Sugli Apostoli (da Bismark per Amici della Croce) Nota: il presente documento è ottenuto, perlopiù, con dei copia/incolla da fonti varie. I testi sono stati lievementi modificati nella formattazione dei font e dei paragrafi, nonché nell’aggiunta (o spostamento) delle note per i vari riferimenti sulla Scrittura. Il testo originale è stato quasi del tutto lasciato inalterato, sono state operate solo delle lievi modifiche ed aggiunte per amore della Verità e maggiori dettagli utili. Pietro è l’apostolo investito della dignità di primo papa da Gesù Cristo stesso: “Tu sei Pietro e su questa pietra fonderò la mia Chiesa”1. Pur non essendo stato il primo a portare la fede a Roma, ne divenne insieme a s. Paolo, fondatore della Roma cristiana, stabilizzando e coordinando la prima Comunità, confermandola nella Fede e testimoniando con il martirio la sua fedeltà a Cristo. La tradizione riporta che San Pietro si fece crocifiggere a testa in giù per rispetto alla crocifissione di Cristo in quanto egli si riteneva indegno di ricevere lo stesso trattamento del Signore; i romani dell’epoca applicavano questo tipo di crocifissione per gli schiavi che dovevano subire questo tipo di pena capitale. Nacque a Bethsaida in Galilea, pescatore sul lago di Tiberiade, insieme al fratello Andrea, il suo nome era Simone, che in ebraico significava “Dio ha ascoltato”; sposato e forse vedovo perché nel Vangelo è citata solo la suocera2, mentre nei Vangeli apocrifi è riportato che aveva una figlia, la leggendaria santa Petronilla; il fratello Andrea, dopo aver ascoltato l’esclamazione di Giovanni Battista: ”Ecco l’Agnello di Dio!”3 indicando Gesù, si era recato a conoscerlo ed ascoltarlo e convintosi, disse poi a Simone “Abbiamo trovato il Messia!”4 e lo condusse con sé da Gesù. Pietro fu chiamato da Cristo a seguirlo dicendogli “Tu sei Simone il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa”5 = Pietro (che in latino è tradotto Petrus); in seguito dopo la pesca miracolosa6, avrà la promessa da Cristo che diventerà pescatore di anime7. Fu tra i più intraprendenti e certamente il più impulsivo degli Apostoli, per cui ne divenne il portavoce e capo riconosciuto, con la celebre promessa del primato: “E io ti dico che sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa. Ti darò le chiavi del regno dei cieli e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”8. Ciò nonostante anche lui fu preso da grande timore durante l’arresto e il supplizio di Gesù, e lo rinnegò tre volte9. Ma si pentì subito di ciò e pianse lagrime amare di rimorso10; egli non è un’asceta, un diplomatico, anzi è uno che afferma drasticamente le cose e le dice, protesta come quando il Maestro preannuncia la sua imminente morte, Pietro pensa e poi afferma: “Il Maestro deve morire? Assurdo!”11, come altrettanto decisamente si rifiuta di farsi lavare i piedi da Gesù, durante l’ultima cena12, ma in questa ed altre occasioni riceve i rimproveri del Maestro ed egli pur non comprendendo, accetta sempre, perché sapeva od aveva intuito di trovarsi davanti alla Verità13. È un uomo semplice, schietto, diremmo sanguigno, agisce d’impeto come quando cerca con la spada, di opporsi alla cattura di Gesù14, che ancora una volta lo riprende per queste sue reazioni di essere umano15, non ancora conscio, del grande evento della Redenzione e quindi, privato delle sue forze solo umane, non gli resta altro che fuggire ed assistere impotente ed angosciato agli episodi della Passione di Cristo. 1 Mt 16,18 vedi Mt 7,14-15 e Mc 1,29-31 3 Gv 1,29 4 Gv 1,41 5 Gv 1,42 6 Lc 5,4-7 7 cfr Lc 5,4-10 8 Mt 16,18-19 9 Mt 26,69-74 10 Mt 26,75 11 cfr Mc 8,33 12 Gv 13,8 13 Mt 16,16-17 14 Gv 18,10 15 Gv 18,11 e Mt 26,52-54 2 Sugli Apostoli Dopo la crocifissione e la Resurrezione, Pietro ormai convinto della missione salvifica del suo Maestro, riprende coraggio e torna quindi a radunare gli altri Apostoli e discepoli dispersi, infondendo coraggio a tutti16, fino alla riunione nel Cenacolo cui partecipa anche Maria17. Lì ricevettero lo Spirito Santo, ebbero così la forza di affrontare i nemici del nascente cristianesimo e con il miracolo della comprensione delle lingue, uscirono a predicare le Verità della nuova Fede. Gli Apostoli nell’ardore di propagare il Cristianesimo a tutte le genti, non solo agli israeliti, dopo 12 anni trascorsi a Gerusalemme, si sparsero per il mondo conosciuto di allora. Pietro ebbe il dono di operare miracoli, alla porta del tempio guarì un povero storpio, suscitando entusiasmo tra il popolo e preoccupazione nel Sinedrio18. Anania e Zaffira caddero ai suoi piedi stecchiti, per aver mentito19 e Simon Mago che voleva con i suoi soldi comprare da lui il potere di fare miracoli, subì parole durissime e cadendo rovinosamente, in un tentativo di operarli da solo20. Risuscitò Tabita a Giaffa per la gioia di quella comunità fuori Gerusalemme21. Ammise al battesimo il centurione romano Cornelio e la sua famiglia, stabilendo così che cristiani potevano essere anche i pagani e chi non era circonciso, come fino allora prescriveva la legge ebraica di Mosè22. Subì il carcere e miracolosamente liberato, lasciò Gerusalemme23, dove la vita era diventata molto rischiosa a causa della persecuzione di Erode Antipa, intraprese vari viaggi, poi nell’anno 42 dell’era cristiana dopo essere stato ad Antiochia, giunse in Italia proseguendo fino a Roma ‘caput mundi’, centro dell’immenso Impero Romano, ne fu vescovo e primo papa per 25 anni, anche se interrotti da qualche viaggio apostolico. A causa dell’incendio di Roma dell’anno 644, di cui furono incolpati i cristiani, avvenne la prima persecuzione voluta da Nerone; fra le migliaia e migliaia di vittime vi fu anche Pietro il quale finì nel carcere Mamertino e