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monitoraggio e trattamento del dolore
in area chirurgica, traumatologica e di pronto soccorso
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- 2 Il management del dolore in area chirurgica, traumatologica
e di pronto soccorso
dell’età pediatrica.
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INDICE
Argomenti
Premessa
Obiettivi
Campo di applicazione
Responsabilità
Sigle e definizioni
Indicazioni operative
Il trattamento farmacologico
Indicazioni operative per il trattamento del dolore
Allegato A
Facsimile scheda indicazione operativa per livello di dolore
Allegato B
Management terapia antalgica dolore livello B – C
Allegato C
Termine o modifica del trattamento antalgico di base del livello di dolore B - C
Terapie non farmacologiche
Scheda monitoraggio del dolore
Allegato D
Legenda della scheda di monitoraggio del dolore
Il management del dolore
Farmaci anti-infiammatori non steroidei
Oppioidi deboli
Oppioidi forti
Le cure palliative nel neonato terminale
La sindrome da astinenza neonatale
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9
9
9
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PREMESSA
Il dolore è un sintomo comune nella patologia pediatrica, spesso è un segnale che permette di fare diagnosi, un fattore
clinico utile per indicare evoluzioni della malattia, una costante sintomatologia in corso di dannose procedure
diagnostiche e/o terapeutiche, un costante riflesso di ansia e paura per tutto quello che comporta la malattia ed infine il
sintomo più frequente nel paziente in progressione di malattia.
L’incidenza globale nelle varie possibilità etiologiche è alta: in più del 50% dei casi compare dolore come segno e/o
sintomo della patologia di base, nel 100% dei pazienti è presente dolore iatrogeno, in caso di progressione di malattia si
osserva dolore nel 80% circa dei bambini.
La bibliografia riporta che, a tutt'oggi, circa l’80% dei bambini che fruisce di prestazioni sanitarie (interventi terapeutici,
esami strumentali, riabilitazione) segnala sintomatologia dolorosa non controllata da adeguata terapia antalgica.
Altri studi riguardanti l’utilizzo delle terapie antidolorifiche segnalano che sia i dosaggi prescritti che quelli somministrati
di farmaci antidolorifici sono di molto inferiori rispetto a quelli raccomandati dalle linee-guida dell’Organizzazione
Mondiale di Sanità.
L'incapacità di valutare o capire il dolore nei primi anni di vita, la paura di somministrare antidolorifici maggiori (quali la
morfina) in quantità adeguata, la scarsa sensibilità per la prevenzione del dolore dovuto a particolari trattamenti fanno sì
che il fenomeno dolore colpisca la quasi totalità dei bambini ed indirettamente le persone più care a loro vicine: i
genitori.
Il problema "dolore" coinvolge non solo il personale sanitario ospedaliero (pediatri, infermieri, terapisti del dolore,
anestesisti, volontari ospedalieri) ed il personale impegnato sul territorio in regime di assistenza domiciliare (medici,
infermieri, volontari) ma anche e soprattutto i genitori del bambino.
Il dolore è definito come:
" Una sgradevole esperienza sensoriale ed emotiva, associata ad un effettivo o potenziale danno tessutale
o comunque descritta come tale. Il dolore è SEMPRE un’esperienza soggettiva. Ogni individuo apprende il
significato di tale parola attraverso le esperienze correlate ad una lesione durante i primi anni di vita.
Sicuramente si accompagna ad una componente somatica, ma ha anche carattere spiacevole perciò
riconosce anche una carica emozionale".
Il dolore postoperatorio è definito come:
"Dolore acuto persistente del paziente chirurgico dovuto alla malattia preesistente, all'atto chirurgico o
alla combinazione tra malattia preesistente e procedura chirurgica ". (definizione ASA, 2004).
La definizione racchiude il carattere di ineluttabilità e prevedibilità del dolore, che comparirà al cessare degli effetti
dei farmaci anestetici, con variazioni per sede, intensità e durata.
Il dolore post operatorio e post traumatico rappresenta circa l’80% del dolore che le persone provano in ospedale;
pertanto rappresenta un vero problema sanitario che non può essere ignorato.
La bibliografia riporta che, spesso, il paziente che deve essere sottoposto a trattamento chirurgico o post traumatico
teme questo non per i rischi circa gravi che esso può comportare ma per la prospettiva del dolore che deve
“sopportare” e che è considerato, nella nostra cultura, parte integrante del percorso terapeutico.
Il dolore è variabile da soggetto a soggetto e nella stessa persona nel tempo; questa variabile non è solo funzione della
patologia preesistente, della sede, del tipo e dell’importanza dell’intervento terapeutico, ma anche, ed a volte
prevalentemente, funzione di quei fattori psicologici che la correlazione dolore-lesione comporta. Tale correlazione è
legata a molteplici aspetti quali l’età, la cultura, la religione, la scolarità, la condizione socio-economica ed è dipendente
dalla storia stessa della persona intesa come memoria del dolore passato.
I fattori da tenere in particolare considerazione sono:
A. L'ansia: qualsiasi situazione che possa influire sulla situazione di ansia, quale ad esempio il dover affrontare un
intervento demolitivo per patologia tumorale, accresce l'intensità del dolore PO. Anche il contesto terapeutico
sviluppa in molti pazienti un'influenza antalgica (effetto placebo) ed in altri algica (effetto ansiebo) in cui ha
un ruolo centrale la relazione sanitari / paziente.
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Il placebo responder ha incondizionata fiducia nel personale e nella struttura in cui è assistito, mostra fiducia in
se stesso (autostima) che si traduce in ridotta percezione e progressiva attenuazione del dolore, fino alla
scomparsa.
L'ansiebo responder evidenzia sfiducia nei curanti e nell'ambiente che lo circonda, palesa convinzione di non
ottenere nulla di positivo (disistima), spiccata paura degli eventi che sta per affrontare (atto chirurgico ed
anestesiologico) che predispone a marcata e crescente percezione del dolore con scarsa risposta ai farmaci
antidolorifici; in queste persone, spesso, si hanno risultati positivi trattando la componente ansiogena.
La sede del dolore.
La tipologia dell'intervento chirurgico o del trauma.
La tecnica chirurgica.
La tecnica anestesiologica.
Il corretto uso dei farmaci analgesici.
La prospettiva futura di integrità fisica ed autonomia.
Nel presente, la durata e l'intensità del dolore.
....................................................................
Per dolore persistente
si intende un dolore che continua per un periodo prolungato di tempo associato o meno ad una patologia
nota.
Le cause e le manifestazioni cliniche di un dolore persistente sono in genere varie. Per questo le scelte terapeutiche sono
spesso difficili.
La classificazione del dolore persistente in termini fisio-patologici può aiutare il clinico a scegliere la terapia più
appropriata e a determinare la prognosi.
Non essendo oggetto di questa trattazione la descrizione analitica della fisiopatologia del dolore cronico si descrivono
solo le principali classi del dolore:
•
Dolore nocicettivo: può essere viscerale o somatico, ed è più spesso originato dalla stimolazione di recettori
del dolore. Il dolore nocicettivo può originare da un tessuto infiammatorio, da una alterazione meccanica
conseguente ad un trauma. Sono riconducibili a questa categoria per esempio un’artrite infiammatoria o una
lesione traumatica, sindromi dolorose miofasciali, patologie ischemiche. Il dolore di origine nocicettiva in genere
risponde bene agli approcci tradizionali di gestione del dolore per esempio comuni farmaci analgesici e strategie
non farmacologiche.
•
Dolore neuropatico: origina da un processo patologico che coinvolge il sistema nervoso centrale o periferico.
Per esempio una neuropatia diabetica, una nevralgia del trigemino o post erpetica. Queste sindromi dolorose
rispondono meno bene alle terapie analgesiche convenzionali rispetto al dolore nocicettivo.
•
Dolore misto o non specificato, per esempio mal di testa e alcune sindromi dolorose di origine vascolare.
Possono essere presenti altre rare condizioni in cui problemi psicologici sono responsabili dell’insorgenza,
gravità e durata del dolore, in questi casi può essere d’aiuto una psicoterapia.
La bibliografia riporta lo scarso utilizzo, sia ospedaliero che territoriale, di farmaci analgesici somministrati tramite schemi
terapeutici e presidî specifici. Molto spesso la persona, in particolare in ambito extra ospedaliero, ricorre a terapia
antidolorifica al bisogno ed utilizzando la metodica dell'automedicazione.
E’ per i motivi sopra esposti che si ritiene opportuno redigere e proporre modalità di monitoraggio e trattamento
del DACTPS omogenea nelle diverse specialità chirurgiche, traumatologiche e di pronto soccorso, indipendentemente
dalla presenza dell’intervento chirurgico.
OBIETTIVI
Gli obiettivi da raggiungere sono:
1. migliorare l’outcome del paziente chirurgico, o che ha subito un trauma, e ridurre il periodo di degenza,
2. evitare, controllare e/o ridurre gli effetti morbigeni del dolore post operatorio/post-traumatico,
3. controllare e monitorare il dolore in area chirurgica, traumatologica e di pronto soccorso mediante VAS (la
4.
5.
percezione soggettiva del dolore da parte del paziente non esclude la valutazione clinica da parte del medico,
dell’infermiere e dell'ostetrica).
trattare in modo uniforme il dolore tramite protocolli terapeutici.
prescrivere e somministrare la rescue dose ai pazienti che dichiarano una percezione del dolore > 4.
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6. monitorare eventuali effetti collaterali correlati alla terapia antalgica.
7. proporre schemi di terapia antalgica e favorire l’attuazione e la diffusione di trattamenti terapeutici.
8. attivare schemi di terapia antalgica specifici per ogni reparto chirurgico e traumatologico, in base a requisiti e
necessità specifici.
CAMPO DI APPLICAZIONE
Le linee guida sono applicate ad ogni paziente in assistenza intraospedaliera (Area Chirurgica, Traumatologica,
Pronto Soccorso) che necessita del trattamento del dolore.
RESPONSABILITÀ
1.
Responsabile delle linee guida è il Dott. A. Brogi ed il Prof. F. Tani per la parte medica e l’Ostetrica A.
Annesanti per la parte infermieristica - ostetrica.
2.
Responsabile della gestione clinica del dolore è l’operatore che si fa carico, in base alle proprie competenze
professionali, del management della situazione clinica - assistenziale.
SIGLE e DEFINIZIONI
•
•
DACTPS Dolore Area Chirurgica Traumatologica Pronto Soccorso
Rescue dose
somministrazione supplementare di farmaco analgesico
INDICAZIONI OPERATIVE
1.
Nell'allegato A sono riportate le indicazioni terapeutiche redatte in base ai riferimenti bibliografici.
(INDICAZIONI FARMACOLOGICHE PER IL TRATTAMENTO DEL DOLORE)
Per un approccio razionale alla gestione del DACTPS è necessario tenere ben presente che i dosaggi suggeriti ed
i farmaci consigliati devono sempre essere adattati al singolo paziente, alle sue condizioni cliniche ed alla
intensità del dolore in atto.
2.
I medici referenti di area chirurgica e traumatologica e di pronto soccorso, sulla base di indicazioni
bibliografiche, hanno identificato le situazioni cliniche ed i trattamenti terapeutici specifici del proprio reparto.
3.
Le indicazioni operative ed il trattamento del dolore nell'adulto specifiche di ogni reparto si trovano
all'allegato B.
4.
La scheda di monitoraggio del dolore, compresa la legenda, si trova all'allegato D
5.
La scheda di management terapia antalgica si trova all'allegato C
6.
La scheda del percorso del trattamento del dolore si trova all'allegato E
Il dolore è una esperienza psico-emotiva molto complessa, è strettamente personale, gli operatori
sanitari devono prendere atto della descrizione che il malato fa del proprio dolore, osservarne il
comportamento associato ed interpretarlo in base alle proprie conoscenze.
L’infermiere o l’ostetrica che opera nei reparti chirurgici e traumatologici ricopre un ruolo fondamentale
nel management del dolore correlato all’intervento chirurgico o post traumatico tramite:
∗
∗
L’INFORMAZIONE, che deve essere attuata per mezzo di depliant informativo e di colloquio con il paziente nella
circostanza clinica più idonea alla condizione morbosa
LA VALUTAZIONE ED IL MONITORAGGIO DACTPS (rispetto ad altre figure sanitarie, l’infermiere o l’ostetrica è
quella che rimane a contatto diretto del malato per un maggiore lasso di tempo, sicuramente quella che meglio
può valutare l’efficacia della terapia analgesica somministrata e rilevarne complicanze ed effetti collaterali).
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∗
LA VALUTAZIONE DELLA PRESENZA DI OSTACOLI ALLA COMPRENSIONE DELL’INFORMAZIONE (demenza
cognitiva, alterazioni dello stato di coscienza, incomprensione della lingua italiana)
La necessità di monitorare il dolore è importante in quanto:
rappresenta la base di partenza che permette di ottenere dati confrontabili tra loro;
misurare, quantificare e valutare il DACTPS consente di rilevare il grado di compromissione e/o invalidità della
persona e di programmare strategie d’intervento personalizzate.
Da un punto di vista operativo, è auspicabile che, nella prescrizione di farmaci analgesici, l’indicazione “al
bisogno“ scompaia da tutti gli ambiti assistenziali per essere sostituita da “Rescue dose se VAS > 4”.
Il principale compito delle figure professionali coinvolte (operatori sanitari) è quella di IMPEDIRE CHE IL
MALATO PROVI O SOPPORTI DOLORE INUTILMENTE.
QUESTO PUÒ ESSERE REALIZZATO GRAZIE A POCHE ATTIVITÀ:
♠
A tutti i pazienti ricoverati: rilevare il dolore tre volte al giorno tramite VAS e valutazione
clinica;
♠
Nelle situazioni cliniche con sindrome dolorosa: misurare ogni tre ore l’intensità di
dolore percepita dal paziente, insieme ad altri parametri;
♠
♠
♠
♠
♠
somministrare il trattamento analgesico di base prescritto dal medico;
somministrare a tutti i pazienti che presentano una VAS > 4 la rescue dose prescritta dal
medico;
controllare l’effetto della terapia;
rilevare tempestivamente le complicanze della terapia antalgica, sospendere la terapia in
atto e richiedere la presenza del medico.
Non prescrivere antidolorifici al bisogno
LA VALUTAZIONE DEL DOLORE
La valutazione della sintomatologia dolorosa facilita la diagnosi eziologia ed è elemento fondamentale nel monitoraggio
della malattia, mette inoltre in grado gli operatori sanitari di alleviare la sofferenza inutile.
