Anno XXXIV n. 4 Aprile 2004 Ordine Direzione e redazione Via Appiani, 2 - 20121 Milano Telefono: 02 63 61 171 Telefax: 02 65 54 307 dei giornalisti della Lombardia http://www.odg.mi.it e-mail:[email protected] Spedizione in a.p. (45%) Comma 20 (lettera b) dell’art. 2 della legge n. 662/96 Filiale di Milano Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al Giornalismo Istituto “Carlo De Martino” per la Formazione al Giornalismo IL CIRCOLO GREMITO DI COLLEGHI GIOVANI E MENO GIOVANI “SARÀ L’ANNO DELLA SVOLTA: LAUREA TRIENNALE IL TITOLO MINIMO PER L’ACCESSO ALL’ESAME DI GIORNALISTA” di Daniele Lorenzetti e Antonino Morici La sala Bracco del Circolo della Stampa è già gremita. Saluti, pacche sulle spalle e strette di mano. Inizia una delle assemblee dell’Ordine più affollate degli ultimi anni, come nota con soddisfazione il presidente Franco Abruzzo. A lui tocca presiedere per la quindicesima volta l’annuale riunione degli iscritti all’Ordine dei giornalisti della Lombardia. «Un appuntamento particolarmente importante quest’anno – ha sottolineato Abruzzo nel suo intervento di apertura – in quanto conclude un ciclo di attività, il triennio 2001-2004, e prece- Le relazioni del presidente e dei consiglieri Le tessere ai praticanti delle tre scuole lombarde de le elezioni del prossimo maggio per il rinnovo delle cariche». La relazione del presidente ha questo titolo: “Il 2004 anno della svolta: laurea triennale titolo minimo per l’accesso all’esame di giornalista. Così vuole l’Unione Europea”. È stata un’assemblea sobria e pragmatica, con tre momenti salienti: le relazioni annuali sul bilancio, i discorsi dei vertici delle tre scuole di giornalismo milanesi, e i tradizionali riconoscimenti dell’Ordine alle 20 penne d’oro, alle migliori tesi di laurea, e agli studenti delle scuole con la consegna dei tesserini da praticante, in un ideale abbraccio tra vecchie e nuove firme del giornalismo lombardo. Segue a pagina 2 Medaglia d’oro a venti colleghi per mezzo secolo di Albo Premio tesi di laurea, ecco gli otto vincitori su 255 concorrenti Da pagina 2 a pagina 21 GIORNALISTI ALLE URNE per eleggere i 9 consiglieri regionali e i 25 nazionali nonché i 3 revisori dei conti ORDINE 4 2004 Milano, 24 marzo 2004. Gli iscritti all’elenco professionisti e a quello pubblicisti dell’Albo di Milano saranno convocati in assemblea per l’elezione dei 9 consiglieri regionali e di 25 consiglieri nazionali (14 professionisti e 11 pubblicisti) dell’Ordine. Le operazioni elettorali si svolgeranno, in seconda c o nv o c a z i o n e valida qualunque sia il numero degli intervenuti, il 23 e 24 maggio. Il ballottaggio, invece, si terrà il 30 e 31 maggio. Il Consiglio regionale è formato da sei professionisti e tre pubblicisti. Il Collegio dei revisori dei conti annovera due professionisti e un pubblicista. Si voterà, come negli anni passati, nella Sala Orlando dell’Unione del Commercio di corso Venezia 49. Qui saranno collocate 30 cabine, capaci di smaltire 600 persone in un’ora. La sala di 600 mq è dotata di 600 poltrone. Le operazioni elettorali di prima convocazione (16 maggio) si svolgeranno nella sede dell’Ordine di via Appiani 2 anche se si sa in partenza che saranno da considerare nulle, in quanto è impossibile ipotizzare che votino il 50%+1 dei circa 17mila giornalisti professionisti e pubblicisti iscritti negli elenchi dell’Albo. Non è ammesso il voto per corrispondenza o per delega. I professionisti votano soltanto per i professionisti e i pubblicisti soltanto per i pubblicisti. Il Consiglio, nella seduta del 23 febbraio, ha deciso di aprire soltanto il seggio di Milano: ai giornalisti, che abitano fuori della provincia di Milano e che raggiungeranno Milano per votare, verrà rimborsato il biglietto utilizzato sui mezzi pubblici. IL 23/24 E IL 30/31 MAGGIO INPGI Gabriele Cescutti è presidente Andriolo vicepresidente vicario Condivisa dal Consiglio generale dell’Istituto una dichiarazione programmatica a pagina 22 1 Circolo Relazione della Stampa di Franco giovedì 25 marzo Abruzzo LA RELAZIONE DEL PRESIDENTE I lavori sono stati aperti dalle relazioni sul consuntivo economico. «Sono date e numeri un poco noiosi, lo so – ha scherzato Abruzzo con la platea – ma non possiamo sfuggire alle regole della nostra normativa». È toccato al consigliere tesoriere Davide Colombo esporre le cifre relative al bilancio consuntivo 2003, che presenta un avanzo di esercizio pari a 32.389,74 euro, e al bilancio preventivo 2004. Subito dopo il presidente del Collegio dei revisori dei conti, Alberto Comuzzi, ha evidenziato che dopo l’affidamento della gestione titoli dell’Ordine alla Banca Intesa Spa, «la redditività del portafoglio nel periodo 31/12/2002-31/12/2003 è stata del 3,98%, mentre sul periodo 2 marzo 2003-2 marzo 2004 il rendimento ha toccato il 10,02%». Comuzzi, dopo aver considerato questi dati come «un segnale confortante di ripresa che lascia ben sperare sul recupero del nostro portafoglio», ha invitato l’assemblea ad esprimere un voto favorevole sulle due relazioni, approvate all’unanimità per alzata di mano. Qualche nota preoccupata nella relazione di Letizia Gonzales, consigliere coordinatore dell’Urp, letta da Bruno Ambrosi: «Dall’osservatorio dell’ufficio legale – ha sottolineato – si nota un peggioramento nel rispetto delle tariffe e nei pagamenti ai collaboratori». La lista delle doglianze è lunga: fotografi e giornalisti non retribuiti benché il loro lavoro sia stato regolarmente pubblicato, proliferazione dei service, sfruttamento dei co.co.co, dequalificazione professionale. Un mercato sempre più aggressivo, dunque, in cui i collaboratori vivono da eterni precari. Gonzales ha proposto di «favorire l’associazionismo di gruppi che possano condividere spese, iniziative e progetti comuni per creare dei veri liberi professionisti». «L’anno appena trascorso – ha aggiunto il consigliere segretario Sergio D’Asnasch – ha visto aumentare gli iscritti all’Ordine. All’inizio del 2004 il totale dei giornalisti nella nostra Regione è di 20.743 contro i 19.972 del 2003. I professionisti sono saliti a 6410, rispetto ai 6057 dell’anno precedente». D’Asnasch ha poi ricordato come l’Ordine, dopo la creazione nell’attuale sede di via Appiani di una biblioteca di 3.600 volumi di storia nazionale ed europea, storia e diritto del giornalismo e dell’editoria, sia attualmente impegnato nella ricerca di una nuova sede (ne è stata individuata una all’angolo tra via Fabio Filzi e via Locatelli, il cui acquisto è stato proposto all’Inpgi). Sono seguite le relazioni dei vertici delle tre scuole di giornalismo di Milano. Accanto all’Ifg “De Martino”, l’istituto di più lunga tradi- 2 “Il 2004 anno della svolta: laurea triennale titolo minimo per l’accesso all’esame di giornalista. Così vuole l’Unione europea” 1. I dati statistici sulle decisioni disciplinari dal 1997 al 2003 segue dalla prima pagina LA CRONACA DELLA GIORNATA Franco Abruzzo zione in Italia, e alla Cattolica, da quest’anno si è aggiunto lo Iulm. Stringato l’intervento di Bruno Ambrosi, presidente dell’Afg “Walter Tobagi”: «Mi esimo – ha detto – dall’infliggervi la lettura della relazione scritta, limitandomi all’ammonimento di un maestro del giornalismo come Kapuscinski, che ne condensa il significato: i cinici non sono adatti al nostro mestiere». Prima di lasciare la parola agli altri relatori, Ambrosi, riferendosi alle imminenti elezioni per il rinnovo dei vertici dell’Ordine, ha aggiunto: «Auguro a chi avrà il privilegio di reggere le sorti dell’Afg di operare con l’impegno che è stato profuso in questi nove anni». Il condirettore della Scuola di Giornalismo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Giorgio Simonelli, ha sottolineato come «l’aumento delle richieste di iscrizione ai corsi confermi il ruolo privilegiato per la formazione rivestito dalle università». Per Angelo Agostini, coordinatore editoriale del master in giornalismo dello Iulm, è stato il primo intervento all’assemblea annuale dell’Ordine lombardo. Ma l’attesa era tutta per il momento più emozionante: la consegna delle medaglie d’oro, dei premi per le tesi di laurea e dei tesserini da praticante. Dei 20 decani con cinquant’anni di iscrizione alle spalle, tra i quali molti cronisti del vecchio e glorioso Giorno, assenti giustificati Jole Giannini e Franco Gallini (è stato il figlio a ritirare la medaglia per lui). «Sono davvero emozionato nel premiare colleghi con cui spesso ho condiviso anni di amicizia ed esperienze professionali», ha detto il presidente Abruzzo introducendo la consegna delle penne d’oro. Quanto alle tesi di laurea, il 2004 è stato un anno di grande successo con ben 255 tesi sottoposte alla giuria che ha dovuto lavorare sodo per scegliere le più meritevoli. I premi sono andati a Paolo Beltramin, Roberta Frau, Daniele Memola, Maria Chiara Merli, Marta Pasuch, Monica Pinna, Mattia Mirko Stanzani e Massimo Veneziani. Per tutti, tanta emozione e il sorriso delle giornate da ricordare. E infine, per chiudere in bellezza, la consegna del tesserino azzurro da praticante: in rigoroso ordine alfabetico, i 72 allievi delle scuole milanesi hanno ricevuto l’agognata tessera, primo passo verso il traguardo del professionismo. Immancabile la stretta di mano di Abruzzo e Ambrosi, inevitabile la ressa di amici e fotografi. Quest’anno l’affetto e il battimano dei compagni è stato davvero fragoroso. Ultimi flash di un’assemblea da ricordare, prima del ricco buffet a base di vino, tartine e sorrisi nella sala adiacente. Daniele Lorenzetti e Antonino Morici L’assemblea è chiamata ad approvare i bilanci dell’ente, che per legge sono illustrati dal consigliere tesoriere e dai revisori dei conti. Il mio rendiconto riguarda, invece, le decisioni disciplinari e tutte quelle pronunce rese come pareri nel corso del 2003: Anno 1997 Procedimenti avviati n. 32; procedimenti archiviati n. 41. Sanzioni disciplinari inflitte: Avvertimento n. 2; Censura n. 1; Sospensione n. 1. 77 interventi Anno 1998 Procedimenti avviati n. 21; procedimenti archiviati n. 42. Sanzioni disciplinari inflitte: Avvertimento n. 7; Censura n. 6; Sospensione n. 1. 77 interventi Anno 1999 Procedimenti avviati n. 16; procedimenti archiviati n. 57; Sanzioni disciplinari inflitte: Censura n. 1; Sospensione n. 1. 75 interventi Anno 2000 Procedimenti avviati n. 30; procedimenti archiviati n. 71; Sanzioni disciplinari inflitte: Avvertimento n. 2; Censura n. 2; Sospensione n. 3; Radiazione n. 2. 110 interventi Anno 2001 Procedimenti avviati n. 23; procedimenti archiviati n. 37; Sanzioni disciplinari inflitte: avvertimento orale n. 4; censura n. 2. 66 interventi Anno 2002 Procedimenti avviati n. 24; procedimenti archiviati n. 55; Sanzioni disciplinari: avvertimento orale n. 2; censure n. 2; sospensione n. 3. 86 interventi Anno 2003 Procedimenti avviati n. 9; procedimenti archiviati n. 44; Sanzioni disciplinari: avvertimento orale n. 1; avvertimento scritto n. 7; censure n. 2; sospensione n. 0; radiazioni n. 3 = 66 interventi Anno 2004 Procedimenti pendenti: n. 69 2. “Professioni, decide solo lo Stato”. Giornalisti vicini alla laurea 2.1. L’Ordine di Milano bloccato dal ministro dell’Università mentre si accingeva a disapplicare la normativa italiana sull’accesso a favore di quella comunitaria, che prevede il possesso di una laurea minima triennale come condizione per esercitare una professione intellettuale regolamentata. Dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, si è ritenuto (erroneamente) che lo Stato avesse perso i suoi poteri regolamentari e che non potesse, quindi, riscrivere il Dpr n. 328/2001, allargandolo ai giornalisti, agli informatici, agli statistici e ai consulenti del lavoro. Il ministero dell’Istruzione/Università nell’ottobre 2003 ha rimeditato la questione del collegamento tra laurea universitaria, praticantato giornalistico ed esame di Stato, dando disco verde alle modifiche del Dpr n. 328/2001 e istituendo una commissione ad hoc guidata dal sottosegretario di Stato Maria Grazia Siliquini. Conseguentemente il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia ha bloccato una delibera con la quale lo stesso Consiglio, quale autorità amministrativa, avrebbe disapplicato (in forza delle sentenze n. causa 103/1988 della Corte di Giustizia Ce 22 luglio 1989 e n. 389/1989 della Corte costituzionale) l’articolo 33 (commi 4, 5, 6 e 7) della legge n. 69/1963, affermando la prevalenza (in base alla sentenza n. 389/1989 della Corte costituzionale) sulla norma interna della Direttiva n. 89/48/CEE. Questa direttiva, in base alla sentenza della quarta sezione della Corte di Giustizia europea nella causa C- 285/00, si applica “alle professioni regolamentate, cioè a quelle per le quali l’accesso o l’esercizio sono subordinati, direttamente o indirettamente, mediante disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, al possesso di un diploma universitario della durata minima di tre anni”. In sostanza l’Ordine di Milano, se non ci fosse stato il ripensamento del ministro, avrebbe chiesto ai praticanti il possesso di una laurea triennale qualsiasi come condizione vincolante per sostenere l’esame di giornalista. Sono mutati i requisiti culturali per l’esercizio di una professione nell’ambito dei Paesi Ue e, quindi, i giornalisti professionisti italiani non possono essere discriminati rispetto agli altri professionisti italiani e a quelli europei sotto il profilo della preparazione universitaria minima di tre anni, principio al quale devono attenersi anche alcune professioni un tempo collegate a un diploma di scuola media superiore (geometri, ragionieri, periti agrari e periti industriali). Con l’iniziativa del ministro Moratti e del sottosegretario Siliquini, è prevedibile che nel giro di 4-6 mesi l’accesso al praticantato giornalistico e all’esame di Stato sia vincolato esclusivamente al possesso di una laurea (qualsiasi) conseguita al termine di un percorso minimo di tre anni. Il 2004, quindi, è l’anno della svolta. La pratica (di durata biennale) potrà essere svolta nelle redazioni (di quotidiani, periodici, agenzie di stampa, telegiornali, radiogiornali, testate web); nelle scuole di giornalismo, nei master universitari e nei corsi di laurea in giornalismo (riconosciuti dall’Ordine). La modifica del Dpr n. 328/2001 presuppone una prima approvazione del testo da parte del Consiglio dei ministri, l’acquisizione successiva di tre pareri (tra i quali quello del Consiglio di Stato) e, quindi, una seconda approvazione da parte del Consiglio dei ministri. Segue la pubblicazione del Dpr nella Gazzetta Ufficiale. Un Dpr, che, comunque, fotografa quello che avviene nelle scuole e nei master universitari di giornalismo: la laurea è la condizione per poter partecipare ai concorsi selettivi. 2.2. Le Regioni non possono istituire nuove professioni. Questo è l’assunto centrale della sentenza n. 353 (depositata il 12 dicembre 2003) della Corte costituzionale, che ha abrogato (in quanto “illegittima”) una legge piemontese istitutiva di figure sanitarie. La sentenza chiarisce l’ambito delle competenze concorrenti tra Stato e Regioni e afferma che la materia delle professioni, con i relativi profili ed ordinamenti didattici, appartiene soltanto allo Stato. L’importanza della nuova pronuncia è tutta nelle date: la sentenza del 12 dicembre 2003 è la prima dopo la riforma (legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3) del Titolo V, che al terzo comma dell’articolo 117 afferma: ORDINE 4 2004 Una veduta del salone napoleonico del Circolo della Stampa durante l’assemblea del 25 marzo A fianco, il presidente Franco Abruzzo con accanto il vicepresidente Brunello Tanzi. Tutte le immagini dedicate all’assemblea sono state riprese da Walter Meloni. “Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”. Una sentenza della Corte costituzionale (la n. 271 del 22 luglio 1996), in tema di principi fondamentali, afferma che “nella materia di competenza concorrente, i principi fondamentali risultanti dalla legislazione statale esistente, assolvono alla funzione loro propria, che è quella di unificare il sistema delle autonomie ai livelli più alti, solo quando hanno il carattere di stabilità e univocità”. La sentenza n. 353/2003 ribadisce sul punto che “i relativi principi fondamentali, non essendone stati, fino ad ora, formulati dei nuovi, sono pertanto da considerare quelli, secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. sentenze n. 201 del 2003 e n. 282 del 2002), risultanti dalla legislazione statale già in vigore”. 2.3. L’assetto attuale delle professioni. Il Dlgs n. 300/1999 affida al ministero della Giustizia la vigilanza sugli Ordini professionali e al ministero dell’Istruzione/Università la “missione” di formare i nuovi professionisti. Il comma 18 dell’articolo 1 della legge n. 4/1999 conferisce al ministero dell’Istruzione/Università, di concerto con quello della Giustizia, il compito di “integrare e modificare” con regolamento gli attuali ordinamenti sull’accesso alla professioni e di raccordarli con le lauree triennali e con le lauree specialistiche biennali. Il regolamento (Dpr n. 328/2001) disciplina la maggioranza delle professioni intellettuali (dottore agronomo e dottore forestale, agrotecnico, architetto, assistente sociale, attuario, biologo, chimico, geologo, geometra, ingegnere, perito agrario, perito industriale, psicologo) e trascura quelle dei giornalisti, degli informatici, degli statistici e dei consulenti del lavoro. Con parere 7 maggio 2002 n. 2228 il Consiglio di Stato ha scritto che “non sussistono motivi ostativi alla riforma dell’ordinamento professionale dei giornalisti, come previsto dall’articolo 1 (comma 18) della legge n. 4/1999”. 3. La Corte di Strasburgo impone l’alt alle perquisizioni negli uffici dei giornalisti e dei loro avvocati. È un grande fatto civile L’ordinamento europeo impedisce ai giudici nazionali di ordinare perquisizioni negli uffici e nelle abitazioni dei giornalisti nonché nelle “dimore” dei loro avvocati a caccia di prove sulle fonti confidenziali dei cronisti: “La libertà d’espressione costituisce uno dei fondamenti essenziali di una società democratica, e le garanzie da concedere alla stampa rivestono un’importanza particolare. La protezione delle fonti giornalistiche è uno dei pilastri della libertà di stampa. L’assenza di una tale protezione potrebbe dissuadere le fonti giornalistiche dall’aiutare la stampa a informare il pubblico su questioni d’interesse generale. Di conseguenza, la stampa potrebbe essere meno in grado di svolgere il suo ruolo indispensabile di “cane da guardia” e il suo atteggiamento nel fornire informazioni precise e affidabili potrebbe risultare ridotto”. Questi sono i principi sanciti nella sentenza 25 febbraio 2003 ORDINE 4 2004 (Procedimento n. 51772/99) della quarta sezione della Corte europea dei diritti dell’uomo. Va detto che gli articoli della Convenzione operano e incidono unitamente alle interpretazioni che la Corte di Strasburgo ne dà attraverso le sentenze. Le sentenze formano quel diritto vivente al quale i giudici dei vari Stati contraenti sono chiamati ad adeguarsi sul modello della giustizia inglese. Questa sentenza, tradotta ed asseverata in tribunale nonché pubblicata nel sito web dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, è a disposizione dei giornalisti presi di mira dai Gip e dal Pm. Il segreto professionale dei giornalisti è tutelato solennemente dall’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, mentre l’articolo 8 della stessa Convenzione protegge il domicilio dei legali. Si legge nella sentenza: “Secondo l’opinione della Corte il presente caso si distingue dal caso Goodwin in un punto fondamentale. In quest’ultimo caso l’ingiunzione (di un tribunale inglese, ndr) aveva intimato al giornalista di rivelare l’identità del suo informatore, mentre nel caso in oggetto sono state effettuate perquisizioni presso il domicilio e il luogo di lavoro del giornalista. La Corte giudica che delle perquisizioni aventi per oggetto di scoprire la fonte di un giornalista costituiscono anche se restano senza risultato - un’azione più grave dell’intimazione di divulgare l’identità della fonte. Infatti, gli inquirenti che, muniti di un mandato di perquisizione, sorprendono un giornalista nel suo luogo di lavoro, detengono poteri d’indagine estremamente ampi poiché, per definizione, possono accedere a tutta la documentazione in possesso del giornalista. La Corte, che non può fare altro se non rammentare che “i limiti definiti per la riservatezza delle fonti giornalistiche esigono da parte [sua] (...) l’esame più scrupoloso possibile” (vedi sopra il provvedimento Goodwin citato, § 40), è quindi del parere che le perquisizioni effettuate presso il giornalista erano ancora più lesive nei confronti della protezione delle fonti di quelle adottate nel caso Goodwin. In considerazione di quanto precede, la Corte giunge alla conclusione che il Governo non ha dimostrato che l’equilibrio degli interessi in oggetto, vale a dire, da un lato, la protezione delle fonti e, dall’altro, la prevenzione e repressione dei reati, sia stato salvaguardato. A tale scopo rammenta che “le considerazioni di cui devono tenere conto le istituzioni della Convenzione per esercitare il loro controllo nell’ambito del par. 2 dell’art.10 fanno pendere la bilancia degli interessi in oggetto in favore di quello della difesa della libertà di stampa in una società democratica” (vedi sopra il provvedimento Goodwin citato, § 45)”. Le novità di Strasburgo sono un grande fatto civile, che non verrà smentito dai magistrati italiani. Una brutta pagina (le perquisizioni) dovrebbe essere alle nostre spalle. Per sempre. 4. Commistione informazione/pubblicità questione deontologica primaria Ho richiamato l’attenzione dei direttori responsabili e di tutti i colleghi sul tema della commistione pubblicità/informazione, diffondendo di nuovo la delibera 19 novembre 1997 del nostro Consiglio, che mantiene inalterata la sua attualità e il suo valore giuridico come atto amministrativo. Si tratta di difendere la qualità dell’informazione oggi infiltrata in moltissimi casi dalla pubblicità. La pubblicità mascherata uccide l’informazione. L’ articolo 44 del vigente Contratto nazionale di lavoro (che ha forza di legge con il Dpr n. 153/1961), che impone la separazione tra informazione e pubblicità, ingloba una “delibera di indirizzo” (del 20 novembre 1986) di questo Consiglio che, richiamandosi ai principi etici della professione (articoli 2 e 48 della legge 3.2.1963 n. 69), invita i giornalisti a rafforzare soprattutto il rapporto di “fiducia tra la stampa e i lettori” e a osservare sempre “i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede”. La distinzione tra messaggi pubblicitari e testi giornalistici è una regola che figura adesso anche nella Carta dei doveri del giornalista» firmata l’8 luglio 1993 dall’Ordine nazionale e dalla Fnsi con la precisazione che “il pubblico deve essere comunque posto in grado di riconoscere il lavoro giornalistico dal messaggio promozionale”. Anche la legge n. 223/1990 sul sistema radiotelevisivo pubblico e privato dice all’articolo 8 che “la pubblicità televisiva e radiofonica deve essere riconoscibile come tale ed essere distinta dal resto dei programmi con mezzi ottici o acustici di evidente percezione”. La responsabilità del direttore emerge anche dalla legge 633/1941: il direttore è, infatti, “autore dell’opera collettiva dell’ingegno” che è il giornale o il periodico. Il Consiglio osserva che un giornalista, sia redattore o direttore, non può ignorare le norme sancite dal legislatore a tutela dei consumatori (e dei lettori) e soprattutto il principio che “la pubblicità deve essere palese, veritiera e corretta” (articolo 1, comma 2, del Decreto legislativo 25 gennaio 1992 n. 74). Il direttore è da considerare responsabile della correttezza del messaggio pubblicitario in quanto, come ha stabilito questo Consiglio, “è tenuto per legge a controllare (anche) i testi pubblicitari” che appaiono sul giornale al fine, come nei casi condannati dall’Antitrust, di evitare che i lettori siano ingannati dai messaggi pubblicitari spacciati in maniera truffaldina per articoli. Ogni comportamento omissivo è un tradimento della professione giornalistica. 4.1. Confermata la sanzione (censura) al direttore di Starbene: in casi di commistione pubblicità-informazione il direttore ha il dovere di rendere pubblico almeno il dissenso dalle scelte dell’Ufficio marketing. Sanzione della censura per il direttore responsabile della rivista Starbene (Mondadori) con la sentenza n. 1827/2003 della prima sezione civile della Corte d’appello di Milano, che ha confermato la sanzione inflitta il 10 novembre 1996 dall’Ordine di Milano, il 20 marzo 2002 dall’Ordine nazionale e poi il 24 ottobre 2002 dal Tribunale civile di Milano. In sostanza la Corte d’Appello ha affermato la responsabilità soggettiva del direttore per culpa in vigilando in merito a due casi di pubblicità ingannevole. “Il direttore quantomeno avrebbe potuto evidenziare – scrivono i giudici - il proprio dissenso all’ufficio marketing, già in relazione al numero 26 ed a maggior ragione laddove l’episodio si ripeteva con il n. 27 (della rivista Starbene), essendo fatto grave che un direttore responsabile tolleri che nella pubblicazione da lui diretta siano inseriti, non solo dépliants separatamente aggiunti, ma anche pagine che vadano a formare un corpo unico con la rivista stessa, senza esercitare in alcun modo quel controllo che il ruolo svolto rigorosamente impone. Il direttore avrebbe avuto l’onere di intervenire presso l’editore e/o presso l’ufficio marketing e/o presso l’ufficio diffusione periodici, con un ventaglio di possibilità, che andavano dalla richiesta più drastica di bloccare la distribuzione a quella più lieve di semplice segnalazione del proprio dissenso. Al contrario non ha ritenuto di intervenire in alcun modo ed in questa inerzia non può che ravvisarsi una sua grave omissione. Né poteva legittimamente temere di esporsi in modo pericoloso nei confronti dell’editore (dato e non concesso che un simile timore rappresenti un’esimente o un’attenuante alla propria responsabilità) posto che nei suoi confronti avrebbe avuto facile gioco limitandosi a rappresentare le già ricevute proteste della redazione e del fiduciario sindacale”. 4.2. Giornaliste “attrici pubblicitarie”. Il Consiglio ha sanzionato due giornaliste, che si sono prestate a trasformarsi in “attrici” pubblicitarie. Gli strateghi del marketing aziendale ritengono oggi che il messaggio pubblicitario sia più incisivo e penetrante se è presentato da un giornalista all’interno di una trasmissione televisiva di cui lo stesso giornalista è un protagonista di prestigio. Il Consiglio ha costantemente affermato che esiste una strategia precisa secondo la quale la pubblicità deve presentarsi come informazione, cioè con il volto e la firma dei giornalisti. Si punta a collocare il messaggio pubblicitario in maniera sempre più diretta all’interno dell’informazione. Non c’è niente di meglio che far recitare lo spot pubblicitario a una giornalista, che lavora con il suo volto e il suo nome all’interno della trasmissione stessa. Questa strategia finisce per inquinare la figura del giornalista professionista. La nuova frontiera della pubblicità, che sta invadendo l’informazione, mette in discussione l’autonomia professionale del giornalista con ricadute lesive sull’immagine del giornalista, dell’Ordine e della professione. La confusione dei ruoli crea quel clima negativo che limita l’autonomia professionale, perché elimina il confine morale tra informazione e pubblicità. Confine morale che (in passato e in molti casi) è saltato quando telecronista e teleoperatore di concerto decidono di inquadrare i messaggi pubblicitari cartellonistici posti all’interno di un campo di calcio, lungo il percorso di una corsa ciclistica o di una gara automobilistica. Le giornaliste sanzionate hanno violato l’obbligo di esercitare “in modo esclusivo e continuativo” la professione (articolo 1, comma 3, della legge n. 69/1963 sull’ordinamento della professione giornalistica). Questo assunto può ammettere eccezioni nel senso di svolgere attività gratuite volte alla promozione dei diritti umani, della solidarietà e dell’ambiente, che sono “principi fondamentali” della nostra Carta costituzionale. Prestare il nome, la voce, l’immagine per iniziative pubblicitarie realizza di per sé una attività incompatibile con la tutela dell’autonomia professionale, perché determina una violazione dell’obbligo di esercitare “in modo esclusivo e continuativo” la professione. I principi della Carta dei doveri vanno letti dentro l’articolo 1 della legge professionale. Chi si trova in questa situazione pone in essere comportamenti che recano una ferita alla propria dignità, alla dignità della professione giornalistica e dell’Ordine al quale appartiene. Nell’ordinamento giornalistico lo spartiacque pubblicità/informazione è un principio morale ineludibile da parte degli iscritti gelosi della loro autonomia e della loro credibilità “esterna”. Il giornalista non solo deve essere, ma deve anche apparire corretto. L’articolo 2 della legge n. 69/1963 protegge il comportamento “interno” (“l’essere”) della professione, mentre l’articolo 48 tutela la proiezione “esterna” (“l’apparire”) della professione: il come gli altri percepiscono l’immagine del giornalista attraverso i suoi comportamenti pubblici. 4.3. I contenitori pubblicitari che mescolano inserzioni e articoli funzionali alle inserzioni. La commistione pubblicità/informazione appare una risposta miope e sbagliata da parte degli editori, che non si pongono il problema di difendere anche l’immagine delle testate, della professione giornalistica e dei loro redattori. Nessuno avversa la pubblicità, ma la si vuole soltanto corretta. Il Consiglio non può (sentenza n, 11/1968 della Corte costituzionale) e non intende giudicare gli articoli, che accompagnano 3 Bilanci Circolo esperienze della Stampa e prospettive giovedì 25 marzo LE RELAZIONI DEI CONSIGLIERI spesso le inserzioni pubblicitarie. Gli articoli sono estranei al giudizio disciplinare, ma sono e appaiono funzionali alla pubblicità ospitata nel “contenitore” (il caso specifico riguarda il Corriere della Sera). Il Consiglio ha ritenuto che l’editore del Corriere della Sera abbia tenuto una condotta illecita tale da generare una responsabilità civile poiché “la violazione delle norme interne della categoria professionale è sufficiente per qualificare il fatto compiuto come ingiusto” (in tal senso sentenza del Tribunale di Udine del 23 febbraio 1998 in Resp. civ. prev., 1998, 1500). L’esistenza di un fatto ingiusto obbliga al risarcimento del danno ex art. 2043 del Codice Civile. Conseguentemente il Consiglio ha deliberato di agire in sede giudiziaria civile contro l’editore del Corriere della Sera per le responsabilità emerse a suo carico nel corso dell’istruttoria nonché di sottoporre in futuro all’esame del Tribunale civile di Milano eventuali analoghi comportamenti di altri gruppi editoriali lombardi. Il Consiglio ha deliberato di agire contro altri editori che mescolano inserzioni ed articoli, arrecando danni incalcolabili all’immagine della professione giornalistica. 5. Mobbing in redazione “pratica” in crescita Mi sono occupato anche di alcune vicende, che richiamano la parola mobbing. Gli interventi sono avvenuti nel quadro dei poteri istruttori che mi conferisce l’articolo 6 della legge n. 241/1990 e a tutela della dignità dei colleghi. L’Ordine, - come afferma la sentenza n. 11/1968 della Corte costituzionale -, ha il compito di “contribuire a garantire il rispetto della personalità dei giornalisti e, quindi, della loro libertà nei confronti del contrapposto potere economico del datori di lavoro, compito, questo, che supera di gran lunga la tutela sindacale dei diritti della categoria”. “La necessità della vigilanza dell’Ordine non è predisposta a tutela della sola libertà dei singoli giornalisti, ma è strumento, sia pur mediato, di garanzia dell’interesse generale sottostante al diritto riconosciuto dall’art. 21 della Costituzione” (sentenza n. 2/1971 della Corte Costituzionale). Le vicende sono legate a episodi di dequalificazione professionale con inviti a lasciare l’azienda dietro elargizione di quattrini spesso in un contesto clinico preoccupante. Va detto che offerte di questo tipo coronano normalmente attività aziendali da mobbing. La persona prima viene portata alla disperazione e alla malattia, poi viene espulsa dal processo produttivo oppure demansionata radicalmente. La letteratura giuridico-sindacale è ricca di tali … esempi. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 515/2004, ha stabilito che le dimissioni date in un grave stato psichico sono annullabili dal giudice. Il potere di assegnare le mansioni spetta ai direttori responsabili (art. 6 Cnlg): si tratta di una attribuzione a “salvaguardia di un interesse generale di rilievo costituzionale” (sentenza n. 2/1971 della Corte costituzionale), che “non può essere oggetto di interferenza esterna”. L’azienda non può, quindi, impartire ai direttori disposizioni in contrasto con la deontologia professionale (articolo 6 del Cnlg), con il rispetto delle leggi e dei diritti fondamentali della persona. I giornalisti, come tutti i cittadini, hanno il dovere, invece, di essere fedeli alla 4 Costituzione e alle leggi della Repubblica (articolo 54 Cost.). Secondo la sentenza n. 359/2003 della Corte costituzionale, “la giurisprudenza ha, prevalentemente, ricondotto le concrete fattispecie di mobbing nella previsione dell’articolo 2087 cod. civ. che, sotto la rubrica “tutela delle condizioni di lavoro”, contiene il precetto secondo cui “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”, e che è stato inteso come fonte di responsabilità anche contrattuale del datore di lavoro”. La Consulta ha rilevato che, pur non essendo stata mai approvata dal Parlamento italiano un’apposita e specifica legge per contrastare il grave fenomeno, “la disciplina del mobbing, valutata nella sua complessità e sotto il profilo della regolazione degli effetti sul rapporto di lavoro, rientra nell’ordinamento civile (vedi art. 117 della Costituzione) e, comunque, non può non mirare a salvaguardare sul luogo di lavoro la dignità ed i diritti fondamentali del lavoratore (artt. 2 e 3 della Costituzione). Per quanto concerne l’incidenza che gli atti vessatori possono avere sulla salute fisica (malattie psicosomatiche) e psichica del lavoratore (disturbi dell’umore, patologie gravi), la disciplina che tali conseguenze considera rientra nella tutela e sicurezza del lavoro nonché nella tutela della salute, cui la prima si ricollega, quale che sia l’ampiezza che le si debba attribuire. Di ciò si ha conferma negli atti interni e comunitari che finora si sono occupati del fenomeno”. L’articolo 41 della Costituzione, nel proclamare che “l’iniziativa economica privata è libera”, afferma che essa “non può svolgersi.....in modo da recare danno...alla... dignità umana”. La Costituzione pone in sostanza e in modo esplicito un veto insuperabile a comportamenti aziendali improntati alla disuguaglianza e alla dequalificazione dei lavoratori. I dirigenti aziendali devono pertanto rispettare le norme costituzionali (2, 3, 32 e 41 Cost.), civilistiche (artt. 2103 e 2087 Cc), contrattuali (artt. 1 e 6 del Cnlg) e deontologiche della professione giornalistica (artt. 2 e 48 della legge n. 69/1963). Le aziende non hanno la libertà di agire come credono. Chi si macchia di mobbing, come dimostra la giurisprudenza, può essere perseguito anche in sede penale (con la contestazione del reato di violenza privata o di maltrattamenti). Questo Consiglio conosce bene tutti gli aspetti del mobbing attraverso gli studi condotti dalla collega Paola Pastacaldi e pubblicati su Tabloid (marzo 2004) e nel nostro sito. 6. Conclusioni. Le elezioni di maggio in un clima di concordia e di serenità Questa relazione conclude l’attività del triennio 2001-2004. In maggio i giornalisti lombardi torneranno alle urne per eleggere i 9 consiglieri regionali e i tre revisori dei conti nonché 25 consiglieri nazionali (14 professionisti e 11 pubblicisti). Da parte mia mi adopererò perché attorno alla nostra massima Istituzione ci sia la più ampia concordia e perché le elezioni avvengano in un clima sereno. Franco Abruzzo Relazione del consigliere segretario Sergio D’Asnasch “Una nuova sede e la biblioteca sul giornalismo i fatti nuovi” Cari colleghi, gli iscritti all’Ordine dei giornalisti della Lombardia sono aumentati anche nel corso dell’ultimo anno, come era avvenuto in quelli precedenti. All’inizio del 2004 il totale dei giornalisti della nostra regione è di 20.743, contro i 19.972 del 2003. I professionisti sono 6.410, i pubblicisti 10.456, i praticanti 664, gli iscritti all’elenco speciali 3.402. Vanno infine aggiunti 45 iscritti all’elenco stranieri e 13 all’elenco temporaneo. I professionisti sono saliti a 6.410, rispetto ai 6.057 dell’anno precedente. Di questi il 58,65% sono uomini ed il 41,35% donne. Da sottolineare che la presenza femminile nella nostra professione è sempre più rilevante: nel 2003 le donne erano il 41%. È, invece, calato, seppure di poco, il numero dei praticanti: 664 contro 669. La diminuzione delle nuove leve si sta del resto verificando da diversi anni: nel 2002 i praticanti erano stati molti di più, 805. È la dimostrazione di come gli editori cerchino di evitare le assunzioni dei giovani con regolare contratto di praticantato. Ricorrono invece a tipi di rapporti meno impegnativi per loro e che soprattutto evitino gli oneri previdenziali, insiti nei regolari contratti a tempo pieno. Il nostro Ordine cerca di contrastare questa tendenza degli editori, riconoscendo il praticantato di ufficio a coloro che dimostrino di averlo fatto, con un rapporto costante di lavoro presso una o più redazioni. Lo segnaliamo quindi all’Inpgi perché possa verificare, attraverso i suoi ispettori, se non si sia trattato di un vero e proprio abuso a carico di questi giovani, obbligando quindi i responsabili al pagamento dei contributi arretrati e delle relative multe. Talvolta i nostri praticanti di ufficio sono poi costretti a rivolgersi al pretore del lavoro, perché il contratto di lavoro giornalistico sia loro riconosciuto a tutti gli effetti. È nostra profonda soddisfazione constatare che la magistratura ha sempre confermato nelle sue sentenze quanto l’Ordine aveva già stabilito riconoscendo il praticantato di ufficio. L’Ordine della Lombardia è stato il primo a seguire questa strada contro il precariato e lo sfruttamento e continuerà a farlo. I pubblicisti sono aumentati quest’anno a 10.456, dai 9.982 del 2003. Ciò è dovuto principalmente alla legge 150/2000, che ha previsto l’obbligatorietà di iscrizione all’Ordine per coloro che svolgono lavoro di ufficio stampa presso enti pubblici. L’iscrizione viene ottenuta frequentando gli appositi corsi organizzati dall’Ordine stesso o da altri enti autorizzati. Per non creare discriminazioni, è stato deciso dall’Ordine nazionale che simile procedura possa essere usata anche da coloro che operi- no in uffici stampa di organismi privati. Finora, invece, il tesserino di pubblicista poteva essere ottenuto solo dimostrando la pubblicazione “non occasionale e retribuita” di articoli presso testate giornalistiche. Gli effetti della legge 150/2000 si prevede che si avranno ancora per un paio di anni almeno. L’Ordine dei giornalisti della Lombardia è attualmente impegnato nella ricerca di una nuova sede. In seguito alle fusioni bancarie, sono state messe in vendita diverse sedi di agenzia. A noi ne è stata offerta una all’angolo tra via Fabio Filzi e via Locatelli 6, poco distante da dove ci troviamo adesso, in via Appiani. Sono 620 metri quadrati al prezzo di un milione e 465 mila euro. Il prezzo al metro quadrato è di 4.800.000 vecchie lire: veramente poco se si pensa che ci troviamo proprio in una nelle zone centrali e di maggior sviluppo della città. Alla cifra richiesta va però aggiunto il 20% di Iva. Dopo averci ben riflettuto, il Consiglio dell’Ordine ha deciso di non procedere in proprio all’acquisto, con relativo mutuo, ma di proporlo all’Inpgi, assicurandogli un affitto pari al 5-5,5% annuo. L’Inpgi fa un ottimo affare, nel quadro dei suoi investimenti immobiliari, e l’Ordine potrà avere una sede più spaziosa e razionale, pagando lo stesso affitto dell’attuale in via Appiani. Le pratiche per questa soluzione sono bene avviate. Un’altra iniziativa a livello organizzativo da segnalare è la biblioteca che l’Ordine ha creato, con circa 3.600 volumi relativi soprattutto alla storia nazionale ed europea, alla storia del giornalismo, al diritto del giornalismo e dell’editoria. I colleghi Paolo Pozzi e Olga Piscitelli hanno provveduto a classificare i libri attraverso un sistema computerizzato che ne rende facilissima l’individuazione. La biblioteca si sta dimostrando di grande utilità per ricerche, attinenti anche a tesi di laurea di argomento giornalistico. Le tesi in questo campo sono del resto in continuo aumento nelle Università italiane, come dimostra anche il crescente numero di neo laureati che partecipano al concorso da noi indetto per premiare le migliori tesi di argomento giornalistico. Le cerimonie di premiazione sono ormai una tradizione di queste nostre assemblee. Come segretario, sento il dovere – anche a nome del presidente e dell’intero Consiglio - di dire grazie al nostro personale, dal direttore agli impiegati, per il grande impegno profuso nell’espletamento degli incarichi non facili quanto delicati e nell’ascolto dei nostri colleghi, che sempre più numerosi si presentano agli sportelli dell’Ordine. ORDINE 4 2004 Relazione del consigliere coordinatore dell’Urp Relazione del consigliere tesoriere Letizia Gonzales Davide Colombo “Ordine: una casa comune per i liberi professionisti” “Gestione tranquilla e improntata all’economicità, mentre sono attesi sviluppi per la nostra azione contro Bipop-Carire” Cari colleghi, partiamo dai numeri. 600, 700 giornalisti o aspiranti tali ricevuti direttamente in un anno nei nostri uffici. Altrettanti colleghi assistiti dal servizio legale gestito dall’avv. Luisella Nicosia. Un altro migliaio i colleghi ricevuti dal dott. Salvatore Gentile dello Studio Marcianesi & Partners, responsabile dell’ufficio fiscale, per questioni relative a partita Iva, fatturazione dei compensi dopo l’introduzione della cosiddetta “riforma Biagi” (ha riscritto totalmente le collaborazioni occasionali e quelle coordinate e continuative), compilazione della dichiarazione dei redditi. 