EATBPE CAD RC GU AG YFUORCAD YF UOTC FR AG NE CI IT NR CI SL GY VE PO IT OP HR GM NE AOER CI SW ZN GF SL C A AO AG O Q KSJQ LP FCABWI BA VICLWBE HU PE OI PR TW P TE R A XS VI CL XPEC TB P SX VT AE RDMDXIJ 3ENNEWI VA VICL ISMP BU M NV ECWB NF RDCQ TE R AH BG VA I EA VA VI CL GMD ABWI NF XMFCABWI NF MD I 3 ENNE Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo Associazione di Enti Locali per l’Educational e la Cultura - Ente Formatore per Docenti Istituzione Promotrice della Staffetta di Scrittura Bimed/Exposcuola in Italia e all’Estero Partendo dall’incipit di Matteo Forte e con il coordinamento dei propri docenti, hanno scritto il racconto gli studenti delle scuole e delle classi appresso indicate: I.I.S. “Sabatini-Menna” di Salerno – classe IIC IPSAR “G. Colombatto” di Torino – classe IL Liceo Statale “Alfano I” di Salerno – classi I/II B Linguistico ITCG “E. Cenni” di Vallo della Lucania (SA) – classe IB A.F.M I.I.S. “Sabatini-Menna” Liceo Artistico di Salerno – classe IIA IIS “8 Marzo” – Liceo Scientifico di Settimo Torinese (TO) – classe IIB Liceo Classico “P. Galluppi” di Catanzaro – classe VE IPSAR “Ten. Marco Pittoni” di Pagani (SA) – classe IIA I.S.I.S.S. “Mattei” di Aversa (CE) – classi IA/B/C/D - IIA/B/F Editing a cura di: Matteo Forte Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo Associazione di Enti Locali Ente Formatore per docenti accreditato MIUR Il racconto è pubblicato in seno alla Collana dei Raccontiadiecimilamani Staffetta Bimed/Exposcuola 2013 La pubblicazione rientra tra i prodotti del Percorso di Formazione per Docenti “La Scrittura Strumento indispensabile di evoluzione e civiltà” II livello. Il Percorso di Formazione è promosso dal MIUR Dipartimento per l’Istruzione Direzione Generale per il Personale Scolastico Ufficio VI e si organizza in interazione con l’Istituto Comprensivo “A. De Caro” di Lancusi/Fisciano (SA) Direzione e progetto scientifico Andrea Iovino Monitoraggio dell’azione e delle attività formative collegate Maurizio Ugo Parascandolo Responsabili di Area per le comunicazioni, il coordinamento didattico, l’organizzazione degli Stages, le procedure e l’interazione con le scuole, le istituzioni e i fruitori del Percorso di Formazione collegato alla Staffetta 2013 Linda Garofano Marisa Coraggio Andrea Iovino Area Nord Area Centro Area Sud Segreteria di Redazione e Responsabile delle procedure Giovanna Tufano Staff di Direzione e gestione delle procedure Angelo Di Maso, Adele Spagnuolo Responsabile per l’impianto editoriale Matteo Forte Grafica di copertina: Valentina Caffaro Rore, Elisa Costanza Giuseppina Camurati, Iulia Dimboiu, Giulia Maschio, Giulio Mosca, Raffaella Petrucci, Dajana Stano, Angelica Vanni - Studenti del Corso di Grafica dell’Istituto Europeo di Design di Torino, Docente Sandra Raffini Impaginazione Bimed Edizioni Relazioni Istituzionali Nicoletta Antoniello Piattaforma BIMEDESCRIBA Gennaro Coppola Amministrazione Rosanna Crupi I libretti della Staffetta non possono essere in alcun modo posti in distribuzione Commerciale RINGRAZIAMENTI I racconti pubblicati nella Collana della Staffetta di Scrittura Bimed/ExpoScuola 2013 si realizzano anche grazie al contributo erogato in favore dell’azione dai Comuni che la finanziano perché ritenuta esercizio di rilevante qualità per la formazione delle nuove generazioni. Tra gli Enti che contribuiscono alla pubblicazione della Collana Staffetta 2013 citiamo: Siano, Bellosguardo, Pisciotta, Cetara, Pinerolo, Moncalieri, Susa, SaintVincent, Castellamonte, Torre Pellice, Castelletto Monferrato, Forno Canavese, Rivara, Ivrea, Chivasso, Cuorgnè, Santena, Agliè, Favignana, Lanzo Torinese. Si ringrazia, inoltre, il Consorzio di Solidarierà Sociale “Oscar Romero” di Reggio Emilia, Casa Angelo Custode di Alessandria, Società Istituto Valdisavoia s.r.l. di Catania, Associazione Culturale “Il Contastorie” di Alessandria, Fondazione Banca del Monte di Rovigo. La Staffetta di Scrittura riceve un rilevante contributo per l’organizzazione degli Eventi di presentazione dei Racconti 2013 dai Comuni di Bellosguardo, Moncalieri, Ivrea, Salerno, Pinerolo, Saint Vincent, Procida e dal Parco Nazionale del Gargano/Riserva Naturale Marina Isole Tremiti. Si coglie l’occasione per ringraziare i tantissimi uomini e donne che hanno operato per il buon esito della Staffetta 2013 e che nella Scuola, nelle istituzioni e nel mondo delle associazioni promuovono l’interazione con i format che Bimed annualmente pone in essere in favore delle nuove generazioni. Ringraziamenti e tanta gratitudine per gli scrittori che annualmente redigono il proprio incipit per la Staffetta e lo donano a questa straordinaria azione qualificando lo start up dell’iniziativa. Un ringraziamento particolare alle Direzioni Regionali Scolastiche e agli Uffici Scolastici Provinciali che si sono prodigati in favore dell’iniziativa. Infine, ringraziamenti ossequiosi vanno a S. E. l’On. Giorgio Napolitano che ha insignito la Staffetta 2013 con uno dei premi più ambiti per le istituzioni che operano in ambito alla cultura e al fare cultura, la Medaglia di Rappresentanza della Repubblica Italiana giusto dispositivo Prot. SCA/GN/0776-8 del 24/09/2012. Partner Tecnico Staffetta 2013 Si ringraziano per l’impagabile apporto fornito alla Staffetta 2013: i Partner tecnici UNISA – Salerno, Dip. di Informatica; Istituto Europeo di Design - Torino; Cartesar Spa e Sabox Eco Friendly Company; ADD e EDT Edizioni - Torino; il partner Must Certipass, Ente Internazionale Erogatore delle Certificazioni Informatiche EIPASS By Bimed Edizioni Dipartimento tematico della Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo (Associazione di Enti Locali per l’Educational e la Cultura) Via della Quercia, 64 – 84080 Capezzano (SA), ITALY Tel. 089/2964302-3 fax 089/2751719 e-mail: [email protected] La Collana dei Raccontiadiecimilamani 2013 viene stampata in parte su carta riciclata. È questa una scelta importante cui giungiamo grazie al contributo di autorevoli partner (Sabox e Cartesar) che con noi condividono il rispetto della tutela ambientale come vision culturale imprescindibile per chi intende contribuire alla qualificazione e allo sviluppo della società contemporanea anche attraverso la preservazione delle risorse naturali. E gli alberi sono risorse ineludibili per il futuro di ognuno di noi… Parte della carta utilizzata per stampare i racconti proviene da station di recupero e riciclo di materiali di scarto. La Pubblicazione è inserita nella collana della Staffetta di Scrittura Bimed/Exposcuola 2012/2013 Riservati tutti i diritti, anche di traduzione, in Italia e all’estero. Nessuna parte può essere riprodotta (fotocopia, microfilm o altro mezzo) senza l’autorizzazione scritta dell’Editore. La pubblicazione non è immessa nei circuiti di distribuzione e commercializzazione e rientra tra i prodotti formativi di Bimed destinati unicamente alle scuole partecipanti l’annuale Staffetta di Scrittura Bimed/ExpoScuola. PRESENTAZIONE dedicato alle maestre e ai maestri … ai professori e alle professoresse, insomma, a quell’esercito di oltre mille uomini e donne che anno dopo anno ci affiancano in questo esercizio straordinario che è la Staffetta, per il sottoscritto, un miracolo che annualmente si ripete. In un tempo in cui non si ha la consapevolezza necessaria a comprendere che dietro un qualunque prodotto vi è il fare dell’essere che è, poi, connotativo della qualità di un’esistenza, la Staffetta è una esemplarità su cui riflettere. Forse, la linea di demarcazione che divide i nativi digitali dalle generazioni precedenti non è nel fatto che da una parte vi sono quelli capaci di sentire la rete come un’opportunità e dall’altra quelli che no. Forse, la differenza è nel fatto che il contesto digitale che sempre di più attraversa i nostri giovani porta gli individui, tutti, a ottenere delle risposte senza la necessità di porsi delle domande. Così, però, è tutto scontato, basta uno schermo a risolvere i nostri bisogni… Nel contempo, riflettere sul senso della nostra esistenza è sempre meno un bisogno e il soddisfacimento dei bisogni ci appare come il senso. Non è così, per l’uomo, l’essere, non può essere così. Ritengo l’innovazione una delle più rilevanti chiavi per il futuro e, ovviamente, non sono contrario alle LIM, a internet e ai contesti digitali in generale, sono per me un motore straordinario e funzionale anche per la relazione tra conoscenza e nuove generazioni, ma la conoscenza è altro, non è mai e in nessun caso l’arrivo, l’appagamento del bisogno… La conoscenza è nella capacità di guardare l’orizzonte con la curiosità, il piacere e la voglia di conquistarlo, questo è! Con la staffetta il corpo docente di questo Paese prova a rideterminare una relazione con l’orizzonte, con quel divenire che accomuna e unisce gli uomini e le donne in un afflato di cui è parte integrante il compagno di banco ma, pure, il coetaneo che a mille chilometri di distanza accoglie la tua storia, la fa sua e continua il racconto della vita insieme a te… In una visione di globalizzazione positiva. Tutto questo ci emoziona anche perché è in questo modo che al bisogno proprio (l’egoismo patologico del nostro tempo), si sostituisce il sogno di una comunità che attraverso la scrittura, insieme, evolve, cresce, si migliora. E se è vero come è vero che appartiene alla nostra natura l’essere parte di una comunità, la grande scommessa su cui ci stiamo impegnando è proprio nel rideterminare con la Staffetta una proficua interazione formativa tra l’innovazione e la cultura tipica dei tanti che nell’insegnare hanno trovato… il senso. Dedico questo breve scritto ai docenti ma vorrei che fossero i genitori e gli studenti, gli amministratori e le imprese, la comunità e l’attorno, a prendere consapevolezza del fatto che è proprio ri/partendo dalla Scuola che potremo determinare l’evoluzione e la qualificazione del nostro tempo e dello spazio in cui viviamo. Diamoci una mano, entriamo nello spirito della Staffetta, non dividiamo più i primi dagli ultimi, i sud dai nord, i potenti dai non abbienti… La Staffetta è, si, un esercizio di scrittura che attraversando l’intero impianto curriculare qualifica il contesto formativo interno alla Scuola e, pure, l’insieme che dall’esterno ha relazione organica e continuativa con il fare Scuola, ma la Staffetta è, innanzitutto, un nuovo modo di esprimersi che enuclea nella possibilità di rendere protagonisti quanti sono in grado di esaltare il proprio se nel confronto, nel rispetto e nella comunanza con l’altro. Andrea Iovino L’innovazione e la Staffetta: una opportunità per la Scuola italiana. Quando Bimed ci ha proposto di operare in partnership in questa importante avventura non ho potuto far a meno di pensare a quale straordinaria opportunità avessimo per sensibilizzare un così grande numero di persone sull’attualissimo, quanto per molti ancora sconosciuto, tema di “innovazione e cultura digitale”. Sentiamo spesso parlare di innovazione, di tecnologia, di Rete e di 2.0, ma cosa sono in realtà e quali sono le opportunità, i vantaggi e anche i pericoli che dal loro utilizzo possono derivare? La Società sta cambiando e la Scuola non può restare ferma di fronte al cambiamento che l’introduzione delle nuove tecnologie ha portato anche nella didattica: cambia il metodo di apprendimento e quello di insegnamento non è che una conseguenza naturale e necessaria per preparare gli “adulti di domani”. Con il concetto di “diffusione della cultura digitale” intendiamo lo svi- luppo del pensiero critico e delle competenze digitali che, insieme all’alfabetizzazione, aiutano i nostri ragazzi a districarsi nella giungla tecnologica che viviamo quotidianamente. L’informatica entra a Scuola in modo interdisciplinare e trasversale: entra perché i ragazzi di oggi sono i “nativi digitali”, sono nati e cresciuti con tecnologie di cui non è più possibile ignorarne i vantaggi e le opportunità e che porta inevitabilmente la Scuola a ridisegnare il proprio ruolo nel nostro tempo. Certipass promuove la diffusione della cultura digitale e opera in linea con le Raccomandazioni Comunitarie in materia, che indicano nell’innovazione e