IL BAMBINO IMMIGRATO IN
OSPEDALE
MONICA CELLINI
U.O. di Ematologia, Oncologia, Immunologia e Trapianto
Dipartimento Integrato Materno-Infantile
Modena
“Non c’è dolore più grande
della perdita della terra natia”.
Euripide 431 a.C.
IL Bambino immigrato
• Si definisce bambino immigrato “ogni
soggetto in età pediatrica la cui presenza nel
nostro paese sia, a qualsiasi titolo, in
relazione con un movimento migratorio”.
QUANTI SONO?
• 1996
225.000 minori immigrati
• 2004
400.000
• 3% popolazione pediatrica
IL BAMBINO IMMIGRATO
I bambini immigrati sono sempre più numerosi e si
distinguono in 3 gruppi:
• il bambino nato e cresciuto in Italia (che non
rappresenta rischi infettivologici diversi da quelli della
nostra popolazione)
• bambino adottato
• il bambino nato nei PVS in grado di sommare ai rischi
delle patologie infettive proprie del Paese di provenienza
quelle a cui lo esporranno le precarie condizioni di vita
connesse alla condizione di immigrato recente
IL BAMBINO IMMIGRATO
• Circa il 20% sono bambini nati all’estero,
mentre l’80% risulta nato in Italia da
genitori immigrati, dato probabilmente
destinato ad aumentare in futuro
LA NASCITA
•
•
•
•
•
•
Controlli in gravidanza
80% straniere
94% italiane
Nessun controllo
6% straniere
2% italiane
LA NASCITA
•
Neonati dimessi sani
• 56% italiani
• 50% stranieri regolari
• 40% STP
LA NASCITA
• Neonati prematuri o gravemente
immaturi
• 5% italiani
• 6% stranieri regolari
• 7,7% STP
IMMIGRATI RICOVERATI
• Su un totale di quasi 20.000 bambini ricoverati
in 15 centri pediatrici italiani oltre 1.000 (il 5%
circa) erano immigrati o avevano i genitori
provenienti da Paesi in via di sviluppo: oltre il
36% dal Nord Africa, l’8% da altri Paesi
Africani, il 26% dall’Est Europeo, il 20%
dall’Asia, quasi il 6% dall’America Latina, e il
restante 4% erano rappresentati da bambini
appartenenti a gruppi nomadi e rom.
LA DEGENZA
La durata media della degenza ospedaliera è
stata di cinque giorni nei bambini stranieri,
e di quattro nei controlli. Non ci sono state
differenze significative per quanto riguarda
lo stato di salute generale dei bambini
stranieri rispetto a quelli italiani, sia per
quanto riguarda gli accessi al Pronto
Soccorso, che per i ricoveri in ospedale
(Zaffaroni, 2002).
LE PATOLOGIE
• Per quanto riguarda l’analisi delle patologie
più frequenti nel bambino immigrato,
tuttora persistono diffusi pregiudizi sugli
immigrati quali portatori di malattie
contagiose e pericolose per la comunità.
Tali pregiudizi non trovano sostanziale
riscontro nelle patologie rilevate nelle cause
di ricovero.
L’immigrato non è vettore di malattie esotiche, ma
piuttosto è una persona da tutelare e proteggere dal
punto di vista sanitario.
Il 99,9% degli immigrati arriva sano e si ammala
dopo 6 mesi o 1 anno di permanenza nel nostro
Paese. Le patologie infettive rappresentano solo
l’8% delle malattie diagnostiche tra gli immigrati
QUALI PATOLOGIE?
Clinica Pediatrica IV- Malattie Infettive
Ospedale Pediatrico Anna Meyer ( 1 gennaio 1999 15 giugno 2004) il 20% dei bambini ricoverati era
immigrato.
Principali motivi di ricovero:
• disturbi gastrointestinali
• forme respiratorie
• malattie esantematiche
LE PATOLOGIE
• Nei nuovi arrivati possono riscontrarsi alcune malattie
infettive contratte nel paese di origine, come parassitosi,
leishmaniosi e malaria, rare nel nostro paese, ma che è
importante sospettare in base ai paesi di provenienza e alla
sintomatologia dei minori immigrati, ed infine, in misura
sempre crescente, patologie, come la tubercolosi e le
epatiti, in parte correlate alla provenienza da aree ad alta
incidenza di malattia, ma in gran parte causate dalle
precarie condizioni di vita nel nostro paese.
