ANALGESIA
EPIDURALE
IN TRAVAGLIO
DI PARTO
ISTRUZIONI PER L’USO
Ferdinando Fant
Indice
Realizzazione editoriale:
PaPress•
Via Elio Chianesi, 134
00128 Roma
Direttore editoriale:
Paolo Pressenda
www.artesanitaria.it
Analgesia epidurale in travaglio di parto
Quesiti prima di iniziare il trattamento del dolore da parto
Obiettivi della partoanalgesia
Raccomandazioni per l’esecuzione dell’analgesia epidurale in travaglio di parto
Esecuzione del blocco, monitoraggio materno/fetale, analgesia nella primipara e nella
secondipara
Epidurale lombare in ostetricia: analgesia in travaglio di parto (cambiamenti anatomici
nella gravida, farmaci usati)
Uso dell’Ossitocina in analgesia epidurale in travaglio di parto
Modalità di somministrazione dell’analgesia
1.
Infusione a boli su richiesta della partoriente
2.
Infusione epidurale continua
3.
Analgesia epidurale a boli programmati automatizzati intermittenti
4.
Analgesia combinata epidurale – subaracnoidea (CSE)
5.
Analgesia subaracnoidea
Diluizione Levobupivacaina; Preparazione pompa infusione continua
Tabella dosaggi Levobupivacaina
Parto in situazioni particolari
1.
Estensione dell’analgesia epidurale: dal travaglio al taglio cesareo
2.
Analgesia nella presentazione occipito – posteriore
3.
Anestesia per il parto strumentale
4.
Analgesia nel travaglio indotto,
5.
Analgesia epidurale nel travaglio distocico
Remifentanile in travaglio di parto
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Gestione degli inconvenienti e delle complicazioni
bradicardia materna, variazioni del battito cardiaco fetale, parestesie, aspirazione
di sangue, ipotensione materna, brivido, spinale totale, tossicità cardiovascolare e/o
neurologica da anestetici locali, ritenzione urinaria, blocco epidurale insoddisfacente
[analgesia incompleta, monolaterale, altre cause], lombalgia post-partum, lesioni
neurologiche, complicanze ostetriche, cefalea
Compiti dell’Ostetrica, Norme comportamentali generali
Rapporti con la partoriente, Rapporti con i colleghi
Monitoraggio del travaglio
Protocollo infusione epidurale (per le Ostetriche)
18
Indicazioni mediche alla epidurale in travaglio
Effetti del dolore sulla madre (modificazioni endocrine, cardiocircolatorie, respiratorie,
metaboliche)
Effetti del dolore sul feto
Indicazioni fetali alla epidurale in travaglio
Prematurità o ritardata crescita fetale, Macrosomia, Morte endouterina
Indicazioni uterine alla epidurale in travaglio
Previsioni di parto strumentale od operativo, Distocie dinamiche, travaglio indotto
Indicazioni materne alla epidurale in travaglio
1.
Ipertensione indotta dalla gravidanza,
2.
Diabete,
3.
Patologie respiratorie (asma, fibrosi cistica),
4.
Patologie neurologiche (epilessia,miastenia gravis, ipertensione endocranica)
5.
Preeclampsia
6.
Pazienti cardiopatiche
Bibliografia
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Prefazione
Il parto naturale è un evento complesso che l'analgesia epidurale (AE) può modificare in relazione
alle modalità di applicazione, all'esperienza dell'equipe ed alla risposta dell'organismo materno.
L’Anestesista che intraprende tale pratica clinica deve pertanto integrare competenze già acquisite
nelle tecniche di anestesia epidurale in chirurgia, con quelle specificamente richieste in campo
ostetrico. Grazie all’applicazione dell’AE in travaglio di parto, egli è oggi in grado di offrire alla madre
la possibilità di trasformare radicalmente l’esperienza del parto naturale, privandola della sofferenza che per secoli la ha contraddistinta.
Non dobbiamo però dimenticare che il successo dell’AE in travaglio di parto richiede livelli ottimali
di integrazione professionale con Ginecologi ed Ostetriche, non tanto per il successo nel singolo
caso, quanto per una sua applicazione sistematica e una più ampia diffusione nei nostri ospedali.
La sicurezza e l'efficacia della AE sono così ampiamente dimostrate che la richiesta materna non
può restare insoddisfatta sulla base di un presunto rapporto rischi/benefici sfavorevole della
metodica; inoltre, la pratica dell'AE su richiesta materna, anche al solo scopo di lenire il dolore da
parto, ha piena giustificazione clinica, etica e deontologica. Infine, la sua diffusione è necessaria
anche al fine di disincentivare il ricorso al taglio cesareo, di cui il nostro paese detiene il triste
primato mondiale con oltre il 40% !
I modelli organizzativi da adottare per un’applicazione efficace e sicura della AE devono tenere
conto che, pur trattandosi di ANALGESIA EPIDURALE e non di ANESTESIA EPIDURALE, ogni
possibile complicanza, se pure rarissima, deve trovare una risposta immediata e risolutiva.
Ciò significa avvalersi di percorsi formativi intraziendali certificati (es. BLS-D e gestione vie aeree
in emergenza per Infermieri ed Ostetriche), di linee-guida e protocolli (es. gestione del dolore in
travaglio e uso del catetere per AE per Infermieri, Ostetriche, Ginecologi), di dotazioni tecniche
(es. pulsiossimetri, O2, ecc.), che consentano la praticabilità della AE con livelli di sicurezza uguali
a quelli con cui la stessa AE viene applicata in altri contesti clinici nei nostri ospedali.
In questa prospettiva, l’Anestesista non può limitarsi alla gestione del singolo caso ma deve farsi
carico della proposta di modelli organizzativi e di soluzioni operative che tengano conto del
progresso scientifico, dei contesti specifici, dei riferimenti legislativi sulla materia. L’applicazione e
la diffusione della AE in travaglio di parto e la realizzazione del suo percorso clinico-organizzativo
rappresentano così tappe ineludibili della nostra missione professionale di contrastare il dolore
evitabile e di promuovere con azioni concrete la cultura dell’ ”Ospedale senza Dolore”.
Dr. D. Mazzon
Direttore U.O. Anestesia e Rianimazione
Direttore Dipartimento “Discipline Chirurgiche” Ospedale di Belluno
1
Quesiti prima di iniziare il trattamento del dolore da parto
Obiettivi della partoanalgesia
La difficoltà del trattamento del dolore nel travaglio e nel parto sta nel fatto che siamo di fronte a un
dolore variabile; pertanto il suo trattamento va messo in relazione alla gravida e alla sua situazione
ostetrica e va quindi diversificato in base alla variabilità del dolore.
Sono molti i quesiti da porsi nel trattamento del dolore da parto e le relative implicazioni cliniche che
determinano. Tutto ciò è indispensabile per definire la tecnica neurassiale, i farmaci, la concentrazione e il dosaggio da utilizzare per trattare il dolore nel travaglio e nel parto (1).
Il primo obiettivo per non interferire con l’evoluzione del travaglio, è di limitarsi al controllo della
sensibilità enterocettiva dolorifica senza interferire con la sensibilità propriocettiva o profonda
(pressoria, vibratoria, di posizione, discriminativa) e con la sensibilità esterocettiva o superficiale (protopatica ed epicritica) (1).
Per incidere il meno possibile nel travaglio bisogna perseguire degli obiettivi:
adattare l’analgesia alla fase del travaglio,
evitare l’ipotensione,
favorire la deambulazione,
salvaguardare la sensibilità,
fare emergere un dolore di significato patologico.
Non interferendo con la sensibilità propriocettiva, inoltre, garantiremo la deambulazione considerandola un marker di analgesia ben condotta, senza dimenticare che la deambulazione
produce un miglioramento dei diametri pelvici materni, una migliore coordinazione, riduzione
della frequenza e maggiore intensità delle contrazioni uterine, migliora l’outcome neonatale per
minore compressione aorto-cavale, riduce la percezione delle contrazioni e, quindi, vi è una
minore richiesta di analgesico.
Pertanto:
tratteremo il dolore viscerale, bloccando solo le fibre C mieliniche,
tratteremo il dolore somatico allargando il blocco alle fibre Aδ,
ma soprattutto dovremo ottenere tutto ciò con basse concentrazioni per evitare
l’ipotensione secondaria al blocco delle fibre B simpatiche pregangliari situate come
dimensione tra le fibre C e le fibre Aδ.
Il secondo obiettivo da perseguire è:
evitare di interferire con la percezione della spinta dal momento che condiziona il riflesso
di Fergusson che determina la normale secrezione di ossitocina endogena.
Un’analgesia che rispetti queste prerogative:
non potrà essere causa di distocia,
piuttosto il mancato o difficile controllo del dolore potrà essere considerato un marker
indiretto di distocia o di dolore patologico (1).
La richiesta di boli successivi oppure la necessità di utilizzare concentrazioni più alte di quelle
che riterremmo essere giuste per quella situazione deve essere considerato un segno indiretto
di distocia.
a. È primipara e pluripara?
Il dolore di una primipara può essere più intenso e più prolungato di una pluripara.
b. A che settimana di gestazione è?
Nella gravida a termine il collo dell’utero avrà subito delle modificazioni tali da rendere il dolore più
facilmente trattabile.
c. Il travaglio è indotto o spontaneo?
Il travaglio indotto determinerà rapidamente le modificazioni del collo uterino che nel travaglio spontaneo si realizzano fisiologicamente e più lentamente; questo è causa di dolore più difficilmente
trattabile nel travaglio indotto.
d. Qual è l’intensità del dolore (VAS)?
La determinazione della VAS è determinante e va messa in relazione alla situazione ostetrica in
modo da stabilire la soglia del dolore della gravida, ma anche a mettere in evidenza un travaglio distocico nel caso in cui il dolore sia sproporzionato rispetto alla situazione ostetrica.
e. Le membrane sono integre o rotte?
Un travaglio a membrane rotte può essere caratterizzato da un dolore più importante rispetto a un
travaglio a membrane integre, soprattutto quando la testa fetale raggiunge lo stretto medio del canale del parto (livello 0).
f. Quali caratteristiche ha il collo (appianamento/consistenza)?
Tra le caratteristiche del collo uterino l’appianamento e la sua consistenza sono quelle che più ci
interessano per metterle in relazione alla situazione ostetrica e alla VAS nel determinare il momento
ideale per cominciare a trattare il dolore.
g. Che dilatazione ha il collo uterino?
La dilatazione non deve essere considerata un criterio di riferimento né per monitorare la progressione del travaglio né per determinare il timing, ma questo dato deve essere sempre messo in relazione alle altre caratteristiche del collo e al livello e posizione della testa fetale.
h. Qual è il livello della testa fetale?
Stabilire il livello della testa fetale è determinante per significare le caratteristiche neurologiche del
dolore:
tratteremo un dolore prevalentemente viscerale se la testa fetale sarà ancora nello stretto
superiore del canale da parto,
tratteremo un dolore prevalentemente somatico se la testa avrà raggiunto lo stretto medio
(livello 0) o inferiore (livello 1,2).
i. Qual è la posizione della testa fetale?
Sapere se la posizione dell’occipite della testa fetale è anteriore o posteriore è determinante per la
gestione analgesica del dolore:
il dolore nelle posizioni anteriori è più semplice da trattare anche se un’ODA (occipito destro
posteriore) ci impegnerà più di quanto impegni un’OSA (occipito sinistro anteriore);
il dolore nelle posizioni posteriori è un dolore anomalo nella sua distribuzione e nella sua
intensità, spesso difficilmente trattabile se non utilizzando concentrazioni e dosaggi di farmaci
che potrebbero interferire con la dinamica del travaglio e del parto.
2
3
Raccomandazioni per l’esecuzione dell’analgesia epidurale
in travaglio di parto
Richiesta della donna del blocco epidurale - Preparazione della partoriente
• Visita ostetrica con diagnosi di travaglio
iniziato
• Monitoraggio cardiotocografico, prima
di qualsiasi manovra anestesiologica
• Controllo e registrazione della pressione
arteriosa materna basale
• Instaurazione di un accesso venoso
adeguato (agocannula 18G-verde)
sulla mano destra con una pre-idratazione
di 500 ml di Fisiologica o Elettrolitica
• L’ostetrica precedentemente:
- controlla che il materiale e i farmaci
necessari per l’esecuzione del blocco
e della rianimazione cardiopolmonare
siano nella stanza travaglio
- fa urinare la partoriente poco prima
dell’esecuzione del blocco
→ mano dx perché è più comoda in caso
di Taglio Cesareo
→ troppi liquidi possono ridurre le contrazioni
uterine e determinare globo vescicale
• Esegue la medicazione in asepsi, fissa il
catetere
• Lascia passare 5 minuti dalla somministrazione della dose test prima di iniettare la
dose analgesica.
• Spiega alla partoriente ciò che si è fatto
→ piastrine inferiori a 80000 controindicano
il posizionamento
→ chiede al ginecologo/ostetrica la dilatazione
cervicale e la posizione della testa fetale
e trascrive i dati in cartella clinica
→ preferenza dell’anestesista o della
partoriente
• Disinfetta la zona lombare con Iodopovi→ mentre il disinfettante agisce, l’anestesista
done 10% soluzione e posiziona il telino
può prepararsi i farmaci da somministrare
sterile in modo da poter controllare asettica- risparmiando sui tempi di esecuzione
mente il posizionamento della partoriente
•
-
Materiali:
set peridurale con ago di Tuohy 16-18 G
siringa da 2.5 ml per test aspirazione
siringa preriempita da 5 ml di Lidocaina 2%
per la anestesia locale
- ago rosa per aspirare i farmaci
• Invita il marito ad uscire dalla stanza
durante l’esecuzione del blocco
• Individua lo spazio tra L2-L3 o L3-L4
• Infiltra la cute, il sottocute ed i legamenti
con Lidocaina 2% 5 ml
4
• Esegue sempre la dose test!!!
→ prepara il carrello con il campo sterile
Esecuzione del blocco epidurale
L’anestesista:
• controlla la cartella anestesiologica
(PT,PTT,Piastrine) ed il consenso
• informa la partoriente della procedura che
si sta per intraprendere
• si prepara in rigorosa asepsi (berretto,
mascherina, lavaggio mani, camice
e guanti sterili)
• posiziona la partoriente seduta
o in decubito laterale sinistro
• Introduce l’ago di Thuoy fino ad individuare → con la tecnica LOR con mandrino liquido
lo spazio epidurale con tecnica perdita della si ha una minor frequenza di puntura durale
resistenza (LOR)
accidentale, minor incidenza di analgesia a
chiazze, prevenzione del pneumoencefalo
• Introduce il catetere e lo posiziona in modo → l’eccessivo inserimento del cateterino può
tale che rimanga per 2-3 cm nello spazio
determinare analgesia monolaterale
epidurale
• Esegue il test di aspirazione per almeno
→ per l’aspirazione è utile che il filtro
20 secondi con la siringa da 2.5 ml
antibatterico non sia inserito
e lo ripete qualora ci siano dei dubbi
→ test positivo se l’aspirazione di circa 20
secondi fa refluire oltre 0.5 ml di liquido
→ la preparazione del carrello e del campo
sterile rientra nei compiti dell’ostetrica
e/o dell’infermiera di sala parto
→ fa stendere obbligatoriamente la paziente in
decubito laterale (preferibile il sinistro) e con il
busto sollevato di circa 30 gradi
→ Informa la partoriente sulla durata dell’analgesia e sulla necessità di farsi chiamare per il
rabbocco
Criteri di monitoraggio materno-fetale in corso di analgesia in travaglio di parto
• Monitoraggio cardiotocografico continuo
per almeno 30 minuti dopo iniezione dose
analgesica
• Controllo della pressione arteriosa
e frequenza cardiaca materna, subito dopo
l’iniezione della dose analgesica e poi ogni
5 minuti per i primi 30 minuti, dopo ogni
20-30 minuti.
