n°9 - settembre 2012
ANCHE LE STELLE
OLIMPICHE ACCANTO
AI BAMBINI CHIRURGICi
Ha riscosso enorme successo la prima edizione
della manifestazione sportiva GIOCA ESTATE
CON LE STELLE, che si è tenuta domenica
16 settembre 2012 a Trieste, allo stabilimento
Ausonia.
Quasi 400 bambini, molti dei quali provenienti da
tutta la Regione, hanno voluto cimentarsi nelle
discipline a cinque cerchi sotto la guida esperta
degli atleti olimpici, che per l’intero arco della
giornata hanno instancabilmente seguito i giovani
sportivi dai 5 ai 15 anni nelle discipline di tuffi,
pallanuoto, ginnastica artistica, atletica, triathlon,
tiro con l’arco, tiro a segno, tennis tavolo, scherma,
vela, canottaggio. Un successo, in questo primo
appuntamento, che con il sostegno delle amministrazioni pubbliche le Stelle Olimpiche si impegnano a ripetere negli anni a venire. Una giornata
all’insegna dello sport, ma anche della solidarietà,
perché le Stelle Olimpiche hanno scelto di destinare ad A.B.C. il ricavato delle donazioni raccolte,
1.500 euro, e di scendere, così, ancora una volta in
campo per i bambini nati con malformazioni del
Burlo.Un grazie di cuore va a loro, a tutta l’organizzazione e alle famiglie che hanno aderito a
questa bellissima iniziativa!
LO SPAZIO DI MISTER B
Carissimi! Come va?
Vi vedo passare tutti con la cartella in spalla, e dentro libri astucci quaderni matite briciole di merendine
mangiate, e ai piedi scarpe fiammanti, pronti per avventurarvi in un nuovo anno di scuola.
Cosa avete detto? Come faccio a vedervi? È presto
spiegato: abito sul cucuzzolo di una montagna e siccome sono… gigantesco, vedo molto, molto ma proprio
molto lontano. Dappertutto, o quasi. Ieri, per esempio,
ho visto anche Marta, col suo zaino rosso, e Andrea:
aveva il ciuffo pettinato col gel. Ehi, un momento:
sì, sì, d’accordo, le lunghe, meravigliose, strabilianti,
spettacolari vacanze estive sono finite, ma non siate
troooppo tristi. Cosa sono quei musi lunghi? A scuola
avete ritrovato i vostri amici, e poi ci saranno un sacco di cose da imparare e da conoscere, e le maestre
pronte a raccontarvi tante nuove storie. E voi a raccontarle a loro, mi raccomando. Quanto a me, quest’estate mi sono abbuffato di gelati: lo sapete già quanto
mi piacciono, no?
Solo che la mia pancia è così… gigantesca, che per
riempirla ci vuole almeno un’intera gelateria. Il mio
gusto preferito è la cioccolata. Ma anche la vaniglia,
a dire il vero. Anzi, forse di più la fragola. Ma no, che
dico, il limone. Insomma, dei gelati mi piace tutto proprio, punto e basta. Anche la punta del cono, anche
leccare la coppetta… A proposito di pance, invece, be’,
della mia pancia potrei dirvi che, se me la mangiassi,
quasi quasi dentro ci starebbe la luna. Chissà che gusto ha, la luna… Quando la mia pancia brontola, giù al
paese pensano che stia per arrivare un bel temporale!
E gridano: «Maria, tira su la biancheria!».
Per girare intorno a tutta la mia pancia, poi, una formica ci metterebbe un mese almeno.
Vi sembra strano? Non sarà strano certo come la filastrocca che vi regalo qui accanto, e che parla proprio di
pance. Una filastrocca sulle pance l’avete mai sentita?
Vi saluto e vi abbraccio, e auguro alle vostre mamme,
ai vostri papà, ai nonni, agli amici, ai postini, ai vigili,
alle cameriere, alle astronaute, ai maghi, alle venditrici di cipolle, alle maestre e ai lucidatori di pomelli dei
comò buona lettura di tutte le cose interessanti che
sono scritte dentro L’AbBeCedario.
Mandatemi i vostri messaggi! Vi voglio bene!