120.000 euro di piccoli crediti recuperati in tre anni di lavoro e più di 5.000 risposte evase ai quesiti posti attraverso e-mail. Queste in sintesi le cifre che rappresentano il grande lavoro dell’ufficio relazioni con il pubblico (le consulenze sono tutte gratuite) affidato al mio coordinamento. Problemi ricorrenti. Dall’osservatorio dell’ufficio legale si nota un peggioramento nel rispetto delle tariffe e nei pagamenti ai collaboratori. Troppo spesso fotografi e giornalisti non vengono retribuiti benché il lavoro commissionatosia stato regolarmente pubblicato. Crescono le richieste di collaborazione ma anche i servizi pubblicati senza firma o interamente copiati soprattutto su Internet. Il proliferare poi dei service spesso improvvisati e scorretti contribuiscono al forte disagio dei collaboratori che sono malamente sfruttati e pagati poco e male. L’impressione è di un mercato sempre più aggressivo, privo di regole dove il lavoro autonomo è sempre più a rischio. Purtroppo, segnala ancora l’avvocato Nicosia nella sua relazione sono in aumento nelle aziende i casi di dequalificazione professionale attraverso vessazioni o aumenti esagerati del carico di lavoro per costringere il professionista a gettare la spugna o accettare trasferimenti in altre sezioni del giornale o in altre testate. L’Ordine lombardo, come ho sottolineato già nella relazione dell’anno scorso è diventato un solido sostegno ed un valido punto di riferimento per la miriade di colleghi freelance (in gran parte pubblicisti) che trovano nei nostri uffici risposte ai loro quesiti professionali, fiscali e legali quando occorre. Si sa che il lavoro autonomo, anche nel nostro settore è aumentato moltissimo in questi ultimi anni creando un esercito di co.co.co. che ha superato in larga misura i giornalisti “garantiti”, quelli cioè che hanno un posto fisso in redazione. La legge Biagi consente infatti ai lavoratori autonomi iscritti negli albi professionali che svolgono attività intellettuali di usufruire ancora di questo contratto che è stato, invece, eliminato per le altre categorie di lavoratori. Finti co.co.co veri precari. Ho già descritto in altre occasioni il grave disagio di questi colleghi che devono affrontare a loro spese malattia e maternità, non possono accendere mutui in banca né tantomeno usufruire di prestiti, non hanno ferie. Spesso lavorano il sabato e la domenica senza retribuzioni straordinarie. Vivono in famiglia il più a lungo possibile e contano sull’aiuto dei genitori. Leggiamo quasi tutti i giorni nei giornali della difficile posizione dei giovani in una società che appare sempre più in difficoltà. Almeno questa la tesi apparsa in una lunga e approfondita inchiesta pubblicata su Repubblica nello scorso febbraio (tema “la famiglia e la crisi”) dove il sentire comune di tanti intervistati esprimeva un gran pessimismo sul futuro dei loro figli. “Non sono tanto i giovani a vedere nero nel loro futuro, ma i loro genitori disorientati da questo mondo che cambia dove non riescono più a percepire la sicurezza di un domani sicuro e sereORDINE 4 2004 no”. Dal canto loro i giovani così impegnati a navigare nelle difficoltà del presente non sognano alcun futuro perché devono fare i conti con la precarietà che caratterizza il mondo del lavoro e sono consapevoli che forse non riusciranno mai a realizzare un destino migliore dei loro genitori, anzi… Dopo queste considerazioni un po’ amare frutto anche degli incontri bisettimanali con i giovani che ricevo personalmente,con ansie e problemi di vita quotidiana mi sono chiesta quale ruolo può svolgere un ordine professionale in una situazione così difficile senza essere uno spettatore passivo di fronte ad una realtà che muta così drammaticamente e rapidamente. Quale futuro per un’istituzione moderna. Uno dei compiti che dovrebbe assumersi un’istituzione come la nostra è quello di creare un osservatorio permanente sulla professione per adeguare i nostri regolamenti alle mutate condizioni del mercato. Una specie di “bussola del lavoro” con dati aggiornati nei diversi settori di specializzazione per indicare ai giovani che si avvicinano al giornalismo i percorsi migliori da seguire. A mio avviso un istituto moderno non dovrebbe limitarsi alla pura registrazione di professionisti e pubblicisti negli albi, ma trovare il modo di interagire con gli iscritti attraverso reti di informazioni adeguate. Non solo codici e leggi, sicuramente utilissimi per svolgere con competenza il mestiere, ma anche segnalazioni puntuali sul mercato del lavoro, sui trend culturali, su forme di aggiornamento permanente. Dovremmo in ogni modo favorire la libera professione tutelando gli iscritti con l’osservazione efficace delle tariffe, potendo contare su strumenti adeguati di sanzione nei confronti di quegli editori privi di regole e di scrupoli che oggi più che mai sono totalmente inadempienti nei pagamenti delle collaborazioni. Il rispetto della dignità della persona è al centro dei compiti della nostra istituzione tuttavia non sempre abbiamo gli strumenti necessari per tutelare i freelance troppo spesso lontani dalle redazioni e con pochi collegamenti sul territorio. Favorire veri liberi professionisti. Dovremmo favorire l’associazionismo di gruppi che possano condividere spese, iniziative, progetti comuni attraverso la creazione di sostegni economici e culturali. Un giovane che non sia un co.co.co. e che non abbia prospettive di carriera all’interno del suo giornale può scoprire che lavorando in autonomia avrebbe più chance per valorizzare la sua professionalità e per guadagnare di più. Insomma se nel giornalismo il percorso del lavoro individuale fosse promosso e rispettato di più dagli editori potrebbe diventare la via moderna per valorizzare il capitale umano, favorire la crescita di veri liberi professionisti e creare un valido percorso alternativo all’assunzione. Tutti i giornali si arricchiscono del contributo dei collaboratori esterni, dello specialista, di quel giornalista che con competenza aggiunge specifici know-how. Ma la vera figura del libero professionista non si è ancora compiutamente affermata fra i giornalisti. Siamo ricchi di co.co.co. che non sono altro che finti lavoratori dipendenti camuffati da autonomi, mentre l’ “autonomo” che non aspira al posto fisso raramente riesce a conquistarsi una dignità adeguata. L’Ordine dunque come “una casa comune” dei liberi professionisti? È uno spunto di riflessione e comunque un tentativo per calare di più l’istituzione nel mondo reale, per dare maggiore dignità al giornalista freelance, per evitare masse crescenti di precari in balia degli editori da utilizzare come virtuali redattori assunti. Signor presidente, colleghe e colleghi, sottopongo alla vostra attenzione i numeri che sintetizzano il conto consuntivo 2003 e il bilancio preventivo per il 2004. BILANCIO CONSUNTIVO 2003 Per quanto riguarda il bilancio consuntivo, nell’anno appena trascorso si evidenziano i seguenti flussi: Le entrate totali sono state pari a € 2.520.647,62 Le uscite totali sono invece state pari a € 2.488.257,88 ne consegue un avanzo di esercizio pari a € 32.389,74 ENTRATE Le entrate sono in linea con quelle registrate nel precedente esercizio e si sostanziano, quasi esclusivamente, per le quote di iscrizione, il cui importo complessivo è stato pari a € 1.904.781,09 così suddivise: € 1.542.244,36 (prof.-pubb.-prat.) e € 362.536,73 (elenco speciale). I diritti di segreteria hanno fatto registrare entrate per € 103.327,09 circa, anche in questo caso la tendenza è in linea con i flussi registrati lo scorso esercizio. Tra le altre voci di entrata: il totale delle tessere Alitalia ammonta a € 10.094,70, mentre il totale delle tessere FF.SS. è di € 12.232,31. Nel 2003, beneficiando della ripresa di valore che si è evidenziata sulle principali borse mondiali, anche il portafoglio titoli dell’Ordine di Milano ha recuperato un po’ di terreno fino ad evidenziare, nella voce dei ricavi da plusvalenze del conto economico, interessi attivi complessivi pari a € 16.021,95 di cui € 12.806,71 derivanti dalla Gestione titoli affidato alla divisione di private banking di Banca Intesa. Al 31 dicembre scorso avevamo in gestione un quota pari a 334.878,05 euro (252.484,10 euro in gestione patrimoniale titoli + 82.393.95 euro sul conto corrente titoli). Il confronto con gli ultimi saldi resta purtroppo infelice: il 31/12/2002 avevamo in gestione 322.105 euro, mentre alla fine dell’anno precedente, il 2001, quando ancora avevamo il portafoglio in gestione a Bipop-Carire, il saldo era di 411mila euro circa. La perdita in tre anni è di circa il 29%. Voglio in questa sede ricordare che l’Ordine oltre a essersi costituito come parte civile nel procedimento penale in corso nei confronti dei dirigenti di Bipop-Carire, è anche capofila di un comitato che rappresenta 20 parti lese. La Procura della Repubblica di Brescia, com’è noto, contesta 30 reati diversi a 45 dirigenti e funzionari dell’istituto guidato alla fine degli anni Novanta e fino al 2001 da Bruno Sonzogni. Si va dall'aggiotaggio, al falso in bilancio, alle false comunicazioni sociali, fino all'infedeltà patrimoniale. L’inchiesta scaturì dalla denuncia di una gestione privilegiata dei patrimoni di alcuni clienti speciali a danno di tutti gli altri: è un’inchiesta delicata, resa ancor più complessa dal cambiamento della normativa sul falso in bilancio, avvenuto quando i magistrati stavano già lavorando sulla vicenda. E i nostri legali, Raffaele Di Palma e Francesco Sardi de Letto, dopo un recente colloqui con uno dei pm, la dottoressa Silvia Bonardi, ci hanno annunciato che potremmo aspettarci nei mesi autunnali la fissazione dell’udienza dibattimentale. Ma torniamo ai nostri numeri. A fine anno sui conti correnti bancari registravamo un attivo pari a 120.595 euro, mentre l’ultimo estratto conto datato 18 marzo 2004 cifra un attivo di 553.561,45 euro. A fine gennaio 2004 il conto postale dell’Ordine ammontava invece a 45.071,89 euro. A febbraio abbiamo acquistato pronti contro termine a tre mesi per 400mila euro, beneficiando di un tasso lordo dell’1,80%. E nei mesi a venire la politica di gestione della liquidità resterà prudentemente orientata al vincolo della totale garanzia sul capitale investito. I crediti (per gli anni dal 1996 al 2003) verso gli iscritti ammontano a € 428.296,60 circa. Nel corso del 2004 le esattorie provvederanno a notificare le cartelle esattoriali agli iscritti morosi e noi siamo confidenti di recuperare entro l’esercizio in corso una quota cospicua di quei valori. USCITE Le uscite sono state pari a € 2.488.257,88, e la voce più rilevante è come sempre quella relativa alle quote di competenza Cnog, pari a € 966.243,93. Consentitemi di ringraziare tutto il personale dipendente che ha contribuito, con impegno e professionalità, al buon andamento del nostro Ordine. A tal proposito, ricordo che l’Ordine è tenuto ad applicare ai propri dipendenti il Contratto collettivo di lavoro per il comparto degli enti pubblici non economici. Il rinnovo del contratto per il biennio economico 2001-2002, ha comportato nel corso del 2003 un maggiore esborso; difatti a fronte di una previsione di spesa di € 374.000,00 per i dipendenti, le spese effettive sono state € 459.078,01. L’affitto degli uffici, comprensivo di spese condominiali, ammonta a € 84.186,62 circa, mentre per la convocazione dell’assemblea del 27 marzo 2003 sono state spese per l’invio delle raccomandate € 11.183,81 circa. Le spese legali ammontano a € 26.168,65 circa. L’impegno su questo fronte è correlato alle impugnazioni delle nostre decisioni davanti al Tribunale e alla Corte d’Appello di Milano nonché di fronte alla Corte di Cassazione. La consulenza legale, fiscale e amministrativa a favore dei nostri iscritti ha impegnato risorse pari a € 35.107,91. Riassumendo, i fondi ad oggi accantonati sono così composti: F.do aggiorn.to professionale € 969,65 F.do attività editoriali € 2.322,07 F.do arredamento uffici € 17.065,69 F.do acquisto sede Ordine € 522.194,46 F.do adempim.pluriennali € 77.637,38 Avanzo di esercizio 2003 da destinare € 32.389,74 TOTALE FONDI ACC.TO € 652.578,99 In funzione degli sviluppi relativi all’ipotesi di acquisto della sede e delle prossime elezioni lo stanziamento dei fondi potrebbe essere così modificato: F.do adempimenti pluriennali € 210.027,12 F.do agg.to professionale € 969.65 F.do attività editoriali € 69.387,76 F.do acquisto sede ordine € 122.194,46 F.do DPR 445/00 € 200.000,00 F.do iniziative culturali € 50.000,00 TOTALE € 652.578,99 segue 5 segue la relazione del tesoriere Davide Colombo A seguito di un’accurata istruttoria condotta dal presidente, il Consiglio ha deciso unanime, con delibera, di utilizzare il nuovo strumento della posta prioritaria in luogo delle tradizionali raccomandate per la convocazione dell’assemblea dei bilanci del marzo 2003 e del marzo di quest’anno, applicando l’articolo 3 del Dlgs n. 382/1944. Le Poste ci rilasciano distinta sull’inoltro delle 16.850 lettere così come avveniva con le raccomandate. La linea di Milano è stata seguita da altri Ordini. Altre amministrazioni pubbliche (Istruzione, Interno, Inps, Inail) utilizzano la posta prioritaria al posto delle raccomandate. Si risparmiano così almeno 32mila euro per assemblea. Il Consiglio con il conforto di un parere legale (firmato dal prof. avv. Giuseppe Minieri) intende seguire questa linea - e così ha deciso unanime il 23 febbraio 2004 - anche per l’assemblea elettorale del maggio prossimo. Va detto che “l’Ordine professionale non è tenuto a munirsi della prova della ricezione degli avvisi da parte di tutti i destinatari, dovendo viceversa provare solo che gli avvisi personali della convocazione siano stati, almeno, inviati agli iscritti” (Tar Campania Napoli, Sez.I, 30/11/1994, n.271-fonte Foro Amm., 1995, 177) e che “in assenza di una normativa specifica e non essendo rilevante alcuna formalità, deve ritenersi non necessaria la prova dell'avvenuta ricezione degli avvisi di convocazione dell'assemblea elettorale inviati agli iscritti” (Cons. Naz. Forense, 28/12/2001, n.307 - fonte Rass. Forense, 2002, 317). Il Consiglio nella seduta del 22 marzo scorso ha deliberato di sottoporre al voto di quest’assemblea la delibera del 23 febbraio con la quale ha confermato la linea dell’utilizzazione della posta prioritaria in luogo della raccomandata semplice previo rilascio da parte di Poste SpA della distinta. Con la distinta abbiamo la prova che le 16.850 lettere di convocazione dell’assemblea elettorale sono partite. Procedura simile ed uguale a quella delle raccomandate. Assemblea elettorale e assemblea dei bilanci: la convocazione degli iscritti con posta prioritaria valida soltanto se Poste SpA rilasciano la distinta Ed ecco il testo della delibera votata all’unanimità nella seduta del 23 febbraio 2004 e riapprovata all’unanimità nella seduta del 22 marzo 2004: Delibera del Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia in merito al procedimento amministrativo relativo alla convocazione delle assemblee 16, 23/24 e 30/31 maggio 2004 per far fronte agli adempimenti di cui all’articolo 4 (Elezione dei Consigli dell'Ordine) della legge n. 69/1963. Il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, riunito il 23 febbraio e il 22 marzo 2004 nella propria sede di via Appiani 2-Milano, ascoltata la relazione del presidente del Collegio, responsabile del procedimento amministrativo relativo alla convocazione delle assemblee 16, 23/24 e 30/31 maggio 2004 per far fronte agli adempimenti di cui all’articolo 4 (Elezione dei Consigli dell'Ordine) della legge n. 69/1963; letto l’articolo 3 del DlgsLgt n. 382/1944 (Norme sui Consigli degli ordini e Collegi e sulle commissioni centrali professionali): “L'assemblea per l'elezione del Consiglio deve essere convocata nei quindici giorni precedenti a quello in cui essa scade. La convocazione si effettua mediante avviso spedito per posta almeno dieci giorni prima a tutti gli iscritti”; letto l’articolo 4 della legge n. 69/1963 (sull’ordinamento della professione di giornalista): “L'assemblea per l'elezione dei membri del Consiglio deve essere convocata almeno venti giorni prima della scadenza del Consiglio in carica. La convocazione si effettua mediante avviso spedito per posta raccomandata almeno quindici giorni prima a tutti gli iscritti, esclusi i sospesi dall'esercizio della professione”; osservato che nell’ordinamento giuridico delle professioni intellettuali organizzate con l’Ordine e il Collegio coesistono due modelli di convocazione delle assemblee, il primo mediante avviso spedito per posta (così il DlgsLgt n. 382/1944, che è la legge generale delle professioni intellettuali) e il secondo mediante avviso spedito per posta raccomandata (così l’articolo 4 della legge professionale dei giornalisti); tenuto conto che l’esigenza di convocare le assemblee con avviso spedito per posta (prioritaria), ma con contestuale rilascio da parte di Poste Italiane Spa della relativa distinta, è stata prospettata dal presidente dell’OgL ai ministri dell’Economia e della Giustizia con lettera raccomandata rr 22 giugno 2001 e ai presidenti delle Commissioni Giustizia della Camera e del Senato con raccomandata rr 6 luglio 2001; che il Ragioniere generale dello Stato in risposta, con nota prot. n. 80437/2001 (rif. Prot. Entrata n. 0071560), ha scritto che “ogni utile iniziativa sulla proposta in parola potrà essere assunta dal Ministero della Giustizia in relazione ai compiti di vigilanza sugli Ordini professionali”; che il ministero della Giustizia non ha dato seguito all’auspicio del Ragioniere generale dello Stato di introdurre nella legge professionale dei giornalisti una nuova “disposizione a carattere ordinamentale ovvero organizzatorio non avente implicazioni sulla finanza pubblica (art. 11, comma 3, lettera i-bis della L 468/1978 introdotta con la L. 208/1999”; e che anche le Commissioni Giustizia di Camera e Senato hanno ignorato il problema sollevato dal presidente dell’OgL comune agli altri Ordini e Collegi professionali; tenuto conto che la presidenza del Consiglio dei ministri, con circolare 29 marzo 2002 n. 31550/III/2.16 (Enti e progetti del Servizio civile nazionale. Procedure di selezione dei volontari), impone ai volontari l’utilizzazione della posta prioritaria per restituire all’Ufficio nazionale per il servizio civile la copia del provvedimento di avvio al servizio debitamente firmata dall’interessato per accettazione; tenuto conto: 1. delle circolari 30 aprile 2002 n. 48 e 28 aprile 2003 n. 42 (Formazione commissioni esami di Stato) del ministero dell’Istruzione e dell’Università che impegna le Università a trasmettere, con apposita distinta, le domande presentate dai docenti, con raccomandata o posta prioritaria, all’Ufficio scolastico regionale territorialmente competente; 2. delle circolari del Ministero dell’Interno 8 aprile 2000 n. SAF 9/2000 (spese postali per il referendum 2000); 2 aprile 2001 n. SAF 4/2001 (disciplina spese postali per le elezioni 13 maggio 2001); 29 agosto 2001 n. SAF 13/2001 (spese postali e telegrafiche Referendum del 7 ottobre 2001); 28 marzo 2002 n. FL 8/2002 (Elezioni amministrative del 26 maggio 2002. Disciplina delle pese postali); 17 aprile 2003 n. FL 15/2003 (Elezioni amministrative del 25 maggio 2003. Disciplina delle spese postali); 12 maggio 2003 n. FL 17/2003 (Disciplina delle spese postali per i referendum del 15 maggio 2003), che, tutte, prevedono la spedizione da parte dei Comuni delle “cartoline avviso” - con le quali si dà avviso agli elettori residenti all'estero della data delle consultazioni - per posta prioritaria sia per i paesi europei, che per quelli extraeuropei; tenuto conto che l’Inps (circolare 30 aprile 2002 n. 48) e l’Inail (nota 13 novembre 2002) affidano corrispondenza delicata diretta ai loro utenti alla posta prioritaria; tenuto conto che “nulla esclude che una pubblica amministrazione (qual è l’Ordine dei giornalisti della Lombardia) utilizzi anche il generale parametro della convenienza economica, che trova applicazione per tutta l'attività amministrativa in base ai principi di economicità e buona amministrazione e risponde ad un principio generale dell'azione amministrativa” (Tar Toscana, Sez.II, 20/05/2002, n. 1020; fonte Foro Amm. TAR, 2002) e visto l’articolo 1 della legge n. 241/1990 secondo il quale “l'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia e di pubblicità secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti”; tenuto conto delle leggi n. 289/2002 e n. 350/2003 (leggi finanziarie per il 2003 e per il 2004), che prevedono misure di contenimento della spesa delle pubbliche amministrazioni alle quali anche l’Ordine dei Giornalisti della Lombardia appartiene (art. 1. comma 2, del dlgs n. 165/2001, già Dlgs n. 29/1993) e “dei canoni di buona gestione, che sono elevati a principi fondamentali cui deve uniformarsi l'azione e l'attività amministrativa” (C. Conti Umbria, Sez.Giurisdiz., 31/07/2000, n.424; fonte Riv. Corte Conti, 2000, f. 4, 58); osservato che “l’Ordine professionale non è tenuto a munirsi della prova della ricezione degli avvisi da parte di tutti i destinatari, dovendo viceversa provare solo che gli avvisi personali della convocazione siano stati, almeno, inviati agli iscritti” (Tar Campania Napoli, Sez.I, 30/11/1994, n.271-fonte Foro Amm., 1995, 177) e che “in assenza di una normativa specifica e non essendo rilevante alcuna formalità, deve ritenersi non necessaria la prova dell'avvenuta ricezione degli avvisi di convocazione dell'assemblea elettorale inviati agli iscritti” (Cons. Naz. Forense, 28/12/2001, n.307 - fonte Rass. Forense, 2002, 317) ; delibera a. di affidare, come è già avvenute in occasione della convocazione delle assemblee del marzo 2003 e del marzo 2004, all’Ufficio delle Poste Italiane SpA di Milano 26 l’affrancatura (francobollo posta prioritaria da euro 0,60 + euro 0,025 di lavorazione a busta) delle 17mila (circa) lettere di convocazione dell’assemblea degli iscritti del 16, 23/24 e 30/31 maggio 2004 per far fronte agli adempimenti di cui all’articolo 4 (Elezione dei Consigli dell'Ordine) della legge n. 69/1963; lettere imbustate ed etichettate (con gli indirizzi degli iscritti) dalla ditta “Indirizzi Araldo” di Milano; b. di presentare all’Ufficio delle Poste Italiane SpA di Milano 26 apposita distinta con i nomi dei giornalisti professionisti e pubblicisti destinatari dell’avviso di convocazione dell’assemblea; distinta, che andrà bollata dai dipendenti dell’Ufficio delle Poste Italiane SpA di Milano 26 pagina per pagina; procedura in passato osservata per l’inoltro degli avvisi mediante raccomandata e diretta a garantire, - con la distribuzione “veloce, economica e facile in Italia e nel mondo” assicurata dalla posta prioritaria (come recita la pubblicità delle Poste Italiane SpA) -, le stesse certezze di recapito della corrispondenza ottenibili con la spedizione per raccomandata; c. di chiedere all’Ufficio delle Poste Italiane SpA di Milano 26 la restituzione delle lettere non esitate per assenza dei destinatari dal loro domicilio o per trasferimento degli stessi ad altro indirizzo sconosciuto all’OgL; d. di pubblicizzare, con titolazione vistosa ed efficace, l’evento delle assemblee elettorali nella prima pagina del numero di marzo 2004 del mensile Tabloid (organo dell’Ogl, che viene spedito a tutti gli iscritti negli elenchi dell’Albo); nella prima pagina del sito web dell’OgL e con comunicati stampa diffusi mediante fax ed email (dirette personalmente anche agli iscritti) nelle giornate prossime al 16, 23/24 e 30/31 maggio 2004, giorni dello svolgimento delle assemblee elettorali. ■ ............................... Nota: La relazione è stata approvata all’unanimità dall’Assemblea degli iscritti all’Albo di Milano svoltasi il 25 marzo 2004 al Circolo della Stampa. Relazione del Collegio dei revisori dei conti Alberto Comuzzi Il Collegio dei revisori dei conti, - composto dai giornalisti Alberto Comuzzi, Maurizio Michelini e Giacinto Sarubbi -, in conformità al disposto di legge, presenta la propria relazione sul conto consuntivo per l’esercizio 2003 e sul bilancio preventivo 2004. I membri di questo Collegio hanno proceduto ad una accurata analisi e verifica di tutte le poste in entrata e in uscita, controllando la veridicità delle pezze giustificative presentate. Sono state effettuate le verifiche trimestrali con estrema puntualità e sono stati ottemperati gli obblighi di legge relativamente all’attuazione di tali verifiche. Dalle verifiche di cui sopra è emerso quanto segue : Euro • entrate per 2.520.647,62 di cui : • quota di iscrizione per 1.904.781,09* • diritti di segreteria per 103.327,09 • tessere viaggi Alitalia per 10.094,70 • tessere viaggi ferrovie per 12.232,31 • tassa iscrizione albo per 76.985,00 • tessere registro praticanti per 9.940,00 • inserto Tabloid 22.092,00 * (al lordo di quanto di competenza del Consiglio nazionale) 6 “La certificazione dei nostri bilanci una garanzia per gli iscritti” La gestione titoli dell’OgL è stata affidata nel marzo 2002 alla Bancaintesa spa, a seguito della delibera unanime del Consiglio di cessare ogni rapporto con la Bipop–Carire. Dalla documentazione trasmessa da Bancaintesa emerge che la redditività del portafoglio nel periodo 31/12/200231/12/2003 è stata del 3,98% (da 322071,34 euro a 334878,05 euro). Sul periodo 2 marzo 2003 –2 marzo 2004 il rendimento tocca il 10,02 per cento. È un segnale confortante di ripresa, che lascia ben sperare sul recupero del nostro portafoglio. È da rilevare inoltre che i crediti verso gli iscritti per gli anni dal 1998 al 2003 ammontano a 428.296,60 euro Il Collegio dei revisori dei conti sottolinea come nel bilancio siano stati accantonati i seguenti fondi istituzionali: F.do aggiorn.to professionale F.do attività editoriali F.do arredamento uffici F.do acquisto sede Ordine F.do adempim.pluriennali 969,65 2.322,07 17.065,69 522.194,46 110.027,12 TOTALE FONDI ACC.TO 652.578,99 ai quali va aggiunto l’avanzo del 2003 pari a 32.389,74 euro, che appare prudente accantonare per intero nel Fondo adempimenti pluriennali, anche considerando che quest’anno si terranno le elezioni per il rinnovo del Consiglio. Adempimento, questo, molto oneroso. banche, riconciliandoli trimestralmente e a fine anno. Il Collegio informa, inoltre, che il bilancio preventivo 2004 è stato redatto sulla base del consuntivo 2003, sulla scorta dei dati disponibili e con il criterio di massima prudenza. Il Collegio dei revisori dei conti pertanto Si precisa inoltre che l’Ordine dei giornalisti per gli anni 2002 e 2003 ha certificato i bilanci affidando l’incarico alla società Certifida srl iscritta al Registro Revisori Contabili n.119646 pubblicata in G.U. n.100 del 29.12.2000, la quale ha rilasciato il seguente giudizio: “I bilanci dell’Ordine di giornalisti (relativi agli anni sopra indicati, ndr) risultano conformi alle norme che ne disciplinano i criteri di redazione; sono pertanto redatti con chiarezza e rappresentano in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria ed economica dell’Ente”. La certificazione dei nostri bilanci va vista anche come una garanzia per gli iscritti. Il Collegio dei revisori, inoltre, ha controllato la rispondenza dei dati di bilancio con i saldi effettivi esistenti sia in cassa che presso le invita l’Assemblea ad esprimere voto favorevole al conto consuntivo 2003 ed al bilancio preventivo 2004. Il presidente del Collegio sindacale Alberto Comuzzi Il revisore Maurizio Michelini Il revisore Giacinto Sarubbi ............................... Nota/ La relazione è stata approvata all’unanimità dall’Assemblea degli iscritti all’Albo di Milano svoltasi il 25 marzo 2004 al Circolo della Stampa. ORDINE 4 2004 Presidente dell’Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al Giornalismo Bilanci Circolo della Stampa giovedì 25 marzo esperienze e prospettive LE SCUOLE DI GIORNALISMO Bruno Ambrosi “La prestigiosa via milanese al giornalismo fabbrica oggi professionisti multimediali” L’occasione di un bilancio ci deve indurre non solo ad elencare i risultati raggiunti, le cifre, le buone intenzioni da realizzare o difficili da raggiungere: è la logica dei consuntivi, alla quale ovviamente non ci si deve sottrarre. Ma è anche una buona occasione per tentare di riflettere su quali e quanti tumultuosi cambiamenti siano avvenuti nel giornalismo in quest’ultimo decennio all’insegna di una tecnologia travolgente che ha cambiato radicalmente, senza che quasi ce ne accorgessimo, il modo stesso di fare i giornali e, di conseguenza, i giornalisti. Ed è proprio questo il compito primario dell’Associazione: “fabbricare” i giornalisti di oggi e di domani attraverso quell’Istituto “Carlo De Martino” che per primo in Italia ha affrontato con onore il difficile ed ambizioso compito, cercando di svolgerlo al meglio per quasi un trentennio, con risultati lusinghieri che si misurano sul numero delle Direzioni, dei quadri qualificati, delle grandi firme, dei posti di lavoro ottenuti. Non è stato un compito facile,soprattutto in questi ultimi anni di crisi dell’editoria e di sofferenza del mondo giornalistico,contrassegnato, soprattutto nel nostro Paese, non solo dall’inaridimento delle indispensabili fonti economiche degli investimenti pubblicitari ma anche da una stagnazione della diffusione che ci vede nelle posizioni più basse delle classifiche europee e in quelle più imbarazzanti delle mondiali. Senza contare che i facili entusiasmi provocati dall’avvento dei cosiddetti “new media” si sono rapidamente sgonfiati di fronte ad un’economia non ancora pronta e ad una mentalità non sufficientemente matura, con il risultato che una sola testata telematica “autonoma”, sganciata cioè da un quotidiano di carta, ha avuto una vita stentata sino alla recente scomparsa. Ciò nonostante è indubbio che ci dovrà essere una ripresa, se il fosco scenario mondiale lo consentirà, e che il futuro sarà scandito sempre più dagli impalpabili bit che ormai da tempo hanno messo in pensione il piombo tradizionale delle redazioni e che, appunto, da quasi un decennio governano ormai nelle grandi come nelle piccole realtà editoriali la fabbricazione dei giornali. Un merito della quasi decennale gestione della Scuola sembra proprio essere questo: aver trovato una realtà ancorata ai vecchi criteri gutenberghiani con solo una piccola apertura ai nuovi orizzonti, e averla adeguata rapidamente alla rivoluzione in corso, introducendo ORDINE 4 2004 in maniera decisa quelle nuove tecnologie e quegli insegnamenti che si sarebbero presto rivelati come determinanti. E così, da anni, il praticante giornalista che frequenta il nostro Istituto può essere considerato a tutti gli effetti un professionista multimediale capace di muoversi in maniera competente tra telematica e radiofonia, tra carta stampata e televisione, nutrito di solide basi culturali e deontologiche che dobbiamo ad un corpo direttivo e docente di prim’ordine, un professionista, insomma, attrezzato culturalmente e capace di trovarsi a proprio agio in qualunque ambiente di lavoro in maniera produttiva da subito, senza incertezze. È questo il ritratto ideale che corrisponde ai quaranta neo praticanti che da oggi entrano nel registro dell’Ordine lombardo con il loro bagaglio di entusiasmi e di speranze: sono le ragazze e i ragazzi del XIV° corso biennale dell’Ifg che vanno ad aggiungersi agli oltre seicento colleghi che li hanno preceduti negli anni in quella che è ormai considerata la prestigiosa “via milanese” al giornalismo creata nel nostro Istituto tra molte difficoltà economiche che non ci hanno mai impedito di perseguire un primato che non fosse soltanto temporale. D’altronde basterebbe dare un’occhiata al sito telematico dell’Ifg per poter constatare, ogni giorno, come in via Fabio Filzi si lavori per creare un giornalista autenticamente multimediale, capace di passare dalla tradizionale pagina scritta per il quotidiano al giornale radio, all’agenzia, all’inchiesta, alla comunicazione on line. Difficoltà economiche, dicevamo. Lo stanziamento della Regione, pur decurtato e palesemente incongruo rispetto alle esigenze di una scuola moderna e tecnologicamente avanzata è la base essenziale per il nostro funzionamento, unito al contributo indispensabile che viene erogato dall’Ordine lombardo: solo così, tra mille aggiustamenti al risparmio, riusciremo a chiudere ancora una volta il bilancio in nero e a prevedere un futuro possibile, non senza domandarsi perché questa realtà tanto importante del mondo giornalistico non attiri una concreta attenzione dalle molte altre istituzioni interessate direttamente o indirettamente, prima fra tutte la Federazione editori. Ma, nonostante queste difficoltà oggettive che ne condizionano l’esistenza, la nostra Scuola rimane un punto di riferimento eccellente nel panorama dei corsi di giornalismo autorizzati dall’Ordine nazionale, un arcipelago ormai di 13 isole prevalentemente appoggiate alle Università, sparse praticamente sull’intero territorio nazionale. Doveva essere, quella universitaria, la sorte anche del “De Martino” in base a protocolli già avviati e di cui la relazione dell’anno scorso vi aveva già dato notizia: un percorso che si è momentaneamente interrotto anche per le difficoltà e le incertezze che il mondo degli Atenei sta registrando, ma che rappresenta comunque, anche per il nostro Istituto, una scelta obbligata che sarà compiuta da chi sarà chiamato a guidare le sorti della nostra Scuola. Infatti, come ben sapete, le imminenti elezioni per il rinnovo dell’Ordine comporteranno il rinnovo dei vari incarichi, Associazione per la Formazione al Giornalismo compresa: l’augurio è che chi sarà chiamato ad assumere questa responsabilità sappia gestire al meglio la prestigiosa creatura dell’Ordine lombardo che rappresenta un modello per tutti gli Istituti, impegnandosi a fondo per mantenere ed accrescere i primati faticosamente raggiunti, senza mai dimenticare l’ammonimento del grande Kapuscinski : “ I cinici non sono adatti al nostro mestiere”. 7 Relazione del coordinatore editoriale del Master in giornalismo dell’Università Iulm di Milano Circolo della Stampa giovedì 25 marzo Bilanci esperienze e prospettive LE SCUOLE DI GIORNALISMO Giornalisti: un accesso privilegiato con le scuole riconosciute dall’Ordine Bologna, 27 febbraio 2004. Le scuole di giornalismo riconosciute dall’Ordine sono l’accesso privilegiato alla professione, al punto che la stragrande maggioranza degli ex allievi lavora effettivamente come giornalista. Lo dice l’indagine del Centro di documentazione giornalistica fatta su un campione di 85, tra esaminandi e neo professionisti, presentata al convegno a Bologna che ha riunito tutte le scuole italiane. L’indagine ha monitorato i tre attori del settore - scuole, allievi ed editori - a 14 anni dalla nascita di istituti sostitutivi del praticantato e quindi alternativi per l’accesso alla professione. Un accesso che le scuole in qualche modo rendono molto probabile: l’Istituto ”Carlo De Martino” per la Formazione al Giornalismo di Milano dal ‘77 al 2001 ha formato 596 professionisti, e oggi 563 lavorano in campo giornalistico, 18 in uffici stampa, mentre uno fa l’editore. Dei 178 allievi di Urbino, 173 lavorano come giornalisti. Anche se, sottolinea l’Ifg milanese, “il problema ormai è la precarietà di un mercato che utilizza lo strumento dei contratti a termine: prima il 70% era assunto a tempo indeterminato, ora la percentuale è invertita”. Anche se appena uscito dal corso, il 73% del campione dichiara di lavorare già. Il 5% è stato assunto a tempo indeterminato, il 57% con contratto di collaborazione continuata, il 19% ha un contratto a tempo determinato, il 13% lavora come free lance, e il 6% ha altre forme contrattuali. La maggior parte (il 35%) lavora in quotidiani, il 10% in agenzie stampa, mentre il resto si ripartisce tra tv, radio, settimanali e mensili. Del 27% che non lavora però ben il 70% non ha ancora ricevuto offerte di lavoro. Nel 74% dei casi il lavoro è una conseguenza dei periodi di stage passati nelle redazioni. (Reuters) Angelo Agostini “Anche i maestri giornalisti dovrebbero frequentare una scuola” E ora che le scuole di giornalismo milanesi sono tre, un quarto esatto di tutte quelle disseminate sul territorio nazionale, che cosa facciamo? Con la presenza del Master in giornalismo dell’Università Iulm, le scuole milanesi sono diventate tre. All’Ifg, storico predecessore, s’era affiancata da tempo la scuola dell’Università Cattolica, ora si conta anche l’Università Iulm. Tre scuole, tre strade d’accesso al giornalismo, tutte tre a Milano, ciascuna con un modello differente, un modello didattico, professionale e istituzionale. Potremmo pure goderci la supremazia della prima piazza mediatica nazionale, e raccontarci che ovviamente questa è Milano: la città dove la vivacità giornalistica è prima, anche nei percorsi formativi per avviare i giovani alla professione. Potremmo farlo, ma non basta. Registriamo sommovimenti profondi, dal decreto ministeriale sull’accesso alla professione, fino alla realtà di dodici scuole di giornalismo operanti in Italia. Registriamo tutto questo, ma restiamo ancora balbuzienti di fronte ad una realtà viva e concreta, che ha già cambiato di fatto l’accesso alla professione. Di più: ha cambiato concretamente aspettative, desideri, bagagli professionali, capacità operative dei giovani che mettiamo tutti gli anni nel mondo dei giornalismi. Vent’anni fa, un ragazzo (o una ragazza) uscito dall’Ifg pensava di potere essere assunto da un giornale e andare a fare il cronista. Oggi no. Oggi no, non perché non ci sia lavoro; perché questa è una bufala, agitata per motivi che a definirli contrattuali sarebbe far loro un onore. Oggi no, perché i giovani giornalisti formati dalle scuole s’insinuano, s’affermano, irrompono nei mille rivoli che la professione ha saputo creare ben oltre la cerchia ristretta delle redazioni. Non c’è più (orrenda banalità!) solo la redazione d’un quotidiano di fronte al ragazzo formato dentro una scuola. Che sia un ufficio stampa, piuttosto che un’istituzione pubblica, un’impresa, un gruppo di pressione, piuttosto che la televisione di quartiere, o il mestiere da free lance, oggi il giornalismo pervade tutti gli angoli della vita associata. E di giornalisti c’è bisogno, vitale e assoluto, ovunque. Questo è il punto: che giornalisti formiamo? Cronisti, commentatori, specialisti, redattori, infografici, deskisti, addetti stampa? Oggi formiamo giornalisti dentro soluzioni ormai quasi antiche come gli Ifg, all’interno di istituzioni nuove come le università private, attraversando modelli ibridi, come la commistione tra la sovranità dell’Ordine e la supremazia dell’Accademia. Abbiamo modelli istituzionali differenti, ma nessuna base didattica comune al di là dell’apparentamento dentro il Quadro di Indirizzi del Consiglio nazionale dell’Ordine. Abbiamo un tale quadro confuso, proprio mentre il Governo viene a dettare le nuove norme per l’accesso alla professione. Ce n’è abbastanza, io credo, per arrivare ad una proposta semplice e concreta. Si dia vita a una qualunque forma condivisa e unitaria di qualche cosa che possa assomigliare a un Istituto nazionale per il giornalismo. Un istituto, centro, osservatorio (la forma non conta), che abbia almeno due compiti: formi i formatori, coordini i centri di formazione. Sul primo punto non mi dilungo. Quindici anni di esperienza nella formazione al giornalismo sono sufficienti per autorizzarmi a dire che non tutti i buoni giornalisti sono buoni maestri di giornalismo. Quindici anni sono abbastanza per dire che i maestri giornalisti dovrebbero frequentare una scuola che dia loro gli strumenti per potere esercitare con decenza la funzione che il titolo accrediterebbe. Non basta sapere scrivere per insegnare a trovare, verificare e rendere comprensibile una notizia. I maestri di giornalismo sono una garanzia per tutta la categoria: vogliamo dare loro qualche cosa che assomigli ad una patente? Sul secondo punto sarò altrettanto breve. Dodici scuole sono molte, la riforma dell’accesso ne annuncia molte di più. Se l’Ordine vuole conservare una supremazia che i fatti gli assegnano, l’impegno è scritto: non basta un quadro d’indirizzi, serve un coordinamento molto più stretto. Serve che le scuole facciano sistema. Almeno le buone scuole. I neo praticanti dell’Istituto per la Formazione al Giornalismo, dello Iulm e dell’Università Cattolica riuniti nella foto di gruppo al Circolo della Stampa 8 ORDINE 4 2004 Condirettore della Scuola di giornalismo dell’Università cattolica del Sacro Cuore Giorgio Simonelli “Domande in crescita del 200 per cento” Come sembrano lontani i tempi in cui l’ipotesi di affidare all’Università la formazione dei giornalisti sembrava un’idea fuori dal mondo, uno sfizio intellettuale, una soluzione così poco praticabile da suscitare spesso e volentieri facili ironie. Un po’ come in quel vecchio film con Doris Day e Clarke Gable, intitolato in italiano 10 in amore, una commedia hollywoodiana di George Seaton del 1957, in cui il capocronista dell’Evening Cronicle, accetta, in seguito alle molte insistenze del suo direttore, di portare una sua testimonianza in un corso universitario di giornalismo. Presentatosi all’appuntamento svogliato e disinteressato a quell’esperienza che ritiene inutile per sé e per gli studenti, per una serie di equivoci viene scambiato per uno studente e in quella veste impartisce alla zelante professoressa del corso una lezione di vero giornalismo, quello che si impara “consumando le suole lungo le vie della città e nella frenetica vita di redazione”. Ora tutto questo ci sembra appartenere a un passato remoto e un po’ pittoresco, ma chi, tra noi, che al problema ci siamo dedicati e appassionati per anni, non ricorda quanto quella mentalità, quella che si può chiamare “sindrome di 10 in amore” fosse persistente, e non solo negli anni Cinquanta, anche in tempi molto più vicini? Ma come sono cambiate le cose al punto da far apparire quei problemi e quelle incomprensioni reperti archeologici? Pur restando aperta, la questione della formula (master di primo livello dopo la laurea triennale o triennio di base più laurea specialistica), non è minimamente in discussione che il luogo privilegiato della formazione giornalistica sia l’ambito accademico. Dove, certo, molte cose sono cambiate, per rendere possibile questo tipo di percorso formativo, riconosciuto approvato e condiviso dal mondo del giornalismo e dai suoi rappresentanti istituzionali. In base all’esperienza del Master in giornalismo a stampa e radiotelevisivo dell’Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo dell’Università Cattolica, che insieme con altre Scuole ha vissuto intensamente questa fase di cambiamento e di crescita (le domande di ammissione alla selezione per il biennio 20032005 hanno visto un aumento del 200% rispetto al precedente), penso si possano raggruppare lungo tre linee le scelte che hanno reso possibile la realizzazione di questo progetto. La prima riguarda la progettazione di piani di studio, nei quali le discipline teoriche della comunicazione e dell’informazione, nate e sviluppatesi in ambito accademico fin dagli anni settanta su una matrice fondamentalmente semiotica, hanno trovato un coerente inserimento nei curricula e una specificità di metodi e contenuti. L’insegnamento della “teorie” - possiamo dire le famigerate, da un certo punto di vista, teorie - viene impartito sempre avendo di mira l’applicazione a un’esperienza concreta di comunicazione; la semiotica è semiotica del testo giornalistico, o ancor più specificamente semiotica del testo giornalistico audiovisivo, e mai nessun insegnamento, neanche il più teorico, prescinde dall’elaborazione da parte degli studenti di un elaborato, dalla finalizzazione in un “compito”, in tutti sensi a cui la parola rimanda. La seconda linea di rinnovamento ha riguardato la didattica laboratoriale, sempre più spesso affidata a docenti provenienti dal mondo esterno all’università, dall’ambito delle professioni giornalistiche, con il coinvolgimento anche di firme di prestigio, di personaggi famosi. Ma tutto in un’ottica ben diversa rispetto a quella che introduceva queste figure nei corsi universitari in qualità di semplici testimoni - come il James Gannon -, Clarke Gable del ORDINE 4 2004 film da cui siamo partiti -, in maniera estemporanea, effimera, in quella forma della cosiddetta “ospitata” che si basa soprattutto al prestigio e mira alla visibilità. La presenza dei professionisti nei laboratori è, ora, una presenza radicata, un coinvolgimento vero, che si esprime nella partecipazione alla programmazione didattica, alla realizzazione di prodotti, indispensabile nella didattica di laboratorio, all’elaborazione e alla discussione dei lavori di tesi finale. Nel piano di studi progettato per il nostro master del biennio 2004-2006 l’attività didattica dei moltissimi laboratori, previsti attorno ai vari contenuti e alle varie tecniche del giornalismo, si svolgerà in forma concentrata e sulla base di singoli progetti definiti in condivisione e realizzati in collaborazione tra il docente e gli studenti. La terza linea è quella dell’attività redazionale. Oggi le scuole di giornalismo sono più che mai luoghi di lavoro, lavoro a tempo pieno, con la vitalità, la frenesia, la durezza, anche, di una redazione. Può apparire fastidioso e un Scuole e master universitari riconosciuti dall’Ordine nazionale dei giornalisti ISTITUTO “CARLO DE MARTINO” PER LA FORMAZIONE AL GIORNALISMO di Milano (promosso dall’Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al Giornalismo, dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia e dalla Regione Lombardia) 20124 Milano - Via Fabio Filzi, 17 Tel. 02.6749871 - Fax 02.67075551 E-mail: [email protected] Direttore: Gigi Speroni; Vicedirettore: Adolfo Pallavisini. MASTER BIENNALE IN GIORNALISMO (promossa dall’Università Cattolica di Milano) 20123 Milano - Università Cattolica Sacro Cuore - Via S. Agnese 2, III piano Tel. 02.862205 - Fax 02.865684 Sito Web: www.unicatt.it/milano - e-mail:[email protected] Direttore: Gianfranco Bettetini; condirettore Giorgio Simonelli. MASTER BIENNALE DI GIORNALISMO (promosso dall’Università IULM di Milano) Università Iulm - via Carlo Bo 1 - 20143 Milano - Tel. 02.8914121 Direttore Giovanni Puglisi (Rettore) coordinatore didattico Marino Livolsi (Pro Rettore) Angelo Agostini coordinatore editoriale. ISTITUTO PER LA FORMAZIONE AL GIORNALISMO di Urbino (promosso dall’Ordine dei giornalisti delle Marche, dall’Università degli Studi di Urbino e dalla Regione Marche) 61029 Urbino - Via della Stazione 150/D Tel. 0722.350581 - Fax 0722.328336 Sito Web: www.uniurb.it/giornalismo - E-mail: [email protected] Direttore: Lella Mazzoli - Direttore dei corsi: Silvano Rizza. CENTRO ITALIANO DI STUDI SUPERIORI PER LA FORMAZIONE E L’AGGIORNAMENTO IN GIORNALISMO RADIOTELEVISIVO di Perugia fondato dalla Rai e dall’Università di Perugia in collaborazione con l’Ordine nazionale dei giornalisti e la Regione Umbria 06077 Ponte Felcino - Villa Bonucci - Via G. Puccini, 253 Tel. 075.5918204/5/6/7 – Fax 075.5918298 Sito Web: www.sgrtv.it - E-mail: [email protected] Direttore: Vittorio Fiorito. SCUOLA SUPERIORE DI GIORNALISMO di Bologna promossa dall’Ordine dei giornalisti dell’Emilia Romagna, dall’Università degli Studi di Bologna e dall’Associazione per la Formazione al Giornalismo dell’Emilia Romagna 40138 Bologna - Università degli Studi - Facoltà di Lettere e Filosofia Villa Pallavicini Gandolfi - Via Martelli, 22/24 Tel. 051.6024560 - Fax 051.6024561 Sito Web: www.lettere.unibo.it/didattica/scuole/giornalismo/index1.html Direttore: Angelo Varni. SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN GIORNALISMO LIBERA UNIVERSITÀ INTERNAZIONALE “GUIDO CARLI” (LUISS) promossa dall’Ordine dei giornalisti del Lazio e Molise e dall’Università Luiss - Facoltà di Scienze Politiche 00162 Roma - Via OresteTommasini, 1 Tel. 06-8522538; 06-85225558; fax 06-86506515 Sito Web:www.luiss.it Direttore: Luciano L. Pellicani. po’ esibizionistico portare come esempio il lungo elenco delle attività prodotte dal nostro Master. Ma è giusto correre questo rischio, se non altro per rendere il giusto merito agli studenti, ai tutor, ai docenti che vi sono quotidianamente impegnati. Allora dalla “bottega” del Master escono: un magazine periodico, Presenza, che analizza i problemi di attualità nell’ambito nazionale e internazionale, sfruttando le molteplici competenze presenti in una grande università diffusa su tutto il territorio nazionale come la “Cattolica”; un quotidiano on line, mag, che si propone di raccontare attraverso cronache, interviste e inchieste gli aspetti meno evidenti e meno frequentati dalla grande informazione dei cambiamenti sociali; un settimanale di approfondimento radiofonico, registrato e montato nello studio del Centro audiovisivi dell’Università e messo in onda dall’emittente Circuito Marconi; servizi telegiornalistici, interviste, documentari, montaggi di materiali dell’archivio audiovisivo dell’Università che vengono forniti a testate di informazione televisiva locale e a circuiti nazionali. Completano il quadro l’attività stagistica, la produzione di un’agenzia, i cicli di lezioni affidate a direttori di testate, rappresentanti ai massimi livelli delle istituzioni giornalistiche, docenti di altre università. Ci sarebbero poi i riconoscimenti e i premi recentemente ottenuti da alcuni lavori realizzati dalla redazione; ma a parlare di questo, il rischio di narcisismo, poco sopra evocato, diventa troppo forte. SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN ANALISI E GESTIONE DELLA COMUNICAZIONE INDIRIZZO IN GIORNALISMO UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA “TOR VERGATA” (Facoltà Lettere e Filosofia) promossa dall’Ordine dei giornalisti del Lazio e Molise e dall’Università di “Roma - Tor Vergata” 00198 Roma - c/o Istituto San Leone Magno - Largo di S. Costanza, 1 Tel. 06.84240912/3 - Fax 06.84240913 Sito Web: www.scuolacomunicazione.uniroma2.it Direttore: Franco Salvatori. CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE INDIRIZZO IN GIORNALISMO - LIBERA UNIVERSITÀ MARIA SS. ASSUNTA (LUMSA) - Facoltà Lettere e Filosofia promosso dall’Ordine dei giornalisti del Lazio e Molise e dalla Libera Università Maria SS. Assunta (Lumsa) 00193 ROMA - Via della Traspontina, 21 - Tel. 06.68422200/68422292 - Fax 06.6878357 Sito Web: www.lumsa.it - E-mail: [email protected] Direttore: Claudio Vasale. CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE INDIRIZZO IN GIORNALISMO - UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO Facoltà di Scienze della formazione promosso dall’Ordine dei giornalisti della Sicilia e dall’Università di Palermo 90139 Palermo - Piazza Ignazio Florio, 24 - Tel. 091.321536/321547 - Fax 091.321665 Sito Web: www.unipa.it - E-mail: [email protected] Direttore: Antonio La Spina. MASTER BIENNALE DI GIORNALISMO UNIVERSITÀ “SUOR ORSOLA BENINCASA” di Napoli promosso dall’Università “Suor Orsola Benincasa” di Napoli 80135 Napoli - Via Suor Orsola, 10 -Tel. 081.2522251/2 - Sito Web: www.unisob.na Direttore: Lucio D’Alessandro. MASTER BIENNALE IN GIORNALISMO (in corso di attivazione: selezioni previste nel 2004) - 70121 Bari – Istituto “Di Cagno Abbrescia” – corso A. De Gasperi n. 320 Tel. 080.5714732. SCUOLA DI GIORNALISMO DI TORINO in fase di allestimento. 