L’estetica del gusto nel Settecento inglese Cosa veniva messo in discussione • • • • • • Cos’è il gusto? Il gusto è innato o si acquisisce con l’esperienza? Esiste un canone (standard) del gusto? Perché alcuni oggetti ci piacciono e altri no? In base a che cosa sosteniamo che un oggetto è bello? La bellezza è un principio oggettivo legato alla disposizione delle linee e dei colori o è una reazione soggettiva alla vista delle cose? • Il gusto è un modo universale di reagire alla vista degli oggetti o è qualcosa di personale, legato al fatto che a un individuo una cosa piaccia o non piaccia? • Il gusto cambia con le mode o è fondato su principi eterni e immutabili? SGUARDO NATURA Opinioni sul gusto espresse nel Settecento inglese Nel corso del Settecento si assiste al passaggio dall’idea che la bellezza sia una qualità dell’oggetto all’idea che la bellezza sia un prodotto del gusto. E’ il gusto a garantire la qualità di un’opera d’arte, non più l’opera d’arte stessa a confermare il giudizio estetico. Herbert of Cherbury, De veritate, XVII secolo Il senso del bello non deriva da un giudizio razionale: è un istinto naturale e universale, una sorta di common sense che tutti possiedono, la capacità di percepire l’armonia, la simmetria, la proporzione. Il principio del gusto è innato. Non si può spiegare: è una sorta di “je ne sais quoi” che solo a uno stadio successivo l’uomo colto può spiegare razionalmente, articolare in un giudizio estetico. Locke, Essay Concerning Human Understanding, 1690 Non esistono idee innate, quindi non può esistere un innato senso del bello; il gusto è un’opinione individuale che deriva dalla percezione fisica dell’oggetto. Shaftesbury, Characteristics, 1711 Shaftesbury rivoluziona l’idea cartesiana di mondo come disordine e dell’uomo come meccanismo, introducendo una concezione organicista dell’uomo, del mondo e dell’opera d’arte. La bellezza si identifica con l’armonia e la simmetria universali. Il piacere che deriva dalla percezione dell’opera d’arte è dovuto alla consonanza tra l’armonia della mente umana, l’armonia interna dell’opera d’arte e l’armonia del cosmo. La sua concezione è deista e neoplatonica. Il bello è moralmente buono. L’artista si identifica con Dio o Prometeo. Addison, “Pleasure of the Imagination”, Spectator, 1712 Il giudizio estetico è il risultato di una risposta soggettiva di fronte all’opera d’arte. La bellezza non è una qualità dell’oggetto; essa deriva dal gusto, che è una facoltà individuale. Quindi, non può esistere un canone del bello. L’idea neoclassica, basata sull’imitazione dei modelli classici, viene messa radicalmente in discussione: è l’arte che deve adeguarsi al gusto, e non viceversa. Addison è inoltre uno dei primi filosofi a introdurre l’idea del sublime. (che egli definisce come “Great”, “Strange”, “Uncommon”, “Novel”). [Alcuni oggetti] “are apt to raise a secret ferment in the Mind” “Thus in Painting, it is pleasant to look on the picture of any Face, where the Resemblance is hit, but the Pleasure increases if it be the Picture of a Face that is beautiful and is still greater if the Beauty be softened with an Air of Melancholy and Sorrow.” Francis Hutcheson, Inquiry Concerning Beauty, Order, Harmony, and Design, 1725 Oltre ai cinque sensi “esteriori”, gli uomini possiedono dei sensi “interiori”: il senso dell’onore, il senso comune, il senso del ridicolo e, soprattutto, il senso morale. Tra tutti i sensi, interni ed esterni, per Hutcheson il primato spetta al senso morale. Alla base della sua teoria vi è il concetto platonico di virtù e di bello in congiunzione con il buono in senso morale. Ciò che è piacevole soltanto per i sensi “esteriori” viene svalutato come qualcosa di imperfetto, legato al momentaneo e all'inconsistente. Il senso del bello viene così definito: "moral sense of beauty in actions and affections, by which we perceive virtue or vice, in ourselves or others“. Francis Hutcheson , An Inquiry into the Original of Our Ideas of Beauty and Virtue 1725 “The figures which excite in us the ideas of beauty seem to be those in