RENDICONTI
DELLA
ACCADEMIA NAZIONALE
DELLE SCIENZE
DETTA DEI XL
MEMORIE DI SCIENZE
FISICHE E NATURALI
COMITATO SCIENTIFICO
A.BALLIO – E.GATTI – A.GRANITI – E.MANELLI
G.MARINO – A.MOTTANA – E.PICASSO
E.PORCEDDU – G.SETTI
SERIE V, VOL. XXXV, PARTE II, TOMO I, 2011
129° ANNO DALLA FONDAZIONE (1782)
ROMA
Copyright © MMXII
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, /A–B
 Roma
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: dicembre 
Indice
Memorie

Proteomica e beni culturali: nuove prospettive per il restauro
e la storia dell’arte
Gennaro Marino

L’Istituto Superiore di Sanità
e l’Accademia dei XL
Emilia Chiancone

Ricordo del Socio Baccio Baccetti
Mario Stefanini

Half adders in binary parallel multipliers
Luigi Dadda

La biodiversità. Un tesoro da condividere con rispetto e lungimirante responsabilità
Alessandro Minelli
Atti della giornata
Gian Tommaso Scarascia Mugnozza
Uno scienziato al servizio del Paese
Roma,  novembre 

Telegramma del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Telegramma del Deputato Giuseppe Fioroni

Indice


Intervento di
Luigi Berlinguer

Intervento di
Emilia Chiancone

Il lascito Tumedei
Alessandro Ballio

Scarascia Mugnozza e la sua opera all’università di Bari
Antonio Blanco

Intervento di
Lamberto Maffei

Intervento di
Gerardo Bianco

Il contributo del prof. Scarascia Mugnozza per la conservazione degli ecosistemi della Regione mediterranea
Ervedo Giordano

Il prof. G.T. Scarascia Mugnozza e l’ENEA
Giovanni Lelli

Intervento di
Giovanni Lo Piparo

Intervento di
Luigi Rossi

Intervento di
Giampiero Maracchi

Intervento di
Massimo Miglio
Indice

Intervento di
Luigi Monti

Intervento di
Enrico Porceddu

Lettera di
Roberto Schmid
Annali 

Relazione del Presidente
Emilia Chiancone

Relazione del Segretario
Pietro Calissano

ACCADEMIA NAZIONALE DELLE SCIENZE
detta dei XL
MEMORIE
2011
Rendiconti Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL
Memorie di Scienze Fisiche e Naturali
ISBN 987-88-548-xxxx-x
DOI 10.4399/97888548571861
pag. 9–16
Proteomica e beni culturali: nuove prospettive
per il restauro e la storia dell’arte ∗
G M
. Summary
The identification of proteinaceous components in paintings remains a
challenging task for several reasons. In addition to the minute amount
of sample available, complex and variable chemical composition of the
paints themselves, possible simultaneous presence of several binders
and contaminants, and degradation of the original materials due to
aging and pollution are complicating factors. We proposed proteomic
strategies for the identification of proteins in binders of paintings
that can be adapted to overcome the requirements and difficulties
presented by specific samples. In particular, we worked on:
a) the development of a minimally invasive method based on the
direct tryptic cleavage of the sample without protein extraction;
b) the use of microwave to enhance the enzymatic digestion yield,
followed by the analysis of the peptide mixtures by nanoLC–
MS/MS with electrospray ionization (ESI).
Moreover, as an additional tool to tackle the problem of contaminating proteins, we exploited the possibility of generating an exclusion list
of the mass signals that in a first run had been fragmented and that the
mass spectrometer had to ignore for fragmentation in a subsequent
run. The methods, tested on model samples, allowed the identification of milk proteins in a sample from paintings attributed to Cimabue
and Giotto, thirteenth–century Italian masters, decorating the vaults
∗
Prolusione tenuta durante l’inaugurazione del ° anno accademico. Roma, 
aprile  presso la biblioteca dell’Accademia.


