Piano di Governo del Territorio di Villachiara
Rapporto sullo stato dell’ambiente
1.08.
Gli ambiti di interesse naturale
La relazione del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, ragionando a scala provinciale, nel
capitolo 18 “La struttura dell’attuale ecomosaico provinciale”, il territorio di Villachiara viene inserito in
due ecomosaici:
o nell’ECM 65 “fascia dell’Oglio tra Roccafranca e Villachiara”;
o nell’ECM 70 “fascia dell’Oglio tra Villachiara e Pontevico”.
Mentre nella tavola allegata al capitolo 19 “lo schema direttore della rete ecologica della Provincia di
Brescia”, a Villachiara vengono individuati:
• un ganglo principale in ambito planiziale, nella zona Sud del territorio comunale al di là della
linea ideale congiungente la cascina Rampino con la parte meridionale dell’abitato di
Bompensiero, che continua anche nella zona golenale a Ovest di Bompensiero;
• l’area della ricostruzione polivalente dell’agroecosistema, per la rimanente parte del territorio
comunale;
• una Greenway principale che, partendo dall’abitato di Borgo San Giacomo, raggiunge la cascina
Rampino e da qui prosegue fino a penetrare nell’abitato del capoluogo di Villachiara, per poi
raggiungere l’abitato di Villabuona e, percorrendo la strada comunale delle Vittorie, raggiunge il
territorio di Orzinuovi, appunto nella zona della cascina Vittorie;
• un corridoio terrestre secondario che, con andamento Nord – Sud, dal territorio di Borgo San
Giacomo raggiunge il ganglo principale nella zona della cascina Rampino, costeggiando il
confine comunale;
• due principali punti di conflitto della rete con le principali barriere infrastrutturali, uno alla fine del
corridoio terrestre e l’altro nella zona del Cimitero, sulla strada per Villagana.
Estratto PTCP – tavola schema direttore della rete ecologica della Provincia di Brescia
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Piano di Governo del Territorio di Villachiara
Rapporto sullo stato dell’ambiente
La lettura del territorio a scala locale condotta per la stesura del PGT consente di individuare più ambiti,
caratterizzati da un diverso e variegato livello di naturalità:
o
o
o
o
o
o
o
o
1.08.1.
Ambito del territorio urbanizzato;
Ambito delle zone di trasformazione;
Ambito agricolo produttivo;
Ambito agricolo del Parco Oglio Nord;
Ambito delle zone di alta naturalità ricadenti nel perimetro del Parco Oglio Nord;
Ambito delle zone di alta naturalità delle principali rogge nei tratti esterni al perimetro del Parco
Oglio Nord;
Ambito di interesse archeologico;
Ambito del degrado ambientale.
Ambito del territorio urbanizzato
Suddiviso tra gli insediamenti residenziali e gli insediamenti produttivi, sia del capoluogo che delle
frazioni. Quest’ambito, come è ovvio che sia, rappresenta le aree di minore naturalità del territorio,
anche se, data la sua estensione spaziale ed il tipo di edilizia rada con presenza di numerosi giardini sia
privati che pubblici piantumati, la percezione dell’insieme non risulta particolarmente negativa.
Scopo del PGT dovrà essere quello di salvaguardare gli elementi caratterizzanti del paesaggio urbano
esistenti.
1.08.2.
Ambito delle zone di trasformazione
E’ rappresentato delle zone immediatamente a ridosso del territorio urbanizzato ed in corso di
urbanizzazione del capoluogo, attualmente utilizzate come area agricola per la monocoltura del mais,
caratterizzate da scarsa naturalità residua, in quanto prive di significative piantumazioni poderali e
lasciate incolte dopo la raccolta del mais, e da terreni pedologicamente poco adatti alla coltivazione.
Scopo del PGT dovrà essere quello di preservare la naturalità delle aree agricole limitrofe e predisporre
la normativa di utilizzo di queste aree in modo tale che la loro attuazione non pregiudichi i coni di veduta
sulle emergenze architettoniche del paesaggio urbano e siano, per la densità edilizia edificabile,
momento riconosciuto di passaggio tra l’ambito agricolo e l’ambito urbanizzato.
1.08.3.
Ambito agricolo produttivo
Tutta la parte Nord del territorio comunale è caratterizzata da estese coltivazioni intercalate dagli
agglomerati urbani e dalle attrezzature agricole sparse, è questo l’ambito agricolo produttivo, solcato da
numerose rogge con canali irrigui e fossati di scolo delle acque, dove ancora rimangono sporadiche
formazioni vegetali secondarie sia poderali che ripariali.
Le problematiche individuate nell’ambito sono dovute principalmente a questi fattori:
o alto carico di spandimento dei liquami zootecnici in funzione alla moderata attitudine allo
spandimento del suolo;
o vulnerabilità della falda freatica in buona parte dell’ambito;
o qualità delle acque superficiali;
o rarefazione delle formazioni vegetali secondarie (siepi e filari) sia poderali che ripariali;
o intervento antropico per livellamento di terreni, spostamento o chiusura di fossati e scoli, e
soprattutto per nuove strutture agricole spesso in contrasto con l’esistente storico.