Sede, qualità, severità e durata del dolore dovrebbero essere considerati importanti parametri clinici, dal momento che
modificazioni del dolore del bambino possono essere un segnale di cambiamento dei processi di malattia.
La valutazione deve essere continuativa perché i processi di malattia ed i fattori che accompagnano il dolore si
modificano nel tempo. Tale valutazione deve includere non solo la misurazione dell’intensità del dolore nel tempo, ma
anche come le cure medico-infermieristiche, il bambino ed i fattori familiari possono influenzare il dolore.
La responsabilità per la valutazione del dolore deve essere condivisa da operatori sanitari, familiari e da chi è coinvolto
nella cura del bambino.
E’ importante ricordare che il bambino già precocemente è in grado di percepire la natura multidimensionale del dolore,
distinguendo le componenti nocicettive da quelle sensoriali, esperenziali, emozionali (paura, rabbia, frustrazione, ecc.),
relazionali e le caratteristiche di ogni singolo individuo (età, sesso, memoria del dolore, ecc.).
Ovviamente la comprensione e la descrizione del dolore sono dipendenti dall’età, dal livello cognitivo, dalla capacità di
verbalizzazione.
La valutazione della sintomatologia algica è particolarmente impegnativa soprattutto nei neonati e nei bambini con
ritardo psicofisico, per l’assenza di verbalizzazione.
Il bambino in età scolare e l’adolescente possono riportare in modo spontaneo e descrivere adeguatamente il tipo, la
qualità, la durata del dolore: gli operatori sanitari dovranno pertanto saper fornire adeguate risposte.
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Attenzione:
non dimenticare che il bambino più grande può negare o minimizzare l’entità del dolore per la paura di
essere sottoposto a procedure invasive (iniezione intramuscolare, venipuntura, ecc.) e/o
all'ospedalizzazione.
I principali metodi di misurazione del dolore possono essere classificati come indicato nelle tabelle seguenti.
LA VALUTAZIONE DEL DOLORE
Comportamentale
- osservazionale
Misurazione
Modalità
Metodi di
misura
Fisiologica
Psicologica
AUTOVALUTAZIONE
ETEROVALUTAZIONE
Effettuata da personale medico,
infermieristico o dai genitori.
Da sola non consente di inquadrare
totalmente il problema dolore essendo
estremamente vasta la gamma di reazioni
comportamentali possibili del bambino.
Necessità di associazione con
l'autovalutazione (anche metodi indiretti).
Osservazione dei Monitorare le risposte
comportamenti e
corporee ad uno
della loro
stimolo nocicettivo.
frequenza con i
Natura ed estensione
quali i bambini
delle risposte fornisce
manifestano la
un indice oggettivo per
presenza di dolore. l’esperienza algica
infantile.
Posizione e
movimenti del
corpo
Espressioni facciali
Pattern di
vocalizzazione o
pianto
Scale di
osservazione dei
disturbi
comportamentali
Riflessi
Frequenza cardiaca
Frequenza respiratoria
Sudorazione palmare
Pressione arteriosa
Pallore cutaneo
Può essere effettuata:
dal paziente stesso (metodo diretto)
dai genitori e/o dagli operatori sanitari (metodo
indiretto)
Valutano la percezione del dolore secondo la
prospettiva infantile, possono fornire una stima
indiretta delle diverse dimensioni del dolore.
Proiettivo
Self-report
Colori
Forme
Illustrazioni
Disegni
Visual Analogic
Scale (VAS)
Interviste
Questionari
Utilizzo in rapporto all’età del paziente
0 - 3 anni
Primaria
importanza
Secondaria
importanza
Non disponibile
3 - 6 anni
Primaria
importanza
Secondaria
importanza
Scale specifiche, disegni
> 6 anni
Primaria
importanza
-------
Primaria importanza
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PRESSO IL NOSTRO OSPEDALE SI UTILIZZA:
1.
tra i metodi di autovalutazione del dolore:
•
l’affective facial scale: serie di facce con diversa espressione usate per valutare le dimensioni affettive del dolore; il
valore numerico presente sopra ciascuna faccina rappresenta l’intensità del dolore dipinto sulla faccia dal punto di vista
dei bambini;
•
il termometro del dolore: scala o orizzontale, graduata da 0 a 10;
zero è generalmente designato con l’assenza del dolore, mentre l’altro estremo come “il massimo dolore
possibile”: il bambino indica il livello che viene raggiunto dal suo dolore.
0
nessun
dolore
1
2
3
4
5
2.
tra i metodi di eterovalutazione del dolore:
•
il metodo di Karnofsky modificato per l’infanzia.
Alimentazione
Gioco
Normale
0
Scarso appetito
1
Mangia su insistenza 2
Non assume nulla
3
6
7
Pianto
Normale 0
Solitario 1
Poco
2
assente
3
Occasionale
Frequente
Continuo
Gemito lamento
8
9
10
Linguaggio
0
1
2
3
Normale
Poco
Risponde
appena
Non parla
0
1
2
3
massimo
dolore
Posizione Antalgica
Nessuna
0
Protezione parte dolente 1
Posizione obbligata
2
Assoluta immobilità
3
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Altri metodi di autovalutazione del dolore meritano essere ricordati:
•
la scala eterocromatica: attraverso l’utilizzo di gradazioni di colori (bianco = assenza di dolore; rosa = dolore lieve;
rosso = dolore moderato; rosso scuro = dolore importante; nero = dolore insopportabile) si definisce l’intensità del
dolore;
•
interviste e questionari: valutano sia le caratteristiche della sintomatologia algica sia le modificazioni psicologiche e
relazionali da essa determinate
L’utilizzo di scale aumenta la capacità di rilevazione dell’intensità del dolore nella pratica clinica.
Esse, tuttavia, non sono senza limitazioni: possono infatti essere specifiche per l’ambito in cui sono state sviluppate e possono
non inquadrare le variazioni comportamentali tipiche dell’adolescenza.
Le risposte comportamentali al dolore variano se il dolore è breve o persistente: molti bambini piccoli manifestano ovvi segni di
disagio fisico quando il dolore è breve, ma intenso.
In contrasto, bambini con dolore persistente di solito manifestano segni più subdoli.
L’assenza di questi segni non necessariamente significa assenza di dolore.
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ISTRUZIONI E CONSIGLI PER LA MISURAZIONE DEL DOLORE
●
Rilevare l’intensità del dolore ogni 3 ore nel periodo postoperatorio, post traumatico e
ogni volta che il paziente lamenta dolore. Possono essere escluse le ore notturne in cui il
paziente dorme o quando riposa.
●
Istruzioni verbali “mi indichi per favore con un numero da 0 a 10 quanto dolore avverte in
questo momento, sapendo che 0 corrisponde a dolore assente e 10 al dolore peggiore
possibile“
●
Se il malato divaga, rispondendo per esempio con descrizioni verbali (es. “si, ho un po’
di dolore, ma non tanto”), occorre richiamarlo con calma alle istruzioni “Mi indichi per
cortesia con un numero da 0 a 10“.
●
Non suggerire la risposta alla persona (es. il personale non deve mai dire “Ha detto che
ha un po’ di male, quindi sarà circa 2-3, vero?“) e tanto meno fare la valutazione al suo
posto, presumendo di conoscere come si sente.
●
Se il paziente dice di non aver compreso le istruzioni, usare esempi semplici, come
“immagini che questo sia un termometro per valutare il dolore; più il numero è alto più il
dolore è forte“. Non usare l’esempio dei voti a scuola, perché può confondere (10 a
scuola rappresenta un evento molto positivo mentre nel nostro caso 10 corrisponde ad
un evento altamente negativo).
●
Se il paziente contesta l'istruzione, dicendo per esempio che lui non può sapere qual è il
dolore peggiore in assoluto, ricordargli che si tratta di una valutazione soggettiva e
personale; chiedere di fare riferimento a quello che lui immagina essere il peggior
dolore;
●
Non mostrare o riferire al paziente la valutazione del dolore data in precedenza, anche
se lui stesso ne fa richiesta; rispondere che “per noi è importante avere la valutazione
del suo dolore in questo preciso momento”.
●
Non fare commenti sulla risposta data dal paziente. La valutazione del paziente non va
contestata. Per esempio non va mai detto "Ma come! Se prima mi aveva detto che il
valore era 6, come fa a dirmi che adesso è 8, dopo aver assunto un analgesico? E'
impossibile! ".
●
Ricordare sempre che la valutazione del dolore fatta dal paziente può essere influenzata
da molteplici fattori soggettivi e che lo strumento di misura che noi utilizziamo non è un
"termometro". Quando le valutazioni del paziente risultano incongruenti può essere
interessante cercare di capire perchè questo avviene.
●
Annotare la risposta nella scheda di valutazione.
●
Se il dolore riferito dal paziente è pari o superiore ad un valore soglia prestabilito,
avvisare il medico per decisioni sul trattamento o somministrare la rescue dose.
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INDICI ED ESPRESSIONI DI DOLORE
Espressioni facciali
Lieve aggrottamento delle ciglia, espressione triste spaventata
Smorfie, fronte corrugata, occhi chiusi o serrati
Qualsiasi espressione anomala
Ammiccamento rapido
Verbalizzazione, vocalizzi
Sospiri, lamenti, gemiti
Borbottio, cantilena, grida ad alta voce
Respiro rumoroso
Richiesta di aiuto
Eccessiva verbalizzazione
Movimenti del corpo
Postura rigida, tesa, guardinga
Agitazione
Aumento del cammino su e giù, dondolamenti
Movimenti ridotti
Cambiamenti nella marcia o nella mobilità
Cambiamenti nelle interazioni personali
Aggressività, opposizione alle cure
Diminuzione delle interazioni sociali
Atteggiamenti socialmente inappropriati o distruttivi
Ritrosia
Cambiamenti nelle attività abituali o routines
Rifiuto del cibo, cambiamenti dell’appetito
Aumento nei tempi di riposo
Cambiamenti del sonno, della tipologia del riposo
Improvvisa cessazione delle attività abituali
Incremento del cammino fine a se stesso
Cambiamenti dello stato mentale
Pianto o lacrime
Aumento della confusione mentale
Irritabilità o angoscia
Fonte: AGS Panel on Persistent Pain in Older Persons.
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Variazioni delle risposte comportamentali del bambino
in relazione alla durata del dolore
segni comportamentali
durata del dolore
Pianto
breve
Espressioni facciali di disagio
breve
Disturbi motori (localizzati / tutto il corpo)
persistente
Mancanza di interesse per l'ambiente
persistente
Mancanza di interesse per l'ambiente
persistente
Difficoltà di concentrazione
persistente
Disturbi del sonno
persistente
Ad ogni età maturativa psicomotoria del bambino corrisponde una differente modalità di risposta al dolore.
MODIFICAZIONI COMPORTAMENTALI in RISPOSTA al DOLORE
MOVIMENTI MOTORI
ESPRESSIONE VERBALE
ESPRESSIONE FACCIALE
Scalcia con le gambe, stringe i
pugni, contrazione muscoli,
agitato (piccoli gesti)
Pianto intermittente
Fa smorfie, aggrotta la
fronte, stringe la mascella
Movimenti lenti, si gira
lentamente
Pianto sostenuto,
lamentoso, piagnuccoloso
Scalcia aggressivo, si inarca, si
picchia da solo, si tormenta le
mani, si frega parti del corpo
Pianto anticipatorio, pianto di
paura
Tristezza, paura
Inizia ad indicare le parti dolenti,
preme le mani delle infermiere
Linguaggio = “mamma”
Rabbia, vigilanza aumentata
12 - 18 mesi Presa violenta, tremori, succhia
il tovagliolo
Aumento del pianto nel
tempo
Facies amimica
18 - 24 mesi Stereotipie motorie
Linguaggio = “fa male,
Evita il contatto con gli occhi
brucia”, linguaggio rallentato
Neonato
3 - 6 mesi
6 - 9 mesi
9 - 12 mesi
Viso serio
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Fattori che influenzano la soglia del dolore
La personalità e la cultura del paziente, le precedenti esperienze influenzano la sua reazione al dolore; il dolore
può risultare ingestibile quando se ne trascurino la componente mentale e sociale.
Fattori che abbassano
la soglia del dolore:
Sofferenza, malessere
Insonnia
Fatica
Ansia
Paura
Rabbia
Depressione
Noia
Introversione
Tristezza
Abbandono
Isolamento
Fattori che innalzano
la soglia del dolore:
Sollievo dei sintomi
Riposo
Sonno
Riduzione dell’ansia
Empatia
Comprensione
Stato d’animo
Terapia occupazionale
Compagnia
La misurazione del dolore permette di effettuarne la classificazione:
dolore compreso tra 1 – 3 è considerato di
LIVELLO A
= modesto
dolore compreso tra 4 – 6 è considerato di
LIVELLO B
= forte
dolore compreso tra 7 – 10 è considerato di
LIVELLO C
= grave
La misurazione del dolore si effettua:
•
•
•
•
•
●
alla accoglienza, se le condizioni cliniche lo permettono
3 volte al giorno, a tutte le persone ricoverate, insieme alla rilevazione dei parametri vitali.
La registrazione si effettua mediante l’uso di apposito timbro da apporre in diaria o utilizzando lo spazio per la
registrazione VAS previsto in cartella.
ogni qualvolta il paziente lamenta dolore.
ogni 3 ore, insieme ad altri parametri quando si attiva il trattamento farmacologico del dolore, mettendo in atto la
apposita scheda (allegato 3).
Se il paziente, dopo 2 controlli consecutivi, dichiara una VAS < 3 (indice di terapia antalgica efficace) il
dolore è rilevato 3 volte al giorno.
alla dimissione: il paziente con VAS < 3 può essere dimesso con la eventuale prescrizione di terapia antalgica a
domicilio
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IMPORTANTE:
IL CONCETTO che “I PAZIENTI CHE NON SI LAMENTANO NON SENTONO DOLORE“ è da considerare PRIVO DI
FONDAMENTO.
Lo scopo di quanto esposto è ottenere il comfort del malato sia a riposo che durante la respirazione, il movimento e la tosse;
inoltre, l’uso di protocolli di monitoraggio di vari parametri permette una rapida diagnosi degli effetti collaterali del trattamento.
IN PRESENZA DI DOLORE
i tempi di controllo del dolore sono riportati nella tabella successiva (tranne diversa prescrizione medica).
VALUTAZIONE DEL DOLORE
Dolore livello
A
3 volte al giorno o su richiesta del paziente
modesto
Dolore
livello
B
max 48 ore
Attivare la scheda di monitoraggio del dolore
C
max 72 ore
Attivare la scheda di monitoraggio del dolore
forte
Dolore
livello
grave
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IL TRATTAMENTO FARMACOLOGICO
Il dolore del bambino affetto da qualunque patologia (sia acuta che cronica), se possibile, deve essere controllato
al punto da permettere al piccolo paziente una vita normale.