Gennaro Marino
of the upper church in the Basilica of St. Francis in Assisi, Italy. Proteomic strategies have been instrumental in the characterization of
the aging and deterioration phenomena occurring to proteinaceous
materials in works–of–art. Furthermore proteomic analysis identified
deamidation at Asn and Gln as a further major deteriorating event
occurred in the frescoes from the Camposanto Monumentale in Pisa.
This work paves the way to the exploitation of proteomic strategies
for the investigation of the molecular effects of aging and deterioration in historical objects. Results show that proteomic searches for
deamidation by liquid chromatography–tandem mass spectrometry
(LC–MS/MS) could constitute a routine analysis for paintings or any
artistic and historic objects where proteins are present.
. Proteomica e beni culturali: nuove prospettive per il restauro
e la storia dell’arte
I progetti di sequenziamento dei genomi hanno posto le basi per lo
studio dei fenomeni biologici con metodologie globali, in generale
descritte dal suffisso “omica”. Lo studio della globalità delle proteine,
nella loro attualità funzionale, viene ormai comunemente indicato con
la denominazione di “proteomica”. La proteomica si può definire lo
studio en ensemble delle proteine mediante l’utilizzazione di tecniche
analitiche avanzate e metodologie bioinformatiche.
Si riconosce al ricercatore australiano Marc Wilkins il merito di
aver coniato nel  il vocabolo “proteoma”, un acronimo di proteine e genoma, volendo con tale vocabolo intendere il complemento
proteico espresso da un genoma, cioè l’intero complesso dei prodotti
dell’espressione di un genoma. La proteomica pertanto può essere
definita come lo studio, nella loro complessità, dei proteomi.
La proteomica si basa essenzialmente su due differenti passaggi
analitici consecutivi costituiti dalla separazione delle proteine che
costituiscono il proteoma e dalla loro successiva identificazione individuale. I primi studi, ora definibili di proteomica, si possono far risalire
alla metà degli anni ’, tuttavia la nascita della moderna proteomica
coincide con la possibilità d’accesso alle banche dati conseguenti al
sequenziamento dei genomi e con l’evoluzione della spettrometria
di massa che ha radicalmente cambiato i tempi ed i metodi d’analisi
Proteomica e beni culturali: nuove prospettive per il restauro e la storia dell’arte

dei proteomi. L’elevatissima sensibilità e l’ampio intervallo dinamico
di analisi di questo tipo di strumentazione risponde, pienamente, alle
esigenze delle analisi di specifiche proteine presenti solo in tracce in
sistemi estremamente complessi quale è ad esempio il siero umano.
L’elettroforesi bidimensionale è stata la prima tecnica di separazione
ortogonale, che sfrutta essenzialmente le due principali caratteristiche
chimico–fisiche delle proteine, vale a dire la carica netta e il peso
molecolare. Appare evidente che il sistema di separazione richiede
un sistema d’identificazione rapida, sensibile ed affidabile delle specie
proteiche così separate.
A partire dagli anni ’, grazie anche all’introduzione di nuovi accorgimenti strumentali, la spettrometria di massa si è imposta come
strumentazione elettiva per l’identificazione delle proteine. L’identificazione di una proteina mediante spettrometria di massa avviene
attraverso l’analisi dei peptidi generati utilizzando proteasi specifiche.
In questo caso tuttavia i peptidi sono caratterizzati dalla loro massa
attraverso la determinazione, effettuata dallo spettrometro di massa,
dei loro pesi molecolari.
Il principio dell’identificazione delle proteine mediante spettrometria di massa è abbastanza semplice e si basa sull’osservazione che
proteine con una diversa sequenza amminoacidica, in seguito all’azione di una proteasi, generano un insieme discreto di peptidi, definiti
dalla loro massa, che è unico per quella proteina.
Questi valori di massa sono paragonati, per mezzo di opportuni
programmi facilmente disponibili in rete, con le masse teoriche dei
peptidi ottenuti simulando una digestione proteica dello stesso tipo di
quella utilizzata dallo sperimentatore su tutte le sequenze proteiche
presenti nelle banche–dati. Il programma fornisce il risultato come
punteggio di probabilità statistica, punteggio che risulterà tanto più
elevato quanto maggiori ed accurati saranno i dati sperimentali. Per
questo tipo d’analisi è utilizzato come sistema di ionizzazione il MALDI (Matrix Assisted Laser Desorption Ionization) in cui si sfrutta la
radiazione laser per indurre la produzione di ioni molecolari protonati
degli analiti opportunamente incorporati in matrici di natura organica.
Di solito le sorgenti MALDI sono accoppiate con analizzatori a
tempo di volo (Time Of Flight, TOF) che misurano il rapporto massa/carica degli ioni generati nella sorgente sulla base del tempo che
questi impiegano nel percorrere uno spazio definito in assenza di