which there is uniformity amidst variety. There are many conceptions of objects which are agreeable upon other accounts, such as grandeur, novely, sanctity… But what we call beautiful in objects, to speak in the mathematical style, seems to be in compound ratio of uniformity and variety: so that where the uniformity of bodies is equal, the beauty is as the variety; and where the variety is equal, the beauty is as the uniformity. This may seem probable, and hold pretty generally.” Competition for an essay on taste indicted by the Edinburgh Society in 1755 • David Hume, Of the Standard on Taste, 1757 • Edmund Burke, On Taste, 1759 (preface to the second edition of his Enquiry Concerning the Origin of our Ideas of the Sublime and Beautiful) • Alexander Gerard, An Essay on Taste, 1759 • Home, Elements of Criticism, 1762 David Hume • "Beauty in things exists merely in the mind which contemplates them.“ • “If, in the sound state of the organ, there be an entire or considerable uniformity of sentiment among men, we may thence derive an idea of the perfect beauty” (Essays, Moral and Political, 1742) Edmund Burke, 1759 “Whatever is fitted in any sort to excite the ideas of pain and danger, that is to say, whatever is in any sort terrible, or is conversant about terrible objects, or operates in a manner analogous to terror, is a source of the sublime; that is, it is productive of the strongest emotion which the mind is capable of feeling.” (“The Sublime”, in A Philosophical Enquiry Concerning the Origin of our Ideas of the Sublime and Beautiful, 1757) Alexander Gerard, An Essay on Taste, 1759 • • • • • • EXTERNAL SENSES Smell Taste Hearing Sight Touch • INNER SENSES • The sense of the sublime • The sense of beauty • The sense of harmony • The sense of virtue Sensibility (secondo Gerard) • I sensi si intensificano a vicenda; • Il gusto è il risultato dell’unione di tutti i sensi; • Il termine “sensibility” unisce sensi “esterni” e “interni”; • La “sensibility” è il fondamento naturale del gusto; • La “sensibility” distingue l’uomo dagli animali. Solo l’uomo è in grado di discernere l’armonia, l’ordine, la coerenza; • Le arti sono sorelle perché derivano tutte dalla natura. L’estetica di Hogarth “The main drift of this piece is to shew what forms or rather what appearances of those forms the Eye best likes as a book of cookery points out what is most relishable to the Pallate.” (Text Footnote to The Analysis of Beauty) “It is no wonder this subject should have so long been thought inexplicable, since the nature of it cannot possibly come within the reach of mere men of letters.” (Preface to The Analysis of Beauty, 1953) L’estetica di Hogarth si fonda sulle seguenti idee: • Occorre rendere la bellezza o il principio che la sottende intelligibile. Molti critici d’arte l’hanno definita come un certo non so ché (“Je ne sais quoi”). Questo non basta: occorre trovare il motivo per cui riteniamo alcuni oggetti più belli di altri. • Solo l’artista, in particolare il pittore, può capire le questioni che riguardano la bellezza nell’arte. • Etica ed estetica sono due cose distinte. • Gli artisti degli ultimi due secoli si accontentavano delle imitazioni. Occorre, invece, osservare direttamente la natura. • La varietà delle linee svolge un ruolo essenziale nella percezione dell’oggetto come “bello”. L’idea si ritrova negli Antichi (pensiamo alla piramide) e nel Manierismo (da Lomazzo a Michelangelo si trova l’uso e l’esaltazione della linea serpentina). • La varietà è il principio più alto, ma per essa si intende sempre una varietà composta. Altrimenti la varietà si trasforma in caos. Delle linee • L’artista deve sempre cercare la propria ispirazione nella natura. La linea retta è innaturale, non si trova mai in natura. Alcuni artisti, come Dührer, hanno esagerato nell’uso della linea retta. • La linea ondeggiante può essere alla base della grazia. Però, portata all’esasperazione, può essere percepita come deformità. Alcuni artisti, come Rubens, hanno esagerato nell’uso della linea ondeggiante, delle contorsioni della