nel 67 (alcuni studiosi dicono nel 64), fu crocifisso sul colle Vaticano nel circo Neroniano, la tradizione antichissima fa risalire allo storico cristiano Origene, la prima notizia che Pietro fu crocifisso per sua volontà, con la testa in giù; nello stesso anno s. Paolo veniva decollato sempre a Roma ma fuori le mura. Il corpo di Pietro venne sepolto a destra della via Cornelia, dove fu poi innalzata la Basilica Costantiniana. La grandezza di Pietro consiste principalmente nella dignità di cui fu rivestito e che trascendendo la sua persona, si perpetua nell’istituzione del papato. Primo papa, Vicario di Cristo, capo visibile della Chiesa, egli è il capolista di una gerarchia che da venti secoli si avvicenda nella guida dei fedeli credenti. L’umile pescatore di Bethsaida, si trovò a guidare la nascente Chiesa, in un periodo cruciale per l’affermazione nel mondo pagano dei principi del Cristianesimo; istituì il primo ordinamento ecclesiastico e la recita del ‘Pater noster’. Indisse il 1° Concilio di Gerusalemme24, fu ispiratore del Vangelo di Marco, autore di due lettere apostoliche nonostante la sua scarsa cultura, nominò apostolo il discepolo Mattia al posto del suicida Giuda Iscariota25. Il primo simbolo che caratterizza la figura di Pietro e dei suoi successori è la ‘Cattedra’, segno della potestà di insegnare, confermare, guidare e governare il popolo cristiano, la ‘cattedra’ è inserita nel grande capolavoro della “Gloria” del Bernini, che sovrasta l’altare maggiore in fondo alla Basilica Vaticana, a sua volta sovrastata dall’allegoria della colomba, raffigurante lo Spirito Santo che l’assiste e lo guida. Il secondo simbolo, il più diffuso, è lo stemma pontificio, comprendente una tiara, copricapo esclusivo del papa con le chiavi incrociate. La tiara porta tre corone sovrapposte, quale simbolo dell’immensa potestà del pontefice (nel pontificale romano del 1596, la tiara o triregno, stava ad indicare il papa come padre dei principi e dei re, rettore del mondo cattolico e Vicario di Cristo). Questo simbolo perpetuato e arricchito nei secoli da artisti insigni, nelle loro opere di pittura, scultura, araldica, raffiguranti i vari papi, oggi non è più usata e nelle cerimonie d’incoronazione è stata sostituita dalla mitria vescovile. Questo ad indicare che il papa più che essere al disopra di tutti regnanti, è invece vescovo tra i vescovi e che il suo primato è tale perché vescovo di Roma, a cui la tradizione apostolica millenaria aveva affidato tale compito. Le chiavi simboleggiano la potestà di aprire e chiudere il regno dei cieli, come detto da Gesù a Pietro. Per tutti i secoli successivi, s. Pietro, rimase fino al 1846 il papa che aveva governato più a lungo di tutti con i suoi 25 anni, poi venne Pio IX con i suoi 32 anni di governo; ma l’attuale pontefice Giovanni Paolo II ha raggiunto anch’egli il quarto di secolo come s. Pietro. Nessun successore per rispetto, ha voluto chiamarsi Pietro. Nella Basilica Vaticana, nella cripta sotto il maestoso altare con il baldacchino del Bernini, detto della ‘Confessione’, vi sono le reliquie di s. Pietro, venute alla luce durante i lavori di restauro e consolidamento archeologico, fatti eseguire da papa Pio XII negli anni ’50. 16 forse l’autore deduce la scena basandosi su Lc 21,31-32 vedi il cap. 2 degli Atti degli Apostoli 18 At 3,1-10 e At 4,1-22 19 At 1, 5-10 20 At 9,1-24 21 At 9,36-42 22 At 10,1-48 23 At 12,1-19 24 non è proprio corretto dire che “indisse”, comunque vedere At 15 25 non è proprio corretto dire che Pietro “nominò” il nuovo aposto, comunqe l’autore fa riferimento ad At 1,15-26 17 2 Sugli Apostoli Sulla destra dell’immensa navata centrale, vi è la statua bronzea, opera attribuita ad Arnolfo di Cambio, raffigurante l’Apostolo assiso in cattedra, essa si trovava originariamente nel mausoleo che all’inizio del V secolo l’imperatore Onorio, volle costruire sul lato sinistro della basilica, per stare accanto alla tomba del martire; durante le cerimonie pontificie essa viene rivestita con i paramenti papali. Sporgente dal basamento vi è il piede, ormai consumato dallo strofinio delle mani e dal tradizionale bacio di milioni di fedeli e pellegrini, alternatosi nei secoli e provenienti da tutte le Nazioni. La festa, o più esattamente la solennità, dei ss. Pietro e Paolo al 29 giugno, è una delle più antiche e più solenni dell’anno liturgico. Essa venne inserita nel messale ben prima della festa del Natale e vi era già nel secolo IV l’usanza di celebrare in questo giorno tre S. Messe: la prima nella basilica di S. Pietro in Vaticano, la seconda a S. Paolo fuori le mura e la terza nelle catacombe di S. Sebastiano, dove le reliquie dei due apostoli dovettero essere nascoste per qualche tempo, per sottrarle alle profanazioni barbariche. Il giorno 29 giugno sembrerebbe essere la ‘cristianizzazione’ di una ricorrenza pagana, che esaltava le figure di Romolo e Remo, i due mitici fondatori di Roma, come i due apostoli Pietro e Paolo sono considerati i fondatori della Roma cristiana. Andrea: Tra gli apostoli è il primo che incontriamo nei Vangeli: il pescatore Andrea, nato a Bethsaida di Galilea, fratello di Simon Pietro. Il Vangelo di Giovanni ce lo mostra con un amico mentre segue la predicazione del Battista26; il quale, vedendo passare Gesù da lui battezzato il giorno prima, esclama: "Ecco l’agnello di Dio!"27. Parole che immediatamente spingono Andrea e il suo amico verso Gesù: lo raggiungono, gli parlano28 e Andrea corre poi a informare il fratello: "Abbiamo trovato il Messia!"29. Poco dopo, ecco pure Simone davanti a Gesù; il quale "fissando lo sguardo su di lui, disse: <<Tu sei Simone, figlio di Giovanni: ti chiamerai Cefa>>"30. Questa è la presentazione. Poi viene la