Consiglio dell’Ordine degli Avvocati
di Roma
Scuola Forense V.E. Orlando
Lezione del 30.4.2014
Avv. Luigi Panella
1
PRINCIPI COSTITUZIONALI
RILEVANTI IN AMBITO PENALE
2
Art. 25, comma 1, Cost.
Garanzia del giudice naturale
precostituito per legge
1. “Nessuno può essere distolto dal giudice
naturale precostituito per legge”.
La disposizione riconosce al cittadino il “diritto
alla certezza che a giudicare non sarà un
giudice creato a posteriori in relazione ad un
fatto già verificatosi”(C.Cost. 88/1962).
Essa garantisce, quindi, che sulla causa si
pronuncerà un giudice della cui imparzialità non
si possa dubitare proprio per il modo in cui è
stato designato ab origine (C. Cost. 117/1973;
502/1991).
3
• Garantisce anche il singolo magistrato mettendolo al
riparo, anche in periodi di forte contrapposizione
politica all’interno della magistratura, da tentativi di
sottrazione della “sua” causa.
• Rafforzamento dell’indipendenza interna del giudice;
• Attuazione del modello costituzionale di una
magistratura quale potere diffuso e non
gerarchicamente ordinato.
4
Art. 25, commi 2 e 3, Cost.
Principio di legalità
2. Nessuno può essere punito se non in
forza di una legge che sia entrata in
vigore prima del fatto commesso.
3. Nessuno può essere sottoposto a
misure di sicurezza se non nei casi
previsti dalla legge.
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Enunciazione del tradizionale principio di
legalità della pena: “Nullum crimen nulla
poena, sine previa lege poenali”.
Il principio di legalità ha una genesi non strettamente
penalistica ma politica.
La sua matrice risale al pensiero illuministico e si
giustifica con l’esigenza di vincolare l’esercizio di
ogni potere dello Stato alla legge, al fine di arginare
e prevenire gli arbitri dello Stato assoluto.
In ossequio al l principio della separazione dei poteri
si ritiene che il giudice debba essere vincolato
esclusivamente alla legge (“bouche de la loi”).
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Riguardo al termine legge è possibile
individuare diversi piani di lettura della
norma:
Il piano delle fonti;
Il piano dell’interpretazione;
Il piano della tecnica di costruzione delle
fattispecie penali;
Il piano temporale dell’entrata in vigore della
legge prima del fatto commesso.
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Corollari
del principio di legalità:
1.La Riserva di legge
art. 25 Cost. e 1 c.p., 199 c.p..
Tale principio esprime il divieto categorico di
punire un determinato fatto in assenza di una
legge preesistente che lo configuri quale reato:
Il monopolio in materia penale spetta al potere
legislativo poiché :
• è l’unico in grado di salvaguardare la libertà personale
dei singoli, di tutelare i diritti delle minoranze e delle
forze politiche d’opposizione;
• Evita forme di arbitrio del potere esecutivo e
giudiziario.
8
Cosa deve intendersi per legge?
• Legge regionale
Soluzione negativa:
l’art. 117, co.2, lett. l) Cost. afferma che lo Stato
ha legislazione esclusiva in materia di
ordinamento penale.
Ne consegue che la legge regionale non può:
1. emanare una norma penale incriminatrice;
2. non può abrogare una norma penale statale;
3. non può dichiarare l’estinzione di un reato
previsto da una norma statale;
4. non può depenalizzare il reato previsto dalla
legge statale.
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Normativa comunitaria
• Non può considerarsi fonte del diritto penale poiché tale
potestà non è prevista dai Trattati istitutivi dell’Unione
Europea.
• L’art. 229 TCE sancisce che i regolamenti possono prevedere
sanzioni applicabili dalla Corte di Giustizia ma si tratta di
sanzioni amministrative non penali.
• Se tale potestà venisse attribuita agli organi comunitari anche
mediante ratifica con legge e relativo ordine di esecuzione,
onde sul piano formale non vi sarebbe la violazione dell’art. 25
Cost., sarebbe comunque incompatibile con l’ordinamento
costituzionale dato che la norma penale non verrebbe emanata
da un consesso rappresentativo eletto dai cittadini atteso il
deficit di democraticità del Consiglio e della Commissione,
organo politico il primo e burocratico il secondo, nominato dai
Governi degli Stati membri.
10
•Non si pone un problema di violazione delle
norma comunitarie, in quanto, gli interessi
tutelati dell’ordinamento europeo possono
garantirsi con autonoma legge penale dello
Stato, in piena ottemperanza degli obblighi
comunitari, nell’ambito di un processo di
armonizzazione ed assimilazione.