IMMIGRATI E HIV
HIV prevalence among pregnant
women
in South Africa, 1990 to 1999
HIV prevalence (%)
25
22.8
22.4
98
99
20
17
14.2
15
10.4
10
7.6
5
4
1.7
2.1
91
92
0.7
0
90
93
94
95
96
Source: Department of Health, South Africa
97
Fattori di rischio materno per
l’infezione da HIV
%
FIGLI DI DONNA HIV
• La maggior parte nasce non infetto perchè sottoposto in
utero a profilassi della trasmissione dell’infezione.
• L’aspetto più importante in questi casi è facilitare
l’accesso ai consultori a tutte le donne gravide per
offrire il test e quindi iniziare la terapia nelle positive.
• Accogliamo solo pochi casi di bambini HIV+ nati nel
paese di origine che sono, di solito, in ottime condizioni
% di trasmissione per anno di nascita
(bambini con oltre 2 mesi di età)
Percentuale bambini infetti nati da madre HIV+
18
16
14
16,7
12
10
8,4
8
6
4
2
0
2
<= 1994
1995-'99
Anni di nascita
>= 2000
LE PATOLOGIE
• Oltre alle malattie infettive vi sono altre
condizioni patologiche frequenti nei minori
stranieri: stati carenziali, traumatismi,
emoglobinopatie, alterazioni endocrinologiche
L’ACCESSO ALLE CURE
• Purtroppo però buona parte degli immigrati e
soprattutto dei bambini sfugge alla medicina di base,
pediatria compresa, probabilmente per mancata
informazione ed è frequente il ricorso alle cure del
Pronto Soccorso. Si rende necessaria pertanto una
“promozione della fruibilità” attivando percorsi per
facilitare l’accesso alle strutture sanitarie inserendo fra
l’altro la medicina transculturale all’interno della
formazione di base e permanente di tutti gli operatori
della salute
IL PEDIATRA
• DISPONIBILITA’
• FLESSIBILITA’
• DIALOGO COSTRUTTIVO
IL PEDIATRA
• RISPETTO DIFFERENTI IDENTITA’
CULTURALI
• RISPETTO TRADIZIONI SOCIALI E
RELIGIOSE ( se rispettose delle salute del
bambino es. mutilazioni genitali)
IL PEDIATRA
• Il pediatra, attraverso la negoziazione fra i
propri modelli di salute e quelli dei genitori
immigrati, deve condividere un progetto di
alleanza terapeutica e comportamentale
finalizzato al benessere del bambino
IL PEDIATRA
• Il linguaggio da usare dovrà comunque
essere il più semplice possibile con la
continua verifica della comprensione,
bisognerà tenere conto oltre che del
significato semantico delle parole che
usiamo anche della risonanza che certe
espressioni possono avere per le famiglie
che ci stanno di fronte
ABITUDINI ALIMENTARI
• Vi può essere il divieto di consumare carni
di animali ritenuti sacri o impuri(ovini,
maiale), o qualche pregiudizio ancestrale:
non somministrare l'uovo al bambino perché
lo farebbe diventare ladro e nemmeno il
pesce perché ne impedirebbe lo sviluppo
intellettivo.
ABITUDINI ALIMENTARI
• In alcune aeree geografiche il colostro non
viene somministrato perché ritenuto di
scarso valore nutritivo o addirittura nocivo
• Nella tradizione indiana, il colostro va
evitato perché non è bianco, cioè "puro"
come il latte di donna e può contaminare il
neonato
ABITUDINI ALIMENTARI
• In alcune regioni dell'Africa Sub Sahariana
le madri sono solite premasticare i cibi
solidi che poi somministreranno ai loro figli
dallo svezzamento fino ai 2- 3 anni di vita
del bambino.
NORMALE E PATOLOGICO-1
• La distinzione tra normale e patologico è
legata ai diversi significati che individui e
gruppi sociali culturalmente definiti
attribuiscono ad accadimenti del corpo.
• La soglia che separa le due condizioni varia nei
diversi contesti: l’essere sani e l’essere malati
viene differentemente designato nei vari
raggruppamenti umani.
NORMALE E PATOLOGICO-2
• La percezione di disagio che possono avere
soggetti diversi rispetto ad analoghe situazioni
di difficoltà e di sofferenza, e la conseguente
interpretazione, è influenzata dal proprio
modo di pensarsi nel mondo.