• Chiede alla partoriente se avverte formicolii
o parestesie agli arti inferiori o blocco
motorio immediato
• Chiede alla partoriente se avverte
particolari sensazioni come caldo
improvviso, ronzii, gusto metallico
in bocca, parestesie periorali, confusione...
• Effettua dopo 10 minuti dal bolo la
valutazione della analgesia, gli eventuali
effetti collaterali
→ scegliere lo spazio più facilmente
aggredibile
→ fare attenzione a non sbagliare spazio
→ inietta una dose test 2 ml di Lidocaina 2%
senza adrenalina
→ prepara la dose analgesica (Fentanile 50 γ
e Levobupivacaina 0.0625-0.125% per un
volume complessivo di 20 ml e fraziona (5 ml)
l’infusione fino ad analgesia desiderata)
→ controllo pressione arteriosa materna, motilità e livello analgesia ogni 5 minuti per i primi
15 minuti dopo ogni rifornimento analgesico.
→ puntura accidentale della dura madre
→ iniezione intravascolare
→ nel caso in cui dopo 20-30 minuti dalla somministrazione di Levobupivacaina la partoriente accusi scarso sollievo dal dolore,
iniettare una piccola dose di rinforzo di 3-5 ml
di Levobupivacaina 0.25-0.5%
→ se dopo questa prova la partoriente non riferisce sollievo dal dolore, rimuovere il catetere
e riposizionarlo.
Analgesia nella primipara
Epidurale lombare in ostetricia: analgesia in travaglio di parto
Per iniziare un’analgesia epidurale:
non è necessario raggiungere una determinata dilatazione cervicale per cominciare a trattare
il dolore,
è sufficiente che il travaglio sia avviato.
L’Associazione degli Anestesisti e dei Ginecologi Americani (ASA) nell’aprile 2008 raccomandano che alla partoriente venga offerta un’analgesia perimidollare in travaglio iniziale.
Inoltre, in accordo con la fisiopatologia, quanto più precocemente si inizia una analgesia meno
farmaco occorre per abolire il dolore.
Di norma l’analgesia epidurale si può effettuare all’inizio del travaglio, quando cioè:
la frequenza delle contrazioni uterine percepite come fastidiose/dolorose è da 2 a 3 in
10 minuti,
il collo uterino è appianato, centralizzato.
L’indicazione all’inizio precoce dell’analgesia epidurale è sostenuta:
dalla presenza di una partoriente psicologicamente maldisposta ad accettare il dolore
o dalla presenza di una fase prodromica particolarmente lunga e dolorosa.
Quest’ultima situazione è tipica dei travagli indotti farmacologicamente e/o manualmente con
posizionamenti di gel prostaglandinici, infusione di ossitocici o tramite manovre di amnioressi.
Primo stadio del travaglio:
i tipi di tecnica analgesica epidurale (boli intermittenti, infusione continua, aggiunta di Fentanile)
non hanno in genere mostrato di influenzare la durata del primo stadio del travaglio.
Durante il secondo stadio del travaglio:
l’analgesia non interferisce con i meccanismi di discesa e di rotazione della testa fetale,
lascia alla partoriente la sensazione del riflesso di spinta e di pressione perineale.
Le concentrazioni maggiori sono quelle che rallentano maggiormente il travaglio e danno luogo ad
una maggiore incidenza di parti strumentali.
L’integrità e la conservazione di queste sensazioni sono:
segni indiretti dell’assenza di blocco motorio dei muscoli perineali
e consentono la collaborazione della partoriente nella fase finale del travaglio.
A dilatazione completa, prima che sia avvenuta la rotazione della testa fetale:
occorre fare molta attenzione a prevenire il dolore prima che diventi troppo forte e si rendano
quindi necessarie dosi più elevate di anestetico locale che potrebbero determinare una
transitoria ipotonia del pavimento pelvico;
in questo modo è possibile controllare il dolore del secondo stadio agevolmente con basse
concentrazioni di anestetico locale.
Il controllo dell’analgesia e dei parametri cardiocircolatori, monitorizzati sin dall’inizio della procedura anestesiologica, è affidato all’equipe ostetrica della sala travaglio, che segnala all’anestesista eventuali insufficienze dell’analgesia ed il momento del trasferimento della paziente
Cambiamenti anatomici nella gravida
Analgesia nella pluripara
Nella pluripara l’analgesia epidurale va iniziata il più precocemente possibile.
Occorre tener presente i differenti meccanismi di dilatazione e di discesa della testa fetale e
prevenire il dolore della più rapida discesa della testa fetale. Nella primipara la progressione
della testa fetale comincia all’inizio del periodo dilatante, nella pluripara l’impegno e la
progressione possono essere ritardati fino a periodo dilatante avanzato.
•
Nella pluripara inoltre è possibile usare concentrazioni maggiori di Levobupivacaina (0.125%)
senza interferire sulla dinamica del travaglio.
È comunque opportuno iniziare con concentrazioni basse e salire, se necessario.
Durante la gravidanza, lo spazio epidurale si restringe a causa della dilatazione dei plessi venosi
epidurali che trasportano il sangue dagli arti inferiori alla vena cava superiore. Questo spiega il più
basso dosaggio di anestetici richiesto nella paziente gravida.
I ligamenti vertebrali si imbibiscono e c’è ritenzione idrica nei tessuti. Pertanto l’identificazione dello
spazio epidurale è più difficile, con conseguente aumentato rischio di puntura durale.
Inoltre, durante le contrazioni uterine, si perde la pressione negativa nello spazio epidurale.
Farmaci usati
Studi clinici controllati, effettuati durante il travaglio di parto, hanno dimostrato che il Fentanile
associato alla Levobupivacaina in epidurale, in dosi complessive fino a 50-100 γ:
non ha effetti nocivi sulla madre o sul neonato,
procura una analgesia di durata più lunga e di qualità migliore.
•
Gli oppioidi sono utili, da soli, nella prima parte del travaglio, quando il dolore è
prevalentemente di tipo viscerale ed è mediato fondamentalmente dalle fibre amieliniche C.
Questo è vantaggioso se si tiene conto che il meccanismo d’azione spinale degli oppioidi non prevede l’interruzione della trasmissione nervosa, come avviene con gli AL; pertanto non avremo mai
un blocco motorio né una simpaticolisi, pericolosa nella fase precoce del travaglio.
•
Quando il dolore comincia a diventare somatico (mediato dalle fibre Aδ) è indispensabile
affiancare all’oppioide l’AL.
Quanto al volume ottimale da impiegare, esiste una relazione ben definita: l’efficacia è maggiore con
una bassa diluizione se impiegata in volumi larghi.
Nella somministrazione intratecale degli oppioidi non bisogna trascurare l’evenienza di effetti collaterali dose-dipendente: inibizione del drive respiratorio materno e bradicardia fetale.
•
Il Fentanile va somministrato inizialmente e non più ripetuto. Nei casi di travaglio prolungato oltre
le 6 ore o di paziente particolarmente agitata, si può somministrare una seconda dose
di oppiaceo.
Uso dell’ossitocina in analgesia epidurale in travaglio di parto
•
•
•
•
•
6
•
Durante la partoanalgesia l’impiego di ossitocina deve essere riservato ai casi in cui vi sia
indicazione.
L’adrenalina ed il cortisolo hanno un’azione tocolitica: riducono o inibiscono la frequenza
e l’intensità delle contrazioni uterine.
La noradrenalina ha un’azione uterocinetica: aumenta la frequenza delle contrazioni uterine
ed il tono di base.
Dopo l’esecuzione del blocco, la riduzione delle catecolamine interessa solo l’adrenalina.
La noradrenalina non diminuendo, aumenta la sensibilità dell’utero all’ossitocina con possibile
ipertonia.
L’infusione di ossitocina va sospesa prima dell’induzione del blocco. Va ripresa gradualmente
solo dopo il raggiungimento di un adeguato sollievo dal dolore.
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Modalità di somministrazione dell’analgesia
Primo stadio: periodo dilatante
• In alternativa al Fentanil può essere utilizzato il Sufentanil tenendo presente che il
rapporto di potenza tra questi due oppiacei somministrati per via epidurale è pari
a 5:1 (2)
Dose test
Fare sempre la Dose Test che può essere praticata con due modalità differenti:
a) Lidocaina 2%: 2-3 ml.
Lasciare passare circa 5 minuti dalla somministrazione della dose test ed iniettare la dose analgesica: Fentanile 50 γ più Fisiologica per un volume totale di 5-6 ml.
Dopo circa 15-20 minuti si può aggiungere Levobupivacaina 0.0625-0.125% a boli refratti di 5 ml
ogni 5-10 minuti.
b) Unire Fentanile 50 γ e Levobupivacaina 0.0625-0.125% in una siringa per un volume
complessivo di 20 ml e frazionare (5 ml) l’infusione fino ad ottenere l’analgesia desiderata.
Corrisponde alla fase attiva della dilatazione cervicale.
Le contrazioni divengono regolari per tempo, durata
e intensità e determinano la progressiva dilatazione
del segmento uterino inferiore e del collo,
con conseguente discesa della testa fetale.
Il dolore delle contrazioni aumenta progressivamente
con il progredire del travaglio e viene percepito
inizialmente a livello della proiezione cutanea
dei dermatomeri T11-T12 e successivamente si estende
ai segmenti adiacenti T10-L1.
Dilatazione cm
1. Infusione a boli su richiesta della partoriente
Primipara: 3-5
Si forniscono i seguenti suggerimenti nei casi in cui la prima somministrazione avvenga a:
Periodo prodromico - Inizio primo stadio
Pluripara : 3-5
È la fase di preparazione al vero travaglio in cui le
contrazioni uterine, disordinate e asincrone, iniziano
a far accorciare e appianare la cervice uterina.
Il dolore della contrazione è usualmente di intensità
moderata ed è riferito ai dermatomeri T11-T12.
Alcune partorienti hanno un dolore significativo
in questa fase.
È sufficiente usare oppioidi per via epidurale.
Dilatazione cm
Primipara: 2-3
Pluripara: 2-3
Primipara
Pluripara
Primipara
Pluripara
Fentanile 50 γ
+
Levobupivacaina 0.125%
Dose successiva
Levobupivacaina 0.0625%
Levobupivacaina 0.125%
Volume ml
5
+
10-20
5
+
10-20
Volume ml
10-20
10-20
Inizio secondo stadio
Prima dose
Fentanile 50 γ
Fentanile 50 γ
Volume ml
5-10
5-10
Dose successiva
Levobupivacaina 0.0625%
Levobupivacaina 0.125%
Volume ml
10-20
10-20
La parte presentata ha una serie di spostamenti
nel canale del parto.
In questa fase intervengono le contrazioni dei muscoli
addominali, avvengono la riduzione, l’impegno,
la progressione e la rotazione interna della testa fetale.
Il dolore è molto intenso ed è concentrato e ben
localizzato a livello del perineo e spesso si irradia alla
radice delle cosce.
Il passaggio dal I al II stadio è avvertito dalla donna
in analgesia epidurale come la trasformazione della
sensazione (non dolorosa) di contrazione addominale
in sensazione (non dolorosa) di pressione sul retto.
Dilatazione cm
Primipara:
>6
Pluripara :
>6
8
Prima dose
Fentanile 50 γ
+
Levobupivacaina 0.0625%
Fentanile 50 γ
+
Levobupivacaina 0.0625%
Prima dose
Fentanile 50 γ
+
Levobupivacaina 0.125%
Volume ml
5
+
10-20
5
+
10-20
Dose successiva
Levobupivacaina 0.0625%
Levobupivacaina 0.125%
Primipara
Pluripara
Volume ml
10-20
10-20
L’analgesia epidurale non va interrotta durante tutta la durata del
travaglio e del parto.
L’eventuale interruzione dell’analgesia, credendo di favorire le spinte materne:
- è eticamente discutibile,
- non riduce l’incidenza di parti strumentali,
- ma quadruplica la possibilità che la donna abbia dolore.
Dilatazione completa
A dilatazione completa anche prima che sia avvenuta la rotazione della testa fetale:
occorre somministrare dell’anestetico locale, indipendentemente dalla presenza del dolore,
per prevenire il dolore della fase espulsiva:
Levobupivacaina 0.125% - 5 ml in assenza di dolore
- 10 ml in presenza di dolore
Parto
La componente perineale è la causa principale
del dolore poiché le contrazioni uterine producono
dolore moderato.
Durante il periodo espulsivo si compiono il disimpegno
e la rotazione esterna della testa fetale.
L'analgesia epidurale così eseguita permette la deambulazione durante il travaglio e l'assunzione
di qualsiasi posizione nel periodo espulsivo. L'analgesia epidurale è perfettamente compatibile con
la raccolta per la conservazione/donazione delle cellule staminali.
2. Infusione epidurale continua
Dose carico: vedi schema precedente.
Soluzione analgesica per l’infusione epidurale continua: connettere l’infusione 30 minuti dopo
la dose carico.
• Levobupivacaina 0.0625%: 6,25 ml allo 0.5% • Levobupivacaina 0.125%: 12,5 ml allo 0.5%
• Fentanile 50 γ (1 ml)
• Fentanile 50 γ (1 ml)
• Soluzione fisiologica 42,75 ml
• Soluzione fisiologica 36,5 ml
Le spinte volontarie della partoriente non vanno
consentite e/o incoraggiate fino a quando la parte
presentata non abbia superato il piano dello stretto
medio o livello 0 e la rotazione della testa fetale
non sia completata, per non interferire con la rotazione
della testa fetale stessa.
Dopo rotazione interna della testa fetale e con la parte presentata al piano perineale:
somministrare:
- 5-10 ml di Lidocaina/Mepivacaina 2% o Levobupivacaina 0.25-0.50%
per:
- prevenire il dolore dell’eventuale episiotomia ed episiorrafia,
- produrre analgesia nel perineo,
- facilitare la distensione del perineo da parte della testa fetale.
• Le dosi terapeutiche dei farmaci è utile vengano iniettate dopo aspirazione e vengano
frazionate: boli di 5 ml.
• Le dosi indicate
- sono usualmente sufficienti quando l’analgesia epidurale è condotta senza interruzioni,
- possono non essere sufficienti nel caso la partoriente abbia dolore forte da molto tempo al
momento in cui si è chiamati per il rifornimento epidurale. In questi casi si debbono usare
concentrazioni più elevate: Levobupivacaina 0.125% 10-20 ml.
• Posizionare obbligatoriamente la partoriente sul fianco sinistro o con un cuscino sotto la natica
destra per prevenire la compressione aorto-cavale e le sue conseguenze. La mancata
prevenzione della sindrome aorto-cavale determina una riduzione della gettata cardiaca, che
può arrivare fino al 50% se l’ipotensione si accompagna a bradicardia, cui consegue
diminuzione del flusso utero-placentare. Una ipotensione materna prolungata e profonda
determina una diminuzione del flusso intervilloso uterino, con ipossia fetale, ipotensione, ridotta
perfusione cerebrale e probabile insulto cerebrale neonatale.
10
-
Farmaci
Volume
Primipara
Fentanile 1γ/ml
+
Levobupivacaina 0.0625%
8-10 ml/ora
Pluripara
Fentanile 1γ/ml
+
Levobupivacaina 0.125%
10 ml/ora
In genere viene impiegata per l’infusione continua una concentrazione minore di anestetico
locale rispetto a quella usata per i boli intermittenti.
