EATBPE
CAD
RC
GU
AG
YFUORCAD YF UOTC FR
AG NE
CI
IT NR
CI SL
GY VE
PO
IT
OP
HR GM
NE
AOER
CI SW
ZN
GF SL
C
A
AO
AG
O
Q KSJQ LP FCABWI BA VICLWBE
HU
PE
OI
PR
TW
P
TE
R
A
XS
VI CL XPEC
TB
P
SX
VT
AE
RDMDXIJ 3ENNEWI VA VICL ISMP
BU
M
NV ECWB NF RDCQ
TE
R
AH BG
VA I
EA VA VI CL GMD
ABWI NF XMFCABWI NF
MD
I 3 ENNE
Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo
Associazione di Enti Locali per l’Educational e la Cultura - Ente Formatore per Docenti
Istituzione Promotrice della Staffetta di Scrittura Bimed/Exposcuola in Italia e all’Estero
Partendo dall’incipit di Matteo Forte e con il coordinamento dei propri
docenti, hanno scritto il racconto gli studenti delle scuole e delle
classi appresso indicate:
I.I.S. “Sabatini-Menna” di Salerno – classe IIC
IPSAR “G. Colombatto” di Torino – classe IL
Liceo Statale “Alfano I” di Salerno – classi I/II B Linguistico
ITCG “E. Cenni” di Vallo della Lucania (SA) – classe IB A.F.M
I.I.S. “Sabatini-Menna” Liceo Artistico di Salerno – classe IIA
IIS “8 Marzo” – Liceo Scientifico di Settimo Torinese (TO) – classe IIB
Liceo Classico “P. Galluppi” di Catanzaro – classe VE
IPSAR “Ten. Marco Pittoni” di Pagani (SA) – classe IIA
I.S.I.S.S. “Mattei” di Aversa (CE) – classi IA/B/C/D - IIA/B/F
Editing a cura di: Matteo Forte
Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo Associazione di Enti Locali
Ente Formatore per docenti accreditato MIUR
Il racconto è pubblicato in seno alla Collana dei Raccontiadiecimilamani
Staffetta Bimed/Exposcuola 2013
La pubblicazione rientra tra i prodotti del Percorso di Formazione per Docenti “La Scrittura
Strumento indispensabile di evoluzione e civiltà” II livello. Il Percorso di Formazione è promosso
dal MIUR Dipartimento per l’Istruzione Direzione Generale per il Personale Scolastico Ufficio
VI e si organizza in interazione con l’Istituto Comprensivo “A. De Caro” di Lancusi/Fisciano (SA)
Direzione e progetto scientifico
Andrea Iovino
Monitoraggio dell’azione
e delle attività formative collegate
Maurizio Ugo Parascandolo
Responsabili di Area per le comunicazioni, il
coordinamento didattico, l’organizzazione
degli Stages, le procedure e l’interazione con
le scuole, le istituzioni e i fruitori del Percorso
di Formazione collegato alla Staffetta 2013
Linda Garofano
Marisa Coraggio
Andrea Iovino
Area Nord
Area Centro
Area Sud
Segreteria di Redazione
e Responsabile delle procedure
Giovanna Tufano
Staff di Direzione
e gestione delle procedure
Angelo Di Maso, Adele Spagnuolo
Responsabile per l’impianto editoriale
Matteo Forte
Grafica di copertina:
Valentina Caffaro Rore, Elisa Costanza
Giuseppina Camurati, Iulia Dimboiu, Giulia
Maschio, Giulio Mosca, Raffaella Petrucci,
Dajana Stano, Angelica Vanni - Studenti
del Corso di Grafica dell’Istituto Europeo
di Design di Torino, Docente Sandra Raffini
Impaginazione
Bimed Edizioni
Relazioni Istituzionali
Nicoletta Antoniello
Piattaforma BIMEDESCRIBA
Gennaro Coppola
Amministrazione
Rosanna Crupi
I libretti della Staffetta non possono essere in alcun modo posti in distribuzione Commerciale
RINGRAZIAMENTI
I racconti pubblicati nella Collana della
Staffetta di Scrittura Bimed/ExpoScuola
2013 si realizzano anche grazie al contributo erogato in favore dell’azione dai
Comuni che la finanziano perché ritenuta
esercizio di rilevante qualità per la formazione delle nuove generazioni. Tra gli
Enti che contribuiscono alla pubblicazione della Collana Staffetta 2013 citiamo: Siano, Bellosguardo, Pisciotta,
Cetara, Pinerolo, Moncalieri, Susa, SaintVincent, Castellamonte, Torre Pellice, Castelletto Monferrato, Forno Canavese,
Rivara, Ivrea, Chivasso, Cuorgnè, Santena, Agliè, Favignana, Lanzo Torinese. Si
ringrazia, inoltre, il Consorzio di Solidarierà Sociale “Oscar Romero” di Reggio
Emilia, Casa Angelo Custode di Alessandria, Società Istituto Valdisavoia s.r.l. di
Catania, Associazione Culturale “Il Contastorie” di Alessandria, Fondazione
Banca del Monte di Rovigo.
La Staffetta di Scrittura riceve un rilevante contributo per l’organizzazione
degli Eventi di presentazione dei Racconti 2013 dai Comuni di Bellosguardo,
Moncalieri, Ivrea, Salerno, Pinerolo, Saint
Vincent, Procida e dal Parco Nazionale
del Gargano/Riserva Naturale Marina
Isole Tremiti.
Si coglie l’occasione per ringraziare i tantissimi uomini e donne che hanno operato
per il buon esito della Staffetta 2013 e
che nella Scuola, nelle istituzioni e nel
mondo delle associazioni promuovono
l’interazione con i format che Bimed annualmente pone in essere in favore delle
nuove generazioni. Ringraziamenti e
tanta gratitudine per gli scrittori che annualmente redigono il proprio incipit per
la Staffetta e lo donano a questa straordinaria azione qualificando lo start up
dell’iniziativa. Un ringraziamento particolare alle Direzioni Regionali Scolastiche
e agli Uffici Scolastici Provinciali che si
sono prodigati in favore dell’iniziativa. Infine, ringraziamenti ossequiosi vanno a S.
E. l’On. Giorgio Napolitano che ha insignito la Staffetta 2013 con uno dei premi
più ambiti per le istituzioni che operano
in ambito alla cultura e al fare cultura, la
Medaglia di Rappresentanza della Repubblica Italiana giusto dispositivo Prot.
SCA/GN/0776-8 del 24/09/2012.
Partner Tecnico Staffetta 2013
Si ringraziano per l’impagabile apporto
fornito alla Staffetta 2013:
i Partner tecnici
UNISA – Salerno, Dip. di Informatica;
Istituto Europeo di Design - Torino;
Cartesar Spa e Sabox Eco Friendly
Company;
ADD e EDT Edizioni - Torino;
il partner Must
Certipass, Ente Internazionale Erogatore
delle Certificazioni Informatiche EIPASS
By Bimed Edizioni
Dipartimento tematico della Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo
(Associazione di Enti Locali per l’Educational e la Cultura)
Via della Quercia, 64 – 84080 Capezzano (SA), ITALY
Tel. 089/2964302-3 fax 089/2751719 e-mail: [email protected]
La Collana dei Raccontiadiecimilamani 2013 viene stampata in parte su
carta riciclata. È questa una scelta importante cui giungiamo grazie al contributo di autorevoli partner (Sabox e Cartesar) che con noi condividono il
rispetto della tutela ambientale come vision culturale imprescindibile per chi
intende contribuire alla qualificazione e allo sviluppo della società contemporanea anche attraverso la preservazione delle risorse naturali. E gli alberi sono
risorse ineludibili per il futuro di ognuno di noi…
Parte della carta utilizzata per stampare i racconti proviene da station di
recupero e riciclo di materiali di scarto.
La Pubblicazione è inserita nella collana della Staffetta di Scrittura
Bimed/Exposcuola 2012/2013
Riservati tutti i diritti, anche di traduzione, in Italia e all’estero.
Nessuna parte può essere riprodotta (fotocopia, microfilm o altro mezzo)
senza l’autorizzazione scritta dell’Editore.
La pubblicazione non è immessa nei circuiti di distribuzione e commercializzazione e rientra tra i prodotti formativi di Bimed destinati
unicamente alle scuole partecipanti l’annuale Staffetta di Scrittura
Bimed/ExpoScuola.
PRESENTAZIONE
dedicato alle maestre e ai maestri
… ai professori e alle professoresse,
insomma, a quell’esercito di oltre mille
uomini e donne che anno dopo anno
ci affiancano in questo esercizio straordinario che è la Staffetta, per il sottoscritto, un miracolo che annualmente
si ripete. In un tempo in cui non si ha la
consapevolezza necessaria a comprendere che dietro un qualunque prodotto vi è il fare dell’essere che è, poi,
connotativo della qualità di un’esistenza, la Staffetta è una esemplarità su
cui riflettere. Forse, la linea di demarcazione che divide i nativi digitali dalle
generazioni precedenti non è nel fatto
che da una parte vi sono quelli capaci
di sentire la rete come un’opportunità
e dall’altra quelli che no. Forse, la differenza è nel fatto che il contesto digitale che sempre di più attraversa i nostri
giovani porta gli individui, tutti, a ottenere delle risposte senza la necessità
di porsi delle domande. Così, però, è
tutto scontato, basta uno schermo a risolvere i nostri bisogni… Nel contempo,
riflettere sul senso della nostra esistenza
è sempre meno un bisogno e il soddisfacimento dei bisogni ci appare come
il senso. Non è così, per l’uomo, l’essere,
non può essere così.
Ritengo l’innovazione una delle più rilevanti chiavi per il futuro e, ovviamente, non sono contrario alle LIM, a
internet e ai contesti digitali in generale, sono per me un motore straordinario e funzionale anche per la relazione
tra conoscenza e nuove generazioni,
ma la conoscenza è altro, non è mai e
in nessun caso l’arrivo, l’appagamento
del bisogno… La conoscenza è nella
capacità di guardare l’orizzonte con la
curiosità, il piacere e la voglia di conquistarlo, questo è! Con la staffetta il
corpo docente di questo Paese prova
a rideterminare una relazione con l’orizzonte, con quel divenire che accomuna
e unisce gli uomini e le donne in un afflato di cui è parte integrante il compagno di banco ma, pure, il coetaneo che
a mille chilometri di distanza accoglie la
tua storia, la fa sua e continua il racconto della vita insieme a te… In una
visione di globalizzazione positiva.
Tutto questo ci emoziona anche perché è in questo modo che al bisogno
proprio (l’egoismo patologico del nostro tempo), si sostituisce il sogno di
una comunità che attraverso la scrittura, insieme, evolve, cresce, si migliora. E se è vero come è vero che
appartiene alla nostra natura l’essere
parte di una comunità, la grande
scommessa su cui ci stiamo impegnando è proprio nel rideterminare
con la Staffetta una proficua interazione formativa tra l’innovazione e la
cultura tipica dei tanti che nell’insegnare hanno trovato… il senso.
Dedico questo breve scritto ai docenti ma vorrei che fossero i genitori e
gli studenti, gli amministratori e le imprese, la comunità e l’attorno, a prendere consapevolezza del fatto che è
proprio ri/partendo dalla Scuola che
potremo determinare l’evoluzione e la
qualificazione del nostro tempo e
dello spazio in cui viviamo. Diamoci
una mano, entriamo nello spirito della
Staffetta, non dividiamo più i primi
dagli ultimi, i sud dai nord, i potenti
dai non abbienti…
La Staffetta è, si, un esercizio di scrittura che attraversando l’intero impianto curriculare qualifica il contesto
formativo interno alla Scuola e, pure,
l’insieme che dall’esterno ha relazione
organica e continuativa con il fare
Scuola, ma la Staffetta è, innanzitutto,
un nuovo modo di esprimersi che enuclea nella possibilità di rendere protagonisti quanti sono in grado di
esaltare il proprio se nel confronto,
nel rispetto e nella comunanza con
l’altro.
Andrea Iovino
L’innovazione e la Staffetta: una opportunità per la Scuola
italiana.
Quando Bimed ci ha proposto di
operare in partnership in questa importante avventura non ho potuto far a
meno di pensare a quale straordinaria
opportunità avessimo per sensibilizzare un così grande numero di persone sull’attualissimo, quanto per molti
ancora sconosciuto, tema di “innovazione e cultura digitale”.
Sentiamo spesso parlare di innovazione, di tecnologia, di Rete e di 2.0,
ma cosa sono in realtà e quali sono le
opportunità, i vantaggi e anche i pericoli che dal loro utilizzo possono derivare?
La Società sta cambiando e la
Scuola non può restare ferma di
fronte al cambiamento che l’introduzione delle nuove tecnologie ha
portato anche nella didattica: cambia il metodo di apprendimento e
quello di insegnamento non è che una
conseguenza naturale e necessaria
per preparare gli “adulti di domani”.
Con il concetto di “diffusione della
cultura digitale” intendiamo lo svi-
luppo del pensiero critico e delle
competenze digitali che, insieme all’alfabetizzazione, aiutano i nostri ragazzi
a districarsi nella giungla tecnologica
che viviamo quotidianamente.
L’informatica entra a Scuola in modo
interdisciplinare e trasversale: entra
perché i ragazzi di oggi sono i “nativi
digitali”, sono nati e cresciuti con tecnologie di cui non è più possibile ignorarne i vantaggi e le opportunità e
che porta inevitabilmente la Scuola a
ridisegnare il proprio ruolo nel nostro
tempo.
Certipass promuove la diffusione della
cultura digitale e opera in linea con le
Raccomandazioni Comunitarie in materia, che indicano nell’innovazione e
nell’acquisizione delle competenze digitali la vera possibilità evolutiva del
contesto sociale contemporaneo.
Poter anche soltanto raccontare a
una comunità così vasta com’è quella
di Bimed delle grandi opportunità che
derivano dalla cultura digitale e dalla
capacità di gestire in sicurezza la re-
lazione con i contesti informatici, è di
per sé una occasione imperdibile. Premesso che vi sono indagini internazionali da cui si evince l’esigenza di
organizzare una forte strategia di ripresa culturale per il nostro Paese e
considerato anche che è acclarato il
dato che vuole l’Italia in una condizione di regressione economica proprio a causa del basso livello di
alfabetizzazione (n.d.r. Attilio Stajano,
Research, Quality, Competitiveness.
European Union Technology Policy for
Information Society II- Springer 2012)
non soltanto di carattere digitale, ci è
apparso doveroso partecipare con
slancio a questo format che opera
proprio verso la finalità di determinare
una cultura in grado di collegare la
creatività e i saperi tradizionali alle
moderne tecnologie e a un’idea di digitale in grado di determinare confronto, contaminazione, incontro,
partecipazione e condivisione… I
docenti chiamati a utilizzare una piattaforma telematica, i giovani a inventarsi un pezzo di una storia che poi
vivono e condividono grazie al web
con tanti altri studenti che altrimenti,
molto probabilmente, non avrebbero
mai incontrato e, dulcis in fundo, le
pubblicazioni…
Il libro che avrete tra le mani quando
leggerete questo scritto è la prova
tangibile di un lavoro unico nel suo
genere, dai tantissimi valori aggiunti
che racchiude in sé lo slancio nel liberare futuro collegando la nostra storia,
le nostre tradizioni e la nostra civiltà
all’innovazione tecnologica e alla
cultura digitale. Certipass è ben lieta
di essere parte integrante di questo
percorso, perché l’innovazione è cultura, prima che procedimento tecnologico.