Gennaro Marino
campi elettrici e magnetici. Utilizzando spettrometri di massa dotati di
un secondo analizzatore, è possibile ottenere uno spettro di massa dei
frammenti dei peptidi separati con il primo analizzatore e quindi dallo
spettro di frammentazione risalire alla sequenza amminoacidica. La
successione degli eventi analitici può essere considerata la seguente:
a) il primo analizzatore dello spettrometro di massa separa i peptidi, ottenuti per proteolisi della banda proteica di interesse, nella
loro forma ionizzata;
b) il secondo analizzatore separa i frammenti ottenuti da ciascun
peptide ionizzato la cui frammentazione viene indotta in un’opportuna camera di collisione che, fisicamente, lo precede;
c) dallo spettro di massa dei frammenti peptidici si deduce la
sequenza del peptide.
Gli spettri di frammentazione si possono far risalire a frammentazioni statistiche del legame ammidico con la conseguente generazione
di almeno due serie di ioni che ritengono la carica o sulla parte N–
terminale o su quella C–terminale e che consentono la ricostruzione
non ambigua della sequenza.
Gli spettrometri di massa che ora consentono analisi di questo tipo
si sono nel tempo evoluti in termini di complessità, e quindi di costi
e di dimensioni, e di sensibilità. Dagli strumenti dotati di due analizzatori magnetici (tandem MS) della metà degli anni ’, si è passato
a quelli dotati di più analizzatori di tipo quadrupolo (Q), di trappola
ionica (IT o FT–ICR), di quadrupolo e TOF ortogonale (Q–TOF) e
di due analizzatori a tempo di volo (TOF–TOF). Occorre notare che
negli strumenti dotati di analizzatori qudropolari si usa la sorgente a
ionizzazione per elettro–nebulizzazione o “Electro–Spray Ionization”
(ESI). In questo tipo di sorgente gli analiti in soluzione vengono introdotti attraverso un capillare nella sorgente stessa che, per effetto
combinato del vuoto spinto e di un’opportuna differenza di potenziale,
genera dal campione nebulizzato ioni a carica multipla. Questo tipo
di sorgente è stata successivamente ottimizzata con l’introduzione del
sistema “nanospray” che, facendo uso di un microcapillare con flussi
di qualche nl/min, consente un tempo di residenza in sorgente dell’analita dell’ordine dei minuti con un notevole incremento del rapporto
segnale/rumore. Gli spettrometri ES–nanospray con i doppi analizza-
Proteomica e beni culturali: nuove prospettive per il restauro e la storia dell’arte