Gli analgesici devono essere somministrati sempre se il dolore è disturbante e/o persistente.
Nei casi in cui la causa del dolore può essere determinata è possibile ed indispensabile instaurare il trattamento mirato oltre ad
una adeguata terapia sintomatica.
La prescrizione del trattamento analgesico può e deve essere effettuata sia dallo specialista ospedaliero sia dal pediatra di
famiglia, tenendo conto che:
1.
non esistono controindicazioni all'uso di analgesici nel bambino;
2.
solo quando il dolore è lieve e facilmente controllabile, l'analgesico può essere somministrato solo nel momento della
necessità (attenzione: se si segue il metodo "a richiesta" è possibile che il bambino tema che il dolore non possa essere
controllato e diventa sempre più spaventato); se invece il dolore è continuo l'analgesico va dato ad intervalli regolari, così
che la concentrazione ematica rimanga stabile, con la possibilità di una dose supplementare (rescue dose) quando vi è
intensificazione della sintomatologia dolorosa;
3.
i farmaci dovrebbero essere somministrati "secondo la via più appropriata": bisogna sempre preferire la via più
semplice, più efficace e meno dolorosa. Per selezionare la via migliore di somministrazione bisogna considerare il tipo
e l'intensità del dolore, la potenza del farmaco e l'intervallo richiesto tra le dosi.
Le iniezioni i.m. (dolorose e terrorizzanti) non dovrebbero essere utilizzate a meno di essere assolutamente necessarie. La
somministrazione rettale, ove possibile, è preferibile alla i.m..
L'analgesia controllata dal paziente è un nuovo approccio di somministrazione s.c. od e.v. dei farmaci (può essere utilizzata
in bambini sopra i 7 anni che schiacciando autonomamente un pulsante possono assumere una dose supplettiva di
analgesico per controllare un dolore che insorge malgrado una terapia di base).
Le dosi di analgesico devono basarsi "sul singolo bambino": l'obiettivo è l'individuazione della dose di farmaco che
prevenga il dolore prima che sia necessario somministrare la dose successiva.
Fondamentale è il monitoraggio continuo del dolore del bambino per adeguare la dose degli analgesici necessari per il
controllo.
4.
La somministrazione deve iniziare prima che il dolore diventi troppo intenso, e quindi, difficilmente controllabile;
5.
La somministrazione di analgesici non deve mai essere interrotta improvvisamente;
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Via di somm.
Vantaggi e
svantaggi
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orale
sublinguale
rettale
transdermica
Non
dolorosa
Semplice
utilizzo
Fastidiosa
per i bambini
Preferita
dai
bambini
Ripidità
d’azione
Ampia
variabilità di
biodisponibilità
Non dolorosa
Solo fentanyl
Controindicata
in pazienti che
non hanno
assunto
oppioidi
Utile se
vomito
Solo se dolore
stabile
SC
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EV
Evita accesso Rapido
venoso
controllo
dolore
Appropriata
per PCA
Facile
modulazione
Pratica per th
domiciliare
Utile per boli
ed infusione
continua
IM
Dolorosa
Non
raccomandata
Ampia
variabilità
livelli
plasmatici
Appropriata
per PCA
Vomito
-
+
++
+
++
+
-
Occlusione
intestinale
-
+
-
++
++
+
-
Disfagia
-
+
++
++
++
+
-
Diarrea,
colostomia
++
+
-
++
++
+
-
Turbe cognitive
+/-
+/-
+/-
+/-
+/-
+/-
-
Dispnea severa
+/-
+/-
-
++
++
+
-
+
+
+/-
+
+
+
-
Dolori fluttuanti
++
+/-
+/-
-
++
+
-
Dolori alla
mobilizzazione
++
+
-
+
++
+
-
Aggiustamenti
iniziali dose
++
+
-
-
++
+
-
Aggiustamenti
frequenti dose
++
-
+
-
++
+
-
Dosi di riserva
++
-
-
-
++
+
-
Interventi di
urgenza
++
+/-
+/-
-
++
+
+/-
Dolori segmentari
vie di somministrazione dei farmaci analgesici:
leggenda:
++ appropriata;
+ possibile;
– non appropriata;
+/- parzialmente possibile
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Allegato A
INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE PER IL TRATTAMENTO DEL DOLORE
IN ETA’ PEDIATRICA
Livello A
- dolore modesto -
VAS 1 - 3
- FARMACI ANTINFIAMMATORI NON STEROIDEI Principio attivo
Dosaggio
Paracetamolo
Emivita
Assorbimento
somministrazione
Commenti
1-4 h
Buono e quasi
completo quello
gastroenterico
Os/rettale
Non influenza la funzionalità piastrinica, tollerato dai
portatori di ulcera gastrica e dagli allergici agli ASA
OS: dose attacco 20 mg/kg seguita
da 15 mg/kg ogni 4 ore
Dose massima: 100 mg/kg/die
RETTALE dose attacco 40 mg/kg
seguita da 20 mg/kg ogni 6 ore (o
30 mg/kg ogni 8 ore)
Acido Acetil-salicilico
Tossicità epatica
Antidoto: N-acetil-cisteina
3–12 h
10-15 mg/kg ogni 6-8 ore
Buono gastroenterico
Incostante rettale
Ibuprofene*
3-4 h
Os, rettale
Salicil. Lisina:
os/i.m./e.v./rettale
Gastro-enterica, ematopoietica, ipersensibilità,
salicilismo (salicilemia > 25 mg% : tinnito,
tachipnea, tachicardia, nausea, vomito, cefalea,
torpore)
Os/rettale
2,5-10 mg/kg (Ad 150-600 mg) ogni
6-8 ore
Flurbiprofene*
6 ore
Buono quello
1 mg/kg ogni
Os/rettale
Gastroenterica (nausea, vomito, epigastralgie)
Os/rettale/i.m/e.v.
Neurologica (cefalea, sonnolenza, raramente
ipoacusia)
gastro-enterico e
Ketoprofene*
rettale
1-2 mg/kg (Ad 50-100) mg ogni 612 ore
Naproxene*
Ematopoietica
12 h
Os/rettale/i.m.
5-10 mg/kg (Ad 250-500 mg) ogni
8-12 ore
Noramidopirina
Buono quello
gastro-enterico e
rettale
100-1000 mg ogni 6 ore
Ketorolac trometamina*
4-6 h
OS 0,2 mg/kg (max 10 mg) ogni 4-6 picco:
h
os 3° h;
e.v. i.m. 0.5 mg/kg prima dose poi
0.2-0.3 mg/kg ogni 4-6 h
e.v.; i.m.
1°h
Buona (81%)
biodisponibilità
orale
Os/i.m/e.v.
Gastro-intestinale (minore rispetto all’aspirina)
Ematopoietica scarsa
30 mg i.m dose equianalgesica a 12 mg di morfina
o 100 mg di petidina
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Livello B
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- dolore forte -
VAS 4 - 6
- OPPIOIDI DEBOLI Farmaco
Dosaggio
emivita
Codeina
0.5 - 1 mg ogni 4 2,5-3 h
ore (per bambini di
età > 6 mesi)
(per lattanti < 6
mesi:
dose
di
partenza ridotta ad
1/4 - 1/3 della dose
per i bambini più
grandi)
Buprenorfina
0.2 - 0.4 mg ogni 4 4 h
ore
durata
analgesia
6-10 h
Rapporto
parenterale/orale
Somministrazione
1:1,5
Orale (solitamente viene
somministrata in
(ha la più elevata associazione con il
biodisponibilità tra Paracetamolo con
gli oppiacei)
rapporto 1:100)
Commenti
Relativamente più tossica in alte
dosi, compresa nausea, vomito e
stipsi (oppiaceo che provaca
maggiore effetto collaterale)
la somministrazione
parenterale non è
raccomandata
Non utilizzato per Sublinguale (non orale
via parenterale
perché inattivato da
acidità gastrica)
Farmaco
ANTAGONISTA
AGONISTA-
(forte affinità per i recettori e alta
stabilità di legame- 30 volte più
potente della morfina)
potente effetto DISFORICO
Controindicato
epatica
nell’insufficienza
Nausea e vomito frequenti
NB. Effetti collaterali difficilmente
reversibili
con
naloxone
(somministrare dosi molto elevate)
Tramadolo
1 – 2 mg/kg per 4 0.6 h
dosi/die
1:1,5
Orale (assorbimento del
90%)
e.v., sottocutanea,
rettale, peridurale
Oppioide sintetico agonista con
azione anche su inibizione reuptake noradrenalina ed aumento
concentrazioni extraneuronali di
serotonina
Nausea e vomito frequenti
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Livello C
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- dolore grave -
VAS 7 - 10
- OPPIOIDI FORTI
Farmaco
Dosaggio e vie di somministrazione
emivita parent/
orale
Morfina
Dose per os iniziale raccomandata: 0.15-0.3 mg/kg 2,5 – 3 1:3
ogni 4 ore (per bambini di età > 6 mesi)
h
in caso di utilizzo di formulazioni a lento rilascio in
granuli: dose iniziale raccomandata
0.6 mg/kg ogni 8 ore;
0.9 mg/kg ogni 12 ore
dose iniziale raccomandata: 0.2 mg/kg ogni 4 - 12 15 – 20 1:2
h
ore
(unico farmaco antidolorifico per cui può essere utile
somministrare le prime dosi “su richiesta” con
intervallo minimo di 4 h, successivamente (dopo 24
– 48 h) a dosaggio ben stabilito, si può passare ad
una somministrazione ad orari fissi.
Per lattanti < 6 mesi: dose di partenza ridotta
ad ¼ - 1/3 della dose per i bambini più grandi
poiché particolarmente sensibili agli effetti
depressori sul respiro e per il rischio di stati
convulsivi
è bene, per quanto possibile, evitare l’utilizzo di
morfina nei primi 2 mesi di vita
infusione e.v. o s.c. con modalità
continua:
dose iniziale 0.03 mg/kg/ora
intermittente: dose iniziale 0.05 - 0.1 mg/kg ogni 2-4
ore
Metadone
Commenti
Utilizzato in bambini non in grado di tollerare la
morfina a causa di effetti collaterali (sedazione
o nausa)
attenzione al "fenomeno di accumulo": avviene
lentamente, può sviluppare ed evidenziare
segni di sovradosaggio nei giorni successivi
può causare irritazioni se somministrato per via
s.c.
Attenzione: il metadone dove essere usato con
estrema cautela in bambini le cui condizioni
cambiano
rapidamente
o
che
hanno
complicanza metaboliche: in tali pazienti vi
possono essere alterazioni della clearance del
farmaco e quindi aumento degli effetti
collaterali.
Fentanyl
Dose iniziale raccomandata: 0,5-2mcg/kg per h o in 3 h
infusione continua
N.B. Dose > 3 mcg/kg provoca rigidità parete
toracica e importanti difficoltà respiratorie
Formulazione transdermica: utile in pz > 12 kg e >
12 aa
Petidina
Non
Ideale per l’analgesia
applicabile procedure dolorose
in
corso
di
brevi
Provoca meno prurito rispetto alla morfina
Formulazione transdermica: non adatto in
dolore acuto o in pazienti con un non adeguato
controllo del dolore
pericolosa ad alti dosaggi per la possibilità di accumulo di un suo metabolita (normeperidina) che produce neuroeccitabilità.
Vista la lunga emivita della normeperidina (5 volte rispetta alla petidina) la riduzione del dosaggio nei pazienti intossicati può
aumentare l’eccitabilità del SNC fino a crisi convulsive. Gli effetti della normeperidina sono ACCENTUATI (non inibiti) dal
naloxone
I farmaci contrassegnati con l’asterisco (*) non sono ancora registrati in Italia per l’uso in tutte le fasce di età pediatrica, anche se
il loro uso è riportato in letteratura e sono normalmente utilizzati in molti ospedali pediatrici.
Attenzione ai FANS:
da usare con prudenza nei neonati e nei pazienti con alterazioni ematologiche, poiché sono antiaggreganti
piastrinici.
L'aumento delle dosi di analgesici non-oppioidi sopra i livelli consigliati produce un "effetto tetto" (piccolo
aumento dell'effetto analgesico, ma grande aumento di effetti collaterali e reazioni tossiche).
Se un FANS, associato o meno ad un farmaco adiuvante, non porta ad un efficace controllo del dolore da lieve a moderato,
è consigliabile passare all’uso di un oppioide
6.
In caso di insuccesso o di progressione della sintomatologia si deve proseguire prescrivendo oppiodi deboli: il più
utilizzato è la codeina, soprattutto in associazione con FANS (acido acetilsalicilico e paracetamolo) in formulazioni già
predisposte. La Buprenorfina, soprattutto nella formulazione sublinguale, viene utilizzato per il controllo del dolore
moderato: è necessario ricordare che per la sua attività agonista-antagonista non deve essere utilizzata
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contemporaneamente ad oppioidi ad attività agonista pura. Inoltre la buprenorfina, soprattutto nei bambini, presenta una
spiccata attività disforica: tale effetto collaterale può essere molto disturbante soprattutto nei pazienti con diminuito tono
dell’umore. Il tramadolo può essere utilizzato per la maneggevolezza del farmaco soprattutto nelle condizioni di
sintomatologia algica importante, ma che non richiedono ancora la somministrazione di un oppioide forte.
7.
L’oppioide forte di scelta nel dolore severo, specie se oncologico, è la morfina.
La morfina agisce bloccando la trasmissione del dolore, legandosi a recettori specifici localizzati nel sistema nervoso
centrale. E’ un analgesico sicuro ed efficace.
I farmaci oppioidi maggiori non hanno un "effetto tetto": la dose corretta per gli oppioidi è quella che prevede un
adeguato controllo del dolore con un accettabile grado di effetti collaterali.
Il dosaggio iniziale degli oppioidi potrebbe essere ridotto in bambini con grave malnutrizione, disfunzioni epatiche e renali,
insufficienza multi-organica o per quelli già in stato di sedazione.
Esiste la possibilità di sostituire un farmaco oppioide con un altro farmaco rispettando la dose equianalgesica: la
sostituzione può avvenire sia perché il farmaco utilizzato non è più efficace ed è quindi necessario passare ad un farmaco con
maggiore potenza antalgica, sia perché si vuole sostituire un oppioide con un altro per ridurre od annullare gli effetti collaterali
determinati dal primo (“rotazione degli oppioidi”).