Si preferiscono di solito basse concentrazioni di anestetico locale con volumi abbastanza
elevati che si sono rilevati più efficaci di concentrazioni maggiori in volumi ridotti.
Si può integrare una analgesia insufficiente con boli di anestetico locale a bassa
concentrazione, in genere 5 ml.
Ha l’inconveniente di determinare blocco motorio, dopo circa tre ore di infusione.
3. Analgesia epidurale a boli programmati automatizzati intermittenti
La somministrazione a boli programmati intermittenti, ogni 60-90 minuti, produce un livello di analgesia stabile e continua ed evita l’alternanza ciclica “analgesia/dolore/analgesia” tipica della tecnica
tradizionale della somministrazione a richiesta della partoriente.
Programmando adeguatamente i boli a intervalli di tempo prestabiliti, il dolore viene prevenuto efficacemente e si possono impiegare basse concentrazioni di anestetico locale che non provocano
blocco motorio eventualmente associato a Fentanile 1 γ/ml.
11
Dose iniziale
Boli intermittenti automatizzati
Levobupivacaina
0.0625% ⇨ 10-20 ml
0.0625% ⇨ 10 ml
ogni 60-90 minuti
Fentanile
50γ
1 γ/ml
Al contrario, per le medesime ragioni (la breve durata, che risulta inadeguata rispetto alla durata
media della maggior parte dei travagli e il blocco simpatico più profondo che si ottiene con eventuale conseguente ipotensione materna), è intuitivo concludere che l’analgesia subaracnoidea non
può essere indicata allo scopo di eseguire un’analgesia del travaglio di parto in senso stretto.
Diluizione Levobupivacaina
4. Analgesia combinata epidurale – spinale (CSE)
Primipara
Nel travaglio avanzato è possibile eseguire CSE somministrando per via subaracnoidea Levobupivacaina 2,5-3 mg + Fentanile 15γ diluiti in 2 ml con Fisiologica.
L’onset analgesico è di 2 minuti e non si ha blocco motorio.
Dose iniziale: subaracnoidea
Levobupivacaina 0.5%
Fentanile
2,5-3 mg (0.5-0.6 ml)
15γ (0.3 ml)
Levobupivacaina 0.0625%
Levobupivacaina 0.5%:
1 ml
⇨ a 8 ml
2 ml
⇨ a 16 ml
2,5 ml ⇨ a 20 ml
Levobupivacaina 0.1%
Levobupivacaina 0.5%:
1 ml
⇨ a 5 ml
2 ml
⇨ a 10ml
4 ml
⇨ a 20 ml
Levobupivacaina 0.125%
Levobupivacaina 0.5%:
1 ml
⇨ a 4 ml
2 ml
⇨ a 8 ml
5 ml
⇨ a 20 ml
Totale 2 ml con Fisiologica
Dose successiva: epidurale
50 γ
Top-up
0.0625% ⇨ 10-20 ml
Infusione continua
0.0625% ⇨ 10 ml/ora
1 γ/ml
Levobupivacaina 0.5%
Fentanile
2,5-3 mg (0.5-0.6 ml)
15γ (0.3 ml)
0.125% ⇨ 10-20 ml
0.125% ⇨ 10 ml/ora
50 γ
1 γ/ml
Pluripara
Preparazione Pompa Infusione continua: infusione a 8-10 ml/ora
0.0625%
Dose iniziale: subaracnoidea
Dose successiva: epidurale
Top-up
Infusione continua
0.1%
0.125%
6.25 ml Levobupivacaina 0.5% + Fentanile 50γ + Fis 42.75 ml
Totale 50 ml
12.5ml Levobupivacaina 0.5% + Fentanile 50 γ + Fis 36.5 ml
Totale 50 ml
10 ml Levobupivacaina 0.5% + Fentanile 50 γ + Fis 39 ml
Totale 50 ml
5. Analgesia subaracnoidea
L’analgesia subaracnoidea è una tecnica di semplice esecuzione, che consente di ottenere un veloce e adeguato controllo del dolore durante la fase finale del periodo dilatante e nella successiva
fase espulsiva. Generalmente la soluzione anestetica utilizzata è rappresentata da una miscela di
oppiaceo altamente liposolubile e di anestetico locale a basso dosaggio.
Dose in subaracnoidea
Levobupivacaina 0.5%
Fentanile
2,5-3 mg (0.5-0.6 ml)
15γ (0.3 ml)
Totale 2 ml con Fisiologica
Il limite di tale procedura è costituito dalla durata dell’analgesia.
La durata media dell’analgesia è stata calcolata essere di circa 150 minuti.
Con un’opportuna valutazione ostetrica, l’analgesia subaracnoidea consente di risolvere con successo la fase espulsiva di partorienti giunte a questa fase del travaglio senza supporto analgesico.
12
13
Parto in situazioni particolari
1. Estensione dell’analgesia epidurale: dal travaglio al taglio cesareo
Nella partoriente già in analgesia epidurale è possibile usare il catetere epidurale per estendere il
blocco e usarlo in caso di taglio cesareo non programmato.
Dose test
Levobupivacaina 0.5% ⇨2-3 ml [10 mg di Levobupivacaina sono sufficienti a confermare la somministrazione accidentale intratecale].
Dose terapeutica
Levobupivacaina 0.5% ⇨ 14-20 ml. Questa dose determina un blocco
chirurgico a livello di T4 in circa 20 minuti.
Nel caso si richieda un’estrazione fetale in tempi inferiori ai 30 minuti (taglio cesareo d’emergenza)
è consigliabile ricorrere ad altre soluzioni: subaracnoidea, anestesia generale.
Dosaggi anestesia loco regionale per taglio cesareo
Farmaco e concentrazione
Dosaggio
Levobupivacaina 0.5%
Fentanile
70-80 mg (14-16 ml)
50 γ (1 ml)
12 mg (2.4 ml)
10 γ (0.2 ml)
10 mg (2 ml)
10- 15γ (0.2-0.3 ml)
Tecnica epidurale
Levobupivacaina 0.5%
Fentanile
Per via sub aracnoidea:
Levobupivacaina 0.5%
Fentanile
Più eventuali integrazioni del blocco per via epidurale
Tecnica subaracnoidea
CSE
2.
Analgesia nella presentazione occipito - posteriore
La presentazione occipito-posteriore persistente è frequentemente associata a:
travaglio prolungato,
maggiore durata del II stadio,
anomalie del battito cardiaco fetale,
dolore lombo-sacrale che non recede dopo le usuali dosi di soluzioni analgesiche epidurali,
parto operativo/episiotomia.
Anestetico locale
Volume
Levobupivacaina 0.125%
10-20 ml
La somministrazione di concentrazioni più elevate di anestetico locale possono determinare un
transitorio ipotono muscolare perineale.
3.
Anestesia per il parto strumentale
Al fine di facilitare l’applicazione della ventosa o del forcipe, la soluzione anestetica va somministrata
appena il ginecologo ha deciso di intervenire. Usualmente il parto strumentale è accompagnato da
episiotomia e quindi il rifornimento epidurale dovrà produrre anestesia e ipotono perineale.
14
15
Anestetico locale
Volume
Levobupivacaina 0.5%
o Lidocaina/Mepivacaina 2%
10-15 ml
5.
6.
incrementi di 0.025 γ/Kg/min ogni 10 minuti in caso di inefficacia antalgica fino ad un
massimo di 0.1 γ/Kg/min. Sono state documentate ipossia e rigidità toracica con
boli > 1γ/Kg in 30-60 secondi;
monitoraggio PA, SpO2, FC, FR e grado di sedazione. Vi è aumento del livello di sedazione,
con desaturazione e aumento dei livelli di PaCO2 per ipoventilazione;
eventuali cannule nasali per O2;
stop all’infusione quando si accompagna la partoriente in sala parto o comunque 15-20
minuti dal presumibile parto;
l’analgesia ottenibile non ha la stessa efficacia dell’epidurale, raramente si ottiene
VAS < 5-6.
Scopo:
prevenire il dolore perineale,
facilitare la distensione del perineo,
prevenire il dolore dell’eventuale episiotomia/episiorrafia,
facilitare l’applicazione della ventosa/forcipe.
7.
8.
4.
L’efficacia e la sicurezza nell’utilizzo del Remifentanile nel travaglio di parto sono legate all’uso dei
dosaggi raccomandati per il farmaco, ad una corretta modalità di infusione endovenosa, ad una
continua sorveglianza della partoriente, all’ossigenoterapia durante tutto il travaglio ed il parto e al
monitoraggio ossimetrico.
L’uso corretto dei dosaggi garantisce stabilità emodinamica materna e non sono riportati effetti
secondari riguardanti score di APGAR o peggioramento EGA neonatale;
Analgesia nel travaglio indotto
È caratterizzato da:
dolore molto intenso anche nelle fasi iniziali per la rapidità delle modificazioni del collo
dell’utero,
richiesta precoce di analgesia e maggior consumo orario di anestetico locale
(dolore difficilmente trattabile con le concentrazioni usate per il travaglio spontaneo),
durata maggiore,
associato a una maggiore frequenza di parti operativi.
5.
Analgesia epidurale nel travaglio distocico
9.
Remifentanil in ml/ora
Diluizione: 1 mg/40 ml = 25 γ/1 ml
0.05 γ/Kg/min
0.075 γ/Kg/min
0.1 γ/Kg/min
55
6.6
9.9
13.2
60
7.2
10.8
14.4
65
7.8
11.7
15.6
16.8
Peso
Kg
Il parto distocico:
è particolarmente doloroso anche in fase latente,
è associato a una maggiore richiesta di rifornimenti epidurali, ha una durata maggiore,
è frequentemente associato a insorgenza d’ipertono uterino iatrogeno (uso di ossitocina),
è associato a una maggiore frequenza di parti operativi.
L’uso dell’ossitocina raddoppia l’intensità del dolore all’inizio del travaglio.
50
70
8.4
12.6
Remifentanile in travaglio
75
9
13.5
18
(dati forniti da M. Micaglio, Clinica Ostetrica di Padova)
80
9.6
14.4
19.2
85
10.2
15.3
20.4
90
10.8
16.2
21.6
95
11.4
17.1
22.8
100
12
18
24
L’uso del Remifentanile per l’analgesia in travaglio di parto si deve considerare ancora sperimentale e controverso. Non c’è ancora nessuna linea guida internazionale che lo indichi come una
possibile opzione sicura ed efficace.
L’uso del Remifentanile necessita della presenza costante e continuativa dell’anestesista in sala
travaglio e parto e richiede all’anestesista un impegno a fianco alla partoriente pari, se non superiore a quello richiesto dall’analgesia epidurale, ne aumenta quindi le difficoltà organizzative ed i costi
relativi al personale medico.
Il Remifentanile non è un’alternativa all’analgesia epidurale. In casi selezionati, (esempio spazio
epidurale non reperibile) è possibile proporre tale uso seguendo le indicazioni sotto riportate:
1. informare la partoriente della sicurezza del farmaco e del suo uso oramai consolidato anche
in ostetricia, pure se non è un farmaco registrato per il travaglio di parto;
2. doppio accesso venoso: per il Remifentanile ago 20G dedicato in posizione non facilmente
comprimibile per evitare pericolosissimi boli accidentali e con infusione parallela di Fisiologica
lenta;
3. diluizione di Remifentanile a 25 γ/ml;
4. inizio infusione a 0.05 γ/Kg/min;
16
6
9
12
17
Gestione degli inconvenienti e delle complicanze
L’anestesista registra sulla cartella clinica della partoriente i dati relativi alle manovre eseguite, agli
anestetici somministrati e all’evoluzione del travaglio.
1.
2.
-
-
3.
-
4.
-
-
Bradicardia materna
é quasi sempre conseguenza della compressione della vena cava inferiore materna,
posizionare la partoriente sempre su un fianco, preferibilmente il sinistro,
somministrare ossigeno in maschera,
infondere velocemente 250 – 500 ml di cristalloidi/colloidi,
Efedrina 25 mg in 5 ml di Fisiologica: boli di 5 mg/1 ml fino a correzione (aumenta la pressione
arteriosa sistolica della madre senza diminuire il flusso uterino),
attento monitoraggio cardiotocografico.
Variazioni del battito cardiaco fetale
In circa il 30% delle donne, entro 10-20 minuti dall’inizio di una epidurale, cioè quando
avvertirà i benefici di questa procedura, si osservano variazioni del battito fetale, in particolare
in quelle donne che manifestano dolore molto intenso alle contrazioni associato ad un
importante stato di ansia. Queste variazioni del battito sono di breve durata (3-10 minuti) e del
tutto benigne.
I disturbi più gravi e persistenti del ritmo cardiaco (esempio bradicardia) devono far ricercare
una causa ostetrica.
Parestesie
sono comuni durante l’analgesia epidurale nella donna in travaglio,
sono tipiche alla penetrazione del catetere nello spazio epidurale,
sono avvertite generalmente al sacro e agli arti inferiori, si esauriscono rapidamente e non
necessitano di alcun provvedimento,
se prolungate richiedono la cauta rimozione del catetere ed il suo posizionamento in un altro
spazio.
Aspirazione di sangue
è l’inconveniente più frequente (3-11%) durante l’esecuzione dell’analgesia epidurale, ma di
solito non richiede l’abbandono della tecnica,
la fuoriuscita di sangue dall’ago impone la sua estrazione e la puntura in un altro spazio,
una piccola quantità di sangue nel catetere epidurale che scompare con l’iniezione di qualche
ml di soluzione fisiologica e non si ripresenta dopo 20-30 secondi deconnettendo la siringa dal
catetere posto in posizione declive non controindica la prosecuzione dell’epidurale,
se si è incannulato un vaso col catetere ed il reflusso di sangue si ripresenta dopo 2 tentativi
di “lavaggio” con fisiologica è necessario cambiare spazio,
se anche alla puntura in uno spazio differente si dovesse ripetere l’aspirazione di sangue nel
catetere epidurale è prudente abbandonare la epidurale.
5. Ipotensione materna
Si parla di ipotensione arteriosa quando la pressione arteriosa sistolica si riduce sotto i 100 mmHg
o quando si ha un abbassamento del 20-30% della pressione sistolica e della media.
Ogni riduzione della pressione arteriosa superiore a questi valori deve essere trattata con:
dislocamento uterino: posizionare la partoriente sul fianco sinistro o con un cuscino sotto la
natica destra,
somministrazione di ossigeno in maschera,
18
-
6.
-
posizione della partoriente in Trendelemburg,
infusione veloce di 250-500 ml di cristalloidi/colloidi,
piccoli boli di vasocostrittori:
° α-β-stimolanti: Efedrina 25 mg in 5 ml di Fisiologica: boli di 5 mg/1 ml fino a correzione
dell’ipotensione (vasocostrizione periferica e stimolazione cardiaca di origine centrale),
° α- stimolanti: Fenilefrina f 10 mg, forse associata ad una minore incidenza di acidosi fetale.
Aumentano la pressione arteriosa sistolica della madre senza diminuire il flusso uterino.
Attento monitoraggio cardiotocografico.
Brivido
è un evento frequente (fino al 20%) nelle donne in travaglio
abitualmente presente dopo il parto nelle donne senza analgesia epidurale, si manifesta
precocemente nelle donne con epidurale,
in travaglio può essere utile somministrare piccole dosi di Fentanile (50γ) per via epidurale,
il brivido dopo il parto può essere controllato con la somministrazione ev di Clonidina (1/2 fiala
lentamente) che può dare sedazione, bradicardia e lieve effetto ipotensivo. Alcuni sconsigliano
l’uso della Clonidina in ostetricia.