tori, in particolare quadrupolo e tempo di volo ortogonale, collegati
ad un cromatografo capillare hanno rivoluzionato la pur breve storia
della proteomica. E’ da sottolineare che, una volta riconosciuta l’enorme potenzialità di questo sistema, molti ricercatori hanno valutato
l’opportunità di non utilizzare più l’elettroforesi bidimensionale come
sistema di separazione ed hanno suggerito e messo a punto nuove metodologie di separazione che meglio si integrano con questo potente
sistema di analisi. Occorre dire che il campo è soggetto a frequenti,
direi frenetiche, innovazioni sia nel campo strumentale che nelle metodologie chimiche e biochimiche che consentono di affrontare, con
sempre più sensibili e raffinati metodi, importanti problematiche non
solo di carattere biologico.
Il mio gruppo di ricerca ha iniziato ad impegnarsi in questo campo
fin dal  ed in questa occasione mi piace ricordare un episodio
che mi riguarda personalmente e che ha costituito le premesse per la
creazione di una scuola di proteomica molto apprezzata non solo in
Italia.
Grazie all’intuizione del professore Alessandro Ballio, di cui oggi
festeggiamo con letizia di tutta l’Accademia il novantesimo compleanno, l’Università di Napoli Federico II si dotò alla fine degli anni ’
di uno degli spettrometri di massa più avanzati allora disponibili sul
mercato. Il prof. Ballio, allora professore di chimica delle Sostanze
naturali, mi comunicò nell’ottobre del  la notizia del finanziamento ottenuto dal CNR e mi invitò anche a studiare i principi e le
applicazioni di questa tecnica, allora limitate a sostanze organiche a
basso peso molecolare. Qualche mese dopo mi informò di aver saputo
da Edgar Lederer, direttore dell’ Institut de Chimie des Substances
Naturelles del C.N.R.S., che presso questo istituto, usando una macchina simile a quella che stava per arrivare a Napoli, avevano ottenuto
la sequenza di un peptide e aggiunse che forse sarebbe stato utile un
mio soggiorno presso il laboratorio di Gif–sur–Yvette. Non accolsi la
notizia con eccessivo entusiasmo e gli ricordai il mio interesse per lo
studio della sequenza delle proteine con metodi chimici. Ballio intuì
questa mia perplessità e sbloccò le mie esitazioni con un lapidario: «E
chi glielo dice che tra dieci anni non sarà possibile sequenziare anche
una proteina con lo spettrometro di massa?».
Da allora il mio gruppo di ricerca coniugando lo studio della chimica delle proteine con strumentazioni sempre più aggiornate e sempre

Gennaro Marino
più avanzate costituisce un punto di riferimento, non solo nel nostro
paese, negli studi di proteomica. Abbiamo affrontato e risolto problemi riguardanti la validazione di proteine ricombinanti, la scoperta di
nuove varianti dell’emoglobina umana, la messa a punto di metodi per
lo studio di modifiche post–traduzionali, la definizione di aspetti strutturali non facilmente affrontabili con altre tecniche chimico–fisiche,
etc.
Recentemente abbiamo rivolto la nostra attenzione alla definizione
dei materiali di natura proteica, come le proteine del latte, delle uova,
delle ossa, usate per fissare nell’imprimitura che nella rifinitura di
affreschi e, soprattutto, di tempere da parte dei Maestri delle nostre
grandi tradizioni pittoriche. Un tale studio può avere un’importanza
storica di per sé per consentire una corretta definizione della scuola
pittorica ma ha anche al fine di indirizzare con rigore scientifico
l’eventuale opera di restauro indicando quali di questi leganti/collanti
sono stati usati ed eventualmente in quali proporzioni
Come in qualsiasi esperimento di proteomica si procede essenzialmente come è stato descritto sopra in dettaglio, tuttavia l’applicazione
della proteomica alla scienza della conservazione necessita di considerazioni specifiche legate alla natura intrinseca dei campioni stessi.
Queste considerazioni comprendono l’esiguità dei campioni disponibili, la necessità che l’analisi sia quanto meno invasiva possibile, la
complessità e la variabilità della composizione chimica, per la possibile
co–presenza di diversi ligandi e di contaminanti, e per il possibile deterioramento del materiale di partenza. I campioni provenienti da opere
d’arte, che sicuramente non si prestano ad analisi in replicato, hanno
sperimentato nel corso dei secoli possibili contaminazioni e l’invecchiamento del materiale organico, incrementando così cospicuamente
la complessità del campione e la difficoltà dell’identificazione delle
componenti chimiche, in generale, e quelle di natura proteica, in
particolare.
A questo scopo abbiamo prodotto alcuni protocolli sperimentali
finalizzati a ridurre la quantità di materiale necessaria e a superare
le problematiche derivanti dalle possibili contaminazioni proteiche
ambientali, si pensi alle notevoli quantità di cheratine rilasciate dal
tocco delle mani e dalle setole dei pennelli. In particolare, abbiamo
sviluppato, utilizzando opportuni provini, un protocollo minimamente invasivo basato sulla digestione enzimatica del campione senza
Proteomica e beni culturali: nuove prospettive per il restauro e la storia dell’arte