nell’acquisizione delle competenze digitali la vera possibilità evolutiva del contesto sociale contemporaneo. Poter anche soltanto raccontare a una comunità così vasta com’è quella di Bimed delle grandi opportunità che derivano dalla cultura digitale e dalla capacità di gestire in sicurezza la re- lazione con i contesti informatici, è di per sé una occasione imperdibile. Premesso che vi sono indagini internazionali da cui si evince l’esigenza di organizzare una forte strategia di ripresa culturale per il nostro Paese e considerato anche che è acclarato il dato che vuole l’Italia in una condizione di regressione economica proprio a causa del basso livello di alfabetizzazione (n.d.r. Attilio Stajano, Research, Quality, Competitiveness. European Union Technology Policy for Information Society II- Springer 2012) non soltanto di carattere digitale, ci è apparso doveroso partecipare con slancio a questo format che opera proprio verso la finalità di determinare una cultura in grado di collegare la creatività e i saperi tradizionali alle moderne tecnologie e a un’idea di digitale in grado di determinare confronto, contaminazione, incontro, partecipazione e condivisione… I docenti chiamati a utilizzare una piattaforma telematica, i giovani a inventarsi un pezzo di una storia che poi vivono e condividono grazie al web con tanti altri studenti che altrimenti, molto probabilmente, non avrebbero mai incontrato e, dulcis in fundo, le pubblicazioni… Il libro che avrete tra le mani quando leggerete questo scritto è la prova tangibile di un lavoro unico nel suo genere, dai tantissimi valori aggiunti che racchiude in sé lo slancio nel liberare futuro collegando la nostra storia, le nostre tradizioni e la nostra civiltà all’innovazione tecnologica e alla cultura digitale. Certipass è ben lieta di essere parte integrante di questo percorso, perché l’innovazione è cultura, prima che procedimento tecnologico. Il Presidente Domenico PONTRANDOLFO INCIPIT MATTEO FORTE L’esaltatore Mi chiamo Matteo. Ho sedici anni. Da grande sarò un cuoco. Lavorerò in un gran ristorante. Sarò un cuoco stellato. Niente astronauta o pugile. Il mio sogno da sempre è stato cucinare. Lo dico da pochi anni. La verità è che me ne vergognavo un po’. I miei compagni di classe non avrebbero capito. È difficile spiegare che per caso una volta a otto nove anni, accompagnando mio zio da un amico chef, entrando in cucina e osservando il lavoro frenetico di chi era dietro i fornelli il mio cuore ha avuto un sussulto. All’uscita mi rideva ogni poro del mio corpicino. Volevo vestirmi di bianco, avere un gran cappello e far saltare le pietanze con la sola forza del mio polso destro. Ho iniziato leggendo ricette e ricette. Lo facevo di notte quando tutti dormivano, avevo la sensazione che questa fosse una passione che non si addiceva ad un ragazzino come me. Un ragazzino come me avrebbe dovuto studiare la chitarra elettrica o sbucciarsi le ginocchia correndo dietro ad un pallone o farsi mancare la vista a furia di ore di videogame. Niente. Avevo occhi solo per i risotti, i brasati, le paste al forno. La mia prima ricetta fu una guarnizione di pizza surgelata: a metà cottura di una bruttissima pizza insapore inserii mozzarella a tocchetti e olive denocciolate. La seconda fu una pasta al forno. Dimenticai però di bollire i rigatoni e quindi risultarono un disastro. I miei lavoravano fino a tardi e spesso, direi sempre, la sera per la cena mi lasciavano cose pronte da scaldare. Quelle ore di solitudine sono state le ore della sperimentazione. Ritenevo che riscaldare una busta di Quattro salti in padella fosse un modo per dimostrare la mia arte. Qualche tempo dopo iniziai una pratica 14 che continuo tuttora, leggere gli ingredienti riportati dietro le confezioni. Mi resi conto che molti avevano, tra le altre cose, l’esaltatore di sapidità. Non capii. Iniziai una lunga ricerca. Questa ricerca consisteva nel domandarlo ossessivamente a mia mamma, poi a mio padre, poi alla mia maestra. Sembrava che nessuno conoscesse questo ingrediente. L’ingrediente segreto. Passò del tempo. Nessuno sapeva. Chiedevo al prete che mi faceva la comunione la domenica e anche al salumiere dove mamma mi mandava a comperare il prosciutto, mi dicevo: chi «lavora nel settore alimentare, deve saperlo!» Macché, mistero. Iniziai a convincermi che non potevano rivelare ad un ragazzino la verità, l’esaltatore di sapidità in realtà era una di quelle cose che mio padre liquidava con un: «quando sarai grande capirai». La fortuna e la mia caparbietà ebbero, dopo quasi un anno di ricerca, la meglio. Con zio Lucio andammo a mangiare dal suo amico e dopo cena, come era solito, entrammo in cucina per salutare lo chef. Ridevano e dicevano cose che non capivo. Presi il coraggio a due mani, urlai: «checosacazzoèlesaltatoredisapidità?» Silenzio. Lo chef mi guardò. Mi accarezzò la testa e mi rispose. «È un additivo chimico che si inserisce nei prodotti alimentari per renderli più saporiti, niente di buono però!, ad esempio il glutammato è pericoloso per il sistema nervoso e in grandi quantità è tossico. Matteo, se la materia prima è buona non c’è bisogno di aggiungere nulla». Prese fiato e aggiunse: «in certi paesi questi additivi sono, per i bambini, vietati per legge». «Mio Dio! mia madre vuole uccidermi, Quattro salti in padella è nocivo per la mia salute, per il mio sistema nervoso ne ho mangiate troppe buste forse sono un tossico!». Questo pensai mentre quella sera provavo a dormire. Per i giorni successivi non feci parola con nessuno di questa scoperta allucinante. C’era un complotto da parte dei genitori per uccidere i loro figli. Panini e panini di prosciutto cotto pieni di glutammato mangiati dai miei compagni di classe. 15 Giurai vendetta contro i grandi. Pensai di parlarne con Jabba e Toni, i miei amici più cari. Loro dovevano sapere. Ci incontravamo in un giardino della città. C’erano scivoli e altalene. Dico c’erano perché i teppisti delle medie e delle superiori erano riusciti a sradicarli e portarseli a casa. Televisori rotti e qualche pneumatico avevano preso il posto dei giochi in quel giardino. Noi ci si vedeva lì. Era la nostra base. 16 1 CAPITOLO PRIMO I tre Enne Nel nostro piccolo regno trascorrevamo pomeriggi interi a discutere sui nostri problemi e sulle incomprensioni dei grandi. Le ore volavano tra il piacere di stare insieme, immaginando di non trovarsi tra i cumuli di rifiuti che disseminavano il giardino. Ogni tanto venivamo infastiditi da qualche bullo e costretti a scappare. A volte ci riunivamo anche di sera, quando c’era la luna piena con le lucciole e il cielo stellato. Tra i tanti problemi che avevamo affrontato fino ad ora, questo sembrava molto più complesso e di un’urgenza assoluta. Dovevo assolutamente dirlo agli altri, liberarmi da questo peso. «Jabba, Toni! Ho scoperto il piano degli adulti, vogliono avvelenarci!!!» E mentre Jabba, per nulla sconvolto alla mia rivelazione, continuava a divorare il suo panino farcito con una mortadella dal colore sbiadito, ribattei: «Esaltatore di sapidità! Anche i nostri panini contengono sostanze nocive. Jabba! Sputa quel panino. È pieno di glutammato!» Jabba quasi si strozzò e allora, certo di aver ottenuto finalmente l’attenzione dovuta, continuai: «Ragazzi dobbiamo unirci per evitare che altri ignari ragazzi siano avvelenati da queste schifezze. Quando ero piccolo mia nonna (lei sì che mi cucinava delizie!) mi ripeteva sempre che la nostra salute comincia dalla tavola. Non voglio che il mio sistema nervoso impazzisca! Ecco la mia idea: creiamo un’associazione di aspiranti cuochi, noi, che utilizzano solo ingredienti naturali!» «Ma il cuoco non eri tu?» obiettò Toni. «Sei sempre il solito disfattista. Dovete dare un senso alla vostra vita, no? E allora fatevi guidare da chi ha già le idee chiare!» Dopo le iniziali titubanze il mio entusiasmo coinvolse il gruppo che giurò di dar vita al progetto. 18 I tre Enne Al nostro trio però mancava un nome. Iniziai a spremermi le meningi. «Ci serve un nome che ci caratterizzi bene!» esclamai tutto d’un fiato. «Per cosa?» chiese il solito svagato Jabba. «Per il gruppo, ovvio! Avrei pensato a Cook power, bello no?» dissi ad alta voce. «No è banale, fa troppo Power ranger» sghignazzò Toni. «Allora proponete voi qualcosa». «Gli eroi del sapore! Questo sì che mi piace» disse Jabba. «Ma quanti anni hai, due?» ribadì l’ipercritico Toni. La discussione stava degenerando quando mi venne l’illuminazione giusta: «Ragazzi, basta se cominciamo litigando sul nome, ma ho un idea! Siamo tre, lottiamo contro gli esaltatori di sapidità, ma in modo naturale, quindi siamo: I TRE ENNE!!! E come esaltatori, enne come naturalità. Che ne dite, rende l’idea?» Dai loro sguardi entusiasti capii. Il nostro gruppo era stato battezzato. Toni, che era l’artista dei tre, prese subito carta e penna per creare il logo del nome. Rimaneva adesso però da discutere sul fine dell’associazione. Se si cucinava, ci doveva pur essere qualcuno che mangiava. Dopo varie proposte capimmo che dovevamo coinvolgere più persone possibili e il parco era il posto giusto per tutti, sebbene così trascurato e malsano. Con l’aiuto del cugino di Jabba che lavorava da un falegname, avremmo potuto costruire un piccolo chiosco dove poter vendere le nostre creazioni a tutti i ragazzini che come noi, erano costretti a sorbirsi i famigerati Quattro salti in padella a causa di genitori assenti ed indaffarati. Toni avrebbe recuperato dei vecchi fornelli in disuso nel suo garage e ognuno di noi con i propri risparmi procurato la materia prima. Con il ricavato avremmo potuto iscriverci magari ad un corso di cucina per diventare veri chef ed aprire un giorno un vero ristorante, anzi una catena di ristoranti! Mancava solo un posto riparato dove cucinare. Con il nostro entusiasmo nessun ostacolo sembrava insormontabile! Capitolo primo 19 Ci addentrammo quindi nel parco alla ricerca di un posto adatto per installare la nostra cucina. Percorremmo un sentiero stretto molto ombroso a causa dei grandi e folti alberi. Durante il percorso trovammo molti rifiuti come cocci di bottiglie, mozziconi di sigarette, siringhe ed ogni mal di dio. Toni incupito dalla vista di quel disastro si fermò di scatto ed esclamò: «Non diventerò mai come questi incoscienti!» Io e Jabba all’unisono con un cenno della testa gli facemmo capire che aveva pienamente ragione, ma adesso noi avevamo uno scopo importante nella vita. Al lato destro del sentiero scorreva lentamente un ruscello anch’esso inquinato come l’ambiente circostante. Il sentiero diventava sempre più cupo per la vegetazione selvaggia: forse ci eravamo allontanati un po’ troppo e in più stava calando la sera. Continuammo comunque a camminare quando intravedemmo dietro una grossa quercia un vecchio capannone. Con i muri di un legno logoro e il tetto di lamiera, sembrava abbandonato, ma ci accorgemmo che dalla canna fumaria usciva del fumo. Davanti all’ingresso c’erano attrezzi di giardinaggio di ogni tipo. Ci avvicinammo alla porta, era rosso rubino. Era socchiusa ed entrammo. L’interno era piuttosto buio. In un angolo si intravedeva una vecchia stufa a legna che emetteva una lieve luce quasi spettrale. Al centro della stanza spiccava un vecchio tavolo in legno antico con alcune parti ormai rovinate dal tempo. Sopra, in un recipiente di vetro rotondo c’era una strana sostanza pastosa. «Che diavolo sarà quella cosa?» esclamò Jabba. «Sembrerebbe un impasto per fare la pizza» dissi. «Da cosa l’hai capito? Non so voi, ma io non ho mai visto fare la pizza a casa, mia madre al massimo compra la pizza surgelata!» «Una volta l’ho vista preparare in televisione, ma questa sostanza sembra diversa». Mentre eravamo intenti ad osservare quella strana cosa “molliccia”, una voce agghiacciante e cavernosa ci fece venire la pelle d’oca. 20 I tre Enne «È lievito madre SCIOCCHI!!!» Ci girammo di scatto. Una strana figura ci fissava severamente: era un uomo di tarda età, di media altezza con un volto rugoso. Gli occhi erano di un grigio che sembrava metallo fuso. I lunghi capelli bianchi erano raccolti in uno stravagante codino. Indossava degli abiti consumati e mal abbinati