Interpretazione classica dell’effetto fotoelettrico Dal punto di vista della fisica classica, la scoperta dell’effetto fotoelettrico non era inaspettato. Era già noto che quando un metallo viene riscaldato a temperature superiori a circa 1500 o C emette elettroni (che hanno acquisito energia cinetica sufficiente da…..). Ci si aspettava che illuminare un metallo con raggi UV avrebbe agitato gli elettroni, causando la loro emissione. L’emissione di un elettrone è analogo a levare una goccia da una piscina. Se l’acqua è calma, occorre spendere tutta l’energia per sollevare la goccia sul bordo della piscina. Ma se l’acqua è agitata, si formeranno onde che porteranno l’acqua fuori dai bordi. Tiziana Segalini 2009 1 In modo simile, per estrarre un elettrone da un metallo è necessaria una energia minima, il lavoro di estrazione (work function). La funzione lavoro E0 di alcuni metalli comuni in eV è mostrata nella tabella a fianco. Ad alta temperatura o illuminati da ragi UV, il moto di agitazione termica degli elettroni è sufficiente per “buttarli fuori” dal metallo. Tiziana Segalini 2009 2 Il potenziale di arresto Supponiamo che un elettrone, che stia per uscire dal metallo, abbia energia E. Il lavoro di estrazione E0 rimuove parte dell’energia, in modo che l’elettrone esce con energia cinetica: K E E0 I fotoelettroni si allontanano dal catodo in tutte le direzioni. Alcuni raggiungono l’anodo, ma molti no. Si mostra che: 1. Un anodo positivo crea un campo elettrico che attira gli elettroni all’anodo. 2. Un anodo negativo respingerà gli elettroni e solo quelli che si muovono verso l’anodo con sufficiente energia lo raggiungeranno. Un anodo leggermente negativo farà tornare indietro solo gli elettroni più lenti. Perciò la corrente decresce all’aumentare del potenziale negativo dell’anodo, fino a quando anche gli atomi più energetici vengono respinti. Tiziana Segalini 2009 3 Ancora sul potenziale di arresto Supponiamo che l’elettrone esca dal catodo, posto a potenziale V=0, con energia Ei e che raggiunga l’anodo con energia Ef. Ei Ki U i Ki 0 Ki E f K f U f K f eV K f Ki eV Vstop K max e K max Vs e Perciò, il potenziale di arresto Vs, in corrispondenza del quale si arresta la corrente, ci dice la massima energia cinetica dei fotoelettroni. Tiziana Segalini 2009 4 Esempio: l’effetto fotoelettrico classico Si effetua un esperimento sull’effetto fotoelettrico con un catodo di alluminio (E0 = 4.28 eV). Un elettrone all’interno del catodo ha la velocità di 1.5x106 m/s. Se la differenza di potenziale tra anodo e catodo è -2.00 V, qual è la massima velocità possibile con cui gli elettroni possono raggiungere l’anodo? Ee 12 mv2 12 (9.111031 kg)(1.5 106 m/s)2 1.025 1018 J 6.41 eV Ki Kmax Ee E0 6.41 eV 4.28 eV=2.13 eV K f Ki eV 2.13 eV 2.00 eV 0.13 eV 2.10 1020 J vf 2K f m 2.1105 m/s Tiziana Segalini 2009 5 Limiti della interpretazione classica Classicamente in analogia con l’emissione termica di elettroni noi OK possiamo spiegare 1 e 5. Le altre X osservazioni pongono problemi. La dipendenza dalla frequenza in 3 e 4 non ha senso classicamente. X In 2, se l’effetto è di tipo termico e la luce è poco intensa, dovrebbe esserci un tempo di riscaldamento di X circa un minuto. In 6, l’aumento dell’intensità di luce dovrebbe produrre più energia e OK quindi richiedere un potenziale di arresto maggiore. X La fisica classica ha fallito. Osservazioni di Lenard 1. La corrente I è proporzionale all’intensità della luce; 2. La corrente I non ritarda quando la luce viene accesa, anche a basse intensità; 3. C’è corrente solo se la frequenza della luce indidente supera una soglia f > f0 ; 4. La frequenza di soglia f0 dipende dal tipo di materiale di cui è fatto il catodo; 5. Quando DV è negativo, la corrente si arresta a –Vs. 6. Il valore di Vs è indipendente dalla intensità degli UV ma dipende dal tipo di metallo. Tiziana Segalini 2009 6 L’idea dei quanti Nel 1900, Max Planck riuscì a spiegare lo spettro di onde elettromagnetiche emesse da un oggetto caldo assumendo che gli atomi in vibrazione a frequenza f potevano emettere solo radiazione con energia E = 0, hf, 2hf, 3hf, …, dove h è una costante. In altri termini, l’energia vibrazionale degli atomi era quantizzata in unità di h, che è ora chiamata costante di Planck ed ha il valore 6.63x10-34 J-s o 4.14x10-15 eV-s. Tiziana Segalini 2009 Max Planck (1858 - 1947) Premio Nobel nel 1918 7 La spiegazione dell’effetto fotoelettrico di Einstein Nel 1905, Albert Einstein, allora impiegato dell’Ufficio Brevetti svizzero, prese sul serio la regola di quantizzazione di Planck ed assunse che la stessa radiazione elettromagnetica