chiamata. I due fratelli sono tornati al loro lavoro di pescatori sul “mare di Galilea”31: ma lasciano tutto di colpo quando arriva Gesù e dice: "Seguitemi, vi farò pescatori di uomini"32. Troviamo poi Andrea nel gruppetto – con Pietro, Giacomo e Giovanni – che sul monte degli Ulivi, “in disparte”33, interroga Gesù sui segni degli ultimi tempi: e la risposta è nota come il “discorso escatologico” del Signore, che insegna come ci si deve preparare alla venuta del Figlio dell’Uomo "con grande potenza e gloria"34. Infine, il nome di Andrea compare nel primo capitolo degli Atti con quelli degli altri apostoli diretti a Gerusalemme dopo l’Ascensione.35 E poi la Scrittura non dice altro di lui, mentre ne parlano alcuni testi apocrifi, ossia non canonici. Uno di questi, del II secolo, pubblicato nel 1740 da L.A. Muratori, afferma che Andrea ha incoraggiato Giovanni a scrivere il suo Vangelo. E un testo copto contiene questa benedizione di Gesù ad Andrea: "Tu sarai una colonna di luce nel mio regno, in Gerusalemme, la mia città prediletta. Amen". Lo storico Eusebio di Cesarea (ca. 265-340) scrive che Andrea predica il Vangelo in Asia Minore e nella Russia meridionale. Poi, passato in Grecia, guida i cristiani di Patrasso. E qui subisce il martirio per crocifissione: appeso con funi a testa in giù, secondo una tradizione, a una croce in forma di X; quella detta poi “croce di Sant’Andrea”. Questo accade intorno all’anno 60, un 30 novembre. Nel 357 i suoi resti vengono portati a Costantinopoli; ma il capo, tranne un frammento, resta a Patrasso. Nel 1206, durante l’occupazione di Costantinopoli (quarta crociata) il legato pontificio cardinale Capuano, di Amalfi, trasferisce quelle reliquie in Italia. E nel 1208 gli amalfitani le accolgono solennemente nella cripta del loro Duomo. Quando nel 1460 i Turchi invadono la Grecia, il capo dell’Apostolo viene portato da Patrasso a Roma, dove sarà custodito in San Pietro per cinque secoli. Ossia fino a quando il papa Paolo VI, nel 1964, farà restituire la reliquia alla Chiesa di Patrasso. 26 Gv 1,35-40 Gv 1,29 28 Gv 1,37-39 29 Gv 1,41 30 Gv 1,42 31 l’autore, forse, si riferisce a Mt 4,18 32 Matteo 4,18-20 33 Mt 24,3 34 l’autore indica come riferimento Mc 13,26 35 At 1,12-13 27 3 Sugli Apostoli Giacomo il maggiore:E’ detto “Maggiore” per distinguerlo dall’apostolo omonimo, Giacomo di Alfeo. Lui e suo fratello Giovanni sono figli di Zebedeo, pescatore in Betsaida, sul lago di Tiber36iade. Chiamati da Gesù (che ha già con sé i fratelli Simone e Andrea) anch’essi lo seguono37. Nasce poi il collegio apostolico: "(Gesù) ne costituì Dodici che stessero con lui: (...) Simone, al quale impose il nome di Pietro, poi Giacomo di Zebedeo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanerghes, cioè figli del tuono"38. Con Pietro saranno testimoni della Trasfigurazione39, della risurrezione della figlia di Giairo40 e della notte al Getsemani. Conosciamo anche la loro madre Salome, tra le cui virtù non sovrabbonda il tatto. Chiede infatti a Gesù posti speciali nel suo regno per i figli, che si dicono pronti a bere il calice che egli berrà41. Così, ecco l’incidente: "Gli altri dieci, udito questo, si sdegnarono"42. E Gesù spiega che il Figlio dell’uomo "è venuto non per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti"43. E Giacomo berrà quel calice: è il primo apostolo martire, nella primavera dell’anno 42. "Il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa e fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni"44. Questo Erode è Agrippa I, a cui suo nonno Erode il Grande ha fatto uccidere il padre (e anche la nonna). A Roma è poi compagno di baldorie del giovane Caligola, che nel 37 sale al trono e lo manda in Palestina come re. Un re detestato, perché straniero e corrotto, che cerca popolarità colpendo i cristiani. L’ultima notizia del Nuovo Testamento su Giacomo il Maggiore è appunto questa: il suo martirio. Secoli dopo, nascono su di lui tradizioni e leggende. Si dice che avrebbe predicato il Vangelo in Spagna. Quando poi quel Paese cade in mano araba (sec. IX), si afferma che il corpo di san Giacomo (Santiago, in spagnolo) è stato prodigiosamente portato nel nord-ovest spagnolo e seppellito nel luogo poi notissimo come Santiago de Compostela. Nell’angoscia dell’occupazione, gli si tributa un culto fiducioso e appassionato, facendo di lui il sostegno degli oppressi e addirittura un combattente invincibile, ben lontano dal Giacomo evangelico (a volte lo si mescola all’altro apostolo, Giacomo di Alfeo). La fede nella sua protezione è uno stimolo enorme in quelle prove durissime. E tutto questo ha un riverbero sull’Europa cristiana, che già nel X° secolo inizia i pellegrinaggi a Compostela. Ciò che attrae non sono le antiche, incontrollabili tradizioni sul santo in Spagna, ma l’appassionata realtà di quella fede, di quella speranza tra il pianto, di cui il luogo resta da allora affascinante simbolo. Nel 1989 hanno fatto il “Cammino di Compostela” Giovanni Paolo II e migliaia di giovani da tutto il mondo. Giovanni, figlio di Zebedeo e di Salome, fratello di Giacomo il Maggiore, di professione pescatore, oriundo di Betsaida come Pietro e Andrea, occupa un posto di primo piano nell'elenco degli Apostoli. L'autore del quarto Vangelo e dell'Apocalisse verrà qualificato dal Sinedrio come "indotto e incolto"45, ma il lettore che scorra anche rapidamente i suoi scritti ne avverte non soltanto l'arditezza del pensiero, ma anche la capacità di rivestire con squisite immagini letterarie i sublimi pensieri di Dio. La voce del giudice divino è per lui "come il mugghio di molte acque". Giovanni è tuttavia l'uomo della elevatezza spirituale, più incline alla contemplazione che all'azione. E’ l'aquila