7.
-
Spinale totale
può essere evitata con l’esecuzione costante della dose test, l’aspirazione prima di ogni
iniezione di anestetico locale, la somministrazione lenta e a dosi frazionate della dose totale di
anestetico locale e l’attenta e scrupolosa sorveglianza della gravida,
dislocamento uterino,
somministrazione di ossigeno,
reintegro volemico con colloidi,
Efedrina 25 mg in 5 ml di Fisiologica: boli di 5 mg/1 ml fino a correzione dell’ipotensione,
attento monitoraggio cardiotocografico,
assistenza respiratoria fino all’intubazione orotracheale,
eventuale taglio cesareo.
In caso di cateterizzazione dello spazio subaracnoideo con il catetere epidurale è utile comportarsi
in questa maniera:
I. Catetere in spazio subaracnoideo: attualmente la più indicata in letteratura.
Inserire e lasciare il catetere nello spazio subaracnoideo per 2-3 cm (massimo).
Gestire il parto in analgesia subaracnoidea.
Lasciare il catetere nello spazio subaracnoideo per 24-36 ore in asepsi: riduce l’incidenza
e/o la gravità della cefalea. Funziona da tappo e la reazione di fibrina attorno al catetere limita
la cefalea.
II. Rimozione dell’ago o del catetere e riposizionamento dello stesso in altro spazio: opzione che
può comportare un possibile passaggio di analgesico dallo spazio epidurale a quello
subaracnoideo in quantità non valutabile.
III. Rimozione dell’ago o del catetere e rinuncia.
8.
-
Tossicità cardiovascolare e/o neurologica da anestetici locali
le complicanze cardiovascolari e neurologiche materne sono dovute ad una iniezione
endovenosa inavvertita di anestetico locale e ad errata esecuzione del blocco,
prima di iniziare qualsiasi blocco è indispensabile aver inserito un agocannula in vena, avere
a disposizione i farmaci e le attrezzature per la rianimazione cardiopolmonare,
quando si inserisce un ago o un catetere è indispensabile aspirare prima di iniettare il farmaco,
per accertarsi di non aver punto inavvertitamente un vaso sanguigno,
19
-
9.
-
in una paziente sveglia e non sedata, i primi segni di tossicità nervosa centrale consistono
in una progressiva sonnolenza, una sensazione di pesantezza alla testa, turbe dell’equilibrio,
sapore di gusto metallico e manifestazioni psichiche,
poi compaiono progressivamente parestesie buccali e linguali, turbe visive, disartria,
agitazione, fascicolazioni muscolari, convulsioni, depressione respiratoria e circolatoria, coma
arresti circolatori sono stati riportati dopo sovradosaggi massivi di Lidocaina, Mepivacaina,
Bupivacaina,
tachicardia, fibrillazione ventricolare possono rapidamente seguire le convulsioni,
le complicanze possono verificarsi nonostante siano negative dose test e test di aspirazione,
alla comparsa dei sintomi va subito arrestata l’iniezione di anestetico locale e controllata la
donna per valutare l’entità dei sintomi e la presenza o meno di segni di blocco,
se la sintomatologia è minima è prudente abbandonare la tecnica, somministrare ossigeno e
sostenere le funzioni respiratorie e cardiocircolatorie,
in caso di convulsioni o perdita di coscienza è ovvio il ricorso alla rianimazione
cardiopolmonare,
eventuale taglio cesareo.
11. Lombalgia post-partum
la lombalgia affligge oltre il 50% delle pazienti a termine di gravidanza, soprattutto fra le
pluripare o con anamnesi di lombalgia prima della gravidanza,
il dolore è localizzato solitamente nella regione lombare o sacroiliaca,
nel post-partum un dolore limitato alla sede della puntura con una durata inferiore a 3-4 giorni
può essere attribuito all’analgesia epidurale ed essere legato ai ripetuti tentativi nel reperimento
dello spazio epidurale,
viceversa se la lombalgia dura più di 6 settimane bisogna pensare a cause differenti: ernia del
disco, flogosi dell’articolazione sacroiliaca, etc.,
in questi casi l’analgesia epidurale potrebbe solo essere responsabile in caso di prolungato
blocco motorio durante il travaglio di anomale posture materne con eccessive sollecitazioni
sulle vertebre e sui legamenti sacroiliaci.
L’epidurale per l’analgesia durante il travaglio non causa né aggrava il dolore lombare. Non vi
è stata alcuna differenza, nei vari studi, nell’incidenza di dolore lombare dopo 3 e 12 mesi nelle
donne nei gruppi che hanno ricevuto o non hanno ricevuto l’analgesia epidurale in travaglio di
parto (3).
Ritenzione urinaria
un ritardo minzionale o una franca ritenzione urinaria si può osservare dopo anestesia
epidurale,
anche gli oppioidi dati per via intratecale o epidurale provocano frequentemente ritenzioni
urinarie, anche a deboli dosi.
12. Lesioni neurologiche
con una certa frequenza l’anestesista è interpellato dopo il parto per un deficit neurologico
apparentemente associato all’epidurale. Tutte le segnalazioni devono essere prese in seria
considerazione e prontamente valutate (3),
comunemente vi è una transitoria debolezza o intorpidimento lungo il decorso di una singola
radice. Molti problemi possono recedere spontaneamente dopo alcuni giorni o settimane,
nella maggior parte dei casi le complicanze neurologiche sono dovute a cause ostetriche quali
la compressione da parte della testa del feto delle strutture nervose della pelvi, delle arterie
nutritive spinali della pelvi o da posizione litotimica eccessiva,
normalmente queste lesioni periferiche interessano i nervi degli arti inferiori, frequentemente il
cutaneo-laterale della coscia, l’otturatore, il femorale e il peroneo comune e di solito non sono
correlati all’analgesia epidurale (3).
10. Blocco epidurale insoddisfacente
a) Analgesia incompleta
si manifesta più frequentemente in ostetricia per l’impiego di soluzioni molto diluite di
anestetico locale, insufficienti a bloccare le fibre sacrali,
non si ripeterà l’epidurale, ma è sufficiente una piccola dose di rinforzo di 3-5 ml di
Levobupivacaina 0.25-0.5%,
può essere utile aggiungere 50 γ di Fentanile all’anestetico locale,
può essere un campanello d’allarme se compare dopo un primo momento di buona analgesia
perché il feto potrebbe aver assunto una posizione anomala,
se aumentando la dose non si ottiene una buona analgesia, segnalare il caso all’ostetrico.
a)
-
b)
-
20
Analgesia monolaterale
è l’espressione dello scorretto posizionamento del catetere,
ritirare il catetere di 1-2 cm e somministrare una dose supplementare di anestetico locale a
maggiore concentrazione con la donna gravida sul fianco “scoperto” dall’analgesia,
se non si ottiene risultato, è preferibile non accontentarsi di un blocco epidurale imperfetto e
conviene ripetere l’epidurale.
Altre cause:
dislocazione iniziale e/o migrazione e/o lunghezza di inserimento del catetere,
volume di anestetico locale iniettato, catetere a foro unico rispetto a quelli a fori multipli,
obesità (BMI > 30), soggetti bassi e/o alti, durata del travaglio oltre le sei ore, disturbi
muscolo-scheletrici precedenti l’analgesia epidurale,
esperienza ed attitudini motorie dell’anestesista.
13. Complicanze ostetriche
più è basso l’uso del parto strumentale (taglio cesareo, ventosa, forcipe) più è indice del
miglioramento dell’intesa tra anestesisti e personale della sala parto (ostetriche, ginecologi), che
è senz’altro uno degli aspetti più importanti, per ottenere un servizio di analgesia nel parto che
funzioni efficacemente.
nell’evenienza di un’inversione puerperale acuta d’utero:
•
Ketamina 25 mg EV,
•
rapida infusione di 1.000 ml di colloidi,
•
mai dare il via alla manovra di riposizionamento intraaddominale se la pressione arteriosa
sistolica è inferiore a 80 mmHg,
in caso di atonia uterina postpartum è utile somministrare Sulprostone f EV 0.5 mg/2 ml):
1 fiala/250 ml in 30-120 minuti. Stabilizzazione 15 ml/ora. Dose massima: 1.5 mg.
14. Cefalea
La cefalea è il sintomo più importante che compare dopo accidentale puntura della dura durante
l’esecuzione dell’analgesia epidurale.
La partoriente presenta un rischio elevato di puntura durale con ago di Tuohy e quindi di cefalea.
Fattori favorenti sono il sesso, l’età e una maggiore difficoltà tecnica rappresentata da una ridotta
percezione nell’attraversamento del legamento giallo con consistenza ridotta nella gravida a termine.
Ulteriori elementi di rischio per accidentale puntura durale sono:
21
-
condizioni d’urgenza per dover approfittare delle fasi di assenza dalle contrazioni per eseguire
il blocco,
cooperazione della donna ridotta (donna sofferente ed agitata),
presenza di edema sottocutaneo e dei tessuti molli,
una scarsa esperienza dell’anestesista,
e la stanchezza nel lavoro notturno.
Vi sono alcuni studi clinici che tendono a sostenere l’ipotesi che l’orientamento perpendicolare del
bisello dell’ago epidurale riduca l’incidenza della PDPH.
La tecnica di perdita di resistenza con mandrino liquido presenta una minor frequenza di puntura
durale accidentale rispetto alla LOR con l’aria.
La puntura durale è in grado di determinare una perdita liquorale con ipotensione intracranica e
una evidente riduzione del volume liquorale che è di circa 150 ml di cui la metà presente nella cavità cranica e per la maggiore tendenza allo spostamento verso il basso delle strutture encefaliche
che essa determina.
Comportamento
Subito dopo il parto, la partoriente va informata dell’avvenuto, della possibile insorgenza di cefalea,
del possibile trattamento dell’evoluzione della situazione.
1. Cefalea aspecifica, cefalea da sinusite, emicrania, cefalea da farmaci:
La cefalea rappresenta una condizione patologica estremamente frequente nella società e, pertanto, si impone una attenta valutazione diagnostica nei casi in cui venga riferita una cefalea dopo
esecuzione di un blocco epidurale giacché potrebbe trattarsi di una comune forma di cefalea muscolo-tensiva indotta dallo stress affrontato dalla paziente.
Tale forma, in genere, è associata ad un’ampia storia di episodi analoghi riscontrabili all’anamnesi
patologica, si manifesta prevalentemente unilateralmente e, condizione che la differenzia dalla cefalea da puntura durale (PDPH), non si esacerba con l’acquisizione della posizione eretta.
2. Trombosi della vena corticale.
Può rendersi responsabile di una cefalea severa specie nel post-partum.
3. Meningite batterica o virale o la più comune forma asettica.
Si accompagna ad una cefalea non correlata alla postura, a classici segni di sofferenza meningea
e, nella forma batterica, ad iperpiressia.
4. Altre cause:
Infarto ipofisario, infarto cerebrale, preeclampsia, emorragia intracranica, ...
Terapia
Le misure preventive dopo la puntura durale accidentale nota sono:
Sintomi
Il 90% delle cefalee compare in 2ª– 3ª giornata dalla puntura durale.
Raramente si manifesta tra il 5° e il 14° giorno dopo la puntura.
Può comparire (raramente) immediatamente dopo la puntura. La sua comparsa deve porre
l’anestesista in allerta per una causa diversa della cefalea.
La cefalea si risolve, abitualmente, in modo spontaneo nei 2-3 giorni successivi, raramente
prolungandosi per periodi superiori ad una settimana.
La sintomatologia, è caratterizzata classicamente da :
cefalea, sintomo principale, frontale e/o occipitale con irradiazione al collo e alle spalle.
dolore esacerbato dai movimenti della testa, dall’assunzione della posizione eretta e si riduce
in posizione sdraiata.
L’esacerbazione della cefalea in posizione eretta è la conditio sine qua non per la
diagnosi di PDPH.
In assenza di cefalea posturale, la diagnosi di PDPH deve essere posta in dubbio e
devono essere escluse altre patologie intracraniche.
nel 50% dei casi di PDPH la cefalea è lieve e non interferisce con la normale attività,
nel 35% è necessario, di tanto in tanto, assumere la posizione supina per ottenere sollievo
e nel 15% dei pazienti la cefalea è così severa da non consentire l’assunzione della stazione
eretta neppure per lo svolgimento dei normali bisogni fisiologici.
Altri sintomi associati sono: nausea, vomito, perdita dell’udito, ronzii, vertigini, parestesie del
cuoio capelluto e dolori degli arti superiori ed inferiori. Sono stati descritti disturbi della visione
come diplopia e cecità corticale.
Diagnosi differenziale
Nella maggior parte dei casi la diagnosi è molto semplice da fare dalla precedente puntura durale
accidentale, dalla presenza di cefalea posturale e dalla presenza di altri disturbi neurologici e attenuazione o scomparsa della cefalea con la pressione addominale.
Occorre sempre considerare diagnosi alternative come patologie intracraniche gravi. Bisogna
ricordare che una ipotensione intracranica può determinare un’emorragia intracranica con stiramento e strappo delle vene durali e un ritardo nella diagnosi e nel trattamento può essere dannoso.
Circa il 39% delle partorienti dopo il parto riferiscono cefalea non dovuta a puntura lombare.
22
• Riposo a letto
→ per 24-48 ore
• Postura:
→ la partoriente deve essere invitata ad
assumere una posizione confortevole; spesso
la posizione orizzontale è la più confortevole
→ La posizione prona (non confortevole nel
postparto), aumentando la pressione
addominale trasmessa allo spazio epidurale,
può ridurre l’intensità della PDPH
• Bendaggio addominale stretto
→ aumenta la pressione addominale
trasmessa allo spazio epidurale e può
alleviare l’intensità della cefalea. È mal
sopportato dalle partorienti
Terapia farmacologia
• Analgesici non steroidei: a dosi piene
almeno per i primi tre giorni:
- ogni 6-8 ore
- o dose carico ed infusione continua
→ paracetamolo
FANS: diclofenac, ketoprofene, ketorolac,
acetilsalicilato di lisina, tramadolo,
associazione ketorolac + tramadolo
• Oppiacei: Petidina 50 mg im ogni 6-8 ore
→ se cefalea di maggiore entità
→ se l’ antinfiammatorio non è indicato
23
Cefalea post-puntura durale accidentale: il blood patch
Misure aggiuntive
• Sostanze ad azione vasocostrittrice
cerebrale come la Caffeina
→ usata in infusione lenta ev ad alte dosi
(500-1000 mg). Nel Nord America l’uso è stato
abbandonato
• Più raramente la profilassi viene effettuata
con l’ infusione epidurale di:
→ soluzioni saline o colloidali (Destrano):
non evidenza scientifica
→ Ansiolitici/antidepressivi: Amitriptilina
(cf 10-25 mg)
→ 2500 ml nelle 24 ore. L’idratazione per via
venosa non è supportata da alcuna evidenza
scientifica
Queste misure terapeutiche sono in grado di velocizzare la guarigione, controllare i sintomi, ridurre
la necessità di una terapia più aggressiva, di ottenerne una regressione completa e senza reliquati
entro una settimana, ma non elimina completamente il problema.
• “Blood patch”: se la cefalea è particolarmente intensa e invalidante, non responsiva alla
terapia tradizionale.