Compito del PGT, nel rispetto della legislazione regionale e nazionale vigente, dovrà essere quello di:
o individuare le caratteristiche tipologiche e quantitative degli allevamenti zootecnici affinché gli
stessi siano considerati funzionali alla conduzione del fondo agricolo;
o individuare le azioni da porre in essere a tutela delle acque di falda per le opere edilizie da
intraprendere nelle zone ad alta vulnerabilità della falda;
o incentivare l’incremento delle formazioni vegetali secondarie lungo le sponde delle rogge, dei
fossati irrigui e dei canali di scolo;
o porsi l’obiettivo di tutela del patrimonio insediativo storico in ambito agricolo, con la salvaguardia
della morfologia esistente;
o individuare le tipologie ammesse per le nuove strutture agricole e le relative azioni di
mitigazione dell’impatto antropico;
o censire gli edifici esistenti non più adibiti all’attività agricola e indicare le normative per il loro
uso;
o individuare e tutelare le fasce naturali per la formazione del corridoio terrestre secondario della
rete ecologica indicato dal PTPC;
o proporre il superamento dei punti di conflitto della rete ecologica con le barriere infrastrutturali
indicati nel PTCP.
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Piano di Governo del Territorio di Villachiara
Rapporto sullo stato dell’ambiente
1.08.4.
Ambito agricolo del Parco Oglio Nord
Questo ambito, anche se le aree agricole in esso comprese mostrano un paesaggio fin troppo simile
all’ambito agricolo produttivo, presenta una naturalità più variegata del precedente, infatti al suo interno
sono comprese le aree dei due querceti di nuovo impianto, nell’intorno della cascina Belleò, e la
maggior parte delle residue formazioni vegetali secondarie (filari e siepi) lungo le sponde delle rogge e
dei canali irrigui.
Le problematiche di quest’ambito sono nella sostanza simili a quelle dell’ambito agricolo produttivo, ma
per questa parte del territorio comunale l’azione del PGT si limita a dover determinare le modalità di
recepimento delle previsioni prevalenti contenute nei piani di livello sovracomunale.
La qual cosa peraltro è già avvenuta a seguito dell’entrata in vigore, con la pubblicazione sul BURL, 1°
supplemento straordinario al n. 37 del 13.09.2005, del Piano Territoriale di Coordinamento del Parco
Regionale Oglio Nord, e con la delibera del Consiglio Comunale di recepimento che ha comportato la
prevalenza delle previsioni del PTC, sia come azzonamento che come Norme Tecniche di Attuazione,
sulle previsioni del PRG Comunale.
Comunque la normativa sullo spandimento dei liquami zootecnici al fine di tutelare la falda freatica, le
acque superficiali ed il suolo dovrà avere una valenza anche per questo ambito.
1.08.5.
Ambito delle zone di alta naturalità ricadenti nel perimetro del Parco Oglio Nord
Questo è l’ambito con la più alta naturalità presenti sul territorio comunale, in esso sono comprese:
o
o
o
o
o
o
o
la fascia della sponda fluviale con la sua vegetazione ripariale;
la Riserva Naturale del Bosco della Marisca (Sito di Importanza Comunitaria);
la Riserva Naturale dell’Isola Uccellanda (Sito di Importanza Comunitaria);
la zona umida dello Stagno ex cava del Nantes;
la zona umida dello Stagno del Buco della Cagna;
la costa del terrazzo morfologico principale;
le vallecole delle rogge Oriolo, Gambalone, Gabinetto e Contella
Si tratta di un ambito che nel complesso include un paesaggio molto articolato, comprendendo le
svariate morfologie della valle fluviale, delle vallecole delle rogge, del terrazzo principale e delle zone
umide, con le loro vegetazioni acquatiche, pioniere, di greto, riparali e forestali.
Anche per questo ambito la normativa di riferimento è quella delle NTA del Parco Oglio Nord.
1.08.6.
Ambito delle zone di alta naturalità delle principali rogge nei tratti esterni al perimetro
del Parco Oglio Nord
Sono le zone rivierasca delle principali rogge, già vincolate dal PRG previgente, non comprese nell’area
del Parco Oglio Nord, che per la loro naturalità caratterizzata dalla morfologia, che presenta l’alveo
spesso molto incassato rispetto al piano di campagna, e dalla rigogliosa vegetazione ripariale ancora
esistente rappresentano un elemento non solo di diversità naturalistica del paesaggio agrario, ma anche
l’asse portante per la formazione dei corridoi terrestri di unione tra l’area della ricostruzione polivalente
dell’agroecositema ed il ganglo principale in ambito planiziale riconosciuti dal PTCP.
Le problematiche individuate nell’ambito sono dovute principalmente alla possibile rarefazione delle
formazioni vegetali secondarie riparali causata dalla mancata o errata manutenzione della vegetazione.
Compito del PGT dovrà essere quello di riconfermare i vincoli dello strumento previgente, con
l’eventuale individuazione di nuove zone, e tutelare ed incrementare le fasce naturali utili per la
formazione dei corridoi terrestri secondari della rete ecologica, in aggiunta a quello indicato dal PTPC.
1.08.7.
Ambito di interesse archeologico
Sulla scorta della Carta Archeologica della Provincia di Brescia e delle pubblicazioni esistenti in materia
di rinvenimenti archeologici, il PRG previgente ha individuato tre aree di rispetto archeologico:
2
o a sud della cascina Pateletto, per circa m 67.600;
o a sud-est della cascina Belleò, per circa m2 20.000;
o ad est della cascina Martinenghe, nei pressi della Chiesetta San Vittore, per circa m2 30.000.
Tutte sono all’interno dell’ambito agricolo produttivo, con la naturalità propria di questo ambito.
Le prime due si trovano all’interno del Parco Oglio Nord.
Compito del PGT dovrà essere quello di riconfermare i vincoli dello strumento previdente.
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Piano di Governo del Territorio di Villachiara
Rapporto sullo stato dell’ambiente
1.08.8.
Ambito del degrado ambientale
Il terrazzo morfologico principale, ad Est della frazione
Villagana, negli anni ’70 del secolo scorso è stato
interessato da opere di escavazione di inerti.
