e Rai radiouno
Un. studi Urbino -facoltà sociologia
Raccontare la guerra: il reportage di guerra come esperienza umana
Un. studi Macerata - facoltà scienze della comunicazione
Il giornale locale: Italia e Gran Bretagna a confronto
Un. studi Trento - facoltà sociologia
Media democrazia e conflitto di interessi. Il sistema dell’informazione nell’Italia dopo il 1993
Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze della comunicazione
Gpm. Giornalisti professionalmente modificati. Dalla contaminazione dei generi alla contaminazione dei ruoli
Un. studi Salerno - facoltà lettere e filosofia
Il corrispondente dall’estero: storia di una figura professionale
Un. studi Roma “La Sapienza” facoltà scienze della comunicazione
Islam: il sorvegliato speciale. Stampa italiana e mondoislamico prima e dopo l’11 settembre
Un. studi Siena - facoltà lettere e filosofia
Germania - Germania: la DDR e il dilemma nazionale sulle pagine del Neues Deutschland. Dalla Ostpolitik di Brandt all’unificazione
Un. studi “Roma Tre” - facoltà giurisprudenza
La figura del direttore responsabile nei reati di stampa
Un. studi Bologna - facoltà giurisprudenza
La responsabilità civile da cronaca giudiziaria
Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà lettere e filosofia
La guerra in Jugoslavia nella stampa italiana e francese. 1991 - 1995
Un. studi Siena - facoltà scienze politiche
Oriana Fallaci: le corrispondenze di guerra e le interviste (L’Europeo 1950 - 1980)
Un. Commerciale “Luigi Bocconi” - facoltà di economia
Il settore editoriale: l’operazione “Il Giorno s.p.a.” - “Poligrafici editoriale s.p.a.”
Un. studi Bergamo - facoltà lingue e letterature straniere
“Il potere è nei media “. La P2 e l’editoria nella stampa italiana e inglese
Un. studi Salerno - facoltà lettere e filosofia
La cronaca nera nel secondo dopoguerra. Cinque casi emblematici (1946 - 53)
Istit. univers. “suor Orsola Benincasa” Napoli - facoltà scienze della formazione Edoardo Scarfoglio polemista politico
Fiore Massimiliano
Fogu Fabio
Franco Silvia
Frau Roberta
Frogheri Carla
Fusari Silvia
Gambera Lucio
Gazzola Giuseppe
Generali Valentina
Ghioni Rubina
Giacomarra Paola
Gigante Gaia
Giorgetti Chiara
Giovanetti Silvia
Giuffrida Diletta
Giuliano Antonio
Gizzi Alessia
Gollino Denisa
Gonnella Matilde
Iacoviello Irma I.
Imperiali Matteo
Izzo Gian nicola
Jeraci Giuseppe
La rocca Elisa M.
La valva Marco
Laudati Anna
ORDINE
fucile che permise a Marconi di sperimentare la telegrafia senza fili è passato più di un
secolo: la storia della radiofonia è cresciuta
attraverso acronimi di volta in volta più familiari, Uri, Eiar e Rai, fino alla diffusione di
syndication e radio private. Oggi parla tutti i
giorni a più di 35 milioni di persone. E,
soprattutto, informa.
Tutti la ascoltano, quasi nessuno la prende
sul serio: errore imperdonabile. “Ho scelto la
radio perché in facoltà non la studia nessuno, tutti preferiscono tivù e Internet – afferma Roberta. Ma la radio non ha meno
dignità. È viva, è il luogo delle sperimentazioni. E poi non è invadente, non ti costringe, è pluralista”. Il mito romantico della
colonna sonora musicale non le fa giustizia:
“La radio è capace di trasformarsi in un attimo, arriva sulle notizie, ne fa partecipi i suoi
ascoltatori, diventa una fonte di informazione costante”. Le dirette sulla strage dell’11
settembre, sulla guerra in Iraq e sul G8 di
Genova sono lì a dimostrarlo (ripensando
alle trasmissioni su Genova, i giornalisti di
Radio Popolare sottolineano: “Quello è il
modo in cui andrebbe fatta la radio”). Per
non parlare del black out del 28 agosto scorso: in mezzo a tutti gli elettrodomestici silenti, la vecchia radiolina a pile era l’unica a
farsi sentire. Si diceva, un tempo: “È vero. Lo
ha detto la radio”. Si dice ancora.
Con una lente di ingrandimento su RadioUno
Rai (pubblica), Rtl 102.5 (nazionale commerciale), Radio Popolare (particolare), Circuito
Marconi (locale) e InBlu/BluSat 2000 (syndication), Roberta mette a confronto le diverse
facce dell’informazione alla radio e ne coglie
gli elementi caratterizzanti: l’ufficialità di
RadioUno, la continuità di Rtl, la flessibilità di
Radio Popolare, il legame con il territorio di
Circuito Marconi, l’attenzione alle realtà
dimenticate di InBlu. Poi si concentra sull’analisi del fenomeno Radio 24, emittente tutta
parlata e generalista. Per finire con le interviste a esperti e addetti ai lavori: Marino Sinibaldi, vice-direttore dei programmi di RadioRai, il prof. Franco Monteleone, Sergio
Fermentino, conduttore di RadioDue, Gustavo Rosenfeld, giornalista del Gr Rai. Analisi a
tutto tondo sulla radio di oggi, per pensare a
quella di domani.
“L’informazione radiofonica conoscerà presumibilmente una crescita consistente – sostiene Roberta. Sono destinate a crescere rubriche e approfondimenti giornalistici affidati a
grandi firme, insieme alla classica funzione di
servizio”. Una certezza: il caso di Radio 24
ha dimostrato che c’è spazio per l’informazione radiofonica. Ma per avere una radio all
news “ci sarà ancora molto da aspettare”.
4
2004
Relatore prof.
Vittorio Paolucci
Barbara Pojaghi
Rita Di Leo
Gianni Mombello
Anna Maria Zilianti
Diana Vincenti Amato
Rosario Cecaro
Giovanni Masino
Francesco Abruzzo
Francesco Malgeri
Franco Bernabei
Agatino Cariola
Anna Lisa Carlotti
Walter Passerini
Giovanni Santambrogio
Giuseppe Mazzei
Luigi Alfieri
Sandro Petrone
Sergio Fabbrini
Giuseppe Mazzei
Guido Panico
Roberto Gritti
Giovanni Gozzini
Antonio Fiorella
Ugo Ruffolo
R. Gualtieri
Donatella Cherubini
Giuseppe Airoldi
Oliviero Bergamini
Pietro Cavallo
Carmine Di Biase
19 (23)
Dieci anni di storia filtrati attraverso le pagine
del quotidiano più autorevole d’Italia. Perché il
Corriere della Sera, non esita a dichiarare, «è
il giornale che meglio rappresenta l’estabilishment milanese»; a buon diritto, dunque, deputato a rappresentare l’economia e la finanza
nazionale, che nel capoluogo lombardo hanno
il cuore, e i riflessi sociali e sociologici sulla
realtà contemporanea.
Un lavoro certosino, quello di Mattia Mirko
Stanzani, 29 anni e una laurea in Scienze politiche alle spalle. Per mesi ha visitato gli archivi
delle biblioteche milanesi, in primis quella
dell’Università Statale dov’era iscritto, allo
scopo di esplorare il decennio 1963-1973 con
gli occhi dei più quotati giornalisti dell’epoca.
Alcuni, superflua ogni presentazione, del calibro di Indro Montanelli, Piero Ottone, Alberto
Cavallari; altri meno noti al pubblico, eppure
ugualmente preziosi per chi, come lui, volesse
penetrare quegli anni.
Pur privi di quel “senno di poi” che consente di
meglio collocare i fatti in una prospettiva storicistica e di ricostruire un quadro più obiettivo o
sapiente, alle loro penne spetta il merito di aver
tramandato resoconto e osservazioni sui fatti
di rilievo intercorsi negli Anni Sessanta e inizio
Settanta. Quelli che Stanzani rilegge nella tesi
“L’economia italiana attraverso le pagine del
Corriere della Sera dal 1963 al 1973”, relatore
il docente ordinario di storia economica Angelo Moioli e assistente il dottor Giorgio Pizzorni,
discussa lo scorso anno e giudicata dalla
giuria dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia come la migliore fra il lavori in concorso
nella sezione dedicata al giornalismo economico e finanziario.
Economia come punto di partenza di un’analisi che sconfina nel sociologico; né sorprende,
dato l’inevitabile intrecciarsi di sistema produttivo, disponibilità di risorse e vita quotidiana.
Boom economico e sviluppo infrastrutturale si
legano così al fenomeno del pendolarismo; la
scadenza dei contratti di lavoro con lo sviluppo
di una coscienza di classe e l’individuazione di
nuove forme di opposizione e protesta, quali
l’arma dello sciopero solidale e rivendicativo
utilizzata dagli operai di fabbrica; la crisi petrolifera e la svalutazione della lira con il drastico
ridimensionamento dei consumi che, senza
alternative, la popolazione fu obbligata a fronteggiare. Fasi successive di un periodo di cui
l’Italia attuale reca imprescindibile traccia e che
il Corriere della Sera descrive, con i limiti intrinseci dell’emozione del momento, attraverso
cronache degli eventi e inchieste, articoli di
fondo e editoriali. Manchevoli di quella che
Stanzani, nel presentare il risultato del suo
studio, chiama la «riflessione sedimentata»,
eppure intrise di una «visione vivace» e fresca
che uno sguardo contemporaneo sa offrire.
Raccontare la storia attraverso i giornali.
Raccontare, soprattutto, come i giornali hanno
raccontato la storia mentre la osservavano
scorrere. Le firme passate, nel decennio in
esame, sotto la direzione di Alfio Russo prima,
Giovanni Spadolini poi, Piero Ottone infine
costituiscono così l’ossatura di un lavoro, 150
pagine circa, che nella carta stampata ha
trovato il suo privilegiato punto di riferimento.
Che la scelta della fonte non sia caduta sul
saggio, più scontato, trova ragione nel rapporto personale di Stanzani con il quotidiano:
un’abitudine irrinunciabile, per lui, la lettura
costante di un giornale, da sempre. Il resto, l’ha
fatto la tradizione: a guadagnare l’esclusiva al
Corriere della Sera, la reputazione che la
testata porta con sé, specie a f88.6445 0 *1aLppo
LE 255 TESI
Studente
Licandro Simona
Linetti Ilaria micaela
Lodevole Matteo
Lombardo Antonino
Longo Veronica
Longu Davide
Lopez Rosella
Lops Vito
Losio Giorgia
Maffeis Raffaella
Mamprin Sara
Mancuso Palmira
Marelli Giovanni
Mariani Nicoletta
Mariotti Alessandra
Mariutto Alberto
Marozzi Luca
Marras Gisella
Masciantonio Manuela
Massarelli Virginia
Massaro Margherita
Massone Miriam M.
Matarazzo Giuseppe
Università
Un. studi Palermo - facoltà scienze della formazione
Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere e filosofia
Un. Roma “La Sapienza” - facoltà scienze umanistiche
Un. studi Messina - facoltà scienze politiche
Un. studi Calabria - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Cagliari - facoltà scienze politiche
Un. studi Calabria - facoltà economia
Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze della comunicazione
Un. studi Milano - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Bergamo - facoltà lingue e letterature straniere
Un. studi Padova - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Messina - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Milano - facoltà scienze politiche
Un. studi di Macerata - facoltà scienze della comunicazione
Un. Bologna - facoltà lettere e filosofia
Un. studi di Padova - facoltà scienze della comunicazione
Un. studi Bologna - facoltà giurisprudenza
Un. studi Cagliari - facoltà lingue e letterature straniere
Un. studi Genova - facoltà lingue e letterature straniere
Un. studi Siena - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Padova - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Torino - facoltà scienze politiche
Un. studi di Urbino - facoltà scienze politiche
Mattoni Alice
Memola Daniele
Menaldo Paola anna M.
Merli Maria chiara
Messina Dino
Messina Rita S.
Milesi Sanzia
Mini Silvio
Un. studi Padova - facoltà lettere e filosofia
Libera Un. Lumsa - facoltà lettere e filosofia
Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Torino - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Milano - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Catania - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Bologna - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Bologna - facoltà lettere e filosofia
20 (24)
Titolo tesi
“Web literature”: riviste di scrittura on line
La figura di Hitler in alcuni quotidiani tedeschi (1923 - 1933)
Il mulino dalle origini al centro sinistra. Un gruppo bolognese al centro della sinistra non comunista internazionale
La pena di morte: giornalismo e opinione pubblica in Italia
L’Ordine dei giornalisti della Calabria
Cattolici e post comunisti, le due vie dell’informazione televisiva in Sardegna negli ultimi dieci anni
La libertà di manifestazione di pensiero con particolare riguardo alle problematiche dell’informazione giornalistica
Le illusioni della new economy. colpe e meriti della stampa italiana: i casi de Il sole 24 ore e del Corriere della sera
Due riviste d’arte a Parigi: l’Art vivant e Formes 1928 - 1933
«Cursed is he that delighteth in war»: William H. Russel e il giornalismo di guerra
Reiseberichte dall’Unione Sovietica negli anni ‘20
Leonardo Sciascia “uno scrittore in redazione”
Offerta e consumo tra Tele+ e Sky Italia: le trasformazioni dell’offerta televisiva nel passaggio tra la vecchia e la nuova pay - tv in Italia
I telegiornali italiani del terzo millennio: limiti e prospettive
Le arene pubbliche in rete. Il giornalismo civico su Internet e oltre
La cronaca calcistica nei giornali d’oggi: analisi linguistica
Editoria on-line
Il reportage di guerra: affermazione e crisi di un genere giornalistico
Scenari del giornalismo on-line in Germania
“Radio news is good news”. Il caso Radio Capital
Radio e territorio. Le emittenti radiofoniche locali del triveneto
Giornali verdi. La comunicazione a mezzo stampa nei parchi naturali
Elezioni politiche 1948. La voce dei cattolici attraverso le pagine de l’Osservatore romano e de la Civiltà cattolica
(con una intervista al presidente Oscar Luigi Scalfaro)
Dietro lo schermo. Vita quotidiana in redazione. L’esperienza dei giornalisti in una televisione locale
Diritto di cronaca e falsificazione dell’informazione. “Fattoidi, bufale, leggende metropolitane”
Il dibattito sulla stampa intorno al caso “Oriana Fallaci”
Metro, Leggo, City. La free press in Italia: un fenomeno editoriale dilagante
Il Corriere della sera e il referendum istituzionale del 2 giugno 1946
Il giornalismo siciliano ottocentesco: aspetti linguistici
Report. L’esperienza italiana del videogiornalismo freelance
Organismi giornalisticamente modificati. La rappresentazione della scienza nei mass media italiani
ORDINE
Relatore prof.
Roberto Deidier
Anna Lisa Carlotti
Francesco Gui
Domenico Carzo
Pantaleone Sergi
Domenico Selis
Paolo Stancati
Rinaldo Fontanarosa
Antonello Negri
Alessandra Violi
Emilio Bonfatti
Lucrezia Lorenzini
Giampietro Mazzoleni
S. Petrone
Pina Lalli
Michele Cortelazzo
Giovanni Sartor
Laura Pisano
Marina Milan
Enrico Menduni
Prof. Bruno Voglino
Prof. Carlo Marletti
Anna Tonelli
Salvatore La Mendola
Pietro Mazzà
Marco Lombardi
Mimmo Candito
Giorgio Rumi
Rosaria Sardo
Angelo Agostini
Fabrizio Tonello
4
2004
LE 255 TESI
Studente
Monaco Matteo
Montinari Angela D.
Morando Paolo
Moretti Alessandro
Mosna Alessandro
Motta Veruska
Mottes Evelin
Nani Francesca
Neri Vittoria
Nespoli Laura
Nobile Taisia I.
Orizi Serena
Ostoni Federica
Ottina Claudia
Pace Mara
Padovani Silvia
Paganini Chiara M.
Palombo Sara
Paluzzi Cristina
Paolini Rita
Paolucci Laura
Pasuch Marta
Pavani Maurizio
Pedde Maria ster
Pedone Michelangelo
Pedretti Serena
Pelizza Annalisa
Pelle Leandra
Pellegrini Gabriella
Pelosi Federica
Perazzi Francesca
Perfetti Silvia
Pica Ersilia
Pinello Giovanna V.
Pinna Monica
Pitton Alberto
Pizzi Alessandra
Pizzolante Roberta
Poloni Fabio
Università
Un. studi Torino - facoltà economia
Un. studi Bari - facoltà di giurisprudenza
Un. studi Trento - facoltà sociologia
Un. studi Milano - facoltà scienze politiche
Un. studi Trento - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Padova - facoltà scienze politiche
Un. studi Bologna - facoltà scienze politiche
Un. studi di Torino - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze della comunicazione
Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere e filosofia
Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Siena - facoltà lettere filosofia
Un. Iulm - facoltà scienze della comunicazione e dello spettacolo
Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà scienze della formazione
Un. studi Padova - facoltà lettere e filosofia
Un. Catt. Sacro Cuore Milano - facoltà scienze linguistiche e lett. straniere
Un. studi Milano - facoltà lettere filosofia
Un. studi Bologna - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Firenze - facoltà scienze politiche
Un. studi Urbino - facoltà sociologia
Un. studi Perugia - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Trieste - facoltà scienze della formazione
Un. studi Urbino - facoltà sociologia
Un. studi di Sassari - facoltà scienze politiche
Un. studi Urbino “Carlo Bo” - facoltà sociologia
Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Bologna - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze della comunicazione
Un. studi Bergamo - facoltà lingue letterature straniere
Un. studi Genova - facoltà scienze politiche
Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere e filosofia
Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere filosofia
Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze della comunicazione
Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Genova - facoltà scienze della formazione
Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà scienze politiche
Un. studi Firenze - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà sociologia
Un. studi Bologna - facoltà lettere filosofia
Pongiluppi Cristina
Portanti Rossana
Pratico’ Rosa
Pratico’ Sara
Principi Chiara
Procopio Valentina
Proietti Laura
Pugliese Alessandro
Quadri Claudia
Quartino Davide
Quilici Francesco
Quintavalle Marco
Raciti Daniela
Ragaini Giovanna
Redaelli Valentina
Riitano Agostino
Rio Laura
Rispoli Carmela
Un. studi Genova - facoltà lingue letterature straniere moderne
Un. studi Milano Bicocca - facoltà sociologia
Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà sociologia
Un. studi Siena - facoltà scienze politiche
Un. studi Macerata - facoltà scienze della comunicazione
Un. studi Teramo - facoltà scienze della comunicazione
Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà sociologia
Un. Lumsa - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Bergamo - facoltà lingue e letterature straniere
Un. studi Genova - facoltà lingue e letterature straniere
Un. studi Firenze - facoltà scienze politiche
Un. studi Milano - facoltà scienze politiche
Un. Iulm - facoltà scienze della comunicazione e dello spettacolo
Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lingue e letterature straniere
Un. studi Bergamo - facoltà lingue e letterature straniere
Un. Iulm - facoltà scienze della comunicazione e dello spettacolo
Un. studi Milano - facoltà scienze politiche
Un. Maria ss. Assunta - facoltà lettere e filosofia
Riva Manuela
Romano Milena
Rossetti Simona
Rovagna Marta
Rovati Paola
Salvi Samuele
Sartea Anna
Savi Silvia
Scanu Stefano
Scarinzi Claudio
Schiavetto Serena
Scorsetti Annalisa
Selvarolo Antonio
Seno Elena
Sgarbi Alessia
Signorelli Marco
Silvestri Alessandro
Sorci Vincenza
Sorge Stefania
Sottile Silvia
Spicuglia Matteo
Stanzani Mattia M.
Tontini Valerio
Tortelli Sara
Torzini Gaia
Tosello Vincenzo
Totoro Stefano
Tramontana Andrea
Trevisan Giulia
Trifilio Anna C.
Tuccino Erica
Ucci Nicoletta
Uva Daniela
Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Catania - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Roma Tre - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Pavia - facoltà scienze della comunicazione
Un. di Bologna - facoltà scienze della formazione
Un. studi Padova - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Parma - facoltà giurisprudenza
Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Milano - facoltà scienze politiche
Un. Iulm - facoltà scienze della comunicazione e dello spettacolo
Un. studi Bergamo - facoltà lingue e letterature straniere
Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze della comunicazione
Un. studi di Padova - facoltà scienze politiche
Un. studi Ferrara - facoltà giurisprudenza
Un. Iulm - facoltà scienze della comunicazione e dello spettacolo
Un. studi Palermo - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Palermo - facoltà scienze della formazione
Un. studi Siena - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze della comunicazione
Un. studi Siena - scienze della comunicazione
Un. studi Milano - facoltà scienze politiche
Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze della comunicazione
Un. studi Udine - facoltà lingue e letterature straniere
Un. studi Bologna - facoltà lettere e filosofia
Un. studi di Padova - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Firenze - facoltà scienze politiche
Un. studi Bologna - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Trieste - facoltà scienze della formazione
Un. studi Siena - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Siena - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Milano Bicocca - facoltà sociologia
Un. studi Bari - facoltà scienze politiche
Valentini Gabriella
Valsecchi Alessandra
Veneziani Massimo
Vicari Stefania
Viggiano Maria E.