9 Bilanci Circolo esperienze della Stampa e prospettive giovedì 25 marzo IL PRATICANTATO A SCUOLA Iulm Pensare il giornalismo nella dimensione storico-comunicativa di Valeria Morselli Circolo della Stampa, 25 marzo 2004 ore 16.30. Una data e un’ora che segnano un importante traguardo nella vita di 72 giovani. Sono i nuovi “aspiranti professionisti”. Vengono da tre scuole diverse, Ifg “De Martino”, Università Cattolica e Iulm, ma condividono lo stesso sogno: diventare bravi giornalisti. Facce tese, ma felici. Voci che tradiscono una profonda emozione. Qualche lacrima e tanti sorrisi. Così si sono presentati a Franco Abruzzo per ritirare il tanto atteso “tesserino azzurro”, quello da praticante. E così anche i dodici del primo anno di corso del lavori di testata. All’aggiornamento quotidiano del giornale on-line con media-news e curiosità. Alla registrazione del Gr che, dalle 15.00, è disponibile in Internet. Alla confezione, infine, di un mensile: il Lab.Iulm (lo si può trovare nella sede della scuola). Ed è in avvio anche il Tg. Un sistema di insegnare a fare giornalismo che cerca di formare i giovani a tutto tondo. Un modus operandi che, i ragazzi stessi, definiscono “molto interessante” anche se faticoso. La fatica però è una peculiarità e, nello stesso tempo, una costante di tutte e tre le scuole milanesi: il famoso “sudare le sette camicie”. Tutti i giorni. Per portare a casa un prodotto buono. Per far vedere ciò di cui si è capaci. Per migliorarsi nel tempo. Perché, spiega Angelo Agostini responsabile del Master, “di giornalisti c’è un bisogno, vitale e assoluto, ovunque”. E dunque “è bene rimboccarsi le maniche”, aggiungono loro che di camicie ne cambiano parecchie. Tra una chiacchierata e una risata è già passata un’ora. Troppo. È la loro giornata. Così dopo un drink e un salatino salutano e vanno, giustamente, a festeggiare. Sapendo che il giorno dopo ricomincerà il solito “tran tran”. Tra notizie, Gr e giornale on-line. Con una sola piccola differenza: un “tesserino azzurro” che esce dal portafoglio e che vale tutta la fatica fatta per averlo. patesi in ambito accademico a quello che vuole essere un corso di avviamento professionale. «Così – ha spiegato Simonelli – l’insegnamento delle teorie viene impartito sempre avendo di mira l’applicazione a un’esperienza concreta di comunicazione; la semiotica, ad esempio, è semiotica del testo giornalistico». Parallelamente alla rivoluzione dei piani di studio, l’esperienza ha portato a un ripensamento delle attività laboratoriali. Perché se è vero che questo mestiere non si impara solo «consumando le suole lungo le vie della città», la pratica resta una delle fasi più importanti della formazione professionale. Sono stati così coinvolti nell’insegnamento firme di prestigio, chiamate non solo a riferire della propria esperienza, ma anche a partecipare alla programmazione didattica e alla realizzazione di prodotti. «Per il master del biennio 2004-2006 – ha aggiunto Simonelli – l’attività didattica dei moltissi- mi laboratori, previsti attorno ai vari contenuti e alle varie tecniche del giornalismo, si svolgerà sulla base di singoli progetti definiti e realizzati in collaborazione tra docenti e studenti». L’intento è quello di rendere la scuola di giornalismo il più possibile simile a una redazione reale, fatta di fatica e frenesia. Perché questo sia possibile i 40 allievi della Cattolica lavorano alla realizzazione di un magazine, Presenza, periodico di attualità; un quotidiano on line, Mag, che attraverso interviste e inchieste «racconta i cambiamenti della vita sociale»; un settimanale di approfondimento radiofonico e servizi telegiornalistici. Un’offerta questa, premiata dal numero di domande di ammissione, che per il biennio 2003-2005 ha visto un aumento del 200% rispetto alla precedente. Un impegno nella formazione che è riuscito a trasformare una mentalità. Master in Giornalismo dell’Università Iulm. Dieci ragazzi e due ragazze. Pochi, è vero, ma con tanti sogni e speranze per il futuro. Studenti che, come nelle altre scuole, si mettono ogni giorno a confronto con le diverse sfaccettature del giornalismo. La loro mattina è interamente dedicata alle lezioni teoriche. Storia del giornalismo, informatica, comunicazione e tante altre materie. Perché, raccontano i ragazzi, c’è molto da acquisire non solo concretamente, ma anche a livello concettuale. “È importante imparare non solo come scrivere e adattare il proprio stile alle diverse realtà, ma anche, e soprattutto, pensare il giornalismo nella sua dimensione storico-comunicativa”, spiegano con convinzione. Il pomeriggio, invece, è dedicato ai Università Cattolica Un giornale online “racconta” i cambiamenti della vita sociale di Nicola Zaccagni Un vecchio film in bianco e nero, una commedia hollywoodiana del ’57 di George Seaton, con Doris Day e Clarke Gable. Da 10 in amore è partito il condirettore della Scuola di giornalismo dell’Università cattolica del Sacro Cuore, Giorgio Simonelli, per l’intervento esposto in occasione della consegna delle tessere di praticante il 25 marzo scorso a Milano. Il film, che racconta di un cronista dell’Evening Cronicle costretto a tenere, contro la sua volontà, un corso universitario di giornalismo, è stato ritenuto specchio di quella mentalità secondo cui insegnare il mestiere di cronista dietro banchi di scuola è impresa impossibile. «Ora tutto questo ci sembra appartenere a un passato remoto e un po’ pittoresco – ha dichiarato Simonelli -, ma chi tra noi si è dedicato e appassionato al 10 problema ricorda quanto quella mentalità fosse persistente, e non solo negli Anni Cinquanta, anche in tempi molto più vicini». A distanza di anni il preconcetto sembra essere stato smentito e a tutt’oggi «non è minimamente in discussione che il luogo privilegiato della formazione giornalistica sia l’ambito accademico». Tanto è cambiato dal 1961, anno in cui il filologo e storico del teatro Mario Apollonio fondò a Bergamo la Scuola superiore di giornalismo e mezzi audiovisivi. È infatti opinione ormai diffusa che una professione come quella del giornalista può essere insegnata e appresa attraverso un percorso di tipo universitario, «riconosciuto, approvato e condiviso dal mondo del giornalismo e dai suoi rappresentanti istituzionali». Nel corso degli anni l’Alta scuola in media, comunicazione e spettacolo dell’Università Cattolica ha variato i piani di studio al fine di consentire l’applicazione di discipline svilup- ORDINE 4 2004 Venti Circolo della Stampa giovedì 25 marzo medaglie d’oro MEZZO SECOLO NELL’ORDINE I IST ION S S FE PRO Nicola D’Amico Giorgio D’Ilario Due generazioni che si confrontano, si avvicinano e si legano. Nel nome della passione comune per il giornalismo. Per Nicola D’Amico, grande esperto di scuola, scrittore e cronista, già inviato del Corriere della Sera, direttore del Tempo e dell’Istituto Carlo de Martino per la Formazione al giornalismo, la festa dell’Ordine per i 50 anni di iscrizione all’Albo ha un sapore speciale. Perché è riuscita a mettere insieme due mondi lontani: “È stato un incontro bellissimo, commovente, importante sia per noi vecchietti sia per i giovani che si stanno affacciando alla professione. In noi i nuovi giornalisti possono vedere il sacrificio, la costanza e la pazienza nel lavoro, la dedizione nella professione, le forze che abbiamo messo e speso in tutti questi anni. E noi, prosegue D’Amico, attraverso i volti di tanti giovani che credono ancora nel giornalismo, riusciamo a capire che ne è valsa la pena”. Un giudizio attento anche sulle votazioni dell’assemblea, “segnale chiaro delle ritrovata serenità della categoria”, sulle scuole di giornalismo e sui loro direttori che, per D’Ami- «Non mi dica che è il traguardo di una carriera, per favore. Semmai è una tappa!». Di abbandonare il mondo del giornalismo, del racconto, che sono le sue vere passioni, Giorgio D’Ilario non ne ha proprio voglia. È felice di poter ricevere il riconoscimento dell’Ordine dei giornalisti per i suoi 50 anni di iscrizione all’Albo, ma partecipa all’assemblea degli iscritti con garbo e riservatezza. Lui, uno degli ospiti d’onore della giornata, si sente come tutti i colleghi presenti: un giornalista. Con questa consapevolezza ascolta diligente la relazione sui conti dell’Ordine e attende il suo turno. L’atmosfera è distesa. Nel pubblico ci sono giovani e meno giovani, professionisti, pubblicisti, studenti e praticanti. D’Ilario scambia qualche battuta con chi gli siede a fianco e, quando il presidente Abruzzo inizia a consegnare le medaglie d’oro, lui è uno dei primi a essere premiato. Si alza, riceve il premio, cortese ringrazia e si concede ai fotografi. Poi torna al suo posto. «Non ho ricevuto un premio alla carriera – puntualizza – ma un riconoscimento per il mio lavoro. È come se mi avessero detto: continua così». Pilade Del Buono ORDINE 4 2004 co, “devono avere grande capacità comunicativa e scegliere quei giovani che hanno la vocazione per essere giornalisti”. c.a. La prima delle venti megaglie per il cinquantennio di iscrizione all’albo dei giornalisti di Milano è la sua. Lui è Pilade Del Buono, settantatré anni portati con leggerezza e una carriera invidiabile alle spalle. Quando il presidente Franco Abruzzo pronuncia il suo nome, Pilade si alza dalla prima fila, si guarda intorno sorridendo, stringe la mano del presidente e si risiede. Ordinaria amministrazione per questo “veterano” della parola scritta. “Complimenti”, gli sussurra un amico avvicinatosi per le congratulazioni. “Sì, è proprio una bella medaglia alla memoria…”, gli risponde Del Buono, che alla battuta non rinuncia mai. Una vita spesa nel mondo del giornalismo. I primi passi nel 1949 a Sportinformazioni, poi alla redazione di Sport Giallo a fianco del grande maestro Gianni Brera, che lo vuole con sé anche al Giorno di Baldacci e Rozzoni. Nel 1969 arriva a L’Avvenire, dove rimane come caporedattore fino al ’74, quando, cioè, un altro maestro – Montanelli – lo chiama al neonato Giornale. Sarà Pilade a convincere Brera a occuparsi delle pagine sportive della testata quando Montanelli deciderà di lanciare l’edizione del lunedì. Nel 1982 accetta la vicedirezione de La Nazione di Firenze. “A Firenze ho vissuto alcuni degli anni più divertenti della mia vita, sarei rimasto in Toscana molto più a lungo dei due anni effettivi che lavorai lì, tuttavia per questioni familiari decisi di tornare a Milano”. La carriera per Pilade si chiude al mitico Sole 24 Ore. a.s. Bruno Enriotti Ci sono pagine a firma di Giorgio D’Ilario che sono ancora fresche di stampa, altre che tra poco usciranno dalle tipografie. A lui, insomma, non rimane che scrivere. m.v. Da “cronista del porto” per l’Unità a Genova a caporedattore della redazione milanese: è racchiusa tra questi due estremi la carriera giornalistica di Bruno Giuseppe Enriotti, tutta trascorsa presso il quotidiano del Partito Comunista Italiano. Nel 1957, a ventisette anni, diventa corrispondente dalla Romania. La permanenza a Bucarest dura però soltanto quattro mesi. I suoi articoli non risparmiano le critiche al governo rumeno, ed è costretto a lasciare il Paese. A firmare l’ordine di espulsione è il futuro despota, Nicolae Ceausescu, allora sottosegretario agli Interni. Due anni dopo, la svolta professionale, con il trasferimento a Milano. Si occupa soprattutto di cronaca e, nel ruolo di capocronista, tra il 1969 e il 1976, si trova ad affrontare gli anni caldi del terrorismo. Un periodo drammatico e di grande tensione, che influenza profondamente la sua vita,” in un momento eccezionale – racconta – in cui il lavoro era vissuto come estremo impegno”. Con la pensione, si dedica agli studi storici e, dal 2003, dirige la Fondazione Memoria della Deportazione, che raccoglie la documentazione dell’Aned (Associazione nazionale ex deportati politici nei campi di annientamento nazisti). e.b. 11 Circolo della Stampa giovedì 25 marzo Ai colleghi professionisti e pubblicisti VENTI MEDAGLIE D’ORO I IST ION S S FE PRO Enzo Fabiani Enzo Fabiani ha ricevuto la medaglia d’oro dell’Ordine dei giornalisti Lombardi con semplicità, quasi fosse un’inevitabile adempimento burocratico. Il pomeriggio della cerimonia passeggiava avanti e indietro per le sale del Circolo della Stampa guardando l’orologio e ripetendo agli amici: “Ma quando finirà questa cosa?”. A un certo punto però si è voltato verso la grande porta d’ingresso ed è sbottato: “Strano, non sono ancora arrivati”. I due figli che avevano promesso di passare di là erano in ritardo, e in fin dei conti gli dispiaceva. Giornalista per caso, Fabiani ha ancora nello sguardo il luccichio di chi vive le proprie giornate come un’avventura. A vent’anni, in tasca soltanto un diploma di quinta elementare e tanta curiosità, se ne andò dalla piccola Fucecchio a Firenze in cerca di fortuna. Subito si avvicinò a poeti, pittori, scultori, da Enzo Faraoni a Giovanni Papini. Subito divenne loro amico. Nel 1952, con la stessa naturalezza, bussò alla redazione milanese del Popolo. Prima i giri di nera, poi la terza pagina. Sei anni più tardi Edilio Rusconi lo volle nella squadra di Gente, dove è rimasto fino alla pensione. Ogni settimana firmava due rubriche, di arte e letteratura, e guidava la redazione culturale. Fabiani non ama le celebrazioni, ma i suoi 3.990 articoli li conserva tutti. Sono una parte di sé. p.b. Massimo Fabbri La carriera giornalistica di Massimo Fabbri inizia a 27 anni, nel 1948, quando avvia una collaborazione con l’agenzia Scambi Intercontinentali, con Il momento, il Lavoro Illustrato e Orizzonti. Cinque anni dopo, nel 1953, è redattore de Il Sole, testata di riferimento per il mondo economico-finanziario. Nel 1956 approda a Il Giorno, dove apre insieme al professor Francesco Forte la pagina economica, della quale è caposervizio. Dal ‘70 è anche responsabile dell’ufficio stampa dell’Eni per Milano e per l’Italia settentrionale. Ha collaborato anche con le riviste Espansione, L’Espresso, L’Europeo, Quattrosoldi, Panorama, Successo, Tempo ed è stato consulente della Rai-Tv. s.o. Marco Matteucci Carmela Fedele Ferdinando Mariani “Sono contenta per te, brava. È il mestiere più bello del mondo”. Carmela Fedele, in arte Lina Lepera, sorride al termine della cerimonia che ha sancito, in meno di un’ora, i suoi cinquant’anni di giornalismo e la mia iscrizione al registro dei praticanti. A pensarci, è proprio strano. Carmela ha vissuto mezzo secolo di articoli, di telefonate, di incontri, di notti febbrili, di viaggi. Oggi ha raggiunto una pietra miliare sullo stesso sentiero che io sto iniziando a percorrere. Proprio adesso. Nessuna di noi nasconde un luccichio, un tremito. In un attimo, con il tesserino azzurro tra le mani, penso alla vita che Carmela mi ha raccontato: le prime cronache stenografiche nel 1950, per il quotidiano Roma di Napoli; l’avventura milanese con La Patria, di Achille Lauro; il ritorno a Napoli. E poi, la scelta di trasferirsi per sempre all’ombra del Duomo per vivere il ritmo frenetico delle redazioni: dapprima, con il gruppo giornalisti stenografi lombardi poi, dal 1962, nelle file della Rai, accanto a Bruno Ambrosi e Pino Mezzera. “Chiamami quando vuoi, quando hai bisogno di un consiglio...”. Gli occhi lucidi, la voce tremula, la mano che stringe forte quella della moglie. L’ostentata indifferenza per la cerimonia la lascia ai giovani praticanti. Ferdinando Mariani, classe 1928, penna d’oro, dopo cinquant’anni di professione non ha bisogno di atteggiamenti costruiti: «Sono emozionatissimo. Quando mi sono alzato per andare a ritirare la medaglia mi tremavano le gambe». Sentimenti forti in un luogo, il Circolo della Stampa, che «considero casa mia». Orgoglio professionale che vuole trasmettere alle nuove leve con semplicità, senza nessuna saccenteria: «Tenetevi stretto l’entusiasmo che ho visto oggi, è lo stesso che avevo io alla vostra età. Andate in giro, non abbandonate la strada, accontentandovi delle tecnologie». Voce di un’esperienza cominciata proprio così, negli anni ’50, come cronista di nera in costante ricerca di notizie prima per l’Italia e poi per il Tempo di Milano. Nel’60 il passaggio alla grafica: Mariani per anni disegna le pagine “rivoluzionarie” del Giorno. Nostalgie per quei tempi? La risposta sta nello sguardo che rivolge alla moglie prima che nelle parole: «Ora ho lei, i miei figli». L’entusiasmo di Mariani, da quando è in pensione, è tutto per loro. da.c. 12 Arrivederci, Carmela, verrò a trovarti presto. È bello avere qualcuno che ti guida. Quando non conosci la strada. e.n. Piglio deciso, sguardo fermo, che cela forse un po’ di emozione. C’è tutta la sicurezza di chi ha svolto con dedizione e professionalità il proprio mestiere nei passi che accompagnano Marco Matteucci verso la sua medaglia d’oro. Cinquanta anni di ricordi si bruciano in pochi metri sulla passatoia rossa: dagli inizi alla Gazzetta del Popolo di Torino, sino al ventennio trascorso al Corriere d’Informazione e all’esperienza con Autocapital. Dall’immediato dopoguerra ad oggi: una passione - per il giornalismo - che è rimasta immutata: ancora adesso si diverte a scrivere – mi confessa - e a studiare gli argomenti che lo appassionano, come i “suoi” motori. Alla cerimonia, si complimenta con me e si schermisce, dice che ho fatto un buon lavoro. Gli rispondo che il buon lavoro l’ha svolto lui, in tutti questi anni. Io mi sono solo limitato a raccontarlo. D’altronde, basta osservare la stima di quei colleghi - amici di una vita - nei suoi confronti, le strette di mano, per capire di avere di fronte un esempio da seguire. E da invidiare. Per quella sua voglia di fare, di svolgere con rispetto e sensibilità un mestiere che – come lui insegna - si può solo vivere con devozione. e.b. ORDINE 4 2004 Massimo Ranghieri I IST ON I S FES PRO Annamaria Ottolenghi Costume e società, moda e bellezza. È un piccolo ritratto dell’Italia dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta quello tracciato da Annamaria Ottolenghi nella sua carriera di giornalista. E il punto di osservazione sono le pagine dei grandi periodici, femminili ma non solo, sorti nel nostro Paese nel dopoguerra. Dopo la laurea in Lettere, Annamaria Ottolenghi, nata a Milano il 10 febbraio 1921, lavora come pubblicista alla redazione di Selezione dal Reader’s Digest. Dal 1953 è a capo dell’Ufficio Ricerche e cura le “finestrelle” non firmate a corredo degli articoli. Interrompe poi il lavoro per Selezione per trascorrere due anni – dal settembre ’56 al giugno ’58 – allo Smith College di Northampton, negli Stati Uniti, dove segue corsi di giornalismo, comunicazione e relazioni pubbliche. Una volta tornata in Italia approda ad Arianna, ai periodici Mondadori. Qui è responsabile delle rubriche “Arianna risponde” e “La bellezza di Maria Laura”. Nel 1962, infine, passa alla redazione di Quattrosoldi, mensile della Editoriale Domus. Le precarie condizioni di salute, purtroppo, non le hanno permesso di sostenere un’intervista, né di partecipare alla premiazione al Circolo della Stampa. c.d’o. “Indipendentemente dalla medaglia d’oro, è comunque un bel traguardo”. Così esordisce Massimo Ranghieri quando lo incontro mentre entra nell’austero palazzo che ospita il Circolo della Stampa. Un’occasione, per lui, di incontrare vecchi amici, come Pilade del Buono, e colleghi della Rai e dell’Avvenire, alcuni dei quali non vedeva da molti anni. Anni che scorrono. E che culminano in queste occasioni, in cui veterani del giornalismo si raccolgono per ribadire i valori della professione, più che per ritirare un premio. Ma “questo 25 marzo è più importante per voi che per noi” mi dice. E dopo aver ritirato la sua medaglia Ranghieri non va via, ma rimane a vedere 72 giovani praticanti che si incamminano in un lungo percorso, che lui ha imboccato più di 50 anni fa. “La scuola che fate è importante, ma altrettanto importante è l’esperienza che vi farete sulla strada”. E sottolinea la necessità che le scuole di giornalismo siano organizzate con molte ore dedicate alla pratica, e che i corsi siano tenuti da docenti qualificati. “Nell’epoca Mario Oriani Sergio Rossi “Una grande soddisfazione per il riconoscimento”: si è limitato a un commento telegrafico Mario Oriani, al momento di ricevere la medaglia d’oro per i 50 anni di iscrizione all’Albo dei giornalisti della Lombardia. Quasi a voler assecondare Orazio, che nelle Epistole ricordava Singula de nobis anni praedantur euntes (gli anni che fuggono ci portano via una cosa dopo l’altra), si ritrae di fronte all’invito di ripercorrere le tappe principali della sua carriera. “Non è il caso di stare a ricordare quello che ho fatto in tanti anni di lavoro - si limita a dire - godiamoci il momento”. Il percorso nel giornalismo inizia nell’adolescenza con la palestra dei fogli scolastici e prosegue con le collaborazioni al Corriere d’Informazione, al Corriere della Sera, per proseguire con le direzioni di Qui Touring, Corriere dei Piccoli e Corriere dei ragazzi. Finita l’esperienza alla Rizzoli, arriva la voglia di provare nuove esperienze con Il Giornale della Vela e Storia Illustrata. L’attività giornalistica prosegue tutt’ora con varie collaborazioni, intervallate da numerosi libri: Arbitri Maledetti, Portofino amore mio e Il Convento dei delitti i più celebri. L. d. O. Giacca blu scuro di velluto a coste, sguardo emozionato dietro agli occhiali spessi. Sergio Rossi si siede, si alza, si avvicina ai capannelli dei colleghi, saluta: non sta fermo un attimo. Non vuole darlo a vedere, ma freme nell’attesa di ricevere la sua medaglia d’oro. “Me la consegna Franco Abruzzo? Dovrò fare un inchino - e lo mima sorridendo - o basterà una stretta di mano? Ah, signorina, volevo ringraziarla per l’articolo. Tutti uguali, però, i giornalisti: Bernardo Valli era a L’Italia, non all’Avvenire. E, poi, quella foto antidiluviana. Dove l’avete pescata? Non sono mai stato una bellezza, ma forse sono meglio da vecchio”. Quando è il momento della sua premiazione, il presidente dell’Ordine ripete la battuta che ha dato il titolo al resoconto del nostro incontro, pubblicato sullo scorso numero di Ordine Tabloid - “È il momento di Sergio Rossi, a L’Italia e a L’Avvenire: sempre nella stessa parrocchia”. Alla fine della cerimonia, quando gli mostro il tesserino da praticante nuovo di zecca, il collega Rossi non si scompone: “Lo tenga a Giorgio Santocanale ORDINE 4 2004 Quello che si alza dalla seconda fila dello splendido salone del Circolo della Stampa di Milano è un uomo sorridente e visibilmente emozionato. Giorgio Santocanale ritira la sua “Penna d’oro” dalle mani di Bruno Ambrosi, presidente dell’Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al Giornalismo. “Sono molto soddisfatto di questo riconoscimento – ha commentato. Questa medaglia per i cinquant’anni d’iscrizione nell’elenco dei professionisti è un’attestazione molto gradita. Sono stato fortunato a poter vivere questa giornata. Sono sopravvissuto a molti colleghi, forse più meritevoli di me, che purtroppo, per motivi anagrafici, non hanno potuto avere questa soddisfazione”. L’amore per il giornalismo è nato molto presto nella sua vita. “È una passione che ho scoperto da bambino – dice – sui banchi di scuola”. Santocanale ha cominciato la sua carriera a Palermo, città natale, dove ha lavorato per il Gazzettino di Sicilia, la Sicilia del popolo, il Corriere di Catania e il Giornale di Sicilia. Poi il trasferimento a Milano, dove ha svolto l’incarico di capo ufficio stampa per la Philips, ha collaborato con Tuttomotori e Tutto Scienze e ha diretto le riviste scientifiche Scienza e vita nuova e Futura. Santocanale è stato anche tra i promotori e fondatori dell’Ugis – Unione giornalisti scientifici italiani – della quale è tutt’ora vice presidente. d.u. delle specializzazioni un giornalista deve comunque avere una formazione completa, ed è molto importante che la vostra scuola vi consenta di sperimentare tanti media diversi”. g.m.c. mente. Questo è solo l’inizio”. Sulla sua medaglia d’oro sono incise due date: 1954-2004. Le separa solo un trattino, ma in mezzo ci sta una vita, la vita di Sergio Rossi, umile cronista. r.m. Angelo Soldani Raggiante, impeccabile in un elegante abito grigio, Angelo Soldani è arrivato insieme alle due figlie. “È un momento importante. Oggi non ho pensato ad altro”, ha confessato. E quando ha ritirato la medaglia d’oro ha lasciato intravedere qualche lacrima di commozione. Orgoglioso? “Molto, si tratta di un riconoscimento ufficiale a conclusione di 50 anni di professione”. Ma le soddisfazioni più grandi le ha ricevute giorno dopo giorno da un mestiere che ha definito “avvincente” e a cui si è dedicato con passione. Comasco, Soldani è legato in modo indissolubile alla città dove è nato nel ‘26 e al quotidiano L’Ordine. Qui ha cominciato come fattorino nel ‘46. Il suo è stato un traguardo faticosamente conquistato: da correttore di bozze a redattore, poi praticante, infine professionista nel ‘54. Al giornale si è sempre occupato di tutto, in modo particolare di politica e, altra sua passione, di calcio. Si è congratulato con me per il tesserino da praticante appena ricevuto: “Quello è stato il momento in cui mi sono sentito davvero giornalista”, ha ricordato. Qualche consiglio? “Mantenere serietà, impegno quotidiano e, primo fra tutti, il gusto di fare bene la notizia”, ha risposto senza indugio. Cercherò di tenerlo sempre a mente. s.b. 13 Circolo della Stampa giovedì 25 marzo Ai colleghi professionisti e pubblicisti VENTI MEDAGLIE D’ORO TI NIS SIO S E F PRO Luigi Vismara Italo Pietra, Gaetano Afeltra e Guglielmo Zucconi. I nomi dei direttori si inseguono nella mente di Luigi Vismara. Guarda la medaglia e pensa ai suoi grandi maestri. “Sono proprio trascorsi 50 anni di carriera, sa?” mi dice, sospirando un poco. “E questa medaglia ha un suo peso, un suo valore. Guardare voi giovani che oggi avete ricevuto il tesserino da praticanti mi fa salire al cuore un po’ di tristezza, di malinconia. Sono felice per voi ma invidioso (sorride) della vostra giovinezza, del tempo che avete ancora a disposizione, dei giorni che vi aspettano per esplorare questo meraviglioso mestiere che avete scelto”. Mi stringe la mano, socchiude gli occhi per assaporare gli ultimi istanti di quella gloria in cui echeggia anche il suo nome. E dice: “Buona fortuna”. Poi, se ne va, tenendo in mano il suo orgoglio dorato. Luigi Vismara, classe 1927, approdò al mondo dell’informazione intorno alla metà degli Anni’40 come cronista della Prealpina di Varese. Vide bombardamenti, avvenimenti drammatici e morti. Quelli della guerra in Franco Gallini Quando il presidente Franco Abruzzo lo chiama per consegnargli la medaglia d’oro, Franco Gallini, direttore d’orchestra e critico musicale, sta dirigendo le prove per il debutto delle “Sinfonie in Do minore” di Pietro Mascagni. E così al suo posto a ritirare il riconoscimento dell’Ordine dei giornalisti lombardo è uno dei cinque figli, visibilmente emozionato. Gallini arriva trafelato a cerimonia ormai conclusa, vorrebbe brindare al suo premio con un bicchiere di prosecco, ma tutte le bottiglie sono già state portate via. Al giovane praticante che gli chiede se è contento PUB BLI CIS TI per il riconoscimento conferitogli risponde: “Vede, è di questo che sono contento”, ed estrae da una cartellina un pacco di fogli pentagrammati. E d'altronde è alla musica più che al giornalismo che Gallini ha dedicato tutta la sua vita, preferendo la bacchetta di direttore d’orchestra alla macchina per scrivere, il palcoscenico alla redazione. Una professione che gli ha consentito di viaggiare molto e di ottenere consensi nei teatri di tutta Europa. L’attività pubblicistica è stata una bella amante, la musica la compagna di sempre dalla quale ancora non ha voglia di separarsi. p.m.a. Jole Giannini Algeria negli Anni ’60. Nel 1970 la corrispondenza da Mosca per Il Giorno. Mentre scende le scale, lasciandosi alle spalle il Circolo della Stampa e i suoi colleghi, giovani e non, Vismara non ha ancora deciso di smettere, di posare la penna. “Ci vediamo tra 50 anni”. Ed esce di scena. c.m. Una carriera iniziata da giovanissima, negli Anni ’40, come addetta stampa presso il “British Council” di Milano, e come traduttrice di commedie dall’inglese per la radio. Poi l’avvicinamento alla “scatola” che avrebbe cambiato l’Italia. Il 3 gennaio del 1954 nasceva ufficialmente la televisione e Jole Giannini ne fu madre e istitutrice. Dopo l’esperienza al Tg unico, quello stesso anno, la grande svolta. Jole propose all’allora direttore della Rai, Sergio Pugliese, una trasmissione per insegnare l’inglese. Partì così Passaporto, programma di grande successo, da lei interamente scritto e presentato. «Ero riuscita ad inventare un nuovo sistema d’insegnamento semplice ed efficace». “La professoressa d’Italia” divenne così famosa in tutto il mondo. Nel ’58 il dipartimento di Stato americano la invitò negli Stati Uniti, l’anno dopo le venne assegnato il premio nazionale per la Tv “Guglielmo Marconi”. Un susseguirsi dunque di successi, finché arrivò la primavera del ’61 e le lezioni d’inglese, d’un tratto, sparirono dal palinsesto. Iniziò così la collaborazione con Grand Hotel e con La Notte di Nino Nutrizio: «Un grande giornale – ricorda Jole – per un grande direttore. Onesto e coerente Nutrizio rappresentò un giornalismo autentico e indipendente, come pochi oggi». d.g. I IST LIC B B PU Luciano Consigli Giancarlo Sansoni “Sono rimasto commosso nel rivedere tanti vecchi colleghi. È come se le lancette dell’orologio fossero tornate indietro, facendomi ripercorrere una carriera di cui posso dire di essere soddisfatto”. Così l’architetto Luciano Consigli, “papà” della rivista Humor Graphic, commenta la cerimonia organizzata dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia per celebrare i 50 anni di attività professionale dei suoi iscritti. Per Consigli la medaglia giunge a coronamento di una carriera pubblicistica costruita sempre con passione e curiosità nei vari ambiti del giornalismo da lui affrontati: critica di costume, motori, nautica, letteratura, religione. Cosa vorrebbe vincere ora? “La commessa per un grattacielo o il restauro del grande murale che ho fatto in via Bergamo, oggi un po’ impallidito”. b.n. 14 “Sono in partenza per Madrid, tenga questo numero, al guardaroba troverà una cosa per lei”. Il numero era il 55, un mazzolino di fresie e Crescendo napoletano di Domenico Rea: casa, respiro, silenzio. Nella giornata dei lampadari scintillanti e delle foto, degli applausi e dei brindisi, un signore in giacca chiara ha lasciato il palazzo della festa prima degli altri, con la delicatezza delle favole; schiudendo le mani, ha liberato una striscia di lucciole. Il signore in giacca chiara è Giancarlo Sansoni. Avremmo dovuto intervistarlo per capire quale emozione gli procurasse l’omaggio resogli dall’Ordine per i suoi primi cinquant’anni di giornalismo. Emozioni e pensieri che resteranno a lui. Nell’intervista pubblicata sullo scorso numero di Tabloid, Giancarlo Sansoni parlava della Milano ingoiata dal tempo, di un giornalismo fatto di sintesi e accuratezza, ricordi… dolci ricordi anche per noi. Grazie professore m. s. n. ORDINE 4 2004 255 Circolo elaborati della Stampa giovedì 25 marzo per 7 categorie I PREMI ALLE 8 TESI DI LAUREA I Storia del giornalismo italiano, dei suoi interessi e dei suoi protagonisti, anche attraverso le vicende storiche e di costume che lo hanno impegnato Vincitori (2.500 euro pro capite) • Maria Chiara Merli, Università degli Studi di Torino (Facoltà di Lettere e Filosofia). Tesi: “Metro, Leggo e City. La free press in Italia: un fenomeno editoriale dilagante”. Relatore: prof. Mimmo Candito. • Massimo Veneziani, Libera Università Lumsa di Roma (Facoltà di Lettere e Filosofia). Tesi: “Il giornalismo italiano degli anni ‘70. Le ragioni di una svolta”. Relatore: prof. Francesco Malgeri. II Storia del giornalismo occidentale III Istituzioni della professione giornalistica. La deontologia e l’inquadramento contrattuale dei giornalisti in Italia, in Europa e nel resto del mondo occidentale IV Giornalismo radiotelevisivo V VI Giornalismo telematico: nessun vincitore (Vincitore (2.500 euro) • Marta Pasuch, Università degli Studi di Trieste (Facoltà di Scienze della formazione). Tesi: “La retorica della fotografia giornalistica tra allegoria, simbolo, mito. Iraq 2003 nelle foto di El Pais, Corriere della Sera e Le Monde”. Relatore: prof. Luciano de Giusti. Segnalazione • Giovanna Ragaini, Università Cattolica del Sacro Cuore (Facoltà di Lingue e Letterature straniere. Tesi: “Istituzioni totali e informazione: il caso Magazine 2”. Relatore: prof. Piermarco Aroldi. Vincitore (2.500 euro) • Daniele Memola, Libera Università Lumsa (Facoltà di Lettere e Filosofia). Tesi: “Diritto di cronaca e falsificazione dell’informazione. Fattoidi, bufale e leggende metropolitane”. Relatore: prof. Pietro Mazzà. Vincitori ex aequo (1.250 euro pro capite) • Roberta Frau, Università degli Studi di Milano Bicocca (Facoltà di Sociologia). Tesi: “La cavalleria leggera dell’informazione. Storia, attualità e prospettive dell’informazione radiofonica in Italia”. Relatore: prof. Francesco Abruzzo. • Monica Pinna, Università degli Studi di Genova (Facoltà di Scienze della formazione). Tesi: “Euronews. Dieci anni tra missione pubblica e logica commerciale. Crisi e prospettive del canale di informazione europeo”. Relatore: prof.ssa Marina Milan. Con il premio alle migliori tesi di laurea sul giornalismo (giunto quest’anno alla sesta edizione), il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia punta a valorizzare il collegamento tra l’Università e la professione giornalistica, ma anche a rilanciare la ricerca sul mondo dei media. La giuria (formata dai consiglieri dell’Ordine), assistita dai consulenti (giornalisti e professori universitari), ha individuato gli autori degni di ricevere il riconoscimento. La giuria (coordinata da Nicola D’Amico e Gianni de Felice) ha preso atto che le tesi, pur di notevole valore, relative alla quinta sezione del premio (giornalismo telematico), non presentavano elementi tali da costituire la base per una duratura storicizzazione del fenomeno, data anche la sua troppo recente formazione, e ha deciso di raddoppiare i riconoscimenti relativi alla prima sezione (Storia del giornalismo italiano). Ogni vincitore riceverà un assegno di 2.500 euro il 25 marzo al Circolo della Stampa in occasione dell’assemblea (h. 15) degli iscritti all’Albo di Milano. Estratti (di 400 righe) delle tesi premiate (e segnalate) verranno pubblicati su Tabloid, organo mensile dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia. Hanno partecipato al concorso 255 neolaureati, che hanno discusso le tesi nelle Università italiane (pubbliche e private) nel periodo gennaio-dicembre 2003. Qui accanto i nomi degli otto vincitori (due sono ex aequo) sezione per sezione e sopra la foto di gruppo durante la premiazione al Circolo. Giornalismo economico e finanziario Vincitore (2.500 euro) • Mattia Mirko Stanzani, Università degli Studi di Milano (Facoltà di Scienze politiche). Tesi: “L’economia italiana attraverso le pagine del Corriere della Sera dal 1963 al 1973”. Relatore: prof. Angelo Moioli. VII Giornalismo culturale, sociale, scientifico, sportivo e di costume Vincitore (2.500 euro) • Paolo Beltramin, Università degli Studi di Padova (Facoltà di Lettere e Filosofia). Tesi: “La bella confusione. La critica cinematografica a Federico Fellini da Lo Sceicco bianco a 8-1/2”. Relatore: prof. Gian Piero Brunetta. Partecipare alla seduta plenaria nel corso della quale oltre cinquanta giurati assegnano collegialmente i premi costituisce una intrigante occasione per apprendere, di anno in anno, come il nostro mestiere sia vissuto nell’immaginario accademico Il giornale come creatura a sé o una certa idea della professione sono i poli contrapposti attorno ai quali hanno ruotato i 255 lavori di Nicola D’Amico Il comunicato ufficiale dell’Ordine riferisce in queste stesse pagine i nomi dei candidati e dei lavori premiati alla VI edizione del Concorso per la migliore tesi avente per oggetto il giornalismo nelle sue varie realtà umane, professionali in genere e tecnologiche in particolare, con riferimento alla varietà dei media. Non ci soffermeremo qui, dunque, sulla notizia conclusiva. Ci preoccuperemo, piuttosto, ORDINE 4 2004 sforzandoci di essere il più possibile esaustivi, su come ad essa si sia arrivati. saminare le tesi di laurea che annualmente partecipano al concorso dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia e partecipare alla seduta plenaria nel corso della quale oltre cinquanta giurati, tra professionisti e pubblicisti, assegnano collegialmente i premi ai migliori lavori, costituisce una intrigante occasione per apprendere, di anno in anno, come il nostro mestiere sia vissuto nell’immaginario accademico. E La “controparte”, infatti, che i commissari si trovano di fronte sfogliando a turno la mole dei lavori di dottorato (250 concorrenti, quest’anno), non sono soltanto i giovani che questi lavori hanno redatto, ma anche – se non soprattutto – i docenti che li hanno assegnati. E la prima considerazione che quest’anno si è ricavata è stata quella che potremmo chiamare la “spersonalizzazione” degli interessi. Mentre alla tenzone dello scorso anno abbondavano le biografie (e le corrispondenti tecniche di lavoro) di giornalistiscrittori, di inviati speciali e direttori-manager, quest’anno i protagonisti del giornalismo affioravano da un contesto più largo, in cui il vero centro dell’interesse erano ora il giornale come creatura a sé, ora la professione in quella che potremmo chiamare la sua “astratta concretezza”, cioè la capacità di tradurre in un “pezzo” un modello irriproducibile di idea della professione che il giornalista porta dentro di sé e realizza sul campo. Se volessimo portare alle estreme conseguenze questa osservazione, potremmo imboccare molteplici strade: - assenza di grandi nuove figure (con conferma di interesse ineguagliabile per il “fenomeno” Montanelli, mai abbastanza sondato e, perché no?, idealizzato; insieme al “riservato” Buzzati e a “monumenti” storici come Pietro Verri e il suo leggendario Caffè e a personaggi intriganti come il cronista D’Annunzio o inquietanti come Oriana Fallaci), - razionalizzazione del mestiere in conseguenza del “mezzo tecnico che modifica il messaggio”, - urgere di temi “drammatici” (mercificazione della notizia e dell’immagine, trasformazione delle proprietà, concentrazioni, ingabbiamento degl’inviati, lotta o simbiosi tra tv e carta stampata, ecc.), di temi che non segue 15 Il profilo Circolo degli studenti della Stampa premiati giovedì 25 marzo GLI 8 VINCITORI TRA LE 255 TESI lasciano spazio agl’interessi “romantici” per i protagonisti. Ma è probabile che tutti questi fattori si combinino tra loro. na seconda considerazione che ci sentiamo in coscienza di poter fare è il forte miglioramento delle capacità di scrittura constatato nelle tesi di questa sessione nei confronti delle tesi presentate nello scorso anno, quando la commissione dovette, senza spirito di parte e senza iattanza, invitare l’accademia ad essere più accorta nella concessione di lauree a persone affette da gravi sintomi di carenza di sintassi quando non di ortografia. Nessun commissario ha elevato quest’anno lamentele del genere. Molto dignitosa la media qualitativa delle tesi, con picchi di eccellenza non solo nei lavori premiati, ma anche nelle tesi che hanno raggiunto il massimo dei voti per poi cedere davanti ai “primi inter pares”. U a Commissione ha lavorato nel quadro di non poche difficoltà. Innanzi tutto, le “gabbie” (sette) nelle quali si dovevano costringere i lavori, spesso trasversali a più di una sezione. È stato difficile stabilire, per esempio, se una tesi dovesse essere assegnata a “Storia del giornalismo italiano, dei suoi interessi, dei suoi protagonisti, ecc.” anziché al “Giornalismo culturale, sociale, di costume, ecc.” Una tesi che parlasse dell’organizzazione di un giornale sportivo andava collocata tra le tesi “sportive” o tra quelle “economico-finanziarie”? L Le “batterie”, come si diceva, erano sette. Oltre quelle citate sommariamente, figuravano quella istituzional-sindacal-deontologica, quella radiotelevisiva, quella telematica, la storia del giornalismo occidentale in senso largo. Una scelta delicata, dunque. Che è stata risolta con la flessibilità, intendendosi per tale i casi – non numerosi, tuttavia – in cui la commissione, in corso d’opera, ha deciso di mutare “serie” a un lavoro che in precedenza era stato altrimenti “etichettato”. olti gli argomenti “new entry” nella vasta gamma delle proposte. Segnaliamo, tra gli altri (sempre in riferimento alla presenza qualitativa e quantitativa nei giornali), quello della clonazione, degli OGM, il “radiotiving – interazione tra radio e televisione –, il giornalismo ”all news”, la “free press”, mtv, giornalismo/intrattenimento tra ibrido e innovazione professionale, weblog, handicap e stampa, stampa e pena di morte, “giornali verdi” (ambientalisti). Quali gli atteggiamenti della commissione nel loro complesso? A filo di statuto, i commissari hanno innanzi tutto preso