• somministrazione di sangue autologo
nello spazio epidurale
→ in genere attraverso lo spazio intersomatico
inferiore rispetto alla lesione durale
• il sangue introdotto nello spazio epidurale
può coagulare
→ determina una reazione pseudo-infiammatoria con comparsa di fibroblasti e fibre
collagene e occlude la perforazione
prevenendo una ulteriore perdita di liquor
→ il liquor agisce come pro-coagulante
accelerando il processo coagulativo
→ dopo 7-13 ore si ha la dissoluzione del
coagulo
• alta incidenza di successi e la bassa
frequenza di complicanze
• rischi
24
→ escludere eventuali controindicazioni alla
procedura (coagulopatia - rifiuto della partoriente - infezioni-sepsi-febbre-difficoltà tecniche)
• incannulare una vena del braccio ed iniziare → eseguire il patch preferibilmente dopo 2
un’infusione ev di Ringer Lattato contenente giorni dal parto (batteriemia postpartum)
2 gr di Ceftriaxone e 50 mg di Ranitidina
→ misura precauzionale: inviare un campione
di sangue per la coltura
→ il blood patch è una procedura che richiede
due anestesisti, una sala operatoria (sala operatoria cesarei), una infermiera/ostetrica e una
tecnica rigorosamente sterile
• informare la partoriente della procedura
che si sta per intraprendere ed ottenere
il consenso scritto
Terapia di supporto
• Idratazione per os
• Subito dopo il parto, la partoriente va informata dell’avvenuto, della possibile insorgenza di
cefalea e del possibile trattamento.
- Ogni caso di puntura durale accidentale con ago di Tuohy va segnalato al Responsabile
Anestesista.
- L’Anestesista che ha avuto la complicanza si farà carico di seguire quotidianamente la
paziente e di valutare assieme al Responsabile, il follow-up, la prevenzione e la terapia
della cefalea.
→ è diventata la tecnica di riferimento con cui
confrontare metodi alternativi nel trattamento
della PDPH
→ infrazione per una seconda volta della dura
→ non sono infrequenti rachialgie persistenti e
nevralgie periferiche
→ più raramente sono stati segnalati casi di
radicolite, meningite e di ematomi epidurale
→ esacerbazione dei sintomi e dolore
radicolare subito dopo il blood
• monitorizzzare la paziente con ECG, SaO2, → controllare e preparare il materiale per
PA e notare i valori basali
una eventuale intubazione/rianimazione, il
funzionamento del respiratore, del monitor
e dell’aspiratore
• posizionare la partoriente in decubito
laterale con le ginocchia flesse al petto,
le spalle ed il bacino perpendicolari al piano
del letto
• nelle partorienti obese o con prevedibili
problemi tecnici valutare la possibilità
dell’esecuzione della tecnica in posizione
seduta
→ in decubito laterale vi è minor pressione liquorale e la dura è meno tesa (minor incidenza puntura durale accidentale)
→ si introduce l’ago di Tuohy nello spazio epidurale a livello della puntura dorsale o in uno
spazio più basso. Può esserci del liquor nello
spazio epidurale
→ la posizione seduta aumenta la cefalea
• preparare il carrello con il campo sterile
già predisposto
→ la preparazione del carrello e del campo
sterile rientra nei compiti dell’ostetrica e/o
dell’infermiera di sala cesarei
• disinfettare la zona lombare e posizionare
il telino sterile in modo da poter controllare
sterilmente il posizionamento della
partoriente
→ un altro anestesista, indossati guanti sterili,
cappello e mascherina, si prepara a prelevare
con tecnica sterili 20 ml di sangue da una
grossa vena antecubitale
• materiali:
→ ago di Tuohy 16 G siringa pre-riempita da
5 ml con Lidocaina 2 % per l’anestesia locale
25
• previa anestesia locale eseguire il blocco
con tecnica LOR preferibilmente con
mandrino liquido
→ con la tecnica LOR con mandrino liquido si
ha una minor frequenza di puntura durale
accidentale, prevenzione del pneumoencefalo,
ecc.
Compiti dell’ostetrica
• aspirare ripetutamente per accertarsi del
corretto posizionamento dell’ago e iniettare
molto lentamente (in almeno 2-3 minuti)
20 ml di sangue autologo
• non si dovrebbe percepire alcuna
resistenza
• interrompere l’iniezione se la paziente
avverte una forte pressione lombare e/o
dolori sul metamero d’iniezione o alle
gambe (una sensazione di lieve pressione
lombare è normale)
→ non esiste un consenso sulla quantità da
iniettare: molti ritengono che 20-30 ml di
sangue possa garantire il successo
•
• attenzione alla possibile bradicardia durante → in caso di ipotensione materna somminil’esecuzione del blood-patch
strare efedrina
→ in caso di bradicardia somministrare
atropina
• alla fine della procedura la paziente deve
rimanere a letto con le gambe flesse (ed un
cuscino sotto di esse) per ridurre la lordosi
lombare per almeno 3-4 ore.
• controllare la cefalea a distanza ed
annotare gli effetti in cartella clinica
→ la tecnica ha un successo del 70-98%.
•
•
•
Quando la partoriente chiede un’analgesia epidurale chiamare l’anestesista e il ginecologo
e valutare la situazione ostetrica (dilatazione cervicale, posizione della testa fetale, CTG) da
comunicare all’anestesista.
Preparare il carrello di anestesia con un campo sterile ed il materiale occorrente per
l’epidurale.
Preparare il monitor (saturimetro e apparecchio della pressione materna).
Assistere l’anestesista durante l’esecuzione del blocco.
Dopo il blocco monitorizzare per almeno 15 minuti il CTG.
L’anestesista va sempre avvertito
1. quando la partoriente lo richiede ed in caso di ritorno del dolore,
2. quando si decide di far camminare la partoriente,
3. quando si verifica un problema ostetrico rilevante (anomalie gravi del CTG, ipotensione
materna, problemi che possano far prevedere un taglio cesareo),
4. a dilatazione completa,
5. al momento del parto.
Segnalare sempre all’anestesista
•
Le partorienti che, al momento dell’accettazione, non hanno la cartella anestesiologica.
•
Le partorienti sottoposte ad induzione.
Controllare periodicamente i materiali e i farmaci di anestesia tenuti nel carrello e nell’armadio
seguendo l’elenco affisso all’interno degli stessi.
→ la cefalea si risolve usualmente entro 30
minuti, ma per risolvere una grave cefalea
possono passare anche 24 ore
→ se la cefalea persiste, è opportuno pensare
ad una eziologia diversa
→ somministrare 500 ml di Ringer Lattato con
Ketoprofene 200 mg e Betametasone 4-8 mg
(controllare che non vi siano controindicazioni
ai FANS)
• istruire la paziente come segue:
- evitare sforzi eccessivi per 3-5 giorni
(sollevamento di pesi, stazione eretta
prolungata, sforzi improvvisi e/o prolungati,
manovre di Valsalva)
- bere molto nelle 24 ore successive (acqua,
the, caffè, latte, brodo, ecc.)
→ escludere, prima delle dimissioni, eventuali
segni di compressione radicolare
→ fornire alla paziente l’indirizzo e il telefono
dell’anestesista cui si potrà rivolgere per qualsiasi evenienza
→ prescrivere eventualmente una terapia con
FANS per os nei giorni seguenti
• blood patch profilattico dopo accidentale
puntura lombare, prima della comparsa
dei sintomi
→ è una tecnica attraente,
→ è da prendere in considerazione nelle
partorienti a rischio di PDPH dopo accidentale
puntura durale con ago di Tuohy
26
•
Norme comportamentali
Le persone con le quali viene a contatto l’anestesista in sala parto non sono “pazienti” ma “partorienti” e quindi donne sane che si ricoverano in ospedale e che si aspettano di partorire senza alcun
problema.
L’anestesista si trova ad operare in un ambiente particolare dove il fine ultimo non è la guarigione
dalla malattia, ma la nascita di un bambino, un evento denso di implicazioni psicologiche ed emotive.
Con l’uso sempre più frequente dell’anestesia loco-regionale l’anestesista è chiamato a porre particolare attenzione ai rapporti interpersonali con la partoriente e con suo marito che non solo partecipano alla nascita del proprio figlio, ma sono osservatori e testimoni degli avvenimenti (anche
avversi ed improvvisi) e dei comportamenti degli operatori sanitari.
Frequentemente si è chiamati a prestare la propria opera per patologie o complicanze gravi della
gravidanza, del travaglio, del parto e del post-partum, situazioni che nei casi estremi necessitano
anche di terapie intensive e rianimatorie, sia materne che neonatali. Inoltre spesso si è chiamati per
un’emergenza improvvisa che necessita di decisioni terapeutiche corrette, sicure ed efficaci in tempi
molto brevi. Nella stessa area possono essere quindi presenti persone che gioiscono della nascita
del loro figlio e persone che sono preoccupate per la salute della moglie o del neonato.
La nostra prima preoccupazione deve essere quindi la SICUREZZA della partoriente che ci viene
affidata e che si ottiene con:
•
le procedure di informazione (conferenze pre-parto e visita ambulatoriale),
•
la visita pre-parto, comprendente anche il consenso informato, eseguita in ambulatorio, ma in
tutti i casi obbligatoria al momento del ricovero.
27
•
•
•
•
•
•
•
Attenzione alla sterilità quando si esegue un blocco. Indossare sempre cappello e mascherina.
La presenza continua, per quanto possibile, nell’area di sala parto ed al momento del parto.
La pronta risposta alle chiamate. Non lasciar passare troppo tempo dal momento della
richiesta di un’analgesia epidurale al momento della esecuzione del blocco (o di un
rifornimento) perché il dolore e la situazione ostetrica si potrebbero modificare e per soddisfare
pienamente le aspettative della partoriente.
L’esecuzione scrupolosa delle procedure e delle linee guida in uso ed approvati dai
responsabili del servizio e dalla direzione sanitaria per prevenire le complicanze.
L’attenta e completa compilazione della cartella clinica di sala parto che è documento ufficiale.
La chiarezza nelle disposizioni diagnostiche e terapeutiche che debbono essere ben
comprese dai collaboratori, scritte e firmate sempre in cartella clinica.
Scrivere in cartella clinica le consegne postoperatorie e firmarle: seguire le linee guida in
uso per l’analgesia postoperatoria.
Rapporti con la partoriente
•
•
•
-
Identificare la propria partoriente, presentarsi e qualificarsi con cognome e nome rivolgendosi
sempre con cortesia e dando del Lei.
Verificare che la partoriente sia stata adeguatamente informata sulla metodica e abbia
sottoscritto una dichiarazione di avvenuta informazione e richiesta di AE.
Porre particolare attenzione al rispetto della persona, come ad esempio:
coprire la partoriente prima delle procedure anestesiologiche,
mantenere sempre un contatto verbale amichevole e rassicurativo con la partoriente e con suo
marito, il quale comunque va invitato ad uscire dalla stanza durante l’esecuzione del blocco,
fare attenzione al linguaggio usato anche perché sia la donna che il marito non sempre sono
in grado d’interpretare correttamente ciò che per noi è routine,
mettersi dalla parte di chi sta in qualche modo “subendo” anche se consenziente, un’invasione
all’interno del proprio corpo (aghi, monitoraggi, cannule, apparecchiature) spiegando
anticipatamente le procedure che si stanno adottando.
Rapporti con i colleghi
•
•
•
28
Il ginecologo di guardia è il responsabile dell’andamento del travaglio e del parto. L’analgesia
epidurale in travaglio, usualmente richiesta dalla donna, può essere eseguita previo accordo
con il ginecologo di guardia. Una volta iniziata, l’analgesia non può essere interrotta se non in
casi eccezionali e solo su richiesta del ginecologo che provvederà ad informare adeguata
mente la partoriente al fine di ottenerne l’autorizzazione.
Non modificare mai alcuna delle procedure e delle linee guida anestesiologiche per la fretta o
per la pressione psicologica dei colleghi: la partoriente ha diritto agli stessi standard di sicurezza
in tutti i casi, specialmente nelle emergenze!
In caso di controversie evitare la discussione alla presenza delle pazienti, dei parenti o del
personale sanitario: discutere con il diretto interessato quando ciò sarà possibile ed opportuno.
Monitoraggio del travaglio
L’assistenza a una paziente in analgesia epidurale richiede, da parte del ginecologo e dell’ostetrica, una conoscenza:
a. delle interazioni esistenti tra il blocco epidurale e la dinamica del travaglio di parto fisiologico;
b. dei provvedimenti atti a combattere il manifestarsi di eventuali complicazioni.
Solo così si potrà ottenere un travaglio che si sviluppa nei tempi e nei modi fisiologici, senza dolore
e con la necessaria collaborazione di una partoriente ben motivata.
L’analgesia epidurale pone l’ostetrico-ginecologo i problemi più seri quando la paziente è alla sua
prima esperienza di parto.
Nelle primipare, dunque, è indispensabile rispettare alcune procedure fondamentali:
•
visitare la paziente prima e dopo 30 minuti dal blocco epidurale, per valutare gli effetti:
sul collo uterino;
sul tracciato cardiotocografico;
•
in particolare, se il blocco si è esteso molto rapidamente e la partoriente non è stata sistemata
in decubito laterale, possono comparire nei primi 30 minuti dall’esecuzione del blocco
epidurale una riduzione della frequenza e della contrattilità uterina, dovute a ipotensione del di
stretto utero-placentare non tempestivamente riconosciuta;
•
spesso, quando non si vogliono allungare troppo i tempi del travaglio, si somministra
dell’ossitocina subito dopo l’esecuzione del blocco, o durante il secondo stadio. Gli effetti
dell’ossitocina e quelli del blocco simpatico sul collo uterino fanno sì che l’epidurale, se eseguita
nel momento giusto, accorci mediamente i tempi del travaglio. Usualmente l’analgesia
epidurale non necessita di ossitocina. Il suo uso va riservato ai casi in cui vi sia una indicazione
ostetrica (ad esempio: un numero di contrazioni uterine inferiori a 2 in 10 minuti nella fase
attiva dopo un monitoraggio di almeno 30 minuti);
•
tenere conto dei possibili effetti del blocco sul pavimento pelvico. È essenziale per
l’anestesista conoscere con la maggior precisione possibile i tempi e le modalità della discesa
della testa fetale, per poter intervenire correttamente in caso di dolore in questa fase del
travaglio. Assumere un atteggiamento, se possibile, “più attendista” durante il secondo stadio
del travaglio;
•
preparare la partoriente a riconoscere la sensazione di spinta e aiutarla nel caso di abolizione
della percezione di questo riflesso. In questo caso attendere, se possibile, la ricomparsa del
riflesso di spinta prima di avviare la donna in sala parto.
•
L’analgesia epidurale non è in grado di abolire il dolore dovuto alla manovra di Kristeller,
che va riservata soltanto ai casi di grave sofferenza fetale con parte presentata al piano
perineale.
•
L’analgesia epidurale a basso dosaggio è compatibile con qualsiasi posizione la gravida voglia
assumere per effettuare efficacemente la spinta. Il riflesso di spinta non viene abolito.
29
Protocollo per la somministrazione epidurale di un bolo 5ml di levobupivaProcedura
di somministrazione
epidurale
di un bolo
ml di Levobupivacaina
0.0625% per
caina
0,0625%
per analgesia
in travaglio
di 5parto
da parte dell’ostetrica
analgesia in travaglio di parto
Prendere la siringa con la soluzione di anestetico locale, preparata dall’Anestesista e
contrassegnata “Levobupivacaina 0.0625%”
1) Misurare PA
< 100 mmHg
CHIAMARE
ANESTESISTA
> 100 mm Hg
2) Dorsiflessione dei
piedi
Presente
Assente
Dorsiflessione dei piedi:
Si chiede alla paziente di muovere i
piedi su e giù
Indicazioni mediche alla epidurale in travaglio
L’anestesia e l’analgesia in ostetricia è un capitolo particolarmente impegnativo della disciplina
anestesiologica.