Viotto Elena
Vitali Matteo
Zerba Giovanni
Un. studi Bologna - facoltà lettere e filosofia
Un. Iulm - facoltà scienze della comunicazione e dello spettacolo
Libera un. Lumsa - facoltà lettere e filosofia
Un. degli studi Torino - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Napoli “L’Orientale” - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Udine facoltà giurisprudenza
Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere e filosofia
Un. studi Urbino - facoltà sociologia
ORDINE
4
2004
Titolo tesi
Il marketing editoriale e lo sviluppo del fenomeno “free press”: il caso “al”
Diritto di cronaca e dignità della persona
L’Alto Adige diventa Trentino. Strategie di marketing editoriale in una regione di confine
Sport e giornalismo on-line. Esperimenti, scelte editoriali e obiettivi di un settore ancora in fase di sviluppo
Englishness e i giornali inglesi
Libertà di stampa e diffamazione nell’ordinamento statunitense
La questione dell’identità nazionale allo specchio d’un settimanale d’opinione: il caso di Der Spiegel dal 1945 al 1960
I discorsi sulla guerra. I meccanismi dell’informazione
Versace dopo Versace. La stampa e la successione al trono in una dinastia della moda
Il giornalismo all news in Italia: da Internet alla televisione
Storia del giornalismo ungherese fino alla rivoluzione del 1956
Da fonte a filtro? Un’osservazione partecipante all’Ansa sulle routines produttive e il newsmaking
Le funzioni sociali della stampa locale: il caso Sesto San Giovanni
G8 di carta: analisi del contenuto del Corriere della sera sui fatti di Genova
Indro Montanelli, 1936 - 1939: l’esordio di un giornalista
Cinquant’anni di vita italiana vista da The Economist
“Poetry is all I write”: Tony Harrison e il mestiere del poeta
Terza pagina: la cultura nella rappresentazione dei quotidiani. Il caso del Corriere della sera
Storia e sociologia di un settimanale locale. Il caso di Metropoli in toscana
Sulla via del socialismo: mazziniani e repubblicani collettivisti nelle Marche (1876 - 1892)
Una ricerca sul lessico dell’economia in italiano e in inglese
La retorica della fotografia giornalistica tra allegoria, simbolo, mito. Iraq 2003 nelle foto di El paìs, Corriere della sera, Le monde
Giovanni Conti nella storia del repubblicanesimo italiano (1946 - 1957)
I mass media e il “mito” della Costa Smeralda
La crisi e la fine della Dc. La nascita del Ppi
Il circuito informativo tra telegiornale e talk show
Semiactivism. Analisi di due giornate cruciali dei movimenti per un nuovo umanesimo
Immagini bugiarde, come e perché i giornali manipolano le foto
Radio b92 di Belgrado: una voce indipendente in Internet
La stampa e l’europa: l’Association des journalistes européens (Aje)
I linguaggi dello sport. Le evoluzioni e le innovazioni del linguaggio del giornalismo sportivo
Il Nicaragua nella stampa statunitense (1979 - 2001)
La sostenibile leggerezza della notizia
L’ora di Sciascia. La rubrica “Quaderno” (1964/67)
Euronews. Dieci anni tra missione pubblica e logica commerciale. Crisi e prospettive del canale di informazione europeo
I quotidiani gratuiti: verso nuove forme di comunicazione
“Io sono un cinico che ha fede in quel che fa”. Ennio Flaiano recensione: Oggi (1939 - 1942)
“Scatti negati”. Il fotogiornalismo in Italia tra libertà e censura
1982 - 2002: nuova centralità, nuove forme e teledipendenza. Come cambia in italia l’informazione sportiva
sulla carta stampata in relazione ai mutamenti strutturali del settore
Media e linguaggio. The New York Times e The Times. A confronto sull’11 settembre
La costruzione giornalistica del nemico in situazioni belliche: i casi della guerra in Kosovo e in Afghanistan
Le notizie in poltrona. L’infotainment televisivo. I casi di “Porta a Porta” e “Sciuscià - edizione straordinaria”
Tra giornalismo e burocrazia: l’applicazione della legge 150/2000 nell’amministrazione provinciale di Siena
L’informazione radiofonica nell’era multimediale
La fotografia e la storia. Le immagini del regime fascista fra realtà e mistificazione
Una barriera e due ruote. Il ciclismo nei media. Rappresentazione e costruzione dell’identità culturale
La repubblica di Eugenio Scalfari
Bobby Sands e gli hunger striskers nella stampa dell’Ulster
New statesman e l’universo giovanile negli anni ’60
Indro Montanelli: gli anni della formazione (1930 - 39)
Natura e carta stampata: Airone, il primo mensile naturalistico italiano
Un anno dopo l’11 settembre il terrorismo nella stampa italiana, francese e inglese
Istituzioni totali e informazione: il caso magazine 2
“Kpfa: the voice of the voiceless.” Storia della prima free speech radio americana
C’era una volta l’Argentina. La crisi argentina nei giornali italiani
Botte e risposte. Brunella Gasperini e la condizione femminile negli anni sessanta e settanta
“I quotidiani gratuiti”. Analisi dei contenuti, del marketing, della struttura editoriale della nuova tipologia “leggi e getta”
e confronto diretto con i quotidiani tradizionali
Omnibus di Leo Longanesi (1937 - 1939)
La scrittura giornalistica dal testo cartaceo al web. Sondaggi su Repubblica e Corriere della sera
Uno studio sul lessico di origine spagnola nei giornali italiani
Budapest ’56 nella stampa italiana
La costruzione mediale della notizia. Un confronto tra i telegiornali e i quotidiani
Il 1898, l’anno del “desastre”, nella stampa satirico - umoristica
Elogio della riservatezza: gli esordi giornalistici di Dino Buzzati (1928 - 1935)
Diritto di cronaca e diritto alla riservatezza: profili costituzionali del bilanciamento
Una stagione letteraria: Paese Sera libri 1963 - 1969
L’informazione può essere neutrale? L’Ansa di Milano
Web - giornalismo: l’evoluzione della figura del giornalista web in rete
La fine della DDR nella stampa governativa: il caso del quotidiano Neues Deutschland
La trasparenza opaca. Propaganda, informazione, opinione pubblica nelle guerre mediatiche
Il mattino di Padova (1978 - 2003). Le origini e la diffusione
Diffamazione a mezzo stampa e tutela penale dell’onore nelle comunicazioni telematiche
Raccontare il golpe: Cile 1973 - Urss 1991
Radio Palermo1943 - 1944: ordinamento e inventariazione delle veline di guerra utilizzate per i commenti
Una partecipata “obiettività”. Valori e problematiche del fotogiornalismo
Russia, il difficile mestiere del giornalista. Dal crollo dell’Urss al nuovo sistema dei media
Una passione mondiale. dimensione narrativa e passionale nei servizi sui mondiali di calcio 2002
Vita reale e vita televisiva: “la vita in diretta”
L’economia italiana attraverso le pagine del Corriere della sera dal 1963 al 1973
Quando la scienza fa spettacolo. La divulgazione scientifica in tv
Foto - notiziario il settimanale specializzato per il trade della fotografia, un’analisi swot
Quali identità europee nella stampa di informazione?
Vent’anni di storia nelle pagine del settimanale della diocesi di Chioggia Nuova Scintilla (1945 - 1965)
Telegiornale nel microfono della radio. Quando le news tv diventano giornalismo radiofonico: il radiotving
L’ombra delle torri. Analisi semiotica della copertura informativa di due magazine statunitensi dall’11 settembre al 31 dicembre 2001
Il quotidiano di informazione alle Olimpiadi. Il caso del Corriere della sera a Roma 1960 e a Sidney 2000
Giornalismo embedded. I corrispondenti al fronte nella seconda guerra del golfo
Uno spettacolo chiamato tg. Tra logica informativa e logica di mercato: tecniche e compromessi nei principali telegiornali italiani
Il giornale nella rete: l’informazione on-line e il caso de ilsole24ore.com
Istituzioni della professione giornalistica. La deontologia e l’inquadramento contrattuale dei giornalisti in Italia,
in Europa e nel resto del mondo occidentale
La terza pagina dalla critica alla cronaca. La selezione dell’informazione letteraria nelle pagine culturali dei quotidiani
Le monde. Tradizione e innovazione in un giornale di qualità
Il giornalismo italiano negli anni ’70. Le ragioni di una svolta
La campagna d’Etiopia attraverso La Stampa e il Lavoro
Luigi Barzini inviato speciale in Estremo Oriente
Federalismo e sistema dell’informazione e della comunicazione
Processi di veridizione attraverso l’immagine: il caso del G8 di Genova
La stampa italiana nella guerra all’Iraq
Relatore prof.
Anna Claudia Pellicelli
Andrea Violante
Attilio Baldan
John Anderson
Oriana Palusci
Sara Volterra
Paolo Pombeni
Nicoletta Bosco
Rinaldo Fontanarosa
Emilio Carelli
Anna Lisa Carlotti
Maurizio Boldrini
Marino Livolsi
Nicoletta Pavesi
Carlo Fumian
Anna Lisa Carlotti
Nicoletta Vallorani
Pina Lalli
Giovanni Bechelloni
Vittorio Paolucci
Franco Lorenzi
Luciano De Giusti
Vittorio Paolucci
Rosario Cecaro
Vittorio Paolucci
Giorgio Simonelli
Pia Pozzato
Aldo Fontanarosa
Francesca Pasquali
Daniela Preda
Walter Passerini
Anna Lisa Carlotti
Giuseppe Mazzei
Mirella Serri
Marina Milan - Mario Bottero
Vincenzo Cesareo
Parnaldo Bruni
Aldo Fontanarosa
Angelo Agostini
Prof. Gabriele Azzaro
Prof. Giorgio Grossi
Giuseppe Mazzei
Donatella Cherubini
Sandro Petrone
Pasquale Iuso
Giuseppe Mazzei
Francesco Malgeri
Oliviero Bergamini
Marina Villa
Cosimo Ceccuti
Ada Gigli Marchetti
Marina Villa
Piermarco Aroldi
Oliviero Bergamini
Angelo Agostini
Ada Gigli Marchetti
Francesco Bianchini
Vittorio Vidotto
Gabriella Alfieri
Francisco Lobera Serrano
Giancarlo Bosetti
Anna Lisa Tota
Fiorenza Tarozzi
Carlo Fiuman
Antonio D’aloia
Mirella Serri
Ada Gigli Marchetti
Susanna Sancassani
Oliviero Bergamini
Mario Morcellini
Filiberto Agostini
Gianluigi Carpeggiani
PAngelo Agostini
Fiuseppe Carlo Marino
Antonio La Spina
Maurizio Boldrini
Isabella Pezzini
Enrico Menduni
Angelo Moioli
Giuseppe Mazzei
Alessandro Morello
Pina Lalli
Angelo Ventura
Giovanni Bechelloni
Patrizia Violi
Fabio Finotti
Giovanni Gozzini
Enrico Menduni
Roberto Marchisio
Ruben Razzante
Mauro Sarti
Angelo Agostini
Francesco Malgeri
Nicola Tranfaglia
Adolfo Tamburello
Luca Mezzetti
Alberto Bourlot
Vittorio Roidi
21 (25)
Condivisa dal Consiglio generale dell’Istituto una dichiarazione programmatica
INPGI
Gabriele Cescutti è presidente
Andriolo vicepresidente vicario
Roma, 19 marzo 2004. Il nuovo Consiglio di
amministrazione dell’Inpgi ha proceduto oggi
all’elezione del presidente dell’Istituto, del
vicepresidente vicario e del vicepresidente
in rappresentanza della Fieg. Alla votazione
hanno partecipato tutti i 16 componenti del
Consiglio. Presidente è stato confermato con
14 voti Gabriele Cescutti. Vicepresidente
vicario è stato eletto con 15 voti Maurizio
Andriolo, già componente del precedente
Consiglio di amministrazione, mentre l’avv.
Giancarlo Zingoni è stato confermato con 9
voti vicepresidente in rappresentanza della
Federazione italiana editori giornali (Fieg).
Nella notte tra il 10 e l’11 marzo, il Consiglio
generale dell’Istituto aveva eletto i dieci
componenti giornalisti del nuovo Consiglio di
amministrazione.
Erano risultati eletti Gabriele Cescutti e
Silvia Garambois, voti 31; Roberto Carella, voti 30; Riccardo Venchiarutti e Giorgio Di Nuovo, voti 29; Maurizio Andriolo,
Francesco Gerace, Silvana Mazzocchi e
Pierluigi Roesler Franz, voti 21; Lino
Zaccaria, voti 19.
Cinque consiglieri appartengono alla
maggioranza che governa la Fnsi e cinque
al cartello di Inpi.sicambia. Questa intesa
rispecchia i risultati veri delle elezioni dell’ottobre/novembre 2003. I due schieramenti
hanno accumulato consensi pressoché equivalenti. Il fatto nuovo è che dentro il Consiglio d’amministrazione non c’è una maggioranza precostituita. Il presidente, per la prima
volta, non è sorretto da una maggioranza. Lo
stesso Consiglio è chiamato a funzionare
come organo di garanzia, cercando soluzioni condivise. Gli altri sei membri del Consiglio sono: Paolo Serventi Longhi, Massimo Marciano; Mauro Masi e Maurizio
Bernaconi (rappresentanti rispettivamente di Palazzo Chigi e del ministero
del Lavoro); Giancarlo Zingoni e Roberto Cilenti (rappresentanti della Fieg).
Il Collegio sindacale, presieduto dalla
dott.ssa Stefania Cresti (ministero del
Lavoro), è formato da Guido Bossa,
Virgilio Povia (Palazzo Chigi), Attilio
Raimondi, Michele Romano (ministero
dell’Economia), Riccardo Sabbatini e
Adriano Velli.
Impegno a discutere
le modifiche statutarie
Il Consiglio generale dell’Inpgi ha condiviso
un documento programmatico frutto dell’accordo che ha portato all’elezione dei 10
consiglieri d’amministrazione. Il documento
impegna gli organismi decisionali dell’Istituto
a discutere modifiche statutarie sui seguenti
punti:
1) limite di mandato a presidente e vicepresidente;
2) collegialità ed eventuali deleghe operative;
3) voto riservato esclusivamente agli eletti
per la rappresentanza nell’Inpgi2;
4) incompatibilità delle cariche in armonia
con gli altri Enti della categoria.
In particolare, per quanto riguarda la collegialità, fermo restando il compito di valutazione ed elaborazione preventiva che, a tito-
lo consultivo, le Commissioni di cui all’art. 13,
comma 5, devono esplicare nell’ambito della
propria competenza per conto del Consiglio
d’amministrazione, il presidente dell’Istituto
sarà impegnato a discutere preventivamente, assieme ai componenti giornalisti del Cda
stesso, argomenti di specifica importanza o
delicatezza, con particolare riguardo a
proposte di modifica relative alle prestazioni
previdenziali o alla contribuzione.
In materia elettorale, il Consiglio di amministrazione dell’Inpgi è inoltre impegnato a
realizzare la riforma del voto ed a limitarlo
alla presenza fisica nel seggio elettorale
oppure all’espressione del voto stesso per
via telematica.
Il Cda dell’Inpgi è impegnato anche a discutere il voto con il sistema delle liste aperte
per il Consiglio generale ed il Comitato
amministratore dell’Inpgi2 e ad introdurre il
sistema proporzionale per l’elezione del Cda
da parte del Consiglio generale. Il quorum
Ed ora
scatti
il momento
di un
effettivo...
disarmo
Il documento programmatico è esaustivo anche se non
assicura (per ora) agli iscritti all’Inpgi la pari dignità con gli
iscritti all’Inps in tema di libertà totale di cumulo, di cessione dei diritti d’autore e di lavoro occasionale (“è lavoro
occasionale – secondo una legge dello Stato – quello che
ha introiti annui per 5mila euro”).
Anche gli iscritti alle casse degli avvocati e dei ragionieri
hanno, in base a due sentenze della Corte costituzionale,
la più ampia libertà di cumulo tra pensione e redditi da lavoro dipendente o autonomo. Perché i giornalisti devono
essere discriminati? Chi stipula contratti vincolati alla
cessione dei diritti d’autore o svolge prestazioni occasionali (sino a 5mila euro) non ha l’obbligo di iscrizione alla
gestione separata deell’Inps. Perchè l’Inpgi2 ignora le regole Inps? L’Inpgi non è un ente sostitutivo dell’Inps (art. 76
della l. n. 388/2000)? C’è da augurarsi, infine, che il Consiglio d’amministrazione, imitato dalle parti estranee al
Consiglio stesso, ritiri querele e iniziative civilistiche presentate contro giornalisti colpevoli di aver esercitato il diritto di
critica (garantito dalla Costituzione e dalla legge professionale). Sarebbe un buon segno di ritrovata armonia nella
categoria. L’accordo 5+5 è, comunque, un segnale, che
lascia spazio alle speranze di… un effettivo disarmo.
(Franco Abruzzo)
dei due terzi per l’elezione delle cariche (art.
16, comma 7) sarà, a partire dalla terza votazione, quello della metà più uno degli aventi
diritto al voto.Per quanto riguarda le rappresentanze circoscrizionali dei consiglieri
generali, il Cda è impegnato a valutare il
riequilibrio delle grandi Associazioni tenendo
comunque conto, in modo adeguato, delle
esigenze di rappresentatività delle piccole e
medie Associazioni regionali.
Riforma previdenziale
La riforma previdenziale approvata dal
Consiglio generale il 26 settembre 2002 non
è stata ancora oggetto d’esame congiunto
delle parti sociali (Fnsi e Fieg). Nel frattempo
il Cda dell’Inpgi lo scorso 3 marzo ha affidato ad un attuario – così come prevede il Dlgs
509/94 – il compito di redigere il bilancio
tecnico attuariale per il prossimo triennio, dal
quale risulti la stabilità della gestione previdenziale Inpgi, con proiezione nei prossimi
40 anni. Poiché i risultati saranno noti entro
due mesi al più tardi, si concorda di accantonarla in attesa di una definitiva decisione nel
merito della riforma al momento in cui il
bilancio attuariale sarà noto. In quel momento il Cda avrà la possibilità di esprimersi sulle
misure da adottare alla luce di dati tecnici
aggiornati, nonché tenendo conto delle indicazioni dei ministeri vigilanti. In attesa di
queste conclusioni, si chiede alle parti sociali di sospendere il negoziato.
Perequazione delle pensioni
Abbiamo manifestato la ferma convinzione
che debba essere subito ripreso il tentativo
di modificare l’art. 7 del Regolamento Inpgi,
affinché ogni anno dopo l’approvazione del
bilancio consuntivo il Consiglio di amministrazione sia impegnato a valutare – sulla
base dei risultati economici – la possibilità di
una integrazione al sistema generale di perequazione delle pensioni.
Cumulo pensione/redditi
Ribadito che la legge 289/02 (Finanziaria
2003) ha affermato l’autonomia dell’Inpgi a
recepire o meno la norma generale, abbiamo convenuto che il massimo sforzo debba
essere compiuto al fine di innalzare per
quanto possibile la quota esente dal cumulo
avendo presenti oltre alle compatibilità indicate dai ministeri vigilanti, i diritti degli iscritti
in quiescenza.
LETTERA IN REDAZIONE
Inpgi/2
Lei cosa mi consiglia di fare?
Egregio dottor Abruzzo, mi chiamo Alessandro Giuliani, sono
un insegnante di scuola media superiore e pubblicista presso
l’Ordine nazionale dei giornalisti del Lazio e del Molise da
oltre dieci anni. Scrivo principalmente di scienza (sono iscritto
all’Ugis), in particolare di nuove tecnologie, e di tutto ciò che
riguarda il comparto scuola, università e ricerca.
Ho avuto il piacere di conoscerla di persona nel ‘99 al Circolo della Stampa di Milano perché ho fatto parte del gruppo
di vincitori del primo concorso per le migliori tesi di laurea
sul giornalismo (argomento: editoria elettronica on line).
Arrivo al punto per cui le sto scrivendo. Si tratta dell’obbligo,
a detta dell’Inpgi, dell’iscrizione alla Gestione separata.
Quando alla fine del 2002 l’Inpgi comunicò per lettera la
novità del condono relativo al periodo 1997–2001 mi recai
di persona alla sede nazionale qui a Roma, in via Nizza,
per avere spiegazioni: gli impiegati dell’Inpgi mi spiegarono
che l’obbligo di iscrizione era assoluto per tutti i giornalisti
iscritti all’Ordine e che in ogni caso i miei compensi erano
talmente bassi che si sarebbe trattato di un esborso minimo
(di poco superiore al 10% di quanto percepito più degli
22 (26)
esigui tassi di mora). Pur non convinto della correttezza di
tutto ciò mi iscrissi per essere in regola.
Purtroppo credo di aver commesso un errore. Infatti, dopo
aver appreso con meraviglia che a tutt’oggi quasi il 90% dei
pubblicisti iscritti all’Ordine dei pubblicisti del Lazio non ha
aderito all’Inpgi2, nei giorni scorsi ho ricevuto il prospetto di
pagamento da parte dell’Inpgi relativo agli anni che vanno
dal 1997 al 2001: ebbene, a fronte delle cifre irrisorie da me
percepite in quegli anni, mi viene oggi chiesto di versare
nelle casse dell’Inpgi non il 10% dei compensi (come previsto dalla normativa) ma in alcuni casi oltre il 170% (centosettanta!).
Le faccio l’esempio proprio del 1997: il reddito derivante da
collaborazioni giornalistiche da me dichiarato per quell’anno era di soli 249 euro; oggi l’Inpgi per il 1997 mi chiede
335,70 euro di “contributi dovuti” a cui vanno sommate
73,77 euro di “rivalutazione”, 14,66 euro di “sanzione articolo 9” (1% del contributo soggettivo) e altri 5,16 euro per la
“sanzione contenuta nell’articolo 10” del regolamento dell’Istituto di previdenza. In conclusione, a fronte dei 249 euro
di compensi giornalisti complessivi percepiti nel ‘97 io oggi
devo versare per fini pensionistici la bellezza di 429,29 euro,
cioè appunto oltre il 170%.
Conoscendo, dalle righe di Tabloid, la sua posizione sulla
spinosa questione cosa mi consiglia di fare? Versare all’Inpgi i complessivi 1.355,16 euro di arretrati relativi al periodo
1997-2001 oppure percorrere altre strade (anche di tipo
legale), visto che l’Istituto a tutt’oggi sembra volere imporre
una normativa previdenziale con dei tetti ben al di sotto del
Dlgs n. 276/2003, meglio conosciuta come “Riforma Biagi”?
Rimango in attesa di una sua risposta sollecita: l’Inpgi infatti impone di versare i contributi entro il 15 marzo 2004. In
caso contrario scatterebbero ulteriori tasse. Cordiali saluti.
Alessandro Giuliani
----Bisogna far rispettare l’articolo 3 (uguaglianza) della Costituzione. I cittadini iscritti all’Inpg/2 non possono essere trattati diversamente dai cittadini iscritti all’Inps/2. C’è da sperare che il nuovo gruppo dirigente dell’Istituto voglia cambiar
strada rispetto al passato.
(f. ab.)
ORDINE
4
2004
L I B R E R I A
D I
TA B L O I D
Davide Giacalone
DigiRadio
Nicola Magrone
Codice breve
del razzismo fascista
di Vito Soavi
Il 17 novembre 1938 Vittorio
Emanuele III, tra i provvedimenti intrapresi per difendere la razza italiana, sanzionava e promulgava una legge
speciale (varata dal Governo
Mussolini) che stabiliva le limitazioni di capacità dei cittadini appartenenti alla razza
ebraica residenti in Libia.
L’articolo 7 di tale legge così
recitava: “Gli ebrei in Libia
non possono avere alle proprie dipendenze domestici
professanti la religione musulmana. I contravventori sono puniti con l’ammenda da
lire 1000 a lire 5000”.
Questa anticipatrice e vergognosa testimonianza di un
triste periodo della nostra
storia è raccontata, con moltissime analoghe perle, da
Nicola Magrone nel libro Il
codice del razzismo fascista,
che è il risultato di una poderosa e documentata ricerca
tra leggi, decreti, regolamenti
e sentenze, per comprendere come sia stato possibile
avviare la campagna razziale in Italia.
È un delirio che nasce da
lontano ed i cui segni premonitori si possono già cogliere
dal progetto presentato dai
Fasci di Combattimento per
le elezioni del novembre
1919; in coerenza col pensiero mussoliniano esso tra
l’altro affermava: “il fascismo
rappresenta una tipica
espressione della razza italiana”.
Così si spiega la preoccupazione di differenziare il razzismo fascista da quello tedesco. Il primo da considerare
come dovere nazionale di
protezione e di sostegno per
una stirpe, come la nostra,
esposta a contaminazioni
conseguenti all’espansione
imperialista del Paese, mentre quello nazista inteso co-
me identificazione ed esaltazione della razza germanica,
tra i tedeschi stessi.
Nicola Magrone, che è magistrato, costruisce il percorso
parallelo di ascesa al potere
del fascismo e contemporaneamente di difesa della razza italiana, esaminando le
leggi ed i provvedimenti che
abbracciano il periodo che
va dalla marcia su Roma al
25 luglio 1938, data della
pubblicazione del fondamentale manifesto degli scienziati
fascisti in cui si afferma che
le razze umane esistono.
Ciano annotava in quei giorni
sul suo diario: “abbiamo parlato (con Mussolini) anche
del problema ebraico. Mi sono mostrato incline ad una
soluzione che non sollevi un
problema che fortunatamente da noi non esiste. Il Duce è
del medesimo avviso. Metterà acqua sul fuoco, pur
sempre senza soffocare la
cosa”.
Evidentemente, dopo quanto
successo, la sua acqua era
pericolosamente infiammabile...
La ricerca di Magrone sull’iter della campagna razziale
è vastissima ed approfondita
per evidenziare le folli esternazioni con le quali il regime
prendeva forza per giustificare a se stesso la necessità di
sterminare gli ebrei italiani.
Scriveva il Piccolo di Roma:”
il sentimentalismo non esiste
in politica e fra i primi postulati dell’uomo moderno c’è
quello di non essere idiota;
l’individuo che piagnucola
sulla dolorosa istoria dei giudei è un antifascista”.
Ed incalzava La Scure di
Piacenza:” ma dove andranno a finire i poveri ebrei?
All’inferno, e voi camerati
sentimentali della moneta e
del livore all’inferno insieme
a loro, e che un poco di olio
di ricino, di quello antico, vi
aiuti a scivolarvi più in fretta”.
Non ci si poteva aspettare di
meno di quanto scrivevano i
giornali del tempo, ricordando che il 31 dicembre 1925
vennero disciplinate le funzioni e le responsabilità, anche civili, degli editori e dei
direttori dei periodici con la
costituzione dell’Ordine dei
giornalisti (mai entrato in attività), non al fine di garantire
la qualità e l’indipendenza
della professione, bensì per
assicurare al regime la fedeltà della stampa, secondo
l’assioma che il regime fascista doveva identificarsi nel
regime dei giornalisti. Obiettivo raggiunto con una legge
del 1928 che creò l’Albo
aperto ai “fedeli” del Duce.
Mussolini era giornalista!