CHE BEI POSTI LE PANCE
Che bei posti le pance
ci succedon mille cose
Che gran posti le pance
d’avventure strepitose
Pancia pancina pancetta pancione ognuno ha la sua
ce ne sono un milione
C’è la pancia che fa bua
la pancia vuota a colazione
e alla sera dopo cena
invece c’è la pancia piena
Pancia in dentro, pancia in fuori
Pancia all’aria, pancia a terra
Pancia sotto la maglietta a fiori
Pancia serrata come una serra
Starsene là a grattarsi la pancia
belli seduti beati in panciolle
Pancia rotonda come un’arancia
Pancia tesa, pancia molle
Tenersi la pancia dalle risate
Pancia pallone di grandi mangiate
Pancia che deve far la pipì
Pancia scoperta, pancia ben liscia
Due pance diverse di un’unica B
Biscia che sopra la sua pancia striscia
Pancia che brontola, pancia che è dura
Pancia lavagna, da disegni con le dita
Pancia marsupio di mamma cangura
Pancia d’amore, pancia di vita
Pancia rifugio, pancia cuscino
Dentro la pancia ci cresce un bambino
Quante ne ho dette, saranno cento
Lasciami aggiungerne un’altra soltanto
E poi ti prometto ti dico che taccio
La pancia è dove io ti abbraccio.
Cristina Bellemo
il vostro Mister B.
COME AIUTARE A.B.C.?
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garantendo un supporto economico e logistico per l’adempimento
delle cure chirurgiche dei loro piccoli.
Aiutaci anche tu affinché tutti i bambini possano essere curati e
sostenuti durante la loro malattia.
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L’ABbeCedario n. 9 – Settembre 2012
Direttore responsabile Cristina Bellemo
Redazione e coordinamento Giusy Battain e Chiara Dal Fiume
Editore A.B.C. Associazione Bambini Chirurgici del Burlo onlus, Via dell’Istria 65/1 - 34137 Trieste
Iscrizione nel registro della Stampa tenuto presso il Tribunale di Trieste, autorizzazione n. 1208 del 17/11/2009
Art direction e impaginazione Kora Comunicazione
Stampa Scarpis di G. Scarpis & C. (S.A.S.) Tipografia
Per questo numero hanno collaborato:
Luca Alberti, Giusy Battain, Cristina Bellemo, Daniela Codrich, Chiara Dal Fiume, Anabella e Alessio Ferraresi, Rosella Giuliani,
Katia Lombardi, Jürgen Schleef.
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e testimoniare così a parenti e amici il vostro impegno a favore dei progetti
di A.B.C.! Potrete scegliere fra il sacchettino porta confetti, la pergamena
oppure il cartoncino da allegare alla vostra bomboniera. La donazione è
libera. Visita la nostra pagina dedicata: www.abcburlo.it/bomboniere.asp
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euro più spese di spedizione (gratuita per ordini superiori a 50 biglietti).
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C/O IRCCS
“Burlo Garofolo”
via dell’Istria, 65/1
34137 Trieste
Periodico di informazione su attività, progetti e iniziative proposti da A.B.C. Associazione Bambini Chirurgici del Burlo onlus
pagina 1
L’Editoriale - L’abbraccio rosso per i
bambini - L’intervista di A.B.C.
pagina 2
La chirurgia mini-invasiva
Un sentiero da condividere
L’Editoriale
pagina 3
Caro Luca - Grazie a Egidia
Natale con A.B.C.
pagina 4
Dedicato ai bambini: lo spazio di Mister B
Come aiutare A.B.C.
L’ABBRACCIO ROSSO PER I BAMBINI
A.B.C. RINNOVA CON FORZA LE MOTIVAZIONI IDEALI DEL SUO IMPEGNO
Il punto
Carissimi amici di A.B.C.,
dopo gli anticicloni africani battezzati con nomi
altisonanti da meteorologi fantasiosi, eccoci qui ad
aprire una nuova stagione di lavoro con molti stimoli e impegni dopo la pausa estiva!
In questo numero abbiamo innanzitutto accolto la
richiesta dei genitori del piccolo Luca, che ci ha lasciato qualche mese fa, di ricordarlo e mettere nero
su bianco questo ricordo che è vivissimo in noi. Con
la lettera della dottoressa Giuliani vogliamo, infatti,
richiamare alla memoria tutti i bambini che non ce
l’hanno fatta e le cui storie ci danno forza e stimolo
a continuare, incessantemente, sulla strada dell’impegno e della ricerca. Nell’articolo scientifico, invece, la dottoressa Daniela
Codrich e il primario, dottor
Jürgen Schleef,
parleranno di
chirurgia miniinvasiva,
per
raccontare
le
evoluzioni
in
sala operatoria e le tecniche
usate per effettuare interventi, rispettando
l’immagine corporea.