• In Africa, in America Latina la dimensione
spirituale ed esoterica è parte integrante della
vita quotidiana ed alla malattia viene
riconosciuta un’origine soprannaturale.
NORMALE E PATOLOGICO-3
• La malattia può essere interpretata come
l’esito di un incontro-scontro con entità
invisibili, di conflittualità non sanate con gli
antenati, dell’infrazione di tabù, di rivalità tra
individui e famiglie.
• Attribuire un motivo specifico, accettato a
livello sociale, allo stato di sofferenza
permette alla persona di affrontare la malattia
con meno smarrimento e di ricollocarsi
all’interno del gruppo di appartenenza che se
ne fa carico.
NORMALE E PATOLOGICO-4
• Nella nostra società che ha fatto del
paradigma scientifico-razionale il modello
dominante del proprio sistema risulta difficile,
se non impossibile, comprendere ed accettare
interpretazioni magico-simboliche dell’evento
patologico.
• L’immigrato si trova quindi a vivere la malattia
in uno stato di frustrazione perchè il nuovo
contesto sminuisce ed irride il modello
interpretativo di cui è portatore.
NORMALE E PATOLOGICO-5
• Famiglie provenienti da paesi in via di sviluppo,
dove la morte di un bambino è la normalità,
inizialmente mantengono questo atteggiamento
fatalista.
Poi con l’adattamento alla nuova realtà, il
comportamento diviene sempre più simile a
quello delle nostre famiglie.
LA RICHIESTA DI CURA-1
• Orientarsi nell’offerta dei servizi sanitari può
essere molto difficile per la famiglia immigrata
e non sempre gli operatori riescono ad essere
di supporto per scarsa conoscenza o
sensibilità.
• La comunicazione è difficoltosa in relazione
alla scarsa o assente conoscenza della lingua.
Anche la traduzione non sempre riesce a
trovare il corrispettivo etimologico della parola
che spesso può avere più di un significato.
LA RICHIESTA DI CURA-2
• Le istituzioni sanitarie non sono predisposte,
nè preparate a capire e trattare le diversità
culturali: ascolto attivo, riconoscimento dei
valori spirituali ed ideologici diversi, rispetto di
forme di comportamento che derivano da
visioni del mondo altre.
• Il sistema sanitario finisce per non essere
pienamente accessibile o essere male
utilizzato dalle famiglie straniere.
LA RICHIESTA DI CURA-3
L’accesso alle strutture ospedaliere non
prevede solamente spazi fisici dedicati
(ambulatori specializzati con personale ed orari
riservati), ma la presenza, in ogni operatore
sanitario, di spazi mentali disponibili
all’accoglienza per tutte le persone che richiedono
assistenza e aiuto.
BARRIERE DI PAROLE
FISCHI PER FIASCHI
Mediatore Culturale
La presenza del mediatore culturale è una
garanzia perché dalle eventuali difficoltà di
comprensione linguistico-culturali non insorgano
errori clinici.
Il Mediatore Culturale (figura introdotta dalla
legge 6 marzo 1998 n° 40) :
• Agevola le relazioni e I rapporti tra culture
• Funge da traduttore, non solo “linguistico”, della
“cultura di appartenenza” dello straniero
•Informa su norme sociali, religione, abitudini alimentari,
modelli educativi e comportamentali.
• Avvicina i migranti ai servizi sociali e sanitari con
informazioni sul loro funzionamento.
MEDIATORI CULTURALI
I mediatori culturali, infine, possono aiutare
gli operatori sanitari a comprendere il
significato di abitudini e tradizioni lontane
dalla nostra consuetudine, ma che
dovrebbero essere rispettate per riuscire a
creare una “alleanza terapeutica”, più che
mai necessaria quando il paziente è un
bambino e la patologia è importante o non
guaribile.
CONCLUSIONI
La cultura pediatrica è chiamata a contribuire
alla formazione ed allo sviluppo dell’educazione
interculturale. L’incontro tra le culture non è un
processo lineare, pacifico e naturale. Va costruito con
consapevolezza e con determinazione perché molti sono
i nodi da sciogliere, le incertezze da superare, le
esitazioni da vincere.
E non ci sono ricette precostituite, valide per tutte le
occasioni e per tutti i tempi.
“ Se vuoi sapere chi sono,
se vuoi che ti insegni ciò che so,
cessa di essere ciò che sei e dimentica
ciò che sai”
Tierno Bokar ( Mali)
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