La parte conclusiva del Codice è riservata alla cronaca
del dopoguerra, allorchè il
nostro Paese ritenne di dover provvedere al risarcimento dei danni subiti dalle vittime delle persecuzioni razziali. E qui l’Autore fa emergere i limiti di insensibilità
delle autorità costituite, dei
legislatori e dei giudici che,
dopo mezzo secolo, non sono ancora riusciti a mettere il
punto finale a questa tragedia. Ma in Europa non siamo
i soli.
Anche questo capitolo merita
la citazione di un ultima perla: “il prof. Tullio Terni, che a
Padova dirigeva l’Istituto di
istologia, era ebreo. Nel ‘38,
con le leggi razziali fu radiato
dall’Accademia dei Lincei e
privato della cattedra. Finita
la guerra avrebbe potuto riaverla. Senonché il prof.
Egidio Meneghetti gli fece
pressapoco questo discorso:
‘come rettore ti dico che hai
diritto a rientrare all’Uni-
versità, ma come uomo mi fa
schifo pensarci ‘. Terni tornò
a casa e si uccise con una
fiala di cianuro”.
Nicola Magrone, che è capo
della Procura molisana di
Larino ha pubblicato il suo
Codice per le edizioni “dall’Interno-Sudcritica” di Modugno, Bari, con questa premessa: “l’attività di ricerca, di
redazione e ogni altra forma
di collaborazione per la realizzazione di questo volume
è resa del tutto volontaristicamente, gratuitamente e
senza alcun rimborso di spesa. Il contributo volontario per
ogni copia di questo volume,
che si auspica in almeno 10
euro, è dato alla Fondazione
Popoli & Costituzioni per le
iniziative in difesa della
Costituzione italiana. Ogni
euro di contributo in più per
questo volume consente di
inviare una copia gratis ad
una scuola, ad una biblioteca, ad un carcere, ad una comunità terapeutica, ad un circolo culturale, ad una associazione di volontariato.
Nessun soggetto economico
pubblico o privato sostiene
apertamente o segretamente l’iniziativa. Semmai la scoraggia”. Ritengo, con queste
finalità, sia giusto aderire alla
crociata.
Nicola Magrone,
Codice breve
del razzismo fascista,
edizioni
“dall’interno-Sudcritica”
2004,
pagine 429, euro 10
(offerta minima).
Per ottenerlo effettuare il
versamento
sul ccp 34848416
intestato a
Fondazione onlus Popoli &
Costituzioni
Via S. Caterina, 6 70026
Modugno (Bari)
tel. fax 080.5327100
di Emilio Pozzi
I pregi della radio digitale sono illustrati con agile scrittura, con sapore di pamphlet,
da Davide Giacalone, autore
del quale il risvolto di copertina non dà alcuna notizia.
Una dimenticanza? Chissà!
Colmiamo la lacuna per collegare questo nome all’autore di altri testi sul mondo radioelevisivo, pubblicati quando ministro delle Poste era
Oscar Mammì: come Gasparri oggi lega il suo nome
ad una legge molto discussa, a quei tempi si parlò a
lungo di legge Mammì, che
nel 1990 modificò sostanzialmente le norme sull’emittenza radiotelevisiva fissate
dalla precedente legge di
riforma del 1975. Davide
Giacalone, che era stato segretario della Federazione
giovanile del Partito repubblicano e che dal 1987 al
1991 fu consulente del ministro pubblicò nel 1990 un volume, con Edizioni Comunità
dal titolo Antenna libera, la
Rai, i privati, i partiti e due
anni dopo, nel 1992 un altro
libro dal titolo La guerra delle
antenne con un polemico
sottotitolo Televisione potere
e politica: i frutti del non governo.
Il testo attuale, ricordando
che il DAB (acronimo di
Digital Audio Brodcasting)
sarà operativo in tutto il
Paese entro il giugno 2005,
illustra i pregi del sistema
che si possono riassumere,
secondo i sostenitori così:
migliore qualità dell’audio,
stabilità del segnale, invio di
messaggi testuali e perfino
diminuzione dell’inquinamento. In Italia sei emittenti,
tra cui RTI, 102,5, hanno cominciato a trasmettere oltre
che in analogico anche in digitale. Le riflessioni di Giacalone arrivano quindi pun-
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Intra
ORDINE
4
2004
Davide Giacalone,
DigiRadio,
Rubbettino, Soveria
Mannelli 2003,
pagine 84, s.i.p.
www.ecostampa.it
RASSEGNA STAM PA
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risorse interne da dedicare alle attività con più alto
valore aggiunto.
tuali a sostegno del nuovo
sistema.
Il volumetto (il diminutivo è in
rapporto al numero delle pagine, 84 e non per la qualità
della scrittura che è invece di
facile lettura anche per i non
addetti ai lavori) si articola in
cinque capitoli: si comincia
con il black-out del 28 settembre che lasciò quasi tutta
l’Italia al buio per molte ore,
e che consentì alle radioline
a batteria di parlare ai cittadini dalle stazioni alimentate
da gruppi elettrogeni e si
prosegue addentrandosi, fra
luci ed ombre, nei problemi
che sono impliciti nelle fortune di quel mezzo di comunicazione che Marshall Mc
Luhan definì caldo, proprio
per il rapporto emotivo e di
fantasia con l’ascoltatore.
Dalle rievocazioni storiche e
giuridiche, di uno che la sa
lunga, alle prospettive per il
futuro che potrebbero consentire all’Italia nel campo
del digitale, di riguadagnare
tempi perduti, con l’augurio
che non si sprechino occasioni. Sul come l’autore ha
idee precise che lasciamo al
lettore il piacere di scoprire,
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23 (27)
Le fotografie di Franco Rizzi sono diventate un volume. Bellissimo e struggente
M E M O R I A
Franco Rizzi fotografò la città
devastata dalle bombe
degli aerei alleati. Da una mostra
a Cremona l’idea di ricavare
un film e un volume
con una raccolta delle immagini
“Desmentegass”, il ricordo
Milano
agosto ’43 sessant’anni dopo le bombe
Piazza Duomo. Sopra il titolo: piazza Fidia.
Teatro alla Scala.
Porta Ticinese.
di Andrea Bosco
Le bombe arrivavano improvvise. Prima il
sibilo lancinante, poi l’impatto sordo e subito
deflagrante: le urla, la paura, le macerie.
Case sbriciolate come per il calcio di un
bambino annoiato sulla battigia. Uomini
inghiottiti dai mattoni. Arti sparsi sulle strade,
corpi squartati dalla violenza dello scoppio, a
stento ricomposti dalla pietà dei superstiti. La
morte e il dolore abbracciati. Milano, agosto
1943: gli aerei della Royal Air Force spazzano via mezza Milano.
Luogo non identificato.
Via Torino. Sotto: piazza San Babila.
24 (28)
Gesti di solidarietà
nella città ferita
Un uomo esce di casa, attonito, con l’angoscia nel cuore, ma con la volontà di far vedere cosa è successo. Si chiama Franco Rizzi e
in mano ha una macchina fotografica. La città
che vede è un girone dantesco: palazzi crollati, gente in fuga, masserizie in strada. È una
città ferita ma non piegata. Qui la gente ne
ha viste di tutti i colori, è sopravissuta ai
cannoni di Bava Beccaris. Milano, quando la
bastoni si rimbocca le maniche. È la solidarietà, Milan col coeur in man. Nessuno viene
lasciato indietro. E se ogni notte la morte arriva dal cielo, puntuale e devastante, ogni notte
la gente riprende a scavare. Riprende ad
aiutare i suoi feriti, a dividere il poco che
ancora si trova. Franco Rizzi, scatta, documenta: la fame, la morte, la devastazione, ma
anche l’umanità di un gesto, la tenerezza di
una carezza.
Desmentegass in milanese significa, dimenticare il passato, limitare la memoria al puro e
semplice ricordo. Affinché quei giorni terribili,
il dramma di Milano, non fossero consegnati
all’oblio, Lamberto Caimi ha realizzato un
film. E le fotografie di Franco Rizzi sono diventate un libro. Bellissimo e struggente.
(Desmentegass, molti non ricordano - Milano
agosto 1943, fotografie di Franco Rizzi, L’ippocampo 2003).
Quello che molti non sanno o non ricordano,
questo libro impone. Racconta Sandro Rizzi
nella prefazione: “Un pacchetto di fotografie
stampate su carta camoscio, formato 9x14,
rimaste per anni in un cassetto, tra le cose
preziose di famiglia”.
In quelle foto si vedono case sventrate,
macerie, fumo di incendi, fabbriche scoperchiate con i macchinari anneriti, gente inebe-
tita accanto alle cose di una vita, recuperate.
Franco Rizzi non era un professionista. Ogni
giorno andava a Sesto Calende alla SiaiMarchetti, la grande fabbbrica di aeroplani
dove lavorava. Non era un professionista, ma
la fotografia e la radio erano le sue passioni.
Rizzi, scatta cinque rullini. Muore due anni
dopo. Le foto restano nei cassetti di casa, fino
a quando non le trovano e capiscono che
devono essere mostrate. Parte di quanto ha
ritratto Rizzi, non c’è più. Milano è cambiata,
dentro e fuori. Nelle strade e nel cuore degli
uomini. Ma non ha ancora smesso, archiviato
la volontà di ricordare.
In quelle notti i bombardieri Lancaster e Halifax sganciano sul Duomo, sulla Scala, sul
Palazzo Reale, su San Babila, su Santa
Maria delle Grazie 2600 tonnellate di bombe.
Mille, morti, altrettanti feriti, 250.000 senza
tetto. Solo Federico Barbarossa nel XII secolo aveva fatto tanti danni. Le settimane, i mesi
successivi ai bombardamenti sono, per certi
versi anche peggiori. C’è una guerra terribile,
una guerra che è diventata fratricida, italiani
contro italiani, fratelli, amici di un tempo che
si sparano, si scannano. Nell’ottobre del 1944
le bombe alleate distruggono anche il ponte
di ferro sul Ticino. E ancora una volta la gente
torna a scavare con vanghe e badili.
Si fugge dalla morte
mentre crollano i palazzi
E si rimette in strada con borse, fagotti, valige, camioncini con materassi, carrette, tricicli,
biciclette. Auto a carbonella o con le bombole
di gas. Si fugge dalla morte, dalla guerra che
spiana ogni cosa. A Milano in piazza Cadorna della Stazione Nord è rimasta in piedi solo
la facciata. Spazzata la via Principe Umberto
che oggi si chiama via Turati. Il lavoro di Rizzi
è un’immersione nel passato e nei ricordi.
Preziosi e ancora così attuali, per come, nel
bene e nel male, Milano dopo quei giorni si è
trasformata. E vedere il tetto sfondato della
Scala, le volte senza vetri della Galleria, gli
idranti in via Torino, anziani milanesi, incurvati, ma non battuti, ti spiega cosa, quegli uomini, i loro figli hanno dovuto affrontare. E
magari ti chiedi come sia stato possibile il
farlo. Ma poi ti dici che questa probabilmente
ce l’ha nel dna. Questa è la città di Ambrogio,
uno, raccontano, con un brutto carattere, una
gran voglia di fare. E soprattutto una volontà
di ferro. Imbattibile.
ORDINE
4
2004
In un libro presentato a Milano, pubblico e privato di una dinastia
M E M O R I A
Cristina Mondadori Formenton,
figlia del grande editore,
racconta le vicende intime
di una saga a cavallo
di due secoli, restituendoci
un grande affresco d’epoca
Grandi
con stile
di Fabrizio de Marinis
Grandi editori con stile pervasi da quell’eleganza sentimentale che ha segnato un lungo
periodo della cultura italiana. Un affresco
d’epoca tra pubblico e privato di una dinastia
in grado di suscitare profonde emozioni
nell’intenso e variegato romanzo di casata
raccontato da Cristina Mondadori nel suo
libro Le mie famiglie, edito da Bompiani,
presentato alla Meliorbanca in via Borromei,
il 5 febbraio scorso, a Milano.
Un parterre des roix di un’intellighenzia
meneghina e romana dai toni pacati e d’altri
tempi, per rendere omaggio alla “piccola” di
casa, che ha ripercorso con aneddoti, ricordi, intimità, affetti, il complesso mosaico dei
diversi rami della famiglia Mondadori, dalla
stirpe di editori fondata dal padre Arnoldo, ai
Monicelli, nella cui stravagante e creativa
famiglia della madre Andreina, ci saranno
registi, romanzieri e giornalisti, a quella del
marito Mario Formenton Macola, altra dinastia di imprenditori e industriali tra l’Italia e la
Persia.
Dall’infanzia circondata da grandi scrittori,
balie e parenti, fino alle scelte anticonformiste della vita adulta quando, già sposata e
madre di quattro figli, decide di diventare
medico e realizza un obiettivo generoso: dar
vita ad un centro che si occupa di disagio
infantile, oggi Centro Benedetta D’Intino, in
nome della nipotina, figlia di Silvia, morta
piccolissima, al quale verranno devoluti i
proventi derivati dalla vendita del libro. Un
grande affresco di stile di vita, dai toni
sommessi e ricchi di significati di quella che
prima di ogni altra cosa fu una dinastia di
grandi intellettuali e poi di imprenditori.
I grandi della letteratura
ospiti nella villa a Meina
“Di solito è un editore che fa grande un autore. Se Lei accettasse di scrivere per me
accadrebbe il contrario”. Era la frase a effetto con la quale il saggio Arnoldo seduceva i
grandi della letteratura e della poesia italiana
e mondiale, spesso ospiti nella villa a Meina
sul lago Maggiore, dove un giorno il famoso
fotografo Federico Patellani sussultò di fronte al suo obiettivo puntato in un angolo del
giardino, raccontando poi nei suoi aneddoti,
di essersi accorto di aver inquadrato in un
solo istante tre geni in meno di un metro
quadrato, Musil, Gadda e Thomas Mann.
Accadeva questo in casa Mondatori, dove,
come ha raccontato la curatrice del libro
Laura Lepri, il caminetto della villa a Meina,
è un grande romanzo di firme e aneddoti
lasciato a ricordo dagli autori della casa
editrice da Hemingway, a Quasimodo, a
Ungaretti, Buzzati, Soldati, Palazzeschi, i
Bellonci. Significativo di uno stile e di un
modo di essere il modo in cui Arnoldo ruppe
il ghiaccio la prima volta proprio con Ungaretti: gli andò incontro e gli disse “poeta e
maestro, mi illumini d’immenso”:
Del grande impero editoriale costruito dal
padre, Cristina traccia la storia fin dall’inizio
riuscendo nell’intento di riunire insieme il
racconto di una saga familiare con la narrazione delle vicende editoriali dell’azienda di
famiglia, creata su dal niente, con sudore,
sacrifici e quello spirito d’avventura proprio di
uomini d’atri tempi. Ne deriva un libro ricco di
ORDINE
4
2004
Mondadori editori,
un romanzo di famiglia
emozioni e molto bello e bene hanno fatto i
familiari e gli amici di Cristina Formenton
Mondadori a incoraggiarla a raccontare le
memorie di famiglia. “ Un gesto d’amore verso
l’editoria” ha detto Ferruccio de Bortoli, che ha
coordinato la presentazione, ricostruendo i
rapporti di grande amicizia tra Mondadori e il
conte Valentino Bompiani, per un po’ segretario generale della Mondadori e poi editore
indipendente. “Un’amicizia tra concorrenti che
la dice lunga su uno stile imprenditoriale e di
concepire una sana competizione all’insegna
dell’eleganza e del rispetto”.
Educazione ai valori
della vita e dell’impresa
Già, uno stile che contraddistinguerà la
Mondadori fin dagli esordi. Siamo negli anni
Venti e Arnoldo è alle prime armi editoriali ed
editori ben più consolidati dominavano il
mercato, come Treves, che pubblicava D’Annunzio, Deledda, Borghese. Arnoldo, racconta Cristina, “ fu cauto e rispettoso, proponendo, per esempio, a molti di loro di pubblicare
con lui le opere minori e continuando a dare
a Treves le opere maggiori”. L’autrice ci
racconta della frequentazione dei genitori dei
salotti letterati di Margherita Sarfatti e di Ada
Negri, frequentati da Mussolini e Martinetti.
Il libro dedicato a mamma Andreina inizia
con il capitolo quattro generazioni fa. “Per
parlare di mio padre, sorridente, solare, che
quando poteva, sdrammatizzava, dovrei
parlare della sua infanzia povera e del suo
primo lavoro di garzone di una drogheria
della borgata Naviglio, vicino a Ostiglia, nella
Bassa mantovana. Quattro generazioni
fa…”.
Le radici contadine e la zia Thea, uno dei
pilastri affettivi della famiglia protagonista
con altre donne delle prime lotte di rivendicazione dopo la fine della Grande guerra, in
linea con le idee socialiste della famiglia
Mondadori. Grazie alle candele comperate
da mamma Gilda, Arnoldo, nonostante la
povertà, riuscì a leggere molto fino a tarda
sera: “Lo faceva ogni volta che poteva, quando andava a rinchiudersi nella biblioteca di
un conte presso il quale andava a fare dei
lavoretti, dopo la scuola”.
Una narrazione profonda, “fili di di una memoria che è nel contempo storia del paese e della
cultura italiana”, ha ricordato Carla Vanni, direttrice di Grazia, nonché amica di famiglia da
lungo tempo, “una storia che è nel contempo
scrigno di memorie e segno di speranza di un
ritorno di un’eleganza non formale nella cultura italiana”. Insieme a Carla Vanni gli amici
Piero Ostellino e il cugino Mario Monicelli che
ha ricordato come dietro questa dinastia
imprenditoriale lombarda ci fosse “un’educazione sentimentale” cardine di una visione
della vita e dell’impresa. “L’azienda, l’azienda,
mio padre non parlava che dell’azienda: da
bambina pensavo che fosse una persona di
famiglia, tanto era importante”, ricorda Cristina
Mondadori che scrive: “ Essendo io la piccola
di casa, avevo con lui un legame speciale, al
quale i miei fratelli guardavano increduli. Solo
a me piccolissima, per esempio, era concesso
di entrare nel suo studio…Papà telefonava,
scriveva, leggeva dattiloscritti e io, là sotto,
rimanevo a guardarlo estasiata. Ogni tanto,
invece, mi piaceva sedere sui braccioli della
sua poltrona e pettinarlo. Lo chiamavo Pippo e
lui ne rideva da matti”.
Dal volume
di Cristina:
“io, il papà
e il bastone
del
Presidente”
e
“una delle
ultime foto
insieme
di papà con
la mamma”.
Ricordi, delicatezze dell’anima e dello spirito.
“ I Monicelli – il regista Mario e i suoi fratelli
Franco, Mino e Furio, che buttò alle ortiche
la tonaca di gesuita – sono cugini da parte di
mia madre Andreina. La quale pur nata in
una famiglia anticonformista, mi ammaestrava col precetto che le donne colte rendono
gli uomini infelici”.
Ma poi aggiunge in un altro capitolo: “Credeva fermamente che una donna si realizza nel
matrimonio. La mamma diceva che per
sposarsi non c’era bisogno di provare chi sa
quali sentimenti… L’amore viene dopo –
ripeteva sempre. Ricordatevi, ci diceva
pensando a se stessa, che dietro a ogni
grande uomo c’è sempre una grande donna”
Cristina con una prosa vivace e compassata, senza mai eccedere nell’oleografia,
racconta anche i momenti di tensione, i vari
divorzi dei suoi fratelli e dei suoi parenti, i
rapporti con i fratelli Giorgio e Alberto, la
“faida” interna scoppiata tra lei, la sorella
Mimma e il di lei figlio Leonardo, prima
dell’avvento di Berlusconi nell’azienda di
famiglia.
Ricche di aneddoti le pagine in cui descrive i
due fratelli più grandi Giorgio e Alberto: “Se
per mio padre ho avuto un grande e infinito
amore, per mio fratello ho nutrito una vera e
propria venerazione. Alberto fu il meraviglioso eroe della mia infanzia”. Ricordi e ancora
ricordi, come le stanze di Meina e della
dimora paterna risuonavano delle risate e
delle conversazioni di Thomas Mann, delle
sbronze notturne di Hemingway, di Quasimodo, Ungaretti, Buzzati, Soldati, Palazzeschi, i
Bellonci. Un universo di letterati e geni che
viaggiavano per casa, come parenti e familiari, amici di sempre. Ecco allora l’anno in
cui il vate D’Annunzio entrò nella scuderia
Mondadori, dal poeta ribattezzato “Montedoro”: termine che si riferiva nella fantasia dell’ “Immaginifico” alla montagna d’oro con cui
l’editore doveva ricoprirlo.
All’insegna dell’eleganza
e del rispetto intellettuale
L’aneddotica dannunziana rivelata da Cristina Mondadori è ricca e divertente come
quella sui successi della Sarfatti con la
biografia di Mussolini, “Dux”, e gli altri appuntamenti editoriali della casa editrice, soprattutto quando entrò a far parte della scuderia
Luigi Pirandello, Nobel nel ‘34, poi seguito da
Bontempelli, Bacchelli e Vergani. E ancora le
tappe degli Oscar, dei Gialli, la nascita di
Urania, la popolare collana di fantascienza
fondata dal fratello Alberto, la fondazione di
collane e giornali, il rapporto con i direttori e i
giornalisti, sempre all’insegna dell’eleganza,
del rispetto intellettuale che spesso si trasformava in adorazione della mente e dello stile
dell’autore.”
Un’Italia alla quale bisognerebbe tornare a
guardare per prendere esempio con orgoglio” ha ricordato il regista Mario Monicelli.
C’e poi il capitolo su quella che passò alle
cronache come la “Guerra di Segrate”, tra
De Benedetti e Caracciolo da una parte e
Berlusconi e Leonardo Mondadori dall’altra,
conclusasi nel 1991, con la cessione dell’azienda al Cavaliere. Epoche che passano,
personaggi che vanno e che vengono e l’Italia che cambia, ma Arnoldo è ancora lì a
ricordare che cosa significa fare i grandi
editori con stile.
25 (29)
A CENT’ANNI DALLA NASCITA
M E M O R I A
«Lan», la passione
per il cinema e per la politica.
Quarant’anni
al Corriere della Sera
da cronista a capo redattore.
Fra i primi autori italiani di gialli
Arturo
Lanocita
di Renata Broggini
Infine, ecco la rete. Nell’ombra, vidi come una parete, alta un
paio di metri. Scavato nella parete era un sottopassaggio, in
cui non si poteva entrare che uno per volta, e a testa bassa:
fummo spinti là dentro, sentii che si guazzava nell’acqua,
non vidi più nulla. Qualcuno davanti a me imprecava: «Non
c’è il buco, il buco non c’è» diceva; era l’uomo grasso che
s’era appena unito a noi. E la donna che lo accompagnava:
«È cieco, perché hanno fatto passare lui per primo? Non ci
vede, è cieco!»
Cercai allora, di spingermi innanzi, urtai e pestai gambe e
piedi, spinsi lo schermo metallico che era davanti a me e
all’uomo grasso: era la rete, occorreva premere e la si spostava tanto quanto bastava perché, uno alla volta, si passasse
dall’altra parte. Mi districai dal viluppo di braccia e di gambe,
premetti la rete metallica, uscii dalla parte opposta, porsi la
mano al cieco, aiutai anche lui a venirne fuori; e fu un affaraccio, grasso com’era. In quel momento, il raggio di una lampadina si piantò contro di noi: mi volsi, vidi la canna di un fucile.
Una voce secca, gutturale, ordinò. – Alt!
Amava i romanzi gialli, Arturo Lanocita. Ne
ha anche scritti. Ma questa non è la pagina
di un giallo. È quella di un suo libro di memorie, Croce a sinistra. Scrive di quando nell’autunno 1943 fugge in Svizzera inseguito dai
mandati di cattura dei fascisti e dei tedeschi:
«Antifascista. Monarchico», l’ha risposto
chiaro a chi gli ha chiesto di aderire alla
repubblica di Salò. Scrive di quando, in salvo,
è finito con altri profughi al «castello di
Unterwalden» e nella «tetra foresta di Plenterplaz». Sembra davvero un «noir», invece
è vita vissuta. Un intermezzo di avventura in
una biografia senza grandi colpi di scena.