DOSE EQUIANALGESICA RISPETTO ALLA MORFINA
Farmaco
Dose equianalgesica rispetto alla morfina
le dosi equianalgesiche sono basate su studi singola dose nell’adulto
(la tabella deve essere utilizzata solo come orientamento di massima, dato che le risposte dei pazienti variano)
Orale
sublinguale
rettale
Transdermica
Sottocutanea-e.v
Morfina
30
-
30
-
10 (anche i.m.)
Codeina
200
Metadone
20
-
-
-
10
Fentanyl#
-
-
-
100 mcg
100 mcg
Buprenorfina
-
0.4
-
-
0.3 (i.m.)
Petidina*
300 mg
-
-
-
75 mg
Tramadolo
150
130 (i.m.)
100
la petidina non è raccomandata per l’uso cronico, poiché ha una emivita lunga e la possibilità di accumulo di metabolici tossici
l’infusione continua di fentanyl a 100 mcg/ora è approssivamente equianalgesica ad una infusione di morfina di 2,5 mg/ora;
fattore di conversione tra fentanyl transdermico e morfina per os: 100 mcg/ora di fentanyl transdermico corrispondono a 240
mg di morfina per os ad effetto ritardato
Quando il cambio è fatto con un oppioide a emivita breve in un paziente che ha sviluppato tolleranza agli oppioidi, il nuovo
farmaco dovrebbe essere dato al 50% della dose equianalgesica (a causa di una incompleta tolleranza crociata) e modulato sino
all’efficacia.
Il ricorso ad oppioidi maggiori va concordato con la famiglia che deve essere a conoscenza dei rischi associati (depressione
respiratoria) e dell'effetto ipnotico che ridurrà nel bambino la capacità di interazione con l'ambiente, quindi il suo stato di
coscienza.
8.
I farmaci oppioidi causano effetti collaterali simili.
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Questi problemi devono essere previsti e trattati in modo che al controllo del dolore non si associno effetti collaterali
intollerabili. I genitori dovrebbero essere avvisati della possibilità di avere una minima sedazione all’inizio del trattamento,
ma che questa si esaurisce generalmente nel giro di pochi giorni.
Gli effetti collaterali si distinguono in:
•
precoci: nausea; vomito (1/3 dei pazienti non necessita di terapia antiemetica); secchezza delle fauci;
confusione. Si risolvono generalmente in via spontanea entro pochi giorni.
•
Persistenti: (senza possibilità di regressione): stipsi (tutti i pazienti dovrebbero essere trattati con lassativi) che
generalmente richiede trattamento adeguato.
•
rari: anoressia, sudorazione, xerostomia, prurito, depressione respiratoria (la cui cura dovrebbe basarsi sullo stato
di salute specifico del bambino e sugli obbiettivi stessi del trattamento), mioclonie (benigne nel periodo
dell'addormentamento, da trattare se compaiono nelle ore di veglia o se sono violente);
Possono essere importanti tanto da obbligare a rivedere lo schema terapeutico. Esiste la possibilità di modificare la via di
somministrazione del farmaco o di sostituire l’oppioide con un altro con minori effetti collaterali.
In caso di insorgenza di effetti collaterali, bisogna modificare il dosaggio del farmaco (od eventualmente sostituire il farmaco)
ed attuare una adeguata terapia di supporto.
EFFETTI COLLATERALI DEGLI OPPIOIDI E TRATTAMENTO TERAPEUTICO
Depressione respiratoria
A. Sospensione oppioide
B. Sostegno respiratorio
C. Naloxone: 1-2 mcg/kg ripetibile fino ad un MAX di 10
mcg/kg)
Sedazione
D. Ridurre dose oppioide
E. Aggiungere farmaci stimolanti
F. In caso di overdose ed apnea: Naloxone: 0.01 – 0.1 mg/kg
Nausea – Vomito
G. Ondansetron: 0.1 mg/kg e.v.
H. Metoclopramide : 0.1 – 0.2 mg/kg e.v.
Prurito
I. Rotazione oppioide
J. Defenildramina 1 mg/kg e.v.
K. Naloxone: 0.001 – 0.002 mcg/kg/h
Ritenzione urine
L. Naloxone: 0.001 – 0.002 mcg/kg/h
Spasmo biliare
M. Naloxone: 0.001 – 0.002 mcg/kg/h
RACCOMANDAZIONI:
In presenza di esofagite, gastrite ed ulcera duodenale SI RACCOMANDA l’uso mirato di farmaci specifici
(citoprotettori della mucosa gastrica, antiacidi ed IPP)
L’utilizzo a lungo tempo di farmaci oppioidi determina l’insorgenza di:
Tolleranza: fenomeno per il quale, per ottenere lo stesso effetto analgesico iniziale, è necessario aumentare
progressivamente la dose di farmaco (i farmaci diventano meno potenti, quando il loro uso è protratto nel tempo). Si
sviluppa abbastanza rapidamente (durante le prime 2 settimane di trattamento) sia per l’effetto analgesico che per gli
effetti collaterali; successivamente si assiste ad una stabilizzazione del dosaggio, che non richiede ulteriori altri
incrementi.
Dipendenza:
fisica che si sviluppa parallelamente alla tolleranza ed è caratterizzata da segni e sintomi tipici (
sindrome di astinenza: irritabilità, ansia, insonnia, diaforesi, tremori, crampi addominali, rinorrea, lacrimazione, nausea,
vomito, dolori e spasmi muscolari, crampi addominali e diarrea) che compaiono all’improvvisa interruzione della
somministrazione del farmaco.La graduale riduzione del dosaggio del farmaco (qualora la terapia con l’oppiaceo sia
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iniziata dal più di una settimana) evita la comparsa di qualsiasi segno di crisi di astinenza. Psicologica caratterizzata
da una sensazione di particolare benessere associata con l’assunzione di un dato farmaco e dalla necessità di
assumerlo per ottenere gli effetti psichici desiderati. Sembra essere eccezionale nei pazienti con una sintomatologia
algica che assumono il farmaco per una reale necessità di controllo del dolore.
N.B. Dipendenza fisica e tolleranza sono ad ogni modo fenomeni fisiologici che si verificano in ogni persona che assume
oppioidi su base cronica: è dunque necessario che i sanitari rassicurino paziente e genitori sul fatto che dipendenza fisica e
tolleranza agli oppioidi sono fenomeni normali e non significa che loro figlio è diventato dipendente psicologico. Esiste il
fenomeno denominato “pseudo-dipendenza psicologica” caratterizzato da un “atteggiamento di ricerca del farmaco” (frequente
richiesta di oppiacei, richiesta di aumento delle dosi, continua osservazione dell’orologio per aspettare la dose successiva)
quando il controllo del dolore è sotto i livelli ottimali e in genere scompare una volta che il problema venga trattato in modo
mirato ed aggressivo e la cura bilanciata in modo da fornire un controllo soddisfacente.
Per evitare la comparsa di sintomi di astinenza è necessario operare un adeguata e lenta sospensione dei farmaci.
MODALITA’ DI SOSPENSIONE DEGLI OPPIOIDI
Terapia breve (durata < 1 settimana)
Riduzione del 25 – 50 % della dose al giorno
Terapia lunga (durata > 1 settimama)
Riduzione del 20% nelle prime 24 h
Riduzione del 10% ogni 8 – 12 h se tollerato,
altrimenti riduzione più lenta
9.
Non sostituire un farmaco con uno della stessa categoria: esistono molte alternative al farmaco capoclasse, ma nessuna
evidenza dimostra che gli analoghi funzionino meglio.
10. A causa del diverso livello di azione (i FANS a livello tissutale, gli oppioidi a livello centrale) l'associazione FANS + oppioidi
(deboli o maggiori) può funzionare meglio di entrambi somministrati singolarmente.
11. Molti farmaci possono essere Adiuvanti nella terapia di bambini con dolore. Tali farmaci possono aiutare a controllare il
dolore risollevando lo stato d’animo del bambino, riducendo il livello d’ansia o riducendo gli effetti collaterali fastidiosi dei
farmaci analgesici o migliorando direttamente l’effetto analgesico.
A. Antidepressivi: controllano sia il dolore (soprattutto di origine neuropatica – efficaci nella componente disestesia ed
allodinia - per cui rappresentano il farmaco di elezione) tanto quanto lo stato depressivo ad esso associato; inoltre
migliorano il sonno e possono migliorare l’effetto analgesico degli oppiacei. Si osserva un immediato miglioramento del
sonno e un più tardivo miglioramento del dolore (dopo 5 – 7 giorni).
B. Anticonvulsivanti: possono controllare il dolore neuropatico (soprattutto se “trafittivo” o “a pugnalate” ). Il
meccanismo di azione si ritiene dovuto alla stabilizzazione della membrana ed alla soppressione della scarica
neuronale. Il dosaggio dovrebbe essere incrementato gradualmente fino a raggiungere il range terapeutico dei livelli
plasmatici per il controllo dell’epilessia o sino alla comparsa di effetti collaterali inaccettabili (lo steady-state dei livelli
plasmatici è raggiunto in circa 1-2 settimane).
C. Stabilizzatori di membrana (GABA agonisti) antagonizzano la trasmissione nervosa (minor rilascio di
neurotrasmettitori) attraverso la modulazione dei canali del calcio. Sono utili soprattutto per il controllo dei parossismi
D. Neurolettici (soprattutto fenotiazine e butirrofenoni) sono usati per il controllo della nausea e del vomito e per il
trattamento delle psicosi e delle crisi di agitazione acuta. La principale indicazione analgesica è il dolore cronico con
lesioni riconoscibili. Gli importanti effetti collaterali (sedazione, disforia, ipotensione, visione offuscata, secchezza delle
fauci, reazioni extrapiramidali) ne limitano il loro utilizzo.
E. Sedativi, Ipnotici ed ansiolitici: le benzodiazepine hanno un largo impiego poiché possono dare sollievo ad episodi
di ansia acuta, risolvere uno spasmo muscolare, essere utilizzati come premeditazione per procedure dolorose. Effetti
collaterali sono: sonnolenza, ipotensione posturale ed ipotonia muscolare.
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monitoraggio e trattamento del dolore
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F. Antiemetici: sono fondamentali per il controllo della nausea e del vomito indotto sia dalla terapia della patologia di
base, sia dalla terapia con oppiacei.
G. Antistaminici: particolarmente utili per il controllo del prurito indotto dagli oppioidi. Se associati agli oppioidi hanno
un effetto analgesico additivo. Indicazioni oltre al prurito sono l’ansia e il vomito.
H. Corticosteroidi: utili per il controllo del dolore da infiammazione associato a compressione nervosa, per la cefalea da
ipertensione endocranica e per il dolore da metastasi ossee.
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PRINCIPALI FARMACI ADIUVANTI
Classe farmacologica
Farmaco
Dosaggio
Effetti collaterali
Antidepressivi
Amitriptilina
Dose iniziale 0.2 – 0.4 Effetti anticolinergici
mg/kg/die
serale (Secchezza fauci, stipsi,
(aumentabile ogni 2-3 visione offuscata)
giorni fino a 1-2 mg/kg)
Anticonvulsivanti
Carbamazepina
4
mg/kg/die
→
10 Nausea, vomito, atassia,
sonnolenza, letargia,
mg/kg/die in 2 sottodosi
confusione, pancitopenia
Fenitoina
5 mg/kg/die in 2 sottodosi
Clonazepam
1.3 – 0.02 mg/kg/die
in 2 sottodosi
Gabapentina
8 – 35 mg/kg/die in 2-3 Sonnolenza, vertigini,
dosi
atassia, astenia
Clorpromazina
Per os. 0.5 mg/kg/dose
ogni 4-6 h
Stabilizzatori di
membrana
Marcato effetto
soporifero, depressione
respiratoria, problemi
comportamentali
(GABA agonisti)
Neurolettici
Considerare l’uso
concomitante degli
antistaminici per evitare
reazioni diatoniche alle
1 mg/kg/dose ogni 4-6 h
alte dosi o dopo lunghi
0.05-0.075 mg/kg/die in periodi di trattamento
2-3 dosi
e.r. 1 mg/kg/dose
ogni 4-6 h
Prometazina
Alloperidolo
(dai 3 ai 12 anni)
Benzodiazepine
Diazepam
Lorazepam
Midazolam
0.05 – 0.2 mg/kg/dose L’effetto sedativo può
limitare l’uso degli
p.os ogni 4-6 h
oppioidi.
0.05 – 0.2 mg/kg/dose
Altri effetti collaterali
p.os ogni 4-6 h
sono: depressione e
0.05 – 0.2 mg/kg/dose dipendenza con l’uso
p.os ogni 4-6 h
prolungato.
oppure
L’effetto paradosso
0.05 mg/kg ev 5 minuti (agitazione) si verifica
soprattutto se il farmaco
prima della procedura o
viene sottodosato
0.3 – 0.5 mg/kg p. os 3040 min prima della
procedura
12. Oltre alla terapia farmacologica il bambino può beneficiare molto della vicinanza delle persone
a lui più care, del racconto di fiabe, della presenza di altri bambini con cui poter giocare.
13. Le terapie non farmacologiche devono essere parte integrante della terapia antalgica del dolore: possono essere
supplementari, ma non sostitutivi di un adeguato trattamento farmacologico.
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Allegato B
Di seguito si riportano facsimili di schede che occorrono per la raccolta dati
INDICAZIONI OPERATIVE PER IL TRATTAMENTO DEL DOLORE
IN ETÀ PEDIATRICA
TERAPIA ANTALGICA PER LIVELLO DI DOLORE
REPARTO DI:......................................................................................................................................................
Imposta la terapia antalgica:
medico di reparto
anestesista
Gestione terapia antalgica
medico di reparto
anestesista
LIVELLO A
- dolore modesto bolo iniziale
Terapia antalgica
1° – 2° giorno giorni successivi
VAS 1 – 3
Rescue dose
malattia
Somministrato
in base a
VALUTAZIONE
MEDICA
intervento chirurgico
day surgery
Per la
prescrizione
VEDERE
CHIARIMENTI
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CHIARIMENTI
1. Il BOLO INIZIALE è somministrato in seguito a valutazione medica
2. Per la somministrazione della RESCUE DOSE ci si comporta come da schema seguente:
Somministrazione
RESCUE DOSE
VAS 4-6
VAS 7-10
INFERMIERE
Somministrazione rescue dose prescritta
Controllo VAS a distanza di 1 ora dall’inizio
della somministrazione
INFERMIERE
CHIAMARE IL MEDICO
Se VAS di livello B o C
CHIAMARE IL MEDICO
VALUTAZIONE MEDICA
TERAPIA
continua
A
Rescue dose con Morfina
TERAPIA
B
C
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LIVELLO B
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- dolore forte bolo iniziale
malattia
intervento chirurgico
day surgery
Somministrazione tramite
EPIDURALE
Terapia antalgica
1° – 2° giorno
VAS 4 – 6
Rescue dose
giorni successivi
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LIVELLO C
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- dolore grave bolo iniziale
Terapia antalgica
1° – 3° / 4° giorno
VAS 7 - 10
Rescue dose
giorni successivi
malattia
intervento chirurgico
day surgery
Somministrazione tramite
EPIDURALE
NB: I nomi dei farmaci ( nel rettangolo verde ) sono quelli che attualmente sono forniti dalla farmacia
dell’ospedale.