La rubrica SenLuca Alberti e il figlio Riccardo
za il camice è
dedicata alla cara amica Katia, infermiera andata in pensione qualche mese fa dopo tanti anni di
servizio nel reparto di Chirurgia del Burlo. Bando
quindi a Nerone e Minosse, che hanno scaldato le
nostre estati, e largo al nostro amato Mister B., che
ha sempre qualcosa di bello da raccontare ai nostri
amici più piccoli, ma anche ai grandi!
Ancora una volta colgo l’occasione per ringraziarvi, per il contributo che date ai progetti di A.B.C.,
realizzati con il grande lavoro degli operatori e con
l’indispensabile cooperazione dei volontari.
In questo periodo le richieste di aiuto sono davvero
molte, e abbiamo bisogno della disponibilità di tutti per poterle soddisfare. I fondi raccolti in questo
periodo, in particolare, andranno infatti a sostenere
numerose famiglie in difficoltà, affinché i loro bambini possano accedere alle cure.
Potete aiutarci anche richiedendo i biglietti natalizi
di A.B.C. realizzati con la collaborazione della Mostra Internazionale d’Illustrazione per l’infanzia di
Sarmede. La partecipazione di tutti può concretamente fare la differenza.
Buona lettura!
Un caro saluto,
Luca Alberti
In questi anni abbiamo avuto modo di interrogarci
spesso sul ruolo che ha un’associazione come A.B.C. e
su come il mondo esterno percepisca questa presenza
nel proprio quotidiano.
Anche se a volte si ha la sensazione di essere visti come un
salvadanaio al quale chiedere risorse economiche per validi progetti, siamo consapevoli che il ruolo dell’associazione
va oltre il semplice finanziamento. Quest’ultimo è soltanto
un passaggio concreto di un processo più lungo, il quale
prende avvio da una comunione di intenti e di valori che
fanno guardare lontano verso lo stesso obiettivo: la cura
del piccolo paziente.
In quest’ottica crediamo che l’associazione possa essere
considerata una grande risorsa, sia sotto il profilo economico che dell’esperienza. Ancor di più siamo certi che possa rappresentare un punto di vista differente, che consideri nella cura di ogni bambino le sue esigenze e quelle della
sua famiglia. Siamo inoltre consapevoli che questo possa
non solo portare un grande arricchimento per l’ospedale stesso, ma anche prevenire forti disagi nelle relazioni
all’interno della famiglia che la malattia di un bambino
inevitabilmente determina. Come A.B.C., ogni associazione nelle persone che la compongono condivide un insieme
di valori, che costituiscono quella forza che muove e sostiene l’impegno, la fatica e la dedizione, ovvero le idealità che
animano la spinta più istintiva dettata dal cuore. Queste
definiscono e fissano i punti di riferimento che orientano e
delineano il senso del proprio agire, indicando l’orizzonte
culturale e ideale dell’organizzazione stessa. Sono l’inizio
e la meta di una strada condivisa fortunatamente da molti,
anche durante i quasi otto anni di vita di A.B.C.
Il lavoro quotidiano di tutti, con la sua frenesia e complessità, porta spesso a perdere di vista la ragione centrale
dell’esistenza di un’organizzazione come la nostra. Proprio
per questo oggi ci troviamo a riformulare nuovamente, in
corso d’opera, le motivazioni ideali che ispirano il percorso.
Ciò che è profondamente custodito nella storia di A.B.C. è,
e rimarrà sempre, la volontà di essere accanto ai bambini
chirurgici e alle loro famiglie, proprio come in quell’abbraccio rosso che rappresenta il logo dell’associazione.
Crediamo che prendersi cura dell’altro richieda preparazione, competenza, esperienza. Continuiamo a investire
molte energie per aggiungere storie alla nostra storia e per
essere coerenti con ciò in cui crediamo.
di Giusy Battain
PRIMA DI TUTTO, L’AMORE PER IL PROPRIO LAVORO
RICORDI DI UN’ETERNA BAMBINA
Senza
camice
In questo numero abbiamo il piacere di conoscere più
da vicino Katia, infermiera del reparto di Chirurgia, andata in pensione dopo tanti anni di lavoro dedicato ai bambini. Un concentrato di forza ed entusiasmo per quello che
era, prima di un lavoro, una vera passione.