Studente, a 18 anni
entra all’ “Ambrosiano”
Calabrese, nato cent’anni fa il 4 giugno 1904
a Limbadi, Arturo Lanocita emigra a Milano
e a diciott’anni, ancora studente, entra
all’Ambrosiano, il quotidiano del pomeriggio
di Umberto Notari e Gastone Gorrieri, appena fondato con un orientamento «filofascista», dove si formano diverse firme della
carta stampata. Dopo il praticantato, dal
1923 al 1930 per alcuni mesi è reporter, poi
redattore di cronaca bianca e di terza pagina: si occupa anche di critica teatrale,
formandosi il gusto per la critica, il cinema e
il mondo dello spettacolo. Articolista di
varietà, critico letterario, tiene anche la rubrica Libri del giorno. Sono di quel periodo i libri
Attrici e attori in pigiama (1926) e Scrittori
del nostro tempo (1928), Quaranta milioni
(1930), interviste con attori e scrittori.
Dopo sette anni all’Ambrosiano, quando la
testata passa sotto la gestione di Arnaldo
Mussolini – fratello minore del «duce» –,
Lanocita si trasferisce per un breve periodo
alla Stampa, diretta da Curzio Malaparte.
Ma, subito dopo, su segnalazione di Renato
Simoni entra al Corriere della Sera: dal 1930
al 1969, al Corriere resta per quasi
quarant’anni. Redattore, dal 1933 capocronista, è il più giovane dei venticinque cronisti
che organizza e dirige per un decennio,
anche se – si è scritto – «tutti, reporter
compreso, hanno più esperienza di lui». La
cronaca del Corriere conosce innovazioni
«rivoluzionarie», e vi appaiono fra l’altro le
prime foto. È allora che Lanocita, come
26 (30)
«vice» di Filippo Sacchi, inizia a occuparsi di
critica cinematografica e politica. Sono gli
anni della notorietà, come «giallista»: con
Alessandro Varaldo e Alessandro De Stefani
è fra i primi autori dei polizieschi della collana Gialli Mondadori, con Quella maledettissima sera (1939) e Salvateli dalla ghigliottina (1943).
Una carriera, sino a questo momento, priva
di scossoni: l’avventura comincia il 25 luglio
1943. Caduto il regime, sparito Mussolini
dalla scena, Lanocita – vicino al Partito
d’azione – si impegna nel giornalismo antifascista militante. È presente con altri protagonisti di quelle giornate all’estromissione del
direttore in carica, Aldo Borelli, e alla sostituzione con Filippo Sacchi e poi con Ettore
Janni. Metterà a verbale, espatriato in Svizzera: «Esplicavo da vari mesi un’attività
nettamente antifascista collaborando a giornali clandestini (L’Italia Libera). Dal 27.7.43,
feci pubblicare dai miei cronisti nel Corriere
della Sera articoli contro gli abusi delle Organizzazioni del regime fascista». Fin dal 1942
del resto aveva disertato le riunioni al gruppo rionale fascista «Oberdan» e le adunate
«spontanee», non s’era messo l’uniforme
nera di prammatica (l’«orbace») né ostentato all’occhiello il distintivo del Partito fascista
(la «cimice»). Poi, arriva l’8 settembre. I tedeschi occupano Milano, i fascisti tornano. Fare
il Corriere, perlomeno quello libero, diventa
impresa impossibile. Scrive:
Fu il Corriere di quel settembre, un giornale distratto, svogliato, messo assieme con dispettosa malavoglia. Obbedendo
all’ingiunzione ed eludendo le raccomandazioni, sì da mostrar
chiaro che ci si acconciava solo all’imperio, quando altrimenti
non si poteva, il giornale procedeva con l’entusiasmo del
condannato sospinto dalla canna d’una rivoltella puntata alla
schiena, ma doveva venire il tempo in cui si sarebbe chiesta
al Corriere una partecipazione a quella danza dei fantasmi
che, sotto il segno della svàstica tedesca, i mussoliniani incancreniti stavano preparando… Il sistema più ovvio, diciamo più
legale, era per me quello di provocare, da parte del Corriere
della Sera, di cui ero il capo cronista, un licenziamento che
implicasse anche la liquidazione.
Quando, nei primi mesi di ottobre, fu nominato un direttore
fascista, Ermanno Amicucci, e un vice direttore squadrista,
Ugo Manunta, e si vide che il giornale, irreparabilmente,
stava per gonfiare le gote ed intonare gli inni marziali tedesco-fascisti, abbandonando la glaciale obiettività dei giorni
precedenti, io mi presentai ai due turiferari ufficiali, poche
ore dopo il loro arrivo in redazione, chiedendo di essere
licenziato. – Perché – Perché non sono dei vostri. – Antifascista? Monarchico? – Appunto. Antifascista. Monarchico… «Vedrete – mi si disse, naturalmente nel rigido ossequio del
voi di prescrizione – vedrete che nonostante tutto, ci si intenderà, e lavoreremo assieme da buoni camerati».
Invece, inseguito da due mandati di cattura,
l’uno italiano e l’altro tedesco, da Milano
raggiunge Luino sul lago Maggiore e si
nasconde a casa della madre, Teresa Bisogni. «Sulla scorta di informazioni ricevute da
contrabbandieri» si dirige poi a Valdomino e
da lì a Cremenaga» e il 29 novembre passa
il confine in località Fornasette e si rifugia in
Svizzera, dove viene accolto come «rifugiato
politico» dopo che la polizia elvetica ha
messo a verbale: «Il segretario del neo-costituito Partito fascista repubblicano, Pavolini,
ordinava telegraficamente al Prefetto di Milano la mia cattura».
“Alt, Guardia svizzera”
“Abbasso Mussolini!”
Certo, l’entrata non era stata priva di suspence – come avrebbe poi raccontato in Croce
a sinistra. Torniamo allora a quel momento, e
a quella «voce secca, gutturale» che gli ordina: «Alt!»:
«Ci siamo, Arturo», pensai. La pronuncia era dura, nessun
dubbio, una pronuncia tedesca. «Siamo caduti, certo, nelle
mani dei tedeschi». Passò qualche secondo; tutti fermi e in
silenzio. Infine la vice si udì ancora: – Guardia svizzera –
disse. Ribattei, tornato calmo, qualcosa che certo l’altro non
si aspettava.
E neanch’io m’aspettavo che mi venisse fatto di replicare a
quel modo: chissà, poi, da qual gioco del subcosciente le
due parole mi furono suggerite. Stupide parole, in quel
momento e niente affatto eroiche. – Abbasso Mussolini –
risposi. E mi feci incontro a quel raggio di luce, che era la
Svizzera, la libertà.
Accompagnato al posto guardie svizzere,
trasferito come di norma alla centrale di
raccolta di Bellinzona, smistato lì presso, al
campo «Francesco Soave», passa la
«quarantena» al «castello di Unterwalden»
– un vecchio maniero che domina la città
–, campo per soli uomini dove si trova a
convivere con altri rifugiati, tra i quali molti
ebrei: «l’isolamento più vero e desolato»,
scrive, «è quello di chi vive nella moltitudine».
Poi inizia la trafila del «rifugiato Lanocita»,
nella norma dei profughi senza mezzi e
senza conoscenze, destinati in campi di
internamento con gente di tutta Europa.
La vita da rifugiato
tra sgomento e disciplina
Il suo si chiama Plenterplatz, un insieme di
baracche nella foresta nei dintorni di Zurigo,
dove arriva nel gennaio 1944.
Mesi difficili: lo «sgomento» dell’arrivo al
campo, la puntigliosa «disciplina militare», la
marcia quindicinale alla città a fare la doccia
inquadrati «tre per tre agli ordini dei militari
in armi», le disposizioni ossessive – piegare
la coperta militare con rigorosa uniformità,
«croce a sinistra» – il titolo del libro, pubblicato nel 1946 dall’editore milanese Enrico
dall’Oglio che condivide con lui quell’inverno
di convivenze forzate. E che, previdente, poi
si assicura vari resoconti d’internamento di
italiani (il Diario di un deputato di Luigi
Gasparotto, ad esempio).
L’isolamento è totale salvo i contatti con i suoi
direttori del periodo badogliano, Sacchi e
Janni esuli a Locarno: «Le loro prime lettere,
solidali e fraterne, m’hanno dato profonda
gioia: dunque, non sono solo, in esilio, non
sono solo. Qualcuno, dal Ticino, mi dice
“soffriamo con te, facciamoci coraggio e
avanti”; e si tratta di qualcuno che appartiene alla mia stessa casa di via Solferino, la
casa del Corriere in cui ho vissuto tanta
parte della mia vita».
Con l’appoggio di Janni, l’internamento ha
fine:
ORDINE
4
2004
Qui sopra, Arturo Lanocita con Jean Renoir (inverno 1951-52); nella pagina accanto con Ferruccio Lanfranchi
(a sinistra). Presidente dell’Associazione lombarda dei giornalisti, riceve l’Ambrogino d’oro dal sindaco di Milano,
Aldo Aniasi (1970). Qui a destra, Arturo Lanocita assieme a Gina Lollobrigida nel 1954.
Il giornalismo come
un romanzo giallo
Da stamane la lettera di Ettore Janni, m’ha offerto uno spiraglio di luce. Dopo aver tentato, senza fortuna – e senza ch’io
glielo avessi chiesto, qui è il suo maggior merito – questa e
quella via, per ottenere la mia liberazione, ora ha trovato,
come mi scrive, la «via regia». Un professionista di Locarno,
l’avvocato Camillo Beretta – uomo politico noto nel Ticino,
consigliere cantonale e presidente dell’Associazione per il
costruendo canale Locarno-Venezia; si tratta di un provato
amico della vera Italia e dei migliori Italiani, che ha già aiutato in cento modi i rifugiati – ha accettato di ospitarmi presso
di sé. Dunque, il prodigio è avvenuto. Andrò a vivere in una
casa dove si respira aria italiana: la casa di un uomo, mi si
dice, dove i profughi del mio Paese hanno accoglienza affettuosa e proprio perché sono profughi; e ansiosi di libertà.
Aprile 1944, Lanocita è a Locarno e ci resta
tutta l’estate con grande sollievo. Ma in
autunno, dopo i fatti dell’Ossola, il Locarnese si riempie di centinaia di nuovi profughi e
l’ospitalità in privato si fa precaria. Il giornalista dovrebbe rientrare in campo. Gli amici si
interessano e, colpo di scena, compare un
«fantasma» del Corriere: Eugenio Balzan,
vecchio amministratore dei tempi di Albertini, che dal 1933 vive isolato in un albergo di
Zurigo.
«Sono Lanocita», si appella, «che Lei assunse al Corriere contro il parere di Borelli, nel
1930, per suggerimento di Simoni… ho
sempre tenuto buona e grata memoria di
quel Suo gesto di fiducia… Può Lei, che ha
aiutato tanto i rifugiati, e specie quelli del
Corriere, prestarmi, dal 1° ottobre, la somma
di 200 franchi al mese, per un massimo di
cinque mesi…?». Il periodo più duro dell’inverno: «Nella stagione fredda, con le
membra aggranchite dall’artrite, significherebbe compromettere gravemente, per l’avvenire, la mia salute». Puntuale, da Zurigo
gli arriva l’assegno mensile. «Con questo
prestito lei mi restituisce la fierezza d’essere
un uomo, padrone di sé e del suo destino.
Saprò ricordare… Appena potrò, pagherò il
mio debito in denaro. Il debito morale non lo
pagherò mai, se non con la devozione».
Un romanzo in 105 puntate
sulla Rivoluzione francese
Per arrotondare il soccorso, alla prima occasione riesce a riprendere l’attività di giornalista: a Locarno prepara una «guida sentimentale della città» e sotto lo pseudonimo «Arturo Marlengo» avvia una serie sul settimanale Illustrazione Ticinese, diretto dell’artista
Aldo Patocchi. Pieni di humor e di trovate, I
racconti del sorriso e I racconti dell’incubo
sono seguiti e «Marlengo»-Lanocita si
conquista un pubblico. Con lo stesso pseudonimo pubblica in appendice al Corriere del
Ticino un romanzo sulla Rivoluzione francese, Voglio vivere ancora, 105 puntate dall’agosto 1944 al gennaio 1945.
Dal settembre 1944 collabora a Libertà!, il
foglio dei democristiani milanesi in esilio, non
quale «cattolico», qualifica che Lanocita non
accetta del tutto, perché liberale, ma – mi
aveva detto in un colloquio negli anni ‘70,
quando preparavo il libro I rifugiati italiani in
Svizzera e il foglio Libertà!. Antologia di scritti 1944-1945 - come amico del redattore
Ferruccio Lanfranchi, collega di Corriere,
anche lui rifugiato in Svizzera. È l’occasione
ORDINE
4
2004
per riprendere contatto con la politica italiana attraverso gli avvenimenti e i drammi della
difficile transizione dal fascismo alla democrazia, ancora là da venire.
L’esordio è un commento su un fatto di
cronaca che turba l’inizio del processo al
questore repubblichino di Roma, Mario
Caruso: il linciaggio del direttore del carcere
«Regina Cœli», Donato Carretta, strumentalizzato a nord dalla stampa neofascista.
Raccolte in un dossier
informazioni sull’antifascismo
Interviene poi nel dibattito sulla scuola in Italia
e sulle difficoltà di riforma dell’istruzione nel
dopoguerra, questione sentita in modo particolare in quanto figlio di un insegnante. Attira
così l’attenzione delle autorità ticinesi che
sollecitano informazioni sull’occupazione
tedesca e sull’antifascismo a Milano, raccolte
nel suo dossier a Bellinzona:
Il giornale clandestino più diffuso è l’Avanti! che ha raggiunto
la tiratura di 50.000 copie. Uno degli uomini che curava la
stampa dell’Avanti! è Aldo Rapetti. Con lo stesso il Lanocita
ha parlato due giorni prima di partire da Milano, 10 o 11
novembre, il quale ebbe a riferirgli che la diffusione dell’Avanti!
aveva finito per costituire un pericolo perché andava a finire
nelle mani di elementi infidi che mostravano tali copie alla
questura. Moltissimi redattori e stampatori dell’Avanti! vennero
arrestati. Altro giornale clandestino è L’Italia libera, organo del
partito dello stesso nome al quale il Lanocita ha collaborato.
Redattori che il Lanocita conosce sono: Indro Montanelli,
Giulio Alonzi, Deluca, e un certo tempo ha collaborato Damiano Andrea. Ha collaborato con L’Italia libera col periodo postbadogliano, dopo l’8 settembre. Capo morale del movimento
Italia libera era Borsa Mario. Il giornale L’Italia libera si componeva nella tipografia del Corriere della Sera per l’opera di un
limitatissimo numero di tipografi antifascisti che facevano capo
al proto Ghisalberti il quale riceveva i manoscritti dalla redazione per tramite del Lanocita.
Rimane a Locarno sino alla Liberazione, poi
– giunta notizia dell’insurrezione di Milano
(25 aprile 1945) – fa domanda di rimpatrio
immediato:
Il sottoscritto, Lanocita Arturo, 1904, rifugiato politico italiano,
in Svizzera dal novembre 1943 e liberato dal febbraio 1944
presso l’avv. Camillo Beretta in Locarno, chiede il permesso
di rientrare in Italia, nella zona ora libera, attraverso il posto
di confine di Dirinella, per ricongiungersi alla famiglia, che si
trova a Luino. Se il passaggio per tale posto non è possibile,
chiede di transitare per la via di Brissago. L’urgenza del suo
ritorno in Patria, sollecitato dall’Italia, è in rapporto con le
funzioni del sottoscritto, giornalista professionista, chiamato
a riprendere al più presto il suo posto di lavoro al Corriere
della Sera. Grato alla Svizzera per l’asilo generoso accordatogli, che non dimenticherà, ossequia.
Rientra dalla frontiera di Brissago e torna a
Milano, al Corriere, vice redattore capo fino
al 1950. Gli è affidato il Corriere d’Informazione, che porta a una tiratura mai più
raggiunta: «Un uomo meticoloso, capace
d’irritarsi di fronte allo scarso impegno di
alcuni colleghi», sottolinea Giulio Nascimbeni. Risale a questo periodo il romanzo Il
ragazzo che doveva mentire (1949). Cessato
il Corriere d’Informazione nel 1950, torna al
Corriere dove riprende il suo «mestiere»
congeniale di critico cinematografico.
Si tratta, va ricordato, dell’epoca pre-televisiva, in cui il cinema è uno dei pochi luoghi di
intrattenimento di massa. Quando pubblica
Cinema, fabbrica dei sogni (1950) centra lo
spirito del periodo dei «telefoni bianchi»; il
Neorealismo invece non lo tocca, se definisce «deprimente, rissoso e falso» La terra
trema di Luchino Visconti (1948). «Per rendere il giusto omaggio all’itinerario critico di
Lanocita», ha scritto in proposito Tullio Kezich, bisogna appunto ritrovarsi «dalle parti di
una serena comprensione della realtà»:
Quando avevo vent’anni odiavo Arturo Lanocita. Prima di
tutto perché era il critico del Corriere della Sera, un giornale
che consideravo la quintessenza del «quotidianismo di
papà»; tanto che non avrei mai pensato di diventare quello
che sono, cioè il Lanocita degli anni ‘90… Certo le sue recensioni «americane» non rispecchiano il palpito del nostro
americanismo immaginario di allora; e certo i pezzi sui film
italiani li scrive dalle retrovie, ben lontano dalle nostre postazioni di trincea.
«Se le sue cronache venissero raccolte… si
misurerebbe l’incidenza che la critica militante esercitata da scrittori vivaci e garbati sul
maggiore quotidiano italiano ha avuto sulla
formazione del gusto del pubblico, come l’ha
indirizzato verso il piacere dell’immaginario
salvando le ragioni del buon gusto e dell’impertinenza sfavillante», ha scritto Giovanni
Grazzini, che aveva valorizzato questa
abilità: «L’arguzia sua crea l’arguzia degli
altri», aveva notato già nel 1926 Vera Vergani per Attori e attrici in pigiama.
Nel 1963 è presidente
della Mostra di Venezia
Lanocita difatti nel 1962 diventa redattore
capo del Corriere e inizia a seguire i maggiori festival – è presidente della giuria della
Mostra di Venezia nel 1963 –; e Grazzini, che
dirige la collana «Chi è?-Gente famosa» di
Longanesi, gli affida il lancio con Sofia Loren
(1966), recensito da Montanelli sul Corriere.
Profilo che per Grazzini «sposava le notizie
alla valutazione critica con grande equilibrio,
e nel quale si potevano cogliere le virtù di
uno stile che, per immediatezza e per brio,
ha avuto soltanto imitatori».
Nel 1966 Lanocita riceve il premio giornalistico «Lancillotto d’oro», è eletto nel 1968
presidente dell’Associazione lombarda dei
giornalisti e rieletto nel 1970. In pensione dal
1969, tiene la critica televisiva sul Giornale
nuovo e collabora alla Grande storia illustrata - Il Cinema della De Agostini. Arturo Lanocita muore a Milano il 23 aprile 1983. Con lui,
scrive Giulio Nascimbeni, se ne va una figura «caratteristica» di via Solferino:
Chi lavora da molti anni al Corriere ed ha ben presente l’esile
figura di Lanocita che attraversa i corridoi tenendo in mano
fasci di bozze, riascolta adesso nella memoria appunto il suo
«caro urlare». Come tutte le persone miti ma rigorose, dedite
agli impegni della professione con una passione quasi maniacale, Lanocita aveva ogni tanto queste accensioni che mettevano, specialmente nei redattori da poco assunti, un senso
d’imbarazzo e di timore. Non era un iroso, un collerico, nel
senso che si è soliti dare a queste parole. Il «caro urlare» aveva
sempre delle precise motivazioni: una bozza mal corretta, una
data inesatta, un termine straniero scritto in modo sbagliato,
tutto ciò, insomma, che lasciava trasparire faciloneria e scarso
impegno. Le rabbie erano brevi. Dietro gli occhiali cerchiati
d’oro, rispuntava il solito sguardo attento e comprensivo.
Cinema ‘50. Pagine scelte di un critico militante, l’antologia attesa da Grazzini, esce a
cura di Andrea Napoli nel 1991, omaggio
postumo – titola la recensione di Kezich – a
un «critico burbero e coscienzioso».
■
27 (31)
Il tariffario per il 2004
approvato dal Consiglio nazionale
TARIFFARIO 2004 COMPENSI MINIMI PER LE PRESTAZIONI PROFESSIONALI GIORNALISTICHE NEI QUOTIDIANI, NEI PERIODICI,
ANCHE TELEMATICI, NELLE AGENZIE, NELLE EMITTENTI RADIOTELEVISIVE E NEGLI UFFICI STAMPA
(Consiglio Nazionale – Riunione del 16, 17 e 18 Febbraio 2004). Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti nella seduta del 16, 17 e 18
Febbraio 2004 visti gli artt. 2, 11 e 35 della legge 3.2.1963 n.69; visto l’art.20 ter lettera a) del D.P.R. 3.5.1972 n. 212; visti gli artt. 2230, 2231
e 2233 del codice civile
DELIBERA
È approvata la seguente tabella dei compensi minimi inderogabili, al netto delle contribuzioni previdenziali, per le prestazioni professionali
autonome dei giornalisti (locatio operis) non regolate dal contratto collettivo di lavoro perché non comportanti subordinazione anche se costituenti cessioni di diritto d’autore.
Titolo I
Notizie articoli e servizi
A) Quotidiani e periodici a diffusione nazionale con tiratura oltre
250.000 copie - Agenzie di stampa a diffusione nazionale Periodici stranieri - Emittenti radiotelevisive a diffusione nazionale e network
1) Notizia
€
30,00
2) Articolo
€
162,00
3) Servizio
€
323,00
B) Quotidiani e periodici a diffusione nazionale con tiratura fino a
250.000 copie
1) Notizia
€
27,00
2) Articolo
€
150,00
3) Servizio
€
300,00
C) Quotidiani e periodici a diffusione regionale o locale con tiratura
oltre 40.000 copie - Agenzie di stampa a diffusione regionale o
locale - Emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale,
con potenziale bacino di utenza superiore a 400.000 destinatari
1) Notizia
€
26,00
2) Articolo
€
139,00
3) Servizio
€
202,00
D) Quotidiani a diffusione regionale o locale, con tiratura fino a
40.000 copie - Periodici a diffusione regionale o locale con tiratura da 10.000 a 40.000 copie - Emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale con potenziale bacino di utenza da
100.000 fino a 400.000 destinatari
1) Notizia
€
25,00
2) Articolo
€
87,00
3) Servizio
€
116,00
E) Periodici a diffusione regionale o locale con tiratura fino a 10.000
copie - Emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale
con potenziale bacino di utenza fino a 100.000 destinatari
1) Notizia
€
23,00
2) Articolo
€
57,00
3) Servizio
€
87,00
F) Quotidiani e periodici telematici e agenzie collegati a quotidiani,
periodici e agenzie a diffusione nazionale o con visite mensili
superiori a 150.000
1) Notizia
€
25,00
2) Articolo
€
87,00
G) Quotidiani e periodici telematici e agenzie collegati con visite
mensili inferiori a 150.000
1) Notizia
€
23,00
2) Articolo
€
57,00
Titolo II
Collaborazioni coordinate e continuative
Quotidiani e periodici, anche telematici, agenzie di stampa, emittenti radiotelevisive e network (su base annuale da corrispondere per
frazioni mensili)
1) Per almeno 2 collaborazioni al mese
€ 1.995,00
2) Per almeno 4 collaborazioni al mese
€ 3.991,00
3) Per almeno 8 collaborazioni al mese
€ 7.978,00
4) Per almeno 14 collaborazioni al mese
€ 10.773,00
Titolo III
Servizi fotogiornalistici
A) Quotidiani e periodici a diffusione nazionale con tiratura oltre
250.000 copie - Periodici stranieri - Emittenti radiotelevisive a
diffusione nazionale e network
1) Fotografia singola bianco e nero
€
128,00
2) Fotografia singola colore
€
144,00
3) Foto in copertina bianco e nero
€
403,00
4) Foto in copertina colore
€
433,00
5) Ripubblicazione
€
95,00
B) Quotidiani e periodici a diffusione nazionale con tiratura fino a
250.000 copie
1) Fotografia singola bianco e nero
€
116,00
2) Fotografia singola colore
€
128,00
3) Foto in copertina bianco e nero
€
334,00
4) Foto in copertina colore
€
376,00
5) Ripubblicazione
€
81,00
Titolo VIII - Norme
per l’applicazione del tariffario
A) Il presente tariffario indica cifre minime, al lordo
delle ritenute fiscali di legge, al di sotto delle quali
l’Ordine dei Giornalisti ritiene che non sia possibile andare, stabilendo in tal caso la incongruità del
compenso. Tuttavia la determinazione dell’effettivo
ammontare dei corrispettivi deve tenere conto
della qualità del committente, dei compiti in
concreto demandati al giornalista, dell’impegno
necessario del tempo richiesto.