tra loro. Ci guardava con aria minacciosa, la sua fronte era aggrottata e i suoi occhi incutevano timore. Raggiunse il tavolo e con molta rapidità richiuse il panno umido. «Andate via! Non vi basta aver distrutto il parco, ora volete far danni anche a casa mia?» Eravamo impietriti, le nostre gambe erano di gelatina. Balbettando riuscii solo a dirgli: «S… scusi nnnon vo... volevamo… e poi non abbiamo ridotto noi così il parco!» «E già, sono sempre gli ALTRI i responsabili» sottolineò amaramente il vecchio, prese una pausa e chiese: «cosa volete?» «Cercavamo solo un posto dove realizzare il nostro sogno! risposi con impeto. Alla parola sogno il vecchio cambiò espressione e nei suoi occhi mi sembrò di scorgere un velo di nostalgia. «Quale sarebbe questo sogno?» borbottò a denti stretti il vecchio addolcito nei toni. Presi il coraggio a quattro mani e mi dilungai in una accorata spiegazione del nostro favoloso progetto. Alla fine del discorso mi sembrò di scorgere l’ombra di un sorriso sul volto segnato dal tempo (e forse dalle difficoltà della sua vita) dell’uomo che dichiarò di chiamarsi Filiberto e di essere il custode del parco, licenziato ormai da anni dall’ultima amministrazione comunale per mancanza di fondi. Mi venne spontanea allora la riflessione che il nostro Comune aveva fatto così tanti sprechi (come l’investimento delle nuove auto blu ultimo modello lusso per i consiglieri comunali) e poi aveva deciso di mandare alla malora il nostro parco pubblico. Anche per cambiare questo stato di cose la nostra associazione doveva battersi. Proponemmo al nostro, forse, nuovo amico di aiutarlo a ripulire il parco in cambio dell’uso della sua capanna per cucinare. Capitolo primo 21 Filiberto, che non era molto loquace, ci fece cenno di seguirlo e ci portò verso la vecchia cucina a legna che doveva essere almeno del secolo scorso. Da una mensola impolverata afferrò un grande manoscritto rilegato con una logora pelle verde e con modi spicci sentenziò: «Questo libro raccoglie tutte le ricette della mia famiglia e ce ne è una che potrà interessarvi anche perché così imparerete ad usare il mio ottimo lievito madre che tanto aveva attirato la vostra attenzione». Aprì quindi il libro in una pagina dove troneggiava un’immagine stilizzata di un delizioso cestino di pane con invitanti verdure croccanti. E così leggemmo: Cestino dell’orto Ingredienti Per la pasta di pane: - 250 gr. di farina 00 - 130 gr. di acqua tiepida - 1 cucchiaino di olio - 1 cucchiaino di sale - lievito madre q.b. Per il ripieno: - 2 zucchine - 2 peperoni - 2 patate - 2 melanzane - 4 pomodori maturi - 250 gr. di mozzarella - sale q.b. - olio extra vergine d’oliva per friggere Preparazione Amalgamare la farina con l’acqua tiepida, l’olio, il sale e il panetto di lievito madre e lavorare finché l’impasto non risulterà liscio. Far lievitare per almeno due ore. 22 I tre Enne Nel frattempo friggere in padella singolarmente ciascun ortaggio. Stendere l’impasto e disporlo in piccoli stampi simili a cestini e fare cuocere in forno caldo a 240 gradi finché i cestini non risultano dorati. Agli ultimi minuti di cottura aggiungere le verdure e la mozzarella finché non risulta filante. Sfornare e servire. La sola lettura di questa delizia ci provocò un incontrollato borbottio nello stomaco a cui sopraggiunse una diffusa eccitazione che ci spingeva a voler provare a tutti i costi a realizzare questa specialità del nostro terribile buon guardiano. Capitolo primo 23 CAPITOLO SECONDO Primi problemi «Fai attenzione che mi sporchi tutto!» disse la madre di Jabba mentre eravamo nella sua cucina a realizzare delle nuove ricette. «È tutto sbagliato, hai combinato un disastro!» In quel momento capimmo quanto fosse difficile e impegnativo cucinare e mi vennero in mente mille pensieri confusi. Ma sarà davvero questo il nostro futuro? Siamo solo dei bambini che cercano di realizzare i propri sogni. Ricordo che mamma da bambino mi disse: sii sempre forte, amore, che il mondo là fuori è tutt’altro che rose e fiori... Questo cantante riesce sempre ad interpretare le mie emozioni. Abbiamo solo otto anni, chissà se riusciremo a portare avanti il nostro sogno passando sopra ad ogni difficoltà. La vita è piena di sfide… se neanche i grandi riescono a superare gli ostacoli, figuriamoci noi che siamo solo dei ragazzini. Ho paura, ho paura di aver sbagliato tutto, di fare troppi errori. Forse sono solo un povero illuso. «Matteo, dopotutto questi cestini dell’orto non sono niente male! È bastato aggiungere delle spezie per dare quel tocco in più che solo gli ingredienti naturali sanno dare!» Disse Toni con il suo solito ottimismo. Era sempre di buon umore, felice e solare. In sua presenza nessuno riusciva ad essere triste: era un ragazzo che sprizzava energia e ottimismo, ma nello stesso tempo attento e riflessivo. Era cicciottello a causa delle sue scorpacciate di panini a scuola, ma i suoi grandi occhi verdi non smettevano mai di brillare e il suo sorriso contagioso non si spegneva mai. Io e Jabba, invece, eravamo i burloni del gruppo: ci piaceva sempre scherzare e fare giochi stupidi, però, quando eravamo giù di morale, riuscire a rasserenarsi era difficile. Eravamo abbastanza magrolini; Toni aveva l’ossessione per i capelli: 24 Primi problemi i suoi ricci neri, che attiravano sempre l’attenzione dei passanti, erano sacri per lui. Io, invece, mi vergognavo dei miei capelli troppo rossi, per cui li coprivo sempre con il cappuccio della felpa, in modo da evidenziare il mio punto forte : gli occhi azzurri come il cielo. Nella casa c’era silenzio, ad un tratto Jabba si alzò: «Forse dovremmo aspettare a realizzare i nostri sogni e comportarci come dei semplici bambini che non hanno preoccupazioni né paure. Mi dispiacerebbe, però, dare una delusione al nostro grande amico Filiberto: ci ha aiutati e motivati per realizzare il nostro più grande sogno, che piano piano è diventato anche il suo». «Jabba hai proprio ragione, però…». «Ragazzi è tardissimo! Mia mamma mi starà aspettando già da un bel pezzo!» Urlai, infilai di corsa nella cartella alcuni dei biscotti che avevamo realizzato dopo i cestini, indossai le scarpe e corsi via salutando di sfuggita la mamma di Jabba. Il giorno seguente ci ritrovammo al parco pronti a pulirlo, ma dopo alcune ore di lavoro ci accorgemmo che era troppo grande per tre bambini. Per fortuna a Jabba venne un’idea: «Ma se decidessimo di fare una giornata ecologica per pulire il parco?» «Sì, è un’ottima idea! E se facessimo anche una raccolta fondi per realizzare il nostro chiosco?» «Ok!» Eravamo sicuri che, se volevamo portare a termine il progetto, dovevamo avere tutto il paese dalla nostra parte, per cui decidemmo di parlarne in classe con i nostri compagni, per fare in modo che la voce si spargesse nella scuola. Jessica, la mia vicina di banco, era innamorata di me e, forse proprio per questo, si appassionò alla nostra causa. Era una ragazzina di otto anni poco più alta di me. Aveva lunghi capelli biondi ed era molto gracile. Arrivata a casa, ne parlò con la madre, la cui reazione, lo venni a sapere dopo, fu tutt’altro che entusiasta: era, infatti, la proprietaria di un ristorante nei pressi del parco e capì subito che Capitolo secondo 25 quell’iniziativa poteva essere una scocciatura per lei. Spiegò chiaramente alla figlia la situazione che poteva venirsi a creare e le diede precise indicazioni sul da farsi: «Allora Jessica, ascoltami bene. Dovrai fare tutto ciò che ti dico senza obbiettare. Domani andrai in classe e ascolterai ciò che diranno i tuoi compagni su questa giornata dell’ecologia». Nei giorni successivi notai che Jessica era molto diversa dal solito: partecipava alle nostre riunioni, ma non riusciva più a sostenere il mio sguardo e da allegra e spensierata, sembrava essere ora triste e pensierosa ed io non riuscivo a capirne il motivo. Seppi solo dopo molto tempo che si sentiva in colpa per quello che stava facendo e che pensava che se io l’avessi scoperto ci sarei rimasto malissimo e probabilmente non le avrei più rivolto la parola. La mamma di Jessica, Antonella, era una donna molto severa, pretendeva il rispetto delle regole; era bellissima, ma aveva un carattere forte e scontroso. Magra, occhi azzurri e sguardo deciso. Aveva lunghi capelli neri che molte volte raccoglieva in una coda. Era la tipica donna in carriera, pronta a tutto pur di raggiungere i propri obiettivi. All’uscita da scuola dissi ai miei amici: «Il ristorante di Jessica è il più frequentato della zona: potremmo prendere spunto da alcune sue ricette!» «Hai ragione! Convinciamo i nostri genitori a portarci stasera a cenare lì!» Entrati nel ristorante, fummo accolti dalla proprietaria che ci accompagnò al nostro tavolo. La cosa che ci colpì immediatamente fu l’eleganza del locale, con le pareti bordeaux e il pavimento ricoperto da un lucido parquet. La sala era ampia e accogliente, i tavoli erano rotondi e disposti in maniera ordinata, le tovaglie sembravano ricamate a mano e come centrotavola su ciascuno c’era una bellissima composizione di fiori. Il personale era molto curato, vestito in giacca e cravatta. Ci accomodammo al tavolo e ci venne dato il menù. Erano presenti moltissime pietanze, tutte diverse tra loro e all’apparenza squisite . 26 Primi problemi Quando la signora Antonella arrivò per prendere gli ordini, ci guardò con aria di sfida, ma noi in quel momento non ne capimmo il motivo. Il padre di Jabba domandò al figlio: «Cosa vuoi come antipasto?» «Vorrei degli affettati misti». Io, in vena di scherzare e per alleggerire quella tensione che si era improvvisamente creata, dissi: «Affettati? Sentite questa: Un giorno la mortadella innamorata guardò il coltello e gli disse: “Ma tu cosa provi per me?” il coltello rispose: “Affetto!“ ahahahah». Tutti risero. «Ve li porto subito, nel frattempo scegliete gli altri piatti» concluse Antonella. Fu una bella serata e tutte le portate erano davvero deliziose. Quella sera tornando a casa un po’ scoraggiato, chiesi a mia madre: «Secondo te in quelle pietanze ci sono ingredienti nocivi, come l’esaltatore di sapidità?» «Che domanda sciocca! Tutti li usano e anche noi a casa abbiamo molti prodotti che li contengono». Rimasi perplesso perché mi resi conto che ristoranti e famiglie, invece di utilizzare prodotti freschi e naturali, preferiscono accorciare i tempi usando prodotti confezionati, anche se sanno benissimo che non fanno bene alla salute. Una cosa era certa però: nel nostro chiosco non li avremmo mai usati! Capitolo secondo 27 CAPITOLO TERZO Un giardino…le stagioni della vita «Matteo sbrigati, devo andare a lavoro!» «Mamma solo un momento, non trovo la chiavetta USB» «Prova a cercare nel cassetto della scrivania». Velocemente inizio a frugare tra le mie cose. Come spesso capita in questi momenti, non si trova mai ciò che si cerca! Inaspettatamente tra le mani mi arriva un vecchio volantino, disegnato da Toni... «Il manifesto della nostra 1ª giornata ecologica! Sono già passati otto anni?!?» Improvvisamente i ricordi iniziano a passeggiare nella mia mente. Ripenso a quel giorno, come se fosse ieri: io, Toni e Jabba eravamo eccitatissimi, volevamo che tutto fosse perfetto, ma… Avevamo cominciato i preparativi già da alcune settimane. C’era ancora tanto da fare e mancava poco alla data prevista, ma eravamo certi che il nostro progetto sarebbe stato un successo! «Ragazzi, dobbiamo stabilire un sacco di cose!» esclamai in preda all’agitazione. «Matteo, insomma, guardati in giro, così non va!», disse Toni. Scrutai intorno a noi. Il giardino era ancora in un grande disordine. E, per quanto c’eravamo impegnati, c’erano pochi spazi ripuliti, ancora molti, troppi i rifiuti. Avevano ragione, ma non potevo, non dovevo perdermi d’animo. Con fare deciso proposi: «Organizziamo soltanto dei punti del parco. In alcuni collocheremo gli stand raggruppati per settori. All’ingresso sulla destra, esporremo il nostro progetto e la finalità della nostra associazione. Lì affiggiamo la pianta del giardino con le foto attuali del luogo e le nostre idee di trasformazione, secondo gli schizzi di Toni». Così facemmo. Un po’ più avanti a sinistra ponemmo il punto di consegna