estrazione del materiale proteico, e l’utilizzo delle microonde per
migliorare le rese della reazione di idrolisi, seguito dall’analisi della
miscela peptidica ottenuta mediante nanoLC–MSMS, nonché la creazione di liste di esclusione per depurare l’analisi dai segnali dovute
alle cheratine. Il passaggio successivo all’applicazione della metodica
a campioni “reali”, ovvero a frammenti provenienti da opere d’arte,
è stato estremamente emozionante sia dal punto di vista umano che
scientifico.
Su frammenti microscopici provenienti dalla volta dalla Basilica
di Assisi dopo il crollo in seguito al terremoto del , è stata, ad
esempio, definita la presenza di latte bovino, in alcuni, e di rosso
d’uovo, in altri, tra i leganti che i grandi maestri del trecento, Giotto e
Cimabue, avevano utilizzato nella realizzazione dei loro capolavori.
La metodologia proteomica applicata al campo dei beni culturali,
di per sé certo non innovativa, tuttavia richiede numerosi “adattamenti” proprio resi necessari dalla tipologia del campione, ma si apre
anche a prospettive che, sulla scia dell’ovvia osservazione che se in
un composto qualcosa si modifica, questo praticamente sempre comporta un cambiamento del valore di massa, consentiranno di andare
a dettagliare molecolarmente i cambiamenti indotti dal deterioramento/invecchiamento del materiale proteico. In questo contesto,
recentemente, ci è stato possibile valutare il deterioramento dovuto sia a cause naturali che ambientali degli affreschi del ° secolo
del Camposanto Monumentale di Pisa, dipinti da Benozzo Gozzoli,
Taddeo Gaddi, Spinello Aretino e Buonamico Buffalmacco.
L’analisi LC–MS/MS ci ha consentito di evidenziare nei processi
di deammidazione dei residui di asparagina e, soprattutto, di glutamina, presenti nelle proteine del latte e della colla animale usati come
leganti, gli eventi chimici che meglio caratterizzano la tipologia del
deterioramento. La deammidazione comporta una variazione di ,
Da rispetto ai segnali attesi per i due amminoacidi ammidati e pertanto
è possibile stabilire l’entità di questo processo dall’intensità dei segnali
che differiscono per questo valore di massa. La deammidazione può
essere così correlata sia all’invecchiamento naturale del legante proteico sia a imprudenti interventi di restauro con materiale che ne ha
accelerato il processo.
In una prospettiva di assoluta novità, questi studi potranno essere
estesi a caratterizzazioni molecolari del deterioramento di opere d’arte

Gennaro Marino
e di oggetti storici che potranno essere utili anche per successivi
interventi di restauro.
Le sinergie tra scienza, arte ed archeologia, di cui questa ricerca è
un esempio, sono sempre più auspicabili in una realtà come quella del
nostro Paese, ricca di opere d’arte uniche al mondo, la cui conoscenza
e conservazione per le generazioni future costituisce una fonte inestimabile non solo di ricchezza culturale, quanto mai in questo momento
negletta, ma anche, in una visione certamente più lungimirante, di
rilevanti risorse economiche.
Gennaro Marino
Università degli Studi di Napoli Federico II, Dipartimento di Scienze chimiche
Socio XL
[email protected]
Rendiconti Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL
Memorie di Scienze Fisiche e Naturali
ISBN 987-88-548-xxxx-x
DOI 10.4399/97888548571862
pag. 17–21
L’Istituto Superiore di Sanità
e l’Accademia dei XL ∗
E C
Sono veramente grata alla Dott.ssa De Castro per l’invito a partecipare a questo Convegno perché mi permette di ricordare protagonisti
della vita dell’Istituto Superiore di Sanità che lo sono stati anche per
altre Istituzioni del nostro Paese, come l ’Accademia Nazionale delle
Scienze.
L’Accademia Nazionale delle Scienze è nata nel  come Società
Italiana perché il suo fondatore, Antonio Maria Lorgna, un insigne matematico e ingegnere idraulico veronese, era mosso da una concezione
politica anticipatrice dell’Italia come nazione ed intendeva “associare
l’opera di tanti illustri Italiani separati che possono in simil guisa avvicinarsi ed unirsi in un corpo di Scienziati nazionale”. L’appellativo
“dei XL” è dovuto alla decisione, presa dallo stesso Lorgna qualche
anno più tardi, di limitare a quaranta il numero dei soci nazionali.
Una storia lunga quindi quella dell’Accademia dei XL, che si è sviluppata con fasi alterne di grande splendore e di declino, come quella
attraversata alla fine della seconda guerra mondiale. E proprio a questo
periodo risale uno dei momenti importanti della storia recente dei XL
che ha coinciso con lo stabilirsi di rapporti molto stretti con l’Istituto
Superiore di Sanità. Ne è protagonista una delle maggiori personalità
del panorama scientifico italiano dell’epoca, Domenico Marotta, che
dà un impulso straordinario alla rinascita dell’Accademia dei XL, dopo
il ruolo determinante avuto nella trasformazione dell’Istituto di Sanità
Pubblica in Istituto Superiore di Sanità. Marotta, socio dei XL dal 
per il suo valore di chimico, diviene segretario accademico nel 
durante la presidenza del celebre scienziato e medico Aldo Castellani,
imposto per dodici anni (dal  al ) dal regime fascista. Nel ,
∗
Relazione tenuta durante il Quarto Convegno “Storie e Memorie dell’Istituto
Superiore di Sanità” presso l’Istituto Superiore di Sanità, Roma  marzo .


Emilia Chiancone
per motivi politici, Castellani si trasferisce in Portogallo per dirigere
l’Istituto di Medicina Tropicale a Lisbona; di conseguenza si crea un
vuoto totale nella gestione dell’Accademia che viene presa in mano
da Marotta. Come uno dei primi atti, Marotta contatta i soci — di
molti si era addirittura perso l’indirizzo — invitandoli ad inviare uno
scritto «possibilmente riguardo la storia delle scienze» per riprendere
la pubblicazione delle Memorie sociali, interrottasi al XXV volume. Li
prega di inviargli direttamente la risposta presso l’Istituto Superiore di Sanità, anche se allora l’indirizzo postale della Società Italiana
delle Scienze era in via della Lungara, dove ha sede l’Accademia dei
Lincei. Raggiunto nel  lo scopo di pubblicare il XXVI volume
delle Memorie, Marotta si dedica ad un’impresa ben più ardua ed
impegnativa: la modifica dello Statuto per eliminare tutti gli articoli
imposti dal regime e ripristinare, tra l’altro, la nomina elettiva del
Presidente. Marotta peraltro, nella proposta di modifica sottoposta
all’approvazione dei soci, non si limita a questo, ma introduce altre
variazioni, come l’istituzione di un vice–presidente e del Consiglio di
presidenza, la divulgazione dei lavori scientifici «sia dei soci sia di estranei alla Accademia» sotto il titolo di Rendiconti e cambia addirittura la
ragione sociale della Società Italiana attribuendole la denominazione
di “detta Accademia dei XL”. Lo statuto di Marotta, approvato da tutti
i soci, tranne che da Guido Castelnuovo, viene promulgato nel  e
costituisce il fondamento di quello oggi in vigore. L’anno successivo
viene eletto Presidente il matematico Severi, mentre Marotta conserva
la carica di Segretario. Fra i primi atti ufficiali della nuova Presidenza
vi è la proposta ai soci e poi al Ministero della Pubblica Istruzione di
cambiare ancora la denominazione del sodalizio in Accademia Nazionale dei XL, proposta che viene presto accettata e comunicata ai
soci. Marotta Segretario continua ad avere un ruolo fondamentale
a giudicare dal fatto che nel  l’Accademia, ancora priva di una
sede propria, si trasferisce all’Istituto Superiore di Sanità dove rimane
fino alla metà degli anni ’. Prosegue l’opera di revisione dello Statuto: viene fatta una nuova proposta di modifica che è approvata dal
Ministero nel dicembre del , pochi giorni prima della morte del
Presidente Severi. Con  voti su  viene eletto Presidente Domenico
Marotta che però, ormai in pensione dall’Istituto, aveva perso parte
del suo potere politico. Marotta cerca di spingere i soci a pubblicare
sui Rendiconti, istituisce la Fondazione Marotta con un capitale la cui
L’Istituto Superiore di Sanità e l’Accademia dei XL

rendita ha «per scopo di assegnare borse di studio a studiosi delle discipline coltivate nell’Istituto Superiore di Sanità», ma soprattutto non
rinuncia a cercare una sede per i XL ed un accordo con l’Accademia
dei Lincei poiché ritiene essenziale una collaborazione più stretta fra
i due sodalizi. Scoraggiato per le difficoltà incontrate e per i sempre
maggiori problemi economici, Marotta, dopo pochi anni — nel 
— presenta le sue dimissioni. Il Segretario accademico non le inoltra
ai soci, ma riesce a convincere Marotta a desistere dalla sua decisione.
Marotta gli scrive: «è bene che si scuotano gli altri. Non è possibile, né
giusto far pesare tutto su di me», un auspicio che rimase tale fino alla
sua scomparsa.
Siamo nel  ed entra in scena il secondo protagonista di questa storia, Giovanni Battista Marini Bettolo Marconi. Marini Bettolo,
infatti, socio dei XL dal , ne diviene Segretario nel  sotto la presidenza di Beniamino Segre prima e di Pietro Di Mattei poi. Regge la
segreteria dell’Accademia fino al  quando viene eletto presidente.
Terminato il secondo mandato nel , riveste la carica di Accademico Consigliere fino al , anno della sua scomparsa. Una lunga
militanza quindi, che abbraccia un arco temporale di oltre trent’anni,
superiore a quello presso l’Istituto Superiore di Sanità che lo vede
Capo dei Laboratori di Chimica biologica dal  e Direttore dal 
al .
La vivacità intellettuale, la molteplicità di interessi scientifici, culturali, ed umani di Marini Bettolo così come la sua grande capacità
organizzativa dànno un’impronta alla vita ed alle attività dei XL che
non si sono esaurite con la sua Presidenza. Marini Bettolo reputa che
le Accademie debbano essere investite di una missione culturale e morale al massimo livello. Questa convinzione, la passione per la storia
della scienza e l’attenzione per i rapporti internazionali, legata all’esperienza di vita in Sud–America, sono da subito i motivi ispiratori della
sua opera. Nel , per celebrare il bicentenario della fondazione
dell’Accademia, Marini Bettolo riunisce i rappresentanti di cinquanta fra le maggiori istituzioni accademiche, di cui quaranta straniere.
Vuole discutere del ruolo e del futuro delle accademie scientifiche
ed anche rilanciare il rilievo internazionale che aveva caratterizzato
i primi anni di vita dei XL. Basti citare a questo proposito l’interesse
nutrito da Napoleone verso i XL, interesse che culminò nel  con
l’ingiunzione fatta al presidente, l’astronomo veronese Cagnoli, di