B) Le spese sostenute dal collaboratore e direttamente inerenti le prestazioni sono rimborsate a piè
di lista, su presentazione di idonea documentazione, salvo patto contrario scritto.
C) I compensi di cui sopra sono dovuti anche in
caso di mancata pubblicazione del materiale giornalistico commissionato oppure inviato nel quadro
della collaborazione concordata, a meno che il
materiale stesso non venga tempestivamente restituito all’autore con espressa motivazione entro tre
giorni per quotidiani, agenzie di stampa, settimanali
e bisettimanali, ed entro dieci giorni per i mensili.
28 (32)
C) Quotidiani e periodici a diffusione regionale o locale con tiratura
oltre 40.000 copie - Emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale con potenziale bacino di utenza superiore a 400.000
destinatari
1) Fotografia singola bianco e nero
€
87,00
2) Fotografia singola colore
€
102,00
3) Foto in copertina bianco e nero
€
116,00
4) Foto in copertina colore
€
144,00
5) Ripubblicazione
€
49,00
D) Quotidiani a diffusione regionale o locale con tiratura fino a
40.000 copie - Periodici a diffusione regionale o locale con
tiratura da 10.000 a 40.000 copie
Emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale con
potenziale bacino di utenza da 100.000 fino a 400.000 destinatari
1) Fotografia singola bianco e nero
€
75,00
2) Fotografia singola colore
€
86,00
3) Foto in copertina bianco e nero
€
104,00
4) Foto in copertina colore
€
116,00
5) Ripubblicazione
€
35,00
E) Periodici a diffusione regionale o locale con tiratura fino a
10.000 - Emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o
locale con potenziale bacino di utenza fino a 100.000 destinatari
1) Fotografia singola bianco e nero
€
46,00
2) Fotografia singola colore
€
57,00
3) Foto in copertina bianco e nero
€
69,00
4) Foto in copertina colore
€
87,00
5) Ripubblicazione
€
22,00
F) Quotidiani e periodici telematici con visite mensili superiore a
150.000
1) Fotografia singola bianco e nero
€
116,00
2) Fotografia singola colore
€
128,00
3) Foto in copertina bianco e nero
€
334,00
4) Foto in copertina colore
€
376,00
5) Ripubblicazione
€
81,00
G) Quotidiani e periodici telematici con visite mensili inferiori a
150.000
1) Fotografia singola bianco e nero
€
87,00
2) Fotografia singola colore
€
102,00
3) Foto in copertina bianco e nero
€
116,00
4) Foto in copertina colore
€
144,00
5) Ripubblicazione
€
49,00
NOTA I - I compensi indicati si riferiscono a servizi giornalistici
completi di tutte le indicazioni essenziali per la corretta pubblicazione
in rapporto alla identità dei personaggi che appaiono nelle immagini,
al luogo, alla data e ad una cronaca giornalistica dell’avvenimento
cui le fotografie si riferiscono, escluso naturalmente l’eventuale testo,
che va compensato a parte.
NOTA II - Tutti i compensi si riferiscono a fotografia singola e, quando
il servizio comprende più fotografie diverse fra loro, il minimale di
cessione si intende triplicato.
Titolo IV
Servizi cine-videogiornalistici
A) Emittenti radiotelevisive a diffusione nazionale e network
Servizio non superiore a 180”
€ 1.258,00
B) Emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale
Servizio non superiore a 180”
€
747,00
C) Attività cinevideogiornalistica di collaborazione pro-tempore
Al giorno
€
404,00
D) Collaborazioni coordinate e continuative (su base annuale da
corrispondere per frazioni mensili)
1) Per almeno 2 collaborazioni al mese
€ 1.995,00
2) Per almeno 4 collaborazioni al mese
€ 3.990,00
3) Per almeno 8 collaborazioni al mese
€ 7.978,00
4) Per almeno 14 collaborazioni al mese
€ 10.773,00
NOTA I - Il compenso indicato per la cessione e la distribuzione del
servizio si intende per una ripresa su nastro o su pellicola cinematografica realizzata con materiale tecnico proprio comprensivo di eventuale
utilizzo di personale tecnico ausiliario completo di montaggio e con indicazioni tecnico-giornalistiche necessarie per la stesura del testo.
D) Ai fini del presente tariffario si adottano le
seguenti definizioni:
a) Notizia: è una concisa informazione fornita dal
giornalista su fatti o situazioni
b) Articolo: è un testo in chiave di resoconto o di
analisi su fatti o temi diversi fino a due cartelle
da 25 righe di 60 battute l’una (esempio: politici,
economici, sociali, morali, religiosi, culturali,
sportivi, etc.)
c) Servizio: è un elaborato oltre le due cartelle più
complesso e articolato che presuppone un
approfondito lavoro di indagine o di ricerca.
E) L’applicazione delle presenti tariffe e la liquidazione del compenso sono soggette alla vigilanza
e alla disciplina del Consiglio regionale o interregionale dell’Ordine al quale il giornalista è iscritto.
F) In caso di contestazione giudiziale o extra-giudiziale, il giornalista può rivolgersi al competente
Consiglio regionale o interregionale dell’Ordine per
ottenere il parere sulla congruità del compenso, ai
sensi degli artt. 633 e 636 cpc.
G) In armonia con le norme concordate in sede di
CCNL giornalistico, modifiche ed integrazioni
sostanziali ad ogni articolo o servizio firmato devono essere apportate con il consenso dell’autore,
Roma, 18 febbraio 2004. Il
Consiglio Nazionale dell’Ordine
dei Giornalisti ha approvato il
tariffario per l’anno 2004. Su invito della commissione giuridica, lo
stesso Consiglio ha approvato
un documento in cui, a proposito
del tariffario si afferma: “Alla luce
dell’esigenza largamente avvertita dalla categoria di dare più
forza alla sua applicazione, il
CNOG impegna l’Esecutivo ad
un'opera di sensibilizzazione su
vari fronti e di supporto legale ai
colleghi che lo necessitano. In
particolare il Cnog invita gli Ordini regionali a mettersi in contatto
con direttori ed editori dei vari
mass media affinché siano
sensibilizzati sull’esigenza di
applicare il Tariffario specialmente in considerazione del fato che
le varie testate utilizzano largamente il lavoro professionale
libero.
A sua volta l’Esecutivo prenderà
contato con la Fieg e affronterà
la materia con i competenti uffici
del Ministero di Grazie Giustizia
nel contesto della riforma degli
ordini professionali. Il Consiglio
nazionale dell’Ordine appronterà
un manuale di informazione giuridica ai fini dell’assistenza legale,
che verrà accluso al Tariffario
dell’anno in corso”.
NOTA II - Tutto il materiale videocinematografico girato per la realizzazione del servizio e non utilizzato rimane di proprietà dell’autore.
NOTA III - Il servizio ceduto rimane in esclusiva dell’emittente per 48
ore se utilizzato per un telegiornale quotidiano, per 15 giorni se invece utilizzato per rubriche o speciali settimanali.
NOTA IV - Nel caso di servizio di durata superiore a 180’’ o di esclusiva, il prezzo di cessione è lasciato alla libera contrattazione e
comunque superiore a quanto stabilito nelle lettere A) e B).
NOTA V - La tariffa indicata alla lettera C) è intesa per l’utilizzo di
una collaborazione di carattere esclusivamente professionale con
supporti tecnici messi a disposizione dal richiedente.
Titolo V
Prestazioni per uffici stampa
A) Prestazioni fisse continuative da addetto stampa, portavoce e
collaboratore professionale di uffici stampa pubblici e privati
senza vincolo di orario e di presenza
1) Su base annuale
€ 32.588,00
2) Su base semestrale
€ 16.294,00
Per prestazioni saltuarie i compensi sono rapportati ad ogni singola
prestazione secondo le tariffe sottoesposte
B) Organizzazione di una conferenza stampa
1) Per una manifestazione a carattere regionale
€ 4.709,00
2) Per una manifestazione a carattere nazionale € 6.870,00
C) Responsabilità di ufficio stampa per manifestazione di breve
durata con adeguato lavoro preparatorio redazionale, contatti
con la stampa, redazione comunicati, organizzazione conferenza
stampa e incontri di lavoro
1) Per manifestazione della durata sino a 5 giorni € 8.172,00
2) Per manifestazioni della durata sino a 10 giorni € 10.804,00
D) Attività giornalistica di collaborazione pro-tempore
1) Al giorno
€
403,00
E) Stesura di testi per conto di un ufficio stampa
1) Fino a due cartelle (25 righe a 60 battute l’una) €
144,00
2) Oltre le due cartelle e fino a cinque
€
232,00
Titolo VI
Impostazione grafica di pubblicazioni
quotidiane o periodiche
1) Impostazione di base della pubblicazione
A carattere nazionale
A carattere regionale o locale
2) Impostazione di una pagina
Per una pubblicazione a carattere nazionale
Per una pubblicazione a carattere regionale o locale
€
€
2.852,00
462,00
€
€
115,00
44,00
Titolo VII
Direttore responsabile che esplica in maniera
saltuaria prestazioni giornalistiche
autonome (locatio operis) non comportanti
cioè subordinazione
1) Di periodici a diffusione regionale o locale e/o specializzati
(aziendali, sindacali, associativi, di categoria o editati da enti
pubblici e privati)
a) Con tiratura oltre 400.000 copie a numero
€ 1.274,00
b) Con tiratura da 10.000 a 400.000 copie a numero €
665,00
c) Con tiratura fino a 10.000 copie a numero
€
346,00
2) Di emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale
a) Con potenziale bacino di utenza superiore
a 400.000 destinatari, al mese
€ 1.856,00
b) Con potenziale bacino di utenza da 100.000
a 400.000 destinatari, al mese
€ 1.274,00
c) Con potenziale bacino di utenza fino a 100.000
destinatari, al mese
€
849,00
3) Di quotidiani e periodici telematici e agenzie
collegati a quotidiani, periodici e agenzie
A diffusione nazionale o con visite mensili
superiori a 150.000
€
665,00
4) Di quotidiani e periodici telematici e agenzie
Con visite mensili inferiori a 150.000
€
346,00
sempre che sia reperibile. L’articolo non dovrà
comparire firmato nel caso in cui le modifiche
siano apportate senza l’assenso del giornalista.
Gli articolisti non possono cedere prima di 10 giorni articoli se inviati ai quotidiani o di 30 giorni se
inviati ai periodici senza previo consenso del direttore.
H) L’articolista può pubblicare in volume gli articoli
inviati, siano o non siano stati retribuiti, tre mesi
dopo la consegna dell’ultimo della serie, anche se
non pubblicati dal giornale al quale erano destinati. Per gli addetti ai periodici, il termine indicato nel
comma che precede è di un anno, salvo diverso
accordo scritto tra le parti.
I) L’utilizzazione della prestazione giornalistica
regolata dal tariffario è limitata ai media per i quali
la collaborazione è stata richiesta. Le eventuali
ulteriori utilizzazioni, anche parziali, nell’ambito
delle attività dello stesso editore o presso altri
editori, debbono essere autorizzate dall’autore,
concordando il relativo compenso, che per ogni
successiva utilizzazione non potrà comunque
essere inferiore al 30% del corrispettivo iniziale.
L) Il compenso di un elaborato oltre le cinque
cartelle è maggiorato del 20%.
M) Si riconosce al collaboratore inviato fuori sede
per un servizio l’indennità (il 30% del compenso
tabellare) che il contratto nazionale di lavoro
(art..7) accorda ai giornalisti chiamati occasionalmente a prestare la propria opera in funzione di
inviati.
Titolo IX
I compensi erogati sono al netto delle contribuzioni previdenziali e, pertanto, non ricomprendono il
contributo del 12%, ai sensi del D. Lgs n.103/96,
da versare alla “Gestione separata lavoro autonomo INPGI”. Detto contributo è così ripartito:
- 10% del reddito imponibile a totale carico dell’iscritto;
- 2% a titolo di contributo integrativo, a carico di
coloro (aziende, etc.) che si avvalgono dell’attività
professionale, calcolato sul reddito lordo e addebitato dall’iscritto all’azienda, con indicazione nella
relativa fattura, all’atto di ogni pagamento.
Il versamento alla gestione separata Inpgi dell’intero contributo dovuto (12%) è a carico del giornalista.
ORDINE
4
2004
“Premio Gavinelli”
per giovani giornalisti
alla terza edizione
Letizia Gonzales
nel Consiglio
del “Quartetto”
In occasione della fusione fra Società del Quartetto con i
Concerti del Quartetto per costituire un’unica istituzione
agile e snella, aperta alla vasta platea dei cittadini milanesi
(il “Quartetto” è stato considerato a lungo una società musicale molto elitaria ed appartata) è stato nominato il nuovo
Consiglio presieduto dal prof. Guido Rossi. Fra i consiglieri di
questo storico ed importante ente milanese nato nel 1864, che ha ospitato i più grandi direttori d’orchestra del mondo,
da Toscanini ad Abbado a Lorin Maazel, celebri solisti come
Isaac Stern, Horowitz, Rotropovich nonché famosissimi quartetti e grandi cantanti -, figura Letizia Gonzales, consigliere
dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia.
Circolare Inpdap:
“Per i giornalisti
degli Uffici
stampa pubblici
obbligatorio
il versamento
all’Inpgi”
Roma, 11 marzo 2004. I giornalisti alle dipendenze della
Pubblica Amministrazione devono essere obbligatoriamente
iscritti, ai fini pensionistici, all’Inpgi (l’Istituto di previdenza dei
giornalisti italiani). È il contenuto di una recente circolare
emanata dall’Inpdap a tutte le sue strutture periferiche, nella
quale si precisa che l’obbligo di iscrizione all’Inpgi , con
decorrenza dal 1B0 gennaio 2001, vale per tutti i giornalisti
assunti alle dipendenze della Pubblica Amministrazione, a
tempo determinato o indeterminato, pubblicisti o professionisti, in presenza di un duplice requisito:
- affidamento di incarico di natura giornalistica o svolgimento
di attività riconducibile alla professione giornalistica;
- iscrizione all’albo di categoria.
I praticanti giornalisti sono obbligatoriamente iscritti, ai fini
pensionistici, presso l’Inpgi , purché l’assunzione sia avvenuta direttamente con affidamento di incarico di natura giornalistica. Ovviamente, al venir meno del requisito dello svolgimento dell’attività giornalistica, rivivrà l’obbligo di iscrizione
all’Istituto di previdenza di appartenenza. Queste norme
sono state riepilogate dall’Inpdap nella sua nota, a seguito di
alcuni chiarimenti emanati dal ministero del Lavoro il quale
ha affermato, su precisa richiesta di parare, che
l’obbligo di iscrizione all’Inpgi ricorre non solo per i giornalisti
pubblicisti, come sembrava all’inizio,ma anche per i professionisti: non conta infatti, in questo senso, la contrattazione
collettiva applicabile ai singoli soggetti.
Unico requisito richiesto è dato dalla natura dell’attività espletata, che deve essere giornalistica. L’Inpdap si sta ora attrezzando per definire,con la maggiore tempestività possibile, i
termini e le modalità per il trasferimento all’Inpgi dei contributi pensionistici dei giornalisti delle amministrazioni pubbliche,
che finora sono confluiti presso di lui. Al periodo oggetto di
trasferimento (10 gennaio 2001 - 31/12/2003) non sono applicate le sanzioni civili considerato che, in assenza di diversa
indicazione sull’esatto titolare della contribuzione fino alla
data di emanazione del chiarimento ministeriale, le amministrazioni pubbliche hanno provveduto in buona fede all’adempimento presso l’Inpdap.
(AGI)
Un nuovo codice
di attività per chi
ha partita Iva
Per i colleghi con partita Iva, dal primo gennaio di quest’anno è in vigore un nuovo codice d’attività. È il 92.40.0. destinato - secondo la definizione data dal ministero delle entrate
- a “attività di agenzia di stampa”. Il nuovo codice raggruppa
indistintamente figure che sino al 31 dicembre scorso erano
classificate separatamente: i giornalisti (92.40.A), i pubblicisti e assimilati ( 92.40.B) e “altre attività di agenzie di stampa” (92.40.C ).
L’unificazione di questi tre distinti soggetti nello stesso codice è specificata nelle note esplicative della classificazione
delle attività economiche Atecofin 2004. Nel documento si
precisa che il 92.40.0 è il codice che raccoglie “attività di giornalisti e fotoreporter” e “attività delle agenzie di stampa e
delle agenzie di informazione consistenti nel fornire informazioni, immagini e servizi speciali ai mezzi di comunicazione”.
Questa riunione di attività - così diverse tra loro - sotto un
unico codice, ha già sollevato dubbi e preoccupazioni per i
rischi che questa “coabitazione” andrà ad innescare nel
momento in cui su queste variegate realtà venga svolto,
senza fare i debiti distinguo, uno studio di settore atto a individuare i parametri di tassazione.
(Amedeo Vergani)
ORDINE
4
2004
accompagnata da: a) una breve domanda d’iscrizione al
Al via la terza edizione del “Premio nazionale giornalistico
concorso redatta in carta semplice, corredata dai dati
Mauro Gavinelli”. Il premio, organizzato dal Gruppo altomilaanagrafici, dal curriculum vitae e dal recapito del concorrennese giornalisti, è riservato ai giovani giornalisti (fino a 35
te; b) cinque fotocopie dello stesso articolo con cui si intende
anni d’età). Al vincitore andranno 2500 euro. L’iscrizione è
concorrere al premio. Copie originali dei giornali e fotocopie
completamente gratuita.
inviati non saranno restituite.
Per partecipare, c’è tempo fino al prossimo 30 aprile. Ecco il
art. 8 - La segreteria del premio, alla quale
bando completo.
indirizzare domanda d’iscrizione, articoli in
Il Gruppo altomilanese giornalisti (Gag), isticoncorso e relative fotocopie è fissata nella
tuito nel 1993, con sede in Legnano, intende
È riservato
sede legale del Gag: presso studio avvocato
ricordare la figura di Mauro Gavinelli, che fu
Fabrizio Conti, via della Liberazione 13,
tra i soci fondatori e il primo presidente del
ai colleghi
20025 Legnano (MI).
Gag. A tale scopo, bandisce la terza edizione
fino a 35 anni
art. 9 - Ogni concorrente conserva la
del “Premio nazionale giornalistico Mauro
proprietà letteraria dell’articolo in concorso.
Gavinelli”.
di età
art. 10 - La giuria del concorso, che valuterà
REGOLAMENTO
gli articoli giunti alla segreteria stabilendo il vincitore del
art. 1 - Il concorso premia il miglior articolo giornalistico,
premio, è composta da tre membri del Consiglio direttivo del
pubblicato su un quotidiano o un periodico italiano, che
Gag, fra cui il presidente in carica, da un membro della famiaffronti un tema inerente l’attualità politica, economica, sociaglia Gavinelli – che finanzia l’iniziativa – e dal presidente
le, sportiva della Lombardia.
dell’Ordine dei giornalisti di Milano o da giornalista da questi
art. 2 - Il premio è riservato ad autori fino a 35 anni d’età
indicato. Il giudizio della giuria è insindacabile e inappellabile.
(compiuti entro il 31 marzo 2004), non necessariamente
art. 11 - La presidenza della giuria è affidata al presidente
iscritti all’Ordine dei giornalisti, nell’intento di valorizzare le
del Gag. La vice presidenza è ricoperta dal membro desiintuizioni e l’impegno di Mauro Gavinelli sulla formazione
gnato dalla famiglia Gavinelli.
professionale dei giovani colleghi e degli aspiranti giornalisti.
art. 12 - Tutti i partecipanti al concorso riceveranno l’invito
art. 3 - Il vincitore del premio riceverà la somma di euro 2.500
alla cerimonia di premiazione che si terrà entro la fine di
(duemilacinquecento).
giugno 2004.
art. 4 - L’iscrizione al concorso è gratuita.
art. 13 - La partecipazione al premio implica la piena accetart. 5 - Ogni concorrente può partecipare presentando un
tazione delle norme contenute nel presente regolamento. La
solo articolo che sia stato pubblicato tra il 1° marzo 2003 e il
non osservanza di quanto richiesto comporterà l’esclusione
20 aprile 2004.
dal concorso, senza che sia dovuta comunicazione al
art. 6 - Non sono ammessi articoli già premiati in altri concorconcorrente.
si giornalistici.
Ulteriori informazioni sul concorso sono reperibili sul sito interart. 7 - Entro il 30 aprile 2004 ogni concorrente dovrà far
net del Gruppo altomilanese giornalisti: www.giornalistialtomilapervenire alla segreteria del premio – recapito a mano o
nese.it o possono essere richieste via e-mail: gag.mail@libeservendosi del servizio postale – una copia originale del giorro.it o telefonicamente allo 02.93261928 (Mauro Tosi)
nale sul quale è stato pubblicato l’articolo firmato o siglato,
Ercole e Giancarlo
Colombo “Fotocronisti
sportivi dell’anno”
Milano, 16 febbraio 2004. È giunto alla sua quarta edizione
prima di passare all’Omega di Vito Liverani. È appunto il
il premio Omega Fotocronache - “Fotocronista Sportivo
sanguigno romagnolo – fondatore della storica agenzia
dell’anno”. Lo scopo del premio, nato da un’idea di Vito LiveOlympia e primo vero fotografo sportivo negli anni ‘50 – a
rani, è quello di onorare quei professionisti del fotogiornali“lanciarlo” nel mondo della foto sportiva, dove il giovane si fa
smo sportivo italiano che ogni anno contribuiscono a diffonsubito notare, impegnandosi oltre che nel calcio (4 Mondiali
dere l’arte della fotografia sportiva in Europa e nel mondo.
al suo attivo) nell’atletica leggera e negli sport della neve.
Alla ribalta quest’anno due noti fotocronisti
Senza tralasciare il ciclismo, il nuoto e altre
dallo stesso cognome; due Colombo, che
discipline (ha partecipato a 3 Olimpiadi estirispondono al nome di Ercole, il primo, e di
ve e a 4 invernali) dove il sacrificio e la fatica
Quarta edizione degli atleti hanno trovato plasticità e vita nei
Giancarlo, il secondo.
Ercole Colombo, nato a pochi passi dall’autosuoi scatti. Nel 1996, una sua immagine scatdel Premio
dromo di Monza, non ha avuto difficoltà ad
tata nel corso delle Olimpiadi di Atlanta è
Omega creato
abbinare la “passionaccia” ai bolidi di F1. I
stata eletta dalla rivista Runners World come
suoi “scatti da pool position” - così Liverani
una delle 10 foto migliori dell’anno. Definito
da Vito Liverani
definisce le sue opere - gli hanno fatto tagliadal suo maestro uno “stacanovista idealista”,
re il traguardo (primo fotografo al mondo!) del 500° Gran
ha un sogno nel cassetto: creare una scuola di fotografia in
Premio in F1. Colombo, nel corso della sua lunga carriera ha
Kenia, paese che ha iniziato ad amare dopo un viaggio di
firmato, per la parte fotografica, numerosi libri sul fantastico
lavoro.
mondo delle “quattro ruote”, partecipando a mostre nazionaLa storia del premio, ideato ed organizzato da Vito Liverani,
li e internazionali e ricevendo importanti riconoscimenti. Tra
inizia nel 2000. La prima edizione riconobbe in Cesare
un impegno e l’altro ha trovato anche il tempo di puntare
Galimberti, attento professionista di ogni scenario agonistico,
l’obiettivo sullo sci alpino, altra sua grande passione, parteciil “fotocronista sportivo dell’anno”. Nel 2001 a ricevere il
pando con la macchina a tracolla, dal 1980 al 1991, a tutte le
premio fu invece Luca Bruno, reporter giramondo dell’Assogare della Coppa del mondo e dei Campionati mondiali.
ciated Press, “nato per fotografare”; mentre nel 2002 il premio
Giancarlo Colombo, comasco, classe 1959, ha iniziato la
Omega Fotocronache andò a Carlo Borlenghi, straordinario
professione negli anni ‘80 occupandosi di calcio minore,
“fotografo del mare”.