Un incidente mortale sul lavoro ha portato prima al
sequestro del cantiere e successivamente alla
chiusura dello stesso.
Da allora la zona versa in stato di abbandono, non più
transennata e non è stata oggetto di lavori di recupero
ambientale.
Si trova all’interno del Parco Oglio Nord.
Compito del PGT dovrà essere quello di promuovere il
recupero ambientale dell’ambito, in sinergia con il
Consorzio del Parco Oglio Nord e con l’Assessorato
all’Ambiente della Provincia di Brescia.
1.08.9.
La vegetazione
La vegetazione relitta più vicina alla naturalità del climax originario è concentrata nelle aree comprese
nei confini del Parco dell’Oglio nord, segnatamente nelle due riserve naturali sopra ricordate, e si
rimanda agli allegati per la descrizione delle tipologie ivi rappresentate. I boschi dominanti sono costituiti
dalle formazioni ripariali dei fiumi planiziali padani, con tratti a bosco più evoluto “a legno forte” con
presenza di quercia farnia e olmo campestre. Le scarpate dei paleoalvei e alcuni tratti di bosco
degradato sono state colonizzate dalle formazioni di robinia e di ailanto, o, in misura minore, di gelso da
carta, specie arboree esotiche ed invasive, spesso affiancate da impianti o filari di pioppo ibrido
euroamericana.
Di seguito sono elencate alfabeticamente le specie arboree ed arbustive spontanee o esotiche (in colore
rosso) più comuni sul territorio di Villachiara (escluse le specie coltivate nei parchi, e nei giardini).
1.08.10. Alberi
Acero campestre (Acer campestre)
Acero americano (Acer negundo)
Acero riccio (Acer platanoides) (localizzato lungo la roggia Oriolo presso la Cascina rampino)
Ailanto (Ailanthus altissima)
Gelso bianco (Morus alba)
Gelso da carta (Broussonetia papyrifera)
Noce comune (Juglans regia)
Ontano nero (Alnus glutinosa)
Olmo campestre (Ulmus minor)
Pioppo bianco (Populus alba)
Pioppo gatterino (Populus canescens)
Pioppo ibrido o canadese (Populus euroamericana)
Pioppo nero (Populus nigra)
Pioppo cipressino (Populus nigra cv. italica)
Platano comune (Platanus hybrida)
Quercia farnia (Quercus robur)
Salice bianco (Salix alba)
1.08.11. Arbusti, cespugli e liane
Biancospino (Crataegus monogyna)
Crespino (Berberis vulgaris)
Frangola (Frangula alnus)
Lantana (Viburnum lantana)
Nocciolo (Corylus avellana)
Prugnolo (Prunus spinosa)
Salice da ceste (Salix triandra)
Salice rosso (Salix purpurea)
Sanguinello (Cornus sanguinea)
Vitalba (Clematis vitalba)
Corniolo (Cornus mas)
Falso indaco (Amorpha fruticosa)
Edera (Hedera helix)
Ligustro (Ligustrum vulgare)
Pallon di maggio (Viburnum opulus)
Rosa selvatica (Rosa canina)
Salice da ripa (Salix eleagnos)
Sambuco comune (Sambucus nigra)
Spino cervino (Rhamnus catharticus)
1.08.12. Le zone umide perifluviali
Le zone umide, assieme alle foreste tropicali, sono tra gli ecosistemi del Pianeta con la più alta diversità
biologica e produttiva: biotopi complessi, nei quali i fattori principali: acqua, suolo, nutrienti, piante ed
animali interagiscono fra loro, consentono lo svolgimento di molteplici funzioni e contribuiscono a
produrre risorse di grande importanza, anche economica. Infatti, le zone umide, rivestono un ruolo
fondamentale nel mantenimento dei livelli di falda acquifera e freatica, per il controllo delle inondazioni,
dell'erosione e accumulando e depurando le acque, attraverso il trattenimento dei nutrienti e la
produzione di biomassa; contribuiscono a regolare il clima ed a favorire condizioni microclimatiche; sono
vie di trasporto, zone di ricreazione e turismo e di supporto e sostentamento per numerose popolazioni
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Piano di Governo del Territorio di Villachiara
Rapporto sullo stato dell’ambiente
che in esse vivono. Trasformate o bonificate per fini
agricoli, sanitari, industriali e antropici in genere, oggi
sono gravemente minacciate ed in forte riduzione in
tutto il mondo. In Italia rappresentano attualmente non
più del 5% della superficie originaria, quando in epoca
Romana si estendevano su quasi tre milioni di ettari:
un decimo del Paese. Le tipologie principali di zone
umide rinvenibili in Italia sono rappresentate da
lagune, paludi, stagni e acquitrini, torbiere, corsi
d'acqua, laghi, bacini naturali o artificiali, permanenti o
temporanei, tanto con acqua ferma che corrente,
dolce salmastra o salata ed i tratti marini costieri, la cui
profondità, in bassa marea, non supera i 6 metri.
Questa è anche la definizione più ampia con la quale
la Convenzione di Ramsar individua le zone umide.