Iniziamo dandoci “del tu”, perché Katia ha fatto parte fin da
subito della grande famiglia di A.B.C.!
Dopo tanti anni di servizio e dedizione, ecco la meritata
pensione. Come ci si sente? Cosa ami fare ora nel tuo
tempo libero?
«In pensione?! Ah, già, lo devo ancora realizzare! Non so
come, ma ci sono riuscita e ancora non mi sembra vero. Ho
la sensazione che da un momento all’altro io debba recarmi
di nuovo al lavoro… Certo, mi mancano i miei bambini, le
persone che vedevo ogni giorno, amiche e amici colleghi.
Per questo ogni tanto vado a trovarli e a rivedere i posti in
cui ho lavorato per trent’anni.
Che emozione tornare a sentire il profumo dei bambini! Si,
perchè loro hanno un profumo particolare.
Adesso che ho più tempo libero, lo sto dedicando alle mie
nipotine, piccole e grandi, ma anche a interessi che ho tralasciato con il trascorrere degli anni: leggo molto, sto all’aria
aperta e, ora che arriva l’autunno, ho intenzione di ritornare
a scuola… ma stavolta non come maestra, come allieva».
Ci racconti la tua storia? I tuoi sogni di bambina, i tuoi
studi, le tue prime esperienze lavorative?
«La mia vita è sempre stata accompagnata dai bambini e
dal mio istinto che mi portava verso di loro. Già da ragazzina, durante l’estate, facevo l’assistente nelle colonie estive;
poi ho fatto la maestra di scuola materna e infine l’infer-
miera pediatrica. Se guardo dietro le spalle pensando alla
mia vita passata, non mi dispiace vedere che ho dedicato
al Burlo tempo ed energie, in reparto con i piccoli pazienti,
ma anche alla ormai vecchia e chiusa scuola convitto per
vigilatrici d’infanzia, insegnando alle ragazzine che successivamente sono diventate le mie favolose colleghe».
Se fossero i bambini a dover insegnare qualcosa a un
infermiere, cosa insegnerebbero?
«I bambini ti danno un grande insegnamento sul modo
giusto di affrontare la vita e le difficoltà che si incontrano
per strada. Basta avvicinarsi al loro mondo, il che per me è
talmente semplice e automatico che sicuramente loro trovano in me una “complice” di cui fidarsi totalmente, senza
nessuna paura».
Un ricordo su tutti di questi anni di lavoro al Burlo?
«Rammento un episodio di tanti anni fa: una bambina
senza genitori, affidata a una famiglia, mi ha detto: “potessi
scegliere, vorrei te come mamma!”.Non finirò mai di ringraziare i miei bimbi, i loro genitori, i colleghi e gli amici che mi
hanno aiutato a crescere...
anche
se qualcuno
dice che io sia
rimasta un’eterna bambina!».
di Chiara
Dal Fiume
Katia con le sue nipotine
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n°9 - settembre 2012
QUANDO LA CHIRURGIA PEDIATRICA
DIVENTÒ MINI-INVASIVA…
CARO LUCA
La scienza
e la ricerca
STA AL MEDICO SCEGLIERE LA TECNICA PIÙ ADATTA AD OGNI SINGOLO BAMBINO
L’affermarsi, negli ultimi decenni, di una cultura sempre più concentrata sul rispetto dell’immagine corporea ha portato a introdurre anche
nella disciplina chirurgica un insieme di tecniche volte a ridimensionare la morbidità della chirurgia tradizionale, complessivamente indicato
come chirurgia mini-invasiva. Tale nuovo approccio viene generalmente
indicato con l’acronimo inglese MIS (Minimally Invasive Surgery). Gli elementi caratterizzanti della MIS sono la pratica di piccole incisioni per l’introduzione di telescopi e di lunghi strumenti operativi e l’insufflazione di
anidride carbonica (CO2) nelle cavità corporee, per la creazione di uno spazio operativo.
L’inserimento dei concetti di MIS in chirurgia dell’adulto risale alla metà degli anni ’80, con la prima colecistectomia laparoscopica. I chirurghi pediatri,
all’inizio, dimostrarono numerose resistenze, dettate soprattutto dall’insufficienza tecnologica. Strumenti troppo grandi rispetto alle dimensioni dei pazienti rendevano pericolosa la laparoscopia e questo fino a metà degli anni
Novanta, quando lo sviluppo di strumenti da 5mm e 3mm permise di creare
un vero strumentario ad uso pediatrico.
Tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila si assistette anche in
chirurgia pediatrica a quel fenomeno di diffusione di tecniche endoscopiche
che aveva invaso la chirurgia dell’adulto dieci anni prima e che ha portato l’approccio laparoscopico ad essere non più solo un’opzione fattibile, ma
l’intervento gold standard per alcune operazioni, quali appendicectomie, colecistectomie, plastiche antireflusso. Nella seconda metà degli anni Duemila
l’approccio mini-invasivo si spinse anche nel campo dei più piccoli, fino a
provare la fattibilità di tecniche laparo e toracoscopiche nei neonati.
Negli ultimi anni, la disponibilità di nuova tecnologia ha aperto le porte alla
cosiddetta chirurgia robotica, anche se in realtà, più che di veri robot, si tratta
di sofisticati manipoli manovrati a distanza che permettano movimenti fini
e di estrema precisione, i cui alti costi di acquisizione e di addestramento ne
hanno però limitato finora l’uso a isolati studi di fattibilità.
Anche la single site surgery, ovvero il posizionamento di strumenti laparosco-
pici attraverso un’unica incisione ombelicale, non ha dimostrato una chiara
superiorità rispetto alla laparoscopia «tradizionale».
Ma quali sono i vantaggi o gli svantaggi della MIS? Innanzitutto l’uso di incisioni di ridotte dimensioni ha portato a una riduzione delle complicanze legate alle ferite chirurgiche, grazie a una minore tensione di chiusura rispetto
a incisioni di maggior lunghezza. Senza contare il beneficio estetico per il
paziente, che non sarà costretto per tutta la vita a guardarsi un’antiestetica
cicatrice. L’uso di strumenti toracoscopici ha permesso di ridurre drasticamente anche le deformità toraciche (come la scoliosi), che si evidenziano già
dopo alcuni mesi da una toracotomia.
Inoltre, la visione che offrono i nuovi telescopi angolati e ad alta definizione
garantisce al chirurgo una possibilità esplorativa nettamente superiore alla
chirurgia tradizionale e, nel lungo periodo, anche i costi sanitari risultano
diminuiti, sia per le ridotte durate delle degenze che per il minor impiego
di farmaci analgesici, e per la minor incidenza di complicanze del sito chirurgico. Il tutto a fronte, però, di un notevole costo iniziale di impianto dello
strumentario e di addestramento del personale di sala e del chirurgo.
D’altra parte ci sono anche «costi» per il paziente , quali una maggior suscettibilità al raffreddamento corporeo (soprattutto nei neonati), legata al flusso
di CO2, e agli scompensi metabolici, dovuta alla necessità di mantenere sufficientemente insufflati spazi operatori molto ridotti.
La MIS in chirurgia pediatrica è oggi divenuta una tecnica affermata, che
non riguarda solo sporadici casi, così come testimoniato dalla nostra realtà
del Burlo, ove circa il 70% della patologia addominale e toracica (malformazioni polmonari, pectus excavatum, reflusso gastroesofageo, patologia urologica) viene trattato con tecniche MIS.
Non dimentichiamo, però, che ogni bambino è un caso particolare e sta al
chirurgo scegliere la tecnica chirurgica adatta.
di Daniela Codrich e Jürgen Schleef
UN SENTIERO DA CONDIVIDERE
IL VALORE DEL SENTIRSI ACCOLTI E MAI LASCIATI SOLI
Era il 7 aprile 2011 quando io, Anabella, e mio marito Alessio ci recammo al
Burlo per la prima volta. Ormai è passato più di un anno, ma il ricordo delle
esperienze che abbiamo vissuto lì dentro me lo porterò nel cuore per tutta
la vita.
Vi racconterò la mia storia, non perché sia la più bella e importante, ma perché
voglio lasciare un messaggio a tutti i genitori che, come noi, hanno vissuto l’esperienza dell’ospedale. Come mamma voglio contribuire a infondere coraggio a tutti
quelli che credono di essersi smarriti in questo cammino chiamato vita, voglio
essere con le mie parole accanto a coloro che in questo momento si trovano a dare
forza ai propri figli...