che già al primo batter d'ali si eleva alle vertiginose altezze del mistero trinitario: "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio"46. E’ tra gli intimi di Gesù e gli è vicino nelle ore più solenni della sua vita. Gli è accanto nell'ultima cena47, durante il processo e, unico tra gli apostoli, assiste alla sua morte a fianco della Madonna. Ma contrariamente a quanto possono far pensare le raffigurazioni dell'arte, Giovanni non era un uomo fantasioso e delicato, e basterebbe il sorridente soprannome imposto a lui e al fratello Giacomo dal Maestro: "Figli del tuono"48, per farci pensare a un temperamento vivace e impulsivo, alieno dai compromessi e dalle esitazioni, fino ad 36 Mt 26,37 L’autore indica come riferimento Mt 4,18-22 38 Mc 3,13-17 39 Mt 17,1-2 40 Mc 5,21-24|35-43 41 Mt 20,20-21 42 Mt 20,24 43 Mt 20,28 44 At 12,1-2 45 forse l’autore si riferisce ad At 4,13 46 Gv 1,1 47 Gv 13,23 48 Mc 3,17 37 4 Sugli Apostoli apparire intollerante e caustico. Nel suo Vangelo egli designa se stesso semplicemente come "il discepolo che Gesù amava"49. Anche se non ci è dato indagare sul segreto di questa ineffabile amicizia, possiamo indovinare una certa analogia tra l'anima del "figlio del tuono"50 e quella del "Figlio dell'uomo"51, venuto sulla terra a portarvi non solo la pace ma anche il fuoco52. Dopo la risurrezione Giovanni è quasi costantemente accanto a Pietro53. Paolo, nella lettera ai Galati, parla di Pietro, Giacomo e Giovanni "come le colonne"54 della Chiesa. Nell'Apocalisse Giovanni dice di essere stato perseguitato e relegato nell'isola di Patmos a causa della "parola di Dio e della testimonianza di Gesù Cristo"55. Secondo una concorde tradizione, egli è vissuto ad Efeso in compagnia della Madonna e sotto Domiziano fu posto dentro una caldaia di olio bollente, uscendone illeso, e tuttavia con la gloria di aver reso anch'egli la sua " testimonianza". Dopo l'esilio a Patmos tornò definitivamente ad Efeso dove esortava instancabilmente i fedeli all'amore fraterno, come risulta dalle tre lettere, accolte tra i testi sacri come l'Apocalisse e il Vangelo. Morì carico di anni a Efeso durante l'impero di Traiano (98-117) e ivi fu sepolto. Filippo: Due apostoli festeggiati insieme: Filippo e Giacomo. Due galilei che hanno trovato "colui del quale hanno scritto Mosè e i Profeti"56. E’ con queste parole che Filippo conduce a Gesù l’accigliato Natanaele (Bartolomeo) così diffidente verso quelli di Nazaret57. Filippo è appena citato nei Vangeli di Matteo, Marco e Luca. Giovanni lo presenta per la prima volta mentre fa il conto di quanto costerebbe sfamare la turba che è al seguito di Gesù58. E, più tardi, quando accompagna da Gesù, dopo l’ingresso in Gerusalemme, alcuni “Greci” venuti per la Pasqua59: quasi certamente “proseliti” dell’ebraismo, di origine pagana. Nell’ultima cena, Filippo è uno di quelli che rivolgono domande ansiose a Gesù. Gli dice: "Signore, mostraci il Padre e ci basta", attirandosi dapprima un rilievo malinconico: "Da tanto tempo sono con voi, e tu non mi hai ancora conosciuto, Filippo?". E poi arriva, a lui e a tutti, il pieno chiarimento: "Chi ha visto me, ha visto il Padre"60. Dopo l’Ascensione di Gesù, troviamo Filippo con gli altri apostoli e i primi fedeli, allorché viene nominato Mattia al posto del traditore61. Poi non si sa più nulla di lui. Bartolomeo: Non è di quelli che accorrono appena chiamati, anche se poi sarà capace di donarsi totalmente a una causa; ha le sue idee, le sue diffidenze e i suoi pregiudizi. I vangeli sinottici lo chiamano Bartolomeo, e in quello di Giovanni è indicato come Natanaele. Due nomi comunemente intesi il primo come patronimico (BarTalmai, figlio di Talmai, del valoroso) e il secondo come nome personale, col significato di “dono di Dio”. Da Giovanni conosciamo la storia della sua adesione a Gesù, che non è immediata come altre. Di Gesù gli parla con entusiasmo Filippo, suo compaesano di Betsaida: "Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazareth"62. Basta questo nome – Nazareth – a rovinare tutto. La risposta di Bartolomeo arriva inzuppata in un radicale pessimismo: "Da Nazareth può mai venire qualcosa di buono?"63. L’uomo della Betsaida imprenditoriale, col suo “mare di Galilea”64 e le aziende della pesca, davvero non spera nulla da quel paese di montanari rissosi. 49 Gv 13,23 Mc 3,17 51 Mt 8,20 52 cfr Mt 10,34 53 Gv 20,1-10 54 Gal 2,6-9 55 Ap 1,9 56 Gv 1,44-45 57 Gv 1,46 58 Gv 6,7 59 Gv 12,20-22 60 Gv 14,8-11 61 At 1,15-26 62 Gv 1,44-46 63 Gv 1,46 64 Mt 4,18 50 5 Sugli Apostoli Ma Filippo replica ai suoi pregiudizi col breve invito a conoscere prima di sentenziare: "Vieni e vedi"65. Ed ecco che si vedono: Gesù e NatanaeleBartolomeo, che si sente dire: "Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità"66. Spiazzato da questa fiducia, lui sa soltanto chiedere a Gesù come fa a conoscerlo. E la risposta ("Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico"67) produce una sua inattesa e debordante manifestazione di fede: "Rabbi, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!"68. Quest’uomo diffidente è in realtà pronto all’adesione più entusiastica, tanto che Gesù comincia un po’ a orientarlo: "Perché ti ho detto che ti ho visto sotto il fico credi? Vedrai cose maggiori di questa"69. Troviamo poi Bartolomeo scelto da Gesù con altri undici discepoli per farne i suoi inviati, gli Apostoli. Poi gli Atti lo elencano a Gerusalemme con gli altri, "assidui e concordi nella preghiera"70. E anche per Bartolomeo (come per Andrea, Tommaso, Matteo, Simone lo Zelota, Giuda Taddeo, Filippo e Mattia) dopo questa citazione cala il silenzio dei testi canonici. Ne parlano le leggende, storicamente inattendibili. Alcune lo dicono missionario