fosse quantizzata , in modo che l’energia di un quanto di luce fosse E = hf. Utilizzando questa semplice ipotesi, Einstein riuscì a spiegare gli aspetti non classici dell’effetto fotoelettrico. Tiziana Segalini 2009 Albert Einstein (1879 - 1955) Premio Nobel nel 1921 8 I postulati di Einstein Per spiegare l’effetto fotoelettrico, Einstein fa tre ipotesi sul modo in cui la luce si propaga e viene assorbita: 1. La luce di frequenza f è composta di quanta discreti ognuno di energia E = hf che viaggiano alla velocità della luce; 1. La luce è emessa o assorbita solo emettendo o assorbendo dei quanta interi; 2. Un quanto di luce, quando viene assorbito da un metallo, rilascia tutta la sua energia ad un solo elettrone. Tiziana Segalini 2009 9 Queste regole vengono applicate all’effetto fotoelettrico nel modo seguente: • Un elettrone nel metallo riceve un quanto di luce e guadagna l’energia hf, in modo che Ee=hf≥E0 (energia di estrazione) ovvero esiste una frequenza di soglia f0=E0/h. • Maggiore l’intensità della luce, maggiore il numero dei fotoni e la corrente; • La massima energia cinetica è Kmax=Ee- E0 =hf-E0 in modo che Vs=Kmax/e=(hf-E0)/e; • Quando un quanto di luce trasferisce la sua energia ad un elettrone, questo ha immediatamente abbastanza energia per uscire dal metallo, senza nessun ritardo. Tiziana Segalini 2009 10 Rappresentazione dell’Effetto Fotoelettrico N.B. l’effetto di fotoemissione è in realta` istantaneo E Fotoemissione, energia cinetica massima e potenziale di arresto eΔV Kmax eΔV Etot W ΔV <0 ΔV <0 - eΔV ΔV >0 Kmax = E(luce) – W Una previsione verificabile Oltre a spiegare le osservazioni di Lenard sull’effetto fotoelettrico, Einstein fu in grado prevedere un aspetto dell’effetto fotoelettrico ancora non studiato da Lenard. Einstein previde che il potenziale di arrestoVs avrebbe dovuto dupendere linearmente dalla frequenza f della luce incidente sul catodo. In particolare, Einstein predisse che: Vs h( f f 0 ) e Robert Millikan raccolse la sfida ed effettuò una misura attenta del potenziale di arresto in funzione della frequenza. Alcuni dei suoi dati per un catodo di cesio sono mostrati nella figura. Usando la pendenza del grafico (h/e) si può ottenere h. Questo è l’esperimento che faremo noi!!!!! Tiziana Segalini 2009 13 Spettro del mercurio Tiziana Segalini 2009 14 Grafico della corrente anodica vs frequenza -11 2.5x10 2.0-10 2.0x10 8 4 8 Blu1 Blu1 Blu2 Blu2 Turchese Turchese Verde Verde Giallo Giallo 8 6 2 4 -2 -12 -13 -12 1.0 6 4 x10 -11 0 1.5 x10 Intensità di Corrente (A) Intensità di Corrente (A) 6 1.5 42 1.0 0.5 -4 2 0 2 0.0 0.5 -6 -0.5 -2 0 0 -4 0.0 -1 -1.5 0 1 -1.0 Potenziale (V) (V) Potenziale -0.5 2 3 0.0 Esiste una correlazione tra il variare del potenziale di arresto e la frequenza ? -19 1.6x10 h = 5.7 e-34 (J s) 1.4 e Vstop (J) 1.2 1.0 0.8 0.6 0.4 5.5 6.0 (Hz) 6.5 14 7.0x10 Dai fondamenti alla ricerca: Spettroscopia di fotoemissione • Negli atomi gli elettroni hanno energie di legame diverse • Gli elettroni piu' fortemente legati si trovano su livelli energetici discreti, la cui energia e` tipica di ciascun elemento: impronta digitale Se illuminiamo un campione con luce di energia opportuna (raggi X), possiamo fotoemettere anche gli elettroni piu' legati. SPETTRO di FOTOEMISSIONE: numero di elettroni emessi in funzione della loro energia Tiziana Segalini 2009 18 Fotoni Einstein ricevette il Premio Nobel nel 1921, non per la teoria della relatività, ma per la spiegazione dell’effetto fotoelettrico. Mentre Planck introduceva il concetto di quantizzazione, Einstein mostrò in maniera convincente che l’energia è quantizzata e che la luce, anche quando mostra interferenza, titpico fenomeno ondulatorio, viaggia sottoforma di pacchetti di energia che si comportano come particelle e ora sono chiamati fotoni. Ma cosa sono i fotoni? Certamente non particelle classiche. Quando attraversano una doppia fenditura (double slit), persino un fotone per volta, danno luogo ad una figura di inteferenza (interference pattern). La deduzione è che ogni fotone viaggia attraverso entrambe le fenditure e interferisce con se stesso. Tiziana Segalini 2009 19 Particelle quantistiche Tiziana Segalini 2009 20 Grazie per l’attenzione! Quasi tutto il materiale qui utilizzato è stato prodotto nel Progetto Lauree Scientifiche del MIUR in collaborazione con Valentina De Renzi (Università di Modena) e Lorenzo Mazzacurati, Matteo Cocetti, Francesco Benedetti, Matteo Franchini, Annamaria Prandini. Potete reperire il materiale ai seguenti indirizzi: •www.physicscom.unimore.it/laboratorididattici.html •http://digilander.libero.it/TizianaSegalini/