Dal punto di vista idrobiologico gli stagni e le paludi rappresentano il "mutevole confine tra terra e
acqua", che offre una serie di differenti habitat adiacenti, determinati dall'interazione di diversi fattori
variabili, quali ad esempio il substrato geologico, la profondità dell'acqua, la composizione chimica, la
temperatura, ecc. Sotto il profilo climatico, invece, le zone umide svolgono una importante funzione
termoregolatrice, in quanto funzionano come serbatoi termici che accumulano calore d'estate e lo
cedono d'inverno, creando nelle immediate vicinanze un microclima particolare. Ovviamente questo
effetto sarà tanto più intenso quanto la massa d'acqua è maggiore. La loro importanza però è stata
riconosciuta e valorizzata solo da poco tempo. Fino a qualche decennio fa paludi e acquitrini erano
considerate aree del tutto improduttive, pericolose e malsane, mentre ricerche tuttora in corso non fanno
che confermare la loro insostituibile utilità nell'equilibrio dell'ecosistema; si pensi solo alle miriadi di uova
di pesci, rettili, anfibi, uccelli, che qui vengono deposte, alla possibilità che questi ambienti daranno alle
nuove vite di nutrirsi, di crescere, di accoppiarsi e di procreare. L'interesse faunistico, floristico e
vegetazionale delle zone umide si è rivelato di grande pregio fin dal secolo scorso; ciò nondimeno i
relativi dati conoscitivi, oggi a disposizione, non sono esaustivi e dove disponibili si presentano assai
disomogenei. Queste carenze non solo appaiono pregiudizievoli ai fini di una conoscenza puramente
speculativa, ma ancor più impediscono un corretto intervento alla gestione di questo tipo di territorio da
parte del potere pubblico. Gli ecosistemi palustri, oggi divenuti delicatissimi, potrebbero soffrire in
misura irreversibile qualora in essi fossero attivate modificazioni non idonee.
Le cause di alterazione e distruzione delle zone umide sono dovute per la massima parte a cause
antropiche e raramente a cause naturali; fra le prime ricordiamo la contaminazione o inquinamento delle
acque, l'accumulo di rifiuti e di sostanze tossiche, le escavazioni in alveo, gli sbarramenti ed i
prosciugamenti dei corsi d'acqua, le bonifiche, i drenaggi o l'abbandono (come nel caso dei fontanili)
delle pratiche manutentive, le rettificazioni del corso del fiume, gli eccessi e l'attività di frodo nella pesca
e nella caccia, l'introduzione di nuove specie, o di specie predatrici in massa, ecc.
Le formazioni vegetali più caratteristiche della fascia di bordura di queste zone palustri sono costituite
dal canneto a cannuccia di palude (Phragmites australis) e dal tifeto (Typha latifolia e, assai più
raramente Typha angustifolia), accompagnate da numerose altre specie erbacee igrofile come i poligoni
(Polygonum hydropiper, P.mite, P.lapathifolium), il crescione giallo (Rorippa amphibia), la salcerella
(Lythrum salicaria), il nontiscordardimé palustre (Myosotis palustris), le carici (Carex sp.pl.) e giunchi
(Juncus sp.pl.). In prossimità delle rive e nelle acque basse ferme o lentamente fluenti ricorrono le lische
lacustri (Schoenoplectus lacustris, S.tabernaemontani), il coltellaccio (Sparganium erectum), la scagliola
di palude (Typhoides arundinacea), il riso selvatico (Leersia oryzoides). La cintura di vegetazione più
esterna è costituita dalla tipica associazione arboreo-arbustiva del saliceto a salice bianco (Salix alba) e
salici cespugliosi (Salix purpurea, Salix cinerea, Salix triandra), dai macchioni di ontano nero (Alnus
glutinosa), seguiti alle loro spalle dai pioppi neri, e dai pioppi ibridi (Populus x euroamericana, Populus x
canescens).
Gli specchi d'acqua ferma di recente formazione sono gradualmente colonizzati dalle piante del
lamineto: idrofite liberamente natanti come le lenticchie d'acqua (Lemna minor, Lemna gibba, Lemna
minuta, Spirodela polyrrhiza) o ancorate al fondo come le brasche (Potamogeton sp.pl.), i miriofilli
(Myriophyllum sp.pl.), i ceratofilli (Ceratophyllum sp.pl.), le ninfee (Nymphaea alba, Nuphar luteum).
Nonostante la drastica riduzione subita dalle zone paludose causata dai molteplici interventi di bonifica e
dalle arginature dei corsi d'acqua che impediscono il loro processo naturale di formazione ed
evoluzione, sono ancora presenti lungo il fiume Oglio, specialmente in prossimità delle riserve naturali,
alcune zone umide molto interessanti che ospitano specie vegetali divenute assai rare nella pianura
padana, come la mestolaccia ranuncoloide (Baldellia ranunculoides), la mestolaccia lanceolata (Alisma
lanceolatum), l'erba scopina o fertro (Hottonia palustris), la calta (Caltha palustris), la porracchia dei
fossi o ludwigia (Ludwigia palustris), ecc.
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Piano di Governo del Territorio di Villachiara
Rapporto sullo stato dell’ambiente
1.08.13. Le scarpate aride, le radure e i prati ghiaoso-sabbiosi
La vegetazione dei suoli ghiaiosi e sabbiosi, delle scarpate assolate, delle radure e dei pratelli aridi,
ossia poveri di umidità, di humus e di sostanze nutritive, laddove siano, come spesso avviene, in luoghi
aperti e assolati, è costituita per lo più da specie xerofile ed eliofile, ovvero termofile. Questi ambienti,
simili a steppe in miniatura, sono trascurati dall’agricoltura e caratterizzati da un periodo di lunga aridità
estiva, perché la falda freatica è profonda e l’acqua piovana è velocemente drenata. Le erbe che vi
crescono sono in parte annue, con un rapido ciclo vitale primaverile, talvolta ripetuto in autunno; sono
soprattutto graminacee (poacee) di piccole dimensioni, legate alle due stagioni più piovose. Altre invece
sono piante succulente (piante “grasse”) come le erbe pignòle (Sedum acre, S. sexangulare, S. album,
ecc.) capaci di accumulare e ritenere acqua nei tessuti per utilizzarla durante l’estate; oppure sono
piante perenni adattatesi alla vita in questi luoghi inospitali dov’è a lungo costante l’aridità superficiale e
la temperatura del suolo durante i mesi estivi è particolarmente elevata. E’ inoltre rilevante anche la
presenza di interessanti specie appartenenti alla vegetazione dei prati collinari e degli ambienti aridi
dell’alta pianura. Fra le graminacee sono molto diffusi i forasacchi (Bromus sterilis, B. madritensis, B.
hordeaceus, B. squarrosus), le fienarole (Poa annua, P. bulbosa) e vari altri generi quali Festuca,
Dactylis, Vulpia, Cynodon, Lolium, Agropyron, Agrostis, Eragrostis, Melica, Hordeum, Setaria, ecc.