in India e in Armenia, dove avrebbe convertito anche il re, subendo però un martirio tremendo: scuoiato vivo e decapitato. Queste leggende erano anche un modo di spiegare l’espandersi del cristianesimo in luoghi remoti, per opera di sconosciuti. A tante Chiese, poi, proclamarsi fondate da apostoli dava un’indubbia autorità. La leggenda di san Bartolomeo è ricordata anche nel Giudizio Universale della Sistina: il santo mostra la pelle di cui lo hanno “svestito” gli aguzzini, e nei lineamenti del viso, deformati dalla sofferenza, Michelangelo ha voluto darci il proprio autoritratto. Tommaso: Lo incontriamo tra gli Apostoli, senza nulla sapere della sua storia precedente. Il suo nome, in aramaico, significa “gemello”. Ci sono ignoti luogo di nascita e mestiere. Il Vangelo di Giovanni, al capitolo 11, ci fa sentire subito la sua voce, non proprio entusiasta. Gesù ha lasciato la Giudea, diventata pericolosa: ma all’improvviso decide di ritornarci, andando a Betania, dove è morto il suo amico Lazzaro. I discepoli trovano che è rischioso, ma Gesù ha deciso: si va. E qui si fa sentire la voce di Tommaso, obbediente e pessimistica: "Andiamo anche noi a morire 71 con lui" . E’ sicuro che la cosa finirà male; tuttavia non abbandona Gesù: preferisce condividere la sua disgrazia, anche brontolando. Facciamo torto a Tommaso ricordando solo il suo momento famoso di incredulità dopo la risurrezione. Lui è ben altro che un seguace tiepido. Ma credere non gli è facile, e non vuol fingere che lo sia. Dice le sue difficoltà, si mostra com’è, ci somiglia, ci aiuta. Eccolo all’ultima Cena72, stavolta come interrogante un pò disorientato. Gesù sta per andare al Getsemani e dice che va a preparare per tutti un posto nella casa del Padre, soggiungendo: "E del luogo dove io vado voi conoscete la via"73. Obietta subito Tommaso, candido e confuso: "Signore, non sappiamo dove vai, e come possiamo conoscere la via?"74. Scolaro un po’ duro di testa, ma sempre schietto, quando non capisce una cosa lo dice. E Gesù riassume per lui tutto l’insegnamento: "Io sono la via, la verità e la vita"75. Ora arriviamo alla sua uscita più clamorosa, che gli resterà appiccicata per sempre, e troppo severamente. Giovanni, capitolo 20: Gesù è risorto; è apparso ai discepoli, tra i quali non c’era Tommaso. E lui, sentendo parlare di risurrezione “solo da loro”, esige di toccare con mano. E’ a loro che parla, non a Gesù76. E Gesù viene, otto giorni dopo, lo invita a “controllare”77... Ed ecco che Tommaso, il pignolo, vola fulmineo ed entusiasta alla conclusione, chiamando Gesù: “Mio Signore e mio Dio!”78, come nessuno finora aveva mai fatto. E quasi gli suggerisce quella promessa per tutti, in tutti i tempi: "Beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno"79. Tommaso è ancora citato da Giovanni 65 Vv 1,46 Gv 1,47 67 Gv 1,48 68 Gv 1,49 69 Gv 1,50 70 At 1,14 71 Gv 11,16 72 Gv 14,5 73 Gv 14,4 74 Gv 14,5 75 Gv 14,6 76 Gv 20,24-25 77 Gv 20,26-27 78 Gv 20,28 79 Gv 20,29 66 6 Sugli Apostoli durante l’apparizione di Gesù al lago di Tiberiade80. Gli Atti lo nominano dopo l’Ascensione81. Poi più nulla: ignoriamo quando e dove sia morto. Alcuni testi attribuiti a lui (anche un “Vangelo”) non sono ritenuti attendibili. A metà del VI secolo, il mercante egiziano Cosma Indicopleuste scrive di aver trovato nell’India meridionale gruppi inaspettati di cristiani; e di aver saputo che il Vangelo fu portato ai loro avi da Tommaso apostolo. Sono i “Tommaso-cristiani”, comunità sempre vive nel XX secolo, ma di differenti appartenenze: al cattolicesimo, a Chiese protestanti e a riti cristiano-orientali. Matteo: Non si capisce subito il disprezzo per i pubblicani, ai tempi di Gesù, nella sua terra: erano esattori di tasse, e non si detesta qualcuno soltanto perché lavora all’Intendenza di finanza. Ma gli ebrei, all’epoca, non pagano le tasse a un loro Stato sovrano e libero, bensì agli occupanti Romani; devono finanziare chi li opprime. E guardano all’esattore come a un detestabile collaborazionista. Matteo fa questo mestiere in Cafarnao di Galilea. Col suo banco lì all’aperto82. Gesù lo vede poco dopo aver guarito un paralitico. Lo chiama. Lui si alza di colpo, lascia tutto e lo segue. Da quel momento cessano di esistere i tributi, le finanze, i Romani. Tutto cancellato da quella parola di Gesù: "Seguimi"83. Gli evangelisti Luca e Marco lo chiamano anche Levi84, che potrebbe essere il suo secondo nome. Ma gli danno il nome di Matteo nella lista dei Dodici scelti da Gesù come suoi inviati: “Apostoli”85. E con questo nome egli compare anche negli Atti degli Apostoli. Pochissimo sappiamo della sua vita. Ma abbiamo il suo Vangelo, a lungo ritenuto il primo dei quattro testi canonici, in ordine di tempo. Ora gli studi mettono a quel posto il Vangelo di Marco: diversamente dagli altri tre, il testo di Matteo non è scritto in greco, ma in lingua “ebraica” o “paterna”, secondo gli scrittori antichi. E quasi sicuramente si tratta dell’aramaico, allora parlato in Palestina. Matteo ha voluto innanzitutto parlare a cristiani di origine ebraica. E ad essi è fondamentale presentare gli insegnamenti di Gesù come conferma e compimento della Legge mosaica. Vediamo infatti – anzi, a volte pare proprio di ascoltarlo – che di continuo egli lega fatti, gesti, detti relativi a Gesù con richiami all’Antico Testamento, per far ben capire da dove egli viene e che cosa è venuto a realizzare. Partendo di qui, l’evangelista Matteo delinea poi gli eventi del grandioso futuro della comunità di Gesù, della Chiesa, del Regno che compirà le profezie, quando i popoli "vedranno il Figlio dell’Uomo venire sopra le nubi del cielo in grande potenza e gloria"86. Scritto in una lingua per pochi, il testo di Matteo