Es. art. 316 bis e 640 bis.
11
Possibile conflittualità tra i due ordinamenti.
Posto che la norma comunitaria non può avere natura
incriminatrice, potrebbe creare delle zone di liceità
nella stessa materia disciplinata dalle norme penali.
Atteso il principio di primauté del diritto comunitario la norma
nazionale con esso confliggente sarà oggetto di disapplicazione ad
opera del singolo giudice:
se la norma comunitaria è preesistente: assoluzione perché il fatto
non è previsto dalla legge come reato (art.1 c.p.)
se è successiva: assoluzione perché il fatto non è più previsto dalla
legge come reato;
se vi è stata condanna ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali
(art.2, comma 2, c.p.).
12
Per Legge deve intendersi anche quella in senso
sostanziale?
Legge in senso formale è quella approvata dal
Parlamento e promulgata dal Presidente della
Repubblica ai sensi degli artt. 70 e ss. Cost.
Legge in senso sostanziale comprende gli atti
normativi provenienti dall’esecutivo e che,
tuttavia, si pongono sullo stesso piano nella
gerarchia delle fonti:
Decreti legislativi
Decreti legge
art. 76 Cost.
art. 77 Cost.
13
DECRETI LEGISLATIVI
compatibilità con l’art. 25, comma 2, Cost.
L’esigenza garantistica sottesa al principio della
riserva di legge non può dirsi frustrata in virtù:
• dell’obbligo di ottemperare i principi contenuti
nella legge delega;
• per la limitata durata di questa;
• per il fatto che il Parlamento non viene in questo
modo a spogliarsi della sua potestà normativa,
potendo non solo derogare esplicitamente la
delega, ma anche legiferare direttamente in
merito.
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Decreti legge
Anche in tal caso l’esigenza garantistica non viene meno
in quanto il decreto deve essere convertito in legge nel
termine di 60 giorni altrimenti decade ex tunc.
Il D.L. rappresenta un utile strumento di salvaguardia di
fronte al dilagare della criminalità.
Il controllo della Corte Costituzionale garantisce
l’effettiva sussistenza dei presupposti dell’urgenza e non
ammette la reiterazione dei decreti legge non convertiti
alla scadenza del termine di conversione.
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Art. 78 Cost.
“Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono
al Governo i poteri necessari”
Si ritiene che tra i poteri necessari possa
ricondursi anche quello di emanare norme
penali, con esclusione dei bandi militari come
fonte di diritto penale.
Incompatibilità costituzionale degli artt. 214219 t.u.l.p.s r.d. del 1931 n. 773 che consentono
al Ministro dell’Interno ed al Prefetto di
dichiarare lo stato di guerra in ipotesi di
disordini, emanando ordinanze anche in deroga
alle leggi vigenti, la cui inosservanza viene
penalmente sanzionata.
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Natura della riserva di legge
• ASSOLUTA
non ammette alcuna ingerenza del
potere esecutivo nell’individuazione del precetto
penale
• RELATIVA
anche le fonti secondarie possono
intervenire sul precetto penale
• TENDENZIALMENTE ASSOLUTA (tesi
prevalente)
Principio della sufficiente determinatezza del
precetto penale.
la norma secondaria può contribuire a delineare il
precetto penale solo se la legge dello Stato indichi con
sufficiente specificazione i presupposti, i caratteri, i
limiti dei provvedimenti dell’Autorità in trasgressione
dei quali deve seguire la pena.
(Corte Costituzionale 26/2006)
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2. Il divieto di analogia delle norme penali
• La ratio di garanzia sottesa al principio di
legalità implica che i consociati debbano
conoscere a priori le fattispecie penalmente
rilevanti come individuate dal legislatore,
conseguentemente, non è ammessa
l’applicazione analogica da parte del giudice.
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L’analogia è un principio fondamentale per gli altri rami
dell’ordinamento giuridico, come stabilito dall’art.12 disp.
prel. c.c., essa è invece vietata nel diritto penale.
Si consideri:
• art. 25, co. 2, Cost.:
• art. 1 c.p. secondo il quale “nessuno può essere punito
per un fatto che non sia espressamente previsto come reato
dalla legge, né con pene che non siano da essa stabilite”,
ove l’avverbio “espressamente” rinforza tale divieto;
• art. 199 c.p. con riferimento alle misure di sicurezza;
• art. 14 disp. prel. c.c. secondo cui “le leggi penali e
quelle che fanno eccezioni a regole generali o ad altre
leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse
considerati”.