Altre piante erbacee appartenenti a numerose famiglie popolano questi gramineti regalandoci ripetute
fioriture anche quando il sole d’estate ha rinsecchito il generoso rigoglio vegetativo dei mesi primaverili.
Fra le più appariscenti ricordiamo la ruchetta selvatica (Diplotaxis tenuifolia), le saponarie (Saponaria
officinalis, S. ocymoides), il becco di grù (Erodium cicutarium), euforbie (Euphorbia cyparissias,
E.helioscopia), cagli (Galium mollugo, G. lucidum), l'erba di San Giovanni (Hypericum perforatum), il
convolvolo (Convolvulus arvensis), l'erba viperina (Echium vulgare), la mentuccia (Calamintha nepeta),
la salvia dei prati (Salvia pratensis), la linaria (Linaria vulgaris), le borracine (Sedum sexangulare e S.
rupestre), l'eliantemo maggiore (Helianthemum nummularium). Meno vistose ma altrettanto diffuse sono
le centinodie (Polygonum aviculare, P. arenastrum), la draba primaverile (Erophila verna), la pimpinella
(Sanguisorba minor), i bubbolini (Silene vulgaris), le erbe mediche minori (Medicago minima, M.
lupolina), la sassifraga annuale (Saxifraga tridactylites), la scrofularia comune (Scrophularia canina), il
fiordaliso dei pascoli (Centaurea maculosa), i timi (Thymus pulegoides, T. pannonicus),ecc. Sulle
scarpate dei cavalcavia e lungo i bordi franosi delle strade, dove è stato messo a nudo il materiale
incoerente che si trova sotto il sottile strato di suolo fertile si osservano spesso la melica barbata (Melica
ciliata), e la camomilla dei tintori (Anthemis tinctoria), il raperonzolo (Campanula rapunculus), la
valerianella o grasselli (Valerianella olitoria), il muscari (Muscari atlanticum), ecc. Questi ambienti, solo
apparentemente più poveri dal punto di vista naturalistico, per la loro particolare rarità e per la ricca
componente floristica, aumentano la diversità biologica del territorio.
1.08.14. La vegetazione delle acque dei canali:
Una fittissima rete di canali irrigui di varie dimensioni
attraversa anche la nostra pianura; nonostante la
gestione ai fini agricoli preveda periodici e spesso
troppo drastici interventi di pulizia e manutenzione,
essi conservano una significativa copertura vegetale e,
in molti casi, una flora acquatica ancora piuttosto ricca
di specie. Si tratta per lo più di piante della acque
correnti che, nei corpi idrici di maggior portata, si
sviluppano in tutta la loro esuberante vigoria quali il
ranuncolo acquatico (Ranunculus trichophyllus), il
miriofillo (Myriophyllum spicatum), i ceratofilli
(Ceratophyllum demersum e C. submersum), la
brasca arrotondata (Potamogeton perfoliatus), a
brasca increspata (Potamogeton crispus), la brasca
delle lagune (Potamogeton pectinatus) l’esotica e infestante peste d’acqua (Elodea canadensis, Elodea
nuttalii).
L’insediamento delle diverse specie dipende da vari fattori: la velocità dell’acqua, la sua profondità, la
limpidezza e la temperatura, la reazione chimica (Ph), la durezza, l’insolazione o l’ombreggiamento, la
ricchezza o meno di sostanze nutrienti o inquinanti disciolte e in sospensione, dalla sua persistenza nel
canale, dalle opere di pulizia, la presenza a monte di vegetazione acquatica abbondante che produce
seme o varie parti vegetative capaci di moltiplicare rapidamente la specie, ecc. Nei tratti con acque più
lente, nelle pozze e nei fossi ciechi si insediano altre specie di brasche (Potamogeton natans, P.
nodosus), la zannichellia (Zannichellia palustris), il coltellaccio (Sparganium emersus subsp. fluitans) e,
a ridosso delle sponde, si assembrano i popolamenti delle lenticchie d’acqua (Lemna minor, Spirodela
polyrrhyza) e, nuovo arrivo esotico: Lemna minuscula o L. minuta). Sul fondo o a pelo d’acqua, più
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Rapporto sullo stato dell’ambiente
appariscenti per il bel colore verde tenero, si notano gli “isolotti” delle gamberaje (Callitriche
obtusangula, C. palustris e C. hamulata) spesso frammisti alla più mimetica Lemna trisulca.