Il Presidente
Domenico PONTRANDOLFO
INCIPIT
MATTEO FORTE
L’esaltatore
Mi chiamo Matteo. Ho sedici anni. Da grande sarò un cuoco. Lavorerò in un gran
ristorante. Sarò un cuoco stellato. Niente astronauta o pugile. Il mio sogno da
sempre è stato cucinare. Lo dico da pochi anni. La verità è che me ne vergognavo un po’. I miei compagni di classe non avrebbero capito. È difficile spiegare
che per caso una volta a otto nove anni, accompagnando mio zio da un amico
chef, entrando in cucina e osservando il lavoro frenetico di chi era dietro i fornelli
il mio cuore ha avuto un sussulto. All’uscita mi rideva ogni poro del mio corpicino.
Volevo vestirmi di bianco, avere un gran cappello e far saltare le pietanze con
la sola forza del mio polso destro.
Ho iniziato leggendo ricette e ricette. Lo facevo di notte quando tutti dormivano,
avevo la sensazione che questa fosse una passione che non si addiceva ad un
ragazzino come me. Un ragazzino come me avrebbe dovuto studiare la chitarra
elettrica o sbucciarsi le ginocchia correndo dietro ad un pallone o farsi mancare
la vista a furia di ore di videogame. Niente. Avevo occhi solo per i risotti, i brasati,
le paste al forno.
La mia prima ricetta fu una guarnizione di pizza surgelata: a metà cottura di una
bruttissima pizza insapore inserii mozzarella a tocchetti e olive denocciolate.
La seconda fu una pasta al forno. Dimenticai però di bollire i rigatoni e quindi risultarono un disastro.
I miei lavoravano fino a tardi e spesso, direi sempre, la sera per la cena mi lasciavano cose pronte da scaldare. Quelle ore di solitudine sono state le ore della
sperimentazione. Ritenevo che riscaldare una busta di Quattro salti in padella
fosse un modo per dimostrare la mia arte. Qualche tempo dopo iniziai una pratica
14
che continuo tuttora, leggere gli ingredienti riportati dietro le confezioni. Mi resi
conto che molti avevano, tra le altre cose, l’esaltatore di sapidità. Non capii.
Iniziai una lunga ricerca. Questa ricerca consisteva nel domandarlo ossessivamente a mia mamma, poi a mio padre, poi alla mia maestra. Sembrava che nessuno conoscesse questo ingrediente. L’ingrediente segreto. Passò del tempo.
Nessuno sapeva. Chiedevo al prete che mi faceva la comunione la domenica e
anche al salumiere dove mamma mi mandava a comperare il prosciutto, mi dicevo: chi «lavora nel settore alimentare, deve saperlo!» Macché, mistero.
Iniziai a convincermi che non potevano rivelare ad un ragazzino la verità, l’esaltatore di sapidità in realtà era una di quelle cose che mio padre liquidava con
un: «quando sarai grande capirai».
La fortuna e la mia caparbietà ebbero, dopo quasi un anno di ricerca, la meglio.
Con zio Lucio andammo a mangiare dal suo amico e dopo cena, come era solito,
entrammo in cucina per salutare lo chef. Ridevano e dicevano cose che non capivo. Presi il coraggio a due mani, urlai: «checosacazzoèlesaltatoredisapidità?»
Silenzio.
Lo chef mi guardò.
Mi accarezzò la testa e mi rispose.
«È un additivo chimico che si inserisce nei prodotti alimentari per renderli più saporiti, niente di buono però!, ad esempio il glutammato è pericoloso per il sistema
nervoso e in grandi quantità è tossico. Matteo, se la materia prima è buona non
c’è bisogno di aggiungere nulla». Prese fiato e aggiunse: «in certi paesi questi additivi sono, per i bambini, vietati per legge».
«Mio Dio! mia madre vuole uccidermi, Quattro salti in padella è nocivo per la
mia salute, per il mio sistema nervoso ne ho mangiate troppe buste forse sono un
tossico!». Questo pensai mentre quella sera provavo a dormire.
Per i giorni successivi non feci parola con nessuno di questa scoperta allucinante.
C’era un complotto da parte dei genitori per uccidere i loro figli. Panini e panini
di prosciutto cotto pieni di glutammato mangiati dai miei compagni di classe.
15
Giurai vendetta contro i grandi.
Pensai di parlarne con Jabba e Toni, i miei amici più cari. Loro dovevano sapere.
Ci incontravamo in un giardino della città. C’erano scivoli e altalene. Dico
c’erano perché i teppisti delle medie e delle superiori erano riusciti a sradicarli
e portarseli a casa. Televisori rotti e qualche pneumatico avevano preso il posto
dei giochi in quel giardino. Noi ci si vedeva lì. Era la nostra base.
16
1
CAPITOLO PRIMO
I tre Enne
Nel nostro piccolo regno trascorrevamo pomeriggi interi a discutere sui nostri problemi
e sulle incomprensioni dei grandi. Le ore volavano tra il piacere di stare insieme, immaginando di non trovarsi tra i cumuli di rifiuti che disseminavano il giardino. Ogni
tanto venivamo infastiditi da qualche bullo e costretti a scappare. A volte ci riunivamo
anche di sera, quando c’era la luna piena con le lucciole e il cielo stellato.
Tra i tanti problemi che avevamo affrontato fino ad ora, questo sembrava molto più
complesso e di un’urgenza assoluta. Dovevo assolutamente dirlo agli altri, liberarmi
da questo peso.
«Jabba, Toni! Ho scoperto il piano degli adulti, vogliono avvelenarci!!!»
E mentre Jabba, per nulla sconvolto alla mia rivelazione, continuava a divorare il
suo panino farcito con una mortadella dal colore sbiadito, ribattei: «Esaltatore di
sapidità! Anche i nostri panini contengono sostanze nocive. Jabba! Sputa quel panino. È pieno di glutammato!»
Jabba quasi si strozzò e allora, certo di aver ottenuto finalmente l’attenzione dovuta, continuai:
«Ragazzi dobbiamo unirci per evitare che altri ignari ragazzi siano avvelenati da
queste schifezze. Quando ero piccolo mia nonna (lei sì che mi cucinava delizie!)
mi ripeteva sempre che la nostra salute comincia dalla tavola. Non voglio che il mio
sistema nervoso impazzisca! Ecco la mia idea: creiamo un’associazione di aspiranti
cuochi, noi, che utilizzano solo ingredienti naturali!»
«Ma il cuoco non eri tu?» obiettò Toni.
«Sei sempre il solito disfattista. Dovete dare un senso alla vostra vita, no? E allora
fatevi guidare da chi ha già le idee chiare!»
Dopo le iniziali titubanze il mio entusiasmo coinvolse il gruppo che giurò di dar
vita al progetto.
18
I tre Enne
Al nostro trio però mancava un nome. Iniziai a spremermi le meningi.
«Ci serve un nome che ci caratterizzi bene!» esclamai tutto d’un fiato.
«Per cosa?» chiese il solito svagato Jabba.
«Per il gruppo, ovvio! Avrei pensato a Cook power, bello no?» dissi ad alta
voce.
«No è banale, fa troppo Power ranger» sghignazzò Toni.
«Allora proponete voi qualcosa».
«Gli eroi del sapore! Questo sì che mi piace» disse Jabba.
«Ma quanti anni hai, due?» ribadì l’ipercritico Toni.
La discussione stava degenerando quando mi venne l’illuminazione giusta:
«Ragazzi, basta se cominciamo litigando sul nome, ma ho un idea! Siamo tre,
lottiamo contro gli esaltatori di sapidità, ma in modo naturale, quindi siamo: I
TRE ENNE!!! E come esaltatori, enne come naturalità. Che ne dite, rende l’idea?»
Dai loro sguardi entusiasti capii. Il nostro gruppo era stato battezzato. Toni,
che era l’artista dei tre, prese subito carta e penna per creare il logo del nome.
Rimaneva adesso però da discutere sul fine dell’associazione. Se si cucinava,
ci doveva pur essere qualcuno che mangiava.
Dopo varie proposte capimmo che dovevamo coinvolgere più persone possibili e il parco era il posto giusto per tutti, sebbene così trascurato e malsano.
Con l’aiuto del cugino di Jabba che lavorava da un falegname, avremmo potuto costruire un piccolo chiosco dove poter vendere le nostre creazioni a tutti
i ragazzini che come noi, erano costretti a sorbirsi i famigerati Quattro salti in
padella a causa di genitori assenti ed indaffarati. Toni avrebbe recuperato
dei vecchi fornelli in disuso nel suo garage e ognuno di noi con i propri risparmi
procurato la materia prima. Con il ricavato avremmo potuto iscriverci magari ad
un corso di cucina per diventare veri chef ed aprire un giorno un vero ristorante, anzi una catena di ristoranti!
Mancava solo un posto riparato dove cucinare. Con il nostro entusiasmo nessun ostacolo sembrava insormontabile!
Capitolo primo
19
Ci addentrammo quindi nel parco alla ricerca di un posto adatto per installare
la nostra cucina. Percorremmo un sentiero stretto molto ombroso a causa dei
grandi e folti alberi. Durante il percorso trovammo molti rifiuti come cocci di bottiglie, mozziconi di sigarette, siringhe ed ogni mal di dio.
Toni incupito dalla vista di quel disastro si fermò di scatto ed esclamò:
«Non diventerò mai come questi incoscienti!»
Io e Jabba all’unisono con un cenno della testa gli facemmo capire che aveva
pienamente ragione, ma adesso noi avevamo uno scopo importante nella vita.
Al lato destro del sentiero scorreva lentamente un ruscello anch’esso inquinato
come l’ambiente circostante. Il sentiero diventava sempre più cupo per la vegetazione selvaggia: forse ci eravamo allontanati un po’ troppo e in più stava calando la sera.
Continuammo comunque a camminare quando intravedemmo dietro una grossa
quercia un vecchio capannone. Con i muri di un legno logoro e il tetto di lamiera,
sembrava abbandonato, ma ci accorgemmo che dalla canna fumaria usciva del
fumo. Davanti all’ingresso c’erano attrezzi di giardinaggio di ogni tipo. Ci avvicinammo alla porta, era rosso rubino. Era socchiusa ed entrammo. L’interno era
piuttosto buio. In un angolo si intravedeva una vecchia stufa a legna che emetteva una lieve luce quasi spettrale. Al centro della stanza spiccava un vecchio
tavolo in legno antico con alcune parti ormai rovinate dal tempo. Sopra, in un
recipiente di vetro rotondo c’era una strana sostanza pastosa.
«Che diavolo sarà quella cosa?» esclamò Jabba.
«Sembrerebbe un impasto per fare la pizza» dissi.
«Da cosa l’hai capito? Non so voi, ma io non ho mai visto fare la pizza a casa,
mia madre al massimo compra la pizza surgelata!»
«Una volta l’ho vista preparare in televisione, ma questa sostanza sembra diversa».
Mentre eravamo intenti ad osservare quella strana cosa “molliccia”, una voce
agghiacciante e cavernosa ci fece venire la pelle d’oca.
20
I tre Enne
«È lievito madre SCIOCCHI!!!»
Ci girammo di scatto. Una strana figura ci fissava severamente: era un uomo di
tarda età, di media altezza con un volto rugoso. Gli occhi erano di un grigio che
sembrava metallo fuso. I lunghi capelli bianchi erano raccolti in uno stravagante
codino. Indossava degli abiti consumati e mal abbinati tra loro. Ci guardava
con aria minacciosa, la sua fronte era aggrottata e i suoi occhi incutevano timore. Raggiunse il tavolo e con molta rapidità richiuse il panno umido.
«Andate via! Non vi basta aver distrutto il parco, ora volete far danni anche a
casa mia?»
Eravamo impietriti, le nostre gambe erano di gelatina. Balbettando riuscii solo a dirgli:
«S… scusi nnnon vo... volevamo… e poi non abbiamo ridotto noi così il parco!»
«E già, sono sempre gli ALTRI i responsabili» sottolineò amaramente il vecchio,
prese una pausa e chiese: «cosa volete?»
«Cercavamo solo un posto dove realizzare il nostro sogno! risposi con impeto.
Alla parola sogno il vecchio cambiò espressione e nei suoi occhi mi sembrò di
scorgere un velo di nostalgia.
«Quale sarebbe questo sogno?» borbottò a denti stretti il vecchio addolcito
nei toni.
Presi il coraggio a quattro mani e mi dilungai in una accorata spiegazione del nostro favoloso progetto. Alla fine del discorso mi sembrò di scorgere l’ombra di un
sorriso sul volto segnato dal tempo (e forse dalle difficoltà della sua vita) dell’uomo che dichiarò di chiamarsi Filiberto e di essere il custode del parco, licenziato ormai da anni dall’ultima amministrazione comunale per mancanza di fondi.
Mi venne spontanea allora la riflessione che il nostro Comune aveva fatto così
tanti sprechi (come l’investimento delle nuove auto blu ultimo modello lusso per i
consiglieri comunali) e poi aveva deciso di mandare alla malora il nostro parco
pubblico. Anche per cambiare questo stato di cose la nostra associazione doveva battersi. Proponemmo al nostro, forse, nuovo amico di aiutarlo a ripulire il
parco in cambio dell’uso della sua capanna per cucinare.
Capitolo primo
21
Filiberto, che non era molto loquace, ci fece cenno di seguirlo e ci portò verso
la vecchia cucina a legna che doveva essere almeno del secolo scorso. Da una
mensola impolverata afferrò un grande manoscritto rilegato con una logora pelle
verde e con modi spicci sentenziò:
«Questo libro raccoglie tutte le ricette della mia famiglia e ce ne è una che potrà
interessarvi anche perché così imparerete ad usare il mio ottimo lievito madre
che tanto aveva attirato la vostra attenzione».
Aprì quindi il libro in una pagina dove troneggiava un’immagine stilizzata di un
delizioso cestino di pane con invitanti verdure croccanti. E così leggemmo:
Cestino dell’orto
Ingredienti
Per la pasta di pane:
- 250 gr. di farina 00
- 130 gr. di acqua tiepida
- 1 cucchiaino di olio
- 1 cucchiaino di sale
- lievito madre q.b.
Per il ripieno:
- 2 zucchine
- 2 peperoni
- 2 patate
- 2 melanzane
- 4 pomodori maturi
- 250 gr. di mozzarella
- sale q.b.