del materiale per la raccolta dei rifiuti. Lì dove prima era il piazzale delle giostre, ora, 28 Un giardino… le stagioni della vita con il prato risistemato e la fontana, collocammo l’angolo dei giochi e dell’animazione per i più piccoli. Così gli adulti sarebbero stati più liberi per poterci aiutare. Lungo il ruscello, Filiberto aveva ripristinato il viale e le staccionate, riordinato tutto intorno al suo capannone e rimbiancato le pareti esterne. Aveva aggiustato alcune parti con del legno naturale, aiutato dal cugino di Jabba. Le cucine, collocate davanti al portico, erano pronte all’uso. Solo gli stand erano ancora da montare, ma i nostri genitori, finite le altre cose stabilite, lo avrebbero fatto nel pomeriggio. La signora Alba con il marito (era la nostra catechista), aveva portato delle fioriere con dei ciclamini variopinti, da collocare in vari posti per abbellirli. Era stato definito il nostro menù naturale e genuino: i “Tre Esaltatori di Naturalità” e Filiberto avevano le idee chiare! La sezione dolci era stata assegnata alle mamme della nostra classe, solo con prodotti fatti in casa: aboliti aspartame e edulcoranti a favore dello zucchero; genuine marmellate, noci, mandorle e nocciole senza contorno di solfiti. Erano stati tutti avvertiti: i nostri biscotti dovevano essere privi di E 470a (un sapone)! E la frutta doveva essere quella di stagione, non protetta da difenile ed etilene. Antonella uscì dal ristorante e vide i ragazzi e gli altri genitori che allestivano il parco. Sapeva cosa stava succedendo. Jessica l’aveva tenuta al corrente di tutto, ma non pensava che sarebbero arrivati a tanto e, soprattutto, con quei risultati. Aveva aspettato, forse troppo, prima di muoversi. Non poteva più attendere oltre! Chiamò la figlia in disparte e le chiese di raccontarle nei dettagli ciò che era stato organizzato per la domenica. Inoltre, vogliamo preparare dei cibi naturali e offrirli alle persone che verranno. Antonella intuì che l’idea poteva essere deleteria: non solo le avrebbe tolto clienti, ma, per aumentare il margine di guadagno, non aveva sdegnato di utilizzare nel suo ristorante prodotti trattati e non sempre dei migliori. Sì, doveva intervenire. Pensò a un modo per boicottare l’iniziativa degli amici di Jessica. Si ricordò del suo cameriere Andrea. Spesso lo aveva sentito lamentarsi del figlio, 29 Capitolo terzo poiché faceva parte di un gruppo di bulli. Erano gli stessi che, negli anni, avevano rovinato il parco. Sapeva dove si incontravano. Senza tergiversare, andò a cercarlo. Lo vide da lontano e gli fece cenno di avvicinarsi. «Ciao Simone, sai cosa si sta organizzando per domenica al parco?» Gli spiegò cosa aveva in mente e gli chiese di aiutarla. Più di una volta aveva tolto il ragazzo dai guai se si era trovato in difficoltà, e sapeva che non poteva negarle quel favore. La sera, quando rincasò dal ristorante, tirò diritta verso la camera della figlia: «Tesoro, domani dovrai fare qualcosa per me. Ora riposati, sarai stanca». Le baciò la fronte e spense la luce. La domenica mattina mi svegliai. Era arrivato il giorno tanto atteso. Dopo molta fatica il parco era di nuovo pieno di gente. Mi guardai intorno. Era tutto pronto, proprio come doveva essere: perfetto! All’improvviso Jabba, con uno sguardo notevolmente preoccupato, mi venne incontro. Intuii che qualcosa non andava. «Matteo, corri, c’è un problema». Ci precipitammo in cucina. C’erano vermi sparsi dappertutto: sul pavimento, tra i cibi... gran parte del buffet era rovinato. «Non è possibile! Jabba controlla le cose appena sfornate». Il viso di Jabba s’illuminò: «I cestini dell’orto sono salvi!» esclamò con entusiasmo. «Grande, non è tutto perduto! Filiberto, Toni, prepariamo più cestini. Offriremo quelli e le cose che si sono salvate» «D’accordo» risposero. Poi Filiberto, mentre si dava fare, riprese: «Eppure mi sembra strano. Oltre ad aver pulito ovunque avevo anche disinfettato». Jabba, intanto, nel riordinare, scorse nel secchio della spazzatura alcuni barattolini di vetro. “Esche vive” riportavano le etichette. «Matteo guarda!». Il tono di Jabba era di nuovo ansioso. «Qualcuno ha cercato di rovinare la nostra iniziativa, ma chi può essere stato?» 30 Un giardino… le stagioni della vita Purtroppo i problemi non erano finiti. Jessica entrò e con fare inquieto esclamò: «È arrivato Simone con il gruppo dei bulli!» «Questa non ci voleva. Speriamo che non cerchino grane e non ci rovinino ulteriormente la giornata» esclamai. «Aspetta, e se fossero stati proprio loro a mettere i vermi qui stanotte?» ragionò Jabba. «Chissà. Certo si sono sempre divertiti a distruggere tutto. Proprio non li sopporto!» gridò Toni da dietro i fornelli. Uscirono dalla cucina e Jessica senza farsi notare si allontanò dal gruppo. Si appartò in un angolo, dove nessuno poteva vederla. Si sentiva terribilmente in colpa, erano i suoi amici e li aveva ingannati. Era tutta colpa sua. I vermi ce li aveva messi lei. La mamma, poi, aveva fatto intervenire i bulli per far ricadere la colpa su di loro. Aveva causato un disastro! Le lacrime le scesero dagli occhi, gli stessi che non riuscivano più a guardare in faccia chi da qualche tempo aveva nel cuore. «Matteo, mi fai fare tardi!» grida di nuovo la mamma. «Arrivo!» Spesso mi è capitato di pensare a quella giornata. Eravamo solo dei ragazzini, eppure ci sembrava di avere già tanti nemici. Fortunatamente quel giorno tutto era andato a buon fine e le “Tre piccole Enne” avevano vinto. Entro in macchina. Il paesaggio scorreva veloce, come i miei pensieri… spesso, vado a passeggiare in quello che ora è un bellissimo parco, grazie anche a noi. «A cosa stai pensando?» Mi chiede la mia mamma. «Niente, mi stavo chiedendo che fine avesse fatto Toni. Mi manca molto il rapporto che avevamo prima». Scesero dal motorino, raggiungendo la parte alta del castello, dove di solito si recavano, per essere lontani da occhi indiscreti. «Eppure mi sento in colpa, Jessica. Lui è il mio migliore amico ed io l’ho tradito con la ragazza che ama». Lo sguardo di Toni era triste e malinconico, certamente diverso. Per tanti aspetti non era più quello di una volta. 31 Capitolo terzo Gli era dispiaciuto essersi allontanato dal gruppo, ma oramai, a sedici anni, i progetti fatti da bambini erano superati. Tuttavia teneva ancora a Matteo. «Anch’io, ma non è colpa nostra se tra noi è nato qualcosa. Ha avuto la sua occasione con me, e l’ha sprecata». Anche lei si era allontanata dai Tre Enne a causa della madre e di ciò che l’aveva costretta a fare. Inizialmente si era sentita sola, poi aveva trovato in Toni un forte sostegno e qualcuno con cui confidarsi. Anche questo li aveva portati ad avvicinarsi e, forse, a dimenticare Matteo. «Mi sentirei sicuramente meglio se Matteo sapesse la verità. È passato troppo tempo, e sarà sempre più difficile confessare. Mi sento un verme! Stasera, se l’incontro al bar, mi avvicino e gli parlo!» Jessica sapeva bene che alla fine la verità sarebbe venuta fuori, ma ancora non se la sentiva. Cercò, quindi, di fargli cambiare idea. «Non affrettare le cose. Pensiamoci bene, potremmo rovinare tutto e perdere la sua amicizia per sempre». Si avvicina e gli accarezza il viso, guardandolo nei suoi grandi occhi verdi: «Toni, tranquillo, ogni cosa a suo tempo». Poi lo abbraccia e, socchiudendo gli occhi, lo bacia con dolcezza. 32 Un giardino… le stagioni della vita 3 CAPITOLO QUARTO Ritrovarsi Toni, ormai solo a casa, pensa alle ultime parole di Jessica. Non è però per niente d’accordo con quel “ogni cosa a suo tempo”. Pensa che l’amicizia valga molto di più e che non sia più opportuno rinviare. C’è bisogno di un chiarimento e bisogna farlo subito. Con una serie di sms inviati da Toni a me, a Jessica e a Jabba ci aveva fissato l’appuntamento tra noi amici al parco. Una banale chiacchierata per chiarire alcune cose sarebbe stata inopportuna e insufficiente. Era necessario invece un incontro, come ai vecchi tempi. Dal finestrino della macchina di mia madre intravedevo il castello avvicinarsi a poco a poco e la voglia di rincontrare gli amici mi assaliva. Non appena scesi dalla macchina, m’incamminai verso il giardino dietro al castello dove, come d’accordo, ci saremmo dovuti incontrare. Arrivai per primo, come sempre, volevo ricordare, senza essere disturbato, le avventure che otto anni fa con Jabba e Toni avevamo vissuto in quel luogo. Svoltai l’angolo e rividi il piccolo cancello arrugginito e mi venne in mente quando, da piccoli, per entrare nel parco lo scavalcavamo. Spinsi delicatamente il cancello con un piede ed esso si aprì cigolando lasciando cadere, silenziosamente, quei pochi pezzi di pittura che vi erano rimasti incrostati. Attraversai a piccoli passi il giardino, come se non lo conoscessi. In realtà, lo facevo solo per rivivere ciò che otto anni fa avevamo combinato in quel parco. Ogni singola parte o oggetto aveva un significato particolare. Al centro del parco vi era ancora lo zampillo con il quale giocavamo a schizzarci l’acqua nei giorni più caldi. Ricordai, ancora, che in quella vecchia piscina dall’acqua verdastra, da piccoli buttavamo delle pietre, esprimendo i nostri desideri. A un tratto mi voltai, da lontano vidi delle figure: un ragazzo ed una ragazza 34 Ritrovarsi che teneramente si tenevano per mano. Quell’incontro, proprio lì, a distanza di tempo mi emozionava, anche perché, nonostante ci fossimo visti ancora negli anni, non eravamo però, mai riusciti a parlare e a chiarire alcuni dubbi. Da lontano riconobbi Toni e Jessica. Mi avvicinai a loro con un sorriso freddo e insicuro; li salutai con una stretta di mano e un semplice ciao. C’era un profondo imbarazzo fra noi, e Jessica lo sentiva maggiormente. Appena li vidi tenersi per mano, nella mia testa tutti i pensieri iniziarono a mescolarsi e mi vennero in mente i momenti in cui Jessica era innamorata di me e a quando poi, più tardi m’innamorai di lei, senza che nessuno se ne accorgesse e soprattutto senza che lei lo sapesse. Non avevo mai avuto il coraggio di dirle nulla, sia quando eravamo bambini, sia quando ci eravamo ritrovati soli io e lei un’estate al mare. Erano loro, i miei amici dell’infanzia di tante avventure, anche se erano cambiati fisicamente. La pancia che Toni si era portato appresso dal tempo delle elementari, era svanita. La sua faccia rotonda aveva lasciato il posto a un volto lungo e ben disegnato dagli zigomi. La ragazza che era di fianco a lui era lei, Jessica. Non era cambiata, era bella più che mai. I suoi lunghi capelli biondi erano, però, svaniti, al loro posto vi era una corta chioma che a malapena raggiungeva le spalle e incorniciava il suo bel viso, mettendo in risalto i suoi occhi di un verde intenso. Con un cenno della mano li invitai a sedersi accanto a me. Appena ci sedemmo, Toni sovrastò lo scroscio dell’acqua e disse: «Questo posto non è cambiato per nulla rispetto a otto anni fa». La sua voce non era molto rassicurante, era pervasa da una strisciante sensazione di rabbia. «Eh, già» rispondemmo in coro io e Jessica. Poco dopo da lontano arrivò anche il solito ritardatario. Jabba,gli anni lo avevano semplicemente slanciato. Ci salutò come faceva sempre: «scusate il ritardo, ma il mio motorino…» Capitolo quarto 35 Una brusca risata di tutti bloccò la sua solita scusa, cui nessuno aveva mai creduto. Jabba era il più stravagante, il più disordinato e anche il meno affidabile del gruppo. Seduti gli uni accanto agli altri, sembravamo perfetti sconosciuti, ci parlavamo come se fosse stata la prima volta. Avevo l’impressione che, fra tutti, Jessica fosse la più imbarazzata e smaniosa di parlare. All’improvviso cominciò a dire: «Nella mia vita sono cambiate tante cose, non sono più la stessa di allora. Da sette anni non vivo più con mia madre, ma con mio padre e con i miei nonni paterni, perché i miei si sono separati. Le liti in casa erano frequenti, soprattutto a causa di quel dannato ristorante. Mia madre, convinta che la gestione del ristorante andasse bene continuava a investire. I debiti aumentavano e mio padre era costretto a dare tutti i suoi risparmi. Gestiva quel ristorante in modo scorretto, acquistava prodotti di bassa qualità, non teneva