19
Secondo parte della dottrina il divieto investe tutto
il diritto penale e non ammette alcuna distinzione.
Per altra impostazione dominante deve distinguersi
tra analogia in malam partem che si risolve contra
reum, e quella in bonam partem, favorevole per il
soggetto. Nella prima ipotesi avrebbe un effetto
estensivo della punibilità e sarebbe dunque vietata.
Nella seconda ipotesi determinerebbe la non
punibilità, ad esempio, attraverso l’allargamento,
oltre alle fattispecie codificate, delle cause di
giustificazione e sarebbe consentita (Mantovani,
Diritto penale, Cedam, 2102, p. 73).
20
3.1 Il principio di tassatività
Affinché sia garantita ai consociati la possibilità
effettiva di conoscere i precetti penali e
conseguentemente di orientare le proprie
scelte, il legislatore è obbligato a delineare le
fattispecie criminose in modo chiaro,
riconoscibile e sufficientemente determinato.
Il principio di tassatività, pertanto, attiene alla
tecnica di costruzione delle fattispecie penali
ed opera all’interno delle stesse.
21
In tale operazione, il legislatore, ha a disposizione solo
parole o se si preferisce semi di linguaggio, il cui
logico accostamento formula la proposizione
normativa. Tali elementi semantici possono essere:
rigidi se presentino un indiscusso significato e
un’univoca comprensione (es. i numeri art.416 c.p.)
vaghi qualora non presentino un significato
comprensibile.
elastici quelli che pur essendo intuitivamente
comprensibili nel loro significato, presentano zone
d’ombra, di confine (es. il tempo di notte, centro
abitato) oppure quelli normativi sociali o culturali, che
possono non presentare un comune significato per in
consociati o mutare nel tempo e con i costumi (es.
22
comune sentimento del pudore).
3.2 Il principio di sufficiente
determinatezza
Impone al legislatore di costruire fattispecie i cui
elementi costitutivi trovino effettivo riscontro nella realtà.
Al riguardo, con la sentenza n. 96 del 1981 la Corte Cost.
ha dichiarato l’incostituzionalità del delitto di plagio di
cui all’art. 603 c.p. “chiunque sottopone una persona al
proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di
soggezione”, in quanto la fattispecie seppur formulata in
modo dettagliato non trovava un riscontro nella realtà,
tale da poter essere processualmente provata.
23
4. Il principio di irretroattività
La ratio di garanzia sottesa al principio di legalità esige
che l’agente debba previamente conoscere i fatti
costituenti reato in modo da poter improntare il proprio
comportamento.
Pertanto, la punibilità del reo è condizionata ad una legge
che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.
Il termine “punito” previsto dalla disposizione
costituzionale viene inteso nel senso non solamente di
una nuova punizione rispetto ad un fatto in precedenza
lecito, ma anche di un peggioramento della sua situazione
giuridica rispetto alla precedente norma incriminatrice.
24
Art. 13 Cost.
1. La libertà personale è inviolabile.
2. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o
perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della
libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità
giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.
3. In casi eccezionali di necessità e urgenza, indicati
tassativamente dalla legge, l’autorità di pubblica sicurezza
può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere
comunicati entro ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li
convalida nelle successive quarantotto ore , si intendono
revocati e restano privi di ogni effetto.
4. E’ punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque
sottoposte a restrizioni di libertà.
5. La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione
preventiva.
25
La libertà personale, diritto inviolabile, rientra tra i
valori supremi come indefettibile nucleo essenziale
dell’individuo, non diversamente dal contiguo e
strettamente connesso diritto alla vita e all’integrità
fisica, con il quale concorre a costituire la matrice prima
di ogni altro diritto costituzionalmente protetto. (cfr. C.
Cost.238/1996).
L’art. 13 è norma immediatamente precettiva (C. Cost.
n.2/1956) configura in capo al singolo un diritto
soggettivo perfetto e valevole erga omnes, tanto nei
confronti dei pubblici poteri che dei privati e non può
essere limitato se non alle condizioni stabilite dalla
stessa Costituzione (cfr. C. Cost. 122/1970).
26
Le garanzie: La riserva di legge
L’art. 13 Cost. prevede, innanzitutto, una riserva di
legge assoluta che ammette solo l’intervento dei soli
regolamenti di stretta esecuzione ed impegna il
legislatore a rispettare il principio di tassatività in
ordine all’individuazione dei casi e modi di restrizione
della libertà personale (C. Cost. 188/1996; 512/2002).