diventa libro di tutti dopo la traduzione in greco. La Chiesa ne fa strumento di predicazione in ogni luogo, lo usa nella liturgia. Ma di lui, Matteo, sappiamo pochissimo. Viene citato per nome con gli altri Apostoli negli Atti87 subito dopo l’Ascensione al cielo di Gesù. Ancora dagli Atti, Matteo risulta presente con gli altri Apostoli all’elezione di Mattia, che prende il posto di Giuda Iscariota88. Ed è in piedi con gli altri undici, quando Pietro, nel giorno della Pentecoste, parla alla folla, annunciando che Gesù è "Signore e Cristo"89. Poi, ha certamente predicato in Palestina, tra i suoi, ma ci sono ignote le vicende successive. La Chiesa lo onora come martire. Giacomo il minore: Giacomo figlio di Alfeo. E’ detto il Minore per distinguerlo da Giacomo figlio di Zebedeo (e fratello di Andrea) detto il Maggiore e da secoli venerato come Santiago a Compostela. Da Luca sappiamo che Gesù sceglie tra i suoi seguaci dodici uomini "ai quali diede il nome di apostoli"90, e tra essi c’è appunto Giacomo di Alfeo, il Minore. Nella Prima lettera ai Corinzi, Paolo dice che Gesù, dopo la risurrezione "apparve a Giacomo e quindi a tutti gli apostoli"91. Lo chiamano “Giusto”92 per l’integrità severa della sua vita. Incontra Paolo, già duro persecutore dei cristiani e ora convertito: e lo accoglie con amicizia insieme a Pietro e Giovanni. Poi, al “concilio di Gerusalemme”, invita a "non importunare" i convertiti dal 80 Gv 21,1-2 At 1,13 82 Mt 9,9 83 Mt 9,9 84 Mc 2,13-14 e Lc 5,27 85 Lc 6,13 86 Mt 24,30 87 At 1,13 88 At 1,15-26 89 At 2,14-36 90 Lc 6,14 91 1Cor 15,7 92 citazione sbagliata di At 1,23: “Giuseppe detto Barsabba, che era soprannominato Giusto” 81 7 Sugli Apostoli paganesimo con l’imposizione di tante regole tradizionali93. Si mette, insomma, sulla linea di Paolo. Dopo il martirio di Giacomo il Maggiore nell’anno 42 e la partenza di Pietro, Giacomo diviene capo della comunità cristiana di Gerusalemme. Ed è l’autore della prima delle “lettere cattoliche” del Nuovo Testamento. In essa, si rivolge "alle dodici tribù disperse nel mondo"94, ossia ai cristiani di origine ebraica viventi fuori della Palestina. E’ come un primo esempio di enciclica: sulla preghiera, sulla speranza, sulla carità e inoltre (con espressioni molto energiche) sul dovere della giustizia. Secondo lo storico Eusebio di Cesarea, Giacomo viene ucciso nell’anno 63 durante una sollevazione popolare istigata dal sommo sacerdote Hanan, che per quel delitto sarà poi destituito. Di Simone, il più sconosciuto di tutti gli apostoli, la Sacra Scrittura conserva soltanto il nome, condiviso con un altro Simone. Per distinguerlo da Simon Pietro, gli evangelisti Matteo e Marco gli danno il soprannome di "Zelota" o Cananeo. L'appellativo può indicare sia la città di provenienza (Cana), sia il contrassegno di appartenenza al partito degli "Zelanti", i "conservatori" delle tradizioni ebraiche. Nulla sappiamo sulle circostanze che si riferiscono alla sua vocazione. Simone, lo sconosciuto, è pur sempre apostolo del Signore, prototipo dei tanti discepoli senza nome, che lavorano tutta la vita nella vigna del Signore o combattono sulle trincee della fede non in vista di una menzione d'onore, ma per il trionfo del Regno di Dio. Come gli altri apostoli, anche Simone percorse le vie del vangelo "senza bisaccia, senza denaro, predicando il Regno dei cieli; e guarì ammalati, risuscitò morti, mondò lebbrosi e cacciò spiriti cattivi"95, "zelante" in gioventù delle tradizioni ebraiche, e ora "zelante" e umile servo del vangelo. Simone, secondo incerte notizie riferite dallo storico Eusebio, pare sia stato il successore di Giacomo sulla cattedra di Gerusalemme, negli anni della tragica distruzione della città santa. Anche la sua attività oltre i confini della Palestina è, dedotta dai leggendari Atti di Simone e Giuda, secondo i quali i due apostoli percorsero insieme le dodici province dell'impero persiano. Altre fonti assegnano a Simone l'Egitto, la Libia e la Mauritania. Secondo una notizia di Egesippo, l'apostolo avrebbe subito il martirio durante l'impero di Traiano, nel 107, alla bella età di centovent'anni. Taddeo: (dalla tradizione Cristiana) Quantunque varie siano le opinioni dei Padri e degli Evangelisti circa la prosapìa dell'Apostolo San Giuda Taddeo, tutti sono concordi nel ritenere storicamente che egli discenda dalla stirpe regale di Davide e quindi, come tale sia consanguineo di Gesù Cristo. Infatti, il padre di San Giuda, chiamato Cleofa, era fratello germano di San Giuseppe Sposo della Beatissima Vergine; la madre, chiamata Maria di Cleofa, era cugina della medesima Beatissima Vergine: quindi San Giuda Taddeo era cugino carnale di Gesù. San Giuda fu quindi uno dei dodici Apostoli ed è annoverato, secondo San Marco, al decimo posto della gerarchia apostolica e, secondo San Luca, all'undicesimo posto. Il campo di azione apostolica di San Giuda fu vastissimo; evangelizzò prima la Giudea, poi la Mesopotamia ed infine la Persia portando ovunque il lume della verità, trasmettendo il Verbo del Signore ed operando, in Suo nome, i più segnalati miracoli: il numero dei discepoli aumentava di giorno in giorno, traeva a sé moltissimi cristiani, nominava Diaconi, Sacerdoti e Vescovi e fondava Chiese Cristiane in tutte le contrade da lui attraversate. Ritornato in Persia si riunì all'Apostolo San Simone e con lui dovette fieramente combattere contro le eresìe di Zaroes e Arfexat, sacerdoti idolatri, che avevano sconvolto la coscienza di quel popolo preparandolo alla rivolta contro la parola e le opere dei due Santi Apostoli. San Giuda sapeva che la sua missione terrena era alla fine e che il martirio, per la gloria di Dio, era vicino! Giunti appunto in Suamyr, grande centro della