IN SEGUITO QUESTA PARTE SARÀ SOSTITUITA DALLE SCELTE TERAPEUTICHE DI OGNI REPARTO
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Allegato C
MANAGEMENT TERAPIA ANTALGICA LIVELLO B - C
TB
TB
NO
NO
NO
TB
SI
SI
SI
> 4
o
> precedente
> 4
o
> precedente
VALUTAZIONE
MEDICA
pres.
m ed.
C
> 4
o
> precedente
VAS
dopo 1 h TB
TB
inf.
som .
inf.
Rd
VAS
dopo 1 h
inf.
inf.
CONTINUA TERAPIA DI BASE +
VAS
dopo 1 h
Rd
inf.
inf.
AUM ENTO DEL DOSAG G IO della M ORFINA
ATTIVARE PERCORSO ASSISTENZIALE
PERSONALIZZATO
TB
NO
TB
NO
NO
TB
SI
SI
SI
> 4
o
> precedente
> 4
o
> precedente
> 4
o
> precedente
pres.
m ed.
B
TB
VALUTAZIONE
MEDICA
VAS
dopo 1 h TB
som.
inf.
inf.
Rd
VAS
dopo 1 h
inf.
inf.
Rd
VAS
dopo 1 h
inf.
CONTINUATERAPIA
TERAPIADI
DIBASE
BASE ++ EVENTUALE
con M
MORFINA
ORFINA
CONTINUA
EVENTUALE Rd
Rd con
LEG ENDA
* B = dolore livello B - forte * C = dolore livello C - grave -
*
*
*
*
*
*
TB = terapia antalgica di base
VAS = scala analogica visiva
Rd = rescue dose
pres.m ed. = prescrizione m edica
som .inf. = som m inistrazione terapia dall'inferm iere
inf. = infermiere
* VAS dopo 1 h = controllo VAS a distanza di 1 ora dall'inizio della som m inistrazione del farm aco
inf.
C
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IMPORTANTE
PAZIENTE INSTABILE:
dolore intenso, inatteso, particolarmente se improvviso o associato ad
alterazione dei segni vitali
l’infermiere AVVISA il medico di reparto
per la rivalutazione
clinico-chirurgica e la terapia di eventuali complicanze
PREEMTIVE ANALGESIA
La somministrazione del
farmaco inizia il giorno precedente
l’intervento.
TERMINE O MODIFICA DEL TRATTAMENTO ANTALGICO DI BASE PER LIVELLO DI DOLORE B - C
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Il medico di reparto:
1.
2.
3.
4.
verifica le condizioni del paziente (parametri vitali stabili e VAS ≤ 3);
sospende il trattamento di base;
prescrive terapia antalgica secondo quanto previsto dal protocollo terapeutico o le condizioni cliniche del paziente;
effettua o sovrintende alla rimozione del catetere epidurale, se a dimora;
N.B.: tale presidio deve essere rimosso a distanza di almeno 12 ore dall’uso di eparine a basso peso molecolare e di 4 ore
dall’uso di eparina calcica
5. sigla la chiusura della scheda di gestione del dolore postoperatorio.
Se a distanza di 48-72 ore il paziente ha ancora dolore, VAS > 4, viene valutata da parte del medico di reparto la
possibilità di continuare il piano terapeutico in atto, oppure una sua eventuale modifica, o il coinvolgimento del
medico anestesista o di altri specialisti.
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TERAPIE NON FARMACOLOGICHE
Terapie di supporto
Metodi cognitivi
Metodi comportamentali
Terapie fisiche
sostengono e danno forza al
bambino ed alla famiglia
¶
¶
¶
¶
¶
Cure centrate sulla famiglia
Informazioni precise
Empatia
Possibilità di scelta
Gioco
influenzano i pensieri dei bambini (la
distrazione attiva dell'attenzione del
bambino è molto importante)
¶
¶
¶
Musica
Immaginazione
Ipnosi
modificano i comportamenti
¶
¶
Respirazione profonda
Rilassamento
¶
¶
Contatto fisico
Caldo e freddo (attenzione ai
bambini di pochi anni: possibilità di
danni fisici)
Stimolazione nervosa elettrica
transcutanea
interessano il sistema sensoriale
¶
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TIPO DI DOLORE
PROPRIOCETTIVO
SOMATICO
VISCERALE
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POSSIBILI
CAUSE
FISIOPATOLOGIA DELLA
STIMOLAZIONE ANTALGICA
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CARATTERISTICHE DEL DOLORE
- infiammatorie
- metaboliche
- meccaniche
Stimolazione (meccanicabiochimica) delle terminazioni
nervose su:
- strutture cute
- muscoli
- ossa
Costante
gravativo
ben localizzato
accentuato da posizione (eretta/seduta)
Stiramento
capsula organo
Stimolazione (meccanicabiochimica) delle terminazioni
nervose su:
- organi toracici
- organi addominali
- organi pelvici
Profondo/diffuso
Mal localizzato
Spesso accompagnato da sintomi
neurovegetativi
Occlusione
organo cavo
Pulsante/puntorio
crampiforme
NEUROPATICO
Origine
PERIFERICA
Origine
CENTRALE
LOCALIZZATA
Origine
CENTRALE
DIFFUSA
Stimolazione (meccanicabiochimica) di
- radici nervose
- tronchi nervosi
- nervi periferici
Stimolazione (meccanicabiochimica) di
- midollo osseo
- strutture sopra midollari
- strutture cerebrali
Allodinia e/o disestesia
Ipoalgesia o anestesia dolorosa
Parossismi tipo scosse elettriche o dolore
lancinante
PRECISAMENTE
LOCALIZZATI
Segni e sintomi simili a quelli del dolore
periferico
LOCALIZZAZIONE è
- SEGMENTALE
- DIFFUSA (a tutto, metà o parte
del corpo)
Disestesia generalizzata → BAMBINO
INTOCCABILE
Disestesia “a mosaico”
(non sintetizzabile rispetto ad un “livello
neurologico”)
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Allegato D
SCHEDA MONITORAGGIO DEL DOLORE
Reparto_______________________________n° nosologico_____________
COGNOME NOME: _______________________________Data nascita:_____________
livello di dolore:
diagnosi:_____________________________________________
VAS / ore: _____________
medico_________________________
data___________________ore_________
B
C
Intervento chirurgico________________________________livello previsto di dolore
B
VAS / ore _____________
medico_________________________ data__________ore_________
C
Terapia antalgica
medico_________________ data__________________ ore__________
• bolo iniziale__________________________________________________somministrato
SI
NO
• mantenimento_____________________________________________________in atto
SI
NO
• rescue dose ( VAS > 4 )___________________________________________________________
Data
Ora
F.C.
P.A.
F.R.
T0
* parte posteriore della scheda
T.C.
VAS
Sede
Sedaz.
Nau.
Vom.
Pru.
R. d.
Firma Infermiere
Note
Firma medico
Note
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Data
Ora
F.C.
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P.A.
* scheda aggiuntiva
F.R.
T.C.
VAS
Sede
Sedaz.
Nau.
Vom.
Pru.
R. d.
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Firma Infer.
Note
Firma medico
Note
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COGNOME NOME_____________________________________________________pag__________
Data
Ora
F.C.
P.A.
F.R.
T.C.
VAS
Sede
Sedaz.
Nau.
Vom.
Pru.
R. d.
Firma Infer.
Note
Firma medico
Note
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LEGENDA DELLA SCHEDA DI MONITORAGGIO DEL DOLORE
Sezione
Generale
Argomento
Reparto
n° nosologico
Diagnosi di
accettazione
Livello di dolore
Sezione A
Livello
B
Livello
C
VAS routine per ore
Medico
Intervento chirurgico
Livello previsto di
dolore
Livello B
Livello C
VAS routine per ore
Medico
Terapia antalgica
Bolo iniziale
Terapia base
Sezione B
Rescue dose > 4
FC
PA
Sezione C
FR
TC
VAS
Sede
Sedazione
Nausea, vomito, prurito
Cd (rescue dose)
Note infermiere
Note medico
Note
E’ il reparto di degenza
E’ il numero di scheda nosologica
È la diagnosi di ingresso in ospedale (PS, reparto) o la diagnosi al momento in cui s’inizia la
compilazione della scheda.
È l’attribuzione del livello di dolore presente all’ accettazione. È sulla base di ciò che si imposta la
terapia antalgica.
Dolore forte
VAS 4 – 6
Dolore grave
VAS 7 – 10
Il medico prescrive il tempo in cui il controllo VAS è effettuato ogni 3 ore.
Se non vi è prescrizione la VAS si controlla per il tempo previsto dalle linee guida.
Firma del medico che effettua la valutazione del paziente e prescrive il controllo VAS e/o il
trattamento farmacologico.
È l’intervento chirurgico effettuato al paziente.
È l’attribuzione del livello di dolore presente/prevedibile per l’intervento chirurgico effettuato al
paziente. È sulla base di ciò che si imposta la terapia antalgica.
Dolore forte
VAS 4 – 6
Dolore grave
VAS 7 – 10
Il medico prescrive il tempo per cui il controllo VAS è effettuato ogni 3 ore.
Firma del medico che ha praticato il trattamento chirurgico o post traumatico e prescrive il
controllo VAS e/o il trattamento farmacologico.
Data ed orario della prescrizione terapeutica e firma del medico.
E' la prescrizione per il bolo iniziale e la segnalazione se è stata praticata.
E’ da segnalare se è stato effettuato oppure no.
E' la terapia antalgica di base prescritta, da effettuare nel tempo, come previsto dalle linee guida
per il livello di dolore. E' da segnalare se è in atto oppure no.
E' la terapia da effettuare se il paziente presenta la percezione del dolore > 4.
Vedere il diagramma di flusso del management del dolore post intervento.
< 45/m chiamare il medico in particolare se è in terapia la morfina.
< 80 mmHg di pressione massima chiamare il medico.
Per i valori pressori è importante tenere conto di quelli di base del paziente (iper o ipotensione di
base).
< 8 o > 25 chiamare il medico.
> 38° specie se con brivido, chiamare il medico.
Si scrive il numero identificato dal paziente come dolore percepito.
Soltanto se presente, scrivere:
1 = dolore a livello della ferita chirurgica, sede del trauma, organo malato.
2 = dolore lontano della ferita chirurgica, sede del trauma, organo malato.
3 = "dappertutto", non so.
Si scrive:
1 = agitato.
2 = vigile, tranquillo.
3 = occhi chiusi, risvegliabile.
4 = occhi chiusi, difficilmente risvegliabile.
5 = non responsivo.
Chiamare il medico se presenti i punti 4 – 5
Soltanto se presente, si scrive: L = lieve
M = moderato G = grave.
Chiamare il medico se presenti i punti M – G
Se praticata si scrive: SI
Firma dell'infermiere che ha effettuato i controlli e la registrazione di eventuali note (es. chiamato
il medico, il paz. riposa, ecc.).
La registrazione di eventuali note (es. modifica di terapia) e firma del medico che ha effettuato la
valutazione clinica.
Se il paziente riposa e/o dorme, specie nelle ore notturne, i controlli non si effettuano, tranne diversa prescrizione medica. Nelle note si
registra "il paziente riposa" e si appone la firma.
Se il paziente, dopo 2 controlli consecutivi, dichiara una VAS < 3 (indice di terapia antalgica efficace) il dolore è controllato 3 volte al giorno.
Sospendere la terapia quando compaiono complicanze e si chiama il medico
La rilevazione del dolore percepito dal paziente non esclude la valutazione clinica da parte del personale infermieristico e medico
Al personale ostetrico competono tutte le attività previste per il personale infermieristico
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Manuale Qualità
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monitoraggio e trattamento del dolore
in area chirurgica, traumatologica e di pronto soccorso
Cod: L.G. Ped.
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Pag. 45 di 62
La scheda di monitoraggio del dolore: - si compila solo in presenza di dolore di livello B e C ♦
♦
♦
♦
♦
♦
♦
è uno strumento clinico di monitoraggio e trattamento del dolore e di rilevazione delle complicanze correlate alla
terapia antalgica.
la compilazione inizia quando è presente o si prevede una situazione clinica dolorosa per cui si rende necessario il
management del dolore nel tempo (livello B e C)
inizia la compilazione il primo operatore medico che diagnostica la presenza o prevede una situazione clinica di
dolore che necessita di terapia antalgica somministrata nel tempo
la compilazione compete, in base alle proprie competenze, al personale medico, infermieristico ed ostetrico
accompagna il paziente negli spostamenti e trasferimenti nei vari reparti dell'ospedale.
i dati riportati nella scheda non devono essere trascritti in cartella.
la scheda di monitoraggio del dolore è parte integrante della cartella clinica.
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IL MANAGEMENT DEL DOLORE
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Manuale Qualità
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monitoraggio e trattamento del dolore
in area chirurgica, traumatologica e di pronto soccorso
Cod: L.G. Ped.
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Pag. 46 di 62
Allegato E
nessuna
prescrizione
terapeutica
NO
MEDICO
valutazione clinica del dolore
SI
Livello A
Il paziente ha dolore?
SI
Livello B-C
SCHEDA
management
dolore
PRESCRIVERE
- Tempi di controllo dolore
- Terapia antalgica
come da linee guida
-
NO
assegnazione
livello di dolore
NO
CONTROINDICAZIONI
farmaci utilizzati nelle
linee guida
INFERMIERE
somministrazione terapia
valutazione del dolore
controllo efficacia della terapia
SI
PRESCRIZIONE TERAPEUTICA
PERSONALIZZATA
tempi di controllo dolore
comparsa
COMPLICANZE
CHIAMARE
℡
MEDICO
Attivare
management
Livello A
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Manuale Qualità
FARMACI
Principio attivo
Paracetamolo
LINEE GUIDA
Cod: L.G. DB
monitoraggio e trattamento del dolore
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ANTI-INFIAMMATORI
NON
STEROIDEI
in area chirurgica, traumatologica
e di pronto
soccorso
Pag. 1 di 62
Acido
Acetilsalicilico
Ibuprofene
Flurbiprofene
Ketoprofene
Formulazioni commerciali
TACHIPIRINA cpr 500 mg; scir 2,4% (1 ml→24 mg); sup. 125 mg, 250 mg, 500 mg, 1000mg; gtt 10% bust eff.