Ordine/Tabloid
ORDINE - TABLOID
periodico ufficiale del Consiglio
dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia
Mensile / Spedizione in a. p. (45%)
Comma 20 (lettera B) art. 2 legge n. 662/96 - Filiale di Milano
Collegio dei revisori dei conti Alberto Comuzzi (presidente),
Maurizio Michelini e Giacinto Sarubbi
Direttore dell’OgL
Elisabetta Graziani
Segretaria di redazione Teresa Risé
Anno XXXIV - Numero 4, aprile 2004
Realizzazione grafica: Grafica Torri Srl
(coordinamento Franco Malaguti, Marco Micci)
Direttore responsabile
Condirettore
Stampa Stem Editoriale S.p.A.
Via Brescia, 22 - 20063 Cernusco sul Naviglio (Mi)
FRANCO ABRUZZO
BRUNO AMBROSI
Direzione, redazione, amministrazione
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Tel. 02/ 63.61.171 - Telefax 02/ 65.54.307
Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia
Franco Abruzzo
presidente;
Brunello Tanzi
vicepresidente;
Sergio D’Asnasch
consigliere segretario;
Davide Colombo
consigliere tesoriere.
Consiglieri:
Bruno Ambrosi,Letizia Gonzales, Liviana Nemes Fezzi,
Cosma Damiano Nigro, Paola Pastacaldi
Registrazione n. 213 del 26 maggio 1970
presso il Tribunale di Milano.
Testata iscritta al n. 6197 del Registro
degli Operatori di Comunicazione (ROC)
Comunicazione e Pubblicità
Comunicazioni giornalistiche Advercoop
Via G.C.Venini, 46 - 20127 Milano
Tel. 02/ 261.49.005 - Fax 02/ 289.34.08
La tiratura di questo numero è di 23.296 copie
Chiuso in redazione il 28 marzo 2004
29 (33)
UNA MOSTRA E UN CONVEGNO ALLA TRIENNALE
M
O
S
T
R
E
Città infinita dai grandi spaesamenti,
crogiolo di razze e civiltà, di arti e
mestieri, d’industria e d’ingegno, l’antica
Mediolanum, “terra di mezzo”,
s’interroga sui destini di oggi e sulle
rotte di domani, sulla morte e la nascita
delle élite, sulla sua capacità di reagire
alle nuove sfide mondiali
Milano, città Megalopoli del pensiero
di mezzo
Oltre i confini delle identità
Le immagini
della
mostra,
nelle
fotografie
di Uliano
Lucas,
sono
riprese
dal catalogo
edito
dalla Bruno
Mondadori.
di Fabrizio de Marinis
Milano città di mezzo. Mediolanum, appunto, come gli antichi romani l’avevano chiamata, perché al centro di mille culture, traffici, commerci, idee e cambiamenti. Venezia di terra, come amava chiamarla, a
ragione, Stendhal, quando era attraversata
dai suoi tanti navigli. Città infinita, citta
scomposta, città regione, città metropolitana, città stato, città policentrica. Quale
identità? Milano si è interrogata, il 3 marzo
scorso, alla Triennale di Milano, nel convegno a cura di Aldo Bonomi e Luca Molinari,
con la collaborazione della Fondazione
Corriere Della Sera, nell’ambito della
Mostra, La città infinita, a cura, sempre, di
Aldo Bonomi e di Alberto Abruzzese.
Rinterpretare la città e le sue mille identità,
leggere attraverso il grande labirinto metropolitano che, oramai, si estende fino a
Varese, a Pavia, a Bergamo e a Brescia.
Milano sta cambiando eppure in pochi
sembrano accorgersene. Grandi cantieri
cingono la cintura esterna della città.
Una lenta, confusa metamorfosi
è in corso
Nuove, importanti opere stanno prendendo
vita, altri concorsi per altre opere importanti si stanno svolgendo in questi mesi. Nuovi
quartieri residenziali, la più grande Fiera
espositiva del mondo, parchi, musei, infrastrutture, nuove sedi istituzionali stanno
sorgendo o sono in fase di progettazione e
condizioneranno sensibilmente il nuovo
volto della città. Una lenta, confusa metamorfosi è in corso, di cui è ancora difficile
cogliere i confini, ma di cui è fondamentale, oggi, parlare.
E così Aldo Bonomi, sociologo valtellinese,
ha descritto i territori oltre i confini della
megalopoli, “Nei quali – ha detto – non si
può più parlare di Grande Milano per un’area che va fino a Bergamo, Brescia e Varese”. “Oggi città come Lecco, Como, Monza
sono mangiate dalla metropoli e a loro
volta la mangiano”. Un’area a nord e a
nord-est di Milano popolata da oltre 4 milioni di persone colpita dai mali della modernità e della crescita disordinata: perdita di
tradizioni, alienazione, spaesamento. “Una
città infinita che va da Varese a Bergamo –
continua Bonomi – dove ci si inoltra in quel
groviglio di paesi, capannoni, villette,
palazzi, strade e automobili senza soluzione di continuità.
Luoghi delimitati da cartelli stradali in
azzurro o in lumbard. Qui, ed è il nocciolo
della questione, l’uomo si perde man mano
che la metropoli avanza di comune in
comune, producendo un effetto di spaesamento: gli abitanti rimangono senza paese,
senza identità”. Di città che dorme ha
parlato Gillo Dorfles, professore emerito,
città ferita nella sua identità da un’ignavia
pericolosa mentre le altre grandi capitali
europee crescono, si ramificano razionalmente. “È colpa delle amministrazioni o di
una crisi di identità epocale?”.
Diversi i tempi quando il suo assessore al
territorio e alle acque era Leonardo da
Vinci. La Milano rinascimentale e quella del
grande coraggio della borghesia imprenditoriale dell’Ottocento e dei primi del Nove-
30 (34)
ha parlato Bruno Ermolli insieme alle grandi politiche di rilancio della piccola e media
industria di cui questo nuovo tessuto
metropolitano è composta, “dei compiti
imprescindibili dai quali i soggetti politici e
amministrativi non possono sottrarsi avendo l’obbligo di trasformarsi in realtà di
stimolo e di coinvolgimento dei grandi flussi d’integrazione”.
Già, perché il 20% dei cittadini residenti a
Milano è composto da stranieri, quindi
quasi un milione di persone, parla un’altra
lingua, ha altre sensibilità, cerca di integrarsi e forse è respinta. Della Milano capitale della moda e del design, ma anche
dell’industria diffusa ha parlato il sindaco
Gabriele Alberini, sottolineando le grandi
dinamiche globalizzanti che interessano la
città inserita nei grandi flussi internazionali,
sia nella produzione che nell’innovazione.
C’è poi la Città degli Studi, dove convivono
7 università e oltre 200 mila studenti provenienti da 12 regioni, un universo in movimento ed in crescita costante, che interagisce con gli atenei di tutto il mondo, e al
quale occorre prestare grande attenzione.
Di governance dei grandi flussi culturali,
inclusi quindi i grandi contenitori museali, i
centri di ricerca, le università, i centri studi,
i teatri e le fiere hanno parlato in vari, da
Antonio Calabrò a Carlo Tognoli.
Dove sono i nuovi principi nella città che
cambia? Se lo è chiesto Davide Rampello
presidente della Triennale di Milano e
padrone di casa, sottolineando la centralità
di Milano quale capitale culturale europea,
in grado di rappresentare tradizionalmente
uno dei grandi centri d’innovazione, da
sempre al centro dei flussi culturali d’avanguardia.
Spunto di partenza Italo Calvino
con le sue “Città invisibili”
cento, dove è finita? “Milano soffre di una
pericolosa involuzione culturale – riflette
Dorfles – ed è tempo di svegliarsi, prima
che sia troppo tardi. Lo deve fare innanzitutto il governo, con progetti coraggiosi,
come accade in Francia e in Spagna. Poi
l’amministrazione comunale e regionale.
Ma bisogna sbrigarsi, prima che i grandi
flussi culturali che la nuova Europa ha
messo in moto, vadano altrove.
l 20% dei cittadini residenti
a Milano è composto da stranieri
Composite le cifre della città che comunque vanta all’appello le sedi di oltre 500
multinazionali, composita piattaforma a
cavallo dell’Europa e del Mediterraneo. Ne
Milano città storica delle èlite, fucina di idee
e di nuove identità politiche ed epocali. Ne
ha parlato Stefano Folli, direttore del
Corriere della Sera, che ha ricordato come
Milano fin dalla fase preunitaria ha rappresentato un polo importantissimo per la
storia del pensiero nazionale. Non si può
ignorare Cattaneo, i grandi moti risorgimentali, la fase postunitaria, il fascismo, la
resistenza, fino alla recente nascita della
Lega e del nuovo pensiero federalista.
Non potevano mancare i grandi architetti
come Vittorio Gregotti e David Chiperfield
che hanno esposto le grandi contraddizioni di una città che non è metropoli mentre
in molti casi si avvia a diventare megalopoli. “Si tratta di una città stato, regione
ampia e articolata – ha detto Alberto
Abruzzese, sociologo e, come accennato
curatore e ideatore della mostra insieme
ad Aldo Bonomi – tradizionalmente legata
alla cultura del pensare, del fare e del
produrre.
Nella mostra abbiamo voluto trasformare
le immagini classiche dell’architettura e
dell’urbanistica in vere e proprie fotografie,
leggibili perciò da chiunque, senza la
necessità di aver studiato sociologia o
architettura”. Spunto di partenza di ogni
riflessione è stato Italo Calvino con le sue
“Città invisibili”. In particolare Zemrude
dove “è l’umore di chi la guarda che dà a
questa città la sua forma”.
ORDINE
4
2004
IL PIÙ BEL QUOTIDIANO ONLINE DELL’EDITORIA ITALIANA ALL’OTTOBRE 2000 AL FEBBRAIO 2004
di Olga Piscitelli
24 ottobre 2000, nasce il Nuovo.it. Il Nuovo.it
nasce nel Duemila, sull’onda di una “bolla”
internettiana che molti, all’epoca, credono
destinata a durare e a modificare l’intera
economia globale. Sergio Luciano, primo
direttore e, in parte, editore del quotidiano on
line, manda in rete il giornale, con un click, la
sera del 24 ottobre. A finanziarlo c’è un gruppo emergente dell’imprenditoria italiana, quello di e.biscom gestito da Enrico Micheli e
Silvio Scaglia. L’azienda da poco si è assunta
l’impegno di cablare le principali città italiane
per portare nelle case, e soprattutto nelle
aziende, un collegamento internet e telefonico
veloce e stabile. L’idea base è semplice:
e.biscom porta il collegamento di rete, e a
quello intende aggiungere “contenuti qualificati”. Il giornale dovrà essere, nelle intenzioni dei
suoi finanziatori, l’apripista di un intero mondo
virtuale targato Fastweb.
Non a caso precorre in parte i tempi: sviluppa
un settore di video-informazione quanto mai
ambizioso, per un target che, in attesa della
Rete veloce, ancora fatica a scaricare i contenuti in tempi ragionevoli. L’essere in anticipo
sui tempi sarà in parte una delle ragioni del
suo declino, ma anche uno dei punti di forza
del suo iniziale successo.
Il Nuovo, infatti, primo e unico esperimento di
quotidiano on-line indipendente nei contenuti
e nella forma (non è espressione di alcun
foglio “cartaceo” come i suoi principali concorrenti), rappresenta da subito un’innovazione
ghiotta sia per gli amanti della Grande Rete
che per quelli dell’informazione “all news”. Il
successo, nei primi mesi di vita, supera le
aspettative.
La soglia di “page wiew”, ovvero di pagine
viste da ciascun lettore, e di singoli utenti, che
i fondatori si erano prefissi, viene superata
quasi subito.
Il Nuovo registra circa un milione di “pagine
viste” al giorno con punte che supereranno i
due milioni di fronte ai principali avvenimenti
di cronaca. La formula, d’altronde, appare
subito vincente: il Nuovo si presenta con stilemi grafici e contenutistici del tutto simili a quelli di un quotidiano cartaceo, evitando al lettore
la fatica di imparare un “nuovo linguaggio”, e
facendo leva su modalità familiari al pubblico
dell’informazione. Ma le modalità di gestione
delle news sono del tutto innovative: il quotidiano aggiorna in tempi reali, permette
approfondimenti su ogni singolo contenuto
riportato, offre un panorama di notizie che
vanno dalla cronaca agli spettacoli. Ammicca
a contenuti più “leggeri” come la cronaca
rosa, ma senza dimenticare l’informazione più
stringente.
E offre un cahier di grandi firme per commentare i fatti del giorno. È semplice da consultare, pratico da gestire sul monitor, veloce
nell’interpretare i desideri dei lettori. In redazione lavorano almeno 40 giornalisti, oltre a
grafici e tecnici.
L’avventura di “ilNuovo.it”
da Micheli-Scaglia a Crespi
La cronaca
in tempo reale: il G8
Il 2001 è l’anno del suo maggior splendore.
In occasione degli avvenimenti concitati e
confusi legati al G8 di Genova mostra tutte
le proprie potenzialità: aggiorna in tempo
reale come una trasmissione televisiva in
diretta, ma nello stesso tempo fornisce
commenti, approfondimenti, e chiavi interpretative della cronaca. È il primo a dare la
drammatica notizia della morte di Carlo
Giuliani. La performance farà scuola: da allora, tutti i principali avvenimenti di cronaca
verranno seguiti in Rete allo stesso modo. I
lettori, con un altissimo numero di page view
realizzato, mostreranno di gradire la novità.
Nel frattempo, però, mentre il giornale registra successi editoriali, il mondo della new
economy che lo sostiene segna il passo: la
raccolta pubblicitaria è decisamente inferiore
alle necessità, e la bolla speculativa è ormai
agli sgoccioli. Il quotidiano paga una gestione imprenditoriale forse discutibile, nella
quale gli sforzi per sostenerlo finanziariamente mostrano la corda: manca un’adeguata struttura di marketing, così come una rete
efficace per la raccolta pubblicitaria. Per
raccogliere liquidità il direttore-editore tenta
la strada della fornitura di contenuti a terzi.
L’effetto, tra i giornalisti, è dirompente. Il
corpo redazionale si disgrega, e il giornale
perde mordente.
La crisi dopo
l’11 settembre 2002
La congiuntura economica, intanto, complice
l’11 settembre, precipita. Agli inizi del 2002 è
già chiaro che per gli imprenditori di riferimento, Silvio Scaglia e Enrico Micheli, il
Nuovo rappresenta ormai un problema. Da
una parte una certa miopia imprenditoriale
che ne impedisce di sfruttare a pieno le
potenzialità, dall’altra la continua carenza di
entrate dovute alla scarsa raccolta pubblicitaria, ne hanno resa problematica la gestione. Cominciano le trattative per una cessione, e, proprio in quest’ottica, la redazione
subisce il primo “dimagrimento”. Otto redattori, l’intera area video, certamente la più
specializzata ma anche quella che paga di
più lo scotto di essere in anticipo sui tempi,
abbandona il giornale con un incentivo
economico. È il giugno del 2002.
Poco dopo, nel settembre di quell’anno,
viene alla luce il nome del nuovo acquirente: è Luigi Crespi, patron di Hdc, la holding
della comunicazione che negli ultimi anni
ha messo a segno diverse acquisizioni strategiche realizzando il più grande polo italiano legato ai sondaggi d’opinione. Hdc ha
obiettivi ambiziosi: dovrà andare a quotarsi
in Borsa entro il 2003, e tende ad allargare
il proprio portafoglio di aziende aprendosi
alle diverse branche della comunicazione. I
timori dei giornalisti, che la cessione possa
risultare solo una “liquidazione mascherata
da vendita” vengono fugati dalle affermazioni pubbliche del direttore e del nuovo acquirente secondo i quali il Nuovo verrà ceduto
con una sostanziosa dote economica: tre
milioni di euro, che dovranno servire a
sostenerne il rilancio. Inoltre vecchio e
ORDINE
4
2004
nuovo editore, sottoscrivono davanti ai
rappresentanti sindacali di categoria un
patto “blindato”, in cui si assicura il turnover, si garantisce l’assunzione a tempo
indeterminato delle molte figure che il giornale aveva inopinatamente assunto con
forme contrattuali inadeguate alle mansioni
effettivamente svolte.
Il passaggio ad Hdc, la holding
della comunicazione di Luigi Crespi
Il passaggio avviene il primo gennaio del
2003, il nuovo direttore è Andrea Marini, giornalista e manager di Hdc. Il vicedirettore
Pierluigi Vercesi abbandona il giornale pur
restando come consulente editoriale. Il direttore Sergio Luciano entrerà a far parte del
consiglio di amministrazione della società
che lo edita, Hdc Multimedia. La redazione
ha ormai alle spalle due anni di faticoso “start
up”, che non ha mai trovato un vero assestamento “a regime”.
Reggere l’aggiornamento continuo e frenetico delle news, dalle sei del mattino fino all’una della notte, è un impegno che contribuisce a sfiancare le risorse umane, costrette
anche a onorare i contratti di fornitura a terzi
stipulati sull’onda della necessità di liquidità.
La “nuova stagione” promessa da Crespi non
arriverà mai.
Le finanze di Hdc mostrano subito la corda:
nei primi tre mesi vengono arbitrariamente
ridotti i ticket pasto ai dipendenti, chiesti
nuovi sacrifici alla redazione. Nel marzo di
quell’anno l’editore straccia il patto sindacale
siglato solo tre mesi prima: chi va via non
viene sostituito, i contratti a termine e di
collaborazione coordinata restano come
unico inquadramento possibile, pur in
presenza di un rischio concreto di violazioni
delle norme contrattuali. La redazione si riduce nel numero e nella capacità di azione e il
giornale ne risente. Nonostante questo, non
perde lettori, a dimostrazione che il Nuovo è
stata e può essere una reale risposta alle
nuove necessità del mercato e degli utenti
dell’informazione. Ma le sorti del quotidiano
non saranno di fatto decise da problematiche legate al mondo delle news.
Per il gruppo di Luigi Crespi, infatti, la debacle è ormai vicina. A giugno di quell’anno la
Popolare di Lodi, principale finanziatore che
detiene in pegno le quote azionarie dell’intera holding, chiede il rientro delle esposizioni.
Crespi tenta una mediazione, coinvolgendo
la redazione in una trattativa della quale
meccanismi e modalità resteranno in gran
parte oscuri e ambigui.
Sull’onda delle difficoltà finanziarie dell’intero
gruppo, anche il giornale segna il passo.
Marini abbandona la direzione ad agosto, e
nel settembre di quell’anno Pierluigi Vercesi,
l’ex vicedirettore, diventa presidente di Hdc
Multimedia promettendo un nuovo rilancio
che passa attraverso un progetto di portale
on-line.
Luca Ferraiolo e Paolo Pagani, tra i fondatori
del quotidiano, ne diventano direttori. Dureranno pochissimo. A ottobre di quell’anno,
infatti, Vercesi abbandona il proprio posto
mancando alle promesse di rilancio fatte alla
redazione solo qualche mese prima. I due
nuovi direttori verranno licenziati in tronco
dall’editore senza sostanziali spiegazioni
sulle cause che lo hanno condotto a un
gesto così estremo.
Il nuovo direttore, Marco Del Freo, amico
personale di Luigi Crespi, gestirà l’ultima e più
concitata fase del giornale, che segue le sorti
dell’intero gruppo. A fine novembre, infatti,
Luigi Crespi chiede di incontrare ufficialmente
l’assemblea di redazione per annunciare il
proprio ritiro. Secondo le sue stesse affermazioni la Banca avrebbe siglato un patto per
assumersi l’onere della gestione delle sue
aziende, e quello del ripianamento dei debiti
del gruppo.
L’intera holding, e il Nuovo con lei, diventa
proprietà di una società creata ad hoc, denominata Alfa-Jota. Si attende un azzeramento
dei debiti che non arriverà mai. Inizia il periodo più oscuro della storia del giornale:
Fastweb, responsabile della messa in Rete,
che reclama crediti per milioni di euro, stacca
la spina. I giornalisti perdono in questo modo
il proprio sistema editoriale, l’intero archivio di
tre anni di attività, e la possibilità di accedere
alle mail, principale strumento di lavoro. Sono
costretti a ripiegare su un sistema di fortuna,
realizzato in pochi giorni, del tutto inadeguato
per esprimere le potenzialità della redazione,
e graficamente povero. E iniziano anche gli
scontri legali. Crespi accusa Fastweb, e di
riflesso e.biscom, di avergli ceduto il giornale
costringendolo ad accettare norme contrattuali vessatorie. Del Freo abbandona la direzione il 22 dicembre, e il quotidiano resta
sostanzialmente decapitato.
L’ultima battaglia in nome
della libertà di stampa
Per oltre un mese andrà on-line in palese
violazione delle norme sulla stampa, senza la
firma di un direttore responsabile. Nel frattempo, a gennaio del 2004, anche l’Ansa, mai
pagata durante la gestione Crespi per la fornitura delle news, stacca il servizio. I debiti mai
onorati dall’editore, si scoprirà in quei giorni,
sono tanti, tantissimi. La situazione precipita
seguendo le sorti dell’intera holding. I giornalisti con contratto a termine vedono scadere i
propri contratti senza un direttore del personale che ne gestisca le esigenze. Lo stesso
Crespi, addirittura il primo gennaio del 2004,
si presenterà in redazione per “licenziare”
personalmente giornalisti che lavoravano al
quotidiano fin dalle sue origini. Solo un mese
dopo, ai primi di febbraio, viene regolarmente
nominato un nuovo amministratore di Hdc
Multimedia (al posto del dimissionario fratello
di Luigi, Ambrogio Crespi).
È Roberto Antonelli, commercialista milanese. Le trattative per un tentativo di vendita non
vanno in porto: da una parte il legame economico con la holding impongono liason contabili che ne rendono complicata la separazione. Dall’altra chi si propone come acquirente
non sembra, a giudizio dei nuovi editori,
possedere la necessaria solidità finanziaria
per gestire attività e dipendenti. A fine febbraio
Antonelli viene nominato liquidatore e annuncia l’intenzione di avviare le istanze di fallimento. Della dote di tre milioni di euro che
avrebbe dovuto accompagnare un giornale
che, invece, viene costretto alla chiusura in
appena dieci mesi, non si sa nulla. Altrettanto
vale per il patto che Crespi annuncia di aver
firmato con la Popolare di Lodi e che doveva
portare al ripianamento dei debiti. L’intera
vicenda si avvia a cercare una soluzione tra
le aule dei tribunali. Il 29 febbraio 2004 è l’ultimo giorno di vita di www.ilnuovo.it.
31 (35)
Vercellese, nato nel 1929, è sacerdote del Pontificio istituto missioni estere del 1953.
È uno dei 16.000 italiani, tra uomini e donne,
impegnati tra Africa, Americhe, Asia e Oceania
per aiutare i disperati della Terra.
Ha scritto decine di libri sui problemi del Terzo
Mondo e sulle opere missionarie.
M E M O R I A
Padre Piero
Gheddo
di Lino Pellegrini
Come voi ben sapete, amici lettori, per leggere tutto ciò che noi vorremmo finisce per
mancarci il tempo. Di conseguenza, quando
ho avuto tra le mani il libro di padre Piero
Gheddo Missionario – Un pensiero al giorno
(ed. Piemme), con 621 pagine di testo, mi
sono chiesto come avrei fatto a leggerlo, quel
volumone. Invece, ha vinto lui, almeno per
cinque ragioni. Prima: perché ci dona l’ubiquità. Seconda: perché “un pensiero al giorno” significa proprio un capitoletto per ogni
giorno dell’anno, dunque 365 capitoletti: una
brevità che aumenta la leggibilità. Terza:
perché racconta numerose vicende personali,
non di rado allucinanti. Quarta: perché vicende, ambienti, personaggi vengono sempre
collegati al cattolicesimo, stimolando il lettore
su quella via. Quinta ragione: la prefazione
l’aveva scritta nientemeno che Indro Montanelli: vuol dire che dall’opera di padre Gheddo
era stato “sedotto” anche lui.