In definitiva, deve escludersi un’interposizione di
discrezionalità amministrativa tra norma di legge ed
atto applicativo. In dottrina, si dubita della legittimità
costituzionale degli artt. 131 e 378 c.p.p. che
attribuiscono a giudice e P.M. “poteri coercitivi” non
tipizzati, in violazione della tassatività imposta dalla
riserva di legge ex art. 13 Cost..
27
La riserva di giurisdizione e l’atto motivato
L’art. 13 Cost. prevede una riserva assoluta di
giurisdizione.
La legge può prevedere che il P.M. organo non
giurisdizionale ma pur sempre Autorità Giudiziaria non
solo proponga l’adozione ma anche disponga
direttamente misure restrittive della libertà personale,
purché con carattere di provvisorietà e nell’ambito di un
procedimento che entro breve termini conduca
necessariamente all’adozione del provvedimento
definitivo da parte di un giudice con il rispetto delle
garanzie di difesa (C. Cost. 419/1994)
28
Le misure cautelari personali coercitive
La disciplina del c.p.p. del 1988 si ispira ai principi
di gradualità, adeguatezza e proporzionalità delle
misure cautelari, attribuendo la competenza al
giudice a pronunciarsi sull’applicazione, modifica e
sulla revoca di ogni provvedimento di tale natura.
Le misure cautelari personali possono essere
applicate esclusivamente nell’ambito di figure
tassativamente definite in ossequio al principio di
legalità ex art. 13, co. 2, Cost..
29
Art. 24 Cost
1. Tutti possono agire in giudizio per la tutela
dei propri diritti e interessi legittimi.
2. La difesa è diritto inviolabile in ogni grado e
stato del procedimento.
3. Sono assicurati ai non abbienti, con appositi
istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti
ad ogni giurisdizione.
4. La legge determina le condizioni e i modi per
la riparazione degli errori giudiziari.
30
Il diritto alla tutela giurisdizionale
Va annoverato “tra i principi supremi del
nostro ordinamento costituzionale, in cui è
intimamente connesso con lo stesso principio
di democrazia l’assicurare a tutti e sempre per
qualsiasi controversia un giudice ed un
giudizio”. (cfr. C.Cost. 18/1982).
Inoltre, rientra tra “i diritti inviolabili
dell’uomo, che la Costituzione garantisce
all’art. 2 Cost.”
(cfr. C. Cost. 98/1965).
31
“Secondo il principio di assolutezza, inviolabilità e
universalità del diritto alla tutela giurisdizionale
(art. 24 e 113 Cost.), non vi è posizione giuridica
tutelata di diritto sostanziale senza che vi sia un
giudice davanti al quale essa possa farsi valere”.
(C. Cost.212/1997; 26/1999)
32
La prima norma desumibile dalla disposizione
dell’art. 24 Cost., riconosce a chiunque voglia
far valere un proprio diritto o interesse
sostanziale la possibilità concreta, attuale ed
effettiva di accedere al giudice, ossia di
proporre la domanda iniziale nei confronti
del convenuto, dinanzi ad un organo
giurisdizionale ritenuto competente
33
Il diritto di difesa e i suoi corollari
•L’effettività della difesa tecnica;
•L’irrinunciabilità della difesa tecnica;
•La garanzia del contraddittorio;
•Il diritto alla prova o il diritto di difendersi
provando;
•L’autodifesa;
•Il diritto a non autoincriminarsi (diritto al
silenzio);
•Il diritto di difendersi negoziando;
•Il diritto di difendersi impugnando.
34
L’assistenza giudiziaria ai non abbienti
La norma del comma 3 dell’articolo 24 Cost.
va letta come un’estrinsecazione dell’art. 3,
comma 2, Cost. Essa infatti si preoccupa di
garantire l’uguaglianza sostanziale sul piano
della protezione giudiziaria dei diritti
35
La riparazione degli errori giudiziari
L’art 24, comma 4, Cost. riconosce un vero e
proprio diritto alla riparazione pecuniaria per
le conseguenze pregiudizievoli per l’ingiusta
condanna contenuta in una sentenza penale
irrevocabile. Secondo la stessa corte esso
enuncia: “un principio di altissimo valore etico
e sociale che rappresenta uno svolgimento
coerente del più generale principio di tutela
dei diritti inviolabili dell’uomo” (Corte Cost.