Le stesse piante popolano i canali scolatori che normalmente non godono di un’assidua manutenzione,
almeno finché svolgono sufficientemente la loro funzione, ovvero elevano cortine dalla evidente
fisionomia palustre laddove una vecchia lanca fluviale, ormai interrata, è rimasta a segnare il profilo
degli appezzamenti agricoli circostanti. Si rinviene allora la mestolaccia (Alisma plantago-aquatica),
mentre segnano il graduale passaggio verso la vegetazione delle rive il nontiscordardimè d’acqua
(Myosotis scorpioides), alcune carici (Carex riparia, C. acutiformis, C. elata), la betonica acquatica
(Stachys palustris), il crescione giallo (Rorippa amphibia), l’equiseto massimo (Equisetum telmateja), il
pepe d’acqua (Polygonum hydropiper), la scrofularia (Scrophularia nodosa), il caglio palustre (Galium
palustre), la menta d’acqua (Menta aquatica), la billeri amara (Cardamine amara), la tifa (Typha latifolia)
ed alcune graminacee come l’erba bambagiona (Holcus lanatus), la scagliola palustre (Typhoides
arundinacea) la gliceria (Glyceria plicata), la cannuccia di palude (Phragmites australis), ecc
1.08.15.
Le siepi
Le caratteristiche e storiche piantate che incorniciavano i campi ombreggiando il reticolo degli
innumerevoli canali irrigui, i filari di alberi, le siepi ed i cespugli, le svariate specie di erbe e di fiori che
arricchivano il paesaggio, conservando una buona naturalità nelle nostre campagne, sostenendo una
non trascurabile importanza economica, sono stati in gran parte cancellati, così com’è avvenuto, più o
meno, nell’intera pianura lombarda. In vaste zone hanno subito una quasi completa eliminazione o sono
divenute rarefatte: emergenze relitte in brulli paesaggi agrari dominati dall’orizzontalità delle linee. Le
siepi arboree furono per lungo tempo confini e separazioni agrarie, protezione delle sponde dei corsi
d'acqua e sostegno delle scarpate, schermo delle colture al vento, produzione di legname, di frutti, di
piante medicinali, di materiale per l'artigianato, di strame, ecc., un elemento caratterizzante il paesaggio
agrario padano. Funsero da sostituzione al bosco costituendo rifugio e luogo di alimentazione per
numerose specie animali e insostituibili riserve floristiche e ultimi luoghi di rifugio per la fauna, compresa
quella utile alla campagna. Anche per questi motivi, oltre che l'immediato ricavo di legname, gli
agronomi del passato prescrivevano l'impianto di siepi e di filari, nonché la loro sostituzione in caso di
morte o di abbattimento dei singoli elementi arborei ed arbustivi. Non va poi dimenticata la capacità
depurativa esplicata dagli apparati radicali delle piante che popolano le siepi, capaci di assorbire
l'eccesso di nutrienti (azoto, fosforo, ecc.) presenti oggi nelle nostre acque superficiali e di falda freatica
a causa dell'agricoltura intensiva e degli scarichi fognari. Dunque sono evidenti gli innumerevoli vantaggi
che ci offrono questi "boschi in miniatura".
A fronte di una diffusa omogeneità strutturale nella composizione, dove prevalgono i platani allevati a
ceppaia o, assai più raramente a capitozza, alternati o sostituiti dalle robinie ceduate o d’alto fusto
laddove i terreni sono più poveri e asciutti, dai pioppeti o dai filari di pioppo e di platano da cima; quando
lo spazio lo consente, la vegetazione ripariale presenta una maggiore consistenza quanti-qualitativa.
Ecco allora comparire, lungo i maggiori corsi d’acqua o sulle scarpate dei paleoalvei fluviali,
fortunatamente non ancora raggiunte dalla “nuova centuriazione agricola” delineata dalle canalette
prefabbricate e dai pivot per l'irrigazione a pioggia, comparire qualche farnia (Quercus robur) od olmo
campestre (Ulmus minor), gruppi di salici bianchi (Salix alba) e di ontani neri (Alnus glutinosa),
macchioni misti di alberi e arbusti (Acer campestre, Cornus mas, Euonymus europaeus, Corylus
avellana, Crataegus monogyna, Prunus spinosa, ecc.). La componente lianosa, quasi sempre presente,
è costituita da Hedera helix, Clematis vitalba, Humulus lupulus, Tamus communis, Lonicera caprifolium
e l'asiatica Lonicera japonica e, da poco più di un decennio, anche dalle infestanti esotiche Sicyos
angulatus ed Humulus japonicus. Al di sotto di questo piano si produce uno strato erbaceo formato in
buona parte da specie banali, sebbene non manchino esempi di migliore qualità floristica. Così se di
solito, tra le erbacee, si rinvengono Urtica dioica, Parietaria officinalis, Silene alba, Aristolochia
clematitis, Glechoma hederacea, Viola reichembachiana e V. odorata, Veronica persica, Solanum
dulcamara, Lamium maculatum, Ajuga reptans, Cruciata laevipes, Oxalis fontana, Rubus ulmifolius e R.
cesius, Fallopia dumetorum, Agrimonia eupatoria, Geum urbanum, Galega officinalis, Vicia cracca,
Coronilla varia, Torilis arvensis e T. japonica, Calystegia sepium, Artemisia vulgaris, Equisetum
telmateja, Sambucus ebulus, ecc., esistono anche situazioni meglio strutturate che accolgono parte del
corredo floristico dell’ambiente più schiettamente boschivo. Compaiono allora Ranunculus ficaria,
Leucojum vernum, Galanthus nivalis, Veronica chamaedrys, Physalis alkekengi, Lamium orvala,
Lamiastrum galeobdolon, Vinca minor, Viola hirta, V. canina, Fragaria viridis, Alliaria petiolata,
Thalictrum aquilegifolium, Listera ovata, Anemone nemorosa, Aegopodium podagraria, Cucubalus
baccifer, Salvia glutinosa, Campanula trachelium, Scilla bifolia, Polygonatum multiflorum, Brachypodium
sylvaticum, Poa nemoralis, Carex pendula, Carex sylvatica, ecc.. Queste, a tratti, danno la misura delle
potenzialità ecologiche e del valore naturalistico, non completamente spenti, di questi ambienti relitti di
una vegetazione planiziaria che solamente un secolo orsono era straordinariamente più ricca e
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differenziata; tali fitocenosi ad andamento nastriforme, spesso interrotte, possono essere considerate
significativi esempi vegetazionali in grado di testimoniare la storia vegetale del nostro territorio, fatta di
realtà boschive, via via ridotte per lasciare spazio alle colture. Spesso rappresentano veri e propri
archivi botanici e possono paragonarsi, per valore ecologico intrinseco e per interesse scientifico, ai
migliori esempi di bosco planiziario sopravvissuti nella nostra pianura.