atto del tasso di interesse e di originalità presentato dal singolo lavoro. Ma cum grano salis. Infatti, questo fattore è accreditabile o addebitabile solo qualche volta all’estensore della tesi, ma quasi sempre, al contrario, al docente che assegna il titolo. Il problema era dunque solo quello di verificare se il contenuto cui il lavoro doveva dedicarsi era tale da presentare quelle caratteristiche statutarie di M potenziale stimolo alla conoscenza, presso la pubblica opinione, e al progresso oggettivo della professione, anche sotto il profilo della sua storicizzazione, prima soggettivamente e poi nella difficile comparazione oggettiva tra i lavori concorrenti. Dello stile di scrittura, altro elemento importante, si è detto prima. È stato un elemento di giudizio discriminante per gli stessi motivi sopra elencati: capacità del lavoro di penetrare nel grande pubblico e di apportare una conoscenza fruibile dell’argomento trattato. Sotto questa luce, persino lavori eccellenti, ma elucubrati in maniera criptica e astrusa, hanno ceduto il posto a tesi piane, chiare, altamente e concretamente documentate, come lo statuto del concorso prevede. Le singole angolature di giudizio, tuttavia, nel ricomporsi hanno potuto modificare quella che potremmo chiamare la cruda “somma algebrica” dei giudizi settoriali. Lo si è constatato nella riunione plenaria finale, dove sono prevalse le perorazioni di sintesi, spesso altrettante occasioni, per l’assemblea, di interessanti momenti di coinvolgimento culturale. l sale della riunione plenaria, tuttavia, è stato costituito dallo scontro-incontro tra le varie angolature di giudizio. Uno scontro culturale e tecnico-professionale conclusosi sempre in un incontro. Quasi tutte le tesi premiate, infatti, con una o due eccezioni “di bandiera” (il commissario che difende fino all’ultimo la tesi da lui proposta per il premio), sono state laureate con il consenso unanime I La giuria tecnica che ha aiutato il Consiglio Camillo Albanese, Andrea Baiocco, Gino Banterla, Aldo Bernacchi, Andrea Biglia, Rita Bisestile, Gianfranco Bonanno, Andrea Bosco, Gianfranco Buosi, Giovanna Calvenzi, Claudia Cassino, Daniela Castelli, Vincenzo Ceppellini, Ezio Chiodini, Leonardo Coen, Matteo Collura, Arturo Colombo, Sara Cristaldi, Vittorio Da Rold, Nicola D’Amico (coordinatore scientifico), Giacomo de Antonellis, Gianni de Felice (coordinatore scientifico), Marzio De Marchi, Fabrizio De Marinis, Carmen Del Vecchio, Gianluigi Falabrino, Enrico Fedocci, Giacomo Ferrari, Dario Fertilio, Antonella Fiori, Franz Foti, Emma Franceschini, Mario Furlan, Marco Garzonio, Robertino Ghiringhelli, Michele Giordano, Elisabetta Invernici, Lorenzo Leonarduzzi, Patrizia Lorenzini, Alberto Mazzuca, David Messina, Alfredo Pallavisini, Mario Pancera, Paola Pastacaldi, Stefano Porro, Emilio Pozzi, Ruben Razzante, Guido Re,Tiziano Resca, Rodrigo Rivas, Gianni Rizzoni, Francesca Romanelli, Ottavio Rossani, Giovanni Santambrogio, Pietro Scardillo, Gigi Speroni, Livio Sposito, Gregorio Terreno, Lucia Vastano, Roberto Zoldan. dei membri della commissione, una commissione. Lo spirito di grande serenità di giudizio che ha contraddistinto la riunione plenaria è stato consolidato dai numerosi casi in cui, davanti alla provata primazìa assoluta di un certo lavoro, presentato da altro commissario, alcuni membri della commissione hanno rinunziato a far correre il proprio “cavallo”, ancorché giunto gloriosamente fino alle soglie del traguardo. Quali sono stati gli scogli da superare nel corso della discussione finale tenutasi a via Appiani dal primo pomeriggio alla tardissima serata del 15 marzo scorso? Innanzitutto quello di dover dare un valore condiviso al concetto di spirito critico, in contrapposizione alla norma statutaria di “esaltazione della professione”. Se si fosse presa alla lettera quest’ultima espressione, infatti, si sarebbe potuti incorrere in una sorta di castrazione dello spirito critico del candidato. Al contrario, la commissione, ha saputo vincere lo spirito corporativo e ha considerato in tutto il proprio peso le reali capacità del concorrente (e si sono fatte delle verifiche in corpore vili anche in corso di assemblea), di apportare un reale stimolo all’esame di coscienza collettivo della categoria. Non sono state invece premiate le agiografie di persone – in mancanza di “storie” singole eccellenti – e di istituzioni. Sintomatico di questo atteggiamento è il premio che è stato assegnato alla tesi “Diritto di cronaca e falsificazione dell’informazione: fattoidi, ‘bufale’ e leggende metropolitane” del candidato Daniele Memola dell’università Lumsa di Roma (relatore prof. P. Mazzà). Vivace, nella più assoluta moderazione ed eleganza, la discussione che ha portato alla non assegnazione del premio sul giornalismo telematico, per il quale concorrevano soltanto due tesi. La discussione è stata incentrata sulla possibilità di storicizzare con metri ancora non definibili una materia tanto nuova e la capacità dei candidati, sebbene autori ambedue di ottimi lavori, di apportare a filo di statuto quel contributo essenziale di chiarezza all’argomento che il concorso richiedeva. Elegante, inoltre, il dibattito su pagine economiche ed economia finanziaria dei giornali al fine di stabilire la pregnanza dei lavori presentati, come, anche, quello accesosi in commissione plenaria, in presenza di lavori di comparazione: si trattava di stabilire quanto potesse costituire un handicap alla qualità del lavoro una sproporzione di peso tra i media presi in considerazione. Interesse plebiscitario hanno suscitato, ancora, le illustrazioni e le perorazioni relative alle tesi, tutte eccellenti, aventi per oggetto la fotografia giornalistica. È stata unanime la considerazione dell’alto livello dei lavori presentati, tale da costituire un vero e proprio passo in avanti nella storicizzazione di questo importante aspetto della professione. Un interessante dibattito ha, infine, suscitato la tesi su Fellini e critica, rievocatrice di clamorose cecità, di oscure e meno oscure pavidità, di clamorosi pentimenti. Nicola D’Amico LE 255 TESI Studente Abiuso Francesco Abrami Giovanna Università Un. studi Milano Bicocca - facoltà sociologia Un. studi Bologna - facoltà scienze della comunicazione Agostinacchio Marianna Agostini Monica Alessandrini Monia Alessi Caterina Alfieri Paolo Maria Allegra Valentina Alonzi Donatella Anconitano Veruska Angiulli Carmen Antonelli Alessandro Aristone Attilio Arlati Roberto G. Baldini Sergio Ballone Andrea Barbi Roberta Un. studi Bari - facoltà lettere e filosofia Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere e filosofia Un. studi Teramo - facoltà scienze della comunicazione Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà scienze politiche Un. studi Perugia - facoltà lettere e filosofia Un. studi Catania - facoltà lettere e filosofia Un. studi Salerno - facoltà lettere e filosofia Un. studi Siena - facoltà lettere e filosofia Un. studi Bari - facoltà economia e commercio Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze politiche Un. studi di Teramo - facoltà scienze della comunicazione Un. studi Milano - facoltà scienze politiche Un. studi Pisa - facoltà lettere e filosofia Un. studi Milano Bicocca - facoltà sociologia Libera Un. Maria SS. Assunta - facoltà lettere e filosofia Barraco Fabio Barzaghi Marco Battifoglia Enrica Beconi Silvia Beltrame Lorenzo Beltramin Paolo Berardi Anna Berbenni Maddalena Bernardelli Elisabetta Bernasconi Silvia Bertolotti Francesca Bevilacqua Elisa Bevilacqua Michele Bianchi Francesco F. Un. studi Siena - facoltà scienze politiche Un. studi Milano - facoltà scienze politiche Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà di filosofia Un. studi Firenze - facoltà lettere e filosofia Un. studi Trento - facoltà sociologia Un. studi Padova - facoltà lettere filosofia Un. per stranieri di Perugia - facoltà lingua e cultura italiana Un. studi Bergamo - facoltà lingue e letterature straniere Un. studi Parma - facoltà lettere e filosofia Un. studi Milano - facoltà lettere e filosofia Un. Catt. Sacro Cuore Brescia - facoltà scienze linguistiche e lett. straniere Un. studi Torino - facoltà scienze politiche Un. studi Parma - facoltà lettere e filosofia Un. Iulm - facoltà scienze della comunicazione e dello spettacolo 16 Titolo tesi Il giornalismo investigativo in Italia: il caso Lockheed La gestione delle informazioni e il rapporto tra mass media e istituzioni (politiche e militari) in tempo di guerra, dal Vietnam alla guerra del Golfo del 2003 Alessandro Verri e gli anni del Caffè Glamour 1922 - 2002: texture di una rivista di moda Network writing. Passione e professione di scrivere in rete” Libertà di informare e di essere informati e tutela della riservatezza a mezzo Internet Informazione e guerra. Politica media, opinione pubblica, verità, inganni: golfo, Kosovo, Afghanistan, Iraq e altre storie Il “parlato serio e semplice”: lingua e stile di Enzo Biagi Dalle riproduzioni tipografiche al prodotto editoriale: il giornalismo nell’era delle reti digitali Il Corriere della sera e Mani pulite: la difficile strada verso l’obiettività Mass media e problemi di informazione La questione di Trieste nella stampa comunista del secondo dopoguerra (1945 - 1947) Un giornale per emigranti: La voce di Fossacesia Il Partito d’Azione e la sua stampa Mario Borsa, un giornalista coerente, alla guida del Corriere della sera dalla liberazione all’indomani della repubblica La stampa della Lomellina dal 1950 al 2002: il giornalismo locale dagli anni della ricostruzione alla stagione della globalizzazione La comunicazione in allarme. La presentazione giornalistica dell’ 11 settembre e gli effetti sulla percezione della personalità dei personaggi coinvolti Il crack della Rizzoli nelle cronache e nei commenti del Corriere della sera (1870 - ‘83) Mtv, il fenomeno che ha cambiato il mondo della televisione Linguaggi scientifici e riviste di divulgazione in Italia (1788 - 2002) Stelle! (1933 - 1938): cinema, divismo e modelli femminili in un rotocalco cinematografico degli anni trenta. L’immagine del premio Nobel nella stampa quotidiana. Un confronto internazionale La bella confusione. La critica cinematografica a Federico Fellini da “Lo sceicco bianco” a “8 e 1/2” Diversità culturale e realtà mediatica Our special corrispondent: la produzione giornalistica di Virginia Woolf, 1904 - 1912 Archivio Publifoto: immagini di conferenze ed avvenimenti politici italiani ed internazionali Inediti dell’archivio libico Maraja di Como: grafica pubblicitaria e cinema d’animazione, 1933 - 1949 La comunicazione scientifica in Italia e in Francia: il caso dell’oceanografica Un modello di informazione locale il caso di Luna nuova Metafore di Internet. un’indagine sul Corriere della sera Giornalismo e letteratura. l’evoluzione della terza pagina nella storia del Corriere della sera Relatore prof. Francesco Abruzzo Roberto Grandi R. Cotrone Anna Lisa Carlotti Pierfranco Malizia Nicoletta Parisi Stefano Balassone Gabriella Alfieri Salvatore Sica Maurizio Boldrini Giuseppe Scarcia Giovanni Aliberti Nadia Tarantini Ada Gigli Marchetti Bruno Di Porto Franco Abruzzo Giuseppe Pisicchio Donatella Cherubini Ada Gigli Marchetti Tullio De Mauro Silvia Franchini Massimiliano Bucchi Gian Piero Brunetta Emidio Diodato Flaminia Nicora Gloria Bianchino Antonello Negri Maria Teresa Zanola Carlo Marletti Sergio Manghi Angelo Agostini ORDINE 4 2004 Maria Chiara Merli La free press? Un “passaggio” verso il giornale tradizionale di Andrea Celauro Non sempre il destino della “free press” è quello di essere abbandonata in un cestino all'uscita della metropolitana. C'è chi la piega nella borsa, se la porta a casa, la studia con attenzione e sceglie di dedicarle la tesi di laurea. È quanto ha fatto Maria Chiara Merli, in un pregevole lavoro dal titolo “Metro, Leggo e City. La free press in Italia: un fenomeno dilagante”. L'idea della tesi, discussa alla facoltà di Lettere e Filosofia di Torino sotto l'egida del prof. Mimmo Candito, è nata dalla curiosità di capire i motivi di un successo che ha portato i tre quotidiani gratuiti a triplicare, in due soli anni, fatturato pubblicitario e copie distribuite. Tutto questo mentre, sull'altro versante, le grandi testate nazionali lottavano per difendere le proprie quote di lettori e inserzionisti dall'attacco della televisione. “I lettori dei quotidiani forse non necessitano di un giornalismo snaturato nei suoi caratteri peculiari, ma di un giornalismo che aderisca di più alle esigenze del pubblico della società digitale”, sostiene Maria Chiara, e mostra come la “free press” in questo abbia gioco facile, essendo nata proprio per soddisfare tale richiesta: “La prima pagina di Metro assomiglia alla homepage di un sito Internet”. La brevità dei pezzi, tutti neutri e facili da leggere, l'uso del colore e della fotografia, fondamentali per l'aspetto “brioso ed esuberante” delle testate, i titoli che sembrano slogan pubblicitari; tutto questo fa della “free press” un'arma vincente, dati alla mano, in un panorama editoriale caratterizzato dalla crescente disaffezione dei lettori più giovani. “Il tempo medio di lettura è di non più di 10-15 minuti e termini come ‘sfogliare’ e ‘approfondimento’ non sono, di norma, in sintonia”. La scommessa, come è ovvio, si gioca sul campo dei numeri più che su quello dell'autorevolezza. Avvicinare alla lettura i giovani tra i 13 e i 24 anni, che non riescono a essere conquistati dai quotidiani a pagamento, tagliare a misura loro le notizie. Come? Dando ampio spazio allo sport e allo showbusiness e puntando sulla carta dell'informazione di servizio. Con importanti differenze, però, tra l'uno e l'altro dei “free papers”. Nello sport è specializzato Metro, la cui appendice “Metrostadio” viene distribuita anche davanti agli impianti sportivi, mentre veline e attori trovano spazio soprattutto su Leggo. Diversa la scelta di City, di proprietà dello stesso gruppo editoriale del Corriere, che riserva un maggior numero di colonne alla cronaca locale e all'informazione di servizio. E proprio da via Solferino arriva il suo direttore, Lanfranco Vaccari, che individua negli studenti universitari il target del giornale. Quegli stessi che, secondo le interviste fatte da Maria Chiara, tacciano l'informazione a pagamento di essere “troppo politicizzata, provinciale e schierata”. “Per questo”, scrive Chiara, “Vaccari parla della necessità di una riqualificazione verso l'alto di alcuni grandi quotidiani a pagamento, sull'esempio dei “quality papers”, e del ridimensionamento di acuni altri da nazionali a regionali. La “free press” invece deve restare stampa metropoli- tana”. Una più ferrea divisione dei ruoli? Così sembrerebbe. Difficile per un giornale “omnibus”, i cui punti di riferimento debbano restare autorevolezza ed esaustività, battere la stampa gratuita sul suo stesso campo. Anche perché, come sottolinea Maria Chiara parlando di Metro, questi “sono progetti di marketing che possono essere ritirati quasi senza conseguenze”. Dunque niente da perdere, tutto da guadagnare, nonostante siano gratuiti. Ma una speranza c'è, chiosa la Merli citando l'analisi di due ricercatori: la lettura della “free press” può invogliare all'approfondimento sul quotidiano a pagamento, “può diventare la ‘piccola sorella’ che accompagna il lettore verso i media tradizionali della stampa e il mondo dei libri”. Massimo Veneziani Come cambiò il giornalismo nei cruciali Anni ’70 di Elena Seno Tre anni trascorsi negli archivi della città di Roma con le mani tra atti e scartoffie di tempi passati, ricercando nella polvere che inesorabilmente tutto ricopre. Massimo Veneziani, dottore in Scienze della comunicazione, sotto quella polvere ha rinvenuto carte storiche che gli sono servite per capire com’era il mondo della stampa italiana negli Anni Settanta. Impiegato come ausiliario del consulente tecnico d’ufficio della Procura di Brescia dal 1999, ha potuto consultare le relazioni dei periti della Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e, senza violare il segreto d’ufficio, anche i documenti sulle stragi di quegli anni. Ne ha tratto una tesi di laurea dal titolo “Il giornalismo italiano degli Studente Bianchi Grazia Billiani Sonia Biondani Paolo Bombino Silvia Borghi Luigi Bottai Elisa Botton Mara Brancatisano Manuela Broccardo Arianna Buzzetti Eugenio Callegari Massimo Campus Simone Canazza Nicoletta Canova Laura gina Cappuccio Armando Caratti di valfrei Chiara Carboni Alessia Carletti Francesca Carletti Raffaela Carta Giuseppina Carulli Annarita Casiraghi Silvia Castagna Stefano Catelani Borys Cavagnola Roberto Cerbone Davide Ceriotti Simone Cervi Alessandro Ciccolo Sabrina Cioffi Arianna Collazzo Manuela Condito Maria G. ORDINE 4 Anni ’70. Le ragioni di una svolta”. Studente dell’università Lumsa di Roma ha così conciliato studio e lavoro, realizzando con il relatore prof. Francesco Malgeri un corposo elaborato di 400 pagine. Una tesi di laurea per far luce su un periodo storico cruciale, quello che va dalla fine degli Anni ’60 all’inizio degli ’80: la stagione della contestazione studentesca, del terrorismo di destra e di sinistra, gli anni bui della Repubblica, delle agitazioni dei lavoratori. Una complessità dalla quale anche il giornalismo italiano è uscito rinnovato. «Basta elencare alcuni quotidiani che nascono in quegli anni – spiega Massimo – per capire il cambiamento che subisce la stampa: 21 aprile 1971 Il Manifesto, 11 aprile 1972 Lotta Continua, 25 giugno 1974 Il Giornale, 14 gennaio 1976 La Repubblica». Nuovi giornali che esprimono, assieme ad altri “fogli” Università Un. Cattolica del Sacro Cuore Milano - facoltà lettere e filosofia Un. studi Udine - facoltà lingue e letterature straniere Un. studi Padova - facoltà giurisprudenza Un. studi Bologna - facoltà lettere e filosofia Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere e filosofia Un. Iulm - facoltà scienze della comunicazione e dello spettacolo Libera Un. di lingue e comun. Iulm - facoltà scienze della comunicazione Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere filosofia Un. studi Milano Bicocca - facoltà sociologia Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere e filosofia Un. studi Ferrara - facoltà lettere e filosofia Un. studi Sassari - facoltà scienze politiche Un. studi Padova - facoltà scienze politiche Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere filosofia Un. studi Napoli Parthenope - facoltà di economia Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere e filosofia Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà sociologia Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà sociologia Un. studi Macerata - facoltà scienze della comunicazione Un. studi Cagliari - facoltà lettera e filosofia Un. Luiss - facoltà scienze politiche Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà scienze politiche Un. studi Padova - facoltà lettere e filosofia Un. studi Firenze - facoltà scienze della formazione Un. Studi Genova - facoltà scienze politiche Un. studi Napoli “Federico II” - facoltà scienze politiche Libera Un. Lingue e comunicazione - facoltà scienze della comunicazione Libera Un. Lingue e comun. Iulm - facoltà scienze comun. e spettacolo Un. Cattolica del Sacro Cuore Milano - facoltà giurisprudenza Un. studi Roma Tre - facoltà discipline dell’arte musica e spettacolo Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze della comunicazione Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze della comunicazione 2004 di movimento, una vivacità nuova. Non solo viene meno la fiducia nei confronti delle notizie “stile velina” delle fonti istituzionali, ma fare giornalismo d’inchiesta diventa un dovere: la parola d’ordine è controinformare. «Cambia il modo di fare informazione nel momento in cui tutto sta cambiando – chiarisce Massimo. Alcuni degli atti che ho consultato mi hanno fatto capire le ragioni della svolta degli Anni ’70 e del fenomeno Controinformazione. Per esempio ho trovato un documento sulla fondazione di una Spa alla quale parteciparono Sofri e altri, ma curiosamente anche il figlio di un senatore repubblicano. Oppure testimonianze sui finanziamenti a Lotta Continua da parte di industrie italiane come la Ferrero, la Fiat e altre». Negli anni Settanta il rapporto della stampa con i Servizi segreti diventa più stretto. Lo dimostrano alcuni documenti della Controinformazione contenenti notizie che solo i Servizi segreti avrebbero potuto dare, raccolti nella tesi di laurea. Per far luce sul mondo della stampa di quegli anni, Massimo Veneziani ha intervistato anche alcuni protagonisti, giornalisti che credettero nel cambiamento come Giorgio Bocca, Nello Ajello, Federico Orlando, Pino Adriano e Aldo Giannuli. «Ho trovato grande disponibilità – ha commentato Massimo. Davanti ad alcuni giornalisti avevo una sorta di timore reverenziale, ma sono soddisfatto di quello che mi hanno trasmesso». Anche se Massimo ha solo 26 anni e il periodo storico degli Anni ’70 non lo ha vissuto in prima persona, si è appassionato a quel modo di fare informazione. «Certo ha spiegato – ho sempre avuto il pallino di fare il giornalista, ma con questa tesi di laurea ho scoperto quel bel giornalismo, quella passione civile della professione che oggi sembra non esistere più». Titolo tesi La cronaca in quotidiani italiani attraverso il tempo “Crisi del giornalista o nuovo giornalista?” Com’è cambiata la figura del giornalista con i nuovi media. caso studio: Messaggero Veneto La responsabilità penale del direttore di un periodico: il reato proprio di omesso controllo (art. 57 cod. pen.) Dalla carta al Web: la ri - mediazione di una rivista tra i problemi di semiotica e mercato I weblog: dai diari di rete a una nuova frontiera del giornalismo on line Il messaggio nel sonoro televisivo. analisi comparativa di notizie di cronaca Il cittadino. Un esempio di giornalismo locale L’identità di testata nell’informazione locale. Analisi comparata di due esempi: Tg3 Lombardia ed Etg Dario Papa dal modello «penny press» al rinnovamento della stampa italiana di fine Ottocento Gli stili del reportage: la professione del reporter tra giornalismo e narrazione “Prima pagina”: il linguaggio della rassegna stampa tra radio e televisione Guerra e informazione nell’epoca del digitale Carlo Monticelli, tra giornalismo e impegno civile (1857 - 1913) L’immagine dell’uomo e della donna nella pubblicità di Amica dal 1962 ad oggi Processi di gestione e fattori critici di successo nelle agenzie di stampa. Il caso Radiocor La fotografia nell’informazione. La professionalità del photo editor nel panorama dei periodici italiani Comunicazione sociale: il ruolo dell’ufficio stampa. Il caso del forum permanente del terzo settore L’agenzia multimediale. L’Ansa dall’inchiostro alla rete Informazione di guerra e guerra dell’informazione. Come i quotidiani hanno raccontato il Kosovo Le inchieste giornalistico - televisive sulla Sardegna del piano di rinascita dal 1967 al 1970 I sottocodici del linguaggio giornalistico Giornalismo sportivo e opinione pubblica. Elementi per un’analisi storica La stampa spagnola e il trapasso dalla dittatura franchista alla democrazia (1973 - 1977) Il mercato della notizia: aspetti e problematiche di sociologia del giornalismo alla luce degli studi recenti La stampa italiana e la guerra del Vietnam Quotidiano politico e quotidiano sportivo, mondi di carta che s’incrociano. Il caso Gazzetta Carta stampata e Internet: un binomio possibile? Le voci del Medio Oriente: un’analisi dei mass media arabi per un confronto con l’occidente. Il caso Al - Jazeera Diritti e doveri dei giornalisti in situazione di conflitto Le donne della “repubblica”. Immagine femminile e giornaliste nel quotidiano La repubblica dal 1976 al 1980 Tutto lo sport colore per colore nei microfoni della radio. Il linguaggio delle radiocronache calcistiche L’intervista televisiva tra informazione ed intrattenimento Relatore prof. Celestina Milani Antonella Varesano Alessandro Alberto Calvi Giulio Blasi Emilio Carelli Gaia Varon Angelo Agostini Giorgio Simonelli Francesco Abruzzo Walter Passerini Sabatina Matarrese Vincenzo Vita Filiberto Agostini Anna Lisa Carlotti Daniela Mancini Giorgio Simonelli Alberto Abruzzese Aldo Fontanarosa Marco Deriu Francesco Atzeni Massimo Baldini Paolo Colombo Carlo Fiuman De Marco Pietro Adele Maiello Mirella Giovene Angelo Agostini Angelo Agostini Michele De Salvia Giancarlo Bosetti Giuseppe Mazzei Michele Sorice 17 Marta Pasuch E il quotidiano divenne comunicazione visiva di Enrico Lagattolla “Osservando alcuni quotidiani italiani ed europei, ho notato che, rispetto ad alcuni anni addietro, si concentrano molto di più sulla comunicazione visiva delle notizie. Se, dunque, anche i quotidiani appartengono all’insieme dei cosiddetti manufatti comunicativi, possiamo affermare che la comunicazione cui danno vita è in buona parte una comunicazione visiva. Oggi, in quasi tutte le pagine di cui è composto un quotidiano, troviamo pubblicata almeno una fotografia”. Con queste parole Marta Pasuch apre la sua tesi di laurea in comunicazione visiva, discussa all’Università di Trieste: “La retorica della fotografia giornalistica tra allegoria, simbolo, mito. Iraq 2003 nelle foto di El Paìs, Il Corriere della Sera, Le Monde”. Sfogliando (e osservando) i tre quotidiani, la Pasuch si è posta una serie di interrogativi: perché si pubblicano le immagini fotografiche sui quotidiani d’informazione adesso che possiamo vedere tutto alla televisione? Perché vengono pubblicate alcune fotografie e non altre? Le fotografie possono creare disinformazione? Perché alcune foto di eventi passati sono rimaste così fortemente impresse nella memoria collettiva? L’ipotesi centrale del lavoro è che esiste una “retorica della fotografia giornalistica”, costituita dai modi con cui si attribuisce un senso alle immagini che troviamo nei quotidiani, dovuta sia alle scelte di chi pubblica le foto, sia al tipo di fruizione di chi sfoglia un giornale così confezionato. Una complessità semantica dell’immagine che dovrebbe indurre ad un uso più consapevole della comunicazione visiva. Esisterebbero tre modi principali attraverso cui viene elaborato il senso delle immagini fotografiche: l’allegoria, che stimola l’interpretazione del lettore, al quale vengono in mente frames visivi per analogia o per contrasto, ironicamente o paradossalmente; il simbolo, che semplifica la percezione dell’immagine, e la decontestualizza. Un esempio è la celebre foto di Robert Capa che ritrae un miliziano spagnolo colpito a morte. “La foto di Capa - scrive Marta - diventa l’equivalente fotografico della Guernica di Picasso, e continua ad essere vista come la sintesi simbolica non solo del popolo spagnolo durante la guerra civile, ma del sacrificio di tutti i popoli in guerra. L’uso simbolico che viene fatto di questa foto costituisce il suo stesso contenuto documentale. Pertanto diventa irrilevante, nella maggior parte dei suoi utilizzi, porre la questione del rapporto tra l’evento e la fotografia”. Infine il mito, che traduce la foto giornalistica in un’immagine portatrice di fattori metalogici, quella doppia dimensione di presente e di passato, di razionale e di irrazionale: impressione, rappresentazione, un significato che affiora non ragionato, e abolisce la complessità degli atti umani. Descrivere gli eventi per mezzo di allegorie, simboli o miti significa estetizzare la realtà e travisarla, perché si narrano dei fatti drammatizzandoli o spettacolarizzandoli, in tono epico o lirico. Ma non c’è spettacolo né epica, solo l’accadere delle cose colto dalla prospettiva individuale del fotogiornalista. Perciò, cosa abbiamo visto della guerra in Iraq? E cosa non abbiamo visto, che sia sfuggito ad un’istantanea, o che non sia mai stato reso pubblico? La complessità propria della comunicazione per immagini e le modalità cognitive della fruizione sono le ragioni per cui ogni quotidiano dovrebbe valutare più attentamente le proprie scelte visive. “A questo proposito conclude Marta - si è cercato di suggerire alcune soluzioni: far sì che i giornalisti abbiano una cultura dell’immagine di base e che questa cultura si trasformi in una deontologia; aprire il dialogo tra la redazione e i lettori sul proprio modo di lavorare; inserire nell’organigramma redazionale delle figure ad hoc che si occupino della linea visiva del giornale”. dossier stranieri, che in Italia non hanno avuto l’eco che meritavano. “Circoscrivendo la riflessione all’ambito dell’informazione fornita dagli organi di stampa, la falsificazione può consistere o nella mancata pubblicazione di eventi avvenuti (occultamento-mimetizzazione),o nella pubblicazione di notizie di eventi non accaduti – sostiene la tesi. In questo caso possiamo distinguere tre categorie: dei fattoidi, delle bufale, dei falsi giornalistici veri e propri”. I cosiddetti fattoidi sono eventi mai avvenuti, dotati di peculiarità e caratteristiche anomale ma plausibili e verosimili, che possono far supporre una loro reale esistenza. Nella categoria rientrano: le leggende metropolitane (storie improbabili raccontate come vere che, dopo aver avuto diffusione nel corpo sociale, si spostano sulle pagine degli organi di stampa trasformandosi così in false notizie di eventi mai avvenuti); le notizie prive di fondamento già pubblicate, ma mai smentite; le trasposizioni dei tanti stuzzicanti… “si dice che” in abbondante circolazione in vari tipi di comunità e che si traducono in eventi reali; le informazioni equivoche o interpretazioni fuorvianti di documenti. Dalla ricerca di Daniele Memola riaffiorano alla memoria eventi clamorosi che hanno fatto discutere, a partire dai numerosi casi di pubblicazione di coccodrilli. Ecco alcuni esempi: il suicidio di Monica Vitti il 4 maggio 1988, o il coccodrillo firmato da Eugenio Montale, il 25 gennaio del 1954, su Ernest Hemingway. Tutte occasioni di riflessione. “Anche se la professione è mutata – conclude Daniele – è vero però che non sono cambiate le regole deontologiche, per prima quella che impone al giornalista l’obbligo e il dovere, nell’interesse dei lettori, di dare un’informazione il più possibile veritiera e completa. La stessa legge dell’Ordine aggiunge poi che è obbligo inderogabile del giornalista il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e buona fede. La deontologia professionale è in gran parte, se non per intero, racchiusa in queste semplici ma difficili parole: onestà, verità, libertà.” Daniele Memola Un “fattoide” per i gusti del pubblico di Palmira Mancuso Venticinquenne, giornalista professionista, laureato alla Libera Università Maria Santissima Assunta di Roma: Daniele Memola è stato premiato con la tesi “Diritto di cronaca e falsificazione dell’informazione. Fattoidi, bufale e leggende metropolitane”, nella quale pone l’accento su un problema più che mai attuale, ovvero il rapporto tra la verità sostanziale dei fatti e la falsificazione delle notizie per esigenze che poco hanno a che fare con la professione. “L’inseguimento dell’audience e dei gusti del pubblico, la comunicazione sempre più urlata, l’omogeneizzazione dello stile del messaggio giornalistico con quello televisivo si accompagnano con la deformazione dei fatti e la creazione di eventi che alla fine non esistono, oppure fatti deformati in quanto espressi in modo del tutto non corrispondente al vero. Si può affermare che oggi sono le notizie che si dirigono verso i giornali, non il contrario, ed è sempre più ridotta la possibilità per i giornalisti di verificare la loro origine, le finalità per le quali sono state diffuse e la loro veridicità. Al contempo migliaia di eventi che realmente accadono, talvolta anche importanti, non diventano notizie perché non trovano spazio sui quotidiani”. Ma come nasce l’idea di approfondire un tema così controverso? “Sulla deontologia sono stati scritti manuali e manuali – dice Daniele – ma le regole sono spesso disattese, e mi incuriosiva capire come. Per questo ho iniziato una ricerca che mi ha portato a scoprire casi clamorosi di bufale e false notizie, che puntualmente sono state pubblicate sui maggiori quotidiani nazionali”. Un lavoro che si è protratto per quasi un anno, spulciando tra le pagine dei giornali, ma anche attingendo a LE 255 TESI Studente Cordua Davide Cori Alessandro Corti Elisabetta Corti Novella Costantini Cristiana Covini Alessandra Cozzi Federico G. Cristello Assunta Crosta Francesca Daghetta Aldo P. D’alessandro Davide D’amelio Mariafrancesca D. D’antoni Davide De chiara Arianna F. De felice Chiara De leonardis Matteo De luca Anna Maria De meo Iranna De nicolao Barbara De nisi Veronica De riccardis Sandro De rossi Federico De trucco Michele Del fabro Alessia Del ninno Loredana Dell’elce Francesca Di centa le van kim Anton Di nanni Francesca Diana Leandro Diliberti Monica Dimola Eleonora Doneda Elena 18 Università Un. Cattolica Sacro Cuore Brescia - facoltà lettere e filosofia Un. studi “Roma Tre” - facoltà scienze politiche Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere filosofia Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà giurisprudenza Un. studi Siena - facoltà lettere e filosofia Un. studi Milano - facoltà lettere e filosofia Un. studi Milano - facoltà giurisprudenza Un. studi Salerno - facoltà lettere filosofia Un. studi Milano Bicocca - facoltà sociologia Un. Iulm - facoltà scienze comunicazione Un. studi Teramo - facoltà scienze della comunicazione Un. studi Milano - facoltà scienze politiche Un. Roma “La Sapienza” - facoltà scienze della comunicazione Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze della comunicazione Un. studi Roma Tre - facoltà lettere e filosofia Un. studi Teramo - facoltà scienze della comunicazione Libera Un. Maria ss. Assunta di Roma - facoltà scienze della comunicazione Un. studi Basilicata - facoltà lettere e filosofia Un. studi Padova - facoltà scienze della comunicazione Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà sociologia Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà giurisprudenza Un. studi Genova - facoltà scienze politiche Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze della comunicazione Un. studi Trieste - scuola superiore lingue moderne Un. studi Bologna - facoltà lettere e filosofia Un. studi Teramo - facoltà scienze della comunicazione Un. commerciale “Luigi Bocconi” Milano - facoltà economia Un. studi Federico II Napoli - facoltà lettere e filosofia Un. studi Milano - facoltà scienze politiche Un. studi Palermo - facoltà scienze della formazione Un. studi di Bari - facoltà giurisprudenza Un. Cattolica del Sacro Cuore di Brescia - facoltà lettere e filosofia Titolo tesi “Il luogo che più non è”. 11 settembre 2001: stampa e televisione che cosa ci raccontano? L’Italia verso la prima legislatura: comunicazione e conflitto politico nelle pagine della stampa Tra varietà e informazione: il caso Chiambretti c’è La libertà di stampa nella presente congiuntura dell’ordinamento costituzionale La disfida del libro. A confronto le strategia di marketing dei due principali quotidiani italiani La scena teatrale milanese dalle pagine del Monitore dei teatri (1861 - 1880) Il segreto professionale del giornalista Il falso giornalistico. Da insinuazioni e accostamenti suggestionanti Donne e giornalismo tra opportunità e discriminazioni. Il caso dell’editoria a Milano L’inchiesta giornalistica. Tecniche d’indagine e strutture narrative nel giornalismo investigativo Cronache dalla mafia. Il maxiprocesso di Palermo attraverso la stampa italiana I giornali studenteschi milanesi (1945 - 1968) Il corpo dei telegiornali. Riti e seduzioni dei corpi nella conduzione dei tg Leggo, City, Metro. Viaggio nel fenomeno della free press Nuovo cinema: paradiso e inferno. Il cinema italiano tra giornalismo, critica e pubblico (1989 - 2001) La “notizia politica” “Il decentramento televisivo: le tv regionali in Europa” D’Annunzio giornalista sportivo Fra serial killer e delitti misteriosi. Struttura e linguaggio della “nera” nei quotidiani Una squadra chiamata radio. Le emittenti radiofoniche del gruppo l’Espresso Il caso Enron: profili criminologici La comunicazione e l’informazione nei processi culturali, tra teoria e indagine empirica. (La costruzione mediata della realtà) La nuova comunicazione di guerra: censura e disinformazione da Desert Storm a Iraqui Freedom Ginnastica a tempo di bit: analisi delle cronache sportive italiane e russe in rete Immagini pubbliche della clonazione In marcia per la pace. Il movimento pacifista nell’Italia degli anni ‘80 attraverso la stampa Vietnam 1975 - 2000: una tigre in bicicletta Giulio Massimo Scalinger (1857 - 1907) L’Ordine dei giornalisti: necessaria sentinella alla libera e corretta informazione o modello inadeguato e superato? La mafia svelata. Il giornalismo d’inchiesta di Mario Francese Il rapporto di lavoro dei giornalisti. Tra autonomia e subordinazione Tra informazione e satira: il giornalismo di denuncia di Striscia la notizia Relatore prof. Massimo Ferrari Enrica Tedeschi Giorgio Simonelli Angelo Mattioni Maurizio Boldrini Paolo Bosisio Ennio Amodio Salvatore Sica Francesca Zajczyk Angelo Agostini Piero Nicola Di Girolamo Ada Gigli Marchetti Giuseppe Mazzei Mario Morcellini Giancarlo Bosetti Nadia Tarantini Andrea Melodia Annamaria Andreoli Ivana Paccagnella Giuseppe Mazzei Gabrio Forti Giuliano Carlini Umberto Dante Francesco Straniero Sergio Giuliano Pancaldi Piero Nicola De Girolamo Franco Amatori Raffaele Giglio Ada Gigli Marchetti Franco Nicastro Tommaso Germano Marina Villa ORDINE 4 2004 Roberta Frau Monica Pinna La radio come fonte EuroNews, tv con d’informazione rapida meno soldi di altre di Armando Stella Leggerezza percettiva, tecnologica e produttiva. Tre attributi che fanno dell’informazione radiofonica lo strumento più tempestivo, rapido e immediato al servizio degli utenti. “Col cuore oltre l’ostacolo”, motto buono anche per un esercito al servizio delle notizie, “il mezzo radiofonico si distingue come la cavalleria leggera dell’informazione, capace di immediatezza e approfondimento”, che smonta il paradigma per cui “la radio dà le notizie, la tv le illustra, il giornale le approfondisce”. Roberta Frau, laureatasi alla facoltà di Sociologia dell’Università degli Studi di Milano Bicocca, in “Teoria e tecnica della comunicazione di massa”, parte da qui, dall’analisi delle qualità prime dello strumento radiofonico, per un’indagine su come si fa informazione, sul ruolo e l’importanza che riveste in alcune emittenti italiane. La tesi, “La cavalleria leggera dell’informazione. Storia, attualità e prospettive dell’informazione radiofonica in Italia” (relatore il prof. Francesco Abruzzo, correlatore il prof. Giorgio Grossi) abbraccia un settore che, sostiene Roberta Frau, “negli ultimi anni sembra aver conosciuto una nuova età, una vera e propria seconda giovinezza”. Dal colpo di Studente Fecchio Sara Feliziani Gioia Fialdini Francesca Finotello Marco Fiore Francesco Università Un. studi Urbino - facoltà sociologia Un. studi Macerata - scienze della comunicazione Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze della comunicazione Un. studi Torino - facoltà scienze strategiche Un. studi Siena - facoltà scienze servizio sociale di Anna Bernasconi De Luca “La giornata di EuroNews non inizia e non finisce mai: si va in onda 24 ore su 24. Si lavora a Natale, Capodanno, di giorno e di notte. Le pause non esistono in un canale all news di informazione continua”. E a tutto tondo è anche l’analisi dell’emittente che Monica Pinna, genovese nata in Sardegna e trapiantata a Lione, affronta nella tesi di laurea “EuroNews. Dieci anni tra missione pubblica e logica commerciale. Crisi e prospettive del canale di informazione europeo”. Redattrice bilingue per EuroNews dal 5 giugno 2001, Pinna ha scelto di raccontare EuroNews tracciando “uno spaccato a 360° della storia, della vita redazionale, della crisi e delle prospettive future”. E articola la tesi, discussa all’Università degli Studi di Genova, in due parti. La prima (relatore Marina Milan) ripercorre la storia del Canale, da quando è stato concepito come personalità giuridica nel ‘91 e dalle prime trasmissioni dalla cittadina francese nel ‘93, all’ingresso di Alcatel Altshom nel ‘95, alla crisi generata dal disimpegno del partner britannico Indipendent Television News nel 2002 e all’attuale condizione di emittente interamente pubblica. La seconda parte (relatore Mario Bottaro) racconta come funziona la televisione, seguendo idealmente la giornata di un “giornalista europeo”. “Noi informiamo gli italiani di quello che succede in Francia, gli spagnoli di quello che accade in Italia, i polacchi di quello che avviene in Germania, i tedeschi di quello che succede in Belgio; il tutto in sette lingue, secondo una prospettiva europea”. Pinna cita Luis Rivar, direttore editoriale dell’emittente, per condensare nell’introduzione al suo lavoro l’obiettivo dell’emittente. Ma cos’è EuroNews? Un canale di informazione a flusso continuo, “una sorta di radio con immagini organizzata in due telegiornali principali e in una serie di blocchi informativi da trenta minuti”. E anche “una televisione indipendente, che riesce a coprire 24 ore di emissione al giorno con 10 giornalisti per ogni lingua e un budget ampiamente inferiore a quello delle dirette concorrenti”. Perché “non esistono televisioni migliori di altre, ci sono solo televisioni con più soldi di altre”, è il motto del suo direttore editoriale. Per abbattere i costi di un canale che “ha avuto sempre abbastanza per sopravvivere e mai abbastanza per svilupparsi”, il lavoro dei redattori è basato sulla post-produzione delle notizie. Secondo Pinna, è indubbio che l’aumento delle inchieste e delle dirette migliorerebbe il canale, ma di norma la vita del giornalista “EuroNewsiano” (come i dipendenti dell’emittente si definiscono scherzosamente) si svolge tutta in redazione. Il giornalista, infatti, “timbra il cartellino. Entra e si siede, guarda la televisione e aspetta. Sa che per tutta la giornata resterà in redazione”. Lavora in squadre composte da redattori di sette diverse nazioni. La riunione di redazione altro non è che un incontro con il caposervizio, o Chef d’éd, che presenta alla squadra un montaggio di immagini d’agenzia. Su queste, ogni giornalista scrive un testo. Così, lo spettatore può scegliere in quale lingua ascoltare i servizi trasmessi da EuroNews. “Non si tratta di traduzioni” sottolinea Pinna. E proprio questa particolarità fa di EuroNews un canale davvero europeo. Infatti, comparando i diversi testi, si scopre che “se è vero che ogni redattore ha un modo di raccontare che riflette la propria cultura, è vero anche che lavorando gomito a gomito con giornalisti di altri Paesi, il suo linguaggio si spoglia dalle faziosità della propria lingua e si fa “glocale”. Lo stesso vale per lo stile giornalistico, che si libera dei cliché dei diversi tipi di giornalismo europei e si internazionalizza”. Ricapitolando, giornalisti cittadini d’Europa, notizie in chiave europea per una televisione davvero transnazionale. Titolo tesi Arcangelo Ghisleri e la Rivista Repubblicana La rappresentazione della disabilità psichica nel linguaggio giornalistico Comunicazione e giornali di strada: strumenti di rappresentazione sociale alternativa Contributo alla storia dell’autonomismo valdostano. Il dibattito sui giornali locali dal 1943 al 1947 L’assistente sociale tra ruolo e immagine: interrogativi, considerazioni e prospettive per una rappresentazione ed identificazione della professione nel rapporto con i mass media e la comunità Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze politiche Il codice deontologico dei giornalisti e la riservatezza e il trattamento dei dati personali Un. studi di Sassari - facoltà scienze politiche Corrispondenti di guerra: un mestiere difficile Un. studi Ferrara - facoltà di economia The New York Times e l’11 settembre: analisi teorica ed empirica dello shock organizzativo Un. studi Milano Bicocca - facoltà sociologia La cavalleria leggera dell’informazione. Storia, attualità e prospettive dell’informazione radiofonica in Italia Libera Un. Lumsa - facoltà lettere e filosofia La Vanguardia democratica. Dal franchismo allo stato delle autonomie Un. studi Padova - facoltà lettere e filosofia Editoria e cultura a metà Ottocento: le “gemme d’arti italiane” (1845 - 1861) Un. studi Catania facoltà giurisprudenza Il finanziamento della stampa periodica Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere filosofia “Nostro handicap quotidiano”. L’immagine dell’handicap in alcuni quotidiani italiani (1978/1999) Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere e filosofia Giornaliste e giornalisti sul fronte dell’informazione: i linguaggi e gli stili di lavoro nell’esperienza delle inviate e degli inviati di guerra Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere e filosofia Storia ed evoluzione del giornalismo nelle carceri italiane: dai periodici su carta all’on-line. Il caso San Vittore Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà di sociologia Una notizia lunga ventiquattro ore. Radio all news italiane a confronto: Radio 24 - Il Sole 24 ore e Rai radiouno Un. studi Urbino -facoltà sociologia Raccontare la guerra: il reportage di guerra come esperienza umana Un. studi Macerata - facoltà scienze della comunicazione Il giornale locale: Italia e Gran Bretagna a confronto Un. studi Trento - facoltà sociologia Media democrazia e conflitto di interessi. Il sistema dell’informazione nell’Italia dopo il 1993 Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze della comunicazione Gpm. Giornalisti professionalmente modificati. Dalla contaminazione dei generi alla contaminazione dei ruoli Un. studi Salerno - facoltà lettere e filosofia Il corrispondente dall’estero: storia di una figura professionale Un. studi Roma “La Sapienza” facoltà scienze della comunicazione Islam: il sorvegliato speciale. Stampa italiana e mondoislamico prima e dopo l’11 settembre Un. studi Siena - facoltà lettere e filosofia Germania - Germania: la DDR e il dilemma nazionale sulle pagine del Neues Deutschland. Dalla Ostpolitik di Brandt all’unificazione Un. studi “Roma Tre” - facoltà giurisprudenza La figura del direttore responsabile nei reati di stampa Un. studi Bologna - facoltà giurisprudenza La responsabilità civile da cronaca giudiziaria Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà lettere e filosofia La guerra in Jugoslavia nella stampa italiana e francese. 