Raccomandarsi a Dio
nelle situazioni di pericolo
Padre Gheddo, vercellese, nato nel 1929, è
sacerdote del Pontificio istituto missioni estere
(Pime) sin dal 1953. Ha diretto importanti riviste e scritto decine di libri, ciò che conferisce
alla sua prosa uno stile giornalistico. Ad esempio, ecco padre Gheddo dormire in una
missione dell’Amazzonia, creata su palafitte.
D’improvviso ode un rumore, un respirare, un
raspare, prodotti certo da un animale non
piccolo. Padre Gheddo non vede, si allarma,
urla. Arriva subito un altro missionario, il quale
gli spiega che si tratta di un serpente. Tutti ce
l’hanno, quel rettile, sul tetto della casa. Ed è
utile, anzi prezioso, perché di notte va a
caccia di topi… Commenta padre Gheddo:
“Non sempre nella vita i pericoli che affrontiamo sono sempre così fasulli, ma, in tutte le
situazioni difficili, due le cose da fare: mantenere la calma, e raccomandarsi a Dio con la
preghiera”.
Quanti sono i missionari italiani nel mondo?
Sui 16.000, donne e uomini, distribuiti tra Africa, Americhe, Asia, Oceania. Infatti, nel corso
dei miei viaggi ne ho incontrati un po’ dappertutto e ne ho ricevuto consigli e aiuti preziosi.
Fra l’altro conobbi, in Uganda, don Vittorio
Pastori, varesotto, il quale faceva, per gli indigeni affamati, assai più di quanto facesse per
sé; ma al momento del nostro incontro, a don
Vittorio non era ancora capitato quanto segue.
“Una volta, in una imboscata di banditi, è
colpito da una sventagliata di mitra che lo
sforacchia e gli lascia schegge in tutto il corpo;
negli aeroporti, il “metal detector” rivelava in
lui la presenza di metalli che i poliziotti non
riuscivano a scoprire!” (Io, qui, di punti esclamativi ne avrei messi tre…).
“Non criminalizziamo la
colonizzazione europea”
Il volume di padre Gheddo si caratterizza
anche per la sua obiettività. Chi non conosca
l’Africa, scivola facilmente nel luogo comune
del colonialismo uguale a feroce tirannide.
Chi, invece, come padre Gheddo, la conosca
a fondo, ecco come si esprime: “Non demonizziamo la colonizzazione europea dell’Africa. Noi europei abbiamo senza dubbio
commesso molti crimini nei confronti dei
popoli africani, ma con la conquista europea,
l’Africa ha fatto un salto di secoli, passando
dall’età della pietra e del ferro all’epoca
moderna. Il colonialismo ha portato in Africa
la scuola, la medicina moderna, i diritti dell’uomo e della donna, le strade, l’industria, l’auto,
l’aereo, eccetera”. E, quanto all’apartheid,
anche qui niente luoghi comuni. “Non sono fra
32 (36)
Un missionario
controcorrente
quelli – scrive padre Gheddo – che demonizzano i bianchi sudafricani, anzi mi sono sforzato di capirli: l’apartheid è frutto della storia e
della cultura dei boeri, che dovevano difendersi dai colonizzatori inglesi da un lato e dalle
tribù guerriere africane dall’altro… [il Sud Africa] è l’unico o uno dei pochi Paesi africani in
cui i neri sono istruiti, ci sono più laureati neri
in Sud Africa che in tutto il resto dell’Africa
nera”. A mia volta, aggiungo. Di recente, all’Asmara, un eritreo purissimo mi ha detto:
“Quando sento parlare italiano, sto bene per
tutto il giorno”. E, quanto a rifiuto del conformismo, padre Gheddo non scherza nemmeno con Cuba. Lo dimostra il capitolo intitolato
così: “A Cuba ho capito perché il comunismo
rende l’uomo meno uomo”.
Opera missionaria: come dire, dedizione,
altruismo, pietà, sacrificio di sé medesimi per
il bene altrui e, non di rado, autentico eroismo.
Suore talmente generose che un sindaco
pakistano, ovviamente islamico, le vorrebbe
presso di sé. Il celeberrimo Marcello Candia,
che rinuncia alla ricchezza in Italia per dedicarsi agli affamati e ai lebbrosi dell’Amazzonia, dove morirà. Missionari nostri che finiscono ammazzati: vedi il recente assassinio
dell’ambasciatore del Papa in Burundi. E
Madre Teresa di Calcutta, che, nella sua
“Casa per i morenti abbandonati”, dice: “Qui
possono fare una morte da uomini sentirsi
amati da qualcuno”. Com’è noto, lei medesima, a Calcutta, spirò.
In un altro volume di don Piero Gheddo, Dio
viene sul fiume (Ed. Emi), ecco l’incontro con
un missionario di Laorca, paese lariano poco
lontano da Lecco. Si chiama Augusto Gianola. È nato il 5 novembre 1930. Sin da ragazzo
si dimostra vivace, intraprendente. Mangia
rane crude. Suona la fisarmonica. Grandicello, scala sia la Grigna sia le Dolomiti. Ha due
sorelle suore. E desidera comunicare a tutti
l’amore di Dio. Don Giovanni Colombo, futuro
cardinale, gli dice: “Vai missionario, perché in
diocesi sei troppo fuori dagli schemi”. Partirà
par l’Amazzonia brasiliana, via mare, da
Genova, il 5 novembre 1963.
Un disagio al limite
della sopravvivenza
In Amazzonia ci sono stato due volte, e vi ho
conosciuto indios un tempo avezzi a tagliar la
testa ai nemici, e abilissimi nel mummificarle.
La personalità di padre Augusto vi si scatena.
Perché Dio esiste nella natura vergine:
dunque, nell’Amazzonia. Dove, lungo il colossale Rio delle Amazzoni, nonostante il caldo
bestia padre Augusto si ambienta subito. Per
esempio, se la fa con un serpente boa. Uccide un tapiro; ma la carcassa gli si putrefà subito ma lui la bolle e la mangia ugualmente.
Definisce “semoventi” i macachi morti, causa
le migliaia di vermi che vi pullulano; ma a
quanto pare, quei vermi non lo nauseano
affatto. Se i bimbi caboclos (i meticci della
foresta) gli sputano nel piatto, lui non se ne ha
a male. Invece, deve talvolta combattere
contro gli scorpioni con la coda avvelenata,
contro interi popoli di feroci formiche, e, quando nuota, contro le sanguisughe, numerosissime, insaziabili. Peggio, mentre provvede alle
sue necessità fisiologiche, non può non subire l’attacco diabolico di stormi di zanzare e di
miriadi di insettacci. Intanto si becca la malaria, febbre a 40 gradi. Di quando in quando,
negli eremitaggi, deve soffrire la fame. Lui, alto
un metro e 90, finisce per pesare 74 chili!
Ma la fama del missionario che, per diffondere il verbo di Dio, aveva scelto la via del disagio sino al limite della sopravvivenza, si era
sparsa ampiamente. Gruppi di indigeni andavano a visitarlo, via fiume. E venne gente
dall’Europa, ad esempio il famoso scalatore
Carlo Mauri, suo vecchio amico e compagno
di Grigna; nonché - quasi incredibile a dirsi il
più celebre violinista del mondo, Ugo Ughi!
Padre Angusto cerca dovunque, Dio. E cerca
di diffondere il concetto di Dio fra i suoi caboclos. Concetto non facile, se si pensa che i
caboclos di quella “parrocchia senza confini”
vivono soltanto di pesca, non coltivano, ignorano la scrittura e vanno pressoché nudi.
Eppure il missionario lariano riesce ugualmente nel suo intento. E crea altari accumulando qualche cassetta. La sua prima chiesa
sarà di paglia; più tardi si arriverà alla chiesetta in muratura. E i caboclos affluiscono, partecipano. Partecipano, anche perché padre
Augusto concede che, durante la celebrazione della Messa, i caboclos eseguano le loro
danze tradizionali. Né il missionario lariano si
tiene lontano dai lebbrosi, anzi li abbraccia! E
viceversa, in comunità dove una donna ha
quindici figli e, un’altra ventisei, respinge con
violenza una ragazza che vorrebbe diventar
sua moglie. Poi, su e giù fra Brasile e Italia.
Qui, medici specialisti gli diagnosticano... la
lebbra. Segue una forma di cancro al cervello.
All’ospedale San Raffaele di Milano lo operano tre volte. Lebbroso, morrà di cancro il 24
luglio 1990, nella casa di un fratello, a Laorca.
Al corteo funebre, la bara verrà portata dagli
alpinisti della Grigna.
Commenti? Scrive padre Gheddo anche lui
superamazzonico: “Caratteristica sua fondamentale era la ricerca di Dio e l’amore alla
gente. Per i caboclos era straordinario. Vengono a dirmi: “Noi vogliamo uno come padre
Augusto”. Quell’amore e attenzione alla gente
ce li aveva solo lui. Anche dopo aver trascorso, in Amazzonia, ventisette anni.
Padre Gheddo? Eccolo di nuovo alla ribalta,
col volume Davide e Golia (ed. San Paolo).
Tema fondamentale: la globalizzazione.
Caspita, solo a citarla c’è da sudar freddo. E
invece, leggendo Davide e Golia riusciamo a
interpretarla come una prospettiva umana.
Buona? Cattiva? “Se il Papa continua a ripetere che, in sé la globalizzazione non è né
buona né cattiva ma dipende dall’uso che se
ne fa, perché mai i cattolici devono insistere a
vederne sempre e soltanto il male?”
Padre Gheddo marcia, dunque controcorrente. A suo avviso, infatti la globalizzazione non
è un semplice fenomeno economico-commerciale, ma qualcosa che “riguarda tutti gli
aspetti della vita umana: economia, cultura,
turismo, informazione, politica, diritto, lavoro,
produzione industriale e agricola, divertimento, sport, persino la religione”. Dunque, tutto
bene? Nossignore: e qui padre Gheddo
accetta alcune critiche, dimostrandosi super
partes. In altre parole, la globalizzazione non
deve limitarsi a proclamare la distribuzione del
benessere, ma “deve educare i popoli a
produrre il proprio benessere”. Un’affermazione che si identifica col Cristianesimo.
Tutto il mondo occidentale
ha matrice cristiana
Quale missionario mondiale, padre Gheddo
ha infatti le idee ben chiare. Una volta, a
Nuova Delhi, il pandit Nehru gli disse: “Perché
mai l’India ha ricevuto tutto il suo progresso
dall’Occidente, dopo esser stata bloccata per
migliaia d’anni?” La risposta fa la seguente:
“Tutto il mondo moderno è stato portato in
Asia, Africa, Americhe, Oceania, da popoli di
cultura e di tradizioni cristiane”. Dunque,
anche questa una forma di globalizzazione;
l’unificazione dell’umanità equivale al diffondersi dei valori evangelici. Esistono movimenti
che puntano all’integrazione dei popoli. Il
Papa parla di “comunità mondiale” e di
“mondo più unito” Forseché l’avvento dell’euro non gli dà vigorosamente ragione?
Ma, non sempre Il Cristianesimo e l’occidentalizzazione hanno raggiunto adeguatamente
determinate zone. Vedansi, ad esempio, alcuni Paesi sottosviluppati. Qui, l’analfabetismo
domina. E la mancanza di cultura impedisce il
progresso. In Italia, si producono dai 70 agli
85 quintali di riso all’ettaro; nell’Africa tradizionale, dai 4 ai 5 quintali.
ORDINE
4
2004
Papà Giovanni
Gheddo
con mamma
Rosetta e
i figli Franco,
Mario e Piero
(quest’ultimo
sarebbe
divenuto
il famoso
missionario scrittore).
a farsi pubblicare dal quotidiano cattolico
Avvenire i suoi servizi sui massacri perpetrati
la Cambogia dagli khmer rossi; dovette sintetizzare il tutto - la dico grossa - in una “lettera
al Direttore”! Un motivo, questo, per cui a
padre Gheddo “fa male” quando vede che
anche una parte della stampa cattolica non
ha il coraggio di andare controcorrente. E,
invece, Giovanni Paolo II dice: “La crescita
economica dev’essere un’equa collaborazione fra politica ed economia”.
Si può parlare col papà, svanito nell’Urss una
sessantina d’anni or sono? Si può, stavolta
con la magia (volume Il testamento del capitano (ed. San Paolo). Appunto, padre Gheddo
riesce a parlare col padre, e ci riesce così
bene che va a finire che con quel padre ci
conversiamo anche noi.
Sconfiggere gli egoismi
e produrre il benessere
L’ignoranza fa pensare a non pochi contadini
che l’aratro danneggia la terra!
Fra i popoli sottosviluppati, la globalizzazione
del Cristianesimo deve operare anche sotto il
profilo morale, ad esempio puntando contro
la corruzione. Esempio tipico, nella Guinea
(Africa occidentale). Gli svedesi vi costruiscono una strada lastricata; poi, decenni dopo, la
strada va a pezzi. Gli svedesi dicono: “Veniamo noi a ripararvela, paghiamo tutto noi”. I
guineani rispondono: “Dateci i soldi, e la ripareremo noi”. Oppure, noi pensiamo che certe
stragi erano state favorite dalle armi vendute
da noi, ma dimentichiamo che fior d’armi
moderne sono state vendute dal Sud Africa di
Nelson Mandela e che, in Ruanda, Burundi,
Congo (ex Zaire), gli eccidi sono stati perpetrati semplicemente con armi bianche, come
se la preistoria sopravvivesse.
Demonizzare la globalizzazione significa
dunque esser fuori della storia. Occorre sconfiggere l’egoismo, questo sì, ma contemporaneamente educare i popoli a “produrre il
proprio benessere”. “Educare” significa anche
“persuadere”. Ad esempio, la popolazione
africana è salita, dal 1960 ad oggi, da 250 ad
800 milioni di abitanti, sicuro, si è più che triplicata, nonostante siccità, guerre, carestie,
epidemie; ebbene, l’”educazione” dovrebbe
anche “persuadere” a limitare i rapporti
sessuali. Ciò che è difficile, perché un poveraccio altri piaceri che quelli del sesso, non
ha.
La cristianizzazione di buona parte del mondo
deve quindi mirare al progresso dell’umanità,
anche facendo conoscere al grande pubblico
le lacune, i difetti, le ferite dei sottosviluppati.
Ovvio? Nossignore: padre Gheddo non riuscì
Padre Augusto
Gianola
benedice
un bimbo
amazzonico.
L’altare è stato
creato
sovrapponendo
alcuni recipienti
di latta.
“Il testamento del capitano”
e “La missione continua”
Don Piero è figlio di un geometra, Giovanni,
cattolicissimo. Giovanni si sposò, nel 1928,
con Rosetta Franzoni, la quale gli diede tre
figli, ma morì ancor giovane. La scomparsa di
Rosetta costituì, per Giovanni, una tortura
perenne. Lo dimostra, fra l’altro, attraverso le
sue lettere. Nel volume Il testamento del capitano padre Gheddo comincia con lettere del
padre, che con la guerra e con I’Urss nulla
hanno a che vedere, ma che dimostrano il
carattere del mittente. A questo punto, la
magia. Dopo ciascuna lettera di suo padre alla
famiglia, padre Gheddo fa seguire - da grande scrittore – un suo commento personale,
commento che a noi lettori appare come una
risposta, come se lui col padre conversasse.
Va a finire che con quel padre conversiamo
anche noi.
Con ciò siamo arrivati al punto, ossia al penultimo volume di padre Gheddo, La missione
L’ultima lettera del padre dalla Russia
Giovanni è alla Scuola centrale di Artiglieria, a Civitavecchia, nonché a Bordighera.
Sarà anche sul fronte francese, nel 1940.
L’ultima licenza militare, Giovanni l’ebbe nel
giugno 1942. Poi, dovrà partire per l’Urss.
Sarà capitano di Artiglieria nella Divisione
Cosseria.
La posta, nonostante guerra e distanze,
funziona. Dunque, le lettere continuano. Si
direbbe che, una volta raggiunto il fronte
sovietico - siamo sul 50° parallelo, presso il
fiume Don -, le lettere di Giovanni dovrebbero raccontare soprattutto la guerra. E
invece no, forse per il motivo della censura.
Giovanni descrive l’Urss come tale. Strade
impraticabili (la gente ci dice: “Possibile che
voi abbiate strade asfaltate?”), case miserabili, col tetto di paglia. Una di queste case
ha una sola entrata: a destra vanno le
mucche, a sinistra va il genere umano.
Abiti? Non ha visto nessuna donna vestita
come l’ultima - l’ultima! - contadina piemontese. E i bimbi vanno nudi. L’acqua non è
potabile, bisogna sterilizzarla, dopo di che
puzza di naftalina; i russi, invece, la bevono
come tale.
Purtroppo, dall’estate si passa all’autunno.
La temperatura crolla. I sovietici cannoneggiano. Giovanni scrive alla famiglia: “Prego
Iddio perché mi faccia ritornare sano e
salvo per voi; ci rivedremo nell’autunno
1943, dopo la vittoria”. Ahimè!
“Questa - dice padre Gheddo -, l’ultima
lettera di papà, del 4 dicembre 1942.
Conteneva anche gli auguri per Natale e
per Capodanno”. Il 14, comincia I’offensiva
sovietica. Una testimonianza sola, ma
folgorante, quella del militare Mino Pretti,
ORDINE
4
2004
Il capitano Giovanni Gheddo.
anche lui della Divisione Cosseria: “Pretti
ha raccontato che, il 17 dicembre 1942,
papà, che era il suo capitano, non volle
andare in ritirata.
Al contrario, volle restare con i cannoni e
con i feriti intrasportabili; mandò in ritirata
lui, Pretti, con i militari sani. Fu in quella
circostanza che papà cadde prigioniero dei
russi o venne ucciso. Il 17 dicembre, infatti,
i russi erano ormai, vicinissimi alle nostre
postazioni d’artiglieria. Per la sua decisione
- pressoché un suicidio! - di non abbandonare i feriti, papà venne decorato al valore.
Ma, proprio da quel giorno, è svanito”.
Per meglio inquadrare le lettere del padre
nell’atmosfera di guerra, don Piero Gheddo
ha arricchito il libro con le testimonianze
belliche di scrittori celebri, quali Giulio
Bedeschi, Egisto Corradi, Renato Pera,
Mario Rigoni Stern ed altri. Inoltre, il volume contiene la prefazione del collega Giorgio Torelli, il quale alle vicende di Giovanni
Gheddo si era entusiasmato al punto da
esser stato lui a persuadere don Piero a
varare il libro, del tutto estraneo al tema
missionario. Dimenticata, con ciò la magia?
Niente affatto. Ecco qui.
Mario, fratello di don Piero, racconta: “Nella
notte del 17 dicembre 1942 la nonna Anna
ha sentito chiaramente la voce di papà che
la chiamava... Papà le diceva in piemontese: Mama, mi möiru, mi möiru”. E don
Piero: “Nell’estate 1943 ero nella stanza
accanto all’ufficio di papà…
Nulla, in quel momento mi richiamava
papà, ma, improvvisamente, nel silenzio,
sento forte e chiara la sua voce: Piero,
Piero!
Mi pareva che papà fosse dietro di me,
nella stessa stanza dove mi trovavo io”.
Ti capisco, don Piero, vi capisco tutti, anche
perché nei campi di battaglia dell’Urss mi ci
trovavo, assieme a Curzio Malaparte quando vi giunsero i primi soldati nostri. E poi vi
capisco anche perché la Russia non di
rado è magia.
continua (ed. San Paolo). Sua caratteristica
fondamentale è quella non soltanto di informare il lettore, ma anche di evidenziare determinati aspetti negativi dell’attività missionaria
in generale. Un esempio: in Birmania (oggi
Myanmar) i militari arrestano un catechista
indigeno; gli dicono che, se lui è cattolico,
deve morire in croce, come Cristo; grazie
all’intervento di un’autorità superiore, che
teme una denuncia pubblica, il catechista se
la cava, non senza però pagare una multa.
Nelle Filippine nasce il movimento Silsilah
(catena), che accomuna cristiani e musulmani; nel 1992 il missionario padre Salvatore
Careddo viene trucidato perché torna da una
riunione dei Silsilah.
Ma ai fatti estremi se ne aggiungono moltissimi altri, i quali hanno, a loro volta, un’importanza fondamentale. Punto chiave: per svolgere l’attività missionaria, cioè per diffondere
il Cristianesimo, bisogna anzitutto conoscere
e capire la mentalità, gli usi, le tradizioni, della
gente locale. Esempi. In Giappone, la vendetta è obbligatoria; quindi, è difficile persuadere
al perdono. All’estremo opposto, sempre in
Giappone, i cristiani sono meno dell’uno per
cento ma, in funzione dell’insaziabile fame
nipponica di cultura, qual è il libro più letto? il
Vangelo; se ne vende ogni anno sul milione e
mezzo di copie. In Tanzania,non manca chi
attribuisce le malattie alla potenza di esseri
soprannaturali. Dolori? Si va dallo stregone; si
ricorre al medico soltanto se lo stregone fallisce ossia in extremis. Dunque il missionario
deve comprendere a fondo le culture locali.
Ciò che equivale a morire per saper rinascere.
L’attività missionaria ebbe inizio, In India, nel
1831; in Cina, nel 1850; in Birmania, nel 1866;
in Vietnam, nel 1868; in Giappone, nel 1891;
a sud del Sahara, tra la fine del XIX secolo e
l’inizio del XX. E in Corea del Sud? Oggigiorno vi si registrano circa 150.000 conversioni
l’anno; anche dalle conversioni, cioè dal
cambio di mentalità, deriva il prodigioso
sviluppo economico e tecnico di quel Paese.
Ma il volume di padre Gheddo è importante
anche per i suoi spunti negativi (come dicevo
poc’anzi). Missione in Angola? Sì, fra le guerre tribali. Padre Gheddo in Cina? Dice Messa
in camera d’albergo. Padre Gheddo a Cuba?
“Nel 1970 ho sperimentato sei giorni di fermo
in un albergo cittadino perché ero entrato nel
Paese senza il permesso, quando l’accordo
fra Italia e Cuba era il libero scambio di persone e di merci”. Perché mai padre Gheddo ha
scritto il suo ultimo volume e perché ha visitato diciassette Paesi in guerra? “Perché tutti gli
uomini hanno bisogno di Gesù Cristo”. Padre
Gheddo precisa: “Il mio compito è quello di
salvare le anime”. Salvarle, a prescindere dai
pericoli che quasi sempre incombono sui
missionari. Indro Montanelli disse infatti: “Voi
siete eroi”. E solo pochi di noi sanno che ogni
mese vengono assassinati dai due ai tre
missionari! Già, noi non sappiamo; né sappiamo che nessun altro popolo ha dato tanti
martiri cristiani come cinesi e vietnamiti.
Chiudo con due episodi imprevedibili. Al ritorno da un viaggio in Vietnam, nel corso di un
congresso padre Gheddo riferisce quanto di
orribile ha visto. Qualcuno lo fischia; il sacerdote “sbandato” David Turoldo gli dice: “…tu
sei fuori strada.
Anche se quello che dici è vero, non ti rendi
conto che danneggi la causa socialista. Ma il
socialismo trionferà, perché è l’unica speranza dei poveri”. Quindi, sulle atrocità anticristiane, padre Gheddo avrebbe dovuto tacere.
Peggio ancora, il secondo episodio.
Quando al condottiero cambogiano Pol Pot
venne chiesto durante una conferenza internazionale nello Sri Lanka, perché mai
mancassero circa due milioni di cambogiani
civili (morti di fame, o ammazzati quali supposti oppositori degli khmer rossi), lui rispose:
“Non erano necessari alla costruzione del
socialismo”.
Ma padre Gheddo continua. Una vocazione,
dunque, sublime.