125 mg, 500 mg; Flashtab cpr 500 mg
EFFERALGAN cpr 500 mg div o eff; cpr eff 1000 mg; scir 3% (1 ml→30 mg); sup. 80 mg, 150 mg, 300 mg; bust
eff. 80 mg, 150 mg
ACETAMOL cpr 500 mg; scir 2,5% (1 ml→25 mg); sup. 250 mg, 500 mg, 1 g; bust eff. 300 mg
ASPIRINA cpr 0,5 g, cpr 325 mg, ASPIRINETTA cpr 100 mg
ASPRO 500 cpr e cpr eff 500 mg
ACESAL cpr 300 mg
BUFFERIN cpr 325 mg
CARDIOASPIRIN 100  cpr 100 mg
CEMIRIT  cpr 800 mg; cpr 200 mg; supp 300 mg, supp 1,2 g
KILIOS  cpr 1 g
UPSALGINA cpr eff 500 mg
ALGOFEN conf 200 mg
ANTALGIL cpr 200 mg
BRUFEN cpr 400 mg, cpr 600 mg; bust 600 mg; crema 10%
CALMINE crp 200 mg
CIBALGINA DUE FAST cpr
DOLOCYL cpr 200 mg
MOMENT 200 cpr eff. e conf 200 mg ; gtt; bust 200 mg
NUREFLEX bb os sosp
NUROFEN conf 200 mg
Ibuprofene sale di lisina
ACIRIL fl im 400 mg; cpr 500 mg; sup 500 mg; gel 10%
ANTALISIN cpr 200 mg
ARFEN fl im 400 mg; cpr 500 mg; sup 500 mg; gel 10%
Ibuprofene sale sodico
BRUFEN-600 sup 600 mg
GANAPROFENE cpr eff
IBUPROFENE 200 cpr
NUROFEN cpr eff 200 mg
FROBEN scir 0,5%, collut.; supp 100 mg ; cps ril.prol. 200 mg ; cpr 100 mg
TRANSACT LAT cerot. 40 mg
ALKET 200 cpr 200 mg
FASTUM cps 50 mg; gel 2,5%
FLEXEN fl im 100 mg; fl ev 100 mg, cpr retard 200 mg; sup 100 mg; cpr 50 mg
IBIFEN fl im 100 mg; fl ev 100 mg, bust eff 50 mg; gel 5%; sup 100 mg; cpr ril. Prol. 200 mg; cps 100 mg, cps 50
mg
KETARTRIUM cps 100 mg; sup 100 mg
KETOPLUS cps ril.pro. 200 mg
KETOPROFENE cps 50 mg; sup 100 mg
KETOSELECT cps 50 mg
MEPROFEN cps 100 mg; sup 100 mg, sup 200 mg
ORUDIS fl im 100 mg, fl ev 100 mg; gel 2,5%; cps retard 200 mg; supp 100 mg; cps 50 mg;
REUPROFEN fl im 50 mg; cps 50 mg, cps 100 mg; supp 75 mg
TOPREK cpr 25 mg
Ketoprofene sale di lisina
ARTROSILENE sup 160 mg; cps 320 mg; fl im ev 160 mg; schiuma; gel 5%
KETOPROFENE GNR pom 5%
OKI sup ad 160 mg, sup bb 60 mg, sup bb 30 mg; gtt (1 gtt: 4 mg); bust bipart. 80 mg; suluz collut.
ZEPELINDUE sup ad 160 mg, sup bb 60 mg, sup bb 30 mg; cps 320 mg; bust bipart 80 mg; collut
Buprenorfina (cloridrato) SUBUTEX cpr 2 mg, cpr 8 mg
TEMGESIC fl im ev 0.3 mg, cpr 0,2 mg
Tramadolo (cloridrato)
CONTRAMAL gtt 10% (1 gtt→2,5 mg); cps 50 mg; cps SR 100 mg; cps SR 150 mg; cps SR 200 mg; sup 100
mg; fl 50 mg, fl 100 mg.
FORTRADOL gtt 10% (1 gtt→2,5 mg); cps 50 mg; cps SR 100 mg; cps SR 150 mg; cps SR 200 mg; sup 100
mg; fl 50 mg, fl 100 mg.
FRAXIDOL
gtt 10% (1 gtt→2,5 mg); cps 50 mg
PRONTALGIN gtt 10% (1 gtt→2,5 mg); cps 50 mg; fl 100 mg
TRADONAL cps SR 50 mg; cps SR 100 mg; cps SR 150 mg; cps SR 200 mg
TRAMADOLO DOROM gtt 10% (1 gtt→2,5 mg); cps 50 mg; fl 100 mg
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Naproxene:
ALGONAPRIL bust 500 mg, supp 500 mg; cpr 500 mg
FLOGINAX cpr 500 mg; sup 500 mg
GIBIXEN cps 250 mg, cps 500 mg, bust 500 mg, supp 500 mg
LASER cps “R” 750 mg, cps 500 mg, bust 500 mg, supp 500 mg
NAPRIUS cpr 500 mg; bust 500 mg
NAPROSYN cpr “mite”250 mg; cpr 500 mg; cpr rilascio prolungato 750 mg; bust”mite” 250
mg; bust 500 mg; supp “mite”250 mg; supp 500 mg; gel 10%
NEOEBLIMON supp 500 mg
PREXAN cps 250 mg; cpr 500 mg; bust 375 mg; bust 500 mg; supp 500 mg
XENAR cpr 500 mg; supp 500 mg
Naproxene sale sodico
ALEVE cps 220 mg
AXER ALFA “forte 550” cps 550 mg
FLOGOGIN fl im 275 mg; supp 550 mg
FLOXALIN cps 550 mg; bust 550 mg; supp 550 mg
MOMENDOL cps 220 mg; gel
NAPROREX cps 550 mg
SYNFLEX cps 275 mg; “forte” cps 550 mg; “forte” bust 550 mg; “forte” supp 550 mg
Naproxene sale di aminobutanolo
SYNALGO “500” cps 680 mg; supp 680 mg
TICOFLEX cps 243 mg
Naproxene betainato sodico
NAPREBEN cps 275 mg; cps 550 mg; supp 275 mg; supp 550 mg
Noramidopirina – Metamizolo
sodico
DIPIRONE fl im ev 1 g
NOVALGINA fl im ev 1 g; sup ad 1 g; sup bb 300 mg; cpr 500 mg; gtt 50% (1 gtt
TRISALGINA cpr 500 mg; supp
Ketorolac
LIXIDOL fl im ev 10 mg, fl im ev 30 mg; cpr riv 10 mg
Sale di trometamolo
TORADOL fl im ev 10 mg, fl im ev 30 mg; cpr riv 10 mg; gtt 2% (1 gtt: 1 mg); supp 30
mg
OPPIOIDI DEBOLI
Principio attivo
Codeina + Paracetamolo
Buprenorfina (cloridrato)
Tramadolo (cloridrato)
Formulazioni commerciali
CO-EFFERALGAN
cpr e cpr effervescenti (paracetamolo 500 mg + codeina fosfato 30 mg)
LONARID
Cpr
Sup latt
Sup bb
Sup ad
paracetamolo 400 mg + codeina fosfato 10 mg
paracetamolo 400 mg + codeina fosfato 20 mg
paracetamolo 200 mg + codeina fosfato 5 mg
paracetamolo 60 mg + codeina fosfato 2,5 mg
TACHIDOL
Bust
scir
paracetamolo 500 mg + codeina fosfato 30 mg
100 ml contengono: paracetamolo 2,5g + codeina fosfato 150 mg
SUBUTEX
cpr 2 mg, cpr 8 mg
TEMGESIC fl im ev 0.3 mg, cpr 0,2 mg
CONTRAMAL gtt 10% (1 gtt→2,5 mg); cps 50 mg; cps SR 100 mg; cps SR 150 mg; cps
SR 200 mg; sup 100 mg; fl 50 mg, fl 100 mg.
FORTRADOL gtt 10% (1 gtt→2,5 mg); cps 50 mg; cps SR 100 mg; cps SR 150 mg; cps
SR 200 mg; sup 100 mg; fl 50 mg, fl 100 mg.
FRAXIDOL
gtt 10% (1 gtt→2,5 mg); cps 50 mg
PRONTALGIN gtt 10% (1 gtt→2,5 mg); cps 50 mg; fl 100 mg
TRADONAL cps SR 50 mg; cps SR 100 mg; cps SR 150 mg; cps SR 200 mg
TRAMADOLO DOROM gtt 10% (1 gtt→2,5 mg); cps 50 mg; fl 100 mg
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OPPIOIDI FORTI
Principio
attivo
Morfina
Metadone
cloridrato
Fentanil
Formulazioni commerciali
Morfina cloridrato
MOLTENI, SALF, MONICO
fl im ev 10 mg, fl im ev 20 mg
morfina solfato orale a pronta azione
ORAMORPH
Sciroppo 2 mg/ml (confezioni da 100 ml e 250 ml)
Soluzione orale (dosabile anche in gtt) 20 mg/ml (4 gtt →5mg)
(confezioni da 20 ml e 100 ml)
morfina solfato orale a lento rilascio
MS CONTIN disc 10 mg, 30 mg, 60 mg, 100 mg
SKENAN
cps retard 10 mg, 30 mg, 60 mg, 100 mg
EPTADONE
Fl im sc 10 mg
Fl orali 5 mg, 10 mg, 20 mg, 40 mg, 80 mg
METADONE CLORIDRATO MOLTENI
Scir 0,1% 40 ml, 60 ml, 100 ml, 1000 ml
METADONE CLORIDRATO AFOM
Scir 0,3% 20 ml, scir 0,5% 20 ml
FENTANEST fl im ev 0,1 mg
DUROGESIC cerotto transdermico 25 mcg, 50 mcg, 75 mcg, 100 mcg
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E CURE PALLIATIVE NEL NEONATO TERMINALE
SOCIETÀ ITALIANA DI NEONATOLOGIA
Gruppo di Studio “Analgesia e Sedazione nel Neonato”
Rev 15.03.2007
Background.
Nell’ambito della mortalità infantile che in Italia è del 4.4 per mille nati vivi, il 3.3 per mille dei decessi si verificano in epoca neonatale.
I decessi in Terapia Intensiva Neonatale rappresentano circa il 10% dei ricoveri.
In Italia ogni anno muoiono 2100 bambini nei primi 12 mesi, di cui 1600 (76%) nei primi 30 giorni di vita.
Tuttavia c’è ancora scarsa cultura e propensione ad applicare correttamente un programma di cure palliative neonatali sia perché i
neonatologi italiani sono i meno propensi in Europa a limitare i trattamenti intensivi ed ad utilizzare una analgesia e sedazione per il
controllo del dolore nel neonato terminale, ma anche perché il luogo dove avviene la maggior parte dei decessi neonatali, la TIN, è un
ambiente poco idoneo ad accompagnare le ultime fasi della vita di un neonato in un clima di raccoglimento e di rispetto della privacy.
Obiettivo
Lo scopo di questo documento è quello di migliorare la consapevolezza delle problematiche insite nella fine della vita di un neonato,
fornendo un modello di comportamento propositivo di una piano di cure centrate sul neonato e sulla famiglia e di indicazioni agli
operatori.
Non ha certo la pretesa di assolvere al difficile compito di definire la complessità delle cure palliative, che non sono solo il controllo del
dolore e le cure compassionevoli di conforto, ma richiedono alta professionalità e competenze multidisciplinari, oltre che la
realizzazione di ambienti idonei, rispettosi della privacy e della dignità della persona, non sempre facilmente identificabili nell’ ambito
delle nostre TIN.
Vuole solo rappresentare un momento di riflessione su come modificare nella pratica clinica quotidiana il nostro atteggiamento nei
confronti del neonato che muore e dei suoi genitori, in attesa che venga a formarsi una più matura cultura delle cure palliative, come
avviene oggi in altri paesi europei.
Indicazioni.
Un programma di cure palliative deve essere proposto in tutte quelle situazioni in cui il protrarre il supporto intensivo non porta ad un
miglioramento della sopravvivenza ed è in questo senso da considerarsi futile (trattamento che non prolunga la vita e non dilaziona in
modo significativo la morte) e fonte di ulteriore dolore e sofferenza. In queste situazioni è doveroso limitare le cure intensive e
continuare l’ assistenza al neonato con l’ unico intento di migliorarne la qualità di vita di fronte ad una situazione terminale,
alleviandone i sintomi.
In questo contesto, le cure palliative sono intese come interventi non curativi volti a soddisfare i bisogni fisici, emozionali, sociali,
culturali e spirituali del neonato e dei suoi genitori.
Comprendono tutti quegli interventi che servono a trattare al meglio una situazione che non può essere più curata, nel miglior
interesse del bambino.
Gli aspetti fondamentali che devono essere focalizzati in ambito di cure palliative neonatali sono:
1. fornire calore, tenere riscaldato il neonato
2. fornire un contatto fisico stretto, “holding”
3. fornire un supporto nutrizionale adeguato
4. fornire sedazione e controllo del dolore
Tuttavia l’informazione ed il coinvolgimento dei genitori rappresenta un momento fondamentale di tutto il processo di presa in carico,
che deve essere condiviso da tutto il personale presente.
E’ risaputo che per una migliore elaborazione del lutto è necessario il coinvolgimento dei genitori, che devono avere modo di
conoscere, toccare, accudire, tenere in braccio il proprio neonato tenendo conto che sarà l’unica occasione di stare con il loro bambino
che da li a poco non ci sarà più.
Il maggior supporto è dato da chi riesce a stare loro vicino empaticamente, dimostrando di comprendere e condividere la loro
sofferenza.
Il sostegno in questa fase da parte di tutto il personale con un intervento personalizzato, integrato e multidisciplinare aiuterà i genitori
ad adattarsi alla perdita, dando loro la possibilità di continuare successivamente la loro vita.
Ed in questo ambito non basta definire il team coinvolto, rappresentato di volta in volta da medici neonatologi, anestesisti, ostetrici,
infermieri della sala parto e della terapia intensiva neonatale, possibilmente un funzionario religioso, uno psicologo ed un assistente
sociale o mediatore culturale, se richiesto, ognuno per le proprie competenze, ma è importante educare il personale a far fronte
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anche a questo evento in maniera professionale ed umanamente efficace con una “care” sensibile, attenta e
qualificata.