Un altro aspetto di notevole interesse è quello inerente al valore educativo e culturale delle siepi. Per
osservare la natura non occorre ricercare luoghi esotici ricchi di attraenti motivi perché qualsiasi
ambiente, anche il più modesto, è oltremodo fertile di spunti che possono attirare l'attenzione e
l'interesse di chi sa e vuole "vedere" e di chi vuol trarre utili insegnamenti da quello che ha osservato.
Perciò per trovare un ambiente che fornisca materia di studio non occorre andare lontano dalla scuola,
specialmente per chi insegna in un paese o in una piccola città: una strada sterrata in campagna
bordata da un fosso o da una siepe è una formidabile palestra per l'educazione naturalistica e
ambientale.
La valle dell'Oglio, sempre più assediata dalle colture, le siepi, siano esse residue, spontanee o agrarie,
assumono una rilevante importanza ecologica anche quale serbatoio di biodiversità e quindi di stabilità
ed autoregolazione. Le fasce riparie che bordano i corsi d'acqua, la vegetazione che ricopre le scarpate
dei paleoalvei, i filari d'alto fusto ed i gruppi di alberi ed arbusti, pur presentando spesso una
composizione semplificata ed essendo soggetti a periodi interventi di "pulizia", tagli di sfoltimento o
ceduazione da parte dell'uomo, interrompono la monotonia del paesaggio e forniscono rifugio e riserva
di nutrimento per la fauna e per la flora.
1.08.16. La vegetazione del paesaggio coltivato
La ricca rete irrigua e dai relativi filari alberati
costituiti da ceppaie di platano (Platanus
hybrida),
pioppi
ibridi
(Populus
x
eurocanadensis), salici bianchi (Salix alba),
ontani neri (Alnus glutinosa), robinie (Robinia
pseudoacacia), olmi campestri (Ulmus minor),
ecc. Sono piuttosto rari i pioppi bianchi (Populus
alba) e i pioppi gatterini (Populus canescens), le
querce farnie (Quercus robur), gli aceri
campestri (Acer campestre) ed i noccioli
(Corylus avellana). Sono frequenti i sambuchi
neri (Sambucus nigra) ed i popolamenti di
ailanto (Ailanthus altissima) mentre in continua
rarefazione i caratteristici filari di gelsi bianchi
(Morus alba) governati a capitozza.
L’agricoltura è di tipo zootecnico-cerealicolo che, negli ultimi decenni in verità, ha assunto caratteri di
sempre più diffuso monocolturismo, più accentuato nelle aree più fertili ed irrigue, improntato
essenzialmente sul mais, al quale però si sono affiancate “nuove” colture come la soia, la barbabietola
da zucchero, il girasole e il colza da seme. In percentuale sono al primo posto come investimento di
superficie le colture di mais da granella e da trinciato, seguite dai prati e dagli erbai, dall’orzo da
granella, dalla soia, dal frumento. Con le moderne agrotecniche di coltivazione e di produzione del
seme, e a causa dell’impiego diffuso delle sostanze erbicide, sono quasi scomparse o estremamente
rarefatte nei campi alcune fra le più tipiche infestanti dei cereali, che dipingevano incantevoli paesaggi
nelle messi, come il fiordaliso (Centaurea cyanus), il rosolaccio (Papaver rhoeas), la camomilla
(Matricaria chamomilla), lo specchio di Venere (Specularia speculum-veneris), il gittaione (Agrostemma
githago) , ecc. Tra le specie ancora diffuse ed evidenti nei prati di trifoglio ladino, di erba medica o in
quelli polifiti ricordiamo il tarassaco, i romici, la borsa pastore, che si accompagnano a svariati generi di
graminacee (Poa, Setaria, Echinochloa, Lolium, ecc.). Nei cereali vernini e negli erbai di loiessa (Lolium
multiflorum), all’inizio della primavera abbondano la stellaria (Stellaria media) , il lamio rosso (Lamium
purpureum) e alcune veroniche (Veronica persica, V.hederifolia, ecc.).
Lungo i fiumi ed i corsi d’acqua maggiori vi sono numerosi impianti pioppicoli, spesso inseriti
irrazionalmente fino sulle rive ad occupare zone precedentemente coperte di preziose boscaglie
ripariali, lanche, saliceti o radure.
Nel territorio di Villachiara sono state effettuate piantagioni con specie forestali di pregio su diversi ettari
in zone prossime alla Cascina Belleò che potenziano le superfici a bosco e fungono anche da corridoi
ecologici tra formazioni vegetali seminaturali limitrofe.
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1.08.17. I rudereti, gli incolti e le aree urbanizzate
Molte specie fra quelle ricordate per i prati e gli ambienti aridi, sono diffuse anche nei luoghi incolti,
lungo i bordi delle strade, i tratti calpestati, nei rudereti, presso le discariche ed in varie altre aree
antropizzate. Sono erbe annuali, biennio o perenni dotate di un’ampia adattabilità, in grado di superare
condizioni avverse. Quando un campo coltivato viene abbandonato incomincia una rapida successione
di varie fasi di diverso sviluppo vegetazionale, con caratteristiche evolutive variabili nel tempo.