Il dolore del travaglio presenta due componenti:
una sensoriale, relativa alla trasmissione dell’impulso doloroso,
e una affettiva, che interpreta le sensazioni dolorose attraverso l’interazione delle variabili
emozionali, sociali, culturali e cognitive.
È un dolore:
acuto, con gradi molto variabili di dolore, da leggero-moderato ad estremamente severo,
dinamico, in relazione alle condizioni ostetriche varierà nei vari momenti, da dolore
prevalentemente viscerale nella fase dilatativa a dolore prevalentemente somatico nella fase
espulsiva,
variabile, diverso da donna a donna, perché nel suo determinismo sono impiegati una serie di
fattori ostetrici (peso del feto, rottura delle membrane, induzione del travaglio, primiparità, età
gestazionale, condizioni del collo dell’utero, caratteristiche delle contrazioni…)
Il dolore, l’ansia e lo stress attivano delle risposte riflesse con effetti sulla madre ed effetti sul feto.
Effetti del dolore sulla madre
3) Test aspirazione
Negativo
Positivo
Test di aspirazione
Connettere una siringa da 2.5 ml direttamente al catetere
epidurale ed aspirare per 20”. Test positivo: si aspira
sangue o più di 0,5 ml di liquido chiaro.
Iniettare 5 ml della soluzione anestetica
Dopo 5 min. ripetere i passi 1 e 2
Misurare PA ogni 5 min. per 20 min.
Dopo 20 minuti
controllare qualità analgesia
>5
<5
Rivalutare ogni 30 minuti pressione arteriosa, motilità arti inferiori e dolore.
30
Modificazioni endocrine
L’ansia ed il dolore durante il travaglio causano una significativa iperincrezione di catecolamine, che
aumentano, rispetto ai valori basali:
dal 300 al 600% per quel che riguarda l’adrenalina,
dal 200 al 400% per la noradrenalina
dal 200 al 300% per il cortisolo (4).
L’iperincrezione di catecolamine ha come conseguenza importanti modificazioni cardiocircolatorie,
sia sistemiche che locali.
A livello dell’utero si assiste infatti:
ad una diminuzione del flusso ematico,
con una diminuzione degli scambi materno-fetali.
Il flusso ematico uterino in gravidanza dipende solo dalla differenza di pressione artero-venosa esistente tra arterie e vene uterine, non autoregolato e non risente della tensione parziale dei gas respiratori, risponde con la vasocostrizione a ogni agente alfa-mimetico.
Inoltre, l’azione delle catecolamine si esplica anche sulla contrattilità dell’utero, in seguito alla stimolazione dei recettori alfa e beta (4).
In particolare:
adrenalina e cortisolo diminuiscono l’attività contrattile uterina,
mentre la noradrenalina la aumenta.
Tutte le volte che prevale un ormone o l’altro si avrà un ipo- o iper-tono uterino. In alcune pazienti il
dolore e l’ansia causano un tale aumento di secrezione di cortisolo e di adrenalina da produrre una
diminuzione dell’attività contrattile dell’utero, con conseguente aumento della durata del travaglio (4).
L’iperincrezione di queste sostanze può quindi determinare una vera e propria alterazione del
normale andamento del travaglio. Soprattutto se associate ad acidosi tessutale causano una vera
e propria “incoordinazione” nell’alternarsi delle fasi di contrazione e di riposo delle fibre muscolari
uterine (4).
31
Le contrazioni possono diminuire di intensità ed aumentare di frequenza e si può perciò assistere
all’instaurarsi di un travaglio distocico.
Modificazioni cardiocircolatorie
L’iperincrezione di catecolamine determina un aumento della frequenza cardiaca e della gittata,
con conseguente significativo aumento del lavoro cardiaco, una vasocostrizione periferica, con
aumento delle resistenze e diminuzione del flusso uterino (4).
Ciò può essere dovuto sia ad un aumento dell’attività simpatica, per iperincrezione delle catecolamine, sia ad un aumentato ritorno venoso: infatti, durante la contrazione, si ha una spremitura di
250-300 ml di sangue dall’utero verso la circolazione generale (4). L’aumento della gittata cardiaca
e dei valori pressori sistemici porta ad un significativo aumento del lavoro del ventricolo sinistro; ciò
può essere ben tollerato da pazienti sane, ma può causare seri problemi nelle portatrici di malattie
cardiache, di ipertensione arteriosa, di preeclampsia o di grave anemia (4).
Modificazioni respiratorie
Il dolore e l’ansia causano, nella partoriente, un’iperventilazione.
La ventilazione minuto aumenta notevolmente, da una media di circa 10 l/min nell’intervallo tra
le contrazioni, fino a raggiungere, durante la contrazione, una media di 20-23 l/min (4). Alcune
pazienti arrivano ad una ventilazione minuto di 35-40 litri (4).
Conseguenza dell’iperventilazione è una significativa diminuzione della PaCO2. Si possono
registrare valori che vanno da 32 mmHg, nella gravida a termine, a 16-20 mmHg, con valori
minimi di 10-15 mmHg.
Parallelamente si assiste ad un aumento del pH (7.55-7.60), all’instaurarsi di un’alcalosi
respiratoria (4).
Anche l’ipocapnia può determinare una vasocostrizione periferica, con diminuzione degli
scambi materno-fetali e conseguente ipossia ed acidosi fetale (4). La diminuzione della
PaCO2 dovuta all’iperventilazione causa inoltre anche una transitoria depressione dello
stimolo alla respirazione; più precisamente si assiste ad un’iperventilazione durante le
contrazioni uterine e ad un’ipoventilazione durante le fasi di riposo.
La PaO2 diminuisce in media del 25%. Quando la PaO2 materna diminuisce al di sotto di
70 mmHg si hanno effetti negativi anche sul feto: si viene infatti ad avere un’ipossiemia fetale,
che può causare decelerazioni tardive (4).
La somministrazione di analgesici o l’esecuzione di un’analgesia epidurale diminuiscono
l’iperventilazione e fanno sì che si abbia una PaCO2 stabile (4).
Modificazioni metaboliche
L’aumentata stimolazione simpatica dovuta al dolore e all’ansia durante il travaglio causano un
aumento del metabolismo basale ed un aumento del consumo di ossigeno.
Tutto ciò, associato alla diminuita concentrazione di bicarbonati plasmatici che compensa l’alcalosi
respiratoria ed alla diminuita assunzione di carboidrati, causa l’insorgere di una progressiva acidosi metabolica, prima materna e poi fetale (4).
Durante la prima e la seconda fase del travaglio, in seguito all’azione delle catecolamine, si viene
ad avere anche un aumento del catabolismo lipidico, con significativo aumento nel plasma di acidi
grassi e di lattato (4).
Il dolore ha inoltre effetti negativi anche sul tratto gastrointestinale: si ha una incremento della secrezione di gastrina, con un aumento dell’acidità gastrica e si ha un’inibizione della motilità gastrica
ed intestinale (4).
32
Effetti del dolore sul feto
Durante il travaglio, sia a causa delle contrazioni uterine, sia in seguito all’iperincrezione di catecolamine, si assiste ad una diminuzione del flusso placentare, per vasocostrizione dei vasi ombelicali,
con conseguente diminuzione degli scambi materno-fetali (4).
Inoltre la stimolazione adrenergica e l’iperventilazione dovute al dolore causano una ipossiemia
materna nella fase di riposo tra le contrazioni ed uno spostamento verso sinistra della curva di dissociazione materna dell’emoglobina con diminuita cessione di ossigeno dalla madre al feto (4).
Durante un normale travaglio di parto tutte queste alterazioni fisiologiche possono essere ben tollerate da un feto sano, poiché nella circolazione fetale e negli spazi intervillosi si ha una riserva di
ossigeno tali da mantenere una adeguata ossigenazione anche in caso di ipoperfusione placentare
(4). Inoltre il feto può compensare tutto ciò anche con un aumento proporzionale della gittata cardiaca (4).
Se questi fattori sono associati a complicanze materne oppure ostetriche (preeclampsia, malattie
cardiache, diabete, …) o a un aumento eccessivo dell’attività uterina, la riduzione causata dal dolore sugli scambi gassosi, può diventare critica ed essere causa di severa sofferenza fetale.
Per contro un eccessivo aumento dell’attività contrattile uterina, l’instaurarsi di un travaglio distocico,
un’ipossiemia e un’acidosi ingravescenti possono causare gravi complicanze perinatali in un feto a
rischio (4).
La partoanalgesia, attenuando il dolore e le risposte riflesse neurovegetative ed endocrine, può
conservare le condizioni ottimali per espletare un parto spontaneo senza conseguenze patologiche.
Indicazioni fetali alla epidurale in travaglio
1- Prematurità o ritardata crescita fetale.
L’analgesia epidurale è raccomandata in caso di feto prematuro per le seguenti ragioni:
può produrre un aumento di flusso utero-placentare, a patto di evitare la compressione
aorto-cavale,
può rallentare il secondo stadio del travaglio prevenendo un parto precipitoso.
In caso di prematurità esiste un rischio importante di emorragia cerebrale dovuta alla fragilità
della volta cranica e della dura madre del feto, di conseguenza è importante che il parto sia
espletato senza sforzi espulsivi violenti, ricorrendo anche ad una episiotomia allargata,
evita la somministrazione di farmaci per via parenterale alla madre. Il prematuro è più sensibile
ai farmaci somministrati alla madre,
vi è la possibilità per la madre, esente dal dolore, di rendersi conto immediatamente delle
condizioni del neonato prima che questo sia trasferito in reparto specialistico.
È riportata in letteratura una riduzione di mortalità e morbilità tra i neonati di basso peso le cui madri
avevano ricevuto una analgesia epidurale durante il travaglio (5).
2- Macrosomia: presente soprattutto nelle donne con diabete.
3- Morte endouterina. È indicata per ridurre lo stress di un travaglio in cui sia nota la morte del feto.
Indicazioni uterine alla epidurale in travaglio
12-
Previsione di parto strumentale od operativo.
Le distocie dinamiche. L’iperstimolazione simpatica può mantenere una contrattura del collo
dell’utero causando un travaglio prolungato e doloroso. L’epidurale, normalizzando le
contrazioni ed accelerando la dilatazione cervicale, permette una più rapida progressione del
travaglio (5).
33
34-
5-
La stessa difficoltà di dilatazione del collo dell'utero: è verificato che la epidurale, tende a
favorire in tempi accettabili, questo passaggio fisiologico (5).
Travaglio indotto: l’induzione del travaglio, sia essa ottenuta con infusione di ossitocina o con
prostaglandine, è essa stessa una indicazione all’analgesia epidurale per la caratteristica del
lungo e doloroso travaglio che vi si accompagna. Inoltre queste gravide sono allettate e meno
capaci di affrontare le contrazioni dolorose più violente prodotte dall’ossitocina (5).
Altre indicazioni possono essere: presentazione di podice, presentazione in occipito
posteriore, gravidanza gemellare, anche se alcune scuole ostetriche preferiscono un taglio
cesareo programmato.
Indicazioni materne alla epidurale in travaglio
1. IPERTENSIONE INDOTTA DALLA GRAVIDANZA (PIH)
L’ipertensione indotta dalla gravidanza complica circa il 3-10% delle gravidanze, comprendendo in
questo range sia la semplice ipertensione, con o senza proteinuria ed edema, sia la pre-eclampsia
conclamata, con insufficienza renale (6).
Alcuni autori considerano l’analgesia epidurale una metodica di scelta per il travaglio ed il parto in
pazienti con PIH per le seguenti ragioni:
una buona analgesia previene una risposta ipertensiva al dolore che si accompagna alla
contrazione uterina dolorosa causata dall’aumento delle catecolamine endogene. Nel caso
dei soggetti ipertesi la sensibilità a quest’ultime è notoriamente aumentata (5,19),
un corretto trattamento è in grado di prevenire l’insorgenza di acidosi materna e fetale (6),
l’analgesia epidurale mantiene e migliora la perfusione uteroplacentare, diminuita in queste
pazienti, agendo a livello delle fibre simpatiche, purché vengano mantenuti adeguati valori di
pressione arteriosa.
L’unica controindicazione al blocco epidurale nella PIH sono le alterazioni della coagulazione (6).
Nel correggere l’ipertensione è utile ricordare che la PAM deve essere mantenuta < 125 mmHg e
la PAD < 110 mmHg, ma la riduzione non deve essere mai rapida e precipitosa per evitare l’ipoafflusso al feto (7).
2. DIABETE
Le perturbazioni della regolazione glicemica sono molto frequenti in corso di gravidanza e la prognosi materna e fetale viene modificata da questa patologia (8). La frequenza di ipertensione è
moltiplicata per 3-4 volte nelle madri diabetiche (8).
Prima del parto l’anestesista dovrà valutare la gravità del diabete anche attraverso le eventuali complicanze degenerative (vascolari, renali, retiniche o neurologiche) (8).
Controllo glicemia prima e durante il parto
Durante il travaglio ed il parto è necessario mantenere normali valori di glicemia (70-120 mg/100 ml).
L’ipoglicemia rallenta il travaglio, mentre l’iperglicemia può determinare una ipoglicemia neonatale
grave alla nascita (iperinsulinismo fetale) (8) con ipossia ed acidosi fetale (5).
Nel corso del travaglio, sia spontaneo che indotto, per il consumo di glucosio da parte del miometrio e per la possibile azione similinsulinica dell’ossitocina, il fabbisogno di insulina esogena diminuisce, mentre la richiesta energetica materna aumenta del 40 % (5).
Il giorno precedente il parto viene mantenuto l’usuale regime dietetico e terapeutico, compresa
l’eventuale insulina intermedia (9)
34
Durante il travaglio ed il parto:
•
nella paziente in sola terapia dietetica, mantenuta a digiuno, è sufficiente l’infusione di soluzione
fisiologica (100-150 ml/ora) ed il controllo della glicemia ogni ora (9);
•
nella paziente in terapia insulinica, mantenuta a digiuno, viene iniziata l’infusione di insulina e
glucosio ricorrendo ad accessi venosi separati;
•
l’infusione di 3.5-7 g/ora di glucosio, in base al peso, può soddisfare le aumentate esigenze
energetiche e l’infusione continua di insulina umana rapida, alla dose di 0.02 – 0.04 UI/Kg peso
attuale/ora dà dei buoni risultati per quanto riguarda il controllo della glicemia (1-2 U.I./ora)
(5,8);
•
le relative velocità di infusione sono regolate secondo lo schema illustrato sotto, in base alla
glicemia da controllare ad intervalli orari e mantenere tra 70 e 120 mg/100 ml.
Appena espletato il parto, l’infusione di insulina va rallentata e nelle donne con diabete gestazionale va sospesa (5). Dopo il parto le pazienti con diabete gestazionale normalizzano la glicemia e
possono pertanto essere trattate come le gravide normali (9).
L’infusione di glucosio va mantenuta finché la partoriente non è in grado di alimentarsi spontaneamente (5).
Regime di infusione insulinica durante il travaglio ed il parto
Insulina pronta 50 U.I. in 500 ml di Fisiologica (1 U.I./10 ml)
Glicemia capillare
mg/100 ml
Insulina
ml/ora
Glucosio 10 %
ml/ora
< 55
Stop
100
55-6 4
Stop
75
65-74
Stop
50
75-109
10
50
110-124
15
50
125-149
20
50
150-180
25
50
> 180
30
50
Alcuni Autori impiegano l’infusione continua, combinando sia l’insulina che il glucosio:
Glucosata 5 % 500 ml + Insulina 5 U.I.