conto delle norme igieniche e sanitarie. Prodotti già scaduti arrivavano nei piatti dei clienti che hanno poi denunciato alle autorità competenti. I Nas ordinarono la chiusura del locale e mia madre si è ritrovata con un mare di debiti e per sanarli è stata costretta a vendere la nostra casa. La separazione tra i miei è arrivata subito dopo. Mio padre non ne poteva più e anch’io non riesco a perdonarla per quello che ha fatto a quel povero uomo ed anche a noi». Improvvisamente Jessica si bloccò, arrossì, e non disse più una parola. Toni raccolse una pietra e la lanciò nel piccolo laghetto dicendo: «Quale desiderio devo esprimere?» Intervenni: «Che la nostra amicizia ritorni e nostri progetti passati continuino». Erano passate da poco le sei, quando un’altra figura di ragazza comparve sulla soglia del cancello. Tutti rimasero stupiti, tranne me. Sapevo bene chi fosse quella ragazza quindi mi alzai e le andai incontro ignorando le facce imbronciate e stupite dei miei amici. Mi avvicinai a loro tenendola per mano e la presentai: 36 Ritrovarsi «Lei è Miriam, la mia ragazza». Gli occhi di Jessica si fecero grandi e la faccia divenne rosso fuoco. Con Miriam, stavamo insieme da tre mesi. Nessuno di loro la conosceva perché i miei amici frequentavano una scuola diversa dalla mia e da quella di Miriam. Jessica la scrutava dalla testa ai piedi. Miriam era una ragazza di sedici anni, alta, magra, con la pelle olivastra, occhi neri e lunghi capelli neri. L’esatto opposto di Jessica. Avevo informato anche lei del nostro incontro poiché volevo che i miei amici la conoscessero. Il nostro rapporto stava divenendo importante nonostante fossimo insieme da poco, avevo ormai rinunciato a Jessica anche se mi incuriosiva la sua reazione. Pensai, fosse gelosia, ma non aveva ormai più senso, poiché aveva avuto tante occasioni, purtroppo mai sfruttate. Toni a un certo punto interruppe l’imbarazzo dicendo: «Che ne dite se cominciassimo a vederci come un tempo e a portare avanti quel progetto? Ora siamo più grandi e sarà più facile. Avete notizie di Filiberto?» Non aspettavo altro e aggiunsi: «D’accordo da dove cominciamo, il posto sarà lo stesso, non ci sarà bisogno di tanto lavoro poiché il nostro parco è più curato anche dall’amministrazione comunale. Poi quei bulli saranno ormai uomini non più interessati alle nostre idee». Poi aggiunsi timidamente, guardando Jessica: «Il ristorante ormai è chiuso e non ci sarà più concorrenza». Jessica si alzò, raccolse il suo giubbino, la sua borsa, dicendo: «Condivido pienamente, ma io questa volta non ci sarò, ho già causato troppi guai». Io continuavo a non capire l’atteggiamento di Jessica e a che cosa si riferiva. Decisi però che non era il momento di fare troppe domande. Avevo, invece, desiderio di cominciare daccapo. Chiesi a Miriam un foglio di carta e una penna per annotare qualche appunto. Il viso di Toni aveva un’espressione gioiosa, un modo di fare che io conoscevo bene. Guardai i miei amici e aggiunsi: «Miriam potrebbe unirsi al gruppo,a lei piace cucinare, sua madre è una nutrizionista e potrebbe esserci di aiuto». Capitolo quarto 37 Tutti furono entusiasti, tranne Jessica che continuava a palesare la sua difficoltà. Jessica, intanto, pensava che la sua presenza in quel gruppo non aveva più senso. Non aveva avuto il coraggio di raccontare com’erano andate le cose quella famosa domenica di otto anni fa. Il gruppo aveva una nuova amica, e il confronto era imbarazzante. Sua madre era un’impostora, una poco di buono. Una donna, di una certa età, capace di prendersela con dei bambini. La madre di Miriam era invece una nutrizionista, una persona perbene. La rabbia e la gelosia presero il sopravvento. Jessica si girò dicendo: «Vado via. Toni, resta pure ancora un po’ con loro; torno a casa da sola». Ci guardammo stupiti e nessuno aggiunse una parola. 38 Ritrovarsi 3 CAPITOLO QUINTO Superstite Mentre Jessica ancheggiando flessuosamente, si allontanava con passo rapido e spedito, noi restammo lì contenti di esserci ritrovati e di poter condividere ancora momenti insieme. Nel vederla allontanarsi, nonostante tutto, un minimo di rimpianto mi assalì, ma infondo “il rimpianto è il miglior passatempo degli incapaci”. E lei... cosa mai le poteva frullare nella mente, quali potevano essere i suoi pensieri, ciò che più mi importava: perché non voleva stare nel nostro gruppo? Potevo essere io, forse, la causa di quell’ allontanamento? No, sicuramente no. Proprio in quel momento Jessica rifletteva tra sé e sé: Non ce la faccio, il rimorso mi opprime: mi pesa tantissimo guardare Matteo in faccia, sentendomi la coscienza sporca. La cosa migliore sarebbe dire tutto, liberarmi da questo senso d’angoscia che mi assale ogni volta che incontro i miei amici di un tempo. Ho bisogno finalmente di recuperare un rapporto leale e sincero con loro. Ma se si arrabbiasse con me? Se non mi rivolgesse più la parola e se anche gli altri mi odiassero? Avrei perduto per sempre la loro stima. No! Jessica, devi farlo. Non puoi continuare a fare finta di niente. E poi Matteo e Jabba mi conoscono. Mi capiranno. Su dai, ero solo una bambina di otto anni. Ma se invece si sentissero traditi, e, non riuscissero più ad avere fiducia in me, li perderei definitivamente. «Non capisco cosa le succede!» esclamai rivolgendomi a Tony. «Non lo so, è da quando siamo arrivati che si comporta in modo strano». «Saranno cose da ragazze, sai come sono fatte». 40 Superstite «Non credo che sia così». Mentre continuammo a parlare, Jabba, preso dalla musica del suo iPod, vedendo che la discussione iniziava a prendere animo e, sfilandosi le cuffiette chiese: «Ehi ragazzi, cosa sono queste facce? Che succede?» Tony con un’espressione più seria ci disse che era arrivato il momento di dirci tutta la verità… Ma qual’era questa verità? Cosa voleva dirci? Noi, sempre più presi dallo spavento, chiedemmo cosa fosse successo, lui abbastanza imbarazzato, iniziò la sua spiegazione: «Ragazzi, i vermi che otto anni fa abbiamo trovato nei nostri cibi, non li hanno messi i bulli del parco, come noi abbiamo ipotizzato, ma è stata proprio lei, e questo segreto inizia a condizionare i suoi rapporti con noi». «Cosa? Ma che stai dicendo? Stai scherzando, vero?» «No ragazzi, purtroppo no! Jessica mi ha raccontato di essere stata costretta dalla mamma, che pensate, temeva la nostra concorrenza!» Questa notizia ci sconvolse, mai avremmo potuto pensare che una delle nostre migliore amiche sarebbe stata in grado di tradirci. Però in fondo io la capivo, non era stata colpa sua, aveva soltanto messo in atto ciò che la mamma le aveva chiesto di fare… E chi direbbe mai di “NO” alla propria mamma? «Ragazzi.. Jessica ormai è cresciuta e sono sicuro che ora è diversa. Andiamo, stiamo parlando della nostra migliore amica! Ora piuttosto pensiamo al nostro sogno». «Si va bene, mi fa piacere che, in qualche modo la capisci, però ti prego non dirle niente. È lei che deve dirvelo». «Si Tony, non preoccuparti. Ma ora pensiamo a un modo per realizzare il nostro progetto». Nel frattempo a Miriam, che aveva ascoltato tutto, venne un’idea: «Ragazzi, perché non create un orto biologico? Pensate, potreste mangiare solo cibi coltivati da voi! Che ne dite?» Capitolo quinto 41 «Si, l’idea mi piace, ma non deve essere molto semplice realizzarla». «Sapete mia mamma mi dice sempre che un cibo per essere salutare e naturale deve essere di buona qualità, è questo quello che conta». Detto questo, decidemmo che la cosa migliore era recarsi da Filiberto per parlargliene. Salutandoci Jabba e Tony si allontanarono, lasciando me e Miriam liberi di trascorrere il pomeriggio insieme. Alle 21.00 accompagnata Miriam mi avvicinai verso casa. Una volta a casa inviai un messaggio a Jessica: “Possiamo vederci domani al parco? Ho bisogno di parlarti”. Mi risposte immediatamente: “Ok, domani all’entrata del parco alle 17 ciao”. Alle 5 del pomeriggio ero al parco. Jessica subito mi chiese cosa volessi dirle. Le risposi che volevo vederla per chiedere spiegazioni circa la sua reazione di ieri. Calò un silenzio imbarazzante. Poi all’improvviso: «Quando da piccoli organizzammo il buffet e poi trovammo i vermi nelle portate, fu tutta colpa mia! Mamma mi costrinse a farlo! Io ero una bambina, non volevo farla arrabbiare! Già litigava in continuazione con papà». «Hey, su… tranquilla! eravamo bambini, non fa niente, ma ora non sentirti in colpa!» Le asciugai teneramente gli occhi: «Sai, quando mi sono pentito di non essermi accorto prima dei tuoi sentimenti? Quando era troppo tardi per poterti avere». «Lo so! voi ragazzi vi accorgete di tutto in ritardo». Scoppiammo a ridere insieme e ci abbracciammo: «Allora? farai parte del nostro gruppo?» «Se me lo chiedi così». «Sarà come i vecchi tempi... allora ci vediamo domani». Dopo la brillante idea di Miriam, ci recammo tutti da Filiberto per discutere sulla fattibilità del nostro progetto. Gli comunicammo che eravamo li per chiedergli consiglio sul come impiantare un orto biologico. 42 Superstite «Ragazzi vi aiuterò molto volentieri, sappiate però che non sarà una cosa semplice». Queste parole, non ci confortarono ma, non ci fecero neanche demordere. «Allora ragazzi, per prima cosa dovremmo realizzare un canale in cui convogliare l’acqua del ruscello, così facendo il terreno sarà sempre umido, poi ci occorrerà del concime». «Si Filiberto, ma del concime rigorosamente naturale». Disse Miriam. «Certo , quali ortaggi vorreste coltivare?» «Allora, avevamo in mente pomodori, melanzane, peperoni e varie erbe aromatiche», risposi io per tutti. «Ottima scelta, domattina passerò dal vivaio ad acquistare le piantine, così potremmo iniziare». «Grazie Filiberto sei veramente un amico!» quasi in coro. Dopo molti sforzi e varie peripezie, riuscimmo a mettere in essere il nostro piccolo orto dietro casa di Filiberto. Alla nostra inesperienza, cercammo di ovviare informandoci su siti specifici, e fu così che mi venne in mente che si sarebbe anche potuto iniziare un piccolo allevamento di pollame. Ma forse in futuro, ora ci saremmo dovuti occupare del “Nostro Orto”. I primi germogli cominciavano già timidamente a spuntare. Anche se il nostro obbiettivo era ancora lontano, l’impazienza di vederlo realizzare era forte e allo stesso tempo snervante. L’idea di un futuro successo ci estasiava. La soddisfazione di realizzare qualcosa con le nostre mani era una emozione di completamente nuova per noi, che ci donava una grande soddisfazione personale, nonostante l’impegno, la fatica fisica e la pazienza, i risultati ci fecero dimenticare ogni sforzo e quello che all’inizio era stato un oneroso impegno quotidiano si trasformò in una vera e propria passione. Il pauroso brontolio dei tuoni ci fece compagnia per più di ventiquattro ore, in altri tempi, ci saremmo goduti il calduccio delle nostre case, ora, invece, la re- Capitolo quinto 43 sponsabilità di quel piccolo orticello, era la nostra principale preoccupazione. Pregammo Tony di proteggere le piantine ma inutili furono i rimedi per cercar di salvare l’orto. Purtroppo al termine del forte temporale, del raccolto non rimase più niente. Rabbia e delusione erano i nostri sentimenti predominanti, quando il mio sguardo cadde su un germoglio superstite. Riempiendo una ciotola con del terriccio la ripiantai, quella fortunata piantina rappresentava il simbolo della nostra tenacia a non arrenderci alle avversità. 