OPERAZIONE RICHIESTA
Il clan di Camaro davanti al giudice: un muro
di silenzio
Scena muta agli interrogatori di garanzia da parte degli arrestati per estorsione. Per loro parlano le
microspie dei poliziotti, che hanno sentito anche i commenti su un altro esponente criminale,
Carmelo Ventura. E tanto altro, ancora coperto da segreto.
Venerdì, 20 dicembre, 2013 - 00:26
Scritto da: Alessandra Serio
Categoria: cronaca
Nessuna collaborazione con la giustizia da parte di quelli considerati dagli investigatori le nuove
leve del clan di Camaro. Davanti al Gip Antonino Genovese, ieri al carcere di Gazzi per gli
interrogatori di garanzia, soltanto due delle 12 persone coinvolte nel blitz Richiesta hanno deciso di
rispondere alle domande del giudice, proclamandosi innocenti e respingendo le accuse. Scena muta
hanno fatto invece gli altri 8 arrestati, che hanno deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere.
Interrogato anche Salvatore Morabito, che ha l’obbligo di dimora. Saranno interrogati per rogatoria
nei carceri del nord Italia ove sono reclusi, il boss storico Santi Ferrante e il pregiudicato Vittorio Di
Pietro. Al primo faccia a faccia coi giudici, quindi, i componenti della famiglia La Rosa-Genovese e
i loro fedelissimi, si sono chiusi a riccio.
Restano tutti in carcere, in attesa del Riesame da parte del Tribunale della Libertà, al quale
ricorreranno i loro difensori, gli avvocati Salvatore Silvestro, Piero Luccisano, Andrea Florio,
Antonello Scordo, Tancredi Traclò, Piero Venuti, Massimo Marchese.
Il clan “familiare” dei Gonovese – La Rosa è stato incastrato soprattutto dalle telecamere e le cimici
che gli agenti della Squadra mobile, diretti da Giuseppe Anzalone, sono riusciti a piazzare in tutto il
quartiere persino sotto una panchina pubblica di via Comunale a Camaro, poi nella sala colloqui del
carcere di Gazzi, e nella Renault Megane di uno degli arrestati. Proprio quelle micro spia ha rivelato
molte informazioni dei traffici gestiti dai criminali della zona, che facevano ancora riferimento al
capo storico, Santi Ferrante, da tempo rinchiuso a Sulmona.
Molti di questi spunti investigativi sono ancora da svelare, come dimostrano i tanti omissis inseriti
nel provvedimento di arresto. Le cimici della Mobile, cioè, hanno ancora qualcosa da raccontare, e
probabilmente qualcun altro finirà nella rete della giustizia perché coinvolto negli affari dei
camaroti. Intanto, i dialoghi tra i protagonisti del blitz hanno intercettato anche le discussioni
relative ad un altro pezzo da novanta della zona. Vicino la panchina “imbottita” per esempio,
Francesco Di Biase e Salvatore Triolo commentavano l’atteggiamento di Ventura, spiegando che
mostrava disinteresse per gli affari del gruppo. Secondo i due, l’atteggiamento dei “Melo” mirava a
ingannare gli investigatori. In realtà nessuno a Camaro credeva che Ventura stesse davvero lontano
dalla spartizione dei proventi del pizzo.(Alessandra Serio)
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