Tutto ebbe inizio il 5 aprile dello scorso anno quando, durante l’ecografia morfologica, mi dissero che Giulio aveva un’ernia diaframmatica: una patologia molto
grave per il feto. Nell’ospedale del paese dove abitiamo non avrebbero avuto i
mezzi per fare un esame più approfondito della gravità del caso. Così, nella disperazione di non sapere con esattezza di cosa si trattava, e se Giulio fosse in pericolo
di vita o meno, e se avrei potuto portare a termine la gravidanza senza conseguenze anche mortali per il piccolo, ci trovammo a Trieste: prendemmo la macchina e
di corsa raggiungemmo il Burlo. Non sapevamo da che parte andare, tant’è che
finimmo nel pronto soccorso ostetrico!
Dopo vari giri, arrivammo al reparto diagnosi prenatale, dove conobbi per la prima volta la psicologa Rosella e la dottoressa D’Ottavio. Ci fu di grande sostegno, la
psicologa Rosella, che già dal primo giorno ci rasserenò e ci mise in contatto con
A.B.C. È stato grazie all’associazione che siamo potuti rimanere quasi tre mesi
nell’appartamento da loro messo a disposizione. Altrimenti non avremmo saputo come fare, perché il periodo di ospedalizzazione di Giulio era incerto, legato
a tante variabili, e non si poteva prevederne la durata. E poi noi abitiamo a 100
chilometri di distanza da Trieste, per cui fare ogni giorno avanti e indietro non
sarebbe stato sostenibile.
Riuscimmo a capire con un po’ più di chiarezza di che cosa si trattava. L’ernia
diaframmatica è una malformazione congenita che prende un bimbo su 2.5003.000 in maniera del tutto casuale, quindi non ereditaria, a causa della quale nel
diaframma si crea, appunto, un’ernia. Il caso di Giulio era abbastanza grave, ma
niente ci scoraggiò e, mese dopo mese, mi recai al Burlo per i controlli.
Ricordo precisamente quando arrivammo a Trieste per il mio ricovero. Era la fine
di luglio, c’era un caldo afoso e tutti erano al mare. Noi invece ci incontrammo
con la volontaria Egidia, la quale ci accompagnò all’appartamento che ci avrebbe
accolto per un po’ di tempo.
Che dire del parto... Un cesareo, per me abbastanza traumatico. Da sola in quel-
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TI SCRIVO PERCHÉ NON C’È STATO IL TEMPO
A 4 braccia
Se ci fosse stato il tempo per aspettare e ve- da superare : ti portavano in ospedale per tempi inderti diventare grande, ti racconterei la tua sto- finiti e indefinibili.
ria, che ho avuto la fortuna di conoscere e a cui Quando incontravo i tuoi genitori nei corridoi del
ho un po’ partecipato.
Burlo, ci guardavamo negli occhi e senza dire altro
Ho conosciuto la tua mamma e il tuo papà duran- chiedevo: «Dove siete? Arrivo...».
te un’ecografia: sai quando c’era quella dottoressa Durante uno di questi nostri incontri, ti ricordi? mi
che da sopra la pancia di mamma ti faceva il film hai fatto ascoltare il verso della tigre: lo avevi imper guardarti mentre eri dentro di lei? Già da al- parato da poco e lo facevi sentire a tutti, fiero. Mi
lora eri un bambino speciale: niente si poteva dare piaceva la tua tigre, ma mi piaceva anche il tuo sorper scontato e i tuoi genitori, a ogni controllo, trat- riso, quello con cui affrontavi il mondo e che dava
tenevano quel respiro che però non riuscivano mai la forza ai tuoi genitori.
a riprendere. Tutti hanno cominciato ad aspettare Spesso, solo guardando la tua mamma potevo comla tua nascita con tanta ansia, persino la tua sorel- prendere come stessero andando le cose, perché
lina non vedeva l’ora di conoscerti, di conoscere a volte restava alta quanto era, a volte riusciva a
quel fratellino che aveva
diventare piccola piccola
già catturato la mente e il
sotto il peso della preoc...il tuo sorriso, quello con
cuore di tutti i suoi cari.
cupazione. La sua schiena
cui
affrontavi
il
mondo
e
Alla nascita non sei andato
come un punto di domansubito a casa ma sei rimache dava la forza ai tuoi
da dietro tanti interrogatisto per un po’ in ospedale,
vi, dubbi, incertezze e pergenitori.
al Burlo, perché tutto conplessità; le sue mani molto
tinuava a essere difficile e
più grandi di te per riuscicomplicato: mangiare, respirare, crescere. E ancora re ad accoglierti, proteggerti, difenderti e consolarti
niente era scontato, tutto doveva essere conquista- come solo una mamma sa fare.
to giorno dopo giorno, un viaggio come quello sulle C’era un gran bisogno di consolazione, ogni volta
montagne russe e sempre insieme ai tuoi genitori che uscivi dalla sala operatoria, oppure ogni volta
che, raccogliendo ovunque piccole briciole di spe- che ti facevano un prelievo e la tua mamma e il tuo
ranza, andavano avanti con coraggio.
papà ti avrebbero voluto difendere da tutto questo.