44 Superstite CAPITOLO SESTO Pollopoli Nella casa di Filiberto regnava il silenzio; il temporale si era placato ma i nostri volti erano cupi e abbattuti. Ci sedemmo intorno all’antico tavolo scrostato e al centro ponemmo la nostra ancora di salvezza: quel piccolo germoglio superstite. Mentre cercavamo tacitamente conforto gli uni negli occhi degli altri, all’improvviso Filiberto si alzò e batté sul tavolo la sua grande mano da lavoratore, così forte da far cadere gli ultimi residui di vernice rimasti attaccati al legno: «Ragazzi, non vi farete abbattere da un temporale!». Un raggiò di luce riuscì a penetrare dal vetro appannato delle finestra e illuminò la nostra piantina: vedendo che era spuntato il sole uscimmo fuori a contemplare quel che rimaneva del nostro orto. Fu davanti a quello scempio, di cibo buono ma malridotto, che mi venne in mente il triste spettacolo di prodotti belli ma non sempre salutari che campeggiavano in certi supermercati, fastfood e ristoranti. Ripensai a quei Quattro salti in padella, che all’inizio mi sembravano squisiti e che invece scoprii pieni di sostanze nocive. «Ragazzi, vi ricordate quando avevamo giurato vendetta contro quegli orchi degli adulti?» mi rivolsi al gruppo. «Pensavamo che ci volessero avvelenare! Bene, è arrivato il momento di realizzare i nostri sogni; forse il progetto del ristorante è ancora lontano, ma l’orto può essere un buon inizio». Intervenne Jabba con l’aria da ultimo arrivato: «In sostanza, cosa vorresti dire?» «Vorrei ripetere ancora una volta l’esperienza dei 3 ENNE, ma con una diversa consapevolezza: senza pensare ad una vendetta, ma aiutando tutti a capire e a scegliere; quando le materie prime saranno pronte, si potranno organizzare attività per i bambini e i ragazzi, per convincere le persone a consumare prodotti sani». 46 Pollopoli «Prima però» intervenne pragmaticamente Filiberto «dobbiamo risistemare e proteggere l’orto». E si diresse nel vecchio capanno, adiacente alla casa, uscendone dopo qualche minuto carico di assi di legno e di ogni sorta di attrezzi da lavoro. «Questo è ciò che ci serve, mettiamoci all’opera: voi, ragazzi, mi aiuterete a costruire una copertura per i nuovi germogli, mentre Miriam e Jessica sistemeranno il terreno». Lavorammo tutto il pomeriggio e, nonostante la fatica e diverse martellate sulle dita, creammo una struttura solida e forte: ora una magnifica tettoia avrebbe protetto i nostri sogni. Qualche giorno dopo, mentre le protezioni davano prova della loro resistenza sotto le sferzate di un nuovo acquazzone e noi ce ne stavamo rintanati a bere cioccolata calda al solito vecchio tavolo, Filiberto ci stupì ancora: «So come vi sentite, ragazzi. Quando ero giovane e lavoravo alla mia fattoria, temevo il peggio ogni volta che fuori infuriava un temporale». «Avevi una fattoria? Wow! Perché non ci hai mai detto niente prima?» disse sorpreso Jabba. Tutti eravamo stupiti. Filiberto sospirò, sorrise con occhi sognanti e cominciò a raccontare: «È stato il periodo più bello della mia vita. Avevo una moglie bellissima, si chiamava Anna. Ci siamo sposati a vent’anni; eravamo pieni di sogni e speranze. La vita era dura, ma lavoravamo con passione e i risultati erano incoraggianti: la giornata iniziava presto, con il lavoro nel pollaio e nella conigliera, poi nell’orto e nel frutteto. Non avevamo molti soldi, ma quello che producevamo era sufficiente per vivere sereni. Condividevamo la passione per la cucina e passavamo molto tempo ai fornelli. Ma, dopo qualche anno, quando tutto sembrava andare a gonfie vele, mia moglie si ammalò. Morì poco dopo, e io caddi in una profonda depressione. Non avevo più la forza per curare la mia fattoria come prima e, per non vederla andare in malora, decisi di venderla. Così mi sono trasferito qui in città e ho ottenuto l’incarico di custode del parco. Tutto sommato mi sembrava che la vita avesse riacquistato un senso, ma sapete com’è andata a finire, no? 47 Capitolo sesto Mi hanno licenziato! Certo, non si può dire che io sia stato baciato dalla fortuna. Almeno fino a quando non vi ho conosciuti. Eh sì! Vi ricordate, quando ci siamo incontrati qualche anno fa? La vostra determinazione nel raggiungere i vostri sogni, mi ha fatto fare un tuffo nel passato!» Rimanemmo tutti colpiti dalla sua storia. Più tardi, mi trovai a ripensare alle sue parole, alla vita che descrivevano: frutta, verdura, animali. Animali! Mi tornò in mente l’idea dell’allevamento di pollame e provai a rilanciarla. «Ottima idea!» esclamò Jessica. «Uova fresche per le nostre ricette!» «Frittate, omelette, uova in camicia, mi viene già l’acquolina in bocca!» disse Toni. Ma Miriam era impallidita, bianca come un albume. «No, niente galline! Non le sopporto!» disse a denti stretti. «Non avrai mica paura?» azzardò Jessica. «Perché, tu non temi niente?» rispose Miriam sulla difensiva. «Temo le persone che per una sciocca paura rovinano tutto!» «Ma senti chi parla! Proprio tu che…» Quante recriminazioni! Ne avevo abbastanza di quella stupida lite, così intervenni impulsivamente: «Machecazzolitigateafare?» Non avevo perso le mie cattive abitudini. «Che fai, la difendi? Sono io la tua ragazza, lei è quella che ti ha tradito, e tu l’hai persino perdonata!» Miriam aveva le lacrime agli occhi dalla rabbia. «Basta, me ne vado!» facemmo in coro io e Jessica. «No, sono io che me vado!» gridò Miriam a sua volta. Miriam e Jessica si allontanarono in direzioni opposte, senza degnarmi di uno sguardo. E io rimasi lì, come un pollo. Fu Jabba a risolvere la situazione: 48 Pollopoli «Facciamo così: io, Toni e Matteo lavoreremo all’allevamento, Jessica e Miriam, insieme, nell’orto». L’orto-terapia funzionò. Potemmo finalmente iniziare a discutere dell’allevamento ed entrammo nello specifico della sua costruzione e della fornitura di polli. «Cos’è questa brutta faccia?» chiese Jabba a Toni, che si era presentato di pessimo umore. «Lascia perdere» rispose Toni. «Ti sei svegliato dalla parte sbagliata del letto?» ironizzai. «No, avrà di certo saltato la sua “sacra” colazione quotidiana» infierì Jabba. «Ho mangiato delle uova che facevano schifo!» «Ma se le uova sono tutte uguali», affermò Jabba con sufficienza. «Si vede che non te ne intendi!» disse con tono scherzoso Miriam «Non ti sei mai accorto, Jabba, che su ogni uovo c’è un codice che spiega con un numero come sono allevati i polli? Devo spiegarti tutto io: esistono quattro tipi di uova: quelle con lo 0 sono di allevamento biologico, quelle con l’1 vengono da galline allevate all’aperto, quelle con il 2 di galline allevate a terra e quelle con il 3 in gabbia». «Avrai pure paura, dei polli, ma di uova sei un’esperta!» commentai, orgoglioso della mia fidanzata. «Le nostre uova saranno tutte di tipo 0». «Ma vogliamo solo produrre uova o vogliamo anche avere una produzione di carni bianche?» si allargò Toni. Per fortuna intervenne Filiberto: «Ragazzi, avete idea di cosa voglia dire uccidere una gallina?» ci guardammo perplessi. «Avete mai visto lo sguardo di un pollo nel momento in cui deve essere…». L’espressione dei nostri volti convinse Filiberto che non era il caso di continuare; ci saremmo accontentati delle uova. «Bene, mettiamoci al lavoro! Matteo, tu vai a prendere le galline; Toni, Jabba, voi costruirete una tettoia e una mangiatoia con il materiale che c’è nel retro; voi 49 Capitolo sesto due, ragazze, aggancerete la rete ai paletti che ho già posizionato». Quando si metteva in testa qualcosa, partiva come un treno. Mi era tornato in mente un allevamento di polli non lontano; alle elementari ci avevano portati lì per sperimentare direttamente la vita di campagna. Arrivai sul posto pieno di speranza, ma invece del luogo colorato e chiassoso della mia infanzia, trovai un’inquietante struttura grigia. Entrai. Le galline erano chiuse e ammassate in gabbie, molte erano state addirittura private di parte del becco. Rimasi pietrificato e alla fine fuggii. Non avrei certo preso i miei primi animali in quella prigione! Con una botta di fortuna, alla fine riuscii a racimolare tre polletti ruspanti in un piccola fattoria lungo la strada. Chissà poi perché sul bus del ritorno tutti mi guardavano male, bah! Tornato a casa di Filiberto, non trovai nessuno. Aprii con la chiave di riserva che stava sotto lo zerbino; posai le gabbie sul divano e me ne andai. «Missione compiuta» pensavo. «I polli sono al sicuro». Ma mentre mi allontanavo dal parco un grido lacerò l’aria; la voce suonava acuta, quasi un falsetto, ma era quella di Filiberto: le gabbie si erano aperte. 50 Pollopoli CAPITOLO SETTIMO Il segreto di Jabba Le gabbie si erano aperte. Regnava il caos più totale, i polli impauriti e spaesati correvano all’impazzata per tutta la casa, una da una parte, una dall’altra. Fu mentre Filiberto e io cercavamo invano di afferrarle, che guadagnata l’uscita, ci toccò rincorrerle intorno al giardino. I polli avevano sentito il bisogno di uscire dalla gabbia approfittando della situazione per poter godere della libertà ritrovata. Senza quelle bestiole le speranze di tutti quanti noi sarebbero state perdute: come avremmo fatto? Cosa sarebbe accaduto? Tutti ci avrebbero dato la colpa, così Filiberto, dalla sua navigata esperienza nel gestire una fattoria, decise di prendere le redini della situazione dicendomi di andare all’uscita del giardino, così che le bestiole non potessero scappare. Con scatto fulmineo, quasi come se stessi intraprendendo il ruolo di un attore, durante le scene del film, raggiunsi l’altra metà del giardino e soddisfatto del mio successo presi la rete posta sul cancello, cautamente decisi di avvicinami circondando con il dovuto sangue freddo i polli. Filiberto mi aiutò nell’impresa. Mi accingevo ad acciuffare l’ultimo quando ad un certo punto sentii la voce di Miriam da lontano. Proprio in quel momento, consegnato l’ultimo bottino pennuto nelle mani di Filiberto, andai incontro a Miriam che mi mise al corrente di qualcosa che mi agitò: le gabbie non si erano aperte da sole, qualcuno aveva forzato il lucchetto. Rimasi seriamente stupito di ciò, ma poi una domanda mi frullò più volte in testa, mi chiedevo chi potesse essere stato, risolvere il caso diventò il mio pensiero fisso. Non riuscivo propria a capacitarmene. Decisi allora di riunire tutto il gruppo a casa di Filiberto. Una volta che fummo tutti lì annunciai la notizia dello sventato pericolo della dolosa perdita dei polli. La faccia di tutti esprimeva una grande sorpresa ma nessuno sapeva chi potesse essere stato a causare tutto ciò. La riunione si concluse, era tardi e tornai a casa. Una volta lì mi arrivò un messaggio, il numero era quello di Tony. Mi scrisse 52 Il segreto di Jabba che doveva parlarmi e mi chiese di vederci l’indomani al parco alle cinque in punto. Durante la notte, non mi fu facile prendere sonno, pensavo in continuazione a ciò che Tony doveva dirmi, magari riguardava Jessica. Finalmente presi riposo e il giorno successivo, quando fu ora, mi recai sul luogo convenuto. Da lontano intravidi Tony che aveva un’aria di impazienza. Dopo averlo salutato mi disse che aveva un segreto da confessarmi che riguardava Jabba. Se i polli erano infatti scappati era colpa sua, dal momento che aveva volutamente rimaneggiato i lucchetti delle gabbie. Udite quelle parole rimasi letteralmente esterrefatto dal candore con cui Tony rivelava il suo segreto: era stato proprio Jabba, il mio caro e fedele amico, come era possibile? Cosa poteva averlo mosso a tanto? Tony continuò spiegando che c’era una ragione al suo comportamento. Cominciò allora a raccontarmi di una sua intossicazione che lo aveva colpito all’età di dodici anni per via di quello che viene giustamente definito “cibo spazzatura”. Si fermò un attimo e mi guardò fisso negli occhi, aveva un’espressione molto angosciosa quasi dovesse narrarmi una storia tragica. Mi chiese con voce implorante di ascoltarlo bene e cominciò a narrare di un avvenimento che aveva segnato la vita del mio amico Jabba. Disse che tutto aveva avuto inizio due anni prima. Nonostante i tre Enne si fossero separati Tony e Jabba avevano mantenuto uno stretto rapporto confidenziale. Con il tempo Tony si accorse che Jabba sembrava perso fra le nuvole, sognava ad occhi aperti. Tony più volte chiese giustificazioni all’amico del perché di quel suo “smarrimento”. Jabba era innamorato. Si chiamava Luana, era un anno più piccola. Aveva lunghi boccoli d’oro che le incorniciavano il viso illuminato da occhi di un intenso verde smeraldo. Jabba ne era innamorato perso, bastava guardare la sua espressione ogni qual volta Luana gli passava davanti. Per molto tempo, a causa della sua timidezza non riuscì ad avvicinarsi a lei. Poi finalmente un giorno, sul viale alberato del parco, senza gli occhi indiscreti e sghignazzanti dei compagni, riuscì a trovare il coraggio di salutarla, un ciao quasi strozzato. Da quel giorno cominciò sempre di più ad avvicinarsi alla ra- 53 Capitolo settimo gazza finché arrivò