Persia, i due Apostoli presero alloggio presso un loro discepolo, chiamato Semme; la mattina seguente al loro arrivo, i sacerdoti idolatri di quella città, seguiti da una grande moltitudine di popolo aizzato dalle velenose pressioni di Zaroes ed Artexat, circondarono la casa di Semme reclamando a viva voce la consegna dei due Apostoli. «Consegnaci, o Semme, all'istante i nemici dei nostri dèi, altrimenti ti bruceremo la casa!». A queste parole minacciose che non ammettevano replica, San Giuda e San Simone si affidarono, vittime della loro fede, nelle mani di quei forsennati che li obbligarono inutilmente ad adorare le loro false deità; bastonati entrambi a sangue, trovarono la forza di guardarsi negli occhi e San Giuda, rivolto al compagno di martirio, gli disse: «Fratello, io vedo il Signore Nostro Gesù Cristo che a sè ci chiama». La turba degli idolatri, ignara di questi celesti colloqui, spinta da un insano furore, si avventò con maggiore accanimento sopra i corpi già sanguinanti dei due Santi Apostoli facendone scempio: la corona del martirio brillava sul loro capo glorioso! Mentre le loro anime sante venivano accolte nella Patria eterna e poste alla destra del Padre per il quale avevano dato l'olocausto della vita, il cielo di Suamyr, teatro di quel barbaro martirio, veniva squarciato da terribili folgori, il tempio idolatra raso al suolo ed i due sacerdoti Zaroes ed Arfexat, autori indegni dello 93 il riferimento calza se leggiamo At 15,5-11, ma sembra che l’autore si sia confuso con Barsabba leggendo At 15,1-4 Gc 1,1 95 Crf Mc 6,7-13 94 8 Sugli Apostoli scempio, fulminati dalla giustizia divina. Si ritiene che il martirio sia avvenuto l'anno 70 dell'era cristiana, cioè 36 anni dopo l'Ascensione di Gesù Cristo in Cielo; la Chiesa celebra la ricorrenza il 28 ottobre, giorno del loro martirio. I corpi dei due Santi Apostoli vennero custoditi in Babilonia in un sontuoso tempio cristiano fatto costruire, in tre anni di lavoro, da quel re cristiano; quel sepolcro divenne immediatamente glorioso per la frequenza dei miracoli operati dal Santo. Da Babilonia le reliquie vennero successivamente trasportate a Roma e deposte nella Basilica Vaticana ai piedi di un altare dedicato ai due Santi Martiri. Da questo sepolcro il Santo che tanto sollecitamente risponde alle invocazioni di soccorso del genere umano, dispensa al mondo le grazie ed i favori più eletti che la misericordia del Signore accorda alle sue potentissime suppliche. Mattia: È stato l’apostolo Pietro a fare in un certo senso il suo ritratto, senza rendersene conto. Dopo l’Ascensione di Gesù, infatti, egli dice alla piccola comunità cristiana in Gerusalemme che bisogna dare un sostituto al traditore Giuda Iscariota, riportando a dodici il numero degli apostoli. E lascia la scelta ai fratelli di fede. Si fa un’elezione, allora, con il criterio indicato da Pietro: bisogna scegliere il nuovo apostolo "tra coloro che ci furono compagni per tutto il tempo in cui il Signore Gesù ha vissuto in mezzo a noi, incominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di tra noi assunto in cielo"96. Così si legge nel primo capitolo degli Atti degli Apostoli (1,15-25). I fedeli ne individuano due con queste caratteristiche. Uno è Mattia e l’altro è Giuseppe detto Barsabba. A questo punto si fa il sorteggio, dopo aver invocato così il Signore: "Tu che conosci il cuore di tutti, mostraci quale di questi due hai designato a prendere il posto in questo ministero e apostolato che Giuda ha abbandonato per andarsene al posto da lui scelto"97. Il sorteggio designa Mattia, "che fu associato agli undici apostoli"98. Egli è dunque l’unico dei Dodici che non ha ricevuto direttamente la chiamata da Gesù. Ma che è stato tuttavia con lui dall’inizio alla fine della sua vita pubblica, diventando poi testimone della sua morte e risurrezione. Il nome di Mattia compare soltanto questa volta nel Nuovo Testamento. Poi, non sappiamo più nulla di certo: abbiamo solo racconti tradizionali, privi di qualsiasi supporto storico, che parlano della sua predicazione e della sua morte per la fede in Gesù Cristo, ma con totale discordanza sui luoghi: chi dice in Giudea, chi invece in Etiopia. Lo storico della Chiesa, Eusebio di Cesarea (ca. 265 - ca. 340), nella sua Storia ecclesiastica, rileva che non esiste alcun elenco dei settanta discepoli di Gesù (distinti dagli apostoli) e aggiunge: "Si racconta anche che Mattia, che fu aggregato al gruppo degli apostoli al posto di Giuda, ed anche il suo compagno che ebbe l’onore di simile candidatura, furono giudicati degni della stessa scelta tra i settanta" (1,12). Dunque Mattia dovrebbe aver fatto parte di quella spedizione di 72 discepoli che Gesù mandò a due a due davanti a sé per predicare in ogni città e luogo dove stava per recarsi, e che tornarono entusiasti dicendo: "Signore, anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome"99. Sebbene le tradizioni parlino di Mattia evangelizzatore in Medio Oriente e in Africa, il suo nome ha raggiunto già nei primissimi secoli cristiani l’Europa settentrionale e la città tedesca di Treviri lo venera come patrono. Paolo: nacque a Tarso tra il 5 e il 15 d.C; Cittadino romano di famiglia giudaica, fu discepolo del rabbi Gamaliele il Vecchio a Gerusalemme e fu educato secondo la religiosità dei farisei. Inizialmente fu un tenace avversario e persecutore del cristianesimo nascente; secondo la testimonianza degli Atti degli apostoli fu presente al martirio di Stefano nel 38 D.C.100, improvvisamente sulla via di Damasco, una straordinaria chiamata di Cristo Risorto lo indusse a convertirsi al cristianesimo101. Da quel momento divenne apostolo cristiano e missionario presso i pagani. Paolo realizzo diversi viaggi