Emilia Chiancone
trasferirne la sede a Milano, allora parte della Repubblica Cisalpina.
Lo stesso Marini Bettolo ricorda la vicenda nel volume pubblicato
dall’Accademia Lo Stato e i Quaranta. Dal Generale Bonaparte ai tempi
odierni.
Sempre nel  il valore attribuito da Marini Bettolo alla memoria
storica si manifesta appieno con l’avvio di diverse iniziative di grande
significato per la conoscenza e valorizzazione del patrimonio culturale
del nostro Paese: la prima è l’opera di recupero del considerevole
patrimonio archivistico dell’Accademia che comprende carteggi di
pregio, come quelli di Stanislao Cannizzaro, oltre ad un ricco archivio
istituzionale. Marini Bettolo poi dà l’avvio al censimento delle fonti
archivistiche di storia della scienza diffuse su tutto il territorio nazionale, un’attività questa che l’Accademia ha proseguito fino ad oggi.
Lo dimostra il fatto che, in occasione delle celebrazioni dei  anni
dell’Unità d’Italia, tutto il materiale raccolto è stato messo in rete nel
sito web dell’Accademia e reso facilmente consultabile dagli studiosi.
Sempre nel , Marini Bettolo, precursore convinto dell’idea che
il nostro patrimonio culturale comprende non solo i beni umanistici,
ma anche quelli scientifici e che questi ultimi devono essere conservati
e valorizzati, realizza il “Centro per la storia della scienza contemporanea e dei XL” con lo scopo «di promuovere iniziative per incoraggiare
le ricerche nel campo della storia della scienza moderna e contemporanea includendovi anche la storia dell’Accademia». Ritengo pertanto
che Marini Bettolo abbia molto apprezzato il corposo volume Scienziati Italiani e Unità d’Italia. Storia dell’Accademia Nazionale delle Scienze
detta dei XL pubblicato qualche anno prima da uno dei XL, Giuseppe Penso, direttore dei Laboratori di Microbiologia dell’Istituto, ma
anche valente giornalista appassionato di storia della scienza.
Pur se ricordato necessariamente per sommi capi, il ruolo di Marotta e Marini Bettolo nell’Accademia dei XL mi auguro sia emerso in
tutta la sua grandezza. Nel concludere questo breve intervento, non
posso però non accennare ad altri scienziati che, come Giuseppe Penso,
hanno prestato la loro opera all’Istituto Superiore di Sanità e che, come
lui, sono diventati soci dell’Accademia per il valore delle loro ricerche.
Come non ricordare Dante De Blasi, notissimo batteriologo, immunologo e igienista, che ha diretto l’Istituto per un brevissimo periodo
dal marzo al luglio del  e dell’Accademia è stato vice–presidente
dal  al ? E Rita Levi–Montalcini che nel suo peregrinare ha
L’Istituto Superiore di Sanità e l’Accademia dei XL

operato nel Centro di Ricerche di Neurobiologia? O gli altri due premi Nobel Daniele Bovet ed Ernst Boris Chain che vennero chiamati
entrambi da Domenico Marotta a far parte dell’Istituto? Chain, fresco
Premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia insieme a Fleming e
Florey per gli studi sulla penicillina, chiamato a dirigere il “Centro
Internazionale di Chimica Microbiologica” e proseguire così i suoi
studi su questo antibiotico. Bovet chiamato per fondare il “Laboratorio
di Chimica Terapeutica” e proseguire le ricerche, iniziate a Ginevra
sugli antagonisti dell’istamina e sui curari di sintesi, che portarono al
conferimento del premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia nel .
Con Bovet lavora per ben undici anni il giovane Marini Bettolo che
invece studia gli alcaloidi curarizzanti naturali estratti dalle piante del
genere Strychnos, una ricerca che, iniziata in Sud America, costituirà il
fulcro della sua attività scientifica ed avrà importanti applicazioni nel
campo farmacologico.
Ed è proprio perché il grande valore di questi studi non venga
dimenticato che l’Accademia dei XL ed Enrico Garaci, nella sua doppia
veste di Direttore dell’Istituto e socio accademico, hanno intrapreso
la stesura di un volume che racconti la storia del curaro, un’opera
che sarà anche una prova tangibile dei rapporti che hanno legato e
continuano a legare queste due istituzioni.
Emilia Chiancone
Presidente dell’Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL
Università di Roma La Sapienza, Dipartimento di Scienze Biochimiche “A. Rossi Fanelli”
emilia.chiancone@uniroma[email protected]
Scarica

accademia nazionale delle scienze detta dei xl memorie di scienze