il tempo dei preparativi del giorno del ballo di fine anno scolastico. Era un evento per i ragazzi. Ciascuno si adoperava di far colpo sulle ragazze sfoderando il meglio di sé. Per quell’occasione, Jabba aveva trovato il coraggio di invitare Luana ad andare insieme e accolse con grande gioia commista a sorpresa l’accoglimento della sua proposta. Mancavano tre giorni a quel ballo che sognava e desiderava con tutto se stesso, ma qualcosa andò storto. Tony si fermò, tirò un respiro e d’un fiato riprese la storia. Jabba si ammalò. Rimase quattro giorni a letto con la febbre, a causa di un’intossicazione alimentare, aveva mangiato carne di pollo infetto, nutrito con mangimi di risulta. Quella febbre fu tragica poiché, non avendo l’occasione di andare al ballo perse l’appuntamento con Luana che non gli perdonò quella che riteneva essere una grave offesa. Il nostro amico provò a spiegare la causa della sua assenza, ma fu tutto inutile, ella non volle sentire scuse e gli tolse per sempre il saluto. Il povero Jabba non riusciva a farsene una ragione: Tony cercò di consolarlo più volte ma il dispiacere di Jabba era enorme, aveva perso irrimediabilmente la fiducia della sua principessa. Jabba era rimasto segnato da questo infausto disegno del destino e decise di cambiare regime alimentare e di non permettere più che il cibo potesse così influenzare la qualità della sua vita. Solo in seguito si scoprì che dopo la delusione per la perdita di Luana, Jabba aveva smesso di mangiare qualsiasi tipo di carne arrivando addirittura a pensare che chi lo facesse fosse una persona primitiva poiché alimentava la violenza, orientandola verso gli animali. Tony aveva vuotato il sacco, e sul suo volto, non più in tensione, era riapparso il suo sguardo bonario. Ascoltata la storia capii perché Jabba aveva liberato i polli e tutto mi sembrò finalmente chiaro. Ecco l’origine di quanto credevo fosse solo una mania, dal momento che il mio amico sceglieva con cura i cibi, leggendo sulle etichette la derivazione e gli ingredienti, con aria sempre sospettosa e guardinga. 54 Il segreto di Jabba Organizzai un’altra riunione in modo tale da convincere l’amico vegetariano a seguirci nell’impresa, almeno quella di produrre uova naturali, di galline cresciute a terra. Chiaramente, Jabba, chiamato in causa, non si convinse ancora, in quanto riteneva che tenerle prigioniere era comunque un gesto crudele. Così, ci accordammo per creare uno spazio aperto che avrebbe garantito alla nostra produzione di uova di essere realmente biologica. Eppure le sorprese non erano ancora finite, infatti notai che Filiberto teneva sotto il braccio uno scatolone ricoperto di polvere, vidi che lo posava sul tavolo e lo apriva lentamente e misteriosamente quasi fosse uno scrigno prezioso contenente qualcosa di importante. Una volta aperto lo scatolo tirò fuori dei ritagli di giornale. Cominciai a leggerli: ogni titolo aveva come argomento un’intossicazione per cibi in scatola o scaduti. Storie di botulino, epatite, allergie, intolleranze ci spinsero quindi ancora di più a rafforzare l’idea che dovevamo preparare i nostri cibi in maniera sana e genuina. I cibi spazzatura andavano banditi in quanto privi di qualsiasi valore nutrizionale, ammassi di sostanze per noi dannose come quei dannati quattro salti in padella di otto anni prima. Dovevamo far capire alle persone l’importanza dei cibi sani e i danni che provocavano invece certi sottoprodotti industriali di indubbia provenienza. Ma proprio in quel momento notai che Jessica con una bibita gasata in mano. L’aveva stappata con un gesto rapido e sicuro che generò una reazione esagerata di Miriam. Temevo in un’altra lite tra le due ragazze poiché la paladina bio-nutrizionalista cominciò ad urlare che quelle bibite erano una truffa miliardaria perché prodotte nella quasi totalità da acqua, bollicine, coloranti, edulcoranti artificiali, additivi e acido fosforico. Poi cominciò ad elencare il rischio di diabete e colesterolo per l’assunzione di sole calorie, niente vitamine e zero valori nutritivi. Mentre nessun altro di noi osava sfiorare le lattine, mi sopraggiunse un’idea, quella della “bibita giusta”. La esposi al gruppo, potevamo offrire ai clienti del parco bevande sane,fresche spremute di agrumi, frullati di stagione. La proposta piacque a 55 Capitolo settimo tutti. Ci sentimmo molto motivati in quanto sapevamo che la causa era giusta. Dopo aver concesso ai polli uno spazi di tutto rispetto, insieme cominciamo a lavorare sull’orto. Tutto doveva essere perfetto perché tra un mese avremmo organizzato, dopo otto anni, la nostra seconda giornata ecologica non solo a base di cibi ma, questa volta, anche di bevande salutari. 56 Il segreto di Jabba CAPITOLO OTTAVO Un sogno che si avvera Ci apprestavamo, quindi, a vivere un’altra avventura puntando questa volta sulle bevande. Ma per una bibita giusta occorrevano i giusti ingredienti e, soprattutto, le giuste ricette da preparare. Mi soffermai a pensare su come procurarci la frutta e le verdure fresche con cui poter preparare frullati e centrifugati. La situazione non era facile, soprattutto se si pensava di offrire ai nostri clienti una vasta varietà di prodotti sani e genuini, di varia provenienza; di offrire dei preparati che avessero una funzione dissetante e rinfrescante; di servire bibite per tutti, senza trascurare gli intolleranti al lattosio o al malto. Avevamo pensato anche alla frutta esotica, ma erano prodotti d’importazione, provenienti dai paesi del Sudamerica. Una domanda mi sorgeva spontanea: «Saranno frutti freschi e genuini, all’insegna di una sana nutrizione?» Come era giusto che fosse, cercai l’aiuto dei miei amici. Li contattai esponendo le mie perplessità e fissai un appuntamento per quella sera stessa. La situazione era abbastanza urgente. Tra meno di un mese si sarebbe svolta la nostra seconda giornata ecologica e ogni minuto che passava era fondamentale. Ci ritrovammo lì, al parco, nel pomeriggio. Prima che iniziassi ad esporre i nostri problemi, Jabba mi anticipò chiedendomi di potersi occupare della costruzione di un chiosco accogliente, che avesse avuto lo spazio necessario per la mise en place, per la preparazione ed il servizio delle nostre bevande. Sarebbe stato un bel progetto da realizzare, anche per riscattarsi dalla questione galline. Tutti eravamo d’accordo sulla proposta di Jabba. Visto il suo entusiasmo, andò a lui l’incarico di mettere in piedi una bella struttura. Jabba all’improvviso ebbe un lampo di genio e disse: «Mio cugino potrebbe fornirci gratuitamente, come sponsor, l’occorrente per la realizzazione del chiosco». 58 Un sogno che si avvera Tony rispose: «È un’ottima idea, io, invece, potrei occuparmi della pittura». Miriam soggiunse: «Con l’aiuto di Jessica selezionerò le materie prime che ci occorrono per le bibite ed insieme individueremo le ricette da eseguire, e, a proposito della frutta esotica, mi sono documentata e non è il caso di utilizzarla, perché viene colta ancora acerba e sottoposta ad una maturazione forzata, inoltre viene trattata con additivi conservanti, i fenili, e additivi antiossidanti che ne alterano il valore nutrizionale e le proprietà organolettiche. Inoltre, non sappiamo se gli additivi che utilizzano sono ammessi e, quindi, non nocivi, perché la legislazione dei paesi di provenienza è diversa da quella dell’Unione Europea». Fummo tutti d’accordo a rinunciare alla frutta esotica e a privilegiare la nostra frutta fresca, cercando di concentrarci sulla risoluzione dei problemi che già avevamo, senza crearcene altri. Pensai che per costruire il chiosco, ancora una volta, non poteva mancare il coinvolgimento di Filiberto che come sempre ci avrebbe dato qualche dritta. Decidemmo, così, di riunirci il pomeriggio seguente per iniziare il lavoro. Il giorno dopo mi incamminai verso scuola. Poco prima dell’ingresso intravidi dei ragazzi che malmenavano un loro coetaneo. Cercai di mettere a fuoco la situazione, e, appena mi avvicinai, i bulli si diedero alla fuga a gambe levate. Osservando il malcapitato, mi accorsi che non era delle nostre parti: era, infatti, originario dell’Africa del Nord, precisamente dell’Egitto. Mi disse di chiamarsi Safir Imam Dada Abid, ma che avrei potuto semplicemente chiamarlo Safir. Era un ragazzo snello, alto, dalla carnagione scura come i suoi occhi; capelli neri e cortissimi di soli mezzo centimetro. Indossava dei vestiti malridotti e un cappello rosso. Aveva un aspetto buffo e sembrava quasi essere appena uscito da un circo. Capii dal modo in cui si esprimeva che era da poco arrivato in Italia. Parlando di noi, dei nostri interessi, dei nostri mondi così distanti tra loro per usi, costumi e modi di vivere, arrivammo a scambiarci idee anche sulle nostre abitudini alimentari. Da qui, pensai di coinvolgerlo nella realizzazione della giornata ecologica. Il progetto sembrò interessargli molto, fu entusiasta dell’iniziativa e assicurò la 59 Capitolo ottavo sua partecipazione. Ci accordammo, quindi, che ci saremmo incontrati al parco la sera stessa ed in quella circostanza gli avrei presentato i miei colleghi. Inviai un sms a tutti gli amici: “alle17:00 ci incontriamo al parco per una riunione straordinaria”. Incuriositi, tutti raggiunsero il parco. L’incontro fu entusiasmante: la conoscenza di un ragazzo di nazionalità straniera ci stimolò ad allargare orizzonti e conoscenze personali. Miriam iniziò a fare domande sulle bevande tipiche della sua terra, su quali fossero i prodotti che erano soliti usare per realizzarle. Jabba, invece, fece domande riguardo alle loro tradizioni culinarie, ai prodotti tipici, e ai modi di preparazione. Dopo, riuniti a casa di Filiberto cominciammo a pensare all’allestimento del chiosco, con la speranza che la collaborazione del cugino di Jabba avesse avuto esito positivo. Le difficoltà a reperire l’occorrente per la realizzazione del chiosco ci fece vivere nuovamente momenti di smarrimento. All’inizio fummo un po’ invasi dal pessimismo perché il sogno originario dei 3 Enne, per varie vicissitudini, sembrava impossibile da realizzare. Le reazioni furono le più disparate: Jessica era incredula; Miriam, invece, testarda rifletteva alla ricerca di un’alternativa adeguata; Jabba era ancora una volta mortificato per aver procurato un nuovo motivo d’ansia. Safir, per risollevare i nuovi amici, intervenne rompendo quel silenzio glaciale: «Ragazzi perché non utilizziamo il capanno che si trova vicino alle panchine?» E Tony: «Filiberto, cosa pensi che contenga?» «Al momento nulla. Doveva essere la sede della guardia giurata». Ad un tratto si riaccese la speranza e prendemmo in seria considerazione il suggerimento di Safir. Ricominciammo a lavorare sodo, la ristrutturazione e l’allestimento del chiosco ci impegnò molto, ma alla fine fummo soddisfatti e fieri del risultato ottenuto. Grazie ai consigli di Safir riuscimmo a liberare la fantasia, con pennellate di colori solari il capanno spiccava in mezzo al verde ed era in grado 60 Un sogno che si avvera di attirare l’attenzione dei clienti. Jessica e Miriam lo allestirono con gadget molto particolari e anche se all’interno non era particolarmente ampio, c’era spazio sufficiente per servire le bevande. Conteneva un bel banco di forma circolare dietro al quale c’era la possibilità di depositare la frutta e le verdure utili alla realizzazione delle bevande. I risultati erano decisamente positivi, ma le difficoltà non erano del tutto superate. Il nostro orto era ancora un disastro, dove avremmo potuto reperire frutta e verdure genuine? Chi ancora coltivava la terra senza far uso di prodotti chimici tossici che alterano il vero gusto dei prodotti? Ci ricordammo all’improvviso di Giovanni, il vecchio bidello del secondo piano. Era sempre stato una persona gentile e garbato con tutti, alunni e docenti. Già quando lavorava presso il nostro istituto aveva la passione per l’ orticello e non di rado regalava frutta di stagione e verdure fresche ai nostri professori. Di tanto in tanto, appena ne aveva l’opportunità, tra una campanella l’altra, andava ad innaffiare le sue piante. Per interi anni scolastici le aveva dovuto proteggere dalle pallonate