■
33 (37)
DOCUMENTO APPROVATO ALL’UNANIMITÀ
PROFESSIONE
“Il progetto gravemente
dannoso per il pluralismo e
la libertà di informazione,
giacché mantiene intatto il
duopolio Rai-Mediaset”
Il Consiglio direttivo dell’Associazione lombarda dei giornalisti, riunito nella sua sede
di Milano il 23 febbraio 2004,
GUARDA con grande apprensione il progetto di legge sul riassetto radiotelevisivo (la
cosiddetta legge Gasparri) in discussione
nelle commissioni parlamentari, ancora di
più oggi, dopo l’approvazione di un decreto
legge (il cosiddetto “decreto salvareti”) che
anticipa la filosofia della Gasparri stessa.
GIUDICA il progetto gravemente dannoso
per il pluralismo e la libertà di informazione,
giacché mantiene intatto il duopolio RaiMediaset. In particolare è grave l’insistenza
dei promotori della legge di ampliare il perimetro del Sic, il Sistema Integrato delle
comunicazioni, comprendendo al suo interno servizi di ogni genere. È bene ricordare
che più il numeratore sale e più il limite antitrust è aggirabile. Il mercato italiano, è
gravato da un anomalo conflitto di interessi,
che verrebbe ancor più esasperato dalla
possibilità concessa a Mediaset di fare
shopping pubblicitario in Italia, magari
annettendosi la raccolta pubblicitaria di Sky
o addirittura comprando un gruppo della
carta stampata.
È grave che le telepromozioni - per qual che
riguarda l’affollamento orario - non vengano
considerate pubblicità. Per attirare nuovi
clienti le telepromozioni hanno un ruolo
chiave. Sono infatti le medie aziende quelle
attirate da questa forma di pubblicità. Durante il complesso iter della legge Gasparri è
stato un emendamento a scorporare le telepromozioni dal tetto dell’affollamento pubblicitario orario, mettendo così fuorigioco un
vecchio parere (contrario) del Consiglio di
Stato. Già oggi sulle reti Mediaset nelle ore
TV/Da Milano un segnale
forte e chiaro: il sindacato lombardo
contro la “lex Gasparri”
di punta, sommando telepromozioni e spot,
l’affollamento è stabilmente superiore al
25%. Le televendite, poi, non rientrano in
questo conteggio.
Il Consiglio direttivo della Alg
SEGNALA una singolare coincidenza
evidenziata dai dati Nielsen. Nel periodo
gennaio-settembre 2003, la raccolta di
Publitalia è salita del 2,2%, mentre la raccolta dell’intera carta stampata è calata del
2,2%. L’autorità antitrust presieduta da
Giuseppe Tesauro ha annunciato l’estate
scorsa un’indagine sulla pubblicità tv che
dovrebbe essere in dirittura d’arrivo. Nessun
soggetto dovrebbe raccogliere più del 30%,
ma Mediaset è già oggi attorno a valori del
35%. Anche l’Authority guidata da Enzo
Cheli ha accertato l’esistenza di posizione
dominante e ha chiesto misure che riducessero il grado di concentrazione del mercato
pubblicitario.
In spregio di questi pareri il Parlamento
intende varare una legge che minaccia la
libertà di stampa e attraverso la concentrazione della pubblicità mette a rischio decine
di posti li lavoro.
Occorre poi osservare che il piano per il digitale terrestre presenta un effetto collaterale.
Fra due anni sono prevedibili otto canali Rai,
tre Mediaset, due La 7 e due “ballerini” nel
senso che gli investimenti della Tv di Stato
permetteranno la trasmissione di altre due
reti. La Gasparri però prevede che queste
ultime due vengano cedute anche se non
sono chiari i parametri di vendita. In sostanza ci troveremo con 11 canali su 15 in mano
al duopolio. Va rilevato che l’autorità antitrust ha aperto un’istruttoria sulla Rai per valutare la possibile posizione dominante sui
mercati nazionali delle reti e delle infrastrutture per le trasmissioni del segnale televisivo terrestre.
Il passaggio forzato al digitale, previsto dalla
nuova legge, dunque, non sembra risolvere
i problemi di pluralismo presenti nell’industria dell’informazione. Anzi, rischia di
aggravarli. La scelta del digitale terrestre – e
soprattutto la tempistica – prevista dalla
legge non rappresenta solo un’opzione
tecnologico-culturale sulla modernizzazione
del Paese, da accostare alle scelte dei
governi francese e tedesco come ha spiegato il ministro delle Telecomunicazioni che
ha dato il suo nome alla legge, ma una
precisa condizione per salvare Rete4 ed
evitare che diventi esecutiva la sentenza
della Corte costituzionale.
Lo stesso Cheli si è fatto di recente interprete delle remore esistenti sottolineando la
“corsa contro il tempo” che sta caratterizzando la via italiana al digitale. Cheli ha
sottolineato che l’arricchimento del pluralismo sarà reale a due condizioni:
a) che nuovi operatori siano in grado di offrire programmi;
b) che i programmi siano effettivamente
accessibili a una larga fascia di utenti.
una scelta di questo tipo si giustifica solo
con la voglia di guardare nuovi programmi,
magari interattivi. La loro produzione però è
quanto mai costosa: per un palinsesto che
punti a realizzare il 2-3% di audience servono dai 150 ai 200 milioni di euro.
Un eventuale nuovo editore digitale dovrebbe mettere in conto dai 50 ai 100 milioni di
euro di perdite l’anno da moltiplicare forse
anche per un lustro. La tv digitale resterebbe quindi terreno di caccia dei due maggiori
operatori, Rai e Mediaset. Esiste lo spazio
per emittenti di nicchia - il palinsesto di una
tv musicale costa 20 milioni di euro circa ma sarebbe altra cosa rispetto al rafforzamento del pluralismo informativo.
Entrambe le condizioni non sembrano essere garantite dal nuovo impianto della legge.
Il documento con il quale il Quirinale si è
rifiutato di promulgare in dicembre la
vecchia legge lo ha segnalato esplicitamente, chiedendo che venisse indicato il termine della fase di attuazione e che l’Authority
venisse dotata di poteri sanzionatori.
Secondo gli esperti la velocità con la quale i
consumatori italiani decideranno di cambiare il loro televisore o comprare il nuovo
decoder è stimabile in otto-nove anni. Ma
INVITA la Fnsi a prendere tutte le iniziative
che riterrà necessarie perché la nuova
legge, invece di favorire la concentrazione e
il rafforzamento dei grandi gruppi televisivi,
incoraggi il pluralismo e la molteplicità dei
media. Nell’attuale stesura, infatti, la legge
Gasparri, non solo è fortemente illiberale ma
avrà anche effetti sociali negativi.
In base a queste considerazioni il Consiglio
direttivo dell’Associazione lombarda dei
giornalisti
RITIENE che il progetto di legge picconi
pesantemente la libertà di stampa e nel
lungo periodo faccia ridurre drasticamente i
posti di lavoro nel settore dell’informazione.
Molte aziende editoriali, asfissiate dalla
mancanza di pubblicità, saranno costrette a
chiudere.
Approvato all’unanimità.
Milano, 24 febbraio 2004
Le giornaliste per il riequilibrio delle rappresentanze
negli organismi della categoria
Roma, 2 marzo 2004. Sindacato, Ordine,
Inpgi, Casagit. Tante iscritte, poche candidate, ancor meno elette. Perché le opportunità siano davvero pari occorre almeno
partire alla pari, sulla base di un criterio da
inserire in statuti e regolamenti delle istituzioni di categoria. Nel frattempo le diverse
componenti della categoria si impegnino a
varare subito un “patto di rappresentanza”
che veda candidato un numero di donne
proporzionale al numero delle iscritte – e
comunque non inferiore al 30 per cento del
totale – e che presenti nelle liste elettorali
nomi alternati di donne e uomini.
Il soffitto di cristallo oltre il quale le colleghe non riescono a salire, esiste non solo
nella carriera professionale, ma anche
negli organismi di categoria. Per oltrepassarlo occorre, almeno inizialmente, una
forzatura. La Cpo (Commissione pari
opportunità) della Fnsi se n’è convinta,
dopo anni di analisi sulle cause del discrimine e di scetticismo nei confronti delle
quote. Per sbloccare l’immobilismo, coinvolgere tutte le energie, migliorare gli organismi della categoria non esiste altra strada se non quella delle “regole per la parità
d’accesso”. L’hanno già percorsa altri
sindacati e partiti ed ora è anche inserita
nella Costituzione italiana, con la modifica
dell’articolo 51 che garantisce “con appositi provvedimenti” strumenti paritari per
l’ingresso di uomini e donne agli uffici
pubblici e alle cariche elettive. Ovvero:
“tante” quanti. Già a giugno, nelle elezioni
per il Parlamento europeo, la norma
troverà applicazione con la legge che
stabilisce una soglia minima di candidature femminili pari al 30%.
Davanti al deficit democratico che colloca
l’Italia al 65° (sessantacinquesimo!, fra
Panama e Nicaragua) posto nel mondo ed
34 (38)
“ ”
Tante
quanti
all’ultimo posto d’Europa, per presenza di
donne in Parlamento, non c’è spazio per
snobistiche insofferenze alla cosiddetta
“tutela dei panda”. Lo statuto della Cisl assegna alle donne non meno del 30% delle
candidature nelle liste congressuali; la Cgil
riserva ai due sessi – si noti la formula – non
meno del 40% e non oltre il 60% dei posti di
direzione (analoga indicazione fra i Democratici di sinistra); la Federazione dei Verdi
prevede che nessuna lista possa essere
composta da oltre il 50% di persone dello
stesso genere e impone sempre la doppia
preferenza. In attesa di modificare lo statuto, lo Sdi già dalle prossime europee ed
amministrative inserirà in lista fino al 50%
di donne.
È quello che chiediamo alle Associazioni
regionali che hanno in corso la revisione
dello statuto e a tutte le forze che si stanno
organizzando per rinnovare a maggio le
cariche dell’Ordine dei giornalisti. La
Cpo/Fnsi si appella a tutte le colleghe ed i
colleghi dentro e fuori le redazioni perché
sostengano questa battaglia di democrazia, di svecchiamento e di speranza.
Dichiarazione della presidente della
Cpo/Fnsi, Marina Cosi: “Sin dalle prossime
elezioni, quelle per il rinnovo dell’Ordine
dei giornalisti, la Commissione pari opportunità della Fnsi chiede che le liste elettorali rappresentino percentualmente le
donne iscritte e comunque non le vedano
scendere al di sotto del 30 per cento. In tal
modo anticipando l’indispensabile riforma
degli statuti di sindacato, Ordine, Inpgi,
Casagit. Appellandosi all’articolo 51 della
Costituzione, di recente emendato, e sulle
tracce positive di statuti di altri sindacati e
partiti, la Cpo/Fnsi ha approvato all’unanimità una richiesta formale di modifica degli
statuti e dei regolamenti. Tale proposta era
già stata avanzata in Consiglio nazionale
Fnsi, ma proprio la scarsa rispondenza
dell’organismo ha convinto la Commissione ad appellarsi alle forze che stanno organizzando le prime elezioni raggiungibili,
quelle dell’Ordine, perché diano un segnale concreto della volontà di riequilibrare le
rappresentanze di genere. L’8 marzo è alle
porte, ma ogni giorno deve essere l’8
marzo. Come dire: tenetevi le mimose e
ridateci quel che ci è dovuto”.
(da www.fnsi.it)
ORDINE
4
2004
CHIESTA LA VERIFICA DELLA QUALITÀ NELLE TESTATE ANES
PROFESSIONE
“La specializzazione deve
essere pagata di più,
non di meno,
e necessita sempre
di investimenti adeguati”
Milano, 4 febbraio 2004. L’ipotesi di un contratto “diverso” da quello in vigore (Fnsi-Fieg) per i
giornalisti che lavorano nelle case editrici
aderenti all’Anes ha sollevato parecchio stupore tra i nostri colleghi che, tra l’editoria specializzata e non, non avvertono differenze tali da
giustificare un contratto distinto. Soprattutto
tenendo conto della tendenza a specializzarsi
da parte di tutti i giornalisti, anche all’interno
della cosiddetta stampa di informazione od
opinione. Pensiamo ai colleghi specializzati in
economia, critica televisiva, sport o gastronomia in pagine appositamente dedicate nei
quotidiani o nei periodici più noti e che non si
capirebbe perché dovrebbero avere un contratto diverso da chi, la stessa competenza, la
mette al servizio di testate cosiddette specializzate negli stessi argomenti.
In sostanza che differenza dovrebbe esserci tra
il giornalista che scrive di automobili sulle pagine del Corriere della Sera (Rcs; Fieg) e quello
che lo fa su Quattroruote (Domus; Anes)? Chi
scrive di cucina etnica magari sull’Espresso
(Repubblica; Fieg) e chi lo fa su Viaggi del
Gusto (ancora Domus; Anes)? Chi scrive di
turismo su Panorama Travel (Mondadori; Fieg)
e chi lo fa su Tuttoturismo (di nuovo Domus;
Anes)?
È questo insieme di considerazioni che ha
spinto i giornalisti della Domus, riuniti in assemblea il 19 febbraio 2004, a dichiarare il proprio
no, forte e chiaro, a un contratto “diverso” per
chi lavora nella stampa tecnica e specializzata,
certi come sono che gli editori dell’Anes mirano a spendere meno e a strappare regole
diverse a loro esclusivo vantaggio.
Siamo peraltro convinti che, come in tutti i
segmenti di attività, la specializzazione debba
essere pagata di più, non di meno, e che
necessiti di investimenti adeguati per essere
continuamente aggiornata.
L’assemblea dei giornalisti Domus
dice no a un contratto “diverso”
per la stampa tecnica e specializzata
Di esempi come quelli esposti sopra ce ne
sarebbero a decine e potrebbero riguardare la
folta platea degli editori Anes, associazione
della quale il nostro editore è autorevole
membro accanto a imprese di piccole dimensioni che distribuiscono spesso i loro prodotti in
abbonamento gratuito, senza un riscontro efficace del gradimento da parte del lettore la cui
misura è data, soprattutto, dalla sua disponibilità ad acquistare le pubblicazioni, in edicola o
in abbonamento.
Ciò non significa delegittimare la stampa più
orientata al prodotto, che spesso è veicolata a
spese dell’inserzionista. In questi casi, tuttavia,
l’Ordine dei giornalisti deve tutelare il rispetto
della deontologia professionale. In assenza del
rispetto di quel requisito fondamentale quelle
testate devono essere considerate commerciali ed escluse da ogni agevolazione pubblica,
addebitando agli editori e non ai giornalisti la
responsabilità della commistione informazionepubblicità.
Insomma, sarebbe assurdo concedere tariffe
postali di favore, sconti sulle linee telefoniche e
agevolazioni sull’acquisto della carta all’editoria
puramente commerciale. Questo infatti aggraverebbe il debito pubblico con evidente svantaggio per il cittadino contribuente. Crediamo
invece che proprio questa logica non condivisibile stia tentando di imporre l’Anes chiedendo
un contratto “diverso” per i giornalisti che lavorano nelle case editrici aderenti. Ma diciamo le
cose come stanno: a che genere di contratto
diverso potrà mai puntare se non a un contratto scontato per quanto riguarda stipendi e regole?
Per tutelare i due valori, stipendi e regole, riteniamo sia nostro compito favorire lo sviluppo
delle competenze giornalistiche, affinché la
qualità dei colleghi che rappresentiamo possa
essere apprezzata e pagata adeguatamente.
Sequestro per una parte del portale Destranazionale.org
Il tribunale ferma
una sezione
di un sito razzista
Milano, 1 marzo 2004. “Le razze hanno diversi sviluppi culturali e alcune sono inferiori alle
altre”. Frasi come questa, con i disegni, per
esempio, di un neonato con i baffetti alla Hitler
e una svastica sul braccio “il quale con aria
serena schiaccia la mano a un altro neonato
con la stella di David marchiata sul braccio”,
hanno indotto i giudici del Tribunale del riesame di Milano a ordinare il sequestro della
‘Finestra propaganda’ del sito www.destranazionale.org (nuovo Movimento sociale italiano)
che, secondo l’accusa, diffondeva “idee fondate sulla superiorità e sull’odio razziale”.
Nell’inchiesta, in cui risulta indagato il presidente dell’organizzazione di estrema destra,
Gaetano Saya, 48 anni, la Procura di Milano
aveva chiesto il sequestro del sito, ma il Gip
aveva respinto la richiesta con la motivazione
che, salvo due fotografie, le immagini non
raggiungevano “una situazione di offensività
tale da generare un pericolo per l’interesse
tutelato dalla legge 654/75” (sull’eliminazione
delle forme di discriminazione razziale).
Secondo il Gip, inoltre, il sequestro del sito
avrebbe “radicalmente inibito l’esercizio di attività che è estrinsecazione di valori fondamen-
tali quali la libera manifestazione del pensiero
e la libertà di associazione”.
Di diverso parere i giudici del riesame a cui la
Procura aveva presentato ricorso. Per loro “il
mantenimento del sito con le caratteristiche
indicate è idoneo ad aggravare le conseguenze dannose del reato, poiché con il suo mantenimento si perpetua la condotta lesiva”.
Da qui l’ordine di sequestro preventivo della
‘Finestra propaganda’ del sito, che risulta effettivamente modificato. Contro il provvedimento
l’associazione potrà presentare ricorso in
Cassazione.
Tra le immagini erano anche rappresentati
“due giocattoli”, come è scritto nel provvedimento di sequestro.
Uno era “rappresentato da un bambino di pelle
bianca, con in mano un bastone, e l’altro da
un bambino di pelle nera, piegato, posto sotto
il livello del bastone del primo”. Il titolo dell’immagine era ‘la giornata del giocattolo italiano’.
Quando venne chiesto il primo sequestro,
rigettato dal Gip, nell’ottobre dell’anno scorso, il sito era stato visitato da circa 200mila
persone.
(da www.ilte.net)
Pagamento quota iscrizione
Albo anche con cc postale
ORDINE
4
2004
E dobbiamo allo stesso tempo invitare certi
editori ad andare in edicola a far comprare i loro
giornali; o a convincere il loro target di lettori a
sottoscrivere abbonamenti. Insomma, facciano
meglio i loro giornali puntando sulla competenza dei giornalisti, in modo da evitare di regalare
il prodotto ai lettori a spese dell’inserzionista,
con gravi rischi di commistione tra informazione e pubblicità.
Sul campo della qualità dobbiamo riconoscere
al nostro editore la capacità di aver saputo tracciare un solco profondo tra sé e tanti altri
aderenti all’Anes. Le nostre preoccupazioni
sono tuttavia alimentate dal constatare un
grave deterioramento del livello generale della
produzione editoriale italiana. L’Ordine dei Giornalisti è intervenuto con autorevolezza invitando giornalisti e imprese a contrastare l’invadenza della pubblicità nell’informazione, ma temiamo che molti editori cedano al richiamo di
compromessi sempre meno dignitosi sulla
qualità del prodotto.
Ma torniamo a riflettere sull’ambiguità del
concetto espresso dai termini “stampa tecnica
e specializzata”. Non vi rientrano anche, addirittura, dei quotidiani? Pensiamo al Sole 24
Ore, Italia Oggi, La Gazzetta dello Sport… o
a periodici come Sorrisi e Canzoni per tv e
spettacolo, Il Mondo per l’economia, Astra per
gli oroscopi, Quattrozampe per gli amanti degli
animali… senza dimenticare l’universo dei
periodici femminili e maschili. Non è tutta stampa specializzata? E non è evidente che un
editore aderente oggi alla Fieg aderirà domani
all’Anes se gli converrà di più dal punto di vista
economico e da quello normativo con l’approvazione di un contratto giornalistico diverso dal
vigente Ccnlg?
Noi inoltre non concordiamo con chi sostiene
che il contratto Fnsi-Fieg è ritagliato su misura
per i quotidiani. Nel corso dei vari rinnovi si
sono aggiunte numerose modifiche che hanno
seguito l’evoluzione della stampa periodica e
anche dell’informazione on-line. Se qualcosa
può essere ulteriormente migliorato lo si potrà
fare benissimo sedendosi attorno a un tavolo,
per discutere anche quelli che secondo noi
sono degli utili cambiamenti da apportare al
contratto già esistente.
Non vorremmo che, inseguendo il mandato
dell’ultimo congresso della Fnsi, che consiste
nel contrattualizzare chiunque tratta informazione nelle case editrici, si finisse per appiattirsi
sugli obiettivi e sui desideri di editori che puntano a trarre vantaggio dalle regole sulla libertà
di stampa per arricchirsi con la scusa di essere
piccoli. Ma quali piccoli! Nel nostro caso almeno, ma anche in altri se scorriamo l’elenco degli
associati all’Anes, si tratta di imprese di notevoli dimensioni, talvolta di multinazionali.
L’obiettivo dichiarato degli incontri Fnsi-Anes
ben si inquadra nei tentativi, già portati avanti
dalla Domus, di limitare i diritti dei giornalisti
negando ad alcuni di loro una testata e un direttore di riferimento. È per questo che consigliamo al sindacato sia di muoversi con grande
cautela su questo fronte, sia di pretendere
dall’Anes, prima ancora di cominciare a discutere, il pieno rispetto dei diritti dei giornalisti già
al lavoro.
Affermiamo la necessità di verificare la qualità
del lavoro giornalistico nelle testate Anes applicando il Ccnlg Fnsi-Fieg là dove ciò va fatto,
senza partire subito immaginando sconti. Altrimenti daremmo l’impressione di volere far
cassa con le quote d’iscrizione, o di voler cercare contributi pensionistici temendo difficoltà
future dell’Inpgi.
Il CdR Domus
(Cristina Zerbi, Marco Ghezzi, Antonio
Massa)
Dopo una sentenza del Tribunale di Trieste
Diffamazione,
protesta Osce
contro l’Italia
Roma, 3 marzo 2004. Protesta ufficiale
dell’Ufficio del rappresentante dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione
in Europa presso il Governo italiano per una
recente sentenza del Tribunale di Trieste:
una nota che lo rende noto è stata diffusa a
Vienna il 2 marzo per il caso di Massimiliano Melilli, ex giornalista del settimanale Il
Meridiano condannato il 24 febbraio scorso
a 18 mesi di carcere per aver scritto nel
1996 alcuni articoli in cui si riferivano voci
su serate a luci rosse a cui avrebbe partecipato l’alta società triestina.
Per il rappresentante il fatto stesso che
esistano ancora delle leggi contro la diffamazione è segno di un malessere e il precedente italiano è preoccupante perché potrebbe essere un esempio seguito a livello europeo. “Vorrei esprimere ancora una volta la
ferma posizione del nostro Ufficio che tutte
le leggi penali di diffamazione a mezzo stampa dovrebbero essere abrogate e sostituite,
se necessario, con appropriate leggi civili” ha
detto il portavoce dell’ufficio del rappresentante Osce per la libertà di stampa Alexander Ivanko. “Nessun giornalista dovrebbe
essere condannato alla prigione per aver
fatto il proprio mestiere”.
La legislazione penale contro la diffamazione spesso impedisce ai giornalisti di investigare contro la corruzione e certe pratiche
affaristiche e ha un effetto devastante sul
lavoro dei giornalisti. La diffamazione è
ancora un reato penale nella maggior parte
dei Paesi dell’Osce sebbene in molti Paesi
queste leggi non siano quasi mai applicate.
Questo è il motivo per cui questo recente
caso in Italia è così preoccupante.
Stabilisce un precedente che può essere
seguito altrove nell’area dell’Osce” ha detto
Ivanko.Il portavoce Osce ha anche detto
che l’esistenza di una legislazione contro la
diffamazione e delle cosiddette leggi contro
le ingiurie in diversi Stati partecipanti dell’Osce hanno contenuto nel corso degli anni il
lavoro dei media.
Egli ha ricordato che il rappresentante per
la libertà dei media aveva organizzato una
conferenza sull’argomento a Parigi nel
novembre 2003 dal titolo “Che cosa può
essere fatto di più per depenalizzare le
leggi contro la diffamazione”.
Chi ha smarrito la documentazione dell’esattoria Esatri SpA può pagare la quota
utilizzando il conto corrente postale n. 36470201 intestato a Ordine giornalisti
Lombardia, via Appiani 2 – 20121 Milano
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36 (40)
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