1/1969).
36
Tale norma “in attuazione del
principio di solidarietà stabilisce che il
rischio di errore connesso all’esercizio
di tale funzione deve per quanto
possibile essere accollato non al
singolo colpito dal provvedimento
viziato, ma all’intera collettività”.
(Scaparone, il IV comma dell’art 24 in
Comm. Branca, 127)
37
Art 27 Cost.
1.
2.
3.
4.
La responsabilità penale è personale.
L’imputato non è considerato colpevole sino
alla condanna definitiva.
Le pene non possono consistere in trattamenti
contrari al senso di umanità e devono tendere
alla rieducazione del condannato.
Non è ammessa la pena di morte.
38
Divieto di responsabilità per fatto altrui
• “Responsabilità” è un termine di relazione tra
un fatto penalmente rilevante che viene
imputato ad un soggetto e le sue conseguenze
sanzionatorie.
• Per responsabilità personale deve innanzitutto
intendersi responsabilità per fatto proprio e
conseguente divieto di responsabilità collettiva
e di quella per fatto altrui.
39
La responsabilità personale per fatto proprio
colpevole: il divieto di responsabilità
oggettiva.
• Un fatto di reato di cui taluno possa
ritenersi responsabile, non basta sia stato
commesso dall’agente sulla base del mero
nesso di causalità materiale intercorrente
tra la sua condotta e l’evento (art. 40 c. p.)
ma deve anche essere avvinto dal nesso
psicologico (art. 43 c. p.).
40
• Conseguentemente, tale principio così
interpretato, porterebbe all’incostituzionalità di
tutte le ipotesi di responsabilità oggettiva
presenti nel codice Rocco, a partire dalla
norma di parte generale che la prevede: l’art.
42, co. 3, c.p. allorché afferma che la legge
determina i casi in cui l’evento è posto
altrimenti (ossia prescindendo dal dolo e dalla
colpa, di cui al precedente) a carico dell’
agente, come conseguenza della sua azione ed
omissione.
41
Sentenza C. Cost. 364/1988
• La Consulta ha dichiarato l’incostituzionalità
dell’art. 5 c.p. in forza del quale “Nessuno può
invocare a propria scusa l’ignoranza della
legge penale”, “nella parte in cui non esclude
dall’ inescusabilità dell’ignoranza della legge
penale l’ignoranza inevitabile”.
42
• In relazione alla norma di legge sottoposta allo scrutinio di
costituzionalità, la Corte rileva che il comma 1 dell’art. 27
Cost. interpretato in relazione al comma 3 dello stesso articolo
ed agli artt. 2, 3, co. 1 e 2, 73, co. 3 e 25 co. 2 Cost. non
soltanto richiede la colpevolezza dell’agente rispetto agli
elementi più significativi della fattispecie tipica (e, cioè, una
relazione psichica tra il soggetto e il fatto), ma anche
l’effettività possibilità di conoscere la legge penale: possibilità
che rappresenta ulteriore necessario presupposto della
rimproverabilità dell’agente e, dunque, della responsabilità
penale. Ne consegue che l’art. 5 c.p. disconoscendo ogni
collegamento tra l’obbligo penalmente sanzionato e la sua
riconoscibilità ed equiparando all’ignoranza non colpevole, e ,
pertanto, inevitabile, viola lo spirito dell’intera Costituzione ed
i suoi essenziali principi ispiratori, che pongono la persona
umana al vertice della scala dei valori.
43
Sentenza C. Cost. 1085/1988
• La Corte dichiara costituzionalmente
illegittimo l’art. 626 c.p., co.1, n. 1 c.p. nella
parte in cui non estende la disciplina del furto
d’uso ivi prevista alla mancata restituzione,
ove dovuta a caso fortuito o forza maggiore
della cosa sottratta.
44
La presunzione di non colpevolezza
Quaestio iuris
valore da attribuire alla
formulazione negativa del principio.
1. tesi. Secondo alcuni autori si sarebbe inteso attribuire
rilevanza alla formulazione negativa dell’art. 27, co.
2, Cost. poiché nell’espressione adottata dal
costituente si riflette una sorta di compromesso che
sarebbe arbitrario ignorare in quanto la formulazione
negativa avrebbe il pregio di evitare la contraddizione
logica sussistente tra la carcerazione preventiva e la
presunzione di innocenza.
45
Secondo tale opzione, insomma, l’art. 27, co.