Ecco che nel caso di decesso improvviso, aspettare i genitori prima di comporre la salma avendo
bambino solo dopo averlo sistemato nel migliore modo possibile (pulire dal sangue, togliere tubo
neonato appena deceduto alle loro cure, può aiutare a rendere meno irreale l’ evento.
E’ necessario tuttavia creare uno spazio ed una privacy che consenta ai genitori di stare ancora vicino
la sua morte.
E’ importante che il personale sia consapevole che i sentimenti legati al senso di
fallimento, quali impotenza e senso di colpa, possono portare il team ad allontanarsi o ad evitare i
aperto con la famiglia del bambino morto.
cura, ovviamente di mostrare il
endotracheale ecc) e affidare il
al proprio bambino e di piangere
genitori impedendo un colloquio
Nell’ ambito delle cure palliative neonatali due sono le situazioni che possono essere contemplate:
1. Cure palliative perinatali in caso di decisione di non rianimare il neonato alla nascita: qui vanno annoverate le situazioni in cui la
diagnosi prenatale è certa circa la incompatibilità della patologia con una vita prolungata e tutte quelle situazioni di prematurità
estrema.
In caso di decisione di non rianimare il neonato ( vedi Linee Guida AAP 2005 e le linee guida europee ILCOR) dovrebbe essere
offerta ai genitori del nascituro una consulenza neonatologica e psicologica. Su richiesta può essere anche chiamato un funzionario
spirituale a seconda del credo religioso dei genitori. La comunicazione con i genitori comporta la trasmissione di informazioni
rilevanti riguardo la diagnosi e la prognosi che devono essere date in modo chiaro e semplice, spiegando che tipo di cure verranno
offerte al loro bambino nel suo migliore interesse. Va inoltre lasciato spazio ai genitori affinchè esprimano le loro preoccupazioni e i
loro dubbi su quando prospettato e condividano appieno le cure proposte. E’ importane offrire, se il tempo lo consente, anche
colloqui ripetuti, considerando il fatto che il genitore è in una situazione di importante shock emotivo per cui ci possono essere
distorsioni delle informazioni fornite.
Dopo che il parto si è espletato, è necessario fornire un adeguato riscaldamento, il neonato viene avvolto in teli caldi e posto sotto
una fonte radiante. Se l’ esame obiettivo conferma la presenza di immaturità estrema o difetti congeniti letali e viene confermata
la decisione di non rianimare il neonato, vengono attuati comunque tutti gli interventi palliativi del caso, cioè fornire calore, l’
holding, farsi carico dell’ ambascia respiratoria che può essere presente come fase premortale, anche con l’ utilizzo di farmaci
oppiodi.
Ci si deve astenere dal praticare le profilassi neonatali cometa somministrazione di Vitamina K, la cui iniezione è dolorosa, e la
profilassi oftalmica la cui somministrazione può essere fastidiosa.
Il neonato deve essere accudito in un luogo rispettoso della privacy, che può essere una saletta attigua alla sala parto o in TIN,
avvolto in telini asciutti e tenuto al caldo. Offrire al genitore la possibilità di tenerlo in braccio, consapevoli dell’ importanza di
poterlo toccare ed accarezzare. Sarebbe anche utile incoraggiare il genitore a dare il nome al bambino.
Valutare l’ opportunità di posizionare un catetere ombelicale per fornire adeguata analgesia e sedazione ed eseguire eventuali
prelievi diagnostici. In alternativa la terapia analgesica può essere fornita per via orogastrica. Verrà tenuto monitorato, fino a
constatazione del decesso.
E’ importante dare la possibilità ai genitori di crearsi un ricordo del proprio bambino: fotografie, braccialetto di identificazione,
impronte del piedino, ecc. Il tempo trascorso in ospedale dopo la morte del bambino è l’unica opportunità per i genitori di crearsi
un ricordo del proprio figlio.
2. Cure palliative in caso di neonato per cui vengono limitate le cure intensive per una verificata situazione clinica irreversibile.
Nel caso sia stata presa la decisione di limitare il supporto intensivo perché la situazione clinica è giudicata irreversibile, quando la
ventilazione e le altre procedure invasive eseguite sul neonato non danno reali benefici perché atti a posporre transitoriamente la
morte e con ulteriore sofferenza, deve essere formalizzato da parte del neonatologo curante un colloquio franco e sincero ed
adeguato al livello socio-culturale dei genitori, se possibile coadiuvato dalla psicologa e dal mediatore culturale, quando indicato. I
genitori vanno informati sulla possibiltà di avere il funzionario religioso a loro disposizione.
Il colloquio va documentato in cartella, come va lasciata traccia di ogni opinione espressa dai genitori.
Ai genitori dovrebbe essere dato il tempo di comprendere che le cure palliative offrono il miglior trattamento del neonato in questo
momento che non può essere più curato per la sua malattia.
Il benessere del paziente e il suo miglior interesse dovrebbe essere la considerazione portante in tutte le prossime decisioni
cliniche.
Una volta raggiunta la consapevolezza che il continuare le cure intensive è un esercizio inutile e doloroso che non servirà a strappare il
neonato alla morte ed avuto il consenso dei genitori, viene limitato il supporto intensivo.
A.
Devono quindi essere sospese tutte le infusioni (amine vasoattive, trasfusioni, antibiotici), eccetto quelle per il supporto
nutrizionale, per l’ analgesia e sedazione e una eventuale terapia antireflusso già in atto (Metoclopramide 0.03-0.1 mg/Kg o
Ranitidina 2 mg/Kg ogni 12 ore).
B. Viene eseguito un bolo di Fentanile 3-5 mcg/Kg o di Morfina 100 mcg/Kg, e preparati altri boli ad orario.
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Se non si usano i boli, può essere intrapresa una infusione continua di Fentanile al dosaggio di 3-5 mcg/Kg/ora oppure Morfina al
dosaggio di 50 mcg/Kg/ora. Il neonato va svezzato dal curaro, prima di iniziare la palliazione.
Nel caso in cui non fosse disponibile un accesso venoso, può essere somministrata Morfina per via orogastrica al dosaggio di 100
mcg/Kg seguita da successivi boli di 50 mcg/Kg ogni 4-6 ore, oppure Metadone 0.1 mg/Kg ogni 4 ore per 2-3 dosi e poi ogni 6-12
ore.
D. Altri farmaci per alleviare i sintomi in questa fase sono:
- Ambascia respiratoria-gasping: la Morfina è più efficace di altri oppioidi e può essere somministrata a boli EV o PO al
dosaggio di 50 mcg/Kg, eventualmente associata alla Furosemide 1-2 mg/Kg.
- Agitazione: all’oppioide può essere associata una benzodiazepine tipo Midazolam 0.03-0.1 mg/Kg ogni 4 ore o Lorazepam
0.05-0.1 mg/Kg ogni 4-8 ore
- Convulsioni: attacco di Fenobarbitale 20 mg/Kg seguito da 2.5 mg/Kg dose ogni 12 ore
- Sospendere la ventilazione meccanica invasiva, utilizzare eventualmente sistemi di nCPAP con PEEP adeguate a migliorare l’
impegno respiratorio.
E. Eventuali accertamenti diagnostici che possono comportare stress e dolore vengono posticipati a dopo il decesso, se
possibile.
F.
Al neonato deve essere fornito un ambiente termoneutrale, per cui, se dato in braccio ai genitori, deve essere avvolto in teli
riscaldati e vestito con cappellino e scarpette di lana, per ridurre la dispersione termica.
Può essere offerto al genitore di contenerlo fino all’arresto cardio-respiratorio, rendendo disponibile un ambiente idoneo alla
situazione, come una saletta appartata del reparto, nel rispetto della privacy.
Il neonato, se non è in braccio ai genitori, viene tenuto nella sua culla, accudito dall’infermiera di stanza che ne monitorizza le
condizioni cliniche.
I genitori vanno comunque informati in anticipo della morte imminente, in modo che abbiano il tempo di stare con il proprio
bambino.
I genitori vengono lasciati con il loro bambino fino a quando lo desiderano, viene loro offerta la possibilità di avere vicino altri
parenti. Inoltre viene data l’opportunità di portarsi un ricordo del bimbo, che può essere la foto o il cartoncino identificativo posto
al letto del paziente o altri oggetti appartenuti al bambino. Provvedere affinché vengano accolti i desideri dei familiari di carattere
religioso, culturale e sociale.
Se il decesso avviene in assenza dei genitori, preoccuparsi che vedano ancora una volta il bambino nella culla dove ha vissuto la
sua breve esistenza, circondato dalle cose che lo hanno aiutato a vivere.
Una volta constatato il decesso, viene spiegato l’iter postmortem.
Prima che i genitori lascino il reparto, comunicare che saranno richiamati per ritirare la relazione clinica ed essere informati sulla
opportunità di eseguire approfondimenti genetici o altre indagini cliniche a seconda della situazione.
E’ consigliabile dare al genitore informazioni, anche se preliminari, sulle cause del decesso.
Alla madre devono essere date precise raccomandazioni per la soppressione dell’allattamento, dato che se non correttamente avvisata
può andare incontro nei successivi 2-7 giorni dalla nascita a sintomi anche importanti di ingorgo mammario.
Assicurarsi che la famiglia abbia una rete di aiuto da parte dei familiari e/o amici.
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Il colloquio di ritorno viene fissato preferibilmente dopo quattro settimane dalla scomparsa del neonato, in presenza del neonatologo
che ha assistito al decesso e dello psicologo, che si prenderà carico del follow-up a 3-6 mesi dall’ evento con lo scopo di definire se la
elaborazione del lutto avviene in modo fisiologico o se è necessario un intervento specialistico.
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LA SINDROME DA ASTINENZA NEONATALE:
CLINICA E TERAPIA
Fisiopatologia e Terapia in Pediatria,
a cura di B.M. Assael Intramed Communications, Milano, 1993, II Edizione, pp. 95-99
C. VEGNI, G. FERRARIS
Cattedra di Patologia Neonatale, Università di Milano
La diffusione della tossicodipendenza tra i giovani ha assunto nel nostro Paese proporzioni crescenti negli ultimi anni.
II fenomeno interessa in particolare la popolazione giovanile e coinvolge le donne in età fertile: ne deriva l'associazione
tossicodipendenza-gravidanza con le problematiche ad essa relative, che riguardano madre e bambino.
Al neonatologo sempre più frequentemente è affidata la cura di neonati "passivamente tossicodipendenti", da droghe assunte dalla
madre in gravidanza.
L'effetto neonatale è la risultante delle diverse influenze sul metabolismo della droga ingerita da parte della madre, della placenta e del
feto. II passaggio transplacentare è facilitato dal basso peso molecolare delle sostanze di abuso e dalla loro lipofilia. Le vie di
somministrazione possono modificare la velocità di assorbimento, facilitato in caso di assunzione parenterale o inalatoria, quando viene
saltata la tappa metabolica epatica.
La gravidanza, di per sé, può modificare il metabolismo della droga: in genere vi è una riduzione della concentrazione della droga
nell'ultimo periodo di gravidanza per l'aumento del volume ematico materno, e l'aumentata clearance totale secondaria all'aumentare
perfusione renale.
Anche le modificazioni del flusso placentare, come processi patologici a carico della placenta (flogosi, distacchi) possono facilitare il
passaggio transplacentare al feto delle sostanze assunte dalla madre. Ne deriva l'estrema variabilità della concentrazione delle sostanze
nel feto che varia dal 50 al 100% rispetto ai livelli materni. Talora la concentrazione fetale è più elevata di quella materna: in
particolare, quelle sostanze che richiedono degradazione epatica (oppioidi, cocaina, alcol) possono raggiungere livelli superiori nel feto
per la relativa immaturità del suo sistema microsomiale epatico.
Nel corso della gravidanza, se l'assunzione è costante, la droga tende ad accumularsi nel feto: nella maggioranza dei casi l'emivita della
sostanza è maggiore nel feto rispetto all'adulto, per l'incompleto sviluppo dei sistemi enzimatici fetali interessati ai processi di
metabolizzazione e per l'immaturità funzionale del rene fetale, che ritarda l'escrezione della sostanza metabolizzata in forma eliminatile.
Si stabilisce dunque una dipendenza farmacologica del feto e al momento della nascita, per la brusca interruzione dell'apporto, si
manifestano sintomi clinici di astinenza nel neonato.
MANIFESTAZIONI CLINICHE DELLA SINDROME DA ASTINENZA NEONATALE (SAN)
Le manifestazioni cliniche si sviluppano con diversa frequenza (60-90%) e gravità nei neonati in rapporto al tipo, alla quantità della
droga e al periodo in cui è stata assunta rispetto al momento del parto.
Sintomi da astinenza sono stati descritti anche in seguito a uso di barbiturici, benzodiazepine, amfetamine, marijuana, alcol, ma la
caratteristica sindrome da astinenza è quella che si manifesta nel figlio di madre con dipendenza da narcotici (eroina, metadone) o,
meno frequentemente, cocaina.
Sintomi acuti possono comparire nel neonato più o meno precocemente (24-48 ore di vita) in rapporto alla farmacocinetica della
sostanza e all'intervallo dall'ultima assunzione, più precocemente per l'eroina, più tardivamente per il metadone.
Le manifestazioni cliniche raggiungono un picco a 3-4 giorni per poi progressivamente decrescere. Esistono tuttavia forme in cui la
sintomatologia persiste, anche se attenuata, per 4-6 mesi con acme intorno alla 6a settimana di vita, che configurano la "sindrome
da astinenza subacuta".
II quadro clinico nella forma completa è caratterizzato da: - sintomi a carico del sistema nervoso centrale; - sintomi a carico del
sistema nervoso autonomo; - sintomi gastroenterici.
La diversa espressività configura la differente gravità della sindrome (tabella 1).
II neonato appare irritabile, ipercinetiro, presenta tremori, ipertono, disturbi del ritmo sonnoveglia, sbadigli e starnuti frequenti,
associati a disturbi dell'alimentazione per una suzione scoordinata, vomito e diarrea, da cui deriva un'elevata perdita di peso.
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TABELLA 1
CLASSIFICAZIONE DELLA SINDROME DA ASTINENZA NEONATALE
Lieve
Tremori a riposo e/o irritabilità
Moderata Tremori a riposo e irritabilità, disturbi del sistema nervoso
autonomo o disturbi gastroenterici
Grave
Severa
Tremori a riposo, irritabilità, disturbi del sistema nervoso
autonomo e disturbi gastroenterici
Tremori a riposo, irritabilità, disturbi del sistema nervoso
autonomo, disturbi gastroenterici e convulsioni
In casi rari e non riconosciuti precocemente si possono osservare convulsioni tonico-cloniche generalizzate.