Quando finalmente sei riuscito ad andare a casa Ma non c’era niente da fare: hanno dovuto soppora conoscere la tua sorellina e tutti i tuoi familiari, tare di non poterci riuscire, una grande fatica per
sembrava che avessi raggiunto un buon equilibrio un genitore, puoi crederci!
ma, come ho già detto, niente è stato scontato e sei Nonostante le difficoltà, hai fatto tanti piccoli pasrientrato in ospedale tante e tante volte durante la si e ognuno di questi è stato una conquista vera e
tua vita.
propria fatta con mamma e papà.
Le malattie, quelle classiche, quelle dei bambini, le Purtroppo, quando sembrava che il tuo percorbanali influenze con te diventavano montagne alte so avesse raggiunto un buon equilibrio e stare a
scuola con gli altri bambini ti rendeva felice, tutto
si è fermato, la corsa è terminata. Ho avuto la possibilità di salutarti, di stare con te e i tuoi genitori
anche in questo momento. «Dall’inizio alla fine», si
potrebbe dire, ma non credo che tutto sia finito qui,
perché quando ripenso al tuo sorriso e a quegli occhietti, sorrido sola.
Sono sicura, tutto questo ha un senso e io lo cercherò nel tuo sorriso, che resterà sempre dentro di
me e mi farà sentire un po’ di quella forza speciale.
La forza della tua tigre.
Ciao, Rosella
Genitori coi
piedi verdi
la sala chirurgica, un via vai di gente
che aspettava Giulio, io distesa in quel
lettino con la tenda davanti agli occhi,
pregando che tutto andasse bene. Ormai avevo fatto il possibile per Giulio:
ora toccava a lui lottare, ovviamente
con l’aiuto dei medici e delle infermiere.
Nacque il 9 agosto alle 10 e 10 del
mattino. Trambusto in neonatologia
per il suo arrivo. Io lo vidi solo il giorno dopo, tenuto conto del taglio che
avevo subito. Quindi scesi per la prima volta a guardare il mio bimbo in
carrozzella. Quel reparto che mi era
nuovo, e che avevo visto solo dietro il
vetro, e poi tante culle, tanti bambini e
tante mamme che correvano a portare
il proprio latte ai loro piccoli. Percorsi tutto il corridoio e in fondo trovai la
stanza dove era Giulio: lì, in prima fila,
davanti ai dottori, sempre un’infermiera
(per la precisione Georgia), che all’inizio si occupò di lui, se ne prese cura come
fosse la sua mamma. Ricordo solo che quel giorno parlai con il dottor Cont perché
Giulio era peggiorato e non si sapeva come sarebbe andata da quel momento in
poi. Lacrime già al primo incontro con il mio piccolo.
Ma presto arrivò il giorno dell’intervento. Erano presenti il primario di neonatologia, il dottor De Marini, il primario di chirurgia che operò Giulio, il dott. Schleef,
con tutta la sua equipe, e tante altre persone che poi rividi poche volte.
L’intervento riuscì e dovette essere seguito da una lenta riabilitazione. Trascorsi
questi due mesi da sola, visto che Alessio doveva tornare a casa per via del lavoro.
Quindi tutto ebbe il tempo di diventarmi familiare, come una routine. Per esempio
le mamme che incontrai in Lactarium, e con cui ho poi legato moltissimo. È stato un
periodo lungo e difficile, perché Giulio faceva un piccolo passetto alla volta, ma con
l’aiuto di tutti e con un pizzico necessario di distrazione il tempo è volato. Siamo approdati a Trieste a fine luglio e siamo poi tornati a casa con l’inverno a fine ottobre.
Ma c’era ogni giorno una novità, un progresso che
faceva il piccolo, una mamma a cui dare il tuo sostegno, altri bimbi che arrivavano.
Insomma, non ti accorgevi nemmeno che fuori dall’ospedale la vita continuava coi
suoi ritmi e le sue incombenze.