1991 - 1995 Un. studi Siena - facoltà scienze politiche Oriana Fallaci: le corrispondenze di guerra e le interviste (L’Europeo 1950 - 1980) Un. Commerciale “Luigi Bocconi” - facoltà di economia Il settore editoriale: l’operazione “Il Giorno s.p.a.” - “Poligrafici editoriale s.p.a.” Un. studi Bergamo - facoltà lingue e letterature straniere “Il potere è nei media “. La P2 e l’editoria nella stampa italiana e inglese Un. studi Salerno - facoltà lettere e filosofia La cronaca nera nel secondo dopoguerra. Cinque casi emblematici (1946 - 53) Istit. univers. “suor Orsola Benincasa” Napoli - facoltà scienze della formazione Edoardo Scarfoglio polemista politico Fiore Massimiliano Fogu Fabio Franco Silvia Frau Roberta Frogheri Carla Fusari Silvia Gambera Lucio Gazzola Giuseppe Generali Valentina Ghioni Rubina Giacomarra Paola Gigante Gaia Giorgetti Chiara Giovanetti Silvia Giuffrida Diletta Giuliano Antonio Gizzi Alessia Gollino Denisa Gonnella Matilde Iacoviello Irma I. Imperiali Matteo Izzo Gian nicola Jeraci Giuseppe La rocca Elisa M. La valva Marco Laudati Anna ORDINE fucile che permise a Marconi di sperimentare la telegrafia senza fili è passato più di un secolo: la storia della radiofonia è cresciuta attraverso acronimi di volta in volta più familiari, Uri, Eiar e Rai, fino alla diffusione di syndication e radio private. Oggi parla tutti i giorni a più di 35 milioni di persone. E, soprattutto, informa. Tutti la ascoltano, quasi nessuno la prende sul serio: errore imperdonabile. “Ho scelto la radio perché in facoltà non la studia nessuno, tutti preferiscono tivù e Internet – afferma Roberta. Ma la radio non ha meno dignità. È viva, è il luogo delle sperimentazioni. E poi non è invadente, non ti costringe, è pluralista”. Il mito romantico della colonna sonora musicale non le fa giustizia: “La radio è capace di trasformarsi in un attimo, arriva sulle notizie, ne fa partecipi i suoi ascoltatori, diventa una fonte di informazione costante”. Le dirette sulla strage dell’11 settembre, sulla guerra in Iraq e sul G8 di Genova sono lì a dimostrarlo (ripensando alle trasmissioni su Genova, i giornalisti di Radio Popolare sottolineano: “Quello è il modo in cui andrebbe fatta la radio”). Per non parlare del black out del 28 agosto scorso: in mezzo a tutti gli elettrodomestici silenti, la vecchia radiolina a pile era l’unica a farsi sentire. Si diceva, un tempo: “È vero. Lo ha detto la radio”. Si dice ancora. Con una lente di ingrandimento su RadioUno Rai (pubblica), Rtl 102.5 (nazionale commerciale), Radio Popolare (particolare), Circuito Marconi (locale) e InBlu/BluSat 2000 (syndication), Roberta mette a confronto le diverse facce dell’informazione alla radio e ne coglie gli elementi caratterizzanti: l’ufficialità di RadioUno, la continuità di Rtl, la flessibilità di Radio Popolare, il legame con il territorio di Circuito Marconi, l’attenzione alle realtà dimenticate di InBlu. Poi si concentra sull’analisi del fenomeno Radio 24, emittente tutta parlata e generalista. Per finire con le interviste a esperti e addetti ai lavori: Marino Sinibaldi, vice-direttore dei programmi di RadioRai, il prof. Franco Monteleone, Sergio Fermentino, conduttore di RadioDue, Gustavo Rosenfeld, giornalista del Gr Rai. Analisi a tutto tondo sulla radio di oggi, per pensare a quella di domani. “L’informazione radiofonica conoscerà presumibilmente una crescita consistente – sostiene Roberta. Sono destinate a crescere rubriche e approfondimenti giornalistici affidati a grandi firme, insieme alla classica funzione di servizio”. Una certezza: il caso di Radio 24 ha dimostrato che c’è spazio per l’informazione radiofonica. Ma per avere una radio all news “ci sarà ancora molto da aspettare”. 4 2004 Relatore prof. Vittorio Paolucci Barbara Pojaghi Rita Di Leo Gianni Mombello Anna Maria Zilianti Diana Vincenti Amato Rosario Cecaro Giovanni Masino Francesco Abruzzo Francesco Malgeri Franco Bernabei Agatino Cariola Anna Lisa Carlotti Walter Passerini Giovanni Santambrogio Giuseppe Mazzei Luigi Alfieri Sandro Petrone Sergio Fabbrini Giuseppe Mazzei Guido Panico Roberto Gritti Giovanni Gozzini Antonio Fiorella Ugo Ruffolo R. Gualtieri Donatella Cherubini Giuseppe Airoldi Oliviero Bergamini Pietro Cavallo Carmine Di Biase 19 (23) Dieci anni di storia filtrati attraverso le pagine del quotidiano più autorevole d’Italia. Perché il Corriere della Sera, non esita a dichiarare, «è il giornale che meglio rappresenta l’estabilishment milanese»; a buon diritto, dunque, deputato a rappresentare l’economia e la finanza nazionale, che nel capoluogo lombardo hanno il cuore, e i riflessi sociali e sociologici sulla realtà contemporanea. Un lavoro certosino, quello di Mattia Mirko Stanzani, 29 anni e una laurea in Scienze politiche alle spalle. Per mesi ha visitato gli archivi delle biblioteche milanesi, in primis quella dell’Università Statale dov’era iscritto, allo scopo di esplorare il decennio 1963-1973 con gli occhi dei più quotati giornalisti dell’epoca. Alcuni, superflua ogni presentazione, del calibro di Indro Montanelli, Piero Ottone, Alberto Cavallari; altri meno noti al pubblico, eppure ugualmente preziosi per chi, come lui, volesse penetrare quegli anni. Pur privi di quel “senno di poi” che consente di meglio collocare i fatti in una prospettiva storicistica e di ricostruire un quadro più obiettivo o sapiente, alle loro penne spetta il merito di aver tramandato resoconto e osservazioni sui fatti di rilievo intercorsi negli Anni Sessanta e inizio Settanta. Quelli che Stanzani rilegge nella tesi “L’economia italiana attraverso le pagine del Corriere della Sera dal 1963 al 1973”, relatore il docente ordinario di storia economica Angelo Moioli e assistente il dottor Giorgio Pizzorni, discussa lo scorso anno e giudicata dalla giuria dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia come la migliore fra il lavori in concorso nella sezione dedicata al giornalismo economico e finanziario. Economia come punto di partenza di un’analisi che sconfina nel sociologico; né sorprende, dato l’inevitabile intrecciarsi di sistema produttivo, disponibilità di risorse e vita quotidiana. Boom economico e sviluppo infrastrutturale si legano così al fenomeno del pendolarismo; la scadenza dei contratti di lavoro con lo sviluppo di una coscienza di classe e l’individuazione di nuove forme di opposizione e protesta, quali l’arma dello sciopero solidale e rivendicativo utilizzata dagli operai di fabbrica; la crisi petrolifera e la svalutazione della lira con il drastico ridimensionamento dei consumi che, senza alternative, la popolazione fu obbligata a fronteggiare. Fasi successive di un periodo di cui l’Italia attuale reca imprescindibile traccia e che il Corriere della Sera descrive, con i limiti intrinseci dell’emozione del momento, attraverso cronache degli eventi e inchieste, articoli di fondo e editoriali. Manchevoli di quella che Stanzani, nel presentare il risultato del suo studio, chiama la «riflessione sedimentata», eppure intrise di una «visione vivace» e fresca che uno sguardo contemporaneo sa offrire. Raccontare la storia attraverso i giornali. Raccontare, soprattutto, come i giornali hanno raccontato la storia mentre la osservavano scorrere. Le firme passate, nel decennio in esame, sotto la direzione di Alfio Russo prima, Giovanni Spadolini poi, Piero Ottone infine costituiscono così l’ossatura di un lavoro, 150 pagine circa, che nella carta stampata ha trovato il suo privilegiato punto di riferimento. Che la scelta della fonte non sia caduta sul saggio, più scontato, trova ragione nel rapporto personale di Stanzani con il quotidiano: un’abitudine irrinunciabile, per lui, la lettura costante di un giornale, da sempre. Il resto, l’ha fatto la tradizione: a guadagnare l’esclusiva al Corriere della Sera, la reputazione che la testata porta con sé, specie a f88.6445 0 *1aLppo LE 255 TESI Studente Licandro Simona Linetti Ilaria micaela Lodevole Matteo Lombardo Antonino Longo Veronica Longu Davide Lopez Rosella Lops Vito Losio Giorgia Maffeis Raffaella Mamprin Sara Mancuso Palmira Marelli Giovanni Mariani Nicoletta Mariotti Alessandra Mariutto Alberto Marozzi Luca Marras Gisella Masciantonio Manuela Massarelli Virginia Massaro Margherita Massone Miriam M. Matarazzo Giuseppe Università Un. studi Palermo - facoltà scienze della formazione Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere e filosofia Un. Roma “La Sapienza” - facoltà scienze umanistiche Un. studi Messina - facoltà scienze politiche Un. studi Calabria - facoltà lettere e filosofia Un. studi Cagliari - facoltà scienze politiche Un. studi Calabria - facoltà economia Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze della comunicazione Un. studi Milano - facoltà lettere e filosofia Un. studi Bergamo - facoltà lingue e letterature straniere Un. studi Padova - facoltà lettere e filosofia Un. studi Messina - facoltà lettere e filosofia Un. studi Milano - facoltà scienze politiche Un. studi di Macerata - facoltà scienze della comunicazione Un. Bologna - facoltà lettere e filosofia Un. studi di Padova - facoltà scienze della comunicazione Un. studi Bologna - facoltà giurisprudenza Un. studi Cagliari - facoltà lingue e letterature straniere Un. studi Genova - facoltà lingue e letterature straniere Un. studi Siena - facoltà lettere e filosofia Un. studi Padova - facoltà lettere e filosofia Un. studi Torino - facoltà scienze politiche Un. studi di Urbino - facoltà scienze politiche Mattoni Alice Memola Daniele Menaldo Paola anna M. Merli Maria chiara Messina Dino Messina Rita S. Milesi Sanzia Mini Silvio Un. studi Padova - facoltà lettere e filosofia Libera Un. Lumsa - facoltà lettere e filosofia Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere e filosofia Un. studi Torino - facoltà lettere e filosofia Un. studi Milano - facoltà lettere e filosofia Un. studi Catania - facoltà lettere e filosofia Un. studi Bologna - facoltà lettere e filosofia Un. studi Bologna - facoltà lettere e filosofia 20 (24) Titolo tesi “Web literature”: riviste di scrittura on line La figura di Hitler in alcuni quotidiani tedeschi (1923 - 1933) Il mulino dalle origini al centro sinistra. Un gruppo bolognese al centro della sinistra non comunista internazionale La pena di morte: giornalismo e opinione pubblica in Italia L’Ordine dei giornalisti della Calabria Cattolici e post comunisti, le due vie dell’informazione televisiva in Sardegna negli ultimi dieci anni La libertà di manifestazione di pensiero con particolare riguardo alle problematiche dell’informazione giornalistica Le illusioni della new economy. colpe e meriti della stampa italiana: i casi de Il sole 24 ore e del Corriere della sera Due riviste d’arte a Parigi: l’Art vivant e Formes 1928 - 1933 «Cursed is he that delighteth in war»: William H. Russel e il giornalismo di guerra Reiseberichte dall’Unione Sovietica negli anni ‘20 Leonardo Sciascia “uno scrittore in redazione” Offerta e consumo tra Tele+ e Sky Italia: le trasformazioni dell’offerta televisiva nel passaggio tra la vecchia e la nuova pay - tv in Italia I telegiornali italiani del terzo millennio: limiti e prospettive Le arene pubbliche in rete. Il giornalismo civico su Internet e oltre La cronaca calcistica nei giornali d’oggi: analisi linguistica Editoria on-line Il reportage di guerra: affermazione e crisi di un genere giornalistico Scenari del giornalismo on-line in Germania “Radio news is good news”. Il caso Radio Capital Radio e territorio. Le emittenti radiofoniche locali del triveneto Giornali verdi. La comunicazione a mezzo stampa nei parchi naturali Elezioni politiche 1948. La voce dei cattolici attraverso le pagine de l’Osservatore romano e de la Civiltà cattolica (con una intervista al presidente Oscar Luigi Scalfaro) Dietro lo schermo. Vita quotidiana in redazione. L’esperienza dei giornalisti in una televisione locale Diritto di cronaca e falsificazione dell’informazione. “Fattoidi, bufale, leggende metropolitane” Il dibattito sulla stampa intorno al caso “Oriana Fallaci” Metro, Leggo, City. La free press in Italia: un fenomeno editoriale dilagante Il Corriere della sera e il referendum istituzionale del 2 giugno 1946 Il giornalismo siciliano ottocentesco: aspetti linguistici Report. L’esperienza italiana del videogiornalismo freelance Organismi giornalisticamente modificati. La rappresentazione della scienza nei mass media italiani ORDINE Relatore prof. Roberto Deidier Anna Lisa Carlotti Francesco Gui Domenico Carzo Pantaleone Sergi Domenico Selis Paolo Stancati Rinaldo Fontanarosa Antonello Negri Alessandra Violi Emilio Bonfatti Lucrezia Lorenzini Giampietro Mazzoleni S. Petrone Pina Lalli Michele Cortelazzo Giovanni Sartor Laura Pisano Marina Milan Enrico Menduni Prof. Bruno Voglino Prof. Carlo Marletti Anna Tonelli Salvatore La Mendola Pietro Mazzà Marco Lombardi Mimmo Candito Giorgio Rumi Rosaria Sardo Angelo Agostini Fabrizio Tonello 4 2004 LE 255 TESI Studente Monaco Matteo Montinari Angela D. Morando Paolo Moretti Alessandro Mosna Alessandro Motta Veruska Mottes Evelin Nani Francesca Neri Vittoria Nespoli Laura Nobile Taisia I. Orizi Serena Ostoni Federica Ottina Claudia Pace Mara Padovani Silvia Paganini Chiara M. Palombo Sara Paluzzi Cristina Paolini Rita Paolucci Laura Pasuch Marta Pavani Maurizio Pedde Maria ster Pedone Michelangelo Pedretti Serena Pelizza Annalisa Pelle Leandra Pellegrini Gabriella Pelosi Federica Perazzi Francesca Perfetti Silvia Pica Ersilia Pinello Giovanna V. Pinna Monica Pitton Alberto Pizzi Alessandra Pizzolante Roberta Poloni Fabio Università Un. studi Torino - facoltà economia Un. studi Bari - facoltà di giurisprudenza Un. studi Trento - facoltà sociologia Un. studi Milano - facoltà scienze politiche Un. studi Trento - facoltà lettere e filosofia Un. studi Padova - facoltà scienze politiche Un. studi Bologna - facoltà scienze politiche Un. studi di Torino - facoltà lettere e filosofia Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze della comunicazione Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere e filosofia Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere e filosofia Un. studi Siena - facoltà lettere filosofia Un. Iulm - facoltà scienze della comunicazione e dello spettacolo Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà scienze della formazione Un. studi Padova - facoltà lettere e filosofia Un. Catt. Sacro Cuore Milano - facoltà scienze linguistiche e lett. straniere Un. studi Milano - facoltà lettere filosofia Un. studi Bologna - facoltà lettere e filosofia Un. studi Firenze - facoltà scienze politiche Un. studi Urbino - facoltà sociologia Un. studi Perugia - facoltà lettere e filosofia Un. studi Trieste - facoltà scienze della formazione Un. studi Urbino - facoltà sociologia Un. studi di Sassari - facoltà scienze politiche Un. studi Urbino “Carlo Bo” - facoltà sociologia Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere e filosofia Un. studi Bologna - facoltà lettere e filosofia Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze della comunicazione Un. studi Bergamo - facoltà lingue letterature straniere Un. studi Genova - facoltà scienze politiche Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere e filosofia Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere filosofia Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze della comunicazione Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà lettere e filosofia Un. studi Genova - facoltà scienze della formazione Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà scienze politiche Un. studi Firenze - facoltà lettere e filosofia Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà sociologia Un. studi Bologna - facoltà lettere filosofia Pongiluppi Cristina Portanti Rossana Pratico’ Rosa Pratico’ Sara Principi Chiara Procopio Valentina Proietti Laura Pugliese Alessandro Quadri Claudia Quartino Davide Quilici Francesco Quintavalle Marco Raciti Daniela Ragaini Giovanna Redaelli Valentina Riitano Agostino Rio Laura Rispoli Carmela Un. studi Genova - facoltà lingue letterature straniere moderne Un. studi Milano Bicocca - facoltà sociologia Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà sociologia Un. studi Siena - facoltà scienze politiche Un. studi Macerata - facoltà scienze della comunicazione Un. studi Teramo - facoltà scienze della comunicazione Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà sociologia Un. Lumsa - facoltà lettere e filosofia Un. studi Bergamo - facoltà lingue e letterature straniere Un. studi Genova - facoltà lingue e letterature straniere Un. studi Firenze - facoltà scienze politiche Un. studi Milano - facoltà scienze politiche Un. Iulm - facoltà scienze della comunicazione e dello spettacolo Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lingue e letterature straniere Un. studi Bergamo - facoltà lingue e letterature straniere Un. Iulm - facoltà scienze della comunicazione e dello spettacolo Un. studi Milano - facoltà scienze politiche Un. Maria ss. Assunta - facoltà lettere e filosofia Riva Manuela Romano Milena Rossetti Simona Rovagna Marta Rovati Paola Salvi Samuele Sartea Anna Savi Silvia Scanu Stefano Scarinzi Claudio Schiavetto Serena Scorsetti Annalisa Selvarolo Antonio Seno Elena Sgarbi Alessia Signorelli Marco Silvestri Alessandro Sorci Vincenza Sorge Stefania Sottile Silvia Spicuglia Matteo Stanzani Mattia M. Tontini Valerio Tortelli Sara Torzini Gaia Tosello Vincenzo Totoro Stefano Tramontana Andrea Trevisan Giulia Trifilio Anna C. Tuccino Erica Ucci Nicoletta Uva Daniela Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà lettere e filosofia Un. studi Catania - facoltà lettere e filosofia Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà lettere e filosofia Un. studi Roma Tre - facoltà lettere e filosofia Un. studi Pavia - facoltà scienze della comunicazione Un. di Bologna - facoltà scienze della formazione Un. studi Padova - facoltà lettere e filosofia Un. studi Parma - facoltà giurisprudenza Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà lettere e filosofia Un. studi Milano - facoltà scienze politiche Un. Iulm - facoltà scienze della comunicazione e dello spettacolo Un. studi Bergamo - facoltà lingue e letterature straniere Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze della comunicazione Un. studi di Padova - facoltà scienze politiche Un. studi Ferrara - facoltà giurisprudenza Un. Iulm - facoltà scienze della comunicazione e dello spettacolo Un. studi Palermo - facoltà lettere e filosofia Un. studi Palermo - facoltà scienze della formazione Un. studi Siena - facoltà lettere e filosofia Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze della comunicazione Un. studi Siena - scienze della comunicazione Un. studi Milano - facoltà scienze politiche Un. studi Roma “La Sapienza” - facoltà scienze della comunicazione Un. studi Udine - facoltà lingue e letterature straniere Un. studi Bologna - facoltà lettere e filosofia Un. studi di Padova - facoltà lettere e filosofia Un. studi Firenze - facoltà scienze politiche Un. studi Bologna - facoltà lettere e filosofia Un. studi Trieste - facoltà scienze della formazione Un. studi Siena - facoltà lettere e filosofia Un. studi Siena - facoltà lettere e filosofia Un. studi Milano Bicocca - facoltà sociologia Un. studi Bari - facoltà scienze politiche Valentini Gabriella Valsecchi Alessandra Veneziani Massimo Vicari Stefania Viggiano Maria E. Viotto Elena Vitali Matteo Zerba Giovanni Un. studi Bologna - facoltà lettere e filosofia Un. Iulm - facoltà scienze della comunicazione e dello spettacolo Libera un. Lumsa - facoltà lettere e filosofia Un. degli studi Torino - facoltà lettere e filosofia Un. studi Napoli “L’Orientale” - facoltà lettere e filosofia Un. studi Udine facoltà giurisprudenza Un. Cattolica Sacro Cuore Milano - facoltà lettere e filosofia Un. studi Urbino - facoltà sociologia ORDINE 4 2004 Titolo tesi Il marketing editoriale e lo sviluppo del fenomeno “free press”: il caso “al” Diritto di cronaca e dignità della persona L’Alto Adige diventa Trentino. Strategie di marketing editoriale in una regione di confine Sport e giornalismo on-line. Esperimenti, scelte editoriali e obiettivi di un settore ancora in fase di sviluppo Englishness e i giornali inglesi Libertà di stampa e diffamazione nell’ordinamento statunitense La questione dell’identità nazionale allo specchio d’un settimanale d’opinione: il caso di Der Spiegel dal 1945 al 1960 I discorsi sulla guerra. I meccanismi dell’informazione Versace dopo Versace. La stampa e la successione al trono in una dinastia della moda Il giornalismo all news in Italia: da Internet alla televisione Storia del giornalismo ungherese fino alla rivoluzione del 1956 Da fonte a filtro? Un’osservazione partecipante all’Ansa sulle routines produttive e il newsmaking Le funzioni sociali della stampa locale: il caso Sesto San Giovanni G8 di carta: analisi del contenuto del Corriere della sera sui fatti di Genova Indro Montanelli, 1936 - 1939: l’esordio di un giornalista Cinquant’anni di vita italiana vista da The Economist “Poetry is all I write”: Tony Harrison e il mestiere del poeta Terza pagina: la cultura nella rappresentazione dei quotidiani. Il caso del Corriere della sera Storia e sociologia di un settimanale locale. Il caso di Metropoli in toscana Sulla via del socialismo: mazziniani e repubblicani collettivisti nelle Marche (1876 - 1892) Una ricerca sul lessico dell’economia in italiano e in inglese La retorica della fotografia giornalistica tra allegoria, simbolo, mito. Iraq 2003 nelle foto di El paìs, Corriere della sera, Le monde Giovanni Conti nella storia del repubblicanesimo italiano (1946 - 1957) I mass media e il “mito” della Costa Smeralda La crisi e la fine della Dc. La nascita del Ppi Il circuito informativo tra telegiornale e talk show Semiactivism. Analisi di due giornate cruciali dei movimenti per un nuovo umanesimo Immagini bugiarde, come e perché i giornali manipolano le foto Radio b92 di Belgrado: una voce indipendente in Internet La stampa e l’europa: l’Association des journalistes européens (Aje) I linguaggi dello sport. Le evoluzioni e le innovazioni del linguaggio del giornalismo sportivo Il Nicaragua nella stampa statunitense (1979 - 2001) La sostenibile leggerezza della notizia L’ora di Sciascia. La rubrica “Quaderno” (1964/67) Euronews. Dieci anni tra missione pubblica e logica commerciale. Crisi e prospettive del canale di informazione europeo I quotidiani gratuiti: verso nuove forme di comunicazione “Io sono un cinico che ha fede in quel che fa”. Ennio Flaiano recensione: Oggi (1939 - 1942) “Scatti negati”. Il fotogiornalismo in Italia tra libertà e censura 1982 - 2002: nuova centralità, nuove forme e teledipendenza. Come cambia in italia l’informazione sportiva sulla carta stampata in relazione ai mutamenti strutturali del settore Media e linguaggio. The New York Times e The Times. A confronto sull’11 settembre La costruzione giornalistica del nemico in situazioni belliche: i casi della guerra in Kosovo e in Afghanistan Le notizie in poltrona. L’infotainment televisivo. I casi di “Porta a Porta” e “Sciuscià - edizione straordinaria” Tra giornalismo e burocrazia: l’applicazione della legge 150/2000 nell’amministrazione provinciale di Siena L’informazione radiofonica nell’era multimediale La fotografia e la storia. Le immagini del regime fascista fra realtà e mistificazione Una barriera e due ruote. Il ciclismo nei media. Rappresentazione e costruzione dell’identità culturale La repubblica di Eugenio Scalfari Bobby Sands e gli hunger striskers nella stampa dell’Ulster New statesman e l’universo giovanile negli anni ’60 Indro Montanelli: gli anni della formazione (1930 - 39) Natura e carta stampata: Airone, il primo mensile naturalistico italiano Un anno dopo l’11 settembre il terrorismo nella stampa italiana, francese e inglese Istituzioni totali e informazione: il caso magazine 2 “Kpfa: the voice of the voiceless.” Storia della prima free speech radio americana C’era una volta l’Argentina. La crisi argentina nei giornali italiani Botte e risposte. Brunella Gasperini e la condizione femminile negli anni sessanta e settanta “I quotidiani gratuiti”. Analisi dei contenuti, del marketing, della struttura editoriale della nuova tipologia “leggi e getta” e confronto diretto con i quotidiani tradizionali Omnibus di Leo Longanesi (1937 - 1939) La scrittura giornalistica dal testo cartaceo al web. Sondaggi su Repubblica e Corriere della sera Uno studio sul lessico di origine spagnola nei giornali italiani Budapest ’56 nella stampa italiana La costruzione mediale della notizia. Un confronto tra i telegiornali e i quotidiani Il 1898, l’anno del “desastre”, nella stampa satirico - umoristica Elogio della riservatezza: gli esordi giornalistici di Dino Buzzati (1928 - 1935) Diritto di cronaca e diritto alla riservatezza: profili costituzionali del bilanciamento Una stagione letteraria: Paese Sera libri 1963 - 1969 L’informazione può essere neutrale? L’Ansa di Milano Web - giornalismo: l’evoluzione della figura del giornalista web in rete La fine della DDR nella stampa governativa: il caso del quotidiano Neues Deutschland La trasparenza opaca. Propaganda, informazione, opinione pubblica nelle guerre mediatiche Il mattino di Padova (1978 - 2003). Le origini e la diffusione Diffamazione a mezzo stampa e tutela penale dell’onore nelle comunicazioni telematiche Raccontare il golpe: Cile 1973 - Urss 1991 Radio Palermo1943 - 1944: ordinamento e inventariazione delle veline di guerra utilizzate per i commenti Una partecipata “obiettività”. Valori e problematiche del fotogiornalismo Russia, il difficile mestiere del giornalista. Dal crollo dell’Urss al nuovo sistema dei media Una passione mondiale. dimensione narrativa e passionale nei servizi sui mondiali di calcio 2002 Vita reale e vita televisiva: “la vita in diretta” L’economia italiana attraverso le pagine del Corriere della sera dal 1963 al 1973 Quando la scienza fa spettacolo. La divulgazione scientifica in tv Foto - notiziario il settimanale specializzato per il trade della fotografia, un’analisi swot Quali identità europee nella stampa di informazione? Vent’anni di storia nelle pagine del settimanale della diocesi di Chioggia Nuova Scintilla (1945 - 1965) Telegiornale nel microfono della radio. Quando le news tv diventano giornalismo radiofonico: il radiotving L’ombra delle torri. Analisi semiotica della copertura informativa di due magazine statunitensi dall’11 settembre al 31 dicembre 2001 Il quotidiano di informazione alle Olimpiadi. Il caso del Corriere della sera a Roma 1960 e a Sidney 2000 Giornalismo embedded. I corrispondenti al fronte nella seconda guerra del golfo Uno spettacolo chiamato tg. Tra logica informativa e logica di mercato: tecniche e compromessi nei principali telegiornali italiani Il giornale nella rete: l’informazione on-line e il caso de ilsole24ore.com Istituzioni della professione giornalistica. La deontologia e l’inquadramento contrattuale dei giornalisti in Italia, in Europa e nel resto del mondo occidentale La terza pagina dalla critica alla cronaca. La selezione dell’informazione letteraria nelle pagine culturali dei quotidiani Le monde. Tradizione e innovazione in un giornale di qualità Il giornalismo italiano negli anni ’70. Le ragioni di una svolta La campagna d’Etiopia attraverso La Stampa e il Lavoro Luigi Barzini inviato speciale in Estremo Oriente Federalismo e sistema dell’informazione e della comunicazione Processi di veridizione attraverso l’immagine: il caso del G8 di Genova La stampa italiana nella guerra all’Iraq Relatore prof. Anna Claudia Pellicelli Andrea Violante Attilio Baldan John Anderson Oriana Palusci Sara Volterra Paolo Pombeni Nicoletta Bosco Rinaldo Fontanarosa Emilio Carelli Anna Lisa Carlotti Maurizio Boldrini Marino Livolsi Nicoletta Pavesi Carlo Fumian Anna Lisa Carlotti Nicoletta Vallorani Pina Lalli Giovanni Bechelloni Vittorio Paolucci Franco Lorenzi Luciano De Giusti Vittorio Paolucci Rosario Cecaro Vittorio Paolucci Giorgio Simonelli Pia Pozzato Aldo Fontanarosa Francesca Pasquali Daniela Preda Walter Passerini Anna Lisa Carlotti Giuseppe Mazzei Mirella Serri Marina Milan - Mario Bottero Vincenzo Cesareo Parnaldo Bruni Aldo Fontanarosa Angelo Agostini Prof. Gabriele Azzaro Prof. Giorgio Grossi Giuseppe Mazzei Donatella Cherubini Sandro Petrone Pasquale Iuso Giuseppe Mazzei Francesco Malgeri Oliviero Bergamini Marina Villa Cosimo Ceccuti Ada Gigli Marchetti Marina Villa Piermarco Aroldi Oliviero Bergamini Angelo Agostini Ada Gigli Marchetti Francesco Bianchini Vittorio Vidotto Gabriella Alfieri Francisco Lobera Serrano Giancarlo Bosetti Anna Lisa Tota Fiorenza Tarozzi Carlo Fiuman Antonio D’aloia Mirella Serri Ada Gigli Marchetti Susanna Sancassani Oliviero Bergamini Mario Morcellini Filiberto Agostini Gianluigi Carpeggiani PAngelo Agostini Fiuseppe Carlo Marino Antonio La Spina Maurizio Boldrini Isabella Pezzini Enrico Menduni Angelo Moioli Giuseppe Mazzei Alessandro Morello Pina Lalli Angelo Ventura Giovanni Bechelloni Patrizia Violi Fabio Finotti Giovanni Gozzini Enrico Menduni Roberto Marchisio Ruben Razzante Mauro Sarti Angelo Agostini Francesco Malgeri Nicola Tranfaglia Adolfo Tamburello Luca Mezzetti Alberto Bourlot Vittorio Roidi 21 (25) Condivisa dal Consiglio generale dell’Istituto una dichiarazione programmatica INPGI Gabriele Cescutti è presidente Andriolo vicepresidente vicario Roma, 19 marzo 2004. Il nuovo Consiglio di amministrazione dell’Inpgi ha proceduto oggi all’elezione del presidente dell’Istituto, del vicepresidente vicario e del vicepresidente in rappresentanza della Fieg. Alla votazione hanno partecipato tutti i 16 componenti del Consiglio. Presidente è stato confermato con 14 voti Gabriele Cescutti. Vicepresidente vicario è stato eletto con 15 voti Maurizio Andriolo, già componente del precedente Consiglio di amministrazione, mentre l’avv. Giancarlo Zingoni è stato confermato con 9 voti vicepresidente in rappresentanza della Federazione italiana editori giornali (Fieg). Nella notte tra il 10 e l’11 marzo, il Consiglio generale dell’Istituto aveva eletto i dieci componenti giornalisti del nuovo Consiglio di amministrazione. Erano risultati eletti Gabriele Cescutti e Silvia Garambois, voti 31; Roberto Carella, voti 30; Riccardo Venchiarutti e Giorgio Di Nuovo, voti 29; Maurizio Andriolo, Francesco Gerace, Silvana Mazzocchi e Pierluigi Roesler Franz, voti 21; Lino Zaccaria, voti 19. Cinque consiglieri appartengono alla maggioranza che governa la Fnsi e cinque al cartello di Inpi.sicambia. Questa intesa rispecchia i risultati veri delle elezioni dell’ottobre/novembre 2003. I due schieramenti hanno accumulato consensi pressoché equivalenti. Il fatto nuovo è che dentro il Consiglio d’amministrazione non c’è una maggioranza precostituita. Il presidente, per la prima volta, non è sorretto da una maggioranza. Lo stesso Consiglio è chiamato a funzionare come organo di garanzia, cercando soluzioni condivise. Gli altri sei membri del Consiglio sono: Paolo Serventi Longhi, Massimo Marciano; Mauro Masi e Maurizio Bernaconi (rappresentanti rispettivamente di Palazzo Chigi e del ministero del Lavoro); Giancarlo Zingoni e Roberto Cilenti (rappresentanti della Fieg). Il Collegio sindacale, presieduto dalla dott.ssa Stefania Cresti (ministero del Lavoro), è formato da Guido Bossa, Virgilio Povia (Palazzo Chigi), Attilio Raimondi, Michele Romano (ministero dell’Economia), Riccardo Sabbatini e Adriano Velli. Impegno a discutere le modifiche statutarie Il Consiglio generale dell’Inpgi ha condiviso un documento programmatico frutto dell’accordo che ha portato all’elezione dei 10 consiglieri d’amministrazione. Il documento impegna gli organismi decisionali dell’Istituto a discutere modifiche statutarie sui seguenti punti: 1) limite di mandato a presidente e vicepresidente; 2) collegialità ed eventuali deleghe operative; 3) voto riservato esclusivamente agli eletti per la rappresentanza nell’Inpgi2; 4) incompatibilità delle cariche in armonia con gli altri Enti della categoria. In particolare, per quanto riguarda la collegialità, fermo restando il compito di valutazione ed elaborazione preventiva che, a tito- lo consultivo, le Commissioni di cui all’art. 13, comma 5, devono esplicare nell’ambito della propria competenza per conto del Consiglio d’amministrazione, il presidente dell’Istituto sarà impegnato a discutere preventivamente, assieme ai componenti giornalisti del Cda stesso, argomenti di specifica importanza o delicatezza, con particolare riguardo a proposte di modifica relative alle prestazioni previdenziali o alla contribuzione. In materia elettorale, il Consiglio di amministrazione dell’Inpgi è inoltre impegnato a realizzare la riforma del voto ed a limitarlo alla presenza fisica nel seggio elettorale oppure all’espressione del voto stesso per via telematica. Il Cda dell’Inpgi è impegnato anche a discutere il voto con il sistema delle liste aperte per il Consiglio generale ed il Comitato amministratore dell’Inpgi2 e ad introdurre il sistema proporzionale per l’elezione del Cda da parte del Consiglio generale. Il quorum Ed ora scatti il momento di un effettivo... disarmo Il documento programmatico è esaustivo anche se non assicura (per ora) agli iscritti all’Inpgi la pari dignità con gli iscritti all’Inps in tema di libertà totale di cumulo, di cessione dei diritti d’autore e di lavoro occasionale (“è lavoro occasionale – secondo una legge dello Stato – quello che ha introiti annui per 5mila euro”). Anche gli iscritti alle casse degli avvocati e dei ragionieri hanno, in base a due sentenze della Corte costituzionale, la più ampia libertà di cumulo tra pensione e redditi da lavoro dipendente o autonomo. Perché i giornalisti devono essere discriminati? Chi stipula contratti vincolati alla cessione dei diritti d’autore o svolge prestazioni occasionali (sino a 5mila euro) non ha l’obbligo di iscrizione alla gestione separata deell’Inps. Perchè l’Inpgi2 ignora le regole Inps? L’Inpgi non è un ente sostitutivo dell’Inps (art. 76 della l. n. 388/2000)? C’è da augurarsi, infine, che il Consiglio d’amministrazione, imitato dalle parti estranee al Consiglio stesso, ritiri querele e iniziative civilistiche presentate contro giornalisti colpevoli di aver esercitato il diritto di critica (garantito dalla Costituzione e dalla legge professionale). Sarebbe un buon segno di ritrovata armonia nella categoria. L’accordo 5+5 è, comunque, un segnale, che lascia spazio alle speranze di… un effettivo disarmo. (Franco Abruzzo) dei due terzi per l’elezione delle cariche (art. 16, comma 7) sarà, a partire dalla terza votazione, quello della metà più uno degli aventi diritto al voto.Per quanto riguarda le rappresentanze circoscrizionali dei consiglieri generali, il Cda è impegnato a valutare il riequilibrio delle grandi Associazioni tenendo comunque conto, in modo adeguato, delle esigenze di rappresentatività delle piccole e medie Associazioni regionali. Riforma previdenziale La riforma previdenziale approvata dal Consiglio generale il 26 settembre 2002 non è stata ancora oggetto d’esame congiunto delle parti sociali (Fnsi e Fieg). Nel frattempo il Cda dell’Inpgi lo scorso 3 marzo ha affidato ad un attuario – così come prevede il Dlgs 509/94 – il compito di redigere il bilancio tecnico attuariale per il prossimo triennio, dal quale risulti la stabilità della gestione previdenziale Inpgi, con proiezione nei prossimi 40 anni. Poiché i risultati saranno noti entro due mesi al più tardi, si concorda di accantonarla in attesa di una definitiva decisione nel merito della riforma al momento in cui il bilancio attuariale sarà noto. In quel momento il Cda avrà la possibilità di esprimersi sulle misure da adottare alla luce di dati tecnici aggiornati, nonché tenendo conto delle indicazioni dei ministeri vigilanti. In attesa di queste conclusioni, si chiede alle parti sociali di sospendere il negoziato. Perequazione delle pensioni Abbiamo manifestato la ferma convinzione che debba essere subito ripreso il tentativo di modificare l’art. 7 del Regolamento Inpgi, affinché ogni anno dopo l’approvazione del bilancio consuntivo il Consiglio di amministrazione sia impegnato a valutare – sulla base dei risultati economici – la possibilità di una integrazione al sistema generale di perequazione delle pensioni. Cumulo pensione/redditi Ribadito che la legge 289/02 (Finanziaria 2003) ha affermato l’autonomia dell’Inpgi a recepire o meno la norma generale, abbiamo convenuto che il massimo sforzo debba essere compiuto al fine di innalzare per quanto possibile la quota esente dal cumulo avendo presenti oltre alle compatibilità indicate dai ministeri vigilanti, i diritti degli iscritti in quiescenza. LETTERA IN REDAZIONE Inpgi/2 Lei cosa mi consiglia di fare? Egregio dottor Abruzzo, mi chiamo Alessandro Giuliani, sono un insegnante di scuola media superiore e pubblicista presso l’Ordine nazionale dei giornalisti del Lazio e del Molise da oltre dieci anni. Scrivo principalmente di scienza (sono iscritto all’Ugis), in particolare di nuove tecnologie, e di tutto ciò che riguarda il comparto scuola, università e ricerca. Ho avuto il piacere di conoscerla di persona nel ‘99 al Circolo della Stampa di Milano perché ho fatto parte del gruppo di vincitori del primo concorso per le migliori tesi di laurea sul giornalismo (argomento: editoria elettronica on line). Arrivo al punto per cui le sto scrivendo. Si tratta dell’obbligo, a detta dell’Inpgi, dell’iscrizione alla Gestione separata. Quando alla fine del 2002 l’Inpgi comunicò per lettera la novità del condono relativo al periodo 1997–2001 mi recai di persona alla sede nazionale qui a Roma, in via Nizza, per avere spiegazioni: gli impiegati dell’Inpgi mi spiegarono che l’obbligo di iscrizione era assoluto per tutti i giornalisti iscritti all’Ordine e che in ogni caso i miei compensi erano talmente bassi che si sarebbe trattato di un esborso minimo (di poco superiore al 10% di quanto percepito più degli 22 (26) esigui tassi di mora). Pur non convinto della correttezza di tutto ciò mi iscrissi per essere in regola. Purtroppo credo di aver commesso un errore. Infatti, dopo aver appreso con meraviglia che a tutt’oggi quasi il 90% dei pubblicisti iscritti all’Ordine dei pubblicisti del Lazio non ha aderito all’Inpgi2, nei giorni scorsi ho ricevuto il prospetto di pagamento da parte dell’Inpgi relativo agli anni che vanno dal 1997 al 2001: ebbene, a fronte delle cifre irrisorie da me percepite in quegli anni, mi viene oggi chiesto di versare nelle casse dell’Inpgi non il 10% dei compensi (come previsto dalla normativa) ma in alcuni casi oltre il 170% (centosettanta!). Le faccio l’esempio proprio del 1997: il reddito derivante da collaborazioni giornalistiche da me dichiarato per quell’anno era di soli 249 euro; oggi l’Inpgi per il 1997 mi chiede 335,70 euro di “contributi dovuti” a cui vanno sommate 73,77 euro di “rivalutazione”, 14,66 euro di “sanzione articolo 9” (1% del contributo soggettivo) e altri 5,16 euro per la “sanzione contenuta nell’articolo 10” del regolamento dell’Istituto di previdenza. In conclusione, a fronte dei 249 euro di compensi giornalisti complessivi percepiti nel ‘97 io oggi devo versare per fini pensionistici la bellezza di 429,29 euro, cioè appunto oltre il 170%. Conoscendo, dalle righe di Tabloid, la sua posizione sulla spinosa questione cosa mi consiglia di fare? Versare all’Inpgi i complessivi 1.355,16 euro di arretrati relativi al periodo 1997-2001 oppure percorrere altre strade (anche di tipo legale), visto che l’Istituto a tutt’oggi sembra volere imporre una normativa previdenziale con dei tetti ben al di sotto del Dlgs n. 276/2003, meglio conosciuta come “Riforma Biagi”? Rimango in attesa di una sua risposta sollecita: l’Inpgi infatti impone di versare i contributi entro il 15 marzo 2004. In caso contrario scatterebbero ulteriori tasse. Cordiali saluti. Alessandro Giuliani ----Bisogna far rispettare l’articolo 3 (uguaglianza) della Costituzione. I cittadini iscritti all’Inpg/2 non possono essere trattati diversamente dai cittadini iscritti all’Inps/2. C’è da sperare che il nuovo gruppo dirigente dell’Istituto voglia cambiar strada rispetto al passato. (f. ab.) ORDINE 4 2004 L I B R E R I A D I TA B L O I D Davide Giacalone DigiRadio Nicola Magrone Codice breve del razzismo fascista di Vito Soavi Il 17 novembre 1938 Vittorio Emanuele III, tra i provvedimenti intrapresi per difendere la razza italiana, sanzionava e promulgava una legge speciale (varata dal Governo Mussolini) che stabiliva le limitazioni di capacità dei cittadini appartenenti alla razza ebraica residenti in Libia. L’articolo 7 di tale legge così recitava: “Gli ebrei in Libia non possono avere alle proprie dipendenze domestici professanti la religione musulmana. I contravventori sono puniti con l’ammenda da lire 1000 a lire 5000”. Questa anticipatrice e vergognosa testimonianza di un triste periodo della nostra storia è raccontata, con moltissime analoghe perle, da Nicola Magrone nel libro Il codice del razzismo fascista, che è il risultato di una poderosa e documentata ricerca tra leggi, decreti, regolamenti e sentenze, per comprendere come sia stato possibile avviare la campagna razziale in Italia. È un delirio che nasce da lontano ed i cui segni premonitori si possono già cogliere dal progetto presentato dai Fasci di Combattimento per le elezioni del novembre 1919; in coerenza col pensiero mussoliniano esso tra l’altro affermava: “il fascismo rappresenta una tipica espressione della razza italiana”. Così si spiega la preoccupazione di differenziare il razzismo fascista da quello tedesco. Il primo da considerare come dovere nazionale di protezione e di sostegno per una stirpe, come la nostra, esposta a contaminazioni conseguenti all’espansione imperialista del Paese, mentre quello nazista inteso co- me identificazione ed esaltazione della razza germanica, tra i tedeschi stessi. Nicola Magrone, che è magistrato, costruisce il percorso parallelo di ascesa al potere del fascismo e contemporaneamente di difesa della razza italiana, esaminando le leggi ed i provvedimenti che abbracciano il periodo che va dalla marcia su Roma al 25 luglio 1938, data della pubblicazione del fondamentale manifesto degli scienziati fascisti in cui si afferma che le razze umane esistono. Ciano annotava in quei giorni sul suo diario: “abbiamo parlato (con Mussolini) anche del problema ebraico. Mi sono mostrato incline ad una soluzione che non sollevi un problema che fortunatamente da noi non esiste. Il Duce è del medesimo avviso. Metterà acqua sul fuoco, pur sempre senza soffocare la cosa”. Evidentemente, dopo quanto successo, la sua acqua era pericolosamente infiammabile... La ricerca di Magrone sull’iter della campagna razziale è vastissima ed approfondita per evidenziare le folli esternazioni con le quali il regime prendeva forza per giustificare a se stesso la necessità di sterminare gli ebrei italiani. Scriveva il Piccolo di Roma:” il sentimentalismo non esiste in politica e fra i primi postulati dell’uomo moderno c’è quello di non essere idiota; l’individuo che piagnucola sulla dolorosa istoria dei giudei è un antifascista”. Ed incalzava La Scure di Piacenza:” ma dove andranno a finire i poveri ebrei? All’inferno, e voi camerati sentimentali della moneta e del livore all’inferno insieme a loro, e che un poco di olio di ricino, di quello antico, vi aiuti a scivolarvi più in fretta”. Non ci si poteva aspettare di meno di quanto scrivevano i giornali del tempo, ricordando che il 31 dicembre 1925 vennero disciplinate le funzioni e le responsabilità, anche civili, degli editori e dei direttori dei periodici con la costituzione dell’Ordine dei giornalisti (mai entrato in attività), non al fine di garantire la qualità e l’indipendenza della professione, bensì per assicurare al regime la fedeltà della stampa, secondo l’assioma che il regime fascista doveva identificarsi nel regime dei giornalisti. Obiettivo raggiunto con una legge del 1928 che creò l’Albo aperto ai “fedeli” del Duce. Mussolini era giornalista! La parte conclusiva del Codice è riservata alla cronaca del dopoguerra, allorchè il nostro Paese ritenne di dover provvedere al risarcimento dei danni subiti dalle vittime delle persecuzioni razziali. E qui l’Autore fa emergere i limiti di insensibilità delle autorità costituite, dei legislatori e dei giudici che, dopo mezzo secolo, non sono ancora riusciti a mettere il punto finale a questa tragedia. Ma in Europa non siamo i soli. Anche questo capitolo merita la citazione di un ultima perla: “il prof. Tullio Terni, che a Padova dirigeva l’Istituto di istologia, era ebreo. Nel ‘38, con le leggi razziali fu radiato dall’Accademia dei Lincei e privato della cattedra. Finita la guerra avrebbe potuto riaverla. Senonché il prof. Egidio Meneghetti gli fece pressapoco questo discorso: ‘come rettore ti dico che hai diritto a rientrare all’Uni- versità, ma come uomo mi fa schifo pensarci ‘. Terni tornò a casa e si uccise con una fiala di cianuro”. Nicola Magrone, che è capo della Procura molisana di Larino ha pubblicato il suo Codice per le edizioni “dall’Interno-Sudcritica” di Modugno, Bari, con questa premessa: “l’attività di ricerca, di redazione e ogni altra forma di collaborazione per la realizzazione di questo volume è resa del tutto volontaristicamente, gratuitamente e senza alcun rimborso di spesa. Il contributo volontario per ogni copia di questo volume, che si auspica in almeno 10 euro, è dato alla Fondazione Popoli & Costituzioni per le iniziative in difesa della Costituzione italiana. Ogni euro di contributo in più per questo volume consente di inviare una copia gratis ad una scuola, ad una biblioteca, ad un carcere, ad una comunità terapeutica, ad un circolo culturale, ad una associazione di volontariato. Nessun soggetto economico pubblico o privato sostiene apertamente o segretamente l’iniziativa. Semmai la scoraggia”. Ritengo, con queste finalità, sia giusto aderire alla crociata. Nicola Magrone, Codice breve del razzismo fascista, edizioni “dall’interno-Sudcritica” 2004, pagine 429, euro 10 (offerta minima). Per ottenerlo effettuare il versamento sul ccp 34848416 intestato a Fondazione onlus Popoli & Costituzioni Via S. Caterina, 6 70026 Modugno (Bari) tel. fax 080.5327100 di Emilio Pozzi I pregi della radio digitale sono illustrati con agile scrittura, con sapore di pamphlet, da Davide Giacalone, autore del quale il risvolto di copertina non dà alcuna notizia. Una dimenticanza? Chissà! Colmiamo la lacuna per collegare questo nome all’autore di altri testi sul mondo radioelevisivo, pubblicati quando ministro delle Poste era Oscar Mammì: come Gasparri oggi lega il suo nome ad una legge molto discussa, a quei tempi si parlò a lungo di legge Mammì, che nel 1990 modificò sostanzialmente le norme sull’emittenza radiotelevisiva fissate dalla precedente legge di riforma del 1975. Davide Giacalone, che era stato segretario della Federazione giovanile del Partito repubblicano e che dal 1987 al 1991 fu consulente del ministro pubblicò nel 1990 un volume, con Edizioni Comunità dal titolo Antenna libera, la Rai, i privati, i partiti e due anni dopo, nel 1992 un altro libro dal titolo La guerra delle antenne con un polemico sottotitolo Televisione potere e politica: i frutti del non governo. Il testo attuale, ricordando che il DAB (acronimo di Digital Audio Brodcasting) sarà operativo in tutto il Paese entro il giugno 2005, illustra i pregi del sistema che si possono riassumere, secondo i sostenitori così: migliore qualità dell’audio, stabilità del segnale, invio di messaggi testuali e perfino diminuzione dell’inquinamento. In Italia sei emittenti, tra cui RTI, 102,5, hanno cominciato a trasmettere oltre che in analogico anche in digitale. Le riflessioni di Giacalone arrivano quindi pun- Anche o HTML rmat vostra in fpo er la net Intra ORDINE 4 2004 Davide Giacalone, DigiRadio, Rubbettino, Soveria Mannelli 2003, pagine 84, s.i.p. www.ecostampa.it RASSEGNA STAM PA L’ECO della STAMPA è tra i più importanti operatori europei nell’industria del MEDIA MONITORING. Essere un partner affidabile per chi - in qualsiasi struttura pubblica o privata - operi nell’area della comunicazione o del marketing è, ormai da 100 anni, la nostra mission. Anche grazie ai servizi di ECOSTAMPA Media Monitor SpA (media monitoring, software, web press release, media analysis, directories…) ogni giorno migliaia di nostri Clienti accrescono l’efficacia delle loro Direzioni Marketing e Comunicazione, disponendo di maggiori risorse interne da dedicare alle attività con più alto valore aggiunto. tuali a sostegno del nuovo sistema. Il volumetto (il diminutivo è in rapporto al numero delle pagine, 84 e non per la qualità della scrittura che è invece di facile lettura anche per i non addetti ai lavori) si articola in cinque capitoli: si comincia con il black-out del 28 settembre che lasciò quasi tutta l’Italia al buio per molte ore, e che consentì alle radioline a batteria di parlare ai cittadini dalle stazioni alimentate da gruppi elettrogeni e si prosegue addentrandosi, fra luci ed ombre, nei problemi che sono impliciti nelle fortune di quel mezzo di comunicazione che Marshall Mc Luhan definì caldo, proprio per il rapporto emotivo e di fantasia con l’ascoltatore. Dalle rievocazioni storiche e giuridiche, di uno che la sa lunga, alle prospettive per il futuro che potrebbero consentire all’Italia nel campo del digitale, di riguadagnare tempi perduti, con l’augurio che non si sprechino occasioni. Sul come l’autore ha idee precise che lasciamo al lettore il piacere di scoprire, condividere o controbattere. Se desiderate saperne di più …o fare una prova, contattateci! Tel 02.748113.1 - Fax 02.748113.444 E-mail [email protected] ® L’informazione ritagliata su misura. Nominativo ........................................................................ Azienda ........................................................................ Indirizzo ........................................................................ Cap/Città ........................................................................ Telefono/Fax ........................................................................ E-mail OG L A ........................................................................ ECOSTAMPA MEDIA MONITOR SpA 23 (27) Le fotografie di Franco Rizzi sono diventate un volume. Bellissimo e struggente M E M O R I A Franco Rizzi fotografò la città devastata dalle bombe degli aerei alleati. Da una mostra a Cremona l’idea di ricavare un film e un volume con una raccolta delle immagini “Desmentegass”, il ricordo Milano agosto ’43 sessant’anni dopo le bombe Piazza Duomo. Sopra il titolo: piazza Fidia. Teatro alla Scala. Porta Ticinese. di Andrea Bosco Le bombe arrivavano improvvise. Prima il sibilo lancinante, poi l’impatto sordo e subito deflagrante: le urla, la paura, le macerie. Case sbriciolate come per il calcio di un bambino annoiato sulla battigia. Uomini inghiottiti dai mattoni. Arti sparsi sulle strade, corpi squartati dalla violenza dello scoppio, a stento ricomposti dalla pietà dei superstiti. La morte e il dolore abbracciati. Milano, agosto 1943: gli aerei della Royal Air Force spazzano via mezza Milano. Luogo non identificato. Via Torino. Sotto: piazza San Babila. 24 (28) Gesti di solidarietà nella città ferita Un uomo esce di casa, attonito, con l’angoscia nel cuore, ma con la volontà di far vedere cosa è successo. Si chiama Franco Rizzi e in mano ha una macchina fotografica. La città che vede è un girone dantesco: palazzi crollati, gente in fuga, masserizie in strada. È una città ferita ma non piegata. Qui la gente ne ha viste di tutti i colori, è sopravissuta ai cannoni di Bava Beccaris. Milano, quando la bastoni si rimbocca le maniche. È la solidarietà, Milan col coeur in man. Nessuno viene lasciato indietro. E se ogni notte la morte arriva dal cielo, puntuale e devastante, ogni notte la gente riprende a scavare. Riprende ad aiutare i suoi feriti, a dividere il poco che ancora si trova. Franco Rizzi, scatta, documenta: la fame, la morte, la devastazione, ma anche l’umanità di un gesto, la tenerezza di una carezza. Desmentegass in milanese significa, dimenticare il passato, limitare la memoria al puro e semplice ricordo. Affinché quei giorni terribili, il dramma di Milano, non fossero consegnati all’oblio, Lamberto Caimi ha realizzato un film. E le fotografie di Franco Rizzi sono diventate un libro. Bellissimo e struggente. (Desmentegass, molti non ricordano - Milano agosto 1943, fotografie di Franco Rizzi, L’ippocampo 2003). Quello che molti non sanno o non ricordano, questo libro impone. Racconta Sandro Rizzi nella prefazione: “Un pacchetto di fotografie stampate su carta camoscio, formato 9x14, rimaste per anni in un cassetto, tra le cose preziose di famiglia”. In quelle foto si vedono case sventrate, macerie, fumo di incendi, fabbriche scoperchiate con i macchinari anneriti, gente inebe- tita accanto alle cose di una vita, recuperate. Franco Rizzi non era un professionista. Ogni giorno andava a Sesto Calende alla SiaiMarchetti, la grande fabbbrica di aeroplani dove lavorava. Non era un professionista, ma la fotografia e la radio erano le sue passioni. Rizzi, scatta cinque rullini. Muore due anni dopo. Le foto restano nei cassetti di casa, fino a quando non le trovano e capiscono che devono essere mostrate. Parte di quanto ha ritratto Rizzi, non c’è più. Milano è cambiata, dentro e fuori. Nelle strade e nel cuore degli uomini. Ma non ha ancora smesso, archiviato la volontà di ricordare. In quelle notti i bombardieri Lancaster e Halifax sganciano sul Duomo, sulla Scala, sul Palazzo Reale, su San Babila, su Santa Maria delle Grazie 2600 tonnellate di bombe. Mille, morti, altrettanti feriti, 250.000 senza tetto. Solo Federico Barbarossa nel XII secolo aveva fatto tanti danni. Le settimane, i mesi successivi ai bombardamenti sono, per certi versi anche peggiori. C’è una guerra terribile, una guerra che è diventata fratricida, italiani contro italiani, fratelli, amici di un tempo che si sparano, si scannano. Nell’ottobre del 1944 le bombe alleate distruggono anche il ponte di ferro sul Ticino. E ancora una volta la gente torna a scavare con vanghe e badili. Si fugge dalla morte mentre crollano i palazzi E si rimette in strada con borse, fagotti, valige, camioncini con materassi, carrette, tricicli, biciclette. Auto a carbonella o con le bombole di gas. Si fugge dalla morte, dalla guerra che spiana ogni cosa. A Milano in piazza Cadorna della Stazione Nord è rimasta in piedi solo la facciata. Spazzata la via Principe Umberto che oggi si chiama via Turati. Il lavoro di Rizzi è un’immersione nel passato e nei ricordi. Preziosi e ancora così attuali, per come, nel bene e nel male, Milano dopo quei giorni si è trasformata. E vedere il tetto sfondato della Scala, le volte senza vetri della Galleria, gli idranti in via Torino, anziani milanesi, incurvati, ma non battuti, ti spiega cosa, quegli uomini, i loro figli hanno dovuto affrontare. E magari ti chiedi come sia stato possibile il farlo. Ma poi ti dici che questa probabilmente ce l’ha nel dna. Questa è la città di Ambrogio, uno, raccontano, con un brutto carattere, una gran voglia di fare. E soprattutto una volontà di ferro. Imbattibile. ORDINE 4 2004 In un libro presentato a Milano, pubblico e privato di una dinastia M E M O R I A Cristina Mondadori Formenton, figlia del grande editore, racconta le vicende intime di una saga a cavallo di due secoli, restituendoci un grande affresco d’epoca Grandi con stile di Fabrizio de Marinis Grandi editori con stile pervasi da quell’eleganza sentimentale che ha segnato un lungo periodo della cultura italiana. Un affresco d’epoca tra pubblico e privato di una dinastia in grado di suscitare profonde emozioni nell’intenso e variegato romanzo di casata raccontato da Cristina Mondadori nel suo libro Le mie famiglie, edito da Bompiani, presentato alla Meliorbanca in via Borromei, il 5 febbraio scorso, a Milano. Un parterre des roix di un’intellighenzia meneghina e romana dai toni pacati e d’altri tempi, per rendere omaggio alla “piccola” di casa, che ha ripercorso con aneddoti, ricordi, intimità, affetti, il complesso mosaico dei diversi rami della famiglia Mondadori, dalla stirpe di editori fondata dal padre Arnoldo, ai Monicelli, nella cui stravagante e creativa famiglia della madre Andreina, ci saranno registi, romanzieri e giornalisti, a quella del marito Mario Formenton Macola, altra dinastia di imprenditori e industriali tra l’Italia e la Persia. Dall’infanzia circondata da grandi scrittori, balie e parenti, fino alle scelte anticonformiste della vita adulta quando, già sposata e madre di quattro figli, decide di diventare medico e realizza un obiettivo generoso: dar vita ad un centro che si occupa di disagio infantile, oggi Centro Benedetta D’Intino, in nome della nipotina, figlia di Silvia, morta piccolissima, al quale verranno devoluti i proventi derivati dalla vendita del libro. Un grande affresco di stile di vita, dai toni sommessi e ricchi di significati di quella che prima di ogni altra cosa fu una dinastia di grandi intellettuali e poi di imprenditori. I grandi della letteratura ospiti nella villa a Meina “Di solito è un editore che fa grande un autore. Se Lei accettasse di scrivere per me accadrebbe il contrario”. Era la frase a effetto con la quale il saggio Arnoldo seduceva i grandi della letteratura e della poesia italiana e mondiale, spesso ospiti nella villa a Meina sul lago Maggiore, dove un giorno il famoso fotografo Federico Patellani sussultò di fronte al suo obiettivo puntato in un angolo del giardino, raccontando poi nei suoi aneddoti, di essersi accorto di aver inquadrato in un solo istante tre geni in meno di un metro quadrato, Musil, Gadda e Thomas Mann. Accadeva questo in casa Mondatori, dove, come ha raccontato la curatrice del libro Laura Lepri, il caminetto della villa a Meina, è un grande romanzo di firme e aneddoti lasciato a ricordo dagli autori della casa editrice da Hemingway, a Quasimodo, a Ungaretti, Buzzati, Soldati, Palazzeschi, i Bellonci. Significativo di uno stile e di un modo di essere il modo in cui Arnoldo ruppe il ghiaccio la prima volta proprio con Ungaretti: gli andò incontro e gli disse “poeta e maestro, mi illumini d’immenso”: Del grande impero editoriale costruito dal padre, Cristina traccia la storia fin dall’inizio riuscendo nell’intento di riunire insieme il racconto di una saga familiare con la narrazione delle vicende editoriali dell’azienda di famiglia, creata su dal niente, con sudore, sacrifici e quello spirito d’avventura proprio di uomini d’atri tempi. Ne deriva un libro ricco di ORDINE 4 2004 Mondadori editori, un romanzo di famiglia emozioni e molto bello e bene hanno fatto i familiari e gli amici di Cristina Formenton Mondadori a incoraggiarla a raccontare le memorie di famiglia. “ Un gesto d’amore verso l’editoria” ha detto Ferruccio de Bortoli, che ha coordinato la presentazione, ricostruendo i rapporti di grande amicizia tra Mondadori e il conte Valentino Bompiani, per un po’ segretario generale della Mondadori e poi editore indipendente. “Un’amicizia tra concorrenti che la dice lunga su uno stile imprenditoriale e di concepire una sana competizione all’insegna dell’eleganza e del rispetto”. Educazione ai valori della vita e dell’impresa Già, uno stile che contraddistinguerà la Mondadori fin dagli esordi. Siamo negli anni Venti e Arnoldo è alle prime armi editoriali ed editori ben più consolidati dominavano il mercato, come Treves, che pubblicava D’Annunzio, Deledda, Borghese. Arnoldo, racconta Cristina, “ fu cauto e rispettoso, proponendo, per esempio, a molti di loro di pubblicare con lui le opere minori e continuando a dare a Treves le opere maggiori”. L’autrice ci racconta della frequentazione dei genitori dei salotti letterati di Margherita Sarfatti e di Ada Negri, frequentati da Mussolini e Martinetti. Il libro dedicato a mamma Andreina inizia con il capitolo quattro generazioni fa. “Per parlare di mio padre, sorridente, solare, che quando poteva, sdrammatizzava, dovrei parlare della sua infanzia povera e del suo primo lavoro di garzone di una drogheria della borgata Naviglio, vicino a Ostiglia, nella Bassa mantovana. Quattro generazioni fa…”. Le radici contadine e la zia Thea, uno dei pilastri affettivi della famiglia protagonista con altre donne delle prime lotte di rivendicazione dopo la fine della Grande guerra, in linea con le idee socialiste della famiglia Mondadori. Grazie alle candele comperate da mamma Gilda, Arnoldo, nonostante la povertà, riuscì a leggere molto fino a tarda sera: “Lo faceva ogni volta che poteva, quando andava a rinchiudersi nella biblioteca di un conte presso il quale andava a fare dei lavoretti, dopo la scuola”. Una narrazione profonda, “fili di di una memoria che è nel contempo storia del paese e della cultura italiana”, ha ricordato Carla Vanni, direttrice di Grazia, nonché amica di famiglia da lungo tempo, “una storia che è nel contempo scrigno di memorie e segno di speranza di un ritorno di un’eleganza non formale nella cultura italiana”. Insieme a Carla Vanni gli amici Piero Ostellino e il cugino Mario Monicelli che ha ricordato come dietro questa dinastia imprenditoriale lombarda ci fosse “un’educazione sentimentale” cardine di una visione della vita e dell’impresa. “L’azienda, l’azienda, mio padre non parlava che dell’azienda: da bambina pensavo che fosse una persona di famiglia, tanto era importante”, ricorda Cristina Mondadori che scrive: “ Essendo io la piccola di casa, avevo con lui un legame speciale, al quale i miei fratelli guardavano increduli. Solo a me piccolissima, per esempio, era concesso di entrare nel suo studio…Papà telefonava, scriveva, leggeva dattiloscritti e io, là sotto, rimanevo a guardarlo estasiata. Ogni tanto, invece, mi piaceva sedere sui braccioli della sua poltrona e pettinarlo. Lo chiamavo Pippo e lui ne rideva da matti”. Dal volume di Cristina: “io, il papà e il bastone del Presidente” e “una delle ultime foto insieme di papà con la mamma”. Ricordi, delicatezze dell’anima e dello spirito. “ I Monicelli – il regista Mario e i suoi fratelli Franco, Mino e Furio, che buttò alle ortiche la tonaca di gesuita – sono cugini da parte di mia madre Andreina. La quale pur nata in una famiglia anticonformista, mi ammaestrava col precetto che le donne colte rendono gli uomini infelici”. Ma poi aggiunge in un altro capitolo: “Credeva fermamente che una donna si realizza nel matrimonio. La mamma diceva che per sposarsi non c’era bisogno di provare chi sa quali sentimenti… L’amore viene dopo – ripeteva sempre. Ricordatevi, ci diceva pensando a se stessa, che dietro a ogni grande uomo c’è sempre una grande donna” Cristina con una prosa vivace e compassata, senza mai eccedere nell’oleografia, racconta anche i momenti di tensione, i vari divorzi dei suoi fratelli e dei suoi parenti, i rapporti con i fratelli Giorgio e Alberto, la “faida” interna scoppiata tra lei, la sorella Mimma e il di lei figlio Leonardo, prima dell’avvento di Berlusconi nell’azienda di famiglia. Ricche di aneddoti le pagine in cui descrive i due fratelli più grandi Giorgio e Alberto: “Se per mio padre ho avuto un grande e infinito amore, per mio fratello ho nutrito una vera e propria venerazione. Alberto fu il meraviglioso eroe della mia infanzia”. Ricordi e ancora ricordi, come le stanze di Meina e della dimora paterna risuonavano delle risate e delle conversazioni di Thomas Mann, delle sbronze notturne di Hemingway, di Quasimodo, Ungaretti, Buzzati, Soldati, Palazzeschi, i Bellonci. Un universo di letterati e geni che viaggiavano per casa, come parenti e familiari, amici di sempre. Ecco allora l’anno in cui il vate D’Annunzio entrò nella scuderia Mondadori, dal poeta ribattezzato “Montedoro”: termine che si riferiva nella fantasia dell’ “Immaginifico” alla montagna d’oro con cui l’editore doveva ricoprirlo. All’insegna dell’eleganza e del rispetto intellettuale L’aneddotica dannunziana rivelata da Cristina Mondadori è ricca e divertente come quella sui successi della Sarfatti con la biografia di Mussolini, “Dux”, e gli altri appuntamenti editoriali della casa editrice, soprattutto quando entrò a far parte della scuderia Luigi Pirandello, Nobel nel ‘34, poi seguito da Bontempelli, Bacchelli e Vergani. E ancora le tappe degli Oscar, dei Gialli, la nascita di Urania, la popolare collana di fantascienza fondata dal fratello Alberto, la fondazione di collane e giornali, il rapporto con i direttori e i giornalisti, sempre all’insegna dell’eleganza, del rispetto intellettuale che spesso si trasformava in adorazione della mente e dello stile dell’autore.” Un’Italia alla quale bisognerebbe tornare a guardare per prendere esempio con orgoglio” ha ricordato il regista Mario Monicelli. C’e poi il capitolo su quella che passò alle cronache come la “Guerra di Segrate”, tra De Benedetti e Caracciolo da una parte e Berlusconi e Leonardo Mondadori dall’altra, conclusasi nel 1991, con la cessione dell’azienda al Cavaliere. Epoche che passano, personaggi che vanno e che vengono e l’Italia che cambia, ma Arnoldo è ancora lì a ricordare che cosa significa fare i grandi editori con stile. 25 (29) A CENT’ANNI DALLA NASCITA M E M O R I A «Lan», la passione per il cinema e per la politica. Quarant’anni al Corriere della Sera da cronista a capo redattore. Fra i primi autori italiani di gialli Arturo Lanocita di Renata Broggini Infine, ecco la rete. Nell’ombra, vidi come una parete, alta un paio di metri. Scavato nella parete era un sottopassaggio, in cui non si poteva entrare che uno per volta, e a testa bassa: fummo spinti là dentro, sentii che si guazzava nell’acqua, non vidi più nulla. Qualcuno davanti a me imprecava: «Non c’è il buco, il buco non c’è» diceva; era l’uomo grasso che s’era appena unito a noi. E la donna che lo accompagnava: «È cieco, perché hanno fatto passare lui per primo? Non ci vede, è cieco!» Cercai allora, di spingermi innanzi, urtai e pestai gambe e piedi, spinsi lo schermo metallico che era davanti a me e all’uomo grasso: era la rete, occorreva premere e la si spostava tanto quanto bastava perché, uno alla volta, si passasse dall’altra parte. Mi districai dal viluppo di braccia e di gambe, premetti la rete metallica, uscii dalla parte opposta, porsi la mano al cieco, aiutai anche lui a venirne fuori; e fu un affaraccio, grasso com’era. In quel momento, il raggio di una lampadina si piantò contro di noi: mi volsi, vidi la canna di un fucile. Una voce secca, gutturale, ordinò. – Alt! Amava i romanzi gialli, Arturo Lanocita. Ne ha anche scritti. Ma questa non è la pagina di un giallo. È quella di un suo libro di memorie, Croce a sinistra. Scrive di quando nell’autunno 1943 fugge in Svizzera inseguito dai mandati di cattura dei fascisti e dei tedeschi: «Antifascista. Monarchico», l’ha risposto chiaro a chi gli ha chiesto di aderire alla repubblica di Salò. Scrive di quando, in salvo, è finito con altri profughi al «castello di Unterwalden» e nella «tetra foresta di Plenterplaz». Sembra davvero un «noir», invece è vita vissuta. Un intermezzo di avventura in una biografia senza grandi colpi di scena. Studente, a 18 anni entra all’ “Ambrosiano” Calabrese, nato cent’anni fa il 4 giugno 1904 a Limbadi, Arturo Lanocita emigra a Milano e a diciott’anni, ancora studente, entra all’Ambrosiano, il quotidiano del pomeriggio di Umberto Notari e Gastone Gorrieri, appena fondato con un orientamento «filofascista», dove si formano diverse firme della carta stampata. Dopo il praticantato, dal 1923 al 1930 per alcuni mesi è reporter, poi redattore di cronaca bianca e di terza pagina: si occupa anche di critica teatrale, formandosi il gusto per la critica, il cinema e il mondo dello spettacolo. Articolista di varietà, critico letterario, tiene anche la rubrica Libri del giorno. Sono di quel periodo i libri Attrici e attori in pigiama (1926) e Scrittori del nostro tempo (1928), Quaranta milioni (1930), interviste con attori e scrittori. Dopo sette anni all’Ambrosiano, quando la testata passa sotto la gestione di Arnaldo Mussolini – fratello minore del «duce» –, Lanocita si trasferisce per un breve periodo alla Stampa, diretta da Curzio Malaparte. Ma, subito dopo, su segnalazione di Renato Simoni entra al Corriere della Sera: dal 1930 al 1969, al Corriere resta per quasi quarant’anni. Redattore, dal 1933 capocronista, è il più giovane dei venticinque cronisti che organizza e dirige per un decennio, anche se – si è scritto – «tutti, reporter compreso, hanno più esperienza di lui». La cronaca del Corriere conosce innovazioni «rivoluzionarie», e vi appaiono fra l’altro le prime foto. È allora che Lanocita, come 26 (30) «vice» di Filippo Sacchi, inizia a occuparsi di critica cinematografica e politica. Sono gli anni della notorietà, come «giallista»: con Alessandro Varaldo e Alessandro De Stefani è fra i primi autori dei polizieschi della collana Gialli Mondadori, con Quella maledettissima sera (1939) e Salvateli dalla ghigliottina (1943). Una carriera, sino a questo momento, priva di scossoni: l’avventura comincia il 25 luglio 1943. Caduto il regime, sparito Mussolini dalla scena, Lanocita – vicino al Partito d’azione – si impegna nel giornalismo antifascista militante. È presente con altri protagonisti di quelle giornate all’estromissione del direttore in carica, Aldo Borelli, e alla sostituzione con Filippo Sacchi e poi con Ettore Janni. Metterà a verbale, espatriato in Svizzera: «Esplicavo da vari mesi un’attività nettamente antifascista collaborando a giornali clandestini (L’Italia Libera). Dal 27.7.43, feci pubblicare dai miei cronisti nel Corriere della Sera articoli contro gli abusi delle Organizzazioni del regime fascista». Fin dal 1942 del resto aveva disertato le riunioni al gruppo rionale fascista «Oberdan» e le adunate «spontanee», non s’era messo l’uniforme nera di prammatica (l’«orbace») né ostentato all’occhiello il distintivo del Partito fascista (la «cimice»). Poi, arriva l’8 settembre. I tedeschi occupano Milano, i fascisti tornano. Fare il Corriere, perlomeno quello libero, diventa impresa impossibile. Scrive: Fu il Corriere di quel settembre, un giornale distratto, svogliato, messo assieme con dispettosa malavoglia. Obbedendo all’ingiunzione ed eludendo le raccomandazioni, sì da mostrar chiaro che ci si acconciava solo all’imperio, quando altrimenti non si poteva, il giornale procedeva con l’entusiasmo del condannato sospinto dalla canna d’una rivoltella puntata alla schiena, ma doveva venire il tempo in cui si sarebbe chiesta al Corriere una partecipazione a quella danza dei fantasmi che, sotto il segno della svàstica tedesca, i mussoliniani incancreniti stavano preparando… Il sistema più ovvio, diciamo più legale, era per me quello di provocare, da parte del Corriere della Sera, di cui ero il capo cronista, un licenziamento che implicasse anche la liquidazione. Quando, nei primi mesi di ottobre, fu nominato un direttore fascista, Ermanno Amicucci, e un vice direttore squadrista, Ugo Manunta, e si vide che il giornale, irreparabilmente, stava per gonfiare le gote ed intonare gli inni marziali tedesco-fascisti, abbandonando la glaciale obiettività dei giorni precedenti, io mi presentai ai due turiferari ufficiali, poche ore dopo il loro arrivo in redazione, chiedendo di essere licenziato. – Perché – Perché non sono dei vostri. – Antifascista? Monarchico? – Appunto. Antifascista. Monarchico… «Vedrete – mi si disse, naturalmente nel rigido ossequio del voi di prescrizione – vedrete che nonostante tutto, ci si intenderà, e lavoreremo assieme da buoni camerati». Invece, inseguito da due mandati di cattura, l’uno italiano e l’altro tedesco, da Milano raggiunge Luino sul lago Maggiore e si nasconde a casa della madre, Teresa Bisogni. «Sulla scorta di informazioni ricevute da contrabbandieri» si dirige poi a Valdomino e da lì a Cremenaga» e il 29 novembre passa il confine in località Fornasette e si rifugia in Svizzera, dove viene accolto come «rifugiato politico» dopo che la polizia elvetica ha messo a verbale: «Il segretario del neo-costituito Partito fascista repubblicano, Pavolini, ordinava telegraficamente al Prefetto di Milano la mia cattura». “Alt, Guardia svizzera” “Abbasso Mussolini!” Certo, l’entrata non era stata priva di suspence – come avrebbe poi raccontato in Croce a sinistra. Torniamo allora a quel momento, e a quella «voce secca, gutturale» che gli ordina: «Alt!»: «Ci siamo, Arturo», pensai. La pronuncia era dura, nessun dubbio, una pronuncia tedesca. «Siamo caduti, certo, nelle mani dei tedeschi». Passò qualche secondo; tutti fermi e in silenzio. Infine la vice si udì ancora: – Guardia svizzera – disse. Ribattei, tornato calmo, qualcosa che certo l’altro non si aspettava. E neanch’io m’aspettavo che mi venisse fatto di replicare a quel modo: chissà, poi, da qual gioco del subcosciente le due parole mi furono suggerite. Stupide parole, in quel momento e niente affatto eroiche. – Abbasso Mussolini – risposi. E mi feci incontro a quel raggio di luce, che era la Svizzera, la libertà. Accompagnato al posto guardie svizzere, trasferito come di norma alla centrale di raccolta di Bellinzona, smistato lì presso, al campo «Francesco Soave», passa la «quarantena» al «castello di Unterwalden» – un vecchio maniero che domina la città –, campo per soli uomini dove si trova a convivere con altri rifugiati, tra i quali molti ebrei: «l’isolamento più vero e desolato», scrive, «è quello di chi vive nella moltitudine». Poi inizia la trafila del «rifugiato Lanocita», nella norma dei profughi senza mezzi e senza conoscenze, destinati in campi di internamento con gente di tutta Europa. La vita da rifugiato tra sgomento e disciplina Il suo si chiama Plenterplatz, un insieme di baracche nella foresta nei dintorni di Zurigo, dove arriva nel gennaio 1944. Mesi difficili: lo «sgomento» dell’arrivo al campo, la puntigliosa «disciplina militare», la marcia quindicinale alla città a fare la doccia inquadrati «tre per tre agli ordini dei militari in armi», le disposizioni ossessive – piegare la coperta militare con rigorosa uniformità, «croce a sinistra» – il titolo del libro, pubblicato nel 1946 dall’editore milanese Enrico dall’Oglio che condivide con lui quell’inverno di convivenze forzate. E che, previdente, poi si assicura vari resoconti d’internamento di italiani (il Diario di un deputato di Luigi Gasparotto, ad esempio). L’isolamento è totale salvo i contatti con i suoi direttori del periodo badogliano, Sacchi e Janni esuli a Locarno: «Le loro prime lettere, solidali e fraterne, m’hanno dato profonda gioia: dunque, non sono solo, in esilio, non sono solo. Qualcuno, dal Ticino, mi dice “soffriamo con te, facciamoci coraggio e avanti”; e si tratta di qualcuno che appartiene alla mia stessa casa di via Solferino, la casa del Corriere in cui ho vissuto tanta parte della mia vita». Con l’appoggio di Janni, l’internamento ha fine: ORDINE 4 2004 Qui sopra, Arturo Lanocita con Jean Renoir (inverno 1951-52); nella pagina accanto con Ferruccio Lanfranchi (a sinistra). Presidente dell’Associazione lombarda dei giornalisti, riceve l’Ambrogino d’oro dal sindaco di Milano, Aldo Aniasi (1970). Qui a destra, Arturo Lanocita assieme a Gina Lollobrigida nel 1954. Il giornalismo come un romanzo giallo Da stamane la lettera di Ettore Janni, m’ha offerto uno spiraglio di luce. Dopo aver tentato, senza fortuna – e senza ch’io glielo avessi chiesto, qui è il suo maggior merito – questa e quella via, per ottenere la mia liberazione, ora ha trovato, come mi scrive, la «via regia». Un professionista di Locarno, l’avvocato Camillo Beretta – uomo politico noto nel Ticino, consigliere cantonale e presidente dell’Associazione per il costruendo canale Locarno-Venezia; si tratta di un provato amico della vera Italia e dei migliori Italiani, che ha già aiutato in cento modi i rifugiati – ha accettato di ospitarmi presso di sé. Dunque, il prodigio è avvenuto. Andrò a vivere in una casa dove si respira aria italiana: la casa di un uomo, mi si dice, dove i profughi del mio Paese hanno accoglienza affettuosa e proprio perché sono profughi; e ansiosi di libertà. Aprile 1944, Lanocita è a Locarno e ci resta tutta l’estate con grande sollievo. Ma in autunno, dopo i fatti dell’Ossola, il Locarnese si riempie di centinaia di nuovi profughi e l’ospitalità in privato si fa precaria. Il giornalista dovrebbe rientrare in campo. Gli amici si interessano e, colpo di scena, compare un «fantasma» del Corriere: Eugenio Balzan, vecchio amministratore dei tempi di Albertini, che dal 1933 vive isolato in un albergo di Zurigo. «Sono Lanocita», si appella, «che Lei assunse al Corriere contro il parere di Borelli, nel 1930, per suggerimento di Simoni… ho sempre tenuto buona e grata memoria di quel Suo gesto di fiducia… Può Lei, che ha aiutato tanto i rifugiati, e specie quelli del Corriere, prestarmi, dal 1° ottobre, la somma di 200 franchi al mese, per un massimo di cinque mesi…?». Il periodo più duro dell’inverno: «Nella stagione fredda, con le membra aggranchite dall’artrite, significherebbe compromettere gravemente, per l’avvenire, la mia salute». Puntuale, da Zurigo gli arriva l’assegno mensile. «Con questo prestito lei mi restituisce la fierezza d’essere un uomo, padrone di sé e del suo destino. Saprò ricordare… Appena potrò, pagherò il mio debito in denaro. Il debito morale non lo pagherò mai, se non con la devozione». Un romanzo in 105 puntate sulla Rivoluzione francese Per arrotondare il soccorso, alla prima occasione riesce a riprendere l’attività di giornalista: a Locarno prepara una «guida sentimentale della città» e sotto lo pseudonimo «Arturo Marlengo» avvia una serie sul settimanale Illustrazione Ticinese, diretto dell’artista Aldo Patocchi. Pieni di humor e di trovate, I racconti del sorriso e I racconti dell’incubo sono seguiti e «Marlengo»-Lanocita si conquista un pubblico. Con lo stesso pseudonimo pubblica in appendice al Corriere del Ticino un romanzo sulla Rivoluzione francese, Voglio vivere ancora, 105 puntate dall’agosto 1944 al gennaio 1945. Dal settembre 1944 collabora a Libertà!, il foglio dei democristiani milanesi in esilio, non quale «cattolico», qualifica che Lanocita non accetta del tutto, perché liberale, ma – mi aveva detto in un colloquio negli anni ‘70, quando preparavo il libro I rifugiati italiani in Svizzera e il foglio Libertà!. Antologia di scritti 1944-1945 - come amico del redattore Ferruccio Lanfranchi, collega di Corriere, anche lui rifugiato in Svizzera. È l’occasione ORDINE 4 2004 per riprendere contatto con la politica italiana attraverso gli avvenimenti e i drammi della difficile transizione dal fascismo alla democrazia, ancora là da venire. L’esordio è un commento su un fatto di cronaca che turba l’inizio del processo al questore repubblichino di Roma, Mario Caruso: il linciaggio del direttore del carcere «Regina Cœli», Donato Carretta, strumentalizzato a nord dalla stampa neofascista. Raccolte in un dossier informazioni sull’antifascismo Interviene poi nel dibattito sulla scuola in Italia e sulle difficoltà di riforma dell’istruzione nel dopoguerra, questione sentita in modo particolare in quanto figlio di un insegnante. Attira così l’attenzione delle autorità ticinesi che sollecitano informazioni sull’occupazione tedesca e sull’antifascismo a Milano, raccolte nel suo dossier a Bellinzona: Il giornale clandestino più diffuso è l’Avanti! che ha raggiunto la tiratura di 50.000 copie. Uno degli uomini che curava la stampa dell’Avanti! è Aldo Rapetti. Con lo stesso il Lanocita ha parlato due giorni prima di partire da Milano, 10 o 11 novembre, il quale ebbe a riferirgli che la diffusione dell’Avanti! aveva finito per costituire un pericolo perché andava a finire nelle mani di elementi infidi che mostravano tali copie alla questura. Moltissimi redattori e stampatori dell’Avanti! vennero arrestati. Altro giornale clandestino è L’Italia libera, organo del partito dello stesso nome al quale il Lanocita ha collaborato. Redattori che il Lanocita conosce sono: Indro Montanelli, Giulio Alonzi, Deluca, e un certo tempo ha collaborato Damiano Andrea. Ha collaborato con L’Italia libera col periodo postbadogliano, dopo l’8 settembre. Capo morale del movimento Italia libera era Borsa Mario. Il giornale L’Italia libera si componeva nella tipografia del Corriere della Sera per l’opera di un limitatissimo numero di tipografi antifascisti che facevano capo al proto Ghisalberti il quale riceveva i manoscritti dalla redazione per tramite del Lanocita. Rimane a Locarno sino alla Liberazione, poi – giunta notizia dell’insurrezione di Milano (25 aprile 1945) – fa domanda di rimpatrio immediato: Il sottoscritto, Lanocita Arturo, 1904, rifugiato politico italiano, in Svizzera dal novembre 1943 e liberato dal febbraio 1944 presso l’avv. Camillo Beretta in Locarno, chiede il permesso di rientrare in Italia, nella zona ora libera, attraverso il posto di confine di Dirinella, per ricongiungersi alla famiglia, che si trova a Luino. Se il passaggio per tale posto non è possibile, chiede di transitare per la via di Brissago. L’urgenza del suo ritorno in Patria, sollecitato dall’Italia, è in rapporto con le funzioni del sottoscritto, giornalista professionista, chiamato a riprendere al più presto il suo posto di lavoro al Corriere della Sera. Grato alla Svizzera per l’asilo generoso accordatogli, che non dimenticherà, ossequia. Rientra dalla frontiera di Brissago e torna a Milano, al Corriere, vice redattore capo fino al 1950. Gli è affidato il Corriere d’Informazione, che porta a una tiratura mai più raggiunta: «Un uomo meticoloso, capace d’irritarsi di fronte allo scarso impegno di alcuni colleghi», sottolinea Giulio Nascimbeni. Risale a questo periodo il romanzo Il ragazzo che doveva mentire (1949). Cessato il Corriere d’Informazione nel 1950, torna al Corriere dove riprende il suo «mestiere» congeniale di critico cinematografico. Si tratta, va ricordato, dell’epoca pre-televisiva, in cui il cinema è uno dei pochi luoghi di intrattenimento di massa. Quando pubblica Cinema, fabbrica dei sogni (1950) centra lo spirito del periodo dei «telefoni bianchi»; il Neorealismo invece non lo tocca, se definisce «deprimente, rissoso e falso» La terra trema di Luchino Visconti (1948). «Per rendere il giusto omaggio all’itinerario critico di Lanocita», ha scritto in proposito Tullio Kezich, bisogna appunto ritrovarsi «dalle parti di una serena comprensione della realtà»: Quando avevo vent’anni odiavo Arturo Lanocita. Prima di tutto perché era il critico del Corriere della Sera, un giornale che consideravo la quintessenza del «quotidianismo di papà»; tanto che non avrei mai pensato di diventare quello che sono, cioè il Lanocita degli anni ‘90… Certo le sue recensioni «americane» non rispecchiano il palpito del nostro americanismo immaginario di allora; e certo i pezzi sui film italiani li scrive dalle retrovie, ben lontano dalle nostre postazioni di trincea. «Se le sue cronache venissero raccolte… si misurerebbe l’incidenza che la critica militante esercitata da scrittori vivaci e garbati sul maggiore quotidiano italiano ha avuto sulla formazione del gusto del pubblico, come l’ha indirizzato verso il piacere dell’immaginario salvando le ragioni del buon gusto e dell’impertinenza sfavillante», ha scritto Giovanni Grazzini, che aveva valorizzato questa abilità: «L’arguzia sua crea l’arguzia degli altri», aveva notato già nel 1926 Vera Vergani per Attori e attrici in pigiama. Nel 1963 è presidente della Mostra di Venezia Lanocita difatti nel 1962 diventa redattore capo del Corriere e inizia a seguire i maggiori festival – è presidente della giuria della Mostra di Venezia nel 1963 –; e Grazzini, che dirige la collana «Chi è?-Gente famosa» di Longanesi, gli affida il lancio con Sofia Loren (1966), recensito da Montanelli sul Corriere. Profilo che per Grazzini «sposava le notizie alla valutazione critica con grande equilibrio, e nel quale si potevano cogliere le virtù di uno stile che, per immediatezza e per brio, ha avuto soltanto imitatori». Nel 1966 Lanocita riceve il premio giornalistico «Lancillotto d’oro», è eletto nel 1968 presidente dell’Associazione lombarda dei giornalisti e rieletto nel 1970. In pensione dal 1969, tiene la critica televisiva sul Giornale nuovo e collabora alla Grande storia illustrata - Il Cinema della De Agostini. Arturo Lanocita muore a Milano il 23 aprile 1983. Con lui, scrive Giulio Nascimbeni, se ne va una figura «caratteristica» di via Solferino: Chi lavora da molti anni al Corriere ed ha ben presente l’esile figura di Lanocita che attraversa i corridoi tenendo in mano fasci di bozze, riascolta adesso nella memoria appunto il suo «caro urlare». Come tutte le persone miti ma rigorose, dedite agli impegni della professione con una passione quasi maniacale, Lanocita aveva ogni tanto queste accensioni che mettevano, specialmente nei redattori da poco assunti, un senso d’imbarazzo e di timore. Non era un iroso, un collerico, nel senso che si è soliti dare a queste parole. Il «caro urlare» aveva sempre delle precise motivazioni: una bozza mal corretta, una data inesatta, un termine straniero scritto in modo sbagliato, tutto ciò, insomma, che lasciava trasparire faciloneria e scarso impegno. Le rabbie erano brevi. Dietro gli occhiali cerchiati d’oro, rispuntava il solito sguardo attento e comprensivo. Cinema ‘50. Pagine scelte di un critico militante, l’antologia attesa da Grazzini, esce a cura di Andrea Napoli nel 1991, omaggio postumo – titola la recensione di Kezich – a un «critico burbero e coscienzioso». ■ 27 (31) Il tariffario per il 2004 approvato dal Consiglio nazionale TARIFFARIO 2004 COMPENSI MINIMI PER LE PRESTAZIONI PROFESSIONALI GIORNALISTICHE NEI QUOTIDIANI, NEI PERIODICI, ANCHE TELEMATICI, NELLE AGENZIE, NELLE EMITTENTI RADIOTELEVISIVE E NEGLI UFFICI STAMPA (Consiglio Nazionale – Riunione del 16, 17 e 18 Febbraio 2004). Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti nella seduta del 16, 17 e 18 Febbraio 2004 visti gli artt. 2, 11 e 35 della legge 3.2.1963 n.69; visto l’art.20 ter lettera a) del D.P.R. 3.5.1972 n. 212; visti gli artt. 2230, 2231 e 2233 del codice civile DELIBERA È approvata la seguente tabella dei compensi minimi inderogabili, al netto delle contribuzioni previdenziali, per le prestazioni professionali autonome dei giornalisti (locatio operis) non regolate dal contratto collettivo di lavoro perché non comportanti subordinazione anche se costituenti cessioni di diritto d’autore. Titolo I Notizie articoli e servizi A) Quotidiani e periodici a diffusione nazionale con tiratura oltre 250.000 copie - Agenzie di stampa a diffusione nazionale Periodici stranieri - Emittenti radiotelevisive a diffusione nazionale e network 1) Notizia € 30,00 2) Articolo € 162,00 3) Servizio € 323,00 B) Quotidiani e periodici a diffusione nazionale con tiratura fino a 250.000 copie 1) Notizia € 27,00 2) Articolo € 150,00 3) Servizio € 300,00 C) Quotidiani e periodici a diffusione regionale o locale con tiratura oltre 40.000 copie - Agenzie di stampa a diffusione regionale o locale - Emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale, con potenziale bacino di utenza superiore a 400.000 destinatari 1) Notizia € 26,00 2) Articolo € 139,00 3) Servizio € 202,00 D) Quotidiani a diffusione regionale o locale, con tiratura fino a 40.000 copie - Periodici a diffusione regionale o locale con tiratura da 10.000 a 40.000 copie - Emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale con potenziale bacino di utenza da 100.000 fino a 400.000 destinatari 1) Notizia € 25,00 2) Articolo € 87,00 3) Servizio € 116,00 E) Periodici a diffusione regionale o locale con tiratura fino a 10.000 copie - Emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale con potenziale bacino di utenza fino a 100.000 destinatari 1) Notizia € 23,00 2) Articolo € 57,00 3) Servizio € 87,00 F) Quotidiani e periodici telematici e agenzie collegati a quotidiani, periodici e agenzie a diffusione nazionale o con visite mensili superiori a 150.000 1) Notizia € 25,00 2) Articolo € 87,00 G) Quotidiani e periodici telematici e agenzie collegati con visite mensili inferiori a 150.000 1) Notizia € 23,00 2) Articolo € 57,00 Titolo II Collaborazioni coordinate e continuative Quotidiani e periodici, anche telematici, agenzie di stampa, emittenti radiotelevisive e network (su base annuale da corrispondere per frazioni mensili) 1) Per almeno 2 collaborazioni al mese € 1.995,00 2) Per almeno 4 collaborazioni al mese € 3.991,00 3) Per almeno 8 collaborazioni al mese € 7.978,00 4) Per almeno 14 collaborazioni al mese € 10.773,00 Titolo III Servizi fotogiornalistici A) Quotidiani e periodici a diffusione nazionale con tiratura oltre 250.000 copie - Periodici stranieri - Emittenti radiotelevisive a diffusione nazionale e network 1) Fotografia singola bianco e nero € 128,00 2) Fotografia singola colore € 144,00 3) Foto in copertina bianco e nero € 403,00 4) Foto in copertina colore € 433,00 5) Ripubblicazione € 95,00 B) Quotidiani e periodici a diffusione nazionale con tiratura fino a 250.000 copie 1) Fotografia singola bianco e nero € 116,00 2) Fotografia singola colore € 128,00 3) Foto in copertina bianco e nero € 334,00 4) Foto in copertina colore € 376,00 5) Ripubblicazione € 81,00 Titolo VIII - Norme per l’applicazione del tariffario A) Il presente tariffario indica cifre minime, al lordo delle ritenute fiscali di legge, al di sotto delle quali l’Ordine dei Giornalisti ritiene che non sia possibile andare, stabilendo in tal caso la incongruità del compenso. Tuttavia la determinazione dell’effettivo ammontare dei corrispettivi deve tenere conto della qualità del committente, dei compiti in concreto demandati al giornalista, dell’impegno necessario del tempo richiesto. B) Le spese sostenute dal collaboratore e direttamente inerenti le prestazioni sono rimborsate a piè di lista, su presentazione di idonea documentazione, salvo patto contrario scritto. C) I compensi di cui sopra sono dovuti anche in caso di mancata pubblicazione del materiale giornalistico commissionato oppure inviato nel quadro della collaborazione concordata, a meno che il materiale stesso non venga tempestivamente restituito all’autore con espressa motivazione entro tre giorni per quotidiani, agenzie di stampa, settimanali e bisettimanali, ed entro dieci giorni per i mensili. 