2, ponendo l’accento sulla qualificazione di
non colpevolezza, garantirebbe un qualche
spazio alla previsione di istituti limitativi della
libertà personale dell’imputato primo tra tutti
quello contemplato dall’art. 13, co. 5 Cost.,
vale a dire la carcerazione preventiva.
46
• Tale tesi è stata ampiamente criticata da altra dottrina
in quanto la contraddizione logica che si vorrebbe
sussistente tra presunzione d’innocenza e custodia
preventiva non diviene meno evidente solo perché si
parla di non colpevolezza, ma il problema reale di
coordinamento tra gli artt. 13 e 27 non può dirsi
risolto mediante un escamotage che ha tutto l’aspetto
di un mero espediente verbale.
• Le locuzioni non colpevole e innocente risultano
infatti perfettamente equivalenti sul piano logico.
• La dottrina più recente tende a ritenere che la
disposizione in esame ponga una vera e propria
presunzione di innocenza.
47
• Tale regola rappresenta non solo e non tanto
uno dei mezzi escogitati per rafforzare la
posizione del privato di fronte alla
giurisdizione, quanto una vera e propria
clausola di salvaguardia della giurisdizione.
48
La presunzione di innocenza come regola
di trattamento
• Nel nostro ordinamento, la presunzione di
non colpevolezza viene concepita
anzitutto come divieto di anticipare, nei
confronti dell’imputato, un trattamento
sanzionatorio.
49
Corollari
• 1. Sul piano processuale, dal principio deriva l’effetto
sospensivo delle impugnazioni penali ordinarie contro
le sentenze di condanna;
• 2. Divieto di attribuire alle misure cautelari, adottate
nel corso del processo, finalità proprie della sanzione
penale: sebbene la presunzione di innocenza non
impedisca alla radice l’adozione di misure restrittive
della libertà personale. (C. Cost. 15/1982);
• 3. La detenzione preventiva, non può avere la
funzione di anticipare la pena da infliggersi solo dopo
l’accertamento della colpevolezza (C. Cost. 64/1970)
50
• Dubbi di compatibilità costituzionale con il
principio in esame sono stati avanzati con
riferimento all’applicazione provvisoria delle
misure di sicurezza che pare difficilmente
giustificabile, soprattutto a fronte della
variegata gamma di misure cautelari previste
dal nuovo codice. In tal senso in diverse
sentenze la Corte ha sostenuto che “si può
convenire che la intera disciplina potrebbe
meritare una attenta revisione”(C. Cost.
324/1998; 228/1999; 367/2004)
51
• La presunzione di innocenza opera come
criterio fondamentale di orientamento culturale
e come limite giuridico in relazione alla
cronaca giudiziaria: essa vieta “qualsiasi forma
di sentenza giornalistica di colpevolezza” e la
stessa “divulgazione a mezzo della stampa di
notizie frammentarie, ancora incerte perché
non controllate, e per lo più lesive dell’onore”
(Corte Cost. 18/1966; 457/1987
52
• Nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo, si è
valorizzato anche il divieto per il giudice e per altre
pubbliche autorità di compiere affermazioni dalle
quali emerga una valutazione di colpevolezza senza
che vi sia stato un preventivo accertamento della
stessa (C. Edu 2006, Pandy c. Belgio; C. Edu 2005,
Capeau c. Belgio; C. Edu Lavents c. Lettonia; C.Edu
1983 Minelli c. Svizzera).
• La Corte europea ha, inoltre, esplicitato il divieto di
alimentare dubbi sull’innocenza dopo l’assoluzione
definitiva dell’imputato. (C. Edu 2007, Vassilios
Stavropoulos c. Grecia; C. Edu 1993 Sekanina c.
Austria).
53
La presunzione di innocenza come regola di giudizio
• Da tale regola si desume che l’onere della prova grava
sull’accusatore e che il dubbio giova quindi all’imputato.
• In attuazione di tale principio è stata codificata la regola dell’
in dubio pro reo di cui agli artt. 529, c. 2; 530, c.2 e 3, 531 c. 2
c.p.p..
• Tale regola è stata ulteriormente specificata dal legislatore con
l’introduzione nell’art. 533, co. 1 c.p.p. , come novellato
dall’art. 5, l. 20 febbraio 2006 n. 46, della formula
anglosassone dell’oltre ogni ragionevole dubbio. (cfr.