Inizialmente subentra il contingente delle cosiddette piante infestanti, già presenti nelle precedenti
colture ma tenute a freno dalle ripetute pratiche colturali e dall’impiego degli erbicidi. Il loro grande
sviluppo è dovuto al fatto che il terreno, appena lasciato dalla coltura, è ancora ben dotato di sostanze
nutritive. Alle infestanti, in un secondo tempo succedono le piante “ruderali”, cioè quelle specie che
vegetano bene nei terreni poveri di sostanze organiche e azotate e disturbati dall’uomo; queste si
insediano in un terreno ormai molto “magro” nel quale però non sussiste ancora alcuna competizione
con le altre specie. Compaiono poi, in assenza di sviluppo antropico, le specie erbacee spontanee, cioè
le componenti vegetali preesistenti alla coltivazione. Oltre ai campi abbandonati esistono altri spazi verdi
dimenticati dall’uomo, aree troppo piccole o scomode per essere coltivate: gli ambienti ruderali. Sono le
cascine abbandonate e cadenti e le loro aie, gli orti abbandonati, i mucchi di materiale edilizio scaricato
qua e là lungo le polverose strade di campagna, terreno di conquista per numerosi vegetali. Sono questi
splendidi esempi di come la natura sia capace, in assenza di disturbo da parte dell’uomo, di riprendere il
suo corso; ambienti difficili per le piante, caratterizzati da carenza o, comunque, squilibrio di elementi
nutritivi; tuttavia alcune specie dotate di grande rusticità, capaci di colonizzare senza problemi questi
strati poveri di sostanza organica, concorrendo a migliorare il terreno e creando in tal modo le condizioni
per il successivo insediamento di specie più esigenti. Molto grande è la diversità che esiste tra i vari
ambienti ruderali, soprattutto per quanto riguarda la natura del substrato e le condizioni di umidità. Le
specie presenti sono inoltre strettamente correlate alle associazioni vegetali esistenti nelle aree limitrofe
e risultano, il più delle volte, molto caotiche, con assembramenti di specie in parte autoctone, in parte
avventizie, in parte esotiche. Cercare di differenziare quindi associazioni più o meno ordinate di specie
in queste situazioni, con qualsivoglia metodo fitosociologico che non sia largamente generalizzante è
impresa impossibile. Vengono perciò di seguito raggruppate per singoli ambienti alcune fra le specie più
frequentemente osservate nel territorio qui considerato, premettendone però la facilità di loro
interscambio poiché molte di esse sono rinvenibili in tutte le situazioni sotto ricordate.
Per i rudereti, i macereti e gli incolti ricordiamo: Urtica dioica, Urtica urens, Silene alba, Calepina
irregularis, Raphanus raphanistrum, Potentilla reptans, Torylis japonica, Galium aparine, Ballota nigra
subsp. foetida, Conyza canadensis, C. albida, Erigeron annuus, Ambrosia artemisifolia, Lapsana
communis, Lactuca serriola, Carex contigua, Carex hirta, Setaria viridis, S. verticillata, Rubus ulmifolius,
Verbena officinalis, Malva sylvestris, Chenopodium polyspermum, C. album, Amaranthus cruentus, A.
chlorostachys, A. bouchonii, A. retroflexus, A. deflexus, Chelidonium majus, Melilotus officinalis,
Acalypha virginica, Datura stramonium, Solanum nigrum, Arctium minus, A. lappa, Veronica persica, V.
arvensis, Cirsium arvense, Echium vulgare, Lamium album, Lepidium graminifolium, Capsella bursapastoris, Verbascum blattaria, V. phlomoides, Convolvulus arvensis, Daucus carota, Helianthus
tuberosus, Sorghum halepense, Sonchus oleraceus, Lactuca serriola, agropyron repens, Hordeum
murinum, Lolium italicum, L. perenne, ecc
Lungo i bordi delle strade e sulle aiole spartitraffico: Arrhenatherum elatius, Hordeum murinum, H.
leporinum, Poa bulbosa var. vivipara, Agropyron repens, Poa pratensis, P. trivialis, P. annua, Lolium
perenne, Avena sterilis, A. barbata, Achillea millefolium, Polygonum aviculare, Cichorium inthybus,
Plantago major, P. lanceolata, Cynodon dactylon, Sorghum halepense, Bromus hordeaceus, B. sterilis,
Artemisia verlotiorum, Rumex acetosella, Geranium rotundifolium, Mentha arvensis, M. spicata, Lotus
corniculatus, Bellis perennis, Senecio inaequidens, Galium verum, Conium maculatum, Cuscuta
europaea, Leopoldia comosa, Tanacetum vulgare.
Sugli acciottolati ed i marciapiedi, gli sterrati, fra i masselli autobloccanti ed i cubetti di porfido, lungo i
sentieri calpestati: Sagina procumbens, Polycarpon tetraphyllum, Euphorbia chamaesyce, E. maculata,
Oxalis corniculata, Eleusine indica, Senecio vulgaris, Polygonum arenastrum, P. aviculare, Amaranthus
deflexus, Portulaca oleracea, Sagina procumbens, Eragrostis minor.
Di seguito viene riprodotta l’ortofotografia del territorio comunale con individuate le zone a bosco
naturale.
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Rapporto sullo stato dell’ambiente
Ortofotografia del territorio comunale con individuate le zone a bosco naturale.
Fonte Amministrazione Provinciale di Brescia
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