Si arrivava al mattino presto e si tornava in appartamento alla sera, mangiando in mensa e bevendo un
caffè alle macchinette. Fu questo il mio quotidiano
dopo che mio marito riprese a lavorare. Fai amicizia
con le altre mamme, ti dai aiuto reciproco e cerchi
uno svago per il resto della giornata. Perché è pesante vivere i giorni nell’incertezza del futuro di tuo figlio.
Guardi gli altri bambini che tornano a casa e tu sei
ancora lì, aspettando il tuo turno in silenzio, e sperando che arrivi presto.
Il nostro turno arrivò il 24 ottobre. Fiumi di lacrime…
saluti tutti e saluti le tue compagne di avventure,
quelle mamme che ti sono state accanto e per le quali
daresti tutto, per farle stare bene, perché sai perfettamente che tutti siamo nella stessa barca. Andar via
dall’ospedale, dunque, per certi aspetti mi è dispiaciuto: ho lasciato un pezzo della mia vita lì dentro. Ormai Giulio sta bene, ma i controlli sono necessari. E
allora ritrovi tutti quanti.
Il primo pensiero va a Rosella, e alla terapia intensiva, e alla dottoressa Laura Travan che ci accoglie ad
ogni visita. E poi incontri sempre qualcuno con cui
hai parlato almeno una volta durante il periodo di
ospedalizzazione, che sia un infermiere, un dottore,
un operatore, come fossero lì ad aspettarti. Ad aspettare proprio te.
È stata un esperienza faticosa, ma ci ha insegnato che
nella vita bisogna lottare per ottenere ciò che si desidera. E a me, in particolare, ha mostrato quanta voglia
di vivere hanno i bambini dentro loro stessi. Non lo
dimenticherò mai! Vi abbraccio immensamente, con
calore,
mamma Anabella,
con papà Alessio e il piccolo Giulio
UN GRAZIE COL
CUORE A EGIDIA
PREZIOSA VOLONTARIA
Egidia si è occupata negli ultimi anni della
gestione dell’appartamento messo a disposizione dei genitori da A.B.C., e da ottobre
passerà il testimone a nuovi volontari. Questo spazio è per dedicarle un grazie immenso
per la sua opera, che ha rappresentato il più
autentico spirito di volontariato, fatto di attenzione, discreta gratuità, cura e aiuto al prossimo. Un’attenzione resa ancora più meritoria e
preziosa dalla sua instancabile disponibilità in
ogni giorno dell’anno, che ha garantito un’importante continuità ai genitori provenienti da
fuori città, ospitati nell’appartamento.
Il contributo che ha dato in questi anni è stato
indispensabile: perciò desideriamo manifestare qui, e condividere con voi lettori, una grande
e affettuosa gratitudine, e la nostra più alta stima, a nome di tutta l’associazione!
RENDI I TUOI AUGURI SPECIALI
SCEGLI ANCHE TU I BIGLIETTI NATALIZI DI A.B.C.
Anche quest’anno gli artisti
della Mostra internazionale
d’illustrazione per l’infanzia di Sarmede mettono per
A.B.C. a disposizione i loro
capolavori, per dare un valore diverso ai vostri auguri,
contribuendo ai progetti rivolti ai bambini chirurgici.
Per visionare i biglietti a disposizione e scegliere quelli che più vi piacciono
basterà spedirci un’e-mail con la richiesta. L’invito è rivolto anche alle aziende: infatti i cartoncini e le buste potranno essere personalizzati con
la ragione sociale della vostra ditta, con il logo e
con il messaggio che vorrete comunicare.
Il costo dei biglietti cartacei con le rispettive buste è di € 11 per 10 pezzi (ordine minimo, spese di
spedizione escluse). La personalizzazione prevede un costo aggiuntivo da quantificarsi a richiesta. Per riceverli direttamente a casa vostra tramite posta vi basterà mandare un’e-mail, entro fine
ottobre, all’indirizzo di posta elettronica info@
abcburlo.it o chiamare il numero 388 4066136. I
fondi raccolti ci permetteranno di continuare a
garantire un supporto psicologico ai genitori di
bambini nati con malformazioni durante tutto
il ricovero ospedaliero.Aiutateci a diffondere
questa iniziativa tra parenti e amici!
NOVITÀ: Quest’anno A.B.C. mette a disposizione
anche dei biglietti digitali personalizzati da spedire
via e-mail. Mettetevi in contatto con noi.
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NR 09 - SET 2012