La diversa gravità della SAN è in rapporto al tipo di droga, alla durata della tossicodipendenza materna e probabilmente alla quantità di
sostanza assunta: è più grave nei casi di assunzione di eroina da strada rispetto a quelli in mantenimento a basse dosi di metadone,
per i quali è dimostrato un rapporto tra gravità e dose.
Nelle tabelle 2 e 3 vengono riportate le caratteristiche di frequenza, le modalità di insorgenza, la differente sintomatologia in rapporto
alle principali sostanze da abuso. In caso di assunzione di oppioidi si possono osservare sintomi neurologici e gastroenterici, con
possibile comparsa di convulsioni, più frequenti in caso di esposizione a metadone (8%); si hanno solo sintomi neurologici, in genere
contenuti, in caso di cocaina.
TABELLA 2
SINDROME DA ASTINENZA NEONATALE
Droga
Frequenza
Eroina
60-90%
Metadone
65-90%
Cocaina
Diazepam
65%
20%
15%
24 h
2° g.
3/4° g.
85/90%
10/15%
2/3° g.
> 3° g.
10%
2/3° g.
6/12 h
Alcol
Barbiturici
Inizio sintomi
Azione breve
Azione lunga
Prime ore
7° g.
2/6 h
Propossifene
Prime ore
Pentazocina
0/24 h
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TABELLA 3
FREQUENZA DEI SINTOMI CLINICI IN RAPPORTO
AL TIPO DI SOSTANZA DA ABUSO
Sintomi
Tremori
Iperattività
Turbe del sonno
Pianto acuto
Suzione scoordinata
Difficoltà di aliment.
Vomito-diarrea
Starnuti
Tachipnea
Sudorazione
Febbre
Convulsioni
Eroina
Metadone
Cocaina
Barbiturici
Diazepam
+++
+++
++
++
++
++
Rari
-
+
Rare
+
+
Rare
+
Alcol
Si possono avere manifestazioni convulsive se la droga di abuso è l'alcool (sindrome alcolica fetale) o a seguito di assunzione di
barbiturici ad azione breve (Secobarbital).
La conoscenza da parte del neonatologo (informazione prenatale) dello stato di salute e delle abitudini di tossicomania della madre e
l'intervento precoce e corretto rendono sempre meno frequente il riscontro di forme gravi.
In caso di dubbio diagnostico è possibile ricorrere a screening su urine, sangue e meconio del neonato per l'individuazione dei
metaboliti della droga anche oltre il primo giorno di vita e comunque entro il quinto giorno.
La valutazione della gravità è fatta mediante l'uso di scale, che attribuiscono diversi punteggi a seconda dei sintomi presentati.
La metodologia più accurata e pertanto più consigliata, anche perché guida alla terapia, è quella proposta da Finnegan et al. (1975)
(tabella 4).
TABELLA 4
PUNTEGGIO DELLA SINDROME DA ASTINENZA
Segni e sintomi
Pianto molto intenso (e acuto)
Pianto continuo molto intenso e acuto
Dorme meno di un'ora dopo la poppata
Dorme meno di due ore dopo la poppata
Riflesso di Moro molto rapido
Riflesso di Moro estremamente rapido
Tremori lievi se disturbato
Tremori marcati se disturbato
Tremori lievi anche se non disturbato
Tono muscolare aumentato
Punteggio
2
3
2
1
2
3
1
2
3
2
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Convulsioni generalizzate
Cute marmorizzata
Frequenza respiratoria> 60/m
Frequenza respiratoria > 60/m con rientramenti
Suzione spasmodica dei pugni
Non mangia volentieri
Rigurgito
Vomito a getto
Feci semiliquide
Feci liquide
Disidratazione
Sbadiglio frequente
Starnuti
Congestione nasale
Sudorazione i Febbre > 38,2
Febbre > 38,4
5
1
1
2
1
2
2
3
2
3
2
1
1
1
1
2
Valutazione della gravità della SAN secondo Finnegan:
a intervalli di 1-2 ore nelle prime 48 h, di 4 ore successivamente
TRATTAMENTO DELLA SINDROME DA ASTINENZA NEONATALE
L'obiettivo del trattamento deve essere di controllare la sintomatologia, ma anche di evitare l'esposizione a farmaci sedativi,
se non indispensabili, e la prolungata ospedalizzazione.
Il trattamento prevede una terapia di supporto e una terapia farmacologica.
Nel 30-50% dei casi i sintomi di astinenza possono essere controllati senza ricorrere alla terapia farmacologica.
TERAPIA DI SUPPORTO
La terapia di supporto comprende:
la ridotta esposizione a stimoli ambientali, visivi, acustici e ancor più dolorosi;
l'uso di metodiche che facilitino il miglior controllo degli stati del neonato, ne riducano l'irritabilità e permettano di prolungare i
periodi di sonno quieto (lettini oscillanti);
l'alimentazione con pasti frequenti e ipercalorici: l'eccessiva perdita di peso può essere espressione di inadeguato apporto
calorico più che indicazione alla necessità di terapia farmacologica; l'apporto calorico può essere calcolato in 150-250
cal/kg/24 h, necessario a favorire la crescita del neonato con SAN, in cui la spesa calorica è elevata per l'incremento
dell'attività fisica, con riduzione dei periodi di sonno, per l'aumento delle perdite secondarie ai disturbi gastroenterici, e per
l'aumentato consumo di Oz a livello tissutale;
il necessario apporto di liquidi ed elettroliti, in caso di perdite e/o di ostacolo all'alimentazione enterale.
TERAPIA FARMACOLOGICA
L'indicazione al trattamento farmacologico è determinata dal punteggio elevato ottenuto mediante i diversi metodi di valutazione.
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Non è corretto sottoporre il neonato a trattamento farmacologico preventivo e comunque se il punteggio di gravità è basso (inferiore a
8 secondo Finnegan). Rare sono le condizioni in cui si deve ricorrere alla terapia farmacologia in caso di SAN da barbiturici,
benzodiazepine, alcool, marijuana, più frequenti in caso di tossicodipendenza materna da narcotici (eroina, metadone) meno frequenti
se la droga da abuso è la cocaina.
II trattamento farmacologico è diverso a seconda della droga assunta dalla madre.
In caso di narcotici, derivati dell'oppio, il farmaco di elezione è considerato il paregorico o il laudano; in caso di politossicodipendenza o
abuso di cocaina o psicofarmaci, o in situazioni di non conoscenza della sostanza di abuso, si ricorre al fenobarbital eventualmente
associato a benzodiazepine fino in caso di situazioni che richiedono un intervento immediato.
Iniziato il trattamento farmacologico, la valutazione clinica effettuata ogni 1-2 ore nelle prime 48 ore, ogni 4 ore successivamente, è
guida alla posologia.
FARMACI SOSTITUTIVI
Paregorico
È cloridrato di morfina, associato a un alcaloide dell'oppio, canfora, alcol, olio di anice e acido benzoico.
La posologia, nel neonato a termine, è di 0,2-0,5 ml/dose, pari a 0,08-0,2 mg di morfina, da somministrare ogni 3-4 ore per os fino al
controllo dei sintomi.
Il dosaggio viene regolato sulla base degli score clinici (tabella 5).
TABELLA 5
RAPPORTO PUNTEGGIO/DOSAGGIO FARMACO
Punteggio
Paregorico
(tintura di oppio)
Fenobarbital
8-10
11-13
14-16
17 o più
0,8 cc/kg/die
6 mg/kg/die
1,2 cc/kg/die
8 mg/kg/die
1,6 cc/kg/die
10 mg/kg/die
2,0 cc/kg/die
15 mg/kg/die
La sospensione del farmaco deve essere graduale e comunque dopo 3-5 giorni dalla negativizzazione della sintomatologia.
I vantaggi dell'uso del paregorico sono rappresentati dalla facilità di somministrazione, dal miglioramento dei pattern di suzione, dal
miglior controllo dei sintomi gastroenterici.
A causa dei possibili effetti tossici secondari alla presenza di canfora e acido benzoico nel paregorico, da altri è consigliato l'uso del
laudano, tintura d'oppio contenente morfina in associazione ad alcaloidi dell'oppio e alcol.
Deve essere somministrato in diluizione 1 : 20, a dosaggio iniziale di 0,2 ml ogni 3-4 ore per os fino a 0,5-0,7 ml/dose per il completo
controllo dei sintomi.
È da sottolineare che le preparazioni contenenti oppio possono avere effetto deprimente sul centro del respiro.
Metadone
Viene somministrato alle dosi di 0,3-0,5 mg/kg/die per os o 0,2-0,3 mg/kg/die i.m. in 3 somministrazioni.
La prolungata emivita (t1/2 = 35 ± 12 ore) giustifica la difficoltà nell'aggiustare la dose nel neonato, in particolarenella fase di
diminuzione del dosaggio.
Per la sua scarsa maneggevolezza pertanto non ne è indicato l'uso..
SEDATIVI
Fenobarbitone: è il farmaco di scelta.
La posologia prevede un attacco con 15-20 mg/kg/24 h, seguito (24-48 ore dopo) da dosi di mantenimento di 2-8 mg/kg/24 h (os,
e.v., i.m.).
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La riduzione della dose del farmaco deve avvenire gradualmente (10-20% della dose ogni giorno) ad attenuazione della
sintomatologia.
I vantaggi dell'uso del fenobarbitone sono costituiti dalla buona conoscenza della sua farmacocinetica nel neonato e dalla possibilità di
determinarne i livelli ematici.
Gli svantaggi sono rappresentati dal mancato controllo dei sintomi gastroenterici e dalla possibile depressione del riflesso di suzione
con alte dosi del farmaco.
NEUROLETTICI
Diazepam
Alle dosi di 1,0-2,0 mg ogni 8 ore (e.v.).
La ridotta capacità del neonato di metabolizzare tale farmaco e l'effetto depressivo sul riflesso di suzione ne limitano l'uso solo a casi
eccezionali.
È bene ricordare che sono state osservate convulsioni a insorgenza tardiva in bambini trattati con questo farmaco.
Clorpromazina
Alle dosi di 2,2-3 mg/kg/24 h, in 4 somministrazioni.
Nelle tabelle 6 e 7 vengono indicati i farmaci più usati, vantaggi e svantaggi e indicazioni al loro utilizzo.
Studi di confronto tra l'efficacia dei diversi tipi di terapia non sembrano evidenziare differenze se non per il maggior controllo dei
sintomi gastroenterici dei derivati dell'oppio rispetto ai farmaci sedativi.
TABELLA 6
FARMACI USATI PER IL CONTROLLO
DELLA SINDROME DA ASTINENZA NEONATALE
Narcotici
•
• Paregorico
• Morfina anidra (0,4 mg/ml)
• Alcaloidi dell'oppio: derivati isochinolinici (narcotici, papaverina)
• derivati fenantrenici (morfina, codeina)
• Canfora
• Alcol (44-46%) Olio di anice
• Acido benzoico (4 mg/ml) Glicerina
• Tintura di oppio
• Morfina (10 mg/ml) Alcaloidi dell'oppio Alcol (17-21 %)
• (Diluita 25 volte: 0,4 mg/ml morfina)
• Morfina
• Prep. parenterale: Morfina 8 mg/ml Bisolfito di Na 1 mg/ml Fenolo 5 mg/ml NaCI 7 mg/ml
• Preparazione orale: Morfina 2-4 mg/ml
• Alcol 10%
• Metadone
• Clorbutanolo 0,5 mg/ml
• Alcol etilico 8%
Neurolettici
• Diazepam
• Alcol benzilico (1,5%)
• Benzoato di Na (5%)
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• Alcol etilico (10%)
• Glicole propilenico (40%)
• Clorpromazina
• NaCI 6 mg/ml
• Bisolfito di Na 2 mg/ml
• Alcol benzilico 2%
Sedativi
• Fenobarbital
• Glicole propilenico 67,8%
• Alcol etilico 10%
• Alcol benzilico 1,5%
TABELLA 7
TERAPIA DELLA SINDROME DA ASTINENZA NEONATALE
Farmaci
Dosi
Vantaggi
Svantaggi
Paregorico
(morfina 0,4 mg/ml)
0,2-0,5 ml ogni 3-4 h
Somministrazione orale
Pattern di suzione
Ripresa ponderale
Controllo dei sintomi gastroenterici
Necessità di alte dosi
Alto contenuto d'alcol
Somministrazione
frequente
Fenobarbital
15-20 mg/24 h attacco
2-5 mg/kg/24 h mantenimento
Controllo sintomi neurologici
Possibile controllo livelli ematici
Scarso controllo dei
sintomi gastroenterici
Diazepam
1-2 mg ogni 8 ore
Controllo sintomi neurologici
Lenta eliminazione
riflesso suzione
Indicazioni
Oppioidi
Oppioidi e non oppioidi
Paregorico - laudano
Fenobarbital
OLTRE LA SINDROME DA ASTINENZA
L'individuazione e il corretto trattamento della SAN in periodo neonatale non esauriscono il compito del pediatra nei confronti del figlio
di madre tossicodipendente.
Altre sono le problematiche che il sanitario deve conoscere e saper affrontare:
è noto il rischio di malformazioni congenite, dimostrato peraltro solo in associazione all'abuso di canapa indiana, LSD e
cocaina nei primi mesi di gravidanza, ipotizzato per i narcotici
più frequente è la prematurità e/o l'iposviluppo fetale, attribuibile sia all'assunzione di droga, sia alle abitudini di vita della
gravida tossicodipendente (fumo, vagabondaggio, prostituzione ecc.);
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la SIDS (sindrome da morte improvvisa del lattante) si presenta con frequenza 5-10 volte superiore nei figli di madre
tossicodipendente rispetto alla popolazione generale,
la positività per anticorpi anti-HIV nelle donne tossicodipendenti è del 60-70%. Ormai accertato è il passaggio transplacentare
del virus HIV: ne consegue in tali soggetti la persistenza degli anticorpi nel figlio anche oltre i 15 mesi di vita e la possibilità
dello sviluppo della sindrome da immunodeficienza acquisita;
sono riportati in letteratura studi di follow-up di sviluppo psicomotorio nei nati da madre tossicodipendente, nei quali si
evidenziano turbe dell'attenzione, dislessia, alterazioni del grafismo e deficit comportamentali in particolare al momento
dell'inserimento scolastico.
Da quanto sopra riportato derivala necessità di seguire con follow-up a lungo termine questi bambini da parte di un'équipe
multidisciplinare cui partecipino specialisti di diversi settori (pediatra, neuropsichiatra, assistente sociale), per la possibile interferenza
di fattori medico-sociali nel regolare sviluppo dei piccoli.
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