Iacoviello, C. pen. 2006, 3876, secondo il quale il criterio in
parola si salda con il canone di innocenza, nel senso che
prescrive di valutare le prove come se l’imputato fosse
innocente e cioè dubitando di esse e cercando di falsificarle)
54
Onus probandi e cause di giustificazione
530, c. 3, c.p.p. in caso di dubbio circa la sussistenza di una causa
di giustificazione il codice impone l’assoluzione dell’imputato;
Alcuna regola è prevista nell’ipotesi in cui non si raggiunga la
prova sulla sussistenza di una causa di giustificazione.
Posizioni contrastanti:
• 1. tesi. La pubblica accusa dovrebbe fornire la prova
positiva della sussistenza degli elementi costitutivi e
la prova dell’insussistenza delle cause di
giustificazione e di non punibilità (Illuminati, la
presunzione, p. 134).
• 2. tesi. In senso contrario Cordero Procedura penale,
2006, p.1002.
55
• Dal principio in oggetto la consulta ha
ricavato anche il diritto dell’imputato ad
ottenere il proscioglimento nel merito.
(cfr. Corte Cost. 151/1967; 175/1961;
69/1972; 5/1975; 224/1983; 200/1986).
56
Le pene non possono consistere in trattamenti contrari
al senso di umanità.
• La disposizione è da intendere come volta ad escludere non
solo l’utilizzo di pene corporali ma anche di quelle pene che
pur orientate nel senso della rieducazione del reo consistono in
tecniche di manipolazione della personalità del condannato
ovvero “produttivi di una sofferenza di carattere non fisico ma
psicologico - morale consistente nell’umiliazione patita dal
soggetto toccato nel valore della sua più profonda dignità
umana.
• Per tale via sono banditi tutti quei trattamentio suscettivi di
essere strumentalizzati in termini di prevenzione speciale
negativa come la lobotomia, la castrazione, la
somministrazione forzata di farmaci, la neurochirurgia,
l’elettronarcosi, ovvero le tecniche di condizionamento
psicologico).
57
La polifunzionalità della pena:
• Funzione rieducativa del condannato;
• Funzione afflittivo - retributiva e preventiva
generale della pena nella fase della previsione
legislativa e nella commisurazione giudiziale;
• Prevenzione speciale e satisfattoria o di
reintegrazione dell’ordine giuridico violato
come linea di tendenza nella fase esecutiva.
58
La Funzione rieducativa
• Il secondo principio della norma in questione impone
categoricamente le pene devono tendere alla
rieducazione del condannato.
• Tale assunto impedisce che la pena possa avere una
durata indeterminata e protratta nel tempo finché la
rieducazione non venga raggiunta, in netta violazione
alla ratio di garanzia che regge le disposizioni
costituzionali attinenti al giudizio penale e dall’altro
impedisce un’imposizione coattiva dell’attività di
rieducazione che, proprio nell’ottica della umanità
delle pene, deve essere si proposta ma non
forzatamente attuata.
59
• Inoltre, proprio perché la pena deve tendere
alla rieducazione del condannato si pongono in
antitesi con tale principio quelle situazioni in
cui il soggetto non potendo avvertire il senso
del reato commesso o della pena inflitta, non
comprende la necessità dell’opera di
rieducazione da tale riflessione così
evincendosi lo stretto legame con il principio
di personalità della responsabilità penale.
60
Problema della compatibilità della pena
dell’ergastolo con la funzione rieducativa della
pena
Una pena che istituzionalmente termina solo con la vita del reo come può
tendere alla rieducazione del condannato?
La Corte Cost. con la sentenza 264/1974 ha respinto la relativa questione di
costituzionalità poiché ha specificato che la pena dell’ergastolo non
contrasta con il principio di cui all’art. 27, c. 3, Cost., posto che
dissuasione, prevenzione, difesa sociale sono a fondamento delle pene,
non meno della sperata emenda. Pertanto, non avendo la Costituzione
prescritto la pena dell’ergastolo come avrebbe potuto fare essa è rimessa
alla discrezionalità politica del legislatore ordinario che potrà ricorrervi
qualora appaia indispensabile strumento di intimidazione per individui
insensibili a comminatorie meno gravi, o mezzo per isolare criminali che
abbiano dimostrato particolare pericolosità ed efferatezza. In ogni caso
conclude la Corte, la prevista estensione della liberazione condizionale
agli ergastolani (art. 176 c.p., come modificato dall’art.2 l.1634/1962),
consente l’effettivo reinserimento del condannato all’ergastolo nel
consorzio civile, quando abbia tenuto un comportamento tale da far
ritenere sicuro il suo ravvedimento all’autorità giurisdizionale competente
a concederla.