28 (32) C) Quotidiani e periodici a diffusione regionale o locale con tiratura oltre 40.000 copie - Emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale con potenziale bacino di utenza superiore a 400.000 destinatari 1) Fotografia singola bianco e nero € 87,00 2) Fotografia singola colore € 102,00 3) Foto in copertina bianco e nero € 116,00 4) Foto in copertina colore € 144,00 5) Ripubblicazione € 49,00 D) Quotidiani a diffusione regionale o locale con tiratura fino a 40.000 copie - Periodici a diffusione regionale o locale con tiratura da 10.000 a 40.000 copie Emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale con potenziale bacino di utenza da 100.000 fino a 400.000 destinatari 1) Fotografia singola bianco e nero € 75,00 2) Fotografia singola colore € 86,00 3) Foto in copertina bianco e nero € 104,00 4) Foto in copertina colore € 116,00 5) Ripubblicazione € 35,00 E) Periodici a diffusione regionale o locale con tiratura fino a 10.000 - Emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale con potenziale bacino di utenza fino a 100.000 destinatari 1) Fotografia singola bianco e nero € 46,00 2) Fotografia singola colore € 57,00 3) Foto in copertina bianco e nero € 69,00 4) Foto in copertina colore € 87,00 5) Ripubblicazione € 22,00 F) Quotidiani e periodici telematici con visite mensili superiore a 150.000 1) Fotografia singola bianco e nero € 116,00 2) Fotografia singola colore € 128,00 3) Foto in copertina bianco e nero € 334,00 4) Foto in copertina colore € 376,00 5) Ripubblicazione € 81,00 G) Quotidiani e periodici telematici con visite mensili inferiori a 150.000 1) Fotografia singola bianco e nero € 87,00 2) Fotografia singola colore € 102,00 3) Foto in copertina bianco e nero € 116,00 4) Foto in copertina colore € 144,00 5) Ripubblicazione € 49,00 NOTA I - I compensi indicati si riferiscono a servizi giornalistici completi di tutte le indicazioni essenziali per la corretta pubblicazione in rapporto alla identità dei personaggi che appaiono nelle immagini, al luogo, alla data e ad una cronaca giornalistica dell’avvenimento cui le fotografie si riferiscono, escluso naturalmente l’eventuale testo, che va compensato a parte. NOTA II - Tutti i compensi si riferiscono a fotografia singola e, quando il servizio comprende più fotografie diverse fra loro, il minimale di cessione si intende triplicato. Titolo IV Servizi cine-videogiornalistici A) Emittenti radiotelevisive a diffusione nazionale e network Servizio non superiore a 180” € 1.258,00 B) Emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale Servizio non superiore a 180” € 747,00 C) Attività cinevideogiornalistica di collaborazione pro-tempore Al giorno € 404,00 D) Collaborazioni coordinate e continuative (su base annuale da corrispondere per frazioni mensili) 1) Per almeno 2 collaborazioni al mese € 1.995,00 2) Per almeno 4 collaborazioni al mese € 3.990,00 3) Per almeno 8 collaborazioni al mese € 7.978,00 4) Per almeno 14 collaborazioni al mese € 10.773,00 NOTA I - Il compenso indicato per la cessione e la distribuzione del servizio si intende per una ripresa su nastro o su pellicola cinematografica realizzata con materiale tecnico proprio comprensivo di eventuale utilizzo di personale tecnico ausiliario completo di montaggio e con indicazioni tecnico-giornalistiche necessarie per la stesura del testo. D) Ai fini del presente tariffario si adottano le seguenti definizioni: a) Notizia: è una concisa informazione fornita dal giornalista su fatti o situazioni b) Articolo: è un testo in chiave di resoconto o di analisi su fatti o temi diversi fino a due cartelle da 25 righe di 60 battute l’una (esempio: politici, economici, sociali, morali, religiosi, culturali, sportivi, etc.) c) Servizio: è un elaborato oltre le due cartelle più complesso e articolato che presuppone un approfondito lavoro di indagine o di ricerca. E) L’applicazione delle presenti tariffe e la liquidazione del compenso sono soggette alla vigilanza e alla disciplina del Consiglio regionale o interregionale dell’Ordine al quale il giornalista è iscritto. F) In caso di contestazione giudiziale o extra-giudiziale, il giornalista può rivolgersi al competente Consiglio regionale o interregionale dell’Ordine per ottenere il parere sulla congruità del compenso, ai sensi degli artt. 633 e 636 cpc. G) In armonia con le norme concordate in sede di CCNL giornalistico, modifiche ed integrazioni sostanziali ad ogni articolo o servizio firmato devono essere apportate con il consenso dell’autore, Roma, 18 febbraio 2004. Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti ha approvato il tariffario per l’anno 2004. Su invito della commissione giuridica, lo stesso Consiglio ha approvato un documento in cui, a proposito del tariffario si afferma: “Alla luce dell’esigenza largamente avvertita dalla categoria di dare più forza alla sua applicazione, il CNOG impegna l’Esecutivo ad un'opera di sensibilizzazione su vari fronti e di supporto legale ai colleghi che lo necessitano. In particolare il Cnog invita gli Ordini regionali a mettersi in contatto con direttori ed editori dei vari mass media affinché siano sensibilizzati sull’esigenza di applicare il Tariffario specialmente in considerazione del fato che le varie testate utilizzano largamente il lavoro professionale libero. A sua volta l’Esecutivo prenderà contato con la Fieg e affronterà la materia con i competenti uffici del Ministero di Grazie Giustizia nel contesto della riforma degli ordini professionali. Il Consiglio nazionale dell’Ordine appronterà un manuale di informazione giuridica ai fini dell’assistenza legale, che verrà accluso al Tariffario dell’anno in corso”. NOTA II - Tutto il materiale videocinematografico girato per la realizzazione del servizio e non utilizzato rimane di proprietà dell’autore. NOTA III - Il servizio ceduto rimane in esclusiva dell’emittente per 48 ore se utilizzato per un telegiornale quotidiano, per 15 giorni se invece utilizzato per rubriche o speciali settimanali. NOTA IV - Nel caso di servizio di durata superiore a 180’’ o di esclusiva, il prezzo di cessione è lasciato alla libera contrattazione e comunque superiore a quanto stabilito nelle lettere A) e B). NOTA V - La tariffa indicata alla lettera C) è intesa per l’utilizzo di una collaborazione di carattere esclusivamente professionale con supporti tecnici messi a disposizione dal richiedente. Titolo V Prestazioni per uffici stampa A) Prestazioni fisse continuative da addetto stampa, portavoce e collaboratore professionale di uffici stampa pubblici e privati senza vincolo di orario e di presenza 1) Su base annuale € 32.588,00 2) Su base semestrale € 16.294,00 Per prestazioni saltuarie i compensi sono rapportati ad ogni singola prestazione secondo le tariffe sottoesposte B) Organizzazione di una conferenza stampa 1) Per una manifestazione a carattere regionale € 4.709,00 2) Per una manifestazione a carattere nazionale € 6.870,00 C) Responsabilità di ufficio stampa per manifestazione di breve durata con adeguato lavoro preparatorio redazionale, contatti con la stampa, redazione comunicati, organizzazione conferenza stampa e incontri di lavoro 1) Per manifestazione della durata sino a 5 giorni € 8.172,00 2) Per manifestazioni della durata sino a 10 giorni € 10.804,00 D) Attività giornalistica di collaborazione pro-tempore 1) Al giorno € 403,00 E) Stesura di testi per conto di un ufficio stampa 1) Fino a due cartelle (25 righe a 60 battute l’una) € 144,00 2) Oltre le due cartelle e fino a cinque € 232,00 Titolo VI Impostazione grafica di pubblicazioni quotidiane o periodiche 1) Impostazione di base della pubblicazione A carattere nazionale A carattere regionale o locale 2) Impostazione di una pagina Per una pubblicazione a carattere nazionale Per una pubblicazione a carattere regionale o locale € € 2.852,00 462,00 € € 115,00 44,00 Titolo VII Direttore responsabile che esplica in maniera saltuaria prestazioni giornalistiche autonome (locatio operis) non comportanti cioè subordinazione 1) Di periodici a diffusione regionale o locale e/o specializzati (aziendali, sindacali, associativi, di categoria o editati da enti pubblici e privati) a) Con tiratura oltre 400.000 copie a numero € 1.274,00 b) Con tiratura da 10.000 a 400.000 copie a numero € 665,00 c) Con tiratura fino a 10.000 copie a numero € 346,00 2) Di emittenti radiotelevisive a diffusione regionale o locale a) Con potenziale bacino di utenza superiore a 400.000 destinatari, al mese € 1.856,00 b) Con potenziale bacino di utenza da 100.000 a 400.000 destinatari, al mese € 1.274,00 c) Con potenziale bacino di utenza fino a 100.000 destinatari, al mese € 849,00 3) Di quotidiani e periodici telematici e agenzie collegati a quotidiani, periodici e agenzie A diffusione nazionale o con visite mensili superiori a 150.000 € 665,00 4) Di quotidiani e periodici telematici e agenzie Con visite mensili inferiori a 150.000 € 346,00 sempre che sia reperibile. L’articolo non dovrà comparire firmato nel caso in cui le modifiche siano apportate senza l’assenso del giornalista. Gli articolisti non possono cedere prima di 10 giorni articoli se inviati ai quotidiani o di 30 giorni se inviati ai periodici senza previo consenso del direttore. H) L’articolista può pubblicare in volume gli articoli inviati, siano o non siano stati retribuiti, tre mesi dopo la consegna dell’ultimo della serie, anche se non pubblicati dal giornale al quale erano destinati. Per gli addetti ai periodici, il termine indicato nel comma che precede è di un anno, salvo diverso accordo scritto tra le parti. I) L’utilizzazione della prestazione giornalistica regolata dal tariffario è limitata ai media per i quali la collaborazione è stata richiesta. Le eventuali ulteriori utilizzazioni, anche parziali, nell’ambito delle attività dello stesso editore o presso altri editori, debbono essere autorizzate dall’autore, concordando il relativo compenso, che per ogni successiva utilizzazione non potrà comunque essere inferiore al 30% del corrispettivo iniziale. L) Il compenso di un elaborato oltre le cinque cartelle è maggiorato del 20%. M) Si riconosce al collaboratore inviato fuori sede per un servizio l’indennità (il 30% del compenso tabellare) che il contratto nazionale di lavoro (art..7) accorda ai giornalisti chiamati occasionalmente a prestare la propria opera in funzione di inviati. Titolo IX I compensi erogati sono al netto delle contribuzioni previdenziali e, pertanto, non ricomprendono il contributo del 12%, ai sensi del D. Lgs n.103/96, da versare alla “Gestione separata lavoro autonomo INPGI”. Detto contributo è così ripartito: - 10% del reddito imponibile a totale carico dell’iscritto; - 2% a titolo di contributo integrativo, a carico di coloro (aziende, etc.) che si avvalgono dell’attività professionale, calcolato sul reddito lordo e addebitato dall’iscritto all’azienda, con indicazione nella relativa fattura, all’atto di ogni pagamento. Il versamento alla gestione separata Inpgi dell’intero contributo dovuto (12%) è a carico del giornalista. ORDINE 4 2004 “Premio Gavinelli” per giovani giornalisti alla terza edizione Letizia Gonzales nel Consiglio del “Quartetto” In occasione della fusione fra Società del Quartetto con i Concerti del Quartetto per costituire un’unica istituzione agile e snella, aperta alla vasta platea dei cittadini milanesi (il “Quartetto” è stato considerato a lungo una società musicale molto elitaria ed appartata) è stato nominato il nuovo Consiglio presieduto dal prof. Guido Rossi. Fra i consiglieri di questo storico ed importante ente milanese nato nel 1864, che ha ospitato i più grandi direttori d’orchestra del mondo, da Toscanini ad Abbado a Lorin Maazel, celebri solisti come Isaac Stern, Horowitz, Rotropovich nonché famosissimi quartetti e grandi cantanti -, figura Letizia Gonzales, consigliere dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia. Circolare Inpdap: “Per i giornalisti degli Uffici stampa pubblici obbligatorio il versamento all’Inpgi” Roma, 11 marzo 2004. I giornalisti alle dipendenze della Pubblica Amministrazione devono essere obbligatoriamente iscritti, ai fini pensionistici, all’Inpgi (l’Istituto di previdenza dei giornalisti italiani). È il contenuto di una recente circolare emanata dall’Inpdap a tutte le sue strutture periferiche, nella quale si precisa che l’obbligo di iscrizione all’Inpgi , con decorrenza dal 1B0 gennaio 2001, vale per tutti i giornalisti assunti alle dipendenze della Pubblica Amministrazione, a tempo determinato o indeterminato, pubblicisti o professionisti, in presenza di un duplice requisito: - affidamento di incarico di natura giornalistica o svolgimento di attività riconducibile alla professione giornalistica; - iscrizione all’albo di categoria. I praticanti giornalisti sono obbligatoriamente iscritti, ai fini pensionistici, presso l’Inpgi , purché l’assunzione sia avvenuta direttamente con affidamento di incarico di natura giornalistica. Ovviamente, al venir meno del requisito dello svolgimento dell’attività giornalistica, rivivrà l’obbligo di iscrizione all’Istituto di previdenza di appartenenza. Queste norme sono state riepilogate dall’Inpdap nella sua nota, a seguito di alcuni chiarimenti emanati dal ministero del Lavoro il quale ha affermato, su precisa richiesta di parare, che l’obbligo di iscrizione all’Inpgi ricorre non solo per i giornalisti pubblicisti, come sembrava all’inizio,ma anche per i professionisti: non conta infatti, in questo senso, la contrattazione collettiva applicabile ai singoli soggetti. Unico requisito richiesto è dato dalla natura dell’attività espletata, che deve essere giornalistica. L’Inpdap si sta ora attrezzando per definire,con la maggiore tempestività possibile, i termini e le modalità per il trasferimento all’Inpgi dei contributi pensionistici dei giornalisti delle amministrazioni pubbliche, che finora sono confluiti presso di lui. Al periodo oggetto di trasferimento (10 gennaio 2001 - 31/12/2003) non sono applicate le sanzioni civili considerato che, in assenza di diversa indicazione sull’esatto titolare della contribuzione fino alla data di emanazione del chiarimento ministeriale, le amministrazioni pubbliche hanno provveduto in buona fede all’adempimento presso l’Inpdap. (AGI) Un nuovo codice di attività per chi ha partita Iva Per i colleghi con partita Iva, dal primo gennaio di quest’anno è in vigore un nuovo codice d’attività. È il 92.40.0. destinato - secondo la definizione data dal ministero delle entrate - a “attività di agenzia di stampa”. Il nuovo codice raggruppa indistintamente figure che sino al 31 dicembre scorso erano classificate separatamente: i giornalisti (92.40.A), i pubblicisti e assimilati ( 92.40.B) e “altre attività di agenzie di stampa” (92.40.C ). L’unificazione di questi tre distinti soggetti nello stesso codice è specificata nelle note esplicative della classificazione delle attività economiche Atecofin 2004. Nel documento si precisa che il 92.40.0 è il codice che raccoglie “attività di giornalisti e fotoreporter” e “attività delle agenzie di stampa e delle agenzie di informazione consistenti nel fornire informazioni, immagini e servizi speciali ai mezzi di comunicazione”. Questa riunione di attività - così diverse tra loro - sotto un unico codice, ha già sollevato dubbi e preoccupazioni per i rischi che questa “coabitazione” andrà ad innescare nel momento in cui su queste variegate realtà venga svolto, senza fare i debiti distinguo, uno studio di settore atto a individuare i parametri di tassazione. (Amedeo Vergani) ORDINE 4 2004 accompagnata da: a) una breve domanda d’iscrizione al Al via la terza edizione del “Premio nazionale giornalistico concorso redatta in carta semplice, corredata dai dati Mauro Gavinelli”. Il premio, organizzato dal Gruppo altomilaanagrafici, dal curriculum vitae e dal recapito del concorrennese giornalisti, è riservato ai giovani giornalisti (fino a 35 te; b) cinque fotocopie dello stesso articolo con cui si intende anni d’età). Al vincitore andranno 2500 euro. L’iscrizione è concorrere al premio. Copie originali dei giornali e fotocopie completamente gratuita. inviati non saranno restituite. Per partecipare, c’è tempo fino al prossimo 30 aprile. Ecco il art. 8 - La segreteria del premio, alla quale bando completo. indirizzare domanda d’iscrizione, articoli in Il Gruppo altomilanese giornalisti (Gag), isticoncorso e relative fotocopie è fissata nella tuito nel 1993, con sede in Legnano, intende È riservato sede legale del Gag: presso studio avvocato ricordare la figura di Mauro Gavinelli, che fu Fabrizio Conti, via della Liberazione 13, tra i soci fondatori e il primo presidente del ai colleghi 20025 Legnano (MI). Gag. A tale scopo, bandisce la terza edizione fino a 35 anni art. 9 - Ogni concorrente conserva la del “Premio nazionale giornalistico Mauro proprietà letteraria dell’articolo in concorso. Gavinelli”. di età art. 10 - La giuria del concorso, che valuterà REGOLAMENTO gli articoli giunti alla segreteria stabilendo il vincitore del art. 1 - Il concorso premia il miglior articolo giornalistico, premio, è composta da tre membri del Consiglio direttivo del pubblicato su un quotidiano o un periodico italiano, che Gag, fra cui il presidente in carica, da un membro della famiaffronti un tema inerente l’attualità politica, economica, sociaglia Gavinelli – che finanzia l’iniziativa – e dal presidente le, sportiva della Lombardia. dell’Ordine dei giornalisti di Milano o da giornalista da questi art. 2 - Il premio è riservato ad autori fino a 35 anni d’età indicato. Il giudizio della giuria è insindacabile e inappellabile. (compiuti entro il 31 marzo 2004), non necessariamente art. 11 - La presidenza della giuria è affidata al presidente iscritti all’Ordine dei giornalisti, nell’intento di valorizzare le del Gag. La vice presidenza è ricoperta dal membro desiintuizioni e l’impegno di Mauro Gavinelli sulla formazione gnato dalla famiglia Gavinelli. professionale dei giovani colleghi e degli aspiranti giornalisti. art. 12 - Tutti i partecipanti al concorso riceveranno l’invito art. 3 - Il vincitore del premio riceverà la somma di euro 2.500 alla cerimonia di premiazione che si terrà entro la fine di (duemilacinquecento). giugno 2004. art. 4 - L’iscrizione al concorso è gratuita. art. 13 - La partecipazione al premio implica la piena accetart. 5 - Ogni concorrente può partecipare presentando un tazione delle norme contenute nel presente regolamento. La solo articolo che sia stato pubblicato tra il 1° marzo 2003 e il non osservanza di quanto richiesto comporterà l’esclusione 20 aprile 2004. dal concorso, senza che sia dovuta comunicazione al art. 6 - Non sono ammessi articoli già premiati in altri concorconcorrente. si giornalistici. Ulteriori informazioni sul concorso sono reperibili sul sito interart. 7 - Entro il 30 aprile 2004 ogni concorrente dovrà far net del Gruppo altomilanese giornalisti: www.giornalistialtomilapervenire alla segreteria del premio – recapito a mano o nese.it o possono essere richieste via e-mail: gag.mail@libeservendosi del servizio postale – una copia originale del giorro.it o telefonicamente allo 02.93261928 (Mauro Tosi) nale sul quale è stato pubblicato l’articolo firmato o siglato, Ercole e Giancarlo Colombo “Fotocronisti sportivi dell’anno” Milano, 16 febbraio 2004. È giunto alla sua quarta edizione prima di passare all’Omega di Vito Liverani. È appunto il il premio Omega Fotocronache - “Fotocronista Sportivo sanguigno romagnolo – fondatore della storica agenzia dell’anno”. Lo scopo del premio, nato da un’idea di Vito LiveOlympia e primo vero fotografo sportivo negli anni ‘50 – a rani, è quello di onorare quei professionisti del fotogiornali“lanciarlo” nel mondo della foto sportiva, dove il giovane si fa smo sportivo italiano che ogni anno contribuiscono a diffonsubito notare, impegnandosi oltre che nel calcio (4 Mondiali dere l’arte della fotografia sportiva in Europa e nel mondo. al suo attivo) nell’atletica leggera e negli sport della neve. Alla ribalta quest’anno due noti fotocronisti Senza tralasciare il ciclismo, il nuoto e altre dallo stesso cognome; due Colombo, che discipline (ha partecipato a 3 Olimpiadi estirispondono al nome di Ercole, il primo, e di ve e a 4 invernali) dove il sacrificio e la fatica Quarta edizione degli atleti hanno trovato plasticità e vita nei Giancarlo, il secondo. Ercole Colombo, nato a pochi passi dall’autosuoi scatti. Nel 1996, una sua immagine scatdel Premio dromo di Monza, non ha avuto difficoltà ad tata nel corso delle Olimpiadi di Atlanta è Omega creato abbinare la “passionaccia” ai bolidi di F1. I stata eletta dalla rivista Runners World come suoi “scatti da pool position” - così Liverani una delle 10 foto migliori dell’anno. Definito da Vito Liverani definisce le sue opere - gli hanno fatto tagliadal suo maestro uno “stacanovista idealista”, re il traguardo (primo fotografo al mondo!) del 500° Gran ha un sogno nel cassetto: creare una scuola di fotografia in Premio in F1. Colombo, nel corso della sua lunga carriera ha Kenia, paese che ha iniziato ad amare dopo un viaggio di firmato, per la parte fotografica, numerosi libri sul fantastico lavoro. mondo delle “quattro ruote”, partecipando a mostre nazionaLa storia del premio, ideato ed organizzato da Vito Liverani, li e internazionali e ricevendo importanti riconoscimenti. Tra inizia nel 2000. La prima edizione riconobbe in Cesare un impegno e l’altro ha trovato anche il tempo di puntare Galimberti, attento professionista di ogni scenario agonistico, l’obiettivo sullo sci alpino, altra sua grande passione, parteciil “fotocronista sportivo dell’anno”. Nel 2001 a ricevere il pando con la macchina a tracolla, dal 1980 al 1991, a tutte le premio fu invece Luca Bruno, reporter giramondo dell’Assogare della Coppa del mondo e dei Campionati mondiali. ciated Press, “nato per fotografare”; mentre nel 2002 il premio Giancarlo Colombo, comasco, classe 1959, ha iniziato la Omega Fotocronache andò a Carlo Borlenghi, straordinario professione negli anni ‘80 occupandosi di calcio minore, “fotografo del mare”. Ordine/Tabloid ORDINE - TABLOID periodico ufficiale del Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia Mensile / Spedizione in a. p. (45%) Comma 20 (lettera B) art. 2 legge n. 662/96 - Filiale di Milano Collegio dei revisori dei conti Alberto Comuzzi (presidente), Maurizio Michelini e Giacinto Sarubbi Direttore dell’OgL Elisabetta Graziani Segretaria di redazione Teresa Risé Anno XXXIV - Numero 4, aprile 2004 Realizzazione grafica: Grafica Torri Srl (coordinamento Franco Malaguti, Marco Micci) Direttore responsabile Condirettore Stampa Stem Editoriale S.p.A. Via Brescia, 22 - 20063 Cernusco sul Naviglio (Mi) FRANCO ABRUZZO BRUNO AMBROSI Direzione, redazione, amministrazione Via Appiani, 2 - 20121 Milano Tel. 02/ 63.61.171 - Telefax 02/ 65.54.307 Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia Franco Abruzzo presidente; Brunello Tanzi vicepresidente; Sergio D’Asnasch consigliere segretario; Davide Colombo consigliere tesoriere. Consiglieri: Bruno Ambrosi,Letizia Gonzales, Liviana Nemes Fezzi, Cosma Damiano Nigro, Paola Pastacaldi Registrazione n. 213 del 26 maggio 1970 presso il Tribunale di Milano. Testata iscritta al n. 6197 del Registro degli Operatori di Comunicazione (ROC) Comunicazione e Pubblicità Comunicazioni giornalistiche Advercoop Via G.C.Venini, 46 - 20127 Milano Tel. 02/ 261.49.005 - Fax 02/ 289.34.08 La tiratura di questo numero è di 23.296 copie Chiuso in redazione il 28 marzo 2004 29 (33) UNA MOSTRA E UN CONVEGNO ALLA TRIENNALE M O S T R E Città infinita dai grandi spaesamenti, crogiolo di razze e civiltà, di arti e mestieri, d’industria e d’ingegno, l’antica Mediolanum, “terra di mezzo”, s’interroga sui destini di oggi e sulle rotte di domani, sulla morte e la nascita delle élite, sulla sua capacità di reagire alle nuove sfide mondiali Milano, città Megalopoli del pensiero di mezzo Oltre i confini delle identità Le immagini della mostra, nelle fotografie di Uliano Lucas, sono riprese dal catalogo edito dalla Bruno Mondadori. di Fabrizio de Marinis Milano città di mezzo. Mediolanum, appunto, come gli antichi romani l’avevano chiamata, perché al centro di mille culture, traffici, commerci, idee e cambiamenti. Venezia di terra, come amava chiamarla, a ragione, Stendhal, quando era attraversata dai suoi tanti navigli. Città infinita, citta scomposta, città regione, città metropolitana, città stato, città policentrica. Quale identità? Milano si è interrogata, il 3 marzo scorso, alla Triennale di Milano, nel convegno a cura di Aldo Bonomi e Luca Molinari, con la collaborazione della Fondazione Corriere Della Sera, nell’ambito della Mostra, La città infinita, a cura, sempre, di Aldo Bonomi e di Alberto Abruzzese. Rinterpretare la città e le sue mille identità, leggere attraverso il grande labirinto metropolitano che, oramai, si estende fino a Varese, a Pavia, a Bergamo e a Brescia. Milano sta cambiando eppure in pochi sembrano accorgersene. Grandi cantieri cingono la cintura esterna della città. Una lenta, confusa metamorfosi è in corso Nuove, importanti opere stanno prendendo vita, altri concorsi per altre opere importanti si stanno svolgendo in questi mesi. Nuovi quartieri residenziali, la più grande Fiera espositiva del mondo, parchi, musei, infrastrutture, nuove sedi istituzionali stanno sorgendo o sono in fase di progettazione e condizioneranno sensibilmente il nuovo volto della città. Una lenta, confusa metamorfosi è in corso, di cui è ancora difficile cogliere i confini, ma di cui è fondamentale, oggi, parlare. E così Aldo Bonomi, sociologo valtellinese, ha descritto i territori oltre i confini della megalopoli, “Nei quali – ha detto – non si può più parlare di Grande Milano per un’area che va fino a Bergamo, Brescia e Varese”. “Oggi città come Lecco, Como, Monza sono mangiate dalla metropoli e a loro volta la mangiano”. Un’area a nord e a nord-est di Milano popolata da oltre 4 milioni di persone colpita dai mali della modernità e della crescita disordinata: perdita di tradizioni, alienazione, spaesamento. “Una città infinita che va da Varese a Bergamo – continua Bonomi – dove ci si inoltra in quel groviglio di paesi, capannoni, villette, palazzi, strade e automobili senza soluzione di continuità. Luoghi delimitati da cartelli stradali in azzurro o in lumbard. Qui, ed è il nocciolo della questione, l’uomo si perde man mano che la metropoli avanza di comune in comune, producendo un effetto di spaesamento: gli abitanti rimangono senza paese, senza identità”. Di città che dorme ha parlato Gillo Dorfles, professore emerito, città ferita nella sua identità da un’ignavia pericolosa mentre le altre grandi capitali europee crescono, si ramificano razionalmente. “È colpa delle amministrazioni o di una crisi di identità epocale?”. Diversi i tempi quando il suo assessore al territorio e alle acque era Leonardo da Vinci. La Milano rinascimentale e quella del grande coraggio della borghesia imprenditoriale dell’Ottocento e dei primi del Nove- 30 (34) ha parlato Bruno Ermolli insieme alle grandi politiche di rilancio della piccola e media industria di cui questo nuovo tessuto metropolitano è composta, “dei compiti imprescindibili dai quali i soggetti politici e amministrativi non possono sottrarsi avendo l’obbligo di trasformarsi in realtà di stimolo e di coinvolgimento dei grandi flussi d’integrazione”. Già, perché il 20% dei cittadini residenti a Milano è composto da stranieri, quindi quasi un milione di persone, parla un’altra lingua, ha altre sensibilità, cerca di integrarsi e forse è respinta. Della Milano capitale della moda e del design, ma anche dell’industria diffusa ha parlato il sindaco Gabriele Alberini, sottolineando le grandi dinamiche globalizzanti che interessano la città inserita nei grandi flussi internazionali, sia nella produzione che nell’innovazione. C’è poi la Città degli Studi, dove convivono 7 università e oltre 200 mila studenti provenienti da 12 regioni, un universo in movimento ed in crescita costante, che interagisce con gli atenei di tutto il mondo, e al quale occorre prestare grande attenzione. Di governance dei grandi flussi culturali, inclusi quindi i grandi contenitori museali, i centri di ricerca, le università, i centri studi, i teatri e le fiere hanno parlato in vari, da Antonio Calabrò a Carlo Tognoli. Dove sono i nuovi principi nella città che cambia? Se lo è chiesto Davide Rampello presidente della Triennale di Milano e padrone di casa, sottolineando la centralità di Milano quale capitale culturale europea, in grado di rappresentare tradizionalmente uno dei grandi centri d’innovazione, da sempre al centro dei flussi culturali d’avanguardia. Spunto di partenza Italo Calvino con le sue “Città invisibili” cento, dove è finita? “Milano soffre di una pericolosa involuzione culturale – riflette Dorfles – ed è tempo di svegliarsi, prima che sia troppo tardi. Lo deve fare innanzitutto il governo, con progetti coraggiosi, come accade in Francia e in Spagna. Poi l’amministrazione comunale e regionale. Ma bisogna sbrigarsi, prima che i grandi flussi culturali che la nuova Europa ha messo in moto, vadano altrove. l 20% dei cittadini residenti a Milano è composto da stranieri Composite le cifre della città che comunque vanta all’appello le sedi di oltre 500 multinazionali, composita piattaforma a cavallo dell’Europa e del Mediterraneo. Ne Milano città storica delle èlite, fucina di idee e di nuove identità politiche ed epocali. Ne ha parlato Stefano Folli, direttore del Corriere della Sera, che ha ricordato come Milano fin dalla fase preunitaria ha rappresentato un polo importantissimo per la storia del pensiero nazionale. Non si può ignorare Cattaneo, i grandi moti risorgimentali, la fase postunitaria, il fascismo, la resistenza, fino alla recente nascita della Lega e del nuovo pensiero federalista. Non potevano mancare i grandi architetti come Vittorio Gregotti e David Chiperfield che hanno esposto le grandi contraddizioni di una città che non è metropoli mentre in molti casi si avvia a diventare megalopoli. “Si tratta di una città stato, regione ampia e articolata – ha detto Alberto Abruzzese, sociologo e, come accennato curatore e ideatore della mostra insieme ad Aldo Bonomi – tradizionalmente legata alla cultura del pensare, del fare e del produrre. Nella mostra abbiamo voluto trasformare le immagini classiche dell’architettura e dell’urbanistica in vere e proprie fotografie, leggibili perciò da chiunque, senza la necessità di aver studiato sociologia o architettura”. Spunto di partenza di ogni riflessione è stato Italo Calvino con le sue “Città invisibili”. In particolare Zemrude dove “è l’umore di chi la guarda che dà a questa città la sua forma”. ORDINE 4 2004 IL PIÙ BEL QUOTIDIANO ONLINE DELL’EDITORIA ITALIANA ALL’OTTOBRE 2000 AL FEBBRAIO 2004 di Olga Piscitelli 24 ottobre 2000, nasce il Nuovo.it. Il Nuovo.it nasce nel Duemila, sull’onda di una “bolla” internettiana che molti, all’epoca, credono destinata a durare e a modificare l’intera economia globale. Sergio Luciano, primo direttore e, in parte, editore del quotidiano on line, manda in rete il giornale, con un click, la sera del 24 ottobre. A finanziarlo c’è un gruppo emergente dell’imprenditoria italiana, quello di e.biscom gestito da Enrico Micheli e Silvio Scaglia. L’azienda da poco si è assunta l’impegno di cablare le principali città italiane per portare nelle case, e soprattutto nelle aziende, un collegamento internet e telefonico veloce e stabile. L’idea base è semplice: e.biscom porta il collegamento di rete, e a quello intende aggiungere “contenuti qualificati”. Il giornale dovrà essere, nelle intenzioni dei suoi finanziatori, l’apripista di un intero mondo virtuale targato Fastweb. Non a caso precorre in parte i tempi: sviluppa un settore di video-informazione quanto mai ambizioso, per un target che, in attesa della Rete veloce, ancora fatica a scaricare i contenuti in tempi ragionevoli. L’essere in anticipo sui tempi sarà in parte una delle ragioni del suo declino, ma anche uno dei punti di forza del suo iniziale successo. Il Nuovo, infatti, primo e unico esperimento di quotidiano on-line indipendente nei contenuti e nella forma (non è espressione di alcun foglio “cartaceo” come i suoi principali concorrenti), rappresenta da subito un’innovazione ghiotta sia per gli amanti della Grande Rete che per quelli dell’informazione “all news”. Il successo, nei primi mesi di vita, supera le aspettative. La soglia di “page wiew”, ovvero di pagine viste da ciascun lettore, e di singoli utenti, che i fondatori si erano prefissi, viene superata quasi subito. Il Nuovo registra circa un milione di “pagine viste” al giorno con punte che supereranno i due milioni di fronte ai principali avvenimenti di cronaca. La formula, d’altronde, appare subito vincente: il Nuovo si presenta con stilemi grafici e contenutistici del tutto simili a quelli di un quotidiano cartaceo, evitando al lettore la fatica di imparare un “nuovo linguaggio”, e facendo leva su modalità familiari al pubblico dell’informazione. Ma le modalità di gestione delle news sono del tutto innovative: il quotidiano aggiorna in tempi reali, permette approfondimenti su ogni singolo contenuto riportato, offre un panorama di notizie che vanno dalla cronaca agli spettacoli. Ammicca a contenuti più “leggeri” come la cronaca rosa, ma senza dimenticare l’informazione più stringente. E offre un cahier di grandi firme per commentare i fatti del giorno. È semplice da consultare, pratico da gestire sul monitor, veloce nell’interpretare i desideri dei lettori. In redazione lavorano almeno 40 giornalisti, oltre a grafici e tecnici. L’avventura di “ilNuovo.it” da Micheli-Scaglia a Crespi La cronaca in tempo reale: il G8 Il 2001 è l’anno del suo maggior splendore. In occasione degli avvenimenti concitati e confusi legati al G8 di Genova mostra tutte le proprie potenzialità: aggiorna in tempo reale come una trasmissione televisiva in diretta, ma nello stesso tempo fornisce commenti, approfondimenti, e chiavi interpretative della cronaca. È il primo a dare la drammatica notizia della morte di Carlo Giuliani. La performance farà scuola: da allora, tutti i principali avvenimenti di cronaca verranno seguiti in Rete allo stesso modo. I lettori, con un altissimo numero di page view realizzato, mostreranno di gradire la novità. Nel frattempo, però, mentre il giornale registra successi editoriali, il mondo della new economy che lo sostiene segna il passo: la raccolta pubblicitaria è decisamente inferiore alle necessità, e la bolla speculativa è ormai agli sgoccioli. Il quotidiano paga una gestione imprenditoriale forse discutibile, nella quale gli sforzi per sostenerlo finanziariamente mostrano la corda: manca un’adeguata struttura di marketing, così come una rete efficace per la raccolta pubblicitaria. Per raccogliere liquidità il direttore-editore tenta la strada della fornitura di contenuti a terzi. L’effetto, tra i giornalisti, è dirompente. Il corpo redazionale si disgrega, e il giornale perde mordente. La crisi dopo l’11 settembre 2002 La congiuntura economica, intanto, complice l’11 settembre, precipita. Agli inizi del 2002 è già chiaro che per gli imprenditori di riferimento, Silvio Scaglia e Enrico Micheli, il Nuovo rappresenta ormai un problema. Da una parte una certa miopia imprenditoriale che ne impedisce di sfruttare a pieno le potenzialità, dall’altra la continua carenza di entrate dovute alla scarsa raccolta pubblicitaria, ne hanno resa problematica la gestione. Cominciano le trattative per una cessione, e, proprio in quest’ottica, la redazione subisce il primo “dimagrimento”. Otto redattori, l’intera area video, certamente la più specializzata ma anche quella che paga di più lo scotto di essere in anticipo sui tempi, abbandona il giornale con un incentivo economico. È il giugno del 2002. Poco dopo, nel settembre di quell’anno, viene alla luce il nome del nuovo acquirente: è Luigi Crespi, patron di Hdc, la holding della comunicazione che negli ultimi anni ha messo a segno diverse acquisizioni strategiche realizzando il più grande polo italiano legato ai sondaggi d’opinione. Hdc ha obiettivi ambiziosi: dovrà andare a quotarsi in Borsa entro il 2003, e tende ad allargare il proprio portafoglio di aziende aprendosi alle diverse branche della comunicazione. I timori dei giornalisti, che la cessione possa risultare solo una “liquidazione mascherata da vendita” vengono fugati dalle affermazioni pubbliche del direttore e del nuovo acquirente secondo i quali il Nuovo verrà ceduto con una sostanziosa dote economica: tre milioni di euro, che dovranno servire a sostenerne il rilancio. Inoltre vecchio e ORDINE 4 2004 nuovo editore, sottoscrivono davanti ai rappresentanti sindacali di categoria un patto “blindato”, in cui si assicura il turnover, si garantisce l’assunzione a tempo indeterminato delle molte figure che il giornale aveva inopinatamente assunto con forme contrattuali inadeguate alle mansioni effettivamente svolte. Il passaggio ad Hdc, la holding della comunicazione di Luigi Crespi Il passaggio avviene il primo gennaio del 2003, il nuovo direttore è Andrea Marini, giornalista e manager di Hdc. Il vicedirettore Pierluigi Vercesi abbandona il giornale pur restando come consulente editoriale. Il direttore Sergio Luciano entrerà a far parte del consiglio di amministrazione della società che lo edita, Hdc Multimedia. La redazione ha ormai alle spalle due anni di faticoso “start up”, che non ha mai trovato un vero assestamento “a regime”. Reggere l’aggiornamento continuo e frenetico delle news, dalle sei del mattino fino all’una della notte, è un impegno che contribuisce a sfiancare le risorse umane, costrette anche a onorare i contratti di fornitura a terzi stipulati sull’onda della necessità di liquidità. La “nuova stagione” promessa da Crespi non arriverà mai. Le finanze di Hdc mostrano subito la corda: nei primi tre mesi vengono arbitrariamente ridotti i ticket pasto ai dipendenti, chiesti nuovi sacrifici alla redazione. Nel marzo di quell’anno l’editore straccia il patto sindacale siglato solo tre mesi prima: chi va via non viene sostituito, i contratti a termine e di collaborazione coordinata restano come unico inquadramento possibile, pur in presenza di un rischio concreto di violazioni delle norme contrattuali. La redazione si riduce nel numero e nella capacità di azione e il giornale ne risente. Nonostante questo, non perde lettori, a dimostrazione che il Nuovo è stata e può essere una reale risposta alle nuove necessità del mercato e degli utenti dell’informazione. Ma le sorti del quotidiano non saranno di fatto decise da problematiche legate al mondo delle news. Per il gruppo di Luigi Crespi, infatti, la debacle è ormai vicina. A giugno di quell’anno la Popolare di Lodi, principale finanziatore che detiene in pegno le quote azionarie dell’intera holding, chiede il rientro delle esposizioni. Crespi tenta una mediazione, coinvolgendo la redazione in una trattativa della quale meccanismi e modalità resteranno in gran parte oscuri e ambigui. Sull’onda delle difficoltà finanziarie dell’intero gruppo, anche il giornale segna il passo. Marini abbandona la direzione ad agosto, e nel settembre di quell’anno Pierluigi Vercesi, l’ex vicedirettore, diventa presidente di Hdc Multimedia promettendo un nuovo rilancio che passa attraverso un progetto di portale on-line. Luca Ferraiolo e Paolo Pagani, tra i fondatori del quotidiano, ne diventano direttori. Dureranno pochissimo. A ottobre di quell’anno, infatti, Vercesi abbandona il proprio posto mancando alle promesse di rilancio fatte alla redazione solo qualche mese prima. I due nuovi direttori verranno licenziati in tronco dall’editore senza sostanziali spiegazioni sulle cause che lo hanno condotto a un gesto così estremo. Il nuovo direttore, Marco Del Freo, amico personale di Luigi Crespi, gestirà l’ultima e più concitata fase del giornale, che segue le sorti dell’intero gruppo. A fine novembre, infatti, Luigi Crespi chiede di incontrare ufficialmente l’assemblea di redazione per annunciare il proprio ritiro. Secondo le sue stesse affermazioni la Banca avrebbe siglato un patto per assumersi l’onere della gestione delle sue aziende, e quello del ripianamento dei debiti del gruppo. L’intera holding, e il Nuovo con lei, diventa proprietà di una società creata ad hoc, denominata Alfa-Jota. Si attende un azzeramento dei debiti che non arriverà mai. Inizia il periodo più oscuro della storia del giornale: Fastweb, responsabile della messa in Rete, che reclama crediti per milioni di euro, stacca la spina. I giornalisti perdono in questo modo il proprio sistema editoriale, l’intero archivio di tre anni di attività, e la possibilità di accedere alle mail, principale strumento di lavoro. Sono costretti a ripiegare su un sistema di fortuna, realizzato in pochi giorni, del tutto inadeguato per esprimere le potenzialità della redazione, e graficamente povero. E iniziano anche gli scontri legali. Crespi accusa Fastweb, e di riflesso e.biscom, di avergli ceduto il giornale costringendolo ad accettare norme contrattuali vessatorie. Del Freo abbandona la direzione il 22 dicembre, e il quotidiano resta sostanzialmente decapitato. L’ultima battaglia in nome della libertà di stampa Per oltre un mese andrà on-line in palese violazione delle norme sulla stampa, senza la firma di un direttore responsabile. Nel frattempo, a gennaio del 2004, anche l’Ansa, mai pagata durante la gestione Crespi per la fornitura delle news, stacca il servizio. I debiti mai onorati dall’editore, si scoprirà in quei giorni, sono tanti, tantissimi. La situazione precipita seguendo le sorti dell’intera holding. I giornalisti con contratto a termine vedono scadere i propri contratti senza un direttore del personale che ne gestisca le esigenze. Lo stesso Crespi, addirittura il primo gennaio del 2004, si presenterà in redazione per “licenziare” personalmente giornalisti che lavoravano al quotidiano fin dalle sue origini. Solo un mese dopo, ai primi di febbraio, viene regolarmente nominato un nuovo amministratore di Hdc Multimedia (al posto del dimissionario fratello di Luigi, Ambrogio Crespi). È Roberto Antonelli, commercialista milanese. Le trattative per un tentativo di vendita non vanno in porto: da una parte il legame economico con la holding impongono liason contabili che ne rendono complicata la separazione. Dall’altra chi si propone come acquirente non sembra, a giudizio dei nuovi editori, possedere la necessaria solidità finanziaria per gestire attività e dipendenti. A fine febbraio Antonelli viene nominato liquidatore e annuncia l’intenzione di avviare le istanze di fallimento. Della dote di tre milioni di euro che avrebbe dovuto accompagnare un giornale che, invece, viene costretto alla chiusura in appena dieci mesi, non si sa nulla. Altrettanto vale per il patto che Crespi annuncia di aver firmato con la Popolare di Lodi e che doveva portare al ripianamento dei debiti. L’intera vicenda si avvia a cercare una soluzione tra le aule dei tribunali. Il 29 febbraio 2004 è l’ultimo giorno di vita di www.ilnuovo.it. 31 (35) Vercellese, nato nel 1929, è sacerdote del Pontificio istituto missioni estere del 1953. È uno dei 16.000 italiani, tra uomini e donne, impegnati tra Africa, Americhe, Asia e Oceania per aiutare i disperati della Terra. Ha scritto decine di libri sui problemi del Terzo Mondo e sulle opere missionarie. M E M O R I A Padre Piero Gheddo di Lino Pellegrini Come voi ben sapete, amici lettori, per leggere tutto ciò che noi vorremmo finisce per mancarci il tempo. Di conseguenza, quando ho avuto tra le mani il libro di padre Piero Gheddo Missionario – Un pensiero al giorno (ed. Piemme), con 621 pagine di testo, mi sono chiesto come avrei fatto a leggerlo, quel volumone. Invece, ha vinto lui, almeno per cinque ragioni. Prima: perché ci dona l’ubiquità. Seconda: perché “un pensiero al giorno” significa proprio un capitoletto per ogni giorno dell’anno, dunque 365 capitoletti: una brevità che aumenta la leggibilità. Terza: perché racconta numerose vicende personali, non di rado allucinanti. Quarta: perché vicende, ambienti, personaggi vengono sempre collegati al cattolicesimo, stimolando il lettore su quella via. Quinta ragione: la prefazione l’aveva scritta nientemeno che Indro Montanelli: vuol dire che dall’opera di padre Gheddo era stato “sedotto” anche lui. Raccomandarsi a Dio nelle situazioni di pericolo Padre Gheddo, vercellese, nato nel 1929, è sacerdote del Pontificio istituto missioni estere (Pime) sin dal 1953. Ha diretto importanti riviste e scritto decine di libri, ciò che conferisce alla sua prosa uno stile giornalistico. Ad esempio, ecco padre Gheddo dormire in una missione dell’Amazzonia, creata su palafitte. D’improvviso ode un rumore, un respirare, un raspare, prodotti certo da un animale non piccolo. Padre Gheddo non vede, si allarma, urla. Arriva subito un altro missionario, il quale gli spiega che si tratta di un serpente. Tutti ce l’hanno, quel rettile, sul tetto della casa. Ed è utile, anzi prezioso, perché di notte va a caccia di topi… Commenta padre Gheddo: “Non sempre nella vita i pericoli che affrontiamo sono sempre così fasulli, ma, in tutte le situazioni difficili, due le cose da fare: mantenere la calma, e raccomandarsi a Dio con la preghiera”. Quanti sono i missionari italiani nel mondo? Sui 16.000, donne e uomini, distribuiti tra Africa, Americhe, Asia, Oceania. Infatti, nel corso dei miei viaggi ne ho incontrati un po’ dappertutto e ne ho ricevuto consigli e aiuti preziosi. Fra l’altro conobbi, in Uganda, don Vittorio Pastori, varesotto, il quale faceva, per gli indigeni affamati, assai più di quanto facesse per sé; ma al momento del nostro incontro, a don Vittorio non era ancora capitato quanto segue. “Una volta, in una imboscata di banditi, è colpito da una sventagliata di mitra che lo sforacchia e gli lascia schegge in tutto il corpo; negli aeroporti, il “metal detector” rivelava in lui la presenza di metalli che i poliziotti non riuscivano a scoprire!” (Io, qui, di punti esclamativi ne avrei messi tre…). “Non criminalizziamo la colonizzazione europea” Il volume di padre Gheddo si caratterizza anche per la sua obiettività. Chi non conosca l’Africa, scivola facilmente nel luogo comune del colonialismo uguale a feroce tirannide. Chi, invece, come padre Gheddo, la conosca a fondo, ecco come si esprime: “Non demonizziamo la colonizzazione europea dell’Africa. Noi europei abbiamo senza dubbio commesso molti crimini nei confronti dei popoli africani, ma con la conquista europea, l’Africa ha fatto un salto di secoli, passando dall’età della pietra e del ferro all’epoca moderna. Il colonialismo ha portato in Africa la scuola, la medicina moderna, i diritti dell’uomo e della donna, le strade, l’industria, l’auto, l’aereo, eccetera”. E, quanto all’apartheid, anche qui niente luoghi comuni. “Non sono fra 32 (36) Un missionario controcorrente quelli – scrive padre Gheddo – che demonizzano i bianchi sudafricani, anzi mi sono sforzato di capirli: l’apartheid è frutto della storia e della cultura dei boeri, che dovevano difendersi dai colonizzatori inglesi da un lato e dalle tribù guerriere africane dall’altro… [il Sud Africa] è l’unico o uno dei pochi Paesi africani in cui i neri sono istruiti, ci sono più laureati neri in Sud Africa che in tutto il resto dell’Africa nera”. A mia volta, aggiungo. Di recente, all’Asmara, un eritreo purissimo mi ha detto: “Quando sento parlare italiano, sto bene per tutto il giorno”. E, quanto a rifiuto del conformismo, padre Gheddo non scherza nemmeno con Cuba. Lo dimostra il capitolo intitolato così: “A Cuba ho capito perché il comunismo rende l’uomo meno uomo”. Opera missionaria: come dire, dedizione, altruismo, pietà, sacrificio di sé medesimi per il bene altrui e, non di rado, autentico eroismo. Suore talmente generose che un sindaco pakistano, ovviamente islamico, le vorrebbe presso di sé. Il celeberrimo Marcello Candia, che rinuncia alla ricchezza in Italia per dedicarsi agli affamati e ai lebbrosi dell’Amazzonia, dove morirà. Missionari nostri che finiscono ammazzati: vedi il recente assassinio dell’ambasciatore del Papa in Burundi. E Madre Teresa di Calcutta, che, nella sua “Casa per i morenti abbandonati”, dice: “Qui possono fare una morte da uomini sentirsi amati da qualcuno”. Com’è noto, lei medesima, a Calcutta, spirò. In un altro volume di don Piero Gheddo, Dio viene sul fiume (Ed. Emi), ecco l’incontro con un missionario di Laorca, paese lariano poco lontano da Lecco. Si chiama Augusto Gianola. È nato il 5 novembre 1930. Sin da ragazzo si dimostra vivace, intraprendente. Mangia rane crude. Suona la fisarmonica. Grandicello, scala sia la Grigna sia le Dolomiti. Ha due sorelle suore. E desidera comunicare a tutti l’amore di Dio. Don Giovanni Colombo, futuro cardinale, gli dice: “Vai missionario, perché in diocesi sei troppo fuori dagli schemi”. Partirà par l’Amazzonia brasiliana, via mare, da Genova, il 5 novembre 1963. Un disagio al limite della sopravvivenza In Amazzonia ci sono stato due volte, e vi ho conosciuto indios un tempo avezzi a tagliar la testa ai nemici, e abilissimi nel mummificarle. La personalità di padre Augusto vi si scatena. Perché Dio esiste nella natura vergine: dunque, nell’Amazzonia. Dove, lungo il colossale Rio delle Amazzoni, nonostante il caldo bestia padre Augusto si ambienta subito. Per esempio, se la fa con un serpente boa. Uccide un tapiro; ma la carcassa gli si putrefà subito ma lui la bolle e la mangia ugualmente. Definisce “semoventi” i macachi morti, causa le migliaia di vermi che vi pullulano; ma a quanto pare, quei vermi non lo nauseano affatto. Se i bimbi caboclos (i meticci della foresta) gli sputano nel piatto, lui non se ne ha a male. Invece, deve talvolta combattere contro gli scorpioni con la coda avvelenata, contro interi popoli di feroci formiche, e, quando nuota, contro le sanguisughe, numerosissime, insaziabili. Peggio, mentre provvede alle sue necessità fisiologiche, non può non subire l’attacco diabolico di stormi di zanzare e di miriadi di insettacci. Intanto si becca la malaria, febbre a 40 gradi. Di quando in quando, negli eremitaggi, deve soffrire la fame. Lui, alto un metro e 90, finisce per pesare 74 chili! Ma la fama del missionario che, per diffondere il verbo di Dio, aveva scelto la via del disagio sino al limite della sopravvivenza, si era sparsa ampiamente. Gruppi di indigeni andavano a visitarlo, via fiume. E venne gente dall’Europa, ad esempio il famoso scalatore Carlo Mauri, suo vecchio amico e compagno di Grigna; nonché - quasi incredibile a dirsi il più celebre violinista del mondo, Ugo Ughi! Padre Angusto cerca dovunque, Dio. E cerca di diffondere il concetto di Dio fra i suoi caboclos. Concetto non facile, se si pensa che i caboclos di quella “parrocchia senza confini” vivono soltanto di pesca, non coltivano, ignorano la scrittura e vanno pressoché nudi. Eppure il missionario lariano riesce ugualmente nel suo intento. E crea altari accumulando qualche cassetta. La sua prima chiesa sarà di paglia; più tardi si arriverà alla chiesetta in muratura. E i caboclos affluiscono, partecipano. Partecipano, anche perché padre Augusto concede che, durante la celebrazione della Messa, i caboclos eseguano le loro danze tradizionali. Né il missionario lariano si tiene lontano dai lebbrosi, anzi li abbraccia! E viceversa, in comunità dove una donna ha quindici figli e, un’altra ventisei, respinge con violenza una ragazza che vorrebbe diventar sua moglie. Poi, su e giù fra Brasile e Italia. Qui, medici specialisti gli diagnosticano... la lebbra. Segue una forma di cancro al cervello. All’ospedale San Raffaele di Milano lo operano tre volte. Lebbroso, morrà di cancro il 24 luglio 1990, nella casa di un fratello, a Laorca. Al corteo funebre, la bara verrà portata dagli alpinisti della Grigna. Commenti? Scrive padre Gheddo anche lui superamazzonico: “Caratteristica sua fondamentale era la ricerca di Dio e l’amore alla gente. Per i caboclos era straordinario. Vengono a dirmi: “Noi vogliamo uno come padre Augusto”. Quell’amore e attenzione alla gente ce li aveva solo lui. Anche dopo aver trascorso, in Amazzonia, ventisette anni. Padre Gheddo? Eccolo di nuovo alla ribalta, col volume Davide e Golia (ed. San Paolo). Tema fondamentale: la globalizzazione. Caspita, solo a citarla c’è da sudar freddo. E invece, leggendo Davide e Golia riusciamo a interpretarla come una prospettiva umana. Buona? Cattiva? “Se il Papa continua a ripetere che, in sé la globalizzazione non è né buona né cattiva ma dipende dall’uso che se ne fa, perché mai i cattolici devono insistere a vederne sempre e soltanto il male?” Padre Gheddo marcia, dunque controcorrente. A suo avviso, infatti la globalizzazione non è un semplice fenomeno economico-commerciale, ma qualcosa che “riguarda tutti gli aspetti della vita umana: economia, cultura, turismo, informazione, politica, diritto, lavoro, produzione industriale e agricola, divertimento, sport, persino la religione”. Dunque, tutto bene? Nossignore: e qui padre Gheddo accetta alcune critiche, dimostrandosi super partes. In altre parole, la globalizzazione non deve limitarsi a proclamare la distribuzione del benessere, ma “deve educare i popoli a produrre il proprio benessere”. Un’affermazione che si identifica col Cristianesimo. Tutto il mondo occidentale ha matrice cristiana Quale missionario mondiale, padre Gheddo ha infatti le idee ben chiare. Una volta, a Nuova Delhi, il pandit Nehru gli disse: “Perché mai l’India ha ricevuto tutto il suo progresso dall’Occidente, dopo esser stata bloccata per migliaia d’anni?” La risposta fa la seguente: “Tutto il mondo moderno è stato portato in Asia, Africa, Americhe, Oceania, da popoli di cultura e di tradizioni cristiane”. Dunque, anche questa una forma di globalizzazione; l’unificazione dell’umanità equivale al diffondersi dei valori evangelici. Esistono movimenti che puntano all’integrazione dei popoli. Il Papa parla di “comunità mondiale” e di “mondo più unito” Forseché l’avvento dell’euro non gli dà vigorosamente ragione? Ma, non sempre Il Cristianesimo e l’occidentalizzazione hanno raggiunto adeguatamente determinate zone. Vedansi, ad esempio, alcuni Paesi sottosviluppati. Qui, l’analfabetismo domina. E la mancanza di cultura impedisce il progresso. In Italia, si producono dai 70 agli 85 quintali di riso all’ettaro; nell’Africa tradizionale, dai 4 ai 5 quintali. ORDINE 4 2004 Papà Giovanni Gheddo con mamma Rosetta e i figli Franco, Mario e Piero (quest’ultimo sarebbe divenuto il famoso missionario scrittore). a farsi pubblicare dal quotidiano cattolico Avvenire i suoi servizi sui massacri perpetrati la Cambogia dagli khmer rossi; dovette sintetizzare il tutto - la dico grossa - in una “lettera al Direttore”! Un motivo, questo, per cui a padre Gheddo “fa male” quando vede che anche una parte della stampa cattolica non ha il coraggio di andare controcorrente. E, invece, Giovanni Paolo II dice: “La crescita economica dev’essere un’equa collaborazione fra politica ed economia”. Si può parlare col papà, svanito nell’Urss una sessantina d’anni or sono? Si può, stavolta con la magia (volume Il testamento del capitano (ed. San Paolo). Appunto, padre Gheddo riesce a parlare col padre, e ci riesce così bene che va a finire che con quel padre ci conversiamo anche noi. Sconfiggere gli egoismi e produrre il benessere L’ignoranza fa pensare a non pochi contadini che l’aratro danneggia la terra! Fra i popoli sottosviluppati, la globalizzazione del Cristianesimo deve operare anche sotto il profilo morale, ad esempio puntando contro la corruzione. Esempio tipico, nella Guinea (Africa occidentale). Gli svedesi vi costruiscono una strada lastricata; poi, decenni dopo, la strada va a pezzi. Gli svedesi dicono: “Veniamo noi a ripararvela, paghiamo tutto noi”. I guineani rispondono: “Dateci i soldi, e la ripareremo noi”. Oppure, noi pensiamo che certe stragi erano state favorite dalle armi vendute da noi, ma dimentichiamo che fior d’armi moderne sono state vendute dal Sud Africa di Nelson Mandela e che, in Ruanda, Burundi, Congo (ex Zaire), gli eccidi sono stati perpetrati semplicemente con armi bianche, come se la preistoria sopravvivesse. Demonizzare la globalizzazione significa dunque esser fuori della storia. Occorre sconfiggere l’egoismo, questo sì, ma contemporaneamente educare i popoli a “produrre il proprio benessere”. “Educare” significa anche “persuadere”. Ad esempio, la popolazione africana è salita, dal 1960 ad oggi, da 250 ad 800 milioni di abitanti, sicuro, si è più che triplicata, nonostante siccità, guerre, carestie, epidemie; ebbene, l’”educazione” dovrebbe anche “persuadere” a limitare i rapporti sessuali. Ciò che è difficile, perché un poveraccio altri piaceri che quelli del sesso, non ha. La cristianizzazione di buona parte del mondo deve quindi mirare al progresso dell’umanità, anche facendo conoscere al grande pubblico le lacune, i difetti, le ferite dei sottosviluppati. Ovvio? Nossignore: padre Gheddo non riuscì Padre Augusto Gianola benedice un bimbo amazzonico. L’altare è stato creato sovrapponendo alcuni recipienti di latta. “Il testamento del capitano” e “La missione continua” Don Piero è figlio di un geometra, Giovanni, cattolicissimo. Giovanni si sposò, nel 1928, con Rosetta Franzoni, la quale gli diede tre figli, ma morì ancor giovane. La scomparsa di Rosetta costituì, per Giovanni, una tortura perenne. Lo dimostra, fra l’altro, attraverso le sue lettere. Nel volume Il testamento del capitano padre Gheddo comincia con lettere del padre, che con la guerra e con I’Urss nulla hanno a che vedere, ma che dimostrano il carattere del mittente. A questo punto, la magia. Dopo ciascuna lettera di suo padre alla famiglia, padre Gheddo fa seguire - da grande scrittore – un suo commento personale, commento che a noi lettori appare come una risposta, come se lui col padre conversasse. Va a finire che con quel padre conversiamo anche noi. Con ciò siamo arrivati al punto, ossia al penultimo volume di padre Gheddo, La missione L’ultima lettera del padre dalla Russia Giovanni è alla Scuola centrale di Artiglieria, a Civitavecchia, nonché a Bordighera. Sarà anche sul fronte francese, nel 1940. L’ultima licenza militare, Giovanni l’ebbe nel giugno 1942. Poi, dovrà partire per l’Urss. Sarà capitano di Artiglieria nella Divisione Cosseria. La posta, nonostante guerra e distanze, funziona. Dunque, le lettere continuano. Si direbbe che, una volta raggiunto il fronte sovietico - siamo sul 50° parallelo, presso il fiume Don -, le lettere di Giovanni dovrebbero raccontare soprattutto la guerra. E invece no, forse per il motivo della censura. Giovanni descrive l’Urss come tale. Strade impraticabili (la gente ci dice: “Possibile che voi abbiate strade asfaltate?”), case miserabili, col tetto di paglia. Una di queste case ha una sola entrata: a destra vanno le mucche, a sinistra va il genere umano. Abiti? Non ha visto nessuna donna vestita come l’ultima - l’ultima! - contadina piemontese. E i bimbi vanno nudi. L’acqua non è potabile, bisogna sterilizzarla, dopo di che puzza di naftalina; i russi, invece, la bevono come tale. Purtroppo, dall’estate si passa all’autunno. La temperatura crolla. I sovietici cannoneggiano. Giovanni scrive alla famiglia: “Prego Iddio perché mi faccia ritornare sano e salvo per voi; ci rivedremo nell’autunno 1943, dopo la vittoria”. Ahimè! “Questa - dice padre Gheddo -, l’ultima lettera di papà, del 4 dicembre 1942. Conteneva anche gli auguri per Natale e per Capodanno”. Il 14, comincia I’offensiva sovietica. Una testimonianza sola, ma folgorante, quella del militare Mino Pretti, ORDINE 4 2004 Il capitano Giovanni Gheddo. anche lui della Divisione Cosseria: “Pretti ha raccontato che, il 17 dicembre 1942, papà, che era il suo capitano, non volle andare in ritirata. Al contrario, volle restare con i cannoni e con i feriti intrasportabili; mandò in ritirata lui, Pretti, con i militari sani. Fu in quella circostanza che papà cadde prigioniero dei russi o venne ucciso. Il 17 dicembre, infatti, i russi erano ormai, vicinissimi alle nostre postazioni d’artiglieria. Per la sua decisione - pressoché un suicidio! - di non abbandonare i feriti, papà venne decorato al valore. Ma, proprio da quel giorno, è svanito”. Per meglio inquadrare le lettere del padre nell’atmosfera di guerra, don Piero Gheddo ha arricchito il libro con le testimonianze belliche di scrittori celebri, quali Giulio Bedeschi, Egisto Corradi, Renato Pera, Mario Rigoni Stern ed altri. Inoltre, il volume contiene la prefazione del collega Giorgio Torelli, il quale alle vicende di Giovanni Gheddo si era entusiasmato al punto da esser stato lui a persuadere don Piero a varare il libro, del tutto estraneo al tema missionario. Dimenticata, con ciò la magia? Niente affatto. Ecco qui. Mario, fratello di don Piero, racconta: “Nella notte del 17 dicembre 1942 la nonna Anna ha sentito chiaramente la voce di papà che la chiamava... Papà le diceva in piemontese: Mama, mi möiru, mi möiru”. E don Piero: “Nell’estate 1943 ero nella stanza accanto all’ufficio di papà… Nulla, in quel momento mi richiamava papà, ma, improvvisamente, nel silenzio, sento forte e chiara la sua voce: Piero, Piero! Mi pareva che papà fosse dietro di me, nella stessa stanza dove mi trovavo io”. Ti capisco, don Piero, vi capisco tutti, anche perché nei campi di battaglia dell’Urss mi ci trovavo, assieme a Curzio Malaparte quando vi giunsero i primi soldati nostri. E poi vi capisco anche perché la Russia non di rado è magia. continua (ed. San Paolo). Sua caratteristica fondamentale è quella non soltanto di informare il lettore, ma anche di evidenziare determinati aspetti negativi dell’attività missionaria in generale. Un esempio: in Birmania (oggi Myanmar) i militari arrestano un catechista indigeno; gli dicono che, se lui è cattolico, deve morire in croce, come Cristo; grazie all’intervento di un’autorità superiore, che teme una denuncia pubblica, il catechista se la cava, non senza però pagare una multa. Nelle Filippine nasce il movimento Silsilah (catena), che accomuna cristiani e musulmani; nel 1992 il missionario padre Salvatore Careddo viene trucidato perché torna da una riunione dei Silsilah. Ma ai fatti estremi se ne aggiungono moltissimi altri, i quali hanno, a loro volta, un’importanza fondamentale. Punto chiave: per svolgere l’attività missionaria, cioè per diffondere il Cristianesimo, bisogna anzitutto conoscere e capire la mentalità, gli usi, le tradizioni, della gente locale. Esempi. In Giappone, la vendetta è obbligatoria; quindi, è difficile persuadere al perdono. All’estremo opposto, sempre in Giappone, i cristiani sono meno dell’uno per cento ma, in funzione dell’insaziabile fame nipponica di cultura, qual è il libro più letto? il Vangelo; se ne vende ogni anno sul milione e mezzo di copie. In Tanzania,non manca chi attribuisce le malattie alla potenza di esseri soprannaturali. Dolori? Si va dallo stregone; si ricorre al medico soltanto se lo stregone fallisce ossia in extremis. Dunque il missionario deve comprendere a fondo le culture locali. Ciò che equivale a morire per saper rinascere. L’attività missionaria ebbe inizio, In India, nel 1831; in Cina, nel 1850; in Birmania, nel 1866; in Vietnam, nel 1868; in Giappone, nel 1891; a sud del Sahara, tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX. E in Corea del Sud? Oggigiorno vi si registrano circa 150.000 conversioni l’anno; anche dalle conversioni, cioè dal cambio di mentalità, deriva il prodigioso sviluppo economico e tecnico di quel Paese. Ma il volume di padre Gheddo è importante anche per i suoi spunti negativi (come dicevo poc’anzi). Missione in Angola? Sì, fra le guerre tribali. Padre Gheddo in Cina? Dice Messa in camera d’albergo. Padre Gheddo a Cuba? “Nel 1970 ho sperimentato sei giorni di fermo in un albergo cittadino perché ero entrato nel Paese senza il permesso, quando l’accordo fra Italia e Cuba era il libero scambio di persone e di merci”. Perché mai padre Gheddo ha scritto il suo ultimo volume e perché ha visitato diciassette Paesi in guerra? “Perché tutti gli uomini hanno bisogno di Gesù Cristo”. Padre Gheddo precisa: “Il mio compito è quello di salvare le anime”. Salvarle, a prescindere dai pericoli che quasi sempre incombono sui missionari. Indro Montanelli disse infatti: “Voi siete eroi”. E solo pochi di noi sanno che ogni mese vengono assassinati dai due ai tre missionari! Già, noi non sappiamo; né sappiamo che nessun altro popolo ha dato tanti martiri cristiani come cinesi e vietnamiti. Chiudo con due episodi imprevedibili. Al ritorno da un viaggio in Vietnam, nel corso di un congresso padre Gheddo riferisce quanto di orribile ha visto. Qualcuno lo fischia; il sacerdote “sbandato” David Turoldo gli dice: “…tu sei fuori strada. Anche se quello che dici è vero, non ti rendi conto che danneggi la causa socialista. Ma il socialismo trionferà, perché è l’unica speranza dei poveri”. Quindi, sulle atrocità anticristiane, padre Gheddo avrebbe dovuto tacere. Peggio ancora, il secondo episodio. Quando al condottiero cambogiano Pol Pot venne chiesto durante una conferenza internazionale nello Sri Lanka, perché mai mancassero circa due milioni di cambogiani civili (morti di fame, o ammazzati quali supposti oppositori degli khmer rossi), lui rispose: “Non erano necessari alla costruzione del socialismo”. Ma padre Gheddo continua. Una vocazione, dunque, sublime. ■ 33 (37) DOCUMENTO APPROVATO ALL’UNANIMITÀ PROFESSIONE “Il progetto gravemente dannoso per il pluralismo e la libertà di informazione, giacché mantiene intatto il duopolio Rai-Mediaset” Il Consiglio direttivo dell’Associazione lombarda dei giornalisti, riunito nella sua sede di Milano il 23 febbraio 2004, GUARDA con grande apprensione il progetto di legge sul riassetto radiotelevisivo (la cosiddetta legge Gasparri) in discussione nelle commissioni parlamentari, ancora di più oggi, dopo l’approvazione di un decreto legge (il cosiddetto “decreto salvareti”) che anticipa la filosofia della Gasparri stessa. GIUDICA il progetto gravemente dannoso per il pluralismo e la libertà di informazione, giacché mantiene intatto il duopolio RaiMediaset. In particolare è grave l’insistenza dei promotori della legge di ampliare il perimetro del Sic, il Sistema Integrato delle comunicazioni, comprendendo al suo interno servizi di ogni genere. È bene ricordare che più il numeratore sale e più il limite antitrust è aggirabile. Il mercato italiano, è gravato da un anomalo conflitto di interessi, che verrebbe ancor più esasperato dalla possibilità concessa a Mediaset di fare shopping pubblicitario in Italia, magari annettendosi la raccolta pubblicitaria di Sky o addirittura comprando un gruppo della carta stampata. È grave che le telepromozioni - per qual che riguarda l’affollamento orario - non vengano considerate pubblicità. Per attirare nuovi clienti le telepromozioni hanno un ruolo chiave. Sono infatti le medie aziende quelle attirate da questa forma di pubblicità. Durante il complesso iter della legge Gasparri è stato un emendamento a scorporare le telepromozioni dal tetto dell’affollamento pubblicitario orario, mettendo così fuorigioco un vecchio parere (contrario) del Consiglio di Stato. Già oggi sulle reti Mediaset nelle ore TV/Da Milano un segnale forte e chiaro: il sindacato lombardo contro la “lex Gasparri” di punta, sommando telepromozioni e spot, l’affollamento è stabilmente superiore al 25%. Le televendite, poi, non rientrano in questo conteggio. Il Consiglio direttivo della Alg SEGNALA una singolare coincidenza evidenziata dai dati Nielsen. Nel periodo gennaio-settembre 2003, la raccolta di Publitalia è salita del 2,2%, mentre la raccolta dell’intera carta stampata è calata del 2,2%. L’autorità antitrust presieduta da Giuseppe Tesauro ha annunciato l’estate scorsa un’indagine sulla pubblicità tv che dovrebbe essere in dirittura d’arrivo. Nessun soggetto dovrebbe raccogliere più del 30%, ma Mediaset è già oggi attorno a valori del 35%. Anche l’Authority guidata da Enzo Cheli ha accertato l’esistenza di posizione dominante e ha chiesto misure che riducessero il grado di concentrazione del mercato pubblicitario. In spregio di questi pareri il Parlamento intende varare una legge che minaccia la libertà di stampa e attraverso la concentrazione della pubblicità mette a rischio decine di posti li lavoro. Occorre poi osservare che il piano per il digitale terrestre presenta un effetto collaterale. Fra due anni sono prevedibili otto canali Rai, tre Mediaset, due La 7 e due “ballerini” nel senso che gli investimenti della Tv di Stato permetteranno la trasmissione di altre due reti. La Gasparri però prevede che queste ultime due vengano cedute anche se non sono chiari i parametri di vendita. In sostanza ci troveremo con 11 canali su 15 in mano al duopolio. Va rilevato che l’autorità antitrust ha aperto un’istruttoria sulla Rai per valutare la possibile posizione dominante sui mercati nazionali delle reti e delle infrastrutture per le trasmissioni del segnale televisivo terrestre. Il passaggio forzato al digitale, previsto dalla nuova legge, dunque, non sembra risolvere i problemi di pluralismo presenti nell’industria dell’informazione. Anzi, rischia di aggravarli. La scelta del digitale terrestre – e soprattutto la tempistica – prevista dalla legge non rappresenta solo un’opzione tecnologico-culturale sulla modernizzazione del Paese, da accostare alle scelte dei governi francese e tedesco come ha spiegato il ministro delle Telecomunicazioni che ha dato il suo nome alla legge, ma una precisa condizione per salvare Rete4 ed evitare che diventi esecutiva la sentenza della Corte costituzionale. Lo stesso Cheli si è fatto di recente interprete delle remore esistenti sottolineando la “corsa contro il tempo” che sta caratterizzando la via italiana al digitale. Cheli ha sottolineato che l’arricchimento del pluralismo sarà reale a due condizioni: a) che nuovi operatori siano in grado di offrire programmi; b) che i programmi siano effettivamente accessibili a una larga fascia di utenti. una scelta di questo tipo si giustifica solo con la voglia di guardare nuovi programmi, magari interattivi. La loro produzione però è quanto mai costosa: per un palinsesto che punti a realizzare il 2-3% di audience servono dai 150 ai 200 milioni di euro. Un eventuale nuovo editore digitale dovrebbe mettere in conto dai 50 ai 100 milioni di euro di perdite l’anno da moltiplicare forse anche per un lustro. La tv digitale resterebbe quindi terreno di caccia dei due maggiori operatori, Rai e Mediaset. Esiste lo spazio per emittenti di nicchia - il palinsesto di una tv musicale costa 20 milioni di euro circa ma sarebbe altra cosa rispetto al rafforzamento del pluralismo informativo. Entrambe le condizioni non sembrano essere garantite dal nuovo impianto della legge. Il documento con il quale il Quirinale si è rifiutato di promulgare in dicembre la vecchia legge lo ha segnalato esplicitamente, chiedendo che venisse indicato il termine della fase di attuazione e che l’Authority venisse dotata di poteri sanzionatori. Secondo gli esperti la velocità con la quale i consumatori italiani decideranno di cambiare il loro televisore o comprare il nuovo decoder è stimabile in otto-nove anni. Ma INVITA la Fnsi a prendere tutte le iniziative che riterrà necessarie perché la nuova legge, invece di favorire la concentrazione e il rafforzamento dei grandi gruppi televisivi, incoraggi il pluralismo e la molteplicità dei media. Nell’attuale stesura, infatti, la legge Gasparri, non solo è fortemente illiberale ma avrà anche effetti sociali negativi. In base a queste considerazioni il Consiglio direttivo dell’Associazione lombarda dei giornalisti RITIENE che il progetto di legge picconi pesantemente la libertà di stampa e nel lungo periodo faccia ridurre drasticamente i posti di lavoro nel settore dell’informazione. Molte aziende editoriali, asfissiate dalla mancanza di pubblicità, saranno costrette a chiudere. Approvato all’unanimità. Milano, 24 febbraio 2004 Le giornaliste per il riequilibrio delle rappresentanze negli organismi della categoria Roma, 2 marzo 2004. Sindacato, Ordine, Inpgi, Casagit. Tante iscritte, poche candidate, ancor meno elette. Perché le opportunità siano davvero pari occorre almeno partire alla pari, sulla base di un criterio da inserire in statuti e regolamenti delle istituzioni di categoria. Nel frattempo le diverse componenti della categoria si impegnino a varare subito un “patto di rappresentanza” che veda candidato un numero di donne proporzionale al numero delle iscritte – e comunque non inferiore al 30 per cento del totale – e che presenti nelle liste elettorali nomi alternati di donne e uomini. Il soffitto di cristallo oltre il quale le colleghe non riescono a salire, esiste non solo nella carriera professionale, ma anche negli organismi di categoria. Per oltrepassarlo occorre, almeno inizialmente, una forzatura. La Cpo (Commissione pari opportunità) della Fnsi se n’è convinta, dopo anni di analisi sulle cause del discrimine e di scetticismo nei confronti delle quote. Per sbloccare l’immobilismo, coinvolgere tutte le energie, migliorare gli organismi della categoria non esiste altra strada se non quella delle “regole per la parità d’accesso”. L’hanno già percorsa altri sindacati e partiti ed ora è anche inserita nella Costituzione italiana, con la modifica dell’articolo 51 che garantisce “con appositi provvedimenti” strumenti paritari per l’ingresso di uomini e donne agli uffici pubblici e alle cariche elettive. Ovvero: “tante” quanti. Già a giugno, nelle elezioni per il Parlamento europeo, la norma troverà applicazione con la legge che stabilisce una soglia minima di candidature femminili pari al 30%. Davanti al deficit democratico che colloca l’Italia al 65° (sessantacinquesimo!, fra Panama e Nicaragua) posto nel mondo ed 34 (38) “ ” Tante quanti all’ultimo posto d’Europa, per presenza di donne in Parlamento, non c’è spazio per snobistiche insofferenze alla cosiddetta “tutela dei panda”. Lo statuto della Cisl assegna alle donne non meno del 30% delle candidature nelle liste congressuali; la Cgil riserva ai due sessi – si noti la formula – non meno del 40% e non oltre il 60% dei posti di direzione (analoga indicazione fra i Democratici di sinistra); la Federazione dei Verdi prevede che nessuna lista possa essere composta da oltre il 50% di persone dello stesso genere e impone sempre la doppia preferenza. In attesa di modificare lo statuto, lo Sdi già dalle prossime europee ed amministrative inserirà in lista fino al 50% di donne. È quello che chiediamo alle Associazioni regionali che hanno in corso la revisione dello statuto e a tutte le forze che si stanno organizzando per rinnovare a maggio le cariche dell’Ordine dei giornalisti. La Cpo/Fnsi si appella a tutte le colleghe ed i colleghi dentro e fuori le redazioni perché sostengano questa battaglia di democrazia, di svecchiamento e di speranza. Dichiarazione della presidente della Cpo/Fnsi, Marina Cosi: “Sin dalle prossime elezioni, quelle per il rinnovo dell’Ordine dei giornalisti, la Commissione pari opportunità della Fnsi chiede che le liste elettorali rappresentino percentualmente le donne iscritte e comunque non le vedano scendere al di sotto del 30 per cento. In tal modo anticipando l’indispensabile riforma degli statuti di sindacato, Ordine, Inpgi, Casagit. Appellandosi all’articolo 51 della Costituzione, di recente emendato, e sulle tracce positive di statuti di altri sindacati e partiti, la Cpo/Fnsi ha approvato all’unanimità una richiesta formale di modifica degli statuti e dei regolamenti. Tale proposta era già stata avanzata in Consiglio nazionale Fnsi, ma proprio la scarsa rispondenza dell’organismo ha convinto la Commissione ad appellarsi alle forze che stanno organizzando le prime elezioni raggiungibili, quelle dell’Ordine, perché diano un segnale concreto della volontà di riequilibrare le rappresentanze di genere. L’8 marzo è alle porte, ma ogni giorno deve essere l’8 marzo. Come dire: tenetevi le mimose e ridateci quel che ci è dovuto”. (da www.fnsi.it) ORDINE 4 2004 CHIESTA LA VERIFICA DELLA QUALITÀ NELLE TESTATE ANES PROFESSIONE “La specializzazione deve essere pagata di più, non di meno, e necessita sempre di investimenti adeguati” Milano, 4 febbraio 2004. L’ipotesi di un contratto “diverso” da quello in vigore (Fnsi-Fieg) per i giornalisti che lavorano nelle case editrici aderenti all’Anes ha sollevato parecchio stupore tra i nostri colleghi che, tra l’editoria specializzata e non, non avvertono differenze tali da giustificare un contratto distinto. Soprattutto tenendo conto della tendenza a specializzarsi da parte di tutti i giornalisti, anche all’interno della cosiddetta stampa di informazione od opinione. Pensiamo ai colleghi specializzati in economia, critica televisiva, sport o gastronomia in pagine appositamente dedicate nei quotidiani o nei periodici più noti e che non si capirebbe perché dovrebbero avere un contratto diverso da chi, la stessa competenza, la mette al servizio di testate cosiddette specializzate negli stessi argomenti. In sostanza che differenza dovrebbe esserci tra il giornalista che scrive di automobili sulle pagine del Corriere della Sera (Rcs; Fieg) e quello che lo fa su Quattroruote (Domus; Anes)? Chi scrive di cucina etnica magari sull’Espresso (Repubblica; Fieg) e chi lo fa su Viaggi del Gusto (ancora Domus; Anes)? Chi scrive di turismo su Panorama Travel (Mondadori; Fieg) e chi lo fa su Tuttoturismo (di nuovo Domus; Anes)? È questo insieme di considerazioni che ha spinto i giornalisti della Domus, riuniti in assemblea il 19 febbraio 2004, a dichiarare il proprio no, forte e chiaro, a un contratto “diverso” per chi lavora nella stampa tecnica e specializzata, certi come sono che gli editori dell’Anes mirano a spendere meno e a strappare regole diverse a loro esclusivo vantaggio. Siamo peraltro convinti che, come in tutti i segmenti di attività, la specializzazione debba essere pagata di più, non di meno, e che necessiti di investimenti adeguati per essere continuamente aggiornata. L’assemblea dei giornalisti Domus dice no a un contratto “diverso” per la stampa tecnica e specializzata Di esempi come quelli esposti sopra ce ne sarebbero a decine e potrebbero riguardare la folta platea degli editori Anes, associazione della quale il nostro editore è autorevole membro accanto a imprese di piccole dimensioni che distribuiscono spesso i loro prodotti in abbonamento gratuito, senza un riscontro efficace del gradimento da parte del lettore la cui misura è data, soprattutto, dalla sua disponibilità ad acquistare le pubblicazioni, in edicola o in abbonamento. Ciò non significa delegittimare la stampa più orientata al prodotto, che spesso è veicolata a spese dell’inserzionista. In questi casi, tuttavia, l’Ordine dei giornalisti deve tutelare il rispetto della deontologia professionale. In assenza del rispetto di quel requisito fondamentale quelle testate devono essere considerate commerciali ed escluse da ogni agevolazione pubblica, addebitando agli editori e non ai giornalisti la responsabilità della commistione informazionepubblicità. Insomma, sarebbe assurdo concedere tariffe postali di favore, sconti sulle linee telefoniche e agevolazioni sull’acquisto della carta all’editoria puramente commerciale. Questo infatti aggraverebbe il debito pubblico con evidente svantaggio per il cittadino contribuente. Crediamo invece che proprio questa logica non condivisibile stia tentando di imporre l’Anes chiedendo un contratto “diverso” per i giornalisti che lavorano nelle case editrici aderenti. Ma diciamo le cose come stanno: a che genere di contratto diverso potrà mai puntare se non a un contratto scontato per quanto riguarda stipendi e regole? Per tutelare i due valori, stipendi e regole, riteniamo sia nostro compito favorire lo sviluppo delle competenze giornalistiche, affinché la qualità dei colleghi che rappresentiamo possa essere apprezzata e pagata adeguatamente. Sequestro per una parte del portale Destranazionale.org Il tribunale ferma una sezione di un sito razzista Milano, 1 marzo 2004. “Le razze hanno diversi sviluppi culturali e alcune sono inferiori alle altre”. Frasi come questa, con i disegni, per esempio, di un neonato con i baffetti alla Hitler e una svastica sul braccio “il quale con aria serena schiaccia la mano a un altro neonato con la stella di David marchiata sul braccio”, hanno indotto i giudici del Tribunale del riesame di Milano a ordinare il sequestro della ‘Finestra propaganda’ del sito www.destranazionale.org (nuovo Movimento sociale italiano) che, secondo l’accusa, diffondeva “idee fondate sulla superiorità e sull’odio razziale”. Nell’inchiesta, in cui risulta indagato il presidente dell’organizzazione di estrema destra, Gaetano Saya, 48 anni, la Procura di Milano aveva chiesto il sequestro del sito, ma il Gip aveva respinto la richiesta con la motivazione che, salvo due fotografie, le immagini non raggiungevano “una situazione di offensività tale da generare un pericolo per l’interesse tutelato dalla legge 654/75” (sull’eliminazione delle forme di discriminazione razziale). Secondo il Gip, inoltre, il sequestro del sito avrebbe “radicalmente inibito l’esercizio di attività che è estrinsecazione di valori fondamen- tali quali la libera manifestazione del pensiero e la libertà di associazione”. Di diverso parere i giudici del riesame a cui la Procura aveva presentato ricorso. Per loro “il mantenimento del sito con le caratteristiche indicate è idoneo ad aggravare le conseguenze dannose del reato, poiché con il suo mantenimento si perpetua la condotta lesiva”. Da qui l’ordine di sequestro preventivo della ‘Finestra propaganda’ del sito, che risulta effettivamente modificato. Contro il provvedimento l’associazione potrà presentare ricorso in Cassazione. Tra le immagini erano anche rappresentati “due giocattoli”, come è scritto nel provvedimento di sequestro. Uno era “rappresentato da un bambino di pelle bianca, con in mano un bastone, e l’altro da un bambino di pelle nera, piegato, posto sotto il livello del bastone del primo”. Il titolo dell’immagine era ‘la giornata del giocattolo italiano’. Quando venne chiesto il primo sequestro, rigettato dal Gip, nell’ottobre dell’anno scorso, il sito era stato visitato da circa 200mila persone. (da www.ilte.net) Pagamento quota iscrizione Albo anche con cc postale ORDINE 4 2004 E dobbiamo allo stesso tempo invitare certi editori ad andare in edicola a far comprare i loro giornali; o a convincere il loro target di lettori a sottoscrivere abbonamenti. Insomma, facciano meglio i loro giornali puntando sulla competenza dei giornalisti, in modo da evitare di regalare il prodotto ai lettori a spese dell’inserzionista, con gravi rischi di commistione tra informazione e pubblicità. Sul campo della qualità dobbiamo riconoscere al nostro editore la capacità di aver saputo tracciare un solco profondo tra sé e tanti altri aderenti all’Anes. Le nostre preoccupazioni sono tuttavia alimentate dal constatare un grave deterioramento del livello generale della produzione editoriale italiana. L’Ordine dei Giornalisti è intervenuto con autorevolezza invitando giornalisti e imprese a contrastare l’invadenza della pubblicità nell’informazione, ma temiamo che molti editori cedano al richiamo di compromessi sempre meno dignitosi sulla qualità del prodotto. Ma torniamo a riflettere sull’ambiguità del concetto espresso dai termini “stampa tecnica e specializzata”. Non vi rientrano anche, addirittura, dei quotidiani? Pensiamo al Sole 24 Ore, Italia Oggi, La Gazzetta dello Sport… o a periodici come Sorrisi e Canzoni per tv e spettacolo, Il Mondo per l’economia, Astra per gli oroscopi, Quattrozampe per gli amanti degli animali… senza dimenticare l’universo dei periodici femminili e maschili. Non è tutta stampa specializzata? E non è evidente che un editore aderente oggi alla Fieg aderirà domani all’Anes se gli converrà di più dal punto di vista economico e da quello normativo con l’approvazione di un contratto giornalistico diverso dal vigente Ccnlg? Noi inoltre non concordiamo con chi sostiene che il contratto Fnsi-Fieg è ritagliato su misura per i quotidiani. Nel corso dei vari rinnovi si sono aggiunte numerose modifiche che hanno seguito l’evoluzione della stampa periodica e anche dell’informazione on-line. Se qualcosa può essere ulteriormente migliorato lo si potrà fare benissimo sedendosi attorno a un tavolo, per discutere anche quelli che secondo noi sono degli utili cambiamenti da apportare al contratto già esistente. Non vorremmo che, inseguendo il mandato dell’ultimo congresso della Fnsi, che consiste nel contrattualizzare chiunque tratta informazione nelle case editrici, si finisse per appiattirsi sugli obiettivi e sui desideri di editori che puntano a trarre vantaggio dalle regole sulla libertà di stampa per arricchirsi con la scusa di essere piccoli. Ma quali piccoli! Nel nostro caso almeno, ma anche in altri se scorriamo l’elenco degli associati all’Anes, si tratta di imprese di notevoli dimensioni, talvolta di multinazionali. L’obiettivo dichiarato degli incontri Fnsi-Anes ben si inquadra nei tentativi, già portati avanti dalla Domus, di limitare i diritti dei giornalisti negando ad alcuni di loro una testata e un direttore di riferimento. È per questo che consigliamo al sindacato sia di muoversi con grande cautela su questo fronte, sia di pretendere dall’Anes, prima ancora di cominciare a discutere, il pieno rispetto dei diritti dei giornalisti già al lavoro. Affermiamo la necessità di verificare la qualità del lavoro giornalistico nelle testate Anes applicando il Ccnlg Fnsi-Fieg là dove ciò va fatto, senza partire subito immaginando sconti. Altrimenti daremmo l’impressione di volere far cassa con le quote d’iscrizione, o di voler cercare contributi pensionistici temendo difficoltà future dell’Inpgi. Il CdR Domus (Cristina Zerbi, Marco Ghezzi, Antonio Massa) Dopo una sentenza del Tribunale di Trieste Diffamazione, protesta Osce contro l’Italia Roma, 3 marzo 2004. Protesta ufficiale dell’Ufficio del rappresentante dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa presso il Governo italiano per una recente sentenza del Tribunale di Trieste: una nota che lo rende noto è stata diffusa a Vienna il 2 marzo per il caso di Massimiliano Melilli, ex giornalista del settimanale Il Meridiano condannato il 24 febbraio scorso a 18 mesi di carcere per aver scritto nel 1996 alcuni articoli in cui si riferivano voci su serate a luci rosse a cui avrebbe partecipato l’alta società triestina. Per il rappresentante il fatto stesso che esistano ancora delle leggi contro la diffamazione è segno di un malessere e il precedente italiano è preoccupante perché potrebbe essere un esempio seguito a livello europeo. “Vorrei esprimere ancora una volta la ferma posizione del nostro Ufficio che tutte le leggi penali di diffamazione a mezzo stampa dovrebbero essere abrogate e sostituite, se necessario, con appropriate leggi civili” ha detto il portavoce dell’ufficio del rappresentante Osce per la libertà di stampa Alexander Ivanko. “Nessun giornalista dovrebbe essere condannato alla prigione per aver fatto il proprio mestiere”. La legislazione penale contro la diffamazione spesso impedisce ai giornalisti di investigare contro la corruzione e certe pratiche affaristiche e ha un effetto devastante sul lavoro dei giornalisti. La diffamazione è ancora un reato penale nella maggior parte dei Paesi dell’Osce sebbene in molti Paesi queste leggi non siano quasi mai applicate. Questo è il motivo per cui questo recente caso in Italia è così preoccupante. Stabilisce un precedente che può essere seguito altrove nell’area dell’Osce” ha detto Ivanko.Il portavoce Osce ha anche detto che l’esistenza di una legislazione contro la diffamazione e delle cosiddette leggi contro le ingiurie in diversi Stati partecipanti dell’Osce hanno contenuto nel corso degli anni il lavoro dei media. Egli ha ricordato che il rappresentante per la libertà dei media aveva organizzato una conferenza sull’argomento a Parigi nel novembre 2003 dal titolo “Che cosa può essere fatto di più per depenalizzare le leggi contro la diffamazione”. Chi ha smarrito la documentazione dell’esattoria Esatri SpA può pagare la quota utilizzando il conto corrente postale n. 36470201 intestato a Ordine giornalisti Lombardia, via Appiani 2 – 20121 Milano 35 (39) 36 (40) ORDINE 4 2004