missionari. Nel 45 e nel 48, insieme a Barnaba e Marco, si spinse da Antiochia fino in Asia Minore. Tra il 52 e il 60, passando da Gerusalemme raggiunge la Macedonia e la Grecia. Tra il 56 e il 58, raggiunge prima Efeso, dove rimase pre tre anni (sembra anche come prigioniero), poi Corinto, dove scrisse le "Lettere ai Romani". Tornato a Gerusalemme via mare, viene arrestato presso Cesarea, e tenuto in prigione per due anni; grazie ad un suo appello all'imperatore viene inviato a Roma dove viene prosciolto nel 63. Secondo la tradizione muore martire a Roma intorno al 67 d.C. nella località chiamata “Tre fontane” (zona EUR), la località prende questo nome in quanto la tradizione ci riporta che San Paolo fu martirizzato con il taglio della testa (essendo cittadino romano non poteva essere crocifisso), la testa 96 at 1,21-22 At 1,24-25 98 At 1,26 99 Lc 10,17 100 At 7,55-70 101 At 9,1-9 97 9 Sugli Apostoli rimbalzò tre volte e nei punti in cui essa toccò il suolo sgorgarono tre zampilli d’acqua che successivamente vennero trasformati in tre fontane. La festa, o più esattamente la solennità, dei Ss. Pietro e Paolo è una delle più antiche e più solenni dell'anno liturgico. Essa venne inserita nel santorale ben prima della festa del Natale e vi era già nel secolo IV la costumanza di celebrare in questo giorno tre S. Messe: la prima nella basilica di S. Pietro in Vaticano, la seconda a S. Paolo fuori le Mura e la terza nelle catacombe di S. Sebastiano, dove le reliquie dei due apostoli dovettero essere nascoste per qualche tempo per sottrarle alle profanazioni. C'è un'eco di quest'abitudine nel fatto che oltre alla Messa del giorno è previsto un formulario per la Messa vespertina della vigilia. Dopo la Vergine SS. sono proprio S. Pietro e S. Paolo, insieme a S. Giovanni Battista, i santi ricordati più frequentemente e con maggiore solennità nell'anno liturgico: oltre alla festa del 29 giugno ci sono infatti le ricorrenze del 25 gennaio (conversione di S. Paolo), 22 febbraio (cattedra di S. Pietro) e 18 novembre (dedicazione delle basiliche dei Ss. Pietro e Paolo). Per lungo tempo si ritenne che il 29 giugno fosse il giorno nel quale, nell'anno 67, S. Pietro sul colle Vaticano e S. Paolo nella località ora denominata Tre Fontane testimoniarono la loro fedeltà a Cristo con l'effusione del sangue. In realtà, anche se il fatto del martirio è un dato storico inoppugnabile, ed è inoltre storicamente garantito che esso avvenne a Roma durante la persecuzione neroniana, è incerto non solo il giorno, ma persino l'anno della morte dei due apostoli. Mentre infatti per S. Paolo vi è una certa concordanza di testimonianze antiche per l'anno 67, per S. Pietro vi sono pareri discordi, e gli studiosi sembrano preferire ora il 64, l'anno in cui, come attesta anche lo storico pagano Tacito, "un'ingente moltitudine" di cristiani perì nella persecuzione seguita all'incendio di Roma. Sembra poi che la festa del 29 giugno sia stata la "cristianizzazione" di una ricorrenza pagana che esaltava la figura di Romolo e Remo, i due mitici fondatori della Città Eterna. S. Pietro e S. Paolo, infatti, pur non essendo stati i primi a portare la fede a Roma, sono realmente i "fondatori" della Roma cristiana: l'antico inno liturgico "Decora lux aeternitatis" li definiva "Romae parentes", procreatori di Roma, e uno degli inni del nuovo breviario parla di Roma che, "fundata tali sanguine", "celsum verticem devotionis extulit". La parola e il sangue sono il seme con cui i Ss. Pietro e Paolo, uniti a Cristo, hanno generato e generano la Roma cristiana e la Chiesa intera. Giuda Iscariota fece parte del gruppo dei dodici Apostoli. Nel gruppo svolse l'importante ruolo di tesoriere ed amministratore102, ma non riuscì mai ad integrarsi spiritualmente. Egli, infatti, era ideologicamente vicino alla setta degli Zeloti, gli "zelanti della legge", la frangia estremista ed armata dei Farisei. I Farisei, i "separati", erano avversi sia ai Romani, ormai padroni della Palestina, sia a quelle fasce della società ebraica alleate per interesse politico o economico ai Romani, proponendosi, così, come i custodi della tradizione ebraica. Giuda colse la forza ideologicamente sovversiva della predicazione di Gesù, ma la interpretò a fini esclusivamente politici, senza percepire il messaggio di una Redenzione di più vasta portata. Alla morte del re Erode, lo scontento popolare, che a stento era stato trattenuto dai suoi equilibrismi politici, esplose in tutta la sua violenza. Giuda pensò di sfruttare il crescente consenso nei confronti di Gesù, culminato nel trionfale ingresso in Gerusalemme103, ma quando realizzò quanto i pensieri del Maestro fossero distanti dai suoi, il suo distacco fu definitivo. Il Sinedrio di Gerusalemme, che già da tempo sorvegliava il gruppo degli Apostoli, individuò la frattura aperta e se ne servì: in cambio di trenta denari, una somma considerevole, fece leva sul disappunto di Giuda, per farsi consegnare Gesù. "... Giuda Iscariota , andò dai sommi sacerdoti e disse: <<Quanto mi volete dare perchè io ve lo consegni?>> E quelli gli fissarono trenta monete d'argento. Da quel momento cercava l'occasione propizia per consegnarlo"104. Il momento propizio venne quando Gesù si ritirò in solitudine a pregare nell'Orto degli Ulivi. Il segnale convenuto per il tradimento fu un bacio: Gesù allora esclamò: "Giuda con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo?"105. Le guardie gli furono subito intorno e Gesù fu condotto davanti al Sinedrio: la condanna a morte era ormai questione di tempo. Compiuto il suo tradimento, tormentato dal rimorso Giuda si impiccò ad un albero106. 102 vedi Gv 12,1-6 e Gv 13,29 Mt 21,1-11 104 Mt 26,14-16 105 Luca 23,3-6 106 Mt 27,3-5 103 10