61
Art. 117 Costituzione
CEDU, ALTRE FONTI SOVRANAZIONALI PATTIZIE
(Art. 117 Cost.).
Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti
dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali (CEDU).
Come è noto, la CEDU ed il relativo Protocollo addizionale
sono stati ratificati ed eseguiti nel nostro ordinamento dalla Legge
4 agosto 1955 n. 848.
Con riferimento al rango delle norme CEDU introdotte ad
opera della legge sopra citata, la Corte Costituzionale, già nel 1993
aveva precisato che: “Le norme internazionali appena ricordate
sono state introdotte nell'ordinamento italiano con la forza di legge
propria degli atti contenenti i relativi ordini di esecuzione (v. sentt.
nn. 188 del 1980, 153 del 1987 e 323 del 1989)
e sono tuttora vigenti, non potendo, certo, esser considerate
abrogate dalle successive disposizioni del codice di procedura
penale, non tanto perché queste ultime sono vincolate alla direttiva
contenuta nell'art. 2 della legge delega del 16 febbraio 1987, n. 81
("il codice di procedura penale deve [...] adeguarsi alle norme delle
convenzioni internazionali ratificate dall'Italia e relative ai diritti
della persona e al processo penale"), quanto, piuttosto, perché si
tratta di norme derivanti da una fonte riconducibile a una
competenza atipica e, come tali, insuscettibili di abrogazione o di
modificazione da parte di disposizioni di legge ordinaria (cfr. Corte
Costituzionale, sentenza n. 10 del 19 gennaio 1993).
Successivamente, in modo ancora più chiaro, la Corte
Costituzionale, a partire dalle sentenze n. 347 e 348 del 2007 e
nella recente sentenza n. 113 del 2011, ha statuito che “la
Giurisprudenza di questa Corte è costante nel ritenere che le norme
CEDU, nel significato loro attribuito dalla Corte Europea dei diritti
dell’uomo, integrino quali norme interposte il parametro
costituzionale espresso dall’art. 117, primo comma, Cost., nella
parte in cui impone la conformazione della legislazione interna ai
vincoli derivanti dagli <<obblighi internazionali>> ( sentenze n. 1
del 2011; n. 196, n. 187 e n. 138 del 2010; n. 317 e n. 311 del 2009;
n. 39 del 2008; n. 80 del 2011). Prospettiva nella quale ove si profili
un eventuale contrasto fra una norma interna e una norma della
Cedu, il giudice comune deve verificare innanzitutto la praticabilità
di un’interpretazione della prima in senso conforme alla
Convenzione avvalendosi di ogni strumento ermeneutico a sua
disposizione;
e ove tale verifica dia esito negativo - non potendo a ciò
rimediare tramite la semplice non applicazione della norma
interna contrastante - egli deve denunciare la rilevata
incompatibilità, proponendo questione di legittimità
costituzionale in riferimento all’indicato parametro” (cfr., da
ultimo, Corte Costituzionale n. 113/2011, che ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale dell’art. 630 c.p.p. nella parte in cui
non prevede la revisione del processo nel caso in cui vi sia stata
una violazione delle norme CEDU, al fine di rimuovere il
giudicato ed adeguare la decisione alla CEDU).
La giurisprudenza di legittimità afferma ormai pacificamente
la possibilità di proporre ricorso per Cassazione per violazione
di legge ai sensi dell’art. 606, lett. b) e c) c.p.p. con riferimento
alle violazioni del principio del “processo equo” previsto dalla
CEDU (Cass. Sezione II Pen., sentenza n. 32840 del 9.5.2012).
.
Come sostenuto dalla Corte Costituzionale nelle sentenze sopra citate,
infatti, in capo al Giudice nazionale grava il compito di fornire
un’interpretazione convenzionalmente orientata delle norme di legge
nazionali rilevanti nel caso a lui sottoposto.
Ne consegue che anche nell’applicazione e interpretazione della legge
penale il Giudice non può non tener conto dei principi dettati dalla
CEDU come interpretati dalla Corte Europea in materia di giusto
processo di cui all’art. 6 della Convenzione.
Solo nel caso in cui il Giudice non ritenesse possibile offrire
un’interpretazione della norma interna conforme ai principi
convenzionali dovrebbe sollevare dinnanzi al Giudice delle leggi la
questione di legittimità costituzionale della norma per violazione
dell’art. 117 Cost. e del parametro interposto di costituzionalità
rappresentato dalle norme convenzionali.
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principi costituzionali rilevanti in ambito penale