- olio extra vergine d’oliva per friggere
Preparazione
Amalgamare la farina con l’acqua tiepida, l’olio, il sale e il panetto di lievito madre
e lavorare finché l’impasto non risulterà liscio. Far lievitare per almeno due ore.
22
I tre Enne
Nel frattempo friggere in padella singolarmente ciascun ortaggio.
Stendere l’impasto e disporlo in piccoli stampi simili a cestini e fare cuocere in
forno caldo a 240 gradi finché i cestini non risultano dorati. Agli ultimi minuti di
cottura aggiungere le verdure e la mozzarella finché non risulta filante. Sfornare
e servire.
La sola lettura di questa delizia ci provocò un incontrollato borbottio nello stomaco a cui sopraggiunse una diffusa eccitazione che ci spingeva a voler provare a tutti i costi a realizzare questa specialità del nostro terribile buon
guardiano.
Capitolo primo
23
CAPITOLO SECONDO
Primi problemi
«Fai attenzione che mi sporchi tutto!» disse la madre di Jabba mentre eravamo
nella sua cucina a realizzare delle nuove ricette.
«È tutto sbagliato, hai combinato un disastro!»
In quel momento capimmo quanto fosse difficile e impegnativo cucinare e mi vennero in mente mille pensieri confusi.
Ma sarà davvero questo il nostro futuro? Siamo solo dei bambini che cercano di
realizzare i propri sogni. Ricordo che mamma da bambino mi disse: sii sempre
forte, amore, che il mondo là fuori è tutt’altro che rose e fiori... Questo cantante
riesce sempre ad interpretare le mie emozioni. Abbiamo solo otto anni, chissà se
riusciremo a portare avanti il nostro sogno passando sopra ad ogni difficoltà. La
vita è piena di sfide… se neanche i grandi riescono a superare gli ostacoli, figuriamoci noi che siamo solo dei ragazzini. Ho paura, ho paura di aver sbagliato
tutto, di fare troppi errori. Forse sono solo un povero illuso.
«Matteo, dopotutto questi cestini dell’orto non sono niente male! È bastato aggiungere delle spezie per dare quel tocco in più che solo gli ingredienti naturali
sanno dare!» Disse Toni con il suo solito ottimismo.
Era sempre di buon umore, felice e solare. In sua presenza nessuno riusciva ad essere triste: era un ragazzo che sprizzava energia e ottimismo, ma nello stesso
tempo attento e riflessivo.
Era cicciottello a causa delle sue scorpacciate di panini a scuola, ma i suoi
grandi occhi verdi non smettevano mai di brillare e il suo sorriso contagioso non
si spegneva mai.
Io e Jabba, invece, eravamo i burloni del gruppo: ci piaceva sempre scherzare
e fare giochi stupidi, però, quando eravamo giù di morale, riuscire a rasserenarsi
era difficile. Eravamo abbastanza magrolini; Toni aveva l’ossessione per i capelli:
24
Primi problemi
i suoi ricci neri, che attiravano sempre l’attenzione dei passanti, erano sacri per
lui. Io, invece, mi vergognavo dei miei capelli troppo rossi, per cui li coprivo sempre con il cappuccio della felpa, in modo da evidenziare il mio punto forte : gli
occhi azzurri come il cielo.
Nella casa c’era silenzio, ad un tratto Jabba si alzò: «Forse dovremmo aspettare
a realizzare i nostri sogni e comportarci come dei semplici bambini che non hanno
preoccupazioni né paure. Mi dispiacerebbe, però, dare una delusione al nostro
grande amico Filiberto: ci ha aiutati e motivati per realizzare il nostro più grande
sogno, che piano piano è diventato anche il suo».
«Jabba hai proprio ragione, però…».
«Ragazzi è tardissimo! Mia mamma mi starà aspettando già da un bel pezzo!»
Urlai, infilai di corsa nella cartella alcuni dei biscotti che avevamo realizzato
dopo i cestini, indossai le scarpe e corsi via salutando di sfuggita la mamma di
Jabba.
Il giorno seguente ci ritrovammo al parco pronti a pulirlo, ma dopo alcune ore di
lavoro ci accorgemmo che era troppo grande per tre bambini. Per fortuna a
Jabba venne un’idea: «Ma se decidessimo di fare una giornata ecologica per pulire il parco?»
«Sì, è un’ottima idea! E se facessimo anche una raccolta fondi per realizzare il nostro chiosco?»
«Ok!»
Eravamo sicuri che, se volevamo portare a termine il progetto, dovevamo avere
tutto il paese dalla nostra parte, per cui decidemmo di parlarne in classe con i
nostri compagni, per fare in modo che la voce si spargesse nella scuola.
Jessica, la mia vicina di banco, era innamorata di me e, forse proprio per questo,
si appassionò alla nostra causa. Era una ragazzina di otto anni poco più alta di
me. Aveva lunghi capelli biondi ed era molto gracile. Arrivata a casa, ne parlò
con la madre, la cui reazione, lo venni a sapere dopo, fu tutt’altro che entusiasta:
era, infatti, la proprietaria di un ristorante nei pressi del parco e capì subito che
Capitolo secondo
25
quell’iniziativa poteva essere una scocciatura per lei. Spiegò chiaramente alla
figlia la situazione che poteva venirsi a creare e le diede precise indicazioni sul
da farsi:
«Allora Jessica, ascoltami bene. Dovrai fare tutto ciò che ti dico senza obbiettare.
Domani andrai in classe e ascolterai ciò che diranno i tuoi compagni su questa
giornata dell’ecologia».
Nei giorni successivi notai che Jessica era molto diversa dal solito: partecipava
alle nostre riunioni, ma non riusciva più a sostenere il mio sguardo e da allegra
e spensierata, sembrava essere ora triste e pensierosa ed io non riuscivo a capirne il motivo. Seppi solo dopo molto tempo che si sentiva in colpa per quello
che stava facendo e che pensava che se io l’avessi scoperto ci sarei rimasto malissimo e probabilmente non le avrei più rivolto la parola.
La mamma di Jessica, Antonella, era una donna molto severa, pretendeva il rispetto delle regole; era bellissima, ma aveva un carattere forte e scontroso.
Magra, occhi azzurri e sguardo deciso. Aveva lunghi capelli neri che molte volte
raccoglieva in una coda. Era la tipica donna in carriera, pronta a tutto pur di
raggiungere i propri obiettivi.
All’uscita da scuola dissi ai miei amici: «Il ristorante di Jessica è il più frequentato
della zona: potremmo prendere spunto da alcune sue ricette!»
«Hai ragione! Convinciamo i nostri genitori a portarci stasera a cenare lì!»
Entrati nel ristorante, fummo accolti dalla proprietaria che ci accompagnò al nostro tavolo. La cosa che ci colpì immediatamente fu l’eleganza del locale, con
le pareti bordeaux e il pavimento ricoperto da un lucido parquet.
La sala era ampia e accogliente, i tavoli erano rotondi e disposti in maniera ordinata, le tovaglie sembravano ricamate a mano e come centrotavola su ciascuno c’era una bellissima composizione di fiori. Il personale era molto curato,
vestito in giacca e cravatta. Ci accomodammo al tavolo e ci venne dato il menù.
Erano presenti moltissime pietanze, tutte diverse tra loro e all’apparenza squisite
.
26
Primi problemi
Quando la signora Antonella arrivò per prendere gli ordini, ci guardò con aria
di sfida, ma noi in quel momento non ne capimmo il motivo.
Il padre di Jabba domandò al figlio: «Cosa vuoi come antipasto?»
«Vorrei degli affettati misti».
Io, in vena di scherzare e per alleggerire quella tensione che si era improvvisamente creata, dissi: «Affettati? Sentite questa: Un giorno la mortadella innamorata
guardò il coltello e gli disse: “Ma tu cosa provi per me?” il coltello rispose: “Affetto!“ ahahahah».
Tutti risero.
«Ve li porto subito, nel frattempo scegliete gli altri piatti» concluse Antonella.
Fu una bella serata e tutte le portate erano davvero deliziose.
Quella sera tornando a casa un po’ scoraggiato, chiesi a mia madre: «Secondo
te in quelle pietanze ci sono ingredienti nocivi, come l’esaltatore di sapidità?»
«Che domanda sciocca! Tutti li usano e anche noi a casa abbiamo molti prodotti
che li contengono».
Rimasi perplesso perché mi resi conto che ristoranti e famiglie, invece di utilizzare
prodotti freschi e naturali, preferiscono accorciare i tempi usando prodotti confezionati, anche se sanno benissimo che non fanno bene alla salute.
Una cosa era certa però: nel nostro chiosco non li avremmo mai usati!
Capitolo secondo
27
CAPITOLO TERZO
Un giardino…le stagioni della vita
«Matteo sbrigati, devo andare a lavoro!»
«Mamma solo un momento, non trovo la chiavetta USB»
«Prova a cercare nel cassetto della scrivania».
Velocemente inizio a frugare tra le mie cose. Come spesso capita in questi momenti, non si trova mai ciò che si cerca! Inaspettatamente tra le mani mi arriva un
vecchio volantino, disegnato da Toni...
«Il manifesto della nostra 1ª giornata ecologica! Sono già passati otto anni?!?»
Improvvisamente i ricordi iniziano a passeggiare nella mia mente. Ripenso a quel
giorno, come se fosse ieri: io, Toni e Jabba eravamo eccitatissimi, volevamo che
tutto fosse perfetto, ma…
Avevamo cominciato i preparativi già da alcune settimane. C’era ancora tanto
da fare e mancava poco alla data prevista, ma eravamo certi che il nostro progetto sarebbe stato un successo!
«Ragazzi, dobbiamo stabilire un sacco di cose!» esclamai in preda all’agitazione.
«Matteo, insomma, guardati in giro, così non va!», disse Toni.
Scrutai intorno a noi. Il giardino era ancora in un grande disordine. E, per quanto
c’eravamo impegnati, c’erano pochi spazi ripuliti, ancora molti, troppi i rifiuti.
Avevano ragione, ma non potevo, non dovevo perdermi d’animo. Con fare deciso
proposi: «Organizziamo soltanto dei punti del parco. In alcuni collocheremo gli stand
raggruppati per settori. All’ingresso sulla destra, esporremo il nostro progetto e la finalità della nostra associazione. Lì affiggiamo la pianta del giardino con le foto attuali del luogo e le nostre idee di trasformazione, secondo gli schizzi di Toni».
Così facemmo. Un po’ più avanti a sinistra ponemmo il punto di consegna del materiale per la raccolta dei rifiuti. Lì dove prima era il piazzale delle giostre, ora,
28
Un giardino… le stagioni della vita
con il prato risistemato e la fontana, collocammo l’angolo dei giochi e dell’animazione per i più piccoli. Così gli adulti sarebbero stati più liberi per poterci aiutare. Lungo il ruscello, Filiberto aveva ripristinato il viale e le staccionate,
riordinato tutto intorno al suo capannone e rimbiancato le pareti esterne. Aveva
aggiustato alcune parti con del legno naturale, aiutato dal cugino di Jabba. Le
cucine, collocate davanti al portico, erano pronte all’uso. Solo gli stand erano
ancora da montare, ma i nostri genitori, finite le altre cose stabilite, lo avrebbero
fatto nel pomeriggio.
La signora Alba con il marito (era la nostra catechista), aveva portato delle fioriere con dei ciclamini variopinti, da collocare in vari posti per abbellirli.
Era stato definito il nostro menù naturale e genuino: i “Tre Esaltatori di Naturalità”
e Filiberto avevano le idee chiare! La sezione dolci era stata assegnata alle
mamme della nostra classe, solo con prodotti fatti in casa: aboliti aspartame e
edulcoranti a favore dello zucchero; genuine marmellate, noci, mandorle e nocciole senza contorno di solfiti. Erano stati tutti avvertiti: i nostri biscotti dovevano
essere privi di E 470a (un sapone)! E la frutta doveva essere quella di stagione,
non protetta da difenile ed etilene.
Antonella uscì dal ristorante e vide i ragazzi e gli altri genitori che allestivano il
parco. Sapeva cosa stava succedendo. Jessica l’aveva tenuta al corrente di
tutto, ma non pensava che sarebbero arrivati a tanto e, soprattutto, con quei risultati. Aveva aspettato, forse troppo, prima di muoversi. Non poteva più attendere oltre! Chiamò la figlia in disparte e le chiese di raccontarle nei dettagli ciò
che era stato organizzato per la domenica.
Inoltre, vogliamo preparare dei cibi naturali e offrirli alle persone che verranno.
Antonella intuì che l’idea poteva essere deleteria: non solo le avrebbe tolto
clienti, ma, per aumentare il margine di guadagno, non aveva sdegnato di utilizzare nel suo ristorante prodotti trattati e non sempre dei migliori. Sì, doveva intervenire. Pensò a un modo per boicottare l’iniziativa degli amici di Jessica.
Si ricordò del suo cameriere Andrea. Spesso lo aveva sentito lamentarsi del figlio,
29
Capitolo terzo
poiché faceva parte di un gruppo di bulli. Erano gli stessi che, negli anni, avevano rovinato il parco. Sapeva dove si incontravano. Senza tergiversare, andò
a cercarlo. Lo vide da lontano e gli fece cenno di avvicinarsi.
«Ciao Simone, sai cosa si sta organizzando per domenica al parco?»
Gli spiegò cosa aveva in mente e gli chiese di aiutarla.
Più di una volta aveva tolto il ragazzo dai guai se si era trovato in difficoltà, e
sapeva che non poteva negarle quel favore.
La sera, quando rincasò dal ristorante, tirò diritta verso la camera della figlia: «Tesoro, domani dovrai fare qualcosa per me. Ora riposati, sarai stanca».
Le baciò la fronte e spense la luce.
La domenica mattina mi svegliai. Era arrivato il giorno tanto atteso. Dopo molta
fatica il parco era di nuovo pieno di gente. Mi guardai intorno. Era tutto pronto,
proprio come doveva essere: perfetto!
All’improvviso Jabba, con uno sguardo notevolmente preoccupato, mi venne incontro. Intuii che qualcosa non andava.
«Matteo, corri, c’è un problema».
Ci precipitammo in cucina. C’erano vermi sparsi dappertutto: sul pavimento, tra i
cibi... gran parte del buffet era rovinato.
«Non è possibile! Jabba controlla le cose appena sfornate».
Il viso di Jabba s’illuminò: «I cestini dell’orto sono salvi!» esclamò con entusiasmo.
«Grande, non è tutto perduto! Filiberto, Toni, prepariamo più cestini. Offriremo
quelli e le cose che si sono salvate»
«D’accordo» risposero.
Poi Filiberto, mentre si dava fare, riprese: «Eppure mi sembra strano. Oltre ad aver
pulito ovunque avevo anche disinfettato».
Jabba, intanto, nel riordinare, scorse nel secchio della spazzatura alcuni barattolini di vetro. “Esche vive” riportavano le etichette.
«Matteo guarda!». Il tono di Jabba era di nuovo ansioso.
«Qualcuno ha cercato di rovinare la nostra iniziativa, ma chi può essere stato?»
30
Un giardino… le stagioni della vita
Purtroppo i problemi non erano finiti. Jessica entrò e con fare inquieto esclamò:
«È arrivato Simone con il gruppo dei bulli!»
«Questa non ci voleva. Speriamo che non cerchino grane e non ci rovinino ulteriormente la giornata» esclamai.
«Aspetta, e se fossero stati proprio loro a mettere i vermi qui stanotte?» ragionò
Jabba.
«Chissà. Certo si sono sempre divertiti a distruggere tutto. Proprio non li sopporto!»
gridò Toni da dietro i fornelli.
Uscirono dalla cucina e Jessica senza farsi notare si allontanò dal gruppo. Si appartò in un angolo, dove nessuno poteva vederla. Si sentiva terribilmente in
colpa, erano i suoi amici e li aveva ingannati. Era tutta colpa sua. I vermi ce li
aveva messi lei. La mamma, poi, aveva fatto intervenire i bulli per far ricadere la
colpa su di loro. Aveva causato un disastro!
Le lacrime le scesero dagli occhi, gli stessi che non riuscivano più a guardare in
faccia chi da qualche tempo aveva nel cuore.
«Matteo, mi fai fare tardi!» grida di nuovo la mamma.
«Arrivo!» Spesso mi è capitato di pensare a quella giornata. Eravamo solo dei ragazzini, eppure ci sembrava di avere già tanti nemici. Fortunatamente quel
giorno tutto era andato a buon fine e le “Tre piccole Enne” avevano vinto.
Entro in macchina. Il paesaggio scorreva veloce, come i miei pensieri… spesso,
vado a passeggiare in quello che ora è un bellissimo parco, grazie anche a noi.
«A cosa stai pensando?» Mi chiede la mia mamma.
«Niente, mi stavo chiedendo che fine avesse fatto Toni.
Mi manca molto il rapporto che avevamo prima».
Scesero dal motorino, raggiungendo la parte alta del castello, dove di solito si
recavano, per essere lontani da occhi indiscreti.
«Eppure mi sento in colpa, Jessica. Lui è il mio migliore amico ed io l’ho tradito con
la ragazza che ama». Lo sguardo di Toni era triste e malinconico, certamente diverso. Per tanti aspetti non era più quello di una volta.
31
Capitolo terzo
Gli era dispiaciuto essersi allontanato dal gruppo, ma oramai, a sedici anni, i
progetti fatti da bambini erano superati. Tuttavia teneva ancora a Matteo.
«Anch’io, ma non è colpa nostra se tra noi è nato qualcosa. Ha avuto la sua occasione con me, e l’ha sprecata».
Anche lei si era allontanata dai Tre Enne a causa della madre e di ciò che
l’aveva costretta a fare. Inizialmente si era sentita sola, poi aveva trovato in Toni
un forte sostegno e qualcuno con cui confidarsi. Anche questo li aveva portati
ad avvicinarsi e, forse, a dimenticare Matteo.
«Mi sentirei sicuramente meglio se Matteo sapesse la verità. È passato troppo
tempo, e sarà sempre più difficile confessare. Mi sento un verme! Stasera, se l’incontro al bar, mi avvicino e gli parlo!»
Jessica sapeva bene che alla fine la verità sarebbe venuta fuori, ma ancora non
se la sentiva. Cercò, quindi, di fargli cambiare idea.
«Non affrettare le cose. Pensiamoci bene, potremmo rovinare tutto e perdere la
sua amicizia per sempre».
Si avvicina e gli accarezza il viso, guardandolo nei suoi grandi occhi verdi: «Toni,
tranquillo, ogni cosa a suo tempo».
Poi lo abbraccia e, socchiudendo gli occhi, lo bacia con dolcezza.
32
Un giardino… le stagioni della vita
3
CAPITOLO QUARTO
Ritrovarsi
Toni, ormai solo a casa, pensa alle ultime parole di Jessica. Non è però per niente
d’accordo con quel “ogni cosa a suo tempo”. Pensa che l’amicizia valga molto
di più e che non sia più opportuno rinviare. C’è bisogno di un chiarimento e bisogna farlo subito.
Con una serie di sms inviati da Toni a me, a Jessica e a Jabba ci aveva fissato
l’appuntamento tra noi amici al parco. Una banale chiacchierata per chiarire alcune cose sarebbe stata inopportuna e insufficiente. Era necessario invece un incontro, come ai vecchi tempi.
Dal finestrino della macchina di mia madre intravedevo il castello avvicinarsi a
poco a poco e la voglia di rincontrare gli amici mi assaliva. Non appena scesi
dalla macchina, m’incamminai verso il giardino dietro al castello dove, come
d’accordo, ci saremmo dovuti incontrare. Arrivai per primo, come sempre, volevo
ricordare, senza essere disturbato, le avventure che otto anni fa con Jabba e Toni
avevamo vissuto in quel luogo. Svoltai l’angolo e rividi il piccolo cancello arrugginito e mi venne in mente quando, da piccoli, per entrare nel parco lo scavalcavamo.
Spinsi delicatamente il cancello con un piede ed esso si aprì cigolando lasciando cadere, silenziosamente, quei pochi pezzi di pittura che vi erano rimasti
incrostati. Attraversai a piccoli passi il giardino, come se non lo conoscessi. In
realtà, lo facevo solo per rivivere ciò che otto anni fa avevamo combinato in
quel parco. Ogni singola parte o oggetto aveva un significato particolare. Al
centro del parco vi era ancora lo zampillo con il quale giocavamo a schizzarci
l’acqua nei giorni più caldi. Ricordai, ancora, che in quella vecchia piscina dall’acqua verdastra, da piccoli buttavamo delle pietre, esprimendo i nostri desideri.
A un tratto mi voltai, da lontano vidi delle figure: un ragazzo ed una ragazza
34
Ritrovarsi
che teneramente si tenevano per mano. Quell’incontro, proprio lì, a distanza di
tempo mi emozionava, anche perché, nonostante ci fossimo visti ancora negli
anni, non eravamo però, mai riusciti a parlare e a chiarire alcuni dubbi. Da lontano riconobbi Toni e Jessica.
Mi avvicinai a loro con un sorriso freddo e insicuro; li salutai con una stretta di
mano e un semplice ciao.
C’era un profondo imbarazzo fra noi, e Jessica lo sentiva maggiormente. Appena
li vidi tenersi per mano, nella mia testa tutti i pensieri iniziarono a mescolarsi e mi
vennero in mente i momenti in cui Jessica era innamorata di me e a quando poi,
più tardi m’innamorai di lei, senza che nessuno se ne accorgesse e soprattutto
senza che lei lo sapesse. Non avevo mai avuto il coraggio di dirle nulla, sia
quando eravamo bambini, sia quando ci eravamo ritrovati soli io e lei un’estate
al mare.
Erano loro, i miei amici dell’infanzia di tante avventure, anche se erano cambiati
fisicamente. La pancia che Toni si era portato appresso dal tempo delle elementari, era svanita. La sua faccia rotonda aveva lasciato il posto a un volto lungo
e ben disegnato dagli zigomi.
La ragazza che era di fianco a lui era lei, Jessica. Non era cambiata, era bella
più che mai. I suoi lunghi capelli biondi erano, però, svaniti, al loro posto vi era
una corta chioma che a malapena raggiungeva le spalle e incorniciava il suo bel
viso, mettendo in risalto i suoi occhi di un verde intenso.
Con un cenno della mano li invitai a sedersi accanto a me. Appena ci sedemmo,
Toni sovrastò lo scroscio dell’acqua e disse:
«Questo posto non è cambiato per nulla rispetto a otto anni fa». La sua voce non
era molto rassicurante, era pervasa da una strisciante sensazione di rabbia.
«Eh, già» rispondemmo in coro io e Jessica.
Poco dopo da lontano arrivò anche il solito ritardatario. Jabba,gli anni lo avevano semplicemente slanciato. Ci salutò come faceva sempre: «scusate il ritardo,
ma il mio motorino…»
Capitolo quarto
35
Una brusca risata di tutti bloccò la sua solita scusa, cui nessuno aveva mai creduto.
Jabba era il più stravagante, il più disordinato e anche il meno affidabile del gruppo.
Seduti gli uni accanto agli altri, sembravamo perfetti sconosciuti, ci parlavamo
come se fosse stata la prima volta.
Avevo l’impressione che, fra tutti, Jessica fosse la più imbarazzata e smaniosa di
parlare. All’improvviso cominciò a dire:
«Nella mia vita sono cambiate tante cose, non sono più la stessa di allora. Da
sette anni non vivo più con mia madre, ma con mio padre e con i miei nonni paterni, perché i miei si sono separati. Le liti in casa erano frequenti, soprattutto a
causa di quel dannato ristorante. Mia madre, convinta che la gestione del ristorante andasse bene continuava a investire. I debiti aumentavano e mio padre
era costretto a dare tutti i suoi risparmi. Gestiva quel ristorante in modo scorretto,
acquistava prodotti di bassa qualità, non teneva conto delle norme igieniche e
sanitarie. Prodotti già scaduti arrivavano nei piatti dei clienti che hanno poi denunciato alle autorità competenti. I Nas ordinarono la chiusura del locale e mia
madre si è ritrovata con un mare di debiti e per sanarli è stata costretta a vendere la nostra casa.
La separazione tra i miei è arrivata subito dopo. Mio padre non ne poteva più
e anch’io non riesco a perdonarla per quello che ha fatto a quel povero uomo
ed anche a noi».
Improvvisamente Jessica si bloccò, arrossì, e non disse più una parola.
Toni raccolse una pietra e la lanciò nel piccolo laghetto dicendo: «Quale desiderio devo esprimere?»
Intervenni: «Che la nostra amicizia ritorni e nostri progetti passati continuino».
Erano passate da poco le sei, quando un’altra figura di ragazza comparve sulla
soglia del cancello. Tutti rimasero stupiti, tranne me.
Sapevo bene chi fosse quella ragazza quindi mi alzai e le andai incontro ignorando le facce imbronciate e stupite dei miei amici. Mi avvicinai a loro tenendola
per mano e la presentai:
36
Ritrovarsi
«Lei è Miriam, la mia ragazza».
Gli occhi di Jessica si fecero grandi e la faccia divenne rosso fuoco.
Con Miriam, stavamo insieme da tre mesi. Nessuno di loro la conosceva perché
i miei amici frequentavano una scuola diversa dalla mia e da quella di Miriam.
Jessica la scrutava dalla testa ai piedi. Miriam era una ragazza di sedici anni,
alta, magra, con la pelle olivastra, occhi neri e lunghi capelli neri. L’esatto opposto di Jessica. Avevo informato anche lei del nostro incontro poiché volevo
che i miei amici la conoscessero. Il nostro rapporto stava divenendo importante
nonostante fossimo insieme da poco, avevo ormai rinunciato a Jessica anche
se mi incuriosiva la sua reazione.
Pensai, fosse gelosia, ma non aveva ormai più senso, poiché aveva avuto tante
occasioni, purtroppo mai sfruttate.
Toni a un certo punto interruppe l’imbarazzo dicendo: «Che ne dite se cominciassimo a vederci come un tempo e a portare avanti quel progetto? Ora siamo
più grandi e sarà più facile. Avete notizie di Filiberto?»
Non aspettavo altro e aggiunsi: «D’accordo da dove cominciamo, il posto sarà
lo stesso, non ci sarà bisogno di tanto lavoro poiché il nostro parco è più curato anche dall’amministrazione comunale. Poi quei bulli saranno ormai uomini
non più interessati alle nostre idee».
Poi aggiunsi timidamente, guardando Jessica: «Il ristorante ormai è chiuso e non
ci sarà più concorrenza».
Jessica si alzò, raccolse il suo giubbino, la sua borsa, dicendo: «Condivido pienamente,
ma io questa volta non ci sarò, ho già causato troppi guai».
Io continuavo a non capire l’atteggiamento di Jessica e a che cosa si riferiva.
Decisi però che non era il momento di fare troppe domande. Avevo, invece, desiderio
di cominciare daccapo. Chiesi a Miriam un foglio di carta e una penna per annotare
qualche appunto. Il viso di Toni aveva un’espressione gioiosa, un modo di fare che io
conoscevo bene. Guardai i miei amici e aggiunsi: «Miriam potrebbe unirsi al gruppo,a
lei piace cucinare, sua madre è una nutrizionista e potrebbe esserci di aiuto».
Capitolo quarto
37
Tutti furono entusiasti, tranne Jessica che continuava a palesare la sua difficoltà.
Jessica, intanto, pensava che la sua presenza in quel gruppo non aveva più
senso. Non aveva avuto il coraggio di raccontare com’erano andate le cose
quella famosa domenica di otto anni fa. Il gruppo aveva una nuova amica, e il
confronto era imbarazzante. Sua madre era un’impostora, una poco di buono.
Una donna, di una certa età, capace di prendersela con dei bambini.
La madre di Miriam era invece una nutrizionista, una persona perbene.
La rabbia e la gelosia presero il sopravvento. Jessica si girò dicendo: «Vado via.
Toni, resta pure ancora un po’ con loro; torno a casa da sola».
Ci guardammo stupiti e nessuno aggiunse una parola.
38
Ritrovarsi
3
CAPITOLO QUINTO
Superstite
Mentre Jessica ancheggiando flessuosamente, si allontanava con passo rapido
e spedito, noi restammo lì contenti di esserci ritrovati e di poter condividere ancora momenti insieme. Nel vederla allontanarsi, nonostante tutto, un minimo di rimpianto mi assalì, ma infondo “il rimpianto è il miglior passatempo degli incapaci”.
E lei... cosa mai le poteva frullare nella mente, quali potevano essere i suoi pensieri, ciò che più mi importava: perché non voleva stare nel nostro gruppo?
Potevo essere io, forse, la causa di quell’ allontanamento? No, sicuramente no.
Proprio in quel momento Jessica rifletteva tra sé e sé:
Non ce la faccio, il rimorso mi opprime: mi pesa tantissimo guardare Matteo in
faccia, sentendomi la coscienza sporca.
La cosa migliore sarebbe dire tutto, liberarmi da questo senso d’angoscia che mi
assale ogni volta che incontro i miei amici di un tempo. Ho bisogno finalmente di
recuperare un rapporto leale e sincero con loro.
Ma se si arrabbiasse con me? Se non mi rivolgesse più la parola e se anche gli
altri mi odiassero? Avrei perduto per sempre la loro stima.
No! Jessica, devi farlo.
Non puoi continuare a fare finta di niente.
E poi Matteo e Jabba mi conoscono. Mi capiranno.
Su dai, ero solo una bambina di otto anni.
Ma se invece si sentissero traditi, e, non riuscissero più ad avere fiducia in me, li
perderei definitivamente.
«Non capisco cosa le succede!» esclamai rivolgendomi a Tony.
«Non lo so, è da quando siamo arrivati che si comporta in modo strano».
«Saranno cose da ragazze, sai come sono fatte».
40
Superstite
«Non credo che sia così».
Mentre continuammo a parlare, Jabba, preso dalla musica del suo iPod, vedendo
che la discussione iniziava a prendere animo e, sfilandosi le cuffiette chiese:
«Ehi ragazzi, cosa sono queste facce? Che succede?»
Tony con un’espressione più seria ci disse che era arrivato il momento di dirci
tutta la verità… Ma qual’era questa verità? Cosa voleva dirci?
Noi, sempre più presi dallo spavento, chiedemmo cosa fosse successo, lui abbastanza imbarazzato, iniziò la sua spiegazione:
«Ragazzi, i vermi che otto anni fa abbiamo trovato nei nostri cibi, non li hanno
messi i bulli del parco, come noi abbiamo ipotizzato, ma è stata proprio lei, e
questo segreto inizia a condizionare i suoi rapporti con noi».
«Cosa? Ma che stai dicendo? Stai scherzando, vero?»
«No ragazzi, purtroppo no! Jessica mi ha raccontato di essere stata costretta
dalla mamma, che pensate, temeva la nostra concorrenza!»
Questa notizia ci sconvolse, mai avremmo potuto pensare che una delle nostre
migliore amiche sarebbe stata in grado di tradirci.
Però in fondo io la capivo, non era stata colpa sua, aveva soltanto messo in
atto ciò che la mamma le aveva chiesto di fare… E chi direbbe mai di “NO” alla
propria mamma?
«Ragazzi.. Jessica ormai è cresciuta e sono sicuro che ora è diversa. Andiamo,
stiamo parlando della nostra migliore amica! Ora piuttosto pensiamo al nostro
sogno».
«Si va bene, mi fa piacere che, in qualche modo la capisci, però ti prego non
dirle niente. È lei che deve dirvelo».
«Si Tony, non preoccuparti. Ma ora pensiamo a un modo per realizzare il nostro
progetto».
Nel frattempo a Miriam, che aveva ascoltato tutto, venne un’idea:
«Ragazzi, perché non create un orto biologico? Pensate, potreste mangiare solo
cibi coltivati da voi! Che ne dite?»
Capitolo quinto
41
«Si, l’idea mi piace, ma non deve essere molto semplice realizzarla».
«Sapete mia mamma mi dice sempre che un cibo per essere salutare e naturale
deve essere di buona qualità, è questo quello che conta».
Detto questo, decidemmo che la cosa migliore era recarsi da Filiberto per parlargliene. Salutandoci Jabba e Tony si allontanarono, lasciando me e Miriam
liberi di trascorrere il pomeriggio insieme. Alle 21.00 accompagnata Miriam mi
avvicinai verso casa.
Una volta a casa inviai un messaggio a Jessica: “Possiamo vederci domani al
parco? Ho bisogno di parlarti”. Mi risposte immediatamente: “Ok, domani all’entrata del parco alle 17 ciao”.
Alle 5 del pomeriggio ero al parco.
Jessica subito mi chiese cosa volessi dirle. Le risposi che volevo vederla per chiedere spiegazioni circa la sua reazione di ieri. Calò un silenzio imbarazzante.
Poi all’improvviso: «Quando da piccoli organizzammo il buffet e poi trovammo i
vermi nelle portate, fu tutta colpa mia! Mamma mi costrinse a farlo! Io ero una
bambina, non volevo farla arrabbiare! Già litigava in continuazione con papà».
«Hey, su… tranquilla! eravamo bambini, non fa niente, ma ora non sentirti in
colpa!»
Le asciugai teneramente gli occhi: «Sai, quando mi sono pentito di non essermi
accorto prima dei tuoi sentimenti? Quando era troppo tardi per poterti avere».
«Lo so! voi ragazzi vi accorgete di tutto in ritardo».
Scoppiammo a ridere insieme e ci abbracciammo: «Allora? farai parte del nostro
gruppo?»
«Se me lo chiedi così».
«Sarà come i vecchi tempi... allora ci vediamo domani».
Dopo la brillante idea di Miriam, ci recammo tutti da Filiberto per discutere sulla
fattibilità del nostro progetto.
Gli comunicammo che eravamo li per chiedergli consiglio sul come impiantare un
orto biologico.
42
Superstite
«Ragazzi vi aiuterò molto volentieri, sappiate però che non sarà una cosa semplice».
Queste parole, non ci confortarono ma, non ci fecero neanche demordere.
«Allora ragazzi, per prima cosa dovremmo realizzare un canale in cui convogliare
l’acqua del ruscello, così facendo il terreno sarà sempre umido, poi ci occorrerà
del concime».
«Si Filiberto, ma del concime rigorosamente naturale». Disse Miriam.
«Certo , quali ortaggi vorreste coltivare?»
«Allora, avevamo in mente pomodori, melanzane, peperoni e varie erbe aromatiche», risposi io per tutti.
«Ottima scelta, domattina passerò dal vivaio ad acquistare le piantine, così potremmo iniziare».
«Grazie Filiberto sei veramente un amico!» quasi in coro.
Dopo molti sforzi e varie peripezie, riuscimmo a mettere in essere il nostro piccolo
orto dietro casa di Filiberto.
Alla nostra inesperienza, cercammo di ovviare informandoci su siti specifici, e fu
così che mi venne in mente che si sarebbe anche potuto iniziare un piccolo allevamento di pollame. Ma forse in futuro, ora ci saremmo dovuti occupare del
“Nostro Orto”.
I primi germogli cominciavano già timidamente a spuntare. Anche se il nostro obbiettivo era ancora lontano, l’impazienza di vederlo realizzare era forte e allo
stesso tempo snervante. L’idea di un futuro successo ci estasiava. La soddisfazione di realizzare qualcosa con le nostre mani era una emozione di completamente nuova per noi, che ci donava una grande soddisfazione personale,
nonostante l’impegno, la fatica fisica e la pazienza, i risultati ci fecero dimenticare
ogni sforzo e quello che all’inizio era stato un oneroso impegno quotidiano si
trasformò in una vera e propria passione.
Il pauroso brontolio dei tuoni ci fece compagnia per più di ventiquattro ore, in
altri tempi, ci saremmo goduti il calduccio delle nostre case, ora, invece, la re-
Capitolo quinto
43
sponsabilità di quel piccolo orticello, era la nostra principale preoccupazione.
Pregammo Tony di proteggere le piantine ma inutili furono i rimedi per cercar di
salvare l’orto.
Purtroppo al termine del forte temporale, del raccolto non rimase più niente. Rabbia e delusione erano i nostri sentimenti predominanti, quando il mio sguardo
cadde su un germoglio superstite. Riempiendo una ciotola con del terriccio la ripiantai, quella fortunata piantina rappresentava il simbolo della nostra tenacia
a non arrenderci alle avversità.
44
Superstite
CAPITOLO SESTO
Pollopoli
Nella casa di Filiberto regnava il silenzio; il temporale si era placato ma i nostri
volti erano cupi e abbattuti.
Ci sedemmo intorno all’antico tavolo scrostato e al centro ponemmo la nostra ancora di salvezza: quel piccolo germoglio superstite.
Mentre cercavamo tacitamente conforto gli uni negli occhi degli altri, all’improvviso Filiberto si alzò e batté sul tavolo la sua grande mano da lavoratore, così
forte da far cadere gli ultimi residui di vernice rimasti attaccati al legno:
«Ragazzi, non vi farete abbattere da un temporale!».
Un raggiò di luce riuscì a penetrare dal vetro appannato delle finestra e illuminò
la nostra piantina: vedendo che era spuntato il sole uscimmo fuori a contemplare
quel che rimaneva del nostro orto.
Fu davanti a quello scempio, di cibo buono ma malridotto, che mi venne in mente
il triste spettacolo di prodotti belli ma non sempre salutari che campeggiavano in
certi supermercati, fastfood e ristoranti. Ripensai a quei Quattro salti in padella, che
all’inizio mi sembravano squisiti e che invece scoprii pieni di sostanze nocive.
«Ragazzi, vi ricordate quando avevamo giurato vendetta contro quegli orchi
degli adulti?» mi rivolsi al gruppo. «Pensavamo che ci volessero avvelenare! Bene,
è arrivato il momento di realizzare i nostri sogni; forse il progetto del ristorante è
ancora lontano, ma l’orto può essere un buon inizio».
Intervenne Jabba con l’aria da ultimo arrivato: «In sostanza, cosa vorresti dire?»
«Vorrei ripetere ancora una volta l’esperienza dei 3 ENNE, ma con una diversa
consapevolezza: senza pensare ad una vendetta, ma aiutando tutti a capire
e a scegliere; quando le materie prime saranno pronte, si potranno organizzare
attività per i bambini e i ragazzi, per convincere le persone a consumare prodotti sani».
46
Pollopoli
«Prima però» intervenne pragmaticamente Filiberto «dobbiamo risistemare e proteggere l’orto». E si diresse nel vecchio capanno, adiacente alla casa, uscendone dopo qualche minuto carico di assi di legno e di ogni sorta di attrezzi da
lavoro. «Questo è ciò che ci serve, mettiamoci all’opera: voi, ragazzi, mi aiuterete
a costruire una copertura per i nuovi germogli, mentre Miriam e Jessica sistemeranno il terreno».
Lavorammo tutto il pomeriggio e, nonostante la fatica e diverse martellate sulle
dita, creammo una struttura solida e forte: ora una magnifica tettoia avrebbe
protetto i nostri sogni.
Qualche giorno dopo, mentre le protezioni davano prova della loro resistenza
sotto le sferzate di un nuovo acquazzone e noi ce ne stavamo rintanati a bere
cioccolata calda al solito vecchio tavolo, Filiberto ci stupì ancora:
«So come vi sentite, ragazzi. Quando ero giovane e lavoravo alla mia fattoria,
temevo il peggio ogni volta che fuori infuriava un temporale».
«Avevi una fattoria? Wow! Perché non ci hai mai detto niente prima?» disse sorpreso Jabba. Tutti eravamo stupiti. Filiberto sospirò, sorrise con occhi sognanti e
cominciò a raccontare:
«È stato il periodo più bello della mia vita. Avevo una moglie bellissima, si chiamava Anna. Ci siamo sposati a vent’anni; eravamo pieni di sogni e speranze. La
vita era dura, ma lavoravamo con passione e i risultati erano incoraggianti: la
giornata iniziava presto, con il lavoro nel pollaio e nella conigliera, poi nell’orto
e nel frutteto. Non avevamo molti soldi, ma quello che producevamo era sufficiente per vivere sereni. Condividevamo la passione per la cucina e passavamo
molto tempo ai fornelli. Ma, dopo qualche anno, quando tutto sembrava andare
a gonfie vele, mia moglie si ammalò. Morì poco dopo, e io caddi in una profonda
depressione. Non avevo più la forza per curare la mia fattoria come prima e, per
non vederla andare in malora, decisi di venderla. Così mi sono trasferito qui in
città e ho ottenuto l’incarico di custode del parco. Tutto sommato mi sembrava
che la vita avesse riacquistato un senso, ma sapete com’è andata a finire, no?
47
Capitolo sesto
Mi hanno licenziato! Certo, non si può dire che io sia stato baciato dalla fortuna.
Almeno fino a quando non vi ho conosciuti. Eh sì! Vi ricordate, quando ci siamo
incontrati qualche anno fa? La vostra determinazione nel raggiungere i vostri
sogni, mi ha fatto fare un tuffo nel passato!»
Rimanemmo tutti colpiti dalla sua storia.
Più tardi, mi trovai a ripensare alle sue parole, alla vita che descrivevano: frutta,
verdura, animali.
Animali!
Mi tornò in mente l’idea dell’allevamento di pollame e provai a rilanciarla.
«Ottima idea!» esclamò Jessica. «Uova fresche per le nostre ricette!»
«Frittate, omelette, uova in camicia, mi viene già l’acquolina in bocca!» disse
Toni.
Ma Miriam era impallidita, bianca come un albume. «No, niente galline! Non le
sopporto!» disse a denti stretti.
«Non avrai mica paura?» azzardò Jessica.
«Perché, tu non temi niente?» rispose Miriam sulla difensiva.
«Temo le persone che per una sciocca paura rovinano tutto!»
«Ma senti chi parla! Proprio tu che…»
Quante recriminazioni! Ne avevo abbastanza di quella stupida lite, così intervenni impulsivamente:
«Machecazzolitigateafare?» Non avevo perso le mie cattive abitudini.
«Che fai, la difendi? Sono io la tua ragazza, lei è quella che ti ha tradito, e tu
l’hai persino perdonata!»
Miriam aveva le lacrime agli occhi dalla rabbia.
«Basta, me ne vado!» facemmo in coro io e Jessica.
«No, sono io che me vado!» gridò Miriam a sua volta. Miriam e Jessica si allontanarono in direzioni opposte, senza degnarmi di uno sguardo. E io rimasi lì, come
un pollo.
Fu Jabba a risolvere la situazione:
48
Pollopoli
«Facciamo così: io, Toni e Matteo lavoreremo all’allevamento, Jessica e Miriam,
insieme, nell’orto».
L’orto-terapia funzionò. Potemmo finalmente iniziare a discutere dell’allevamento
ed entrammo nello specifico della sua costruzione e della fornitura di polli.
«Cos’è questa brutta faccia?» chiese Jabba a Toni, che si era presentato di pessimo umore.
«Lascia perdere» rispose Toni.
«Ti sei svegliato dalla parte sbagliata del letto?» ironizzai.
«No, avrà di certo saltato la sua “sacra” colazione quotidiana» infierì Jabba.
«Ho mangiato delle uova che facevano schifo!»
«Ma se le uova sono tutte uguali», affermò Jabba con sufficienza.
«Si vede che non te ne intendi!» disse con tono scherzoso Miriam «Non ti sei mai
accorto, Jabba, che su ogni uovo c’è un codice che spiega con un numero come
sono allevati i polli? Devo spiegarti tutto io: esistono quattro tipi di uova: quelle
con lo 0 sono di allevamento biologico, quelle con l’1 vengono da galline allevate all’aperto, quelle con il 2 di galline allevate a terra e quelle con il 3 in gabbia».
«Avrai pure paura, dei polli, ma di uova sei un’esperta!» commentai, orgoglioso della
mia fidanzata. «Le nostre uova saranno tutte di tipo 0».
«Ma vogliamo solo produrre uova o vogliamo anche avere una produzione di
carni bianche?» si allargò Toni.
Per fortuna intervenne Filiberto:
«Ragazzi, avete idea di cosa voglia dire uccidere una gallina?» ci guardammo
perplessi.
«Avete mai visto lo sguardo di un pollo nel momento in cui deve essere…».
L’espressione dei nostri volti convinse Filiberto che non era il caso di continuare;
ci saremmo accontentati delle uova.
«Bene, mettiamoci al lavoro! Matteo, tu vai a prendere le galline; Toni, Jabba, voi
costruirete una tettoia e una mangiatoia con il materiale che c’è nel retro; voi
49
Capitolo sesto
due, ragazze, aggancerete la rete ai paletti che ho già posizionato». Quando
si metteva in testa qualcosa, partiva come un treno.
Mi era tornato in mente un allevamento di polli non lontano; alle elementari ci
avevano portati lì per sperimentare direttamente la vita di campagna. Arrivai sul
posto pieno di speranza, ma invece del luogo colorato e chiassoso della mia infanzia, trovai un’inquietante struttura grigia. Entrai. Le galline erano chiuse e ammassate in gabbie, molte erano state addirittura private di parte del becco.
Rimasi pietrificato e alla fine fuggii. Non avrei certo preso i miei primi animali in
quella prigione!
Con una botta di fortuna, alla fine riuscii a racimolare tre polletti ruspanti in un piccola fattoria lungo la strada. Chissà poi perché sul bus del ritorno tutti mi guardavano male, bah!
Tornato a casa di Filiberto, non trovai nessuno. Aprii con la chiave di riserva che
stava sotto lo zerbino; posai le gabbie sul divano e me ne andai. «Missione compiuta» pensavo. «I polli sono al sicuro». Ma mentre mi allontanavo dal parco un
grido lacerò l’aria; la voce suonava acuta, quasi un falsetto, ma era quella di Filiberto: le gabbie si erano aperte.
50
Pollopoli
CAPITOLO SETTIMO
Il segreto di Jabba
Le gabbie si erano aperte. Regnava il caos più totale, i polli impauriti e spaesati
correvano all’impazzata per tutta la casa, una da una parte, una dall’altra. Fu
mentre Filiberto e io cercavamo invano di afferrarle, che guadagnata l’uscita, ci
toccò rincorrerle intorno al giardino. I polli avevano sentito il bisogno di uscire
dalla gabbia approfittando della situazione per poter godere della libertà ritrovata. Senza quelle bestiole le speranze di tutti quanti noi sarebbero state perdute: come avremmo fatto? Cosa sarebbe accaduto? Tutti ci avrebbero dato la
colpa, così Filiberto, dalla sua navigata esperienza nel gestire una fattoria, decise di prendere le redini della situazione dicendomi di andare all’uscita del giardino, così che le bestiole non potessero scappare. Con scatto fulmineo, quasi
come se stessi intraprendendo il ruolo di un attore, durante le scene del film, raggiunsi l’altra metà del giardino e soddisfatto del mio successo presi la rete posta
sul cancello, cautamente decisi di avvicinami circondando con il dovuto sangue
freddo i polli. Filiberto mi aiutò nell’impresa. Mi accingevo ad acciuffare l’ultimo
quando ad un certo punto sentii la voce di Miriam da lontano. Proprio in quel momento, consegnato l’ultimo bottino pennuto nelle mani di Filiberto, andai incontro
a Miriam che mi mise al corrente di qualcosa che mi agitò: le gabbie non si erano
aperte da sole, qualcuno aveva forzato il lucchetto. Rimasi seriamente stupito di
ciò, ma poi una domanda mi frullò più volte in testa, mi chiedevo chi potesse essere stato, risolvere il caso diventò il mio pensiero fisso. Non riuscivo propria a capacitarmene. Decisi allora di riunire tutto il gruppo a casa di Filiberto. Una volta
che fummo tutti lì annunciai la notizia dello sventato pericolo della dolosa perdita
dei polli. La faccia di tutti esprimeva una grande sorpresa ma nessuno sapeva chi
potesse essere stato a causare tutto ciò. La riunione si concluse, era tardi e tornai
a casa. Una volta lì mi arrivò un messaggio, il numero era quello di Tony. Mi scrisse
52
Il segreto di Jabba
che doveva parlarmi e mi chiese di vederci l’indomani al parco alle cinque in
punto. Durante la notte, non mi fu facile prendere sonno, pensavo in continuazione a ciò che Tony doveva dirmi, magari riguardava Jessica. Finalmente presi riposo e il giorno successivo, quando fu ora, mi recai sul luogo convenuto. Da
lontano intravidi Tony che aveva un’aria di impazienza. Dopo averlo salutato mi
disse che aveva un segreto da confessarmi che riguardava Jabba. Se i polli erano
infatti scappati era colpa sua, dal momento che aveva volutamente rimaneggiato
i lucchetti delle gabbie. Udite quelle parole rimasi letteralmente esterrefatto dal
candore con cui Tony rivelava il suo segreto: era stato proprio Jabba, il mio caro
e fedele amico, come era possibile? Cosa poteva averlo mosso a tanto? Tony
continuò spiegando che c’era una ragione al suo comportamento. Cominciò allora
a raccontarmi di una sua intossicazione che lo aveva colpito all’età di dodici anni
per via di quello che viene giustamente definito “cibo spazzatura”.
Si fermò un attimo e mi guardò fisso negli occhi, aveva un’espressione molto angosciosa quasi dovesse narrarmi una storia tragica. Mi chiese con voce implorante di ascoltarlo bene e cominciò a narrare di un avvenimento che aveva
segnato la vita del mio amico Jabba. Disse che tutto aveva avuto inizio due anni
prima. Nonostante i tre Enne si fossero separati Tony e Jabba avevano mantenuto
uno stretto rapporto confidenziale. Con il tempo Tony si accorse che Jabba sembrava perso fra le nuvole, sognava ad occhi aperti. Tony più volte chiese giustificazioni all’amico del perché di quel suo “smarrimento”. Jabba era innamorato.
Si chiamava Luana, era un anno più piccola. Aveva lunghi boccoli d’oro che le
incorniciavano il viso illuminato da occhi di un intenso verde smeraldo. Jabba ne
era innamorato perso, bastava guardare la sua espressione ogni qual volta
Luana gli passava davanti. Per molto tempo, a causa della sua timidezza non riuscì ad avvicinarsi a lei.
Poi finalmente un giorno, sul viale alberato del parco, senza gli occhi indiscreti
e sghignazzanti dei compagni, riuscì a trovare il coraggio di salutarla, un ciao
quasi strozzato. Da quel giorno cominciò sempre di più ad avvicinarsi alla ra-
53
Capitolo settimo
gazza finché arrivò il tempo dei preparativi del giorno del ballo di fine anno scolastico.
Era un evento per i ragazzi. Ciascuno si adoperava di far colpo sulle ragazze
sfoderando il meglio di sé. Per quell’occasione, Jabba aveva trovato il coraggio di invitare Luana ad andare insieme e accolse con grande gioia commista
a sorpresa l’accoglimento della sua proposta. Mancavano tre giorni a quel
ballo che sognava e desiderava con tutto se stesso, ma qualcosa andò
storto. Tony si fermò, tirò un respiro e d’un fiato riprese la storia. Jabba si ammalò. Rimase quattro giorni a letto con la febbre, a causa di un’intossicazione
alimentare, aveva mangiato carne di pollo infetto, nutrito con mangimi di risulta. Quella febbre fu tragica poiché, non avendo l’occasione di andare al
ballo perse l’appuntamento con Luana che non gli perdonò quella che riteneva essere una grave offesa. Il nostro amico provò a spiegare la causa della
sua assenza, ma fu tutto inutile, ella non volle sentire scuse e gli tolse per sempre il saluto. Il povero Jabba non riusciva a farsene una ragione: Tony cercò
di consolarlo più volte ma il dispiacere di Jabba era enorme, aveva perso irrimediabilmente la fiducia della sua principessa. Jabba era rimasto segnato
da questo infausto disegno del destino e decise di cambiare regime alimentare e di non permettere più che il cibo potesse così influenzare la qualità
della sua vita. Solo in seguito si scoprì che dopo la delusione per la perdita
di Luana, Jabba aveva smesso di mangiare qualsiasi tipo di carne arrivando
addirittura a pensare che chi lo facesse fosse una persona primitiva poiché
alimentava la violenza, orientandola verso gli animali. Tony aveva vuotato il
sacco, e sul suo volto, non più in tensione, era riapparso il suo sguardo bonario. Ascoltata la storia capii perché Jabba aveva liberato i polli e tutto mi
sembrò finalmente chiaro. Ecco l’origine di quanto credevo fosse solo una
mania, dal momento che il mio amico sceglieva con cura i cibi, leggendo sulle
etichette la derivazione e gli ingredienti, con aria sempre sospettosa e guardinga.
54
Il segreto di Jabba
Organizzai un’altra riunione in modo tale da convincere l’amico vegetariano
a seguirci nell’impresa, almeno quella di produrre uova naturali, di galline cresciute a terra. Chiaramente, Jabba, chiamato in causa, non si convinse ancora,
in quanto riteneva che tenerle prigioniere era comunque un gesto crudele.
Così, ci accordammo per creare uno spazio aperto che avrebbe garantito
alla nostra produzione di uova di essere realmente biologica. Eppure le sorprese non erano ancora finite, infatti notai che Filiberto teneva sotto il braccio
uno scatolone ricoperto di polvere, vidi che lo posava sul tavolo e lo apriva
lentamente e misteriosamente quasi fosse uno scrigno prezioso contenente
qualcosa di importante. Una volta aperto lo scatolo tirò fuori dei ritagli di
giornale. Cominciai a leggerli: ogni titolo aveva come argomento un’intossicazione per cibi in scatola o scaduti. Storie di botulino, epatite, allergie, intolleranze ci spinsero quindi ancora di più a rafforzare l’idea che dovevamo
preparare i nostri cibi in maniera sana e genuina. I cibi spazzatura andavano
banditi in quanto privi di qualsiasi valore nutrizionale, ammassi di sostanze per
noi dannose come quei dannati quattro salti in padella di otto anni prima.
Dovevamo far capire alle persone l’importanza dei cibi sani e i danni che provocavano invece certi sottoprodotti industriali di indubbia provenienza. Ma
proprio in quel momento notai che Jessica con una bibita gasata in mano.
L’aveva stappata con un gesto rapido e sicuro che generò una reazione esagerata di Miriam. Temevo in un’altra lite tra le due ragazze poiché la paladina
bio-nutrizionalista cominciò ad urlare che quelle bibite erano una truffa miliardaria perché prodotte nella quasi totalità da acqua, bollicine, coloranti,
edulcoranti artificiali, additivi e acido fosforico.
Poi cominciò ad elencare il rischio di diabete e colesterolo per l’assunzione
di sole calorie, niente vitamine e zero valori nutritivi. Mentre nessun altro di
noi osava sfiorare le lattine, mi sopraggiunse un’idea, quella della “bibita giusta”. La esposi al gruppo, potevamo offrire ai clienti del parco bevande
sane,fresche spremute di agrumi, frullati di stagione. La proposta piacque a
55
Capitolo settimo
tutti. Ci sentimmo molto motivati in quanto sapevamo che la causa era giusta.
Dopo aver concesso ai polli uno spazi di tutto rispetto, insieme cominciamo
a lavorare sull’orto. Tutto doveva essere perfetto perché tra un mese avremmo
organizzato, dopo otto anni, la nostra seconda giornata ecologica non solo
a base di cibi ma, questa volta, anche di bevande salutari.
56
Il segreto di Jabba
CAPITOLO OTTAVO
Un sogno che si avvera
Ci apprestavamo, quindi, a vivere un’altra avventura puntando questa volta sulle
bevande. Ma per una bibita giusta occorrevano i giusti ingredienti e, soprattutto,
le giuste ricette da preparare. Mi soffermai a pensare su come procurarci la frutta
e le verdure fresche con cui poter preparare frullati e centrifugati. La situazione
non era facile, soprattutto se si pensava di offrire ai nostri clienti una vasta varietà
di prodotti sani e genuini, di varia provenienza; di offrire dei preparati che avessero una funzione dissetante e rinfrescante; di servire bibite per tutti, senza trascurare gli intolleranti al lattosio o al malto. Avevamo pensato anche alla frutta
esotica, ma erano prodotti d’importazione, provenienti dai paesi del Sudamerica.
Una domanda mi sorgeva spontanea: «Saranno frutti freschi e genuini, all’insegna
di una sana nutrizione?» Come era giusto che fosse, cercai l’aiuto dei miei amici.
Li contattai esponendo le mie perplessità e fissai un appuntamento per quella
sera stessa.
La situazione era abbastanza urgente. Tra meno di un mese si sarebbe svolta
la nostra seconda giornata ecologica e ogni minuto che passava era fondamentale.
Ci ritrovammo lì, al parco, nel pomeriggio. Prima che iniziassi ad esporre i nostri
problemi, Jabba mi anticipò chiedendomi di potersi occupare della costruzione
di un chiosco accogliente, che avesse avuto lo spazio necessario per la mise en
place, per la preparazione ed il servizio delle nostre bevande. Sarebbe stato un
bel progetto da realizzare, anche per riscattarsi dalla questione galline. Tutti
eravamo d’accordo sulla proposta di Jabba. Visto il suo entusiasmo, andò a lui
l’incarico di mettere in piedi una bella struttura. Jabba all’improvviso ebbe un
lampo di genio e disse: «Mio cugino potrebbe fornirci gratuitamente, come sponsor, l’occorrente per la realizzazione del chiosco».
58
Un sogno che si avvera
Tony rispose: «È un’ottima idea, io, invece, potrei occuparmi della pittura».
Miriam soggiunse: «Con l’aiuto di Jessica selezionerò le materie prime che ci occorrono per le bibite ed insieme individueremo le ricette da eseguire, e, a proposito della frutta esotica, mi sono documentata e non è il caso di utilizzarla,
perché viene colta ancora acerba e sottoposta ad una maturazione forzata,
inoltre viene trattata con additivi conservanti, i fenili, e additivi antiossidanti che
ne alterano il valore nutrizionale e le proprietà organolettiche. Inoltre, non sappiamo se gli additivi che utilizzano sono ammessi e, quindi, non nocivi, perché la
legislazione dei paesi di provenienza è diversa da quella dell’Unione Europea».
Fummo tutti d’accordo a rinunciare alla frutta esotica e a privilegiare la nostra
frutta fresca, cercando di concentrarci sulla risoluzione dei problemi che già avevamo, senza crearcene altri.
Pensai che per costruire il chiosco, ancora una volta, non poteva mancare il
coinvolgimento di Filiberto che come sempre ci avrebbe dato qualche dritta.
Decidemmo, così, di riunirci il pomeriggio seguente per iniziare il lavoro.
Il giorno dopo mi incamminai verso scuola. Poco prima dell’ingresso intravidi dei
ragazzi che malmenavano un loro coetaneo. Cercai di mettere a fuoco la situazione, e, appena mi avvicinai, i bulli si diedero alla fuga a gambe levate. Osservando il malcapitato, mi accorsi che non era delle nostre parti: era, infatti,
originario dell’Africa del Nord, precisamente dell’Egitto. Mi disse di chiamarsi Safir
Imam Dada Abid, ma che avrei potuto semplicemente chiamarlo Safir. Era un ragazzo snello, alto, dalla carnagione scura come i suoi occhi; capelli neri e cortissimi di soli mezzo centimetro. Indossava dei vestiti malridotti e un cappello rosso.
Aveva un aspetto buffo e sembrava quasi essere appena uscito da un circo.
Capii dal modo in cui si esprimeva che era da poco arrivato in Italia. Parlando
di noi, dei nostri interessi, dei nostri mondi così distanti tra loro per usi, costumi e
modi di vivere, arrivammo a scambiarci idee anche sulle nostre abitudini alimentari. Da qui, pensai di coinvolgerlo nella realizzazione della giornata ecologica.
Il progetto sembrò interessargli molto, fu entusiasta dell’iniziativa e assicurò la
59
Capitolo ottavo
sua partecipazione. Ci accordammo, quindi, che ci saremmo incontrati al parco
la sera stessa ed in quella circostanza gli avrei presentato i miei colleghi. Inviai
un sms a tutti gli amici: “alle17:00 ci incontriamo al parco per una riunione straordinaria”.
Incuriositi, tutti raggiunsero il parco. L’incontro fu entusiasmante: la conoscenza di
un ragazzo di nazionalità straniera ci stimolò ad allargare orizzonti e conoscenze
personali. Miriam iniziò a fare domande sulle bevande tipiche della sua terra, su
quali fossero i prodotti che erano soliti usare per realizzarle. Jabba, invece, fece
domande riguardo alle loro tradizioni culinarie, ai prodotti tipici, e ai modi di
preparazione.
Dopo, riuniti a casa di Filiberto cominciammo a pensare all’allestimento del chiosco, con la speranza che la collaborazione del cugino di Jabba avesse avuto
esito positivo.
Le difficoltà a reperire l’occorrente per la realizzazione del chiosco ci fece vivere
nuovamente momenti di smarrimento. All’inizio fummo un po’ invasi dal pessimismo
perché il sogno originario dei 3 Enne, per varie vicissitudini, sembrava impossibile
da realizzare.
Le reazioni furono le più disparate: Jessica era incredula; Miriam, invece, testarda
rifletteva alla ricerca di un’alternativa adeguata; Jabba era ancora una volta
mortificato per aver procurato un nuovo motivo d’ansia. Safir, per risollevare i
nuovi amici, intervenne rompendo quel silenzio glaciale: «Ragazzi perché non
utilizziamo il capanno che si trova vicino alle panchine?»
E Tony: «Filiberto, cosa pensi che contenga?»
«Al momento nulla. Doveva essere la sede della guardia giurata».
Ad un tratto si riaccese la speranza e prendemmo in seria considerazione il suggerimento di Safir. Ricominciammo a lavorare sodo, la ristrutturazione e l’allestimento del chiosco ci impegnò molto, ma alla fine fummo soddisfatti e fieri del
risultato ottenuto. Grazie ai consigli di Safir riuscimmo a liberare la fantasia, con
pennellate di colori solari il capanno spiccava in mezzo al verde ed era in grado
60
Un sogno che si avvera
di attirare l’attenzione dei clienti. Jessica e Miriam lo allestirono con gadget molto
particolari e anche se all’interno non era particolarmente ampio, c’era spazio
sufficiente per servire le bevande. Conteneva un bel banco di forma circolare
dietro al quale c’era la possibilità di depositare la frutta e le verdure utili alla realizzazione delle bevande. I risultati erano decisamente positivi, ma le difficoltà
non erano del tutto superate. Il nostro orto era ancora un disastro, dove avremmo
potuto reperire frutta e verdure genuine? Chi ancora coltivava la terra senza far
uso di prodotti chimici tossici che alterano il vero gusto dei prodotti? Ci ricordammo all’improvviso di Giovanni, il vecchio bidello del secondo piano. Era sempre stato una persona gentile e garbato con tutti, alunni e docenti. Già quando
lavorava presso il nostro istituto aveva la passione per l’ orticello e non di rado
regalava frutta di stagione e verdure fresche ai nostri professori. Di tanto in tanto,
appena ne aveva l’opportunità, tra una campanella l’altra, andava ad innaffiare
le sue piante. Per interi anni scolastici le aveva dovuto proteggere dalle pallonate sconsiderate di alunni vivaci, noncuranti del lavoro che praticava con pazienza certosina, talvolta beccandosi anche qualche ramanzina della dirigente.
Ormai pensionato, si era ritirato in una villetta in campagna dove meglio poteva
coltivare la sua passione. Fu felice di rivederci e di ricordare i bei tempi della mitica II A. Informatolo della nostra iniziativa apparve ben lieto di aiutarci, fornendoci quanto di meglio avesse. Ora, non mancava che pubblicizzare la seconda
giornata ecologica.
Tony, Jabba e Jessica si occuparono dei volantini.
Si riunirono a casa di Tony, perché era il più bravo ad utilizzare il computer e
aveva un programma di grafica, con il contributo della creatività di Jessica e
dell’originalità di Jabba avrebbe realizzato il lavoro in brevissimo tempo.
Stamparono 300 brochure, che distribuirono nei luoghi maggiormente frequentati:
Tony si posizionò nel rione in cui erano ubicati la maggior parte degli istituti superiori per conquistarsi l ‘attenzione dei giovani; Jessica nei pressi di un ipermercato per fare leva sulle mamme e sulle nonne; Jabba scelse un semaforo, con
61
Capitolo ottavo
l’intento di consigliare un momento di relax agli automobilisti stressati. Esausti si rincontrarono a casa di Tony e di quei volantini ne erano rimasti solamente 10. Fieri
del loro lavoro, raggiunsero gli amici al parco per attendere finalmente la seconda giornata ecologica.
Il clima mite e l’entusiasmo coinvolgente che avevamo trasmesso nel pubblicizzare
l’iniziativa, incuriosì le tante persone che si presentarono quel giorno al parco.
Eravamo certi di riuscire a soddisfare i desideri di quella clientela variegata.
Molti giovani che praticavano footing sostarono al chioschetto per gustare un
centrifugato sprint, ottima fonte di energia perché ricco di vitamine, contiene
kiwi, pere, mele e sedano, che aiuta ad eliminare lo stress. Mamme e nonne apprezzarono molto la preparazione delle gustose bevande a base di frutta e verdure fresche, adatte a bambini che di frequente tra una corsa ed un’altra
esclamavano: «ma io non ho fame, ho sete!»
Tanti nonnetti si complimentarono con noi per il virginmary, centrifugato a base
di succo di pomodoro: antidiabetico e cardioregolatore.
Il servizio era celere e puntuale e pareva soddisfare a pieno le richieste dei
clienti. La cordiale accoglienza, la professionalità dei gestori, nonostante la giovane età, e la sensibilità nei confronti di importanti problematiche alimentari, suscitò tanti apprezzamenti positivi. Contenti del rapporto qualità prezzo
andavano via con la promessa che sarebbero senz’altro ripassati a trovarci.
La giornata poteva dirsi riuscita.
62
Un sogno che si avvera
CAPITOLO NONO
Il colore della Salute
Tornammo pienamente soddisfatti a casa di Miriam e raccontammo a sua madre,
Antonella, com’era andata la giornata. La ringraziammo per i consigli che ci
aveva dato.
Decidemmo di andare a trovare Filiberto: «Ho un‘idea» dissi «convinciamolo a riprendere il posto di custode al parco». Durante il tragitto iniziammo a scherzare, tra
una risata e l’altra arrivammo a destinazione. Filiberto era molto sorpreso di vederci
e ci chiese il motivo di questa visita. Prima che iniziassimo a parlare, ci comunicò: «Ho
inviato la richiesta per essere riammesso come custode del parco e…» preso un respiro profondo «stamattina ho ricevuto una lettera che mi informava della mia riassunzione» Io, Jabba, Jessica, Miriam, Tony e Safir rimanemmo meravigliati. Filiberto
continuò: «Non preoccupatevi, io vi sarò sempre d’aiuto quando ne avrete bisogno,
in fondo, essendo io il custode del parco, potrei aiutarvi a controllare le galline e
il vostro orto, mentre voi sarete occupati a pensare ad altro». Sentendo queste parole sospirammo, i nostri volti cambiarono espressione ed esultammo di gioia.
Jabba fu il primo ad andarsene anche perché era molto stanco e voleva prendere
una boccata d’aria. Attraversò il parco scalciando delle pietre dalla rabbia, ma non
sapeva il perché, forse la mancanza di qualcuno e, distratto dalla forte musica, urtò
una ragazza dalla figura sinuosa. Non si girò subito perché pensava che fosse una
persona qualunque ma quando avvertì quel profumo, ebbe un sussulto: gli ricordava
forse una vecchia fiamma.
Jabba si girò, la guardò per qualche minuto, era proprio lei, Luana.
Era proprio come la ricordava: lunghi capelli ricci color nocciola, occhi profondi
come il blu dell’oceano e labbra carnose.
Rimase anche lei stupita dall’incontro inaspettato: era passato molto tempo. Si
guardarono senza dirsi una parola, si persero nei loro sguardi, i loro cuori palpi-
64
Il colore della Salute
tavano unendosi in un unico battito, gli occhi brillavano di una luce splendente,
forse di gioia ma in fondo anche di imbarazzo. Il silenzio fu interrotto da un abbraccio
«Ne è passato di tempo dall’ultima volta che ci siamo visti!»
«Già… potevi non lasciarmi sola al ballo».
Jabba sentendosi ancora in colpa le disse:
«Sono dispiaciuto per non aver avuto la possibilità di chiarirci». Luana pensò
che erano passati tanti anni ed era inutile provare ancora rancore nei suoi riguardi, così si lasciarono con un bacio sulla guancia e a quel punto Jabba capì
che non l’aveva mai dimenticata.
Dal bacio al giorno seguente il tempo volò via in un attimo. La notte portò consiglio: sarebbe stata sua!
Era molto agitato, guardava continuamente le lancette dell’orologio che si muovevano ad un ritmo snervante; l’ansia invase il suo corpo. Istintivamente, preso tra
le mani il cellulare, le inviò un messaggio. L’unica frase che riuscì a scrivere fu “Ti
amo”.
Anche Luana era agitata: si girava e rigirava nel letto fino a quando la vibrazione del cellulare la fece sussultare. Visualizzò subito il messaggio e rimase stupita e felice: era quello che aveva sempre voluto!
Ritrovò il sorriso che aveva perso, dentro di sé sapeva che quell’amore sarebbe
stato infinito.
Presi dal loro amore si allontanarono dal gruppo e iniziarono a vivere la loro
fantastica storia.
Intanto, noi ricominciammo a coltivare l’orto e a allevare le galline. Filiberto ci
propose per l’orto di farci aiutare da Giovanni e di crescere oltre alle galline
altre specie di volatili.
Fu una grande idea, ben presto la nostra iniziativa fu sulla “bocca di tutti” tanto
che gli insegnanti delle scuole dell’infanzia e primarie presto organizzarono delle
uscite didattiche per mostrare ai bambini la nostra piccola riserva e far cono-
Capitolo nono
65
66
scere i nostri prodotti. Il successo fu enorme, sia per la riserva che per il chiosco:
ci divertivamo attraverso giochi e vere e proprie lezioni sull’alimentazione ad offrire ai bambini merende naturali e bevande salutari. La notizia ebbe eco in tutti
i paesi vicini.
Eravamo contenti! Il tempo passava e pur occupandoci costantemente dell’orto
e della riserva mi accorsi che il gruppo stava cambiando. Stavamo crescendo
ed ognuno cercava di realizzare il proprio sogno.
L’incontro con Viola, fu determinante.
Viola stava organizzando un convegno sulla corretta alimentazione: era fantastico! potevamo far conoscere le nostre bibite e i nostri cestini dell’orto ad un
pubblico specializzato. Lei, entusiasta, accettò dicendoci che avrebbe di sicuro
pubblicizzato le nostre specialità e la bontà dei frullati. Visto il grande successo
ci invitò al suo successivo convegno a cui avrebbero partecipato anche degli
africani. Chiedemmo aiuto a Safir per preparare un delizioso piatto tipico africano.
Era una portata particolare: il “Couscous alle verdure” la cui preparazione,
anche se semplice, divenne il mio cavallo di battaglia grazie ai suoi preziosi
consigli e segreti.
Il giorno del convegno però ci aspettava un’amara sorpresa, Safir, infatti, incontrò alcuni amici del suo Paese che gli fecero capire quanto gli mancasse la sua
famiglia, gli amici, i colori e gli odori della sua Africa. Al termine del convegno
prese un’importante decisione: sarebbe ritornato a casa.
Miriam, intanto, delusa da Matteo che a sua insaputa aveva iniziato una relazione con Jessica, decise di abbandonare il gruppo suo malgrado. Tony invece
scelse di approfondire i suoi studi sulla biotecnica contattando l’associazione
italiana ANBI che aveva come obiettivo la formazione scientifica, professionale
e culturale delle tecniche di coltivazione biologica.
Dopo circa una settimana l’associazione lo ricontattò ritenendolo già socio per
le sue credenziali.
Il colore della Salute
Eravamo rimasti soli.
Non avendo abbandonato il mio sogno, mi specializzai nell’arte culinaria preparando sempre pietanze salutari e gustose. Un bel giorno Jessica scoprì che il locale dove la madre aveva un tempo il ristorante, era di proprietà del padre.
Felice corse a darmi la fantastica notizia e decidemmo di aprire il nostro ristorante. Finalmente ce l’avevo fatta!
Volevo condividere questo sogno con i miei amici più cari come fare?
Jabba e Luana avevano coronato il loro sogno d’amore!?!
E Safir e la sua Africa? Avrà ancora delle ricette da suggerirci?!
E Miriam mi avrà perdonato?
E Tony?...
Ecco! L’inaugurazione del locale sarebbe stata l’occasione per rincontrarli.
Decidemmo di chiamarlo “I tre Enne” in nome di quell’amicizia mai dimenticata,nonostante le diverse strade intraprese.
Capitolo nono
67
APPENDICE
1. I tre Enne
I.I.S. “Sabatini-Menna” di Salerno – classe IIC
Dirigente Scolastico
Ester Andreola
Docente referente della Staffetta
Maria Di Lieto
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Maria Di Lieto
Gli studenti/scrittori della classe IIC
Giuseppe Bruno, RosaMaria D’Amaro, Rosa D’apuzzo, Bruno Della Sala, Manuel
Di Donato, Francesca Maria Di Giacomo, Chiara Fortino, Giovanni Greco, Federica Iovinelli, Maringlen Kolaveri, Raffaele Luca Lambiase, Artur Lima De Oliveira, Michele Miele, Giulia Montuoro, Franklin Mora, Angela Petrosino, Antonio
Petti, Francesco Pisacane, Irma Rufolo, German Salerno, Consiglia Speranza,
Dario Aniello Tammaro
Hanno scritto dell'espereinza:
“...La staffetta creativa è una bellissima esperienza che stimola la creatività e
rende il gruppo classe più unito. È sicuramente un progetto diverso dalle comuni
attività didattiche, più interessante perché consente attraverso la scrittura di
esprimere una parte di sé agli altri”.
APPENDICE
2. Primi problemi
Istituto Professionale di Stato per i Servizi Alberghieri e la Ristorazione “G. Colombatto”
di Torino – classe I L
Dirigente Scolastico
Grazia Giuffrida
Docente referente della Staffetta
Rosalba Labate
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Rosalba Labate
Gli studenti/scrittori della classe I L
Marco Alfieri, Eleonora Ascione, Marika Basset, Mirko Bonomo, Giada Bosco,
Alessandro Brescia, Elisa Camusso, Giulia Casafina, Antonio Ciraso, Alessia Cutrino, Andrea De Cesare, Francesca D’Onofrio, Francesco Feraudo, Giada Fontana, Chiara Funaro, Giuseppe Salvatore Lima, Biagio Marchese, Fabio Morabito,
Simone Nolfo, Martina Petrelli, Giulia Pochettino, Davide Sanfratello, SharonSenis
Hanno scritto dell'esperienza:
“...La Staffetta della Creatività si è rivelato un progetto creativo e divertente,
nonché uno strumento didattico innovativo per affrontare ed in parte superare
le difficoltà che gli studenti incontrano nella produzione scritta. Ciò che ha subito
colpito me come insegnante ed i ragazzi stessi è stato l’entusiasmo con cui gli allievi ha affrontato l’esercizio di scrittura. L’esperienza è stata vissuta come una
vera e propria sfida, dal momento che è stato necessario superare il primo fatale
“blocco dello scrittore”. Gli studenti sono rimasti positivamente colpiti proprio
dalla loro capacità di “trovare le idee”, idee e spunti a mio avviso assolutamente
interessanti. Il bilancio è pertanto positivo, dal momento che il progetto ha contribuito ad accrescere la loro autostima e a rafforzare il legame tra gli allievi”.
APPENDICE
3. Un giardino… le stagioni della vita
Liceo Statale “Alfano I” Linguistico – Scientifico – Scienze Umane – Musicale –
Coreutico di Salerno – classi I/II B Linguistico
Dirigente Scolastico
Antonio Lepre
Docente referente della Staffetta
Mariella Sabino
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Mariella Sabino
Gli studenti/scrittori delle classi
IB Linguistico - FrancescaAprea, Anna Aquilino, Carmen Bacco, Giorgia Baldi,
Francesco Bruno, Andrea Caforio, Cecilia Vanessa Calabrese, Cammarota Andrea, Ermanno Gerardo Coralluzzo, Giulia D’Aponte, Fabio De Pasquale, Gilda
Di Chiara, Martina Di Giacomo, Alfonsina Di Giuseppe, Erika Farina, Michela Ferro,
Francesca Fimiani, Raffaella Gallucci, Sara Granato, Francesca Lanzara, Laura
Longobardi, Carmen Melillo, Giorgia Orsi, Martina Pagano, Francesca Pepe,
Carla Pisaturo, Federica Potente, Brigida Rinaldi, Alessia Rinaldo, Linda Vitale
IIB Linguistico - Annalaura Attanasio, Mariachiara Basso, Alessandro, Candiloro,
Fabiola Caporaso, Diana Caravano, Camilla Ciaparrone, Jessica Cuozzo, Veronica Della Rocca, Ilenia Di Feo, Marika Falcone, Matteo Fasano, Zlatoslava
Kruchko, Mario La Rocca, Francesca Lamberti, Eleonora Monetta, Simona Anna
Nastri, Selina Notari, Marianna Palmentieri, Annachiara Palo, Chiara Petraccaro,
Giuseppe Rinaldi, Martina Sabatino, Tetyana Shmid, Marianna Sica, Erika Tisi
Hanno scritto dell’esperienza:
“...Gli allievi della 2^ BL, entusiasti dell’esperienza dell’anno scorso, hanno partecipare a tutte le fasi del progetto di scrittura creativa, fungendo da tutor-guida
ai ragazzi della 1^ BL da un lato spaventati, dall’altro incuriositi del dover scrivere un capitolo di un racconto che alla fine tutti avrebbero potuto leggere...”
per leggere l’intero commento www.bimed.net link: staffetta di scrittura creativa
APPENDICE
4. Ritrovarsi
ITCG “E. Cenni” di Vallo della Lucania (SA) – classe IB A.F.M
Dirigente Scolastico
Cosimo Petraglia
Docente referente della Staffetta
Annamaria Scola
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Annamaria Scola
Gli studenti/scrittori della classe IB A.F.M ISTITUTO TECNICO COMMERCIALE
Denis Alario, Salvatore Alessi, Luca Arena, Mario Cammarano, Iolanda Donnianni,
Mario Falcione, Pietro Galietta, Simone Guzzo, Vito Imbriaco, Emanuele Lombardi,
Asia Mautone, Gian Michele Mirto, Carmen Nicoletti, Antonio Pagano, Alessandro
Ripoli, Marco Rizzo, Jonny Ruggiero, Genesio Russo, Pasquale Sansone, Vincenzo
Stifano, Carmen Squilla, Francesca Valiante, Massimiliano Ventre
Hanno scritto dell’esperienza:
“...La classe sta vivendo l’esperienza della staffetta con grande entusiasmo. La
staffetta rappresenta per una classe prima un’occasione per sentirsi protagonisti
in una scuola completamente nuova. Gli allievi leggono con piacere i capitoli
ponendo una serie di riflessioni sulle tematiche e sulla storia che si sta costruendo.
L’attività della lettura e della scrittura dei capitoli ha dato loro la possibilità di
esercitarsi su competenze e abilità di notevole importanza nella programmazione
dell’italiano del biennio. La staffetta diventa dunque un supporto metodologico
molto valido e alternativo per il raggiungimento di obiettivi fondamentali dell’insegnamento-apprendimento della lingua italiana”.
APPENDICE
5. Superstite
I.I.S. “Sabatini-Menna” di Salerno (SA) – classe IIA
Dirigente Scolastico
Ester Andreola
Docente referente della Staffetta
Maria Di Lieto
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Angela Visone
Gli studenti/scrittori della classe IIA
Annamaria Adinolfi, Luca Andria, Naomi Avagliano, Gerardo Boccia, Simone
D’Andrea, Lucia De Feo, Ilaria Del Vecchio, Gerardo Di Giura, Alessandro Ferrentino, Manuel Fortunato, Simona Landi, Valeria Masullo, Daiana Ponte, Giada
Scannapiego, Marcello Sica
Hanno scritto dell’esperienza:
“…L’esperienza è stata particolarmente interessante specialmente per gli allievi
con qualche lieve difficoltà nelle discipline letterarie.
Il loro impegno e l’interesse dimostrato durante la stesura del lavoro
Confermano la validità della Staffetta Creativa non solo come potenziamento
Di eccellenze ma anche come stimolazione per i meno dotati”.
APPENDICE
6. Pollopoli
IIS “8 Marzo” – Liceo Scientifico di Settimo Torinese (TO) – classe IIB
Dirigente Scolastico
Giorgio Pidello
Docente referente della Staffetta
Romina Carlevato
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Romina Carlevato
Gli studenti/scrittori della classe IIB
Edoardo Amateis, Stefano Artiano, Alessio Ballarini, Gabriele Castelli, Alessandro
Ciappa, Federica Curello, Desirée Di Monte, Denise D’Ugo, Federica Gavioli,
Davide Guglielmetto - Mugion, Leila Hamed, Alessandro Ippolito, Stefano Labartino, Barbara Montalbano, Morritti, Fabio Omiciuolo, Chiara Panin, P Simona
iersanti, Giulia Pioggia, Mara Sara Sassone, Sara Scapino, Roberto Toma, Riccardo Villa, Eleonora Visintin, Federico Alessandro Vitalone
Hanno scritto dell’esperienza:
“Il giudizio espresso dalla classe è stato nettamente positivo; i ragazzi hanno
definito l’esperienza “interessante, istruttiva, formativa, bella, divertente, nuova,
moderna, utile”.
L’interesse e il favore, espressi per l’iniziativa, riguardano in modo particolare
tre ambiti:
è stato possibile acquisire consapevolezza di alcune problematiche legate all’alimentazione, spesso trascurate ma molto importanti nel nostro tempo, con una
modalità di apprendimento più stimolante di quella della lezione tradizionale.
la composizione del capitolo ha fornito l’occasione per esercitare e migliorare
le capacità scrittorie degli allievi, che hanno dovuto lavorare, tra l’altro, sulla
coerenza e la coesione dei loro testi. Il sistema del lavoro a staffetta, dunque,
ossia il fatto di lavorare ad un capitolo di un libro in accordo con altre voci, sistema che nessun allievo aveva mai sperimentato in precedenza, è risultata avvincente, ben organizzato (ma “impegnativo”, secondo un isolato parere)...”
per leggere l’intero commento www.bimed.net link: staffetta di scrittura creativa
APPENDICE
7. Il segreto di Jabba
Liceo Classico “P. Galluppi” di Catanzaro – classe VE
Dirigente Scolastico
Elena De Filippis
Docente referente della Staffetta
Maria Brutto
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Mara Brutto
Gli studenti/scrittori della classe VE
Gianmarco Aiello, Manuel Cafasi, Mariapaola Canino, Alessia Chiarella, Daniele
Cirillo, Roberta Maria Corticelli, Valentina Critelli, Alessia Crudo, Mattia D'Alta,
Vincenzo De Pace, Elisabetta Gentile, Erica Iera, Laura Lacroce, Rita Lagonia,
Nicola Leone, Stefania Mellea, Federica Mustara, Ines Piccoli, Ferruccio Evert
Pirrelli, Alessandro Procopio, Antonio Santoro, Pamela Santoro, Bruno Manuel
Spaccaferro
Hanno scritto dell’esperienza:
“…L'esperienza reiterata di scrittura di due capitoli di due diversi brevi romanzi
è stata senz'altro positiva.
Si è svolta leggendo in classe sezioni scelte dei capitoli precedenti, dopo aver
assegnato agli studenti il compito di leggere e approfondire per gruppi aspetti
specifici del filo narrativo. Ciò ha avuto come scopo quello di assicurare la coerenza narrativa al lavoro successivo di scrittura del capitolo assegnato nonché
sviluppare, nel reporting alla classe, capacità di interpretazione del testo letto,
nonché di immaginazione e negoziazione sulla scelta delle idee più belle e meglio confacenti al registro della narrazione.
Il contesto di azione ha alimentato motivazione ed entusiasmo all'impegno e alla
puntualità nell'inviare sull'account condiviso i testi realizzati...”
per leggere l’intero commento www.bimed.net link: staffetta di scrittura creativa
APPENDICE
8. Un sogno che si avvera
IPSAR “Ten. Marco Pittoni” di Pagani (SA) – classe IIA
Dirigente Scolastico
Rosanna Rosa
Docenti referente della Staffetta
Anna Maria Simeone
Docente responsabili dell’Azione Formativa
M.R. Siciliano, Anna Maria Simeone
Gli studenti/scrittori della classe IIA
Santolo Amato, Maria Luisa Blasio, Roxana Carabet , Valerio Cirota, Gerardo
Costiero, Andrea D’Auria, Santa Annunziata De Gennaro, Alfonso De Rosa,
Gianluca Ferraioli, Luigi Iervolino, Claudio Maisano, Pio Matrone, Antonio Nocera, Salvatore Padovano, Luigi Ruggiero, Fabio Schiavone, RaffaeleVenditti
Hanno scritto dell’esperienza:
“...Riteniamo che l’attività di scrittura creativa a cui abbiamo partecipato ci
abbia entusiasmato e resi molto partecipi. Ci siamo riuniti numerose volte, abbiamo confrontato le nostre idee e abbiamo provato la gioia di essere “scrittori”.
Per scrivere il capitolo è stato realizzato un vero e proprio lavoro di squadra.
Grazie al sostegno delle nostre professoresse d’italiano e di diritto siamo riusciti
a creare un capitolo considerato per noi fantastico. Nei giorni precedenti alla
consegna in classe si è respirata un’aria di ansia, non solo perché volevamo fare
un buon lavoro, ma anche perché avevamo tempi stretti da rispettare. Quest’esperienza è stata l’occasione per misurarci l’un con gli altri, per trascorrere
più tempo insieme ed imparare a collaborare meglio, non solo tra di noi, ma
anche con i professori; ci ha insegnato quanto sia importante la scrittura e la lettura per comunicare e crescere. Speriamo che il nostro capitolo incontri l’apprezzamento degli alunni delle altre squadre”.
APPENDICE
9. Il colore della salute
I.S.I.S.S. “Mattei” di Aversa (CE) – classi IA/B/C/D - IIA/B/F
Dirigente Scolastico
Giuseppe Manica
Docente referente della Staffetta
Patrizia Gallo
Docenti responsabili dell’Azione Formativa
Patrizia Gallo, Maria Lucia Cangiano
Gli studenti/scrittori delle classi
IIF – Luisa Micillo, Francesca Abate, Vincenzo Pommella, Dario Crapetto,
IIA – Emilia Massimo, Ersilia Martino, Alberto Barbato
IB – Ilaria De Santis, Rita Marigliano, Carolina Ascione, Dalila Ponzè, Maria Mozzillo, Mara Majerù, Amalia Belluomo
ID – Alessia Alessio, Elena Lomasto, Simona Sagliocco, Giosi Virgilio
IA – Luigina Tancredi, Sara Catricalà, Michela Lampitelli
IC – Romina Di Vaia, Alessia Di Mambro, Carla Pellecchia
IIB – Maria Cafiero, Giovanna Guarino, Ilaria Grimaldi
Hanno scritto dell'esperienza:
“...Questa esperienza è stata molto emozionante, ci siamo divertiti molto. Abbiamo
avuto la possibilità di fare nuove conoscenze e di liberare la nostra fantasia!
Abbiamo conosciuto nuovi compagni d’istituto con cui ci siamo confrontati, imparato nuove parole e tecniche di scrittura...”
per leggere l’intero commento www.bimed.net link: staffetta di scrittura creativa
INDICE
Incipit di MATTEO FORTE ................................................................................pag
14
Cap. 1 I tre Enne ......................................................................................................»
18
Cap. 2 Primi problemi..............................................................................................»
24
Cap. 3 Un giardino… le stagioni della vita..................................................»
28
Cap. 4 Ritrovarsi ......................................................................................................»
34
Cap. 5 Superstite......................................................................................................»
40
Cap. 6 Pollopoli ......................................................................................................»
46
Cap. 7 Il segreto di Jabba ..................................................................................»
52
Cap. 8 Un sogno che si avvera ..........................................................................»
58
Cap. 9 Il colore della Salute ..............................................................................»
64
Appendici ..................................................................................................................»
68
Finito di stampare nel mese di aprile 2013
dalla Tipografia Gutenberg Srl – Fisciano (SA)
ISBN 978-8897890-70-6
Scarica

I 3 enne