figura. • Esiste una linea precisa posta in un punto intermedio tra questi due estremi che possiamo identificare con la linea della bellezza. La linea della bellezza è la soluzione al problema di “fissare le fluttuanti idee che riguardano il gusto.” Essa è il modo più semplice per spiegare che cosa è la bellezza. La linea della bellezza si trova in natura. Cosa pensavano gli Antichi? • Gli Antichi cercarono di trovare una soluzione al problema di definire la bellezza ricorrendo a termini come funzionalità, analogia, armonia e concordia delle parti con il tutto; oppure ricorrevano a proporzioni matematiche e a figure semplici come il quadrato, il triangolo, il cerchio (Pitagora). • In realtà, essi conoscevano il segreto della linea ondeggiante e della varietà come elementi essenziali della bellezza. Ma adottarono un atteggiamento esoterico: non a caso utilizzarono la linea ondeggiante e la varietà della forma per la rappresentazione delle divinità (Iside, ecc.) E gli artisti del Rinascimento? Il critico manierista Lomazzo lodava la forma piramidale e la linea serpentina; ricorda che Michelangelo stesso le considerava le forme migliori alla base della composizione. Rubens, Leda e il cigno, 1599 Nella letteratura del Rinascimento varietà e linea serpentina si associano alle idee di bellezza e seduzione • From Shakespeare's Antony and Cleopatra, 1606: Age cannot wither her, nor custom stale Her infinite variety: other women cloy The appetites they feed: but she makes hungry Where most she satisfies; • From Milton’s Paradise Lost, 1667 So vary’d he, and of his tortuous Traine Curl’d many a wanton wreath in sight of Eve, To lure her Eye; Columbus breaking the egg L’immmagine ricorda L’ultima cena di Leonardo da Vinci • La linea della bellezza si trova al punto in cui viene collocata l’ostia. Il simbolo della salvezza spirituale viene sostituito dalla linea della bellezza. Il triangolo, che è il simbolo tradizionale di Dio, viene trasformato in una piramide trasparente che contiene la linea della bellezza. “Of compositions with the serpentine line” Who but a bigot, even to the antiques, will say that he has not seen faces and necks, hands and arms in living women, that even the Grecian Venus doth but coarsely imitate? “That Grand Venus (…) has not Beauty enough for the Character of an English Cook-Maid” (Hogarth, mock-dialogue with Mr Bubbleman, art dealer) W. Hogarth The Four Times of the Day, Noon, 1738 “it is easy to conceive, how one brought up from Infancy in a coal Pit, may find such pleasure and amusement there, as to disrelish day light, and open air; and being Ignorant of the beauty above ground, grow uneasy, and disatisfied, till he descends again into his Gloomy cavern; so I have known the brilliant beauties of nature, disregarded, for even the imperfections of art, occationed by running into too great attention to, and imbibing false oppinions, in favour of pictures, and statues, and thus by losing sight of nature” (Text Footnote 1 to The Analysis of Beauty) Tom Jones Reader, perhaps thou hast seen the statue of the Venus de Medicis. Perhaps, too, thou hast seen the gallery of beauties at Hampton Court. (…) Now if thou hast seen all these, be not afraid of the rude answer which Lord Rochester once gave to a man who had seen many things. No. If thou hast seen all these without knowing what beauty is, thou hast no eyes; if without feeling its power, thou hast no heart. Yet is it possible, my friend, that thou mayest have seen all these without being able to form an exact idea of Sophia; for she did not exactly resemble any of them. She was most like the picture of Lady Ranelagh: and, I have heard, more still to the famous dutchess of Mazarine; but most of all she resembled one whose image never can depart from my breast, and whom, if thou dost remember, thou hast then, my friend, an adequate idea of Sophia. But lest this should not have been thy fortune, we will endeavour with our utmost skill to describe this paragon, though we are sensible that our highest abilities are very inadequate to the task.