Velocità: 100-125 ml/ora (1)
Glucosata 10 % 500 ml + Insulina 10 U.I.
Velocità 50-70 ml/ora (6)
Durante il travaglio il sollievo dal dolore è senz’altro auspicabile ricordando che tanto il feto macrosomico quanto il feto piccolo ed immaturo, sono più suscettibili agli effetti depressivi di analgesici
ed anestetici (5).
L’analgesia epidurale continua resta la metodica più valida per ridurre o abolire lo stress associato
al travaglio di parto (5) e appare come una scelta quasi obbligata (8).
Alcune considerazioni vanno sottolineate nelle gravide diabetiche:
35
a)
b)
c)
la placenta mostra sempre i segni dell’angiopatia diabetica: oltre 1/3 delle diabetiche
normotese mostra lesioni arteriosclerotiche dei vasi placentari e tale percentuale sale in
maniera cospicua nelle ipertese e nelle gestosiche,
il flusso utero-placentare è mediamente ridotto del 35-45%,
i feti sono estremamente sensibili all’ipossia indotta dall’ipotensione materna. Nel diabete
gestazionale l’acidosi fetale si manifesta più facilmente poiché i feti hanno una ridotta capacità
tampone ed un’alterata risposta all’acidosi, la cui gravità è correlata al grado di ipotensione
materna ed alla severità del diabete.
L’analgesia epidurale:
riduce il vasospasmo indotto dalle catecolamine circolanti,
migliora la vascolarizzazione del miometrio e della placenta per dilatazione dei vasi deciduali
indotta dal blocco simpatico,
le neuropatie periferiche stabili associate a Diabete mellito, ben valutate e documentate nel
preoperatorio, non controindicano l’analgesia epidurale (10).
Tali potenziali vantaggi vanno persi se non si riesce a mantenere un’adeguata pressione di perfusione uterina con un’adeguata preidratazione della gravida e la prevenzione della compressione
aorto-cavale.
Nella gravida diabetica bisogna tener conto delle possibili conseguenze del blocco anestetico sul
mancato rilascio di adrenalina dalla midollare del surrene in corso di eventuali episodi ipoglicemici
materni.
L’impiego epidurale di oppioidi, in virtù del modesto passaggio transplacentare, del mancato blocco
simpatico e delle minori interferenze con la dinamica del parto, potrebbe risultare particolarmente
utile nelle diabetiche (5).
Ugualmente vantaggioso può risultare l’impiego epidurale di oppioidi nel potenziare l’analgesia prodotta dagli anestetici locali, poiché riducono il consumo degli anestetici locali e producono un’utile
sedazione della partoriente (5).
Emergenze neonatali
L’accurato monitoraggio ostetrico e metabolico ha ridotto la morbilità e la mortalità perinatali, che
comunque restano più elevate rispetto alla popolazione generale.
•
Ipoglicemia: la complicanza più frequente. Controllare la glicemia neonatale di frequente.
Quando la glicemia è minore di 35 mg/100 ml nei neonati a termine e di 20 mg/100 ml nei
pretermine è d’obbligo procedere alla somministrazione immediata di un bolo di glucosio
(0.25-0.5 g/Kg), seguita da un’infusione continua di glucosio (6-12 mg/Kg/min) che verrà
ridotta e sospesa quando il neonato potrà alimentarsi adeguatamente.
•
Ipocalcemia: piuttosto frequente nei neonati da madre diabetica. Ha un’etiopatogenesi non
chiara. In presenza di segni di ipocalcemia tetanica è richiesta l’infusione di 100-300 mg/Kg di
calcio gluconato sotto controllo ECG.
•
Iperbilirubinemia: frequente e grave nelle neonati di madri diabetiche.
•
Sindrome da distress respiratorio del neonato (IRDS): è 5-6 volte più frequente nei neonati di
madre diabetica. Il trattamento, complesso e rischioso, si fonda sull’ossigenazione, a pressione
positiva (o con jet ventilation), per ridurre la grave acidosi neonatale e sull’uso del surfactante
artificiale.
•
Cardiomegalia: è piuttosto frequente fra i neonati da madre diabetica e può causare
insufficienza cardiaca.
36
3. Patologie RESPIRATORIE
a) Asma
È la patologia respiratoria più frequente in gravidanza.
Il broncospasmo può essere scatenato dallo stress e dalla iperventilazione associata con il dolore
del travaglio.
L’analgesia epidurale è indicata per ridurre questo rischio (4,5).
b) Fibrosi cistica
È una malattia ereditaria che interessa le ghiandole esocrine risultando in un malassorbimento e
complicanze respiratorie. L’ostruzione delle vie aeree dovuta alla difficoltà a liberarsi delle secrezioni
porta a infezioni ricorrenti e a bronchiectasie. Le donne con fibrosi cistica riescono più difficilmente
a soddisfare l’aumento della richiesta respiratoria del travaglio e l’analgesia periferica può aiutare
(4,5).
4. Patologie NEUROLOGICHE
a) Epilessia
Viene segnalato un incremento della malattia epilettica in gravidanza (11).
Le cause sono:
la riduzione della capacità funzionale residua con la conseguente ipocapnia e la possibile
riduzione del flusso cerebrale,
la ritenzione idroelettrolitica con relativo edema cerebrale,
il risparmio azotato tipico della gravida che comporta un cambiamento dell’assetto
aminoacidico,
l’aumentata eliminazione dell’idantoina (100% in più) che può far scendere a livelli
subterapeutici il farmaco,
le variazioni ormonali tipiche della gravidanza.
L’analgesia epidurale continua è utile nella partoriente epilettica e diminuisce l’insorgenza di crisi comiziali con due meccanismi:
1. riduce il dolore del travaglio,
2. introduce nel sangue un livello costante di anestetico locale che può avere un effetto
antiepilettico. Bisogna non eccedere con le concentrazioni anestetiche (11).
Trattamento anestesiologico per il parto di pazienti con crisi comiziali (11, 12):
le pazienti con epilessia non hanno di solito necessità di particolare trattamento
anestesiologico al momento del parto, quando siano state trattate adeguatamente durante la
gravidanza,
se durante il travaglio si è chiamati senza che vi siano convulsioni in atto, per un travaglio
normale vi è una indicazione elettiva ad una epidurale continua per la durata del travaglio,
espulsione compresa,
nel caso di pazienti con crisi convulsive in atto, già in travaglio avanzato e con previsione di parto
spontaneo va prima tentata la somministrazione di boli di Propofol (3-4 ml all’1%),
dopo l’estrazione di solito vengono somministrati 10 mg di Diazepam,
nel caso di taglio cesareo, se le condizioni fetali lo consentono, è possibile sedare le crisi con
il Propofol a dosaggi come sopra e decidere per una anestesia generale o spinale,
durante la procedura chirurgica viene continuata la infusione di Propofol alla dose di
10-15 ml/ora,
dopo l’estrazione di solito vengono somministrati 10 mg di Diazepam,
con questa tecnica non sono di solito necessarie altre terapie anticonvulsivanti oltre la terapia
routinaria,
in ogni caso il trattamento può essere effettuato col più tradizionale Tiopentone sodico e
anestesia generale.
37
b) Miastenia gravis
L’analgesia periferica ha vantaggi, anche perché in questi casi è preferibile evitare una anestesia
generale (4, 5).
c) Ipertensione endocranica
Tutte le condizioni in cui un aumento della pressione intracranica può essere pericoloso, sono
meglio controllate con l’analgesia periferica:
provvede ad un'analgesia eccellente,
e può essere rapidamente aumentata per permettere un taglio cesareo.
La scuola ostetrica italiana preferisce un taglio cesareo immediato.
5. PREECLAMPSIA
La preeclampsia complica il 5-10% delle gravidanze (8).
Queste pazienti spesso sviluppano una ipertensione cronica (8).
La patologia predispone la gravidanza al distacco di placenta, al parto prematuro, ad una incrementata mortalità perinatale ed anche materna (8).
La preeclampsia è caratterizzata dalla comparsa di ipertensione (> 140/90) associata generalmente
a proteinuria (> 300 mg/l) ed edema generalizzato.
La comparsa di convulsioni (si parla allora di eclampsia) aggrava il quadro clinico ed eleva la mortalità materno-fetale di tale patologia (8,13).
Il grado severo implica:
una ipertensione severa (160/110) a riposo,
un danno renale (proteinuria > 4 g/24 ore o oliguria),
anomalie della vista,
cefalea o altre manifestazioni cerebrali,
dolori epigastrici, segni di edema polmonare,
e la comparsa di una HELLP sindrome (emolisi, ipertransaminasemia, ipopiastrinemia) (8).
Fisiopatologia
Rispetto ad una gravidanza normale, caratterizzata da una condizione di espansione volemica e
vasodilatazione, la preeclampsia è caratterizzata da vasocostrizione, riduzione della volemia e
possibili segni di coagulopatia (12). Questi sono i meccanismi responsabili della riduzione del flusso
ematico a livello utero-placentare, che precede anche i sintomi classici della preeclampsia (12).
L’ischemia placentare che ne consegue (da lesione vascolare o lesione immunitaria) sarebbe la
causa della malattia (8).
Sistema cardiorespiratorio
Normalmente si riscontra la coesistenza di uno stato ipercinetico con aumento del lavoro ventricolare sinistro, un aumento delle resistenze vascolari ed una riduzione del volume circolante (8). La
forza contrattile del miocardio si mantiene normale per lungo tempo, ma la defaillance acuta è una
possibilità sempre presente e l’edema polmonare acuto è frequente (8). L’edema si presenta spesso
nel post-partum quando la redistribuzione dei liquidi dai compartimenti rappresenta un fattore favorente (8).
HELLP Sindrome (emolisi, elevazioni transaminasi, trombopenia)
È la testimonianza più evidente della sofferenza viscerale. È un indice di gravità della malattia
(4-24% di mortalità materna con 10-15% di mortalità fetale) (8).
Il controllo della pressione deve essere rigoroso perché il rischio di emorragia cerebrale o retroplacentare è molto elevato (8).
Unità feto-placentare
Le catecolamine materne possono indurre una reazione vasospastica esagerata (8).
L’Analgesia epidurale dopo un’adeguata espansione volemica (10 ml/Kg di cristalloidi-colloidialbumina) rappresenta una metodica di analgesia e di anestesia di scelta (se non sono presenti alterazioni emocoagulative) (5,6,8,13).
L’analgesia epidurale nel travaglio in partoriente con sindrome preeclamptica riduce l’abnorme concentrazione materna di catecolamine e l’attività simpatica e viene aumentato significativamente il
flusso ematico uterino mentre sul versante fetale non si determinano variazioni sull’arteria ombelicale (5,6,8,13,14).
Inoltre l’analgesia epidurale agisce sui recettori alfa -2 - adrenergici presenti specialmente nella
muscolatura liscia vasale e responsabili dell’aumentata responsività vascolare tipica di questa malattia: il blocco epidurale riduce la loro densità riportandola a valori identici a quelli di pazienti normotese di controllo (6). Fornisce l’analgesia stabile prevenendo le conseguenze cardiovascolari
degli stimoli nocicettivi (5,6).
Le implicazioni cliniche che si ricavano sono che il blocco epidurale, ben eseguito e controllato, può
avere un duplice beneficio sia verso la madre che verso il feto (5,6,8,14).
Nonostante ciò la scelta dell’analgesia epidurale nella paziente preeclamptica è controversa: il volume intravascolare ridotto di queste pazienti potrebbe renderle più suscettibili ai cambiamenti emodinamici associati all’analgesia epidurale, risultando in una più frequente ipotensione materna da
blocco simpatico o in anomalie del battito fetale o in entrambe, con possibile maggior incidenza di
TC. L’uso accorto dell’analgesia epidurale con basse dosi di anestetico locale in associazione con
oppioide non incrementa l’incidenza di TC per fetal distress o mancata progressione (5,8,13,14).
Anche un recente bollettino dell’American College of Obstetricians si esprime a favore delle tecniche locoregionali nelle pazienti preeclamptiche, sia per l’analgesia da parto che per il TC (6) se non
vi sono controindicazioni alla loro esecuzione (14).
Vantaggi dell’analgesia epidurale per il travaglio di parto (13).
•
•
•
•
•
diminuito stress materno
aumentata stabilità emodinamica
diminuita alcalosi metabolica
diminuita acidosi metabolica
diminuita gittata cardiaca
•
•
•
•
•
diminuito rilascio catecolamine
normalizzazione motilità gastrointestinale
normalizzazione funzione renale
diminuito consumo di ossigeno
aumento flusso ematico utero-placentare
Sistema nervoso centrale
Qualche grado di edema tessutale del sistema nervoso centrale spiega la cefalea, i disturbi visivi e
l’irritabilità.
L’incidenza delle convulsioni è piuttosto bassa, ma aggrava drammaticamente il quadro clinico (8).
È inoltre incrementato il rischio di emorragia cerebrale, di tipo petecchiale o di vasto ematoma (8).
38
39
Taglio cesareo
Da sempre è stata enfatizzata la maggiore stabilità emodinamica offerta dall’anestesia epidurale rispetto all’anestesia spinale in caso di paziente preeclamptica (13).
L’anestesia spinale non è controindicata, ma il rischio di ipotensione severa impone delle misure di
prevenzione (colloidi, dobutamina) e di monitoraggio più scrupolosi che nel caso dell’anestesia epidurale (8).
È conveniente un monitoraggio cruento della pressione arteriosa e preparare una infusione di Dobutamina (8).
Queste pazienti sono esposte durante anestesia generale ad un rischio particolarmente elevato di
un brusco aumento dei valori pressori in risposta all’intubazione tracheale che incide sulla mortalità e morbilità da ictus cerebrale (14) per cui occorre utilizzare degli antiipertensivi rapidi e di breve
durata (pindololo, esmololo, urapidile, nitroglicerina) (8).
È importante seguire la diuresi soprattutto nell’immediato post-operatorio, periodo nel quale avviene uno spostamento significativo di liquidi verso il torrente ematico (pericolo di edema polmonare)
(8).
Evitare l’uso della Metilergometrina maleato per il rischio di ipertensione, che sarà sostituita dall’Ossitocina a piccoli boli se non è sufficiente l’infusione (5,8).
La presenza di crisi epilettiche soprattutto al momento del parto assume carattere di particolare
gravità nelle pazienti preeclamptiche o con HELLP sindrome poiché oltre al trattamento delle convulsioni richiedono un taglio cesareo (13).
Il trattamento delle convulsioni va condotto in via profilattica con Magnesio solfato o con
idantoina.
Il trattamento acuto va intrapreso con Propofol o Tiopentone, mentre il Diazepam va impiegato
solo dopo l’estrazione (comporta depressione respiratoria e ipotonia neonatale (13).
Il trattamento antiipertensivo è fondamentale nella eclamptica: Labetalolo; Nitroprussiato;
Urapidile; Nifedipina.
Postoperatorio
Il ripetersi delle convulsioni è frequente al risveglio da un’anestesia generale. È buona norma somministrare 10 mg di Diazepam subito dopo l’estrazione, ripetendo la somministrazione un’ora dopo
il risveglio della paziente (13).
È fondamentale un accurato esame dello stato di coscienza. Se persiste, dopo un’ora incoscienza,
è possibile pensare all’esistenza di edema cerebrale e va eseguito un esame TAC e trasferimento
in terapia intensiva (13).
Per maggiori dettagli vedi anche l’articolo Preeclampsia-Eclampsia.
6. PAZIENTI CARDIOPATICHE
Le partorienti con patologie cardiache risultano difficili da trattare, anche per anestesisti con grande
esperienza (5).