sconsiderate di alunni vivaci, noncuranti del lavoro che praticava con pazienza certosina, talvolta beccandosi anche qualche ramanzina della dirigente. Ormai pensionato, si era ritirato in una villetta in campagna dove meglio poteva coltivare la sua passione. Fu felice di rivederci e di ricordare i bei tempi della mitica II A. Informatolo della nostra iniziativa apparve ben lieto di aiutarci, fornendoci quanto di meglio avesse. Ora, non mancava che pubblicizzare la seconda giornata ecologica. Tony, Jabba e Jessica si occuparono dei volantini. Si riunirono a casa di Tony, perché era il più bravo ad utilizzare il computer e aveva un programma di grafica, con il contributo della creatività di Jessica e dell’originalità di Jabba avrebbe realizzato il lavoro in brevissimo tempo. Stamparono 300 brochure, che distribuirono nei luoghi maggiormente frequentati: Tony si posizionò nel rione in cui erano ubicati la maggior parte degli istituti superiori per conquistarsi l ‘attenzione dei giovani; Jessica nei pressi di un ipermercato per fare leva sulle mamme e sulle nonne; Jabba scelse un semaforo, con 61 Capitolo ottavo l’intento di consigliare un momento di relax agli automobilisti stressati. Esausti si rincontrarono a casa di Tony e di quei volantini ne erano rimasti solamente 10. Fieri del loro lavoro, raggiunsero gli amici al parco per attendere finalmente la seconda giornata ecologica. Il clima mite e l’entusiasmo coinvolgente che avevamo trasmesso nel pubblicizzare l’iniziativa, incuriosì le tante persone che si presentarono quel giorno al parco. Eravamo certi di riuscire a soddisfare i desideri di quella clientela variegata. Molti giovani che praticavano footing sostarono al chioschetto per gustare un centrifugato sprint, ottima fonte di energia perché ricco di vitamine, contiene kiwi, pere, mele e sedano, che aiuta ad eliminare lo stress. Mamme e nonne apprezzarono molto la preparazione delle gustose bevande a base di frutta e verdure fresche, adatte a bambini che di frequente tra una corsa ed un’altra esclamavano: «ma io non ho fame, ho sete!» Tanti nonnetti si complimentarono con noi per il virginmary, centrifugato a base di succo di pomodoro: antidiabetico e cardioregolatore. Il servizio era celere e puntuale e pareva soddisfare a pieno le richieste dei clienti. La cordiale accoglienza, la professionalità dei gestori, nonostante la giovane età, e la sensibilità nei confronti di importanti problematiche alimentari, suscitò tanti apprezzamenti positivi. Contenti del rapporto qualità prezzo andavano via con la promessa che sarebbero senz’altro ripassati a trovarci. La giornata poteva dirsi riuscita. 62 Un sogno che si avvera CAPITOLO NONO Il colore della Salute Tornammo pienamente soddisfatti a casa di Miriam e raccontammo a sua madre, Antonella, com’era andata la giornata. La ringraziammo per i consigli che ci aveva dato. Decidemmo di andare a trovare Filiberto: «Ho un‘idea» dissi «convinciamolo a riprendere il posto di custode al parco». Durante il tragitto iniziammo a scherzare, tra una risata e l’altra arrivammo a destinazione. Filiberto era molto sorpreso di vederci e ci chiese il motivo di questa visita. Prima che iniziassimo a parlare, ci comunicò: «Ho inviato la richiesta per essere riammesso come custode del parco e…» preso un respiro profondo «stamattina ho ricevuto una lettera che mi informava della mia riassunzione» Io, Jabba, Jessica, Miriam, Tony e Safir rimanemmo meravigliati. Filiberto continuò: «Non preoccupatevi, io vi sarò sempre d’aiuto quando ne avrete bisogno, in fondo, essendo io il custode del parco, potrei aiutarvi a controllare le galline e il vostro orto, mentre voi sarete occupati a pensare ad altro». Sentendo queste parole sospirammo, i nostri volti cambiarono espressione ed esultammo di gioia. Jabba fu il primo ad andarsene anche perché era molto stanco e voleva prendere una boccata d’aria. Attraversò il parco scalciando delle pietre dalla rabbia, ma non sapeva il perché, forse la mancanza di qualcuno e, distratto dalla forte musica, urtò una ragazza dalla figura sinuosa. Non si girò subito perché pensava che fosse una persona qualunque ma quando avvertì quel profumo, ebbe un sussulto: gli ricordava forse una vecchia fiamma. Jabba si girò, la guardò per qualche minuto, era proprio lei, Luana. Era proprio come la ricordava: lunghi capelli ricci color nocciola, occhi profondi come il blu dell’oceano e labbra carnose. Rimase anche lei stupita dall’incontro inaspettato: era passato molto tempo. Si guardarono senza dirsi una parola, si persero nei loro sguardi, i loro cuori palpi- 64 Il colore della Salute tavano unendosi in un unico battito, gli occhi brillavano di una luce splendente, forse di gioia ma in fondo anche di imbarazzo. Il silenzio fu interrotto da un abbraccio «Ne è passato di tempo dall’ultima volta che ci siamo visti!» «Già… potevi non lasciarmi sola al ballo». Jabba sentendosi ancora in colpa le disse: «Sono dispiaciuto per non aver avuto la possibilità di chiarirci». Luana pensò che erano passati tanti anni ed era inutile provare ancora rancore nei suoi riguardi, così si lasciarono con un bacio sulla guancia e a quel punto Jabba capì che non l’aveva mai dimenticata. Dal bacio al giorno seguente il tempo volò via in un attimo. La notte portò consiglio: sarebbe stata sua! Era molto agitato, guardava continuamente le lancette dell’orologio che si muovevano ad un ritmo snervante; l’ansia invase il suo corpo. Istintivamente, preso tra le mani il cellulare, le inviò un messaggio. L’unica frase che riuscì a scrivere fu “Ti amo”. Anche Luana era agitata: si girava e rigirava nel letto fino a quando la vibrazione del cellulare la fece sussultare. Visualizzò subito il messaggio e rimase stupita e felice: era quello che aveva sempre voluto! Ritrovò il sorriso che aveva perso, dentro di sé sapeva che quell’amore sarebbe stato infinito. Presi dal loro amore si allontanarono dal gruppo e iniziarono a vivere la loro fantastica storia. Intanto, noi ricominciammo a coltivare l’orto e a allevare le galline. Filiberto ci propose per l’orto di farci aiutare da Giovanni e di crescere oltre alle galline altre specie di volatili. Fu una grande idea, ben presto la nostra iniziativa fu sulla “bocca di tutti” tanto che gli insegnanti delle scuole dell’infanzia e primarie presto organizzarono delle uscite didattiche per mostrare ai bambini la nostra piccola riserva e far cono- Capitolo nono 65 66 scere i nostri prodotti. Il successo fu enorme, sia per la riserva che per il chiosco: ci divertivamo attraverso giochi e vere e proprie lezioni sull’alimentazione ad offrire ai bambini merende naturali e bevande salutari. La notizia ebbe eco in tutti i paesi vicini. Eravamo contenti! Il tempo passava e pur occupandoci costantemente dell’orto e della riserva mi accorsi che il gruppo stava cambiando. Stavamo crescendo ed ognuno cercava di realizzare il proprio sogno. L’incontro con Viola, fu determinante. Viola stava organizzando un convegno sulla corretta alimentazione: era fantastico! potevamo far conoscere le nostre bibite e i nostri cestini dell’orto ad un pubblico specializzato. Lei, entusiasta, accettò dicendoci che avrebbe di sicuro pubblicizzato le nostre specialità e la bontà dei frullati. Visto il grande successo ci invitò al suo successivo convegno a cui avrebbero partecipato anche degli africani. Chiedemmo aiuto a Safir per preparare un delizioso piatto tipico africano. Era una portata particolare: il “Couscous alle verdure” la cui preparazione, anche se semplice, divenne il mio cavallo di battaglia grazie ai suoi preziosi consigli e segreti. Il giorno del convegno però ci aspettava un’amara sorpresa, Safir, infatti, incontrò alcuni amici del suo Paese che gli fecero capire quanto gli mancasse la sua famiglia, gli amici, i colori e gli odori della sua Africa. Al termine del convegno prese un’importante decisione: sarebbe ritornato a casa. Miriam, intanto, delusa da Matteo che a sua insaputa aveva iniziato una relazione con Jessica, decise di abbandonare il gruppo suo malgrado. Tony invece scelse di approfondire i suoi studi sulla biotecnica contattando l’associazione italiana ANBI che aveva come obiettivo la formazione scientifica, professionale e culturale delle tecniche di coltivazione biologica. Dopo circa una settimana l’associazione lo ricontattò ritenendolo già socio per le sue credenziali. Il colore della Salute Eravamo rimasti soli. Non avendo abbandonato il mio sogno, mi specializzai nell’arte culinaria preparando sempre pietanze salutari e gustose. Un bel giorno Jessica scoprì che il locale dove la madre aveva un tempo il ristorante, era di proprietà del padre. Felice corse a darmi la fantastica notizia e decidemmo di aprire il nostro ristorante. Finalmente ce l’avevo fatta! Volevo condividere questo sogno con i miei amici più cari come fare? Jabba e Luana avevano coronato il loro sogno d’amore!?! E Safir e la sua Africa? Avrà ancora delle ricette da suggerirci?! E Miriam mi avrà perdonato? E Tony?... Ecco! L’inaugurazione del locale sarebbe stata l’occasione per rincontrarli. Decidemmo di chiamarlo “I tre Enne” in nome di quell’amicizia mai dimenticata,nonostante le diverse strade intraprese. Capitolo nono 67 APPENDICE 1. I tre Enne I.I.S. “Sabatini-Menna” di Salerno – classe IIC Dirigente Scolastico Ester Andreola Docente referente della Staffetta Maria Di Lieto Docente responsabile dell’Azione Formativa Maria Di Lieto Gli studenti/scrittori della classe IIC Giuseppe Bruno, RosaMaria D’Amaro, Rosa D’apuzzo, Bruno Della Sala, Manuel Di Donato, Francesca Maria Di Giacomo, Chiara Fortino, Giovanni Greco, Federica Iovinelli, Maringlen Kolaveri, Raffaele Luca Lambiase, Artur Lima De Oliveira, Michele Miele, Giulia Montuoro, Franklin Mora, Angela Petrosino, Antonio Petti, Francesco Pisacane, Irma Rufolo, German Salerno, Consiglia Speranza, Dario Aniello Tammaro Hanno scritto dell'espereinza: “...La staffetta creativa è una bellissima esperienza che stimola la creatività e rende il gruppo classe più unito. È sicuramente un progetto diverso dalle comuni attività didattiche, più interessante perché consente attraverso la scrittura di esprimere una parte di sé agli altri”. APPENDICE 2. Primi problemi Istituto Professionale di Stato per i Servizi Alberghieri e la Ristorazione “G. Colombatto” di Torino – classe I L Dirigente Scolastico Grazia Giuffrida Docente referente della Staffetta Rosalba Labate Docente responsabile dell’Azione Formativa Rosalba Labate Gli studenti/scrittori della classe I L Marco Alfieri, Eleonora Ascione, Marika Basset, Mirko Bonomo, Giada Bosco, Alessandro Brescia, Elisa Camusso, Giulia Casafina, Antonio Ciraso, Alessia Cutrino, Andrea De Cesare, Francesca D’Onofrio, Francesco Feraudo, Giada Fontana, Chiara Funaro, Giuseppe Salvatore Lima, Biagio Marchese, Fabio Morabito, Simone Nolfo, Martina Petrelli, Giulia Pochettino, Davide Sanfratello, SharonSenis Hanno scritto dell'esperienza: “...La Staffetta della Creatività si è rivelato un progetto creativo e divertente, nonché uno strumento didattico innovativo per affrontare ed in parte superare le difficoltà che gli studenti incontrano nella produzione scritta. Ciò che ha subito colpito me come insegnante ed i ragazzi stessi è stato l’entusiasmo con cui gli allievi ha affrontato l’esercizio di scrittura. L’esperienza è stata vissuta come una vera e propria sfida, dal momento che è stato necessario superare il primo fatale “blocco dello scrittore”. Gli studenti sono rimasti positivamente colpiti proprio dalla loro capacità di “trovare le idee”, idee e spunti a mio avviso assolutamente interessanti. Il bilancio è pertanto positivo, dal momento che il progetto ha contribuito ad accrescere la loro autostima e a rafforzare il legame tra gli allievi”. APPENDICE 3. Un giardino… le stagioni della vita Liceo Statale “Alfano I” Linguistico – Scientifico – Scienze Umane – Musicale – Coreutico di Salerno – classi I/II B Linguistico Dirigente Scolastico Antonio Lepre Docente referente della Staffetta Mariella Sabino Docente responsabile dell’Azione Formativa Mariella Sabino Gli studenti/scrittori delle classi IB Linguistico - FrancescaAprea, Anna Aquilