32 SPORT BRASILE 2014 Corriere del Ticino VENERDÌ 6 GIUGNO 2014 Gruppo F Dopo 28 anni di digiuno l’Albiceleste sogna di far piangere il Brasile SPORT BRASILE 2014 Corriere del Ticino VENERDÌ 6 GIUGNO 2014 33 LA PULCE Leo Messi è il giocatore-simbolo dell’Argentina. Sognare non costa nulla. (Foto Keystone) LUNEDÌ 16 GIUGNO Rio de Janeiro Argentina - Bosnia Erzegovina Ore 00:00 LUNEDÌ 16 GIUGNO Curitiba Iran - Nigeria Ore 21:00 SABATO 21 GIUGNO Belo Horizonte Argentina - Iran Ore 18:00 DOMENICA 22 GIUGNO Cuiaba Nigeria - Bosnia Erzegovina Cammino in discesa durante la prima fase per Leo Messi e soci Per Nigeria, Bosnia e Iran c’è solo la possibilità di finire secondi Ore 00:00 MERCOLEDÌ 25 GIUGNO Porto Alegre Nigeria - Argentina Ore 18:00 MERCOLEDÌ 25 GIUGNO Salvador Bosnia Erzegovina - Iran Ore 18:00 Può permettersi una partenza lenta, l’Argentina, in un girone che più facile di così non poteva essere per la compagine di Leo Messi. Perché con Bosnia, Iran e Nigeria, è evidente che i sudamericani non dovranno sudare troppo la qualificazione e in questo girone i giochi sembrano aperti soltanto per stabilire chi accompagnerà l’Albiceleste negli ottavi di finale. Ammesso che la Svizzera raggiunga gli ottavi di finale, è in questo girone che pescherà il suo avversario. E siccome le possibilità che sia l’Argentina a vincerlo sono parecchie, ecco che ai rossocrociati converrà puntare al primo posto in classifica, per incrociare così la seconda qualificata di questo gruppo F. A contendersi questo privilegio, più che l’Iran, al quale è promessa una presenza poco più che folcloristica, dovrebbero essere Nigeria e Bosnia. Le «Super Eagles» dispongono di una squadra giovane e di valore (Moses, Onazi, Echiejile, Musa, Omeruo) che lo scorso anno ha vinto la Coppa d’Africa e può appoggiarsi anche a gente di grande esperienza come Mikel, Enyeama e l’attaccante Emenike. È dal 1998 che i nigeriani non riescono più ad approdare negli ottavi di finale e nonostante l’entusiasmo che accompagna la squadra (diretta da un allenatore africano, Stephen Keshi) il loro compito non sarà facilissimo. Dovranno infatti vedersela con la Bosnia Erzegovina, compagine che non intende far sconti a nessuno ed è intenzionata a far fruttare in Brasile il suo brillante percorso delle qualificazioni al Mondiale, durante le quali ha vinto il proprio girone mostrando un gioco offensivo di assoluto valore e confermato dalle cifre: 30 reti segnate in dieci partite, contro soltanto sei subite. Guidato dal portoghese Carlos Queiroz, come detto l’Iran non sembra avere speranze di qualificarsi. CURIOSITÀ 2 I titoli mondiali conquistati dall’Argentina (1978 in casa, 1986 in Messico) che ha vinto le qualificazioni del girone sudamericano mettendo in fila Colombia, Cile, Ecuador e Uruguay (qualificate) e Venezuela, Bolivia, Perù e Paraguay (rimaste a casa). 0 16 16 Le presenze della Bosnia al Mondiale prima di questa edizione, che segna l’esordio assoluto della nazionale balcanica alla fase finale del torneo. Si tratta tra l’altro dell’unica squadra esordiente. Le partite giocate dall’Iran (4. presenza al Mondiale) per qualificarsi al torneo iridato. Nessun altro ha dovuto giocare tanto per meritarsi il Brasile. Gli anni che son trascorsi dall’ultima vittoria della Nigeria in un Mondiale: era il 19 giugno 1998. Nelle altre 8 partite disputate, il bilancio è stato di 2 pareggi e 6 sconfitte. Inserto a cura di: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Tarcisio Bullo Testi: . . . . . . . . . . . . . . . .Tarcisio Bullo, Marcello Pelizzari, . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Giona Carcano e Agenzia ANSA Concetto grafico: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Andrea Spinelli Fotografie: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Keystone Infografica:. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .P&G ITALIA Argentina Tutti in pellegrinaggio per scacciare la maledizione Iran Le maglie non potranno essere scambiate Nigeria La spavalderia Bosnia Il bello di essere dei campioni d’Africa i soli all’esordio mondiale zxy Ora o mai più. L’Argentina si presenta al Mondiale in casa degli arci-rivali brasiliani con il preciso obiettivo di vincerlo. Non tanto per cancellare quel 4-0 degli ottavi di quattro anni fa in Sudafrica contro la Germania, con Maradona ct, quanto per provocare una nuova tragedia nazionale al Maracanà. Ecco perchè l’Albiceleste non si tirerà mai indietro, mettendo da parte tatticismi e scaramanzia e facendo leva sulla voglia che ha di fare un brutto scherzo ai «cugini». Per non lasciare nulla di intentato la squadra si recherà anche al Santuario di Nostra Signora del Rosario: sarebbe il mancato adempimento a questa promessa, fatta nel 1986, il motivo della «maledizione» che da 28 anni impedisce all’Argentina di conquistare il terzo titolo mondiale. Così il ct Alejandro Sabella prima di arrivare a Belo Horizonte (sede del ritiro, nel centro tecnico dell’Atletico Mineiro) porterà i suoi nella chiesa di Tilcara, cittadina della provincia di Jujuy dove si trova l’immagine della Vergine venerata da milioni di zxy Per l’Iran la qualificazione al Mondiale brasiliano – il quarto – è stata agevole, con 2 sconfitte in 16 partite delle eliminatorie. L’ultima apparizione, quella in Germania nel 2006, si concluse con due sconfitte e un pareggio, ma un paio di elementi di quella nazionale, come Javad Nekounam e Andranik Teymourian, sono ancora sulla breccia perché il ct Carlos Queiroz, giramondo portoghese, su questa panchina dal 2011, fa pieno affidamento su di loro. L’ex vice di Ferguson al Manchester United ha allenato anche negli Usa, e proprio dagli States ha portato con sé a Teheran un americano, quel Dan Gaspar che viene dal «Grande Satana» ma che è stato accolto come preparatore dei portieri. E non è solo, perché la nazionale iraniana ha un americano anche in campo, il californiano Steven Beitashour, difensore che milita nella MLS a Vancouver e che ha scelto di giocare per il Paese dei suoi genitori («padre cristiano e madre musulmana», ha precisato). Il tecnico ha deciso di fare uso degli «immigrati»: fra i suoi pezzi pregiati ci sono Masoud Shojaei del Las Palmas, il tedesco Ashkan Dejagah (varie presenze nelle giovanili della Germania e ora al Fulham) e Reza Ghoochannejhad, attaccante di passaporto anche olandese, fresco reduce da un’esperienza inglese nel Charlton. Queiroz è stato confermato in forza dei risultati ma non ha buoni rapporti con i suoi dirigenti, ai quali non ha risparmiato dure critiche sottolineando che la squadra ha avuto a disposizione un periodo troppo breve per prepararsi a una competizione di questa importanza. La nazionale iraniana ha qualche problema economico: ai giocatori è stato detto di non scambiare le maglie con gli avversari a fine partita, visto che non potranno averne una nuova per ogni incontro. zxy Fin dal giorno del sorteggio a Costa do Sauipe, il ct della Nigeria Stephen Keshi è andato dicendo che la sua squadra al Mondiale può raggiungere le semifinali. Nemmeno l’Argentina di Messi sembra mettere paura al tecnico, più spavaldo di quanto non fosse un anno fa, in vista della Confederations Cup. In quell’occasione aveva portato dei giovani, desideroso di fare esperimenti che poi non si rivelarono felici, ma ora – secondo lui – le condizioni sono migliorate, in tutti i sensi, e per i campioni d’Africa c’è la possibilità di andare lontano. «I miei ragazzi vogliono stupire il mondo, mostrando ciò di cui sono capaci», è il «mantra» del ct. Per il Mondiale a Keshi non è riuscito il colpo di soffiare l’attaccante Imoh Ezekiel, dello Standard Liegi, utilizzabile anche dal Belgio, che a giudizio del tecnico avrebbe potuto formare un trio micidiale con Victor Moses (Liverpool) ed Ahmed Musa (CSKA Mosca) o Emmanuel Emenike, beniamino dei tifosi del Fenerbahce. Accantonato, con l’esclusione già dalla lista dei trenta pre-convocati, l’attaccante del Villarreal Ikechukwu Uche, protagonista di una buona stagione nella Liga ma che al ct non piace perché, a suo dire, carente di disciplina tattica. Keshi non lo voleva, i suoi dirigenti hanno fatto molte pressioni affinché ci fosse la chiamata ma il tecnico ha resistito, sapendo di fare una scelta che pagherà molto cara in caso di risultati negativi. È stato comunque l’ennesimo capitolo di una storia in cui ci sono stati spesso litigi e discussioni fra staff dirigenziale e tecnico, al punto che già due volte Keshi ha minacciato le dimissioni. Polemiche, questo allenatore che ha escluso dalla nazionale anche l’ex interista «Oba Oba» Martins, le ha fatte anche quando ha sottolineato come in Europa ci siano tanti calciatori connazionali, compreso il tifoso numero 1, Papa Francesco. Se l’aiuto dall’Alto basterà per vincere lo dirà il campo, certo che la selezione biancoceleste, dominatrice delle qualificazioni sudamericane a girone unico, ha un asso nella manica del calibro di Lionel Messi, che ha già chiarito le proprie intenzioni: «dove mi immagino il 13 luglio? Sul campo del Maracanà a giocare la finale», ha detto senza tanti giri di parole a Olè, quotidiano sportivo del suo paese. Messi è reduce da una stagione non al top nel Barcellona ma ormai è padrone assoluto della nazionale, al punto che ci sarebbe una sua precisa volontà (per problemi di screzi del passato) dietro all’ostracismo a Carlitos Tevez, per il quale i tifosi sono scesi in piazza, ma che il ct Sabella non ha voluto chiamare preferendogli un semisconosciuto come Franco Di Santo, ex Chelsea e ora al Werder Brema, che marcia a una media di 3 gol a stagione. «Non vede Sky», lo ha provocato l’Apache alludendo alle sue prestazioni nella Juventus, ma il tecnico conta su Hi- guain e Aguero, oltre che su Messi, e tanto gli basta. Oltretutto la Pulce avrà lo stimolo di sapere che ha l’età giusta per vincere il titolo più prestigioso (compirà 27 anni a torneo in corso) ed è consapevole del fatto che solo con la conquista della Coppa, nonostante ciò che ha già fatto e i suoi numeri impressionanti, entrerà nell’Olimpo degli dei del pallone accanto a Pelè e Diego Maradona. L’importanza del n.10 è testimoniata anche dalle parole del coordinatore delle nazionali Carlos Bilardo: «senza Messi perdiamo un buon 20%». Sabella si augura di non doversi mai porre il problema. Il reparto della squadra che non entusiasma è il centrocampo, fatto di gente, come Gago, Biglia e Banega, che quando ha giocato in Europa non ha sempre reso al meglio ma che nella «Seleccion» offre un buon rendimento. La certezza è Mascherano. Sulla fascia Sabella conta molto su Di Maria, mentre la difesa guidata dal Fernandez e da Garay del Benfica nelle qualificazioni ha subito solo 15 reti e ora deve solo ripetersi. IL CALCIO, CHE PASSIONE! Ragazze iraniane allo stadio: la passione per il calcio non ha confini e travolge i divieti imposti dagli ayatollah. (Foto Keystone) africani ma pochissimi tecnici, parlando di preconcetti e facendo allusioni pur senza mai pronunciare la parola «razzismo». «Avrei voluto portare la mia esperienza in Europa, ma non me l’hanno permesso», si è fatto sfuggire. Brasile 2014 per lui sarà quindi l’occasione giusta per far vedere se è davvero bravo come dice, sperando che una mano gli arrivi dai giocatori dei quali si fida di più, ovvero punti fissi che per la Nigeria si chiamano Vincent Enyeama, esperto portiere che ha lavorato con Rudi Garcia nel Lilla, e John Obi Mikel, centrocampista del Chelsea bravo ma con spesso dei problemi fisici, come quelli che gli hanno già fatto saltare un Mondiale (nel 2010 in Sudafrica). Al tecnico piace molto anche la grinta del laziale Ogenyi Onazi, da lui lanciato in Coppa d’Africa. Insomma, è una Nigeria che potrebbe anche far bene, specie se metterà da parte le divisioni interne frutto delle tante etnie che compongono questo popolo di guerrieri. zxy Unica nazionale esordiente in un Mondiale, la Bosnia punta a «raddoppiare» ottenendo il superamento della prima fase. Si è qualificata grazie al primo posto nel gruppo G della zona europea davanti a Grecia e Slovacchia, con 8 vittorie, un pareggio e una sola sconfitta. Quella a Brasile 2014 sarà quindi la prima apparizione di questa nazionale in una grande manifestazione, in cui rappresenterà un Paese che ha soltanto tre milioni e mezzo di abitanti per i quali, divisi come sono tra ortodossi, croati cattolici e musulmani, il calcio è l’unico collante. Ma fino a dodici anni fa la Bosnia non aveva neppure un campionato unico, visto che serbi e croati bosniaci avevano ognuno la propria lega. Il commissario tecnico è un’autentica gloria nazionale, quel Safet Susic che fu un attaccante di spicco della Jugoslavia che giocò i Mondiali del 1982. Ora ha 58 anni e fa il ct dal 2010. Ai suoi ordini ci sono giocatori di spicco come Edin Dzeko e Miralem Pjanic. Il primo è l’ariete, di VICTOR COME VITTORIA? La Nigeria punta molto sull’ala del Liverpool Victor Moses. (Foto Keystone) religione musulmana, che ha fatto vincere un titolo della Bundesliga al Wolfsburg e poi è stato protagonista di un trasferimento multimilionario al Manchester City, per la cui stagione quest’anno è stato determinante da febbraio in poi. Il suo idolo è Marco Van Basten, ed è a lui che dice di ispirarsi. Pjanic, invece, è un pilastro della Roma e ora vuole consacrarsi anche a livello internazionale, dove peraltro ha già fatto bene in Champions ai tempi del Lione. Poggeranno soprattutto su queste due stelle le speranze di fare strada e rimanere a lungo in Brasile, dove i bosniaci si alleneranno a Guarujà, località del litorale paulista un tempo frequentata da Alberto Sordi, e il cui stadio, l’Antonio Fernandes, è accanto a un allevamento di capre, anatre, volatili vari e galline: «Ma noi non faremo la fine dei polli», è stato il commento di Susic. Altri simboli calcistici della Bosnia, selezione tenuta insieme da un forte spirito di gruppo e che in vista dei Mondiali, sono il laziale Lulic (ex del Bellinzona), l’attaccante dello Stoccarda Ibisevic, il centrocampista dell’Hoffenheim Salihovic e il difensore del Bayer Leverkusen Spahic. La porta è difesa da Begovic, che nello Stoke City ha ereditato il ruolo che fu del grande Gordon Banks. L’ultimo arrivato si chiama Tino Susic, gioca da mediano o esterno nell’Hajduk Spalato ed è il nipote del ct: ma non è un raccomandato, visto che lo volevano anche Belgio (con cui ha giocato a livello giovanile) e Croazia. Ma lui, che si considera «un ardente patriota»’, ha spiegato di considerarsi bosniaco e quindi di voler giocare solo nella nazionale di suo zio. Oltre a Lulic, c’è un altro giocatore che in Svizzera conosciamo bene: è Izet Hajrovic, oggi al Galatasaray, in passato al Grasshopper. Ha vestito anche la maglia rossocrociata, prima di optare per la Bosnia.