La patologia cardiaca in gravidanza è la prima causa di morte materna per patologie non ostetriche.
Cardiopatie di vario tipo sono presenti nello 0.4-4.1% delle pazienti gravide (8,15,16).
L’etiologia:
è dominata dalle affezioni reumatiche (60-65%),
anche se si assiste ad un accrescersi di pazienti affette da cardiopatie congenite
(30%) (5,8,15,16),
le altre forme di cardiopatie (coronaropatie, miocardiosclerosi secondaria all’ipertensione
essenziale, disturbi del ritmo cardiaco, etc.), costituiscono il 5-10 % delle cardiopatie in
gravidanza (16).
40
Aspetti fisiologici
La gravidanza comporta di per sé importanti modificazioni cardiovascolari anche nella donna sana.
La gittata cardiaca aumenta nelle partorienti:
in media, del 40% durante la gravidanza
ed un ulteriore aumento del 30-50% si verifica durante il travaglio (8,17).
Un’aumentata gittata potrebbe non essere ben tollerata da una donna con malattie delle valvole
cardiache (stenosi aortiche o mitraliche) o malattie delle coronarie (17).
Il flusso cardiaco durante il travaglio, in assenza di contrazioni uterine, aumenta:
del 10% nella prima parte del primo stadio,
del 25% nella seconda parte del primo stadio,
del 30-50% nel secondo stadio (17).
È fondamentale che l’approccio alle gravide cardiopatiche preveda una consulenza cardiologica
orientata ad inquadrare le pazienti in una precisa classe di rischio (15).
Le malattie cardiache in gravidanza diventano significative quando il cuore è incapace di venire incontro alle variazioni emodinamiche fisiologiche che accompagnano la gravidanza, il parto ed il
puerperio (16).
Le modificazioni cardiocircolatorie gravidiche che maggiormente influiscono sul decorso di una cardiopatia sono (16):
la tendenza alla tachicardia e l’aumento del volume-minuto cardiaco,
l’aumento della massa ematica circolante (che può aumentare del 50%),
la presenza del circolo placentare che sotto certi aspetti può essere considerato una forma
di corto circuito o “Shunt artero-venoso”,
la tendenza alla ritenzione salina,
l’aumentato consumo di ossigeno a fronte di un trasporto di ossigeno limitato costituisce un
“sovraccarico emodinamico” che può eccedere le riserve cardiovascolari delle pazienti
cardiopatiche, con conseguente incapacità ad aumentare in modo adeguato la portata
cardiaca,
le rapide modificazioni della circolazione dovute al cambiamento di posizione della gestante,
con rapida alternanza di fenomeni di compressione e decompressione meccanica dell’utero sui
vasi addominali,
un aumento della pressione arteriosa sistolica e diastolica (15).
Il travaglio di parto comporta un ulteriore aumento delle richieste funzionali del muscolo cardiaco
dovute a:
stato ansioso della paziente,
lavoro svolto dalla muscolatura uterina,
variazioni delle resistenze periferiche: contrazione uterina, posizione supina obbligatoria,
la gittata cardiaca aumenta del 15% e la pressione arteriosa di 10-15 mmHg ad ogni
contrazione.
Anche nel post-partum e nelle prime fasi del puerperio il compenso cardiocircolatorio è reso ancora
più precario:
l’output cardiaco aumenta del 60% immediatamente dopo l’espletamento del parto vaginale
a causa degli esiti delle richieste funzionali operanti durante il travaglio,
brusca esclusione del territorio vascolare placentare, ad alta capacità e bassa resistenza
persistenza dell’ipovolemia.
41
Valutazione della gravità della cardiopatia
Le cardiopatie in gravidanza possono essere utilmente divise:
patologie acute di nuova insorgenza,
patologie croniche, pre-esistenti alla gravidanza.
Nel caso di patologie acute di nuova insorgenza (cardiomiopatia peripartum, infarto miocardio, dissezione aortica) le diagnosi differenziali principali includono: tromboembolia polmonare, preeclampsia, emorragia acuta, sepsi, malattia cardiaca non nota.
Nel caso di patologie croniche, pre-esistenti alla gravidanza, il trattamento dovrebbe essere stato
iniziato nel periodo pre-concepimento, con riferimento ad un consulente cardiologo per l’ottimizzazione delle condizioni cliniche.
Successivamente al concepimento dovrebbe venire stilato un programma terapeutico scritto, che
nei casi a rischio elevato deve prevedere il riferimento della paziente a centri di terzo livello, con possibilità di approccio multidisciplinare specialistico adeguato.
Sono considerate a basso rischio:
cardiopatie congenite cianotiche con shunt sinistro-destro lieve o moderato,
cardiopatie congenite operate senza difetti residui,
prolasso mitralico isolato senza insufficienza significativa,
valvola aortica bicuspide senza stenosi,
stenosi polmonare lieve-moderata,
insufficienza valvolare mitralica o aortica con funzione ventricolare normale.
Sono considerate a rischio intermedio:
cardiopatie congenite cianotiche con shunt sinistro-destro importante,
coartazione aortica non operata,
stenosi mitralica e aortica lieve-moderata,
protesi valvolari meccaniche,
stenosi polmonare grave,
disfunzione ventricolare moderata (NYHA I-II),
storia di cardiomiopatia peripartum senza disfunzione ventricolare residua.
Sono considerate ad alto rischio:
qualunque paziente in classe NYHA III o IV,
stenosi aortica grave,
ipertensione polmonare grave,
sindrome di Marfan con interessamento della radice aortica o valvolare maggiore,
storia di cardiomiopatia peripartum con disfunzione ventricolare residua,
cardiopatie congenite cianotiche non operate o palliate o con difetti residui (18).
In base alle specifiche alterazioni cardiache il rischio di mortalità materna può essere inferiore all’1%
e raggiungere anche il 50% (16).
Gruppo I con mortalità inferiore all’1%: difetto del setto interatriale e difetto del setto interventricolare, pervietà del dotto arterioso, patologia delle valvole tricuspide e polmonare, tetralogia di Fallot
corretta, valvola bioprotesica, stenosi mitrale, classe I e II NYHA.
Gruppo II con mortalità del 5-15%: stenosi aortica e stenosi mitralica: classi III e IV, coartazione dell’aorta non complicata, tetralogia di Fallot non corretta, pregresso infarto del miocardio, sindrome
di Marfan con aorta normale, stenosi mitralica con fibrillazione atriale, valvola artificiale.
Gruppo III con mortalità del 25-50%: ipertensione polmonare, coartazione dell’aorta con coinvolgimento valvolare, sindrome di Marfan con interessamento dell’aorta.
42
Èimportante conoscere la classe di appartenenza (classificazione NYHA): quanto superiore è la
classe della cardiopatia, tanto maggiore è la mortalità materna durante il parto e nelle prime sei
settimane di puerperio (16).
In circa 2/3 dei casi la morte può sopraggiungere nel dopo parto e l’exitus avviene per fenomeni di
scompenso cardiaco destro o episodi di edema polmonare (16).
Classificazione NYHA (New York Heart Association) prevede per le cardiopatie quattro classi in
base alla gravità della patologia (19):
Classe I: la cardiopatia non comporta nessuna limitazione della ordinaria attività fisica che può essere svolta senza che insorgano disturbi (come affaticamento, tachicardia, dispnea ed angina).
Classe II: la cardiopatia comporta una modesta riduzione dell’attività fisica ordinaria; lo svolgimento
di tale attività comporta la comparsa di disturbi.
Classe III: la cardiopatia comporta una notevole limitazione dell’attività fisica ordinaria; i disturbi
compaiono anche nello svolgimento di una attività fisica molto blanda.
Classe IV: la cardiopatia è tale da impedire lo svolgimento di ogni attività fisica. Possono essere presenti sintomi insufficienza cardiaca a riposo; qualsiasi attività fisica risulta difficile.
Management anestesiologico
Di norma, la cardiopatia da sola non costituisce indicazione sufficiente ad eseguire il taglio cesareo elettivo, né l’induzione del parto prima del termine della gestazione,
Il taglio cesareo viene per lo più effettuato in base alle sole indicazioni ostetriche o in ogni paziente
con deterioramento acuto delle condizioni cardiovascolari.
Quando è previsto il parto per via vaginale, l’analgesia in fase precoce (“Parto cardiaco”) si pone
come una vera indicazione terapeutica in modo da evitare gli effetti deleteri che il dolore può avere
sul quadro emodinamico della donna durante il travaglio.
L’analgesia epidurale è considerata la tecnica di prima scelta per quasi tutte le patologie cardiovascolari, purché eseguita con tecnica continua e soprattutto se effettuata in maniera incrementale,
con metodiche atte a ridurre la caduta delle resistenze vascolari sistemiche: dosi refratte, alti
volumi di anestetico locale a concentrazione ridotta, associazione con oppiacei.
L’uso degli anestetici locali a bassa concentrazione e ad alti volumi associati ad oppioidi minimizza
il blocco simpatico e garantisce un’ottima stabilità emodinamica senza dover ricorrere a infusioni di
liquidi o vasopressori e senza interferire con la normale dinamica del parto (16). Un blocco simpatico diffuso e di rapida insorgenza può portare ad un drammatico calo dell’output cardiaco.
Durante tutta la durata del travaglio è importante (16):
effettuare un monitoraggio ECG continuo per svelare precocemente lo sviluppo di aritmie
o turbe della conduzione,
seguire con attenzione l’equilibrio idrico durante il travaglio,
eseguire un accuratissimo monitoraggio fetale,
eseguire, nei casi compromessi, un monitoraggio emodinamico invasivo (5).
Nel provvedere adeguata ansiolisi, analgesia, l’anestesista deve essere in grado di garantire e mantenere una buona stabilità cardiocircolatoria durante tutto il travaglio, il parto ed il puerperio, in modo
da assicurare il benessere sia della madre che del feto-neonato (5).
Idealmente l’analgesia dovrebbe permettere alla frequenza cardiaca e alla pressione sanguigna di
rimanere entro i range ottimali precedentemente stabiliti.
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Sono particolarmente le pazienti con riserve cardiache gravemente ridotte a beneficiare maggiormente di un’analgesia/anestesia epidurale continua ben condotta, sia in caso di parto vaginale che
nel caso di taglio cesareo.
Parto cardiaco
•
analgesia precoce per il controllo del dolore materno,
•
monitoraggio accurato dello stato volemico e dei parametri emodinamici,
•
profilassi endocardite batterica subacuta, se indicata,
•
decubito laterale preferibilmente sinistro per migliorare il ritorno venoso,
•
il vertice fetale deve procedere attraverso la pelvi nel secondo stadio del parto senza
sforzi espulsivi materni,
•
parto vaginale operativo con ventosa o forcipe basso,
•
parto cesareo per le usuali indicazioni ostetriche,
•
monitoraggio emodinamico accurato nel periodo postpartum.
Tipo di anestesia più sicura per la madre ed il feto
L’anestesia epidurale continua con basse dosi di anestetico locale e fentanile, sembra essere la
tecnica più sicura ed è preferibile nei seguenti casi:
pazienti sottoposte a correzione per cardiopatie univentricolari,
diversi tipi di ipertensione polmonare,
insufficienze valvolari,
stenosi polmonare e mitralica,
stenosi aortica lieve-moderata,
tutte le cardiomiopatie,
dopo trattamento cardiaco.
L’anestesia generale è la prima scelta in caso di:
stenosi aortica grave,
cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva,
coartazione aortica severa con ipertensione grave,
taglio cesareo per emergenza ostetrica.
L’anestesia generale deve essere impostata come una anestesia “cardiaca”, basata prevalentemente sugli oppiacei, contemperando le necessità di sicurezza materna con quelle del feto (18).
Qualunque sia il tipo di anestesia:
è indispensabile un monitoraggio aggressivo dei parametri cardiovascolari,
anche i farmaci uterotonici hanno effetti emodinamici non trascurabili nelle pazienti cardiopatiche,
il rischio di complicanze gravi e/o morte materna non termina con il parto, ma anzi per molte
patologie aumenta in modo significativo proprio durante il periodo postpartum. Deve essere
considerato il ricovero in terapia intensiva (18).
Bibliografia
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Pagg.151-167. Mediprint S.r.l. 2008.
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4.
Capogna, Celleno, Zagrillo: Analgesia e Anestesia epidurale per il parto. Mosby
Year Book Doyma Italia.
5.
Varrassi, Celleno, Capogna: Analgesia ed Anestesia in ostetricia. Interservice Press 1992.
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Veneziani, Frigo, Celleno: La preeclampsia: aspetti anestesiologici e di terapia intensiva.
Da: “Concetti attuali sulla patogenesi e sul management della sindrome preeclamptica”
CIC Edizioni internazionali.
7.
Corso itinerante AAROI 2004: Le emergenze ostetriche.
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www.cevs.net/anaparto/flussoap.htm.
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Protocollo in uso presso l’U.O. di Ostetricia e Ginecologia dell’ULSS n° 2 di Feltre.
10. Pignataro: Indicazioni e controindicazioni alle tecniche di anestesia rachidea
Da “Il giornale italiano on line di anestesia.” Vol 8 no 02 febbraio 2003.
11. V. Lanza: Forme epilettiche in gravidanza e nel peripartum. Da “Il giornale italiano on line
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12. Di Fiore: Urgenze ostetriche: Distress fetale ed emorragie peripartum. Da “Il giornale italiano
on line di anestesia.” Vol 7 no 8 agosto 2002.
13. Di Fiore, Lanza: L’anestesia nelle pazienti preeclamptiche ed eclamptiche. “Il giornale italiano
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14. Veneziani, Marini, Frigo: Medicina peripartum e sindrome preeclamptica. Minerva Anestesiol
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Da “Il giornale italiano on line di anestesia.” Vol 8 no 02 febbraio 2003.
16. Savoia, Erman, Loreto, Gravino, Chiaccio: Cardiopatie in gravidanza e mamagement
anestesiologica. ALR vo. 13 n° 1 marzo 2004, pagine 17-24.
17. Capogna: Modificazioni fisiologiche materne. Corso nazionale di Aggiornamento in Analgesia
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18. Celleno, Gollo, Uskok: Analgesia, anestesia, terapia intensiva in ostetricia.
Edizioni Minerva medica. 2006.
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2004:93 (3): 428-39.
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Il dr. Ferdinando Fant è Responsabile della Unità Operativa Semplice di Anestesia e Analgesia
Ostetrica dell’Ospedale di Belluno. Ha avviato la partoanalgesia con analgesia epidurale presso
l’Ospedale di Pieve di Cadore nel 1989 e da allora ha contribuito allo sviluppo e alla diffusione
della partoanalgesia nei 2 presidi ospedalieri dell’ULSS 1 della Regione Veneto, effettuando circa
1500 partoanalgesie con AE. Oltre ad avere realizzato i contenuti di questo manuale, è docente nei
corsi pre-parto e nei corsi di formazione intraziendale per Infermieri e Ostetriche di: gestione della
partoanalgesia con analgesia epidurale; BLS-D e gestione in emergenza delle vie aeree.
mail: [email protected]
"Gli autori e l'editore non sono responsabili degli errori concettuali dipendenti dalle
variabilità del pensiero clinico e neppure di quelli materiali di stampa "
"Il lettore che si appresti ad applicare qualcuna delle nozioni terapeutiche riportate
nel libro deve sempre verificarne l'attualità e l'esattezza e controllare i rispettivi RCP dei singoli
farmaci in merito ad indicazioni, controindicazioni, effetti collaterali e posologia"
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codice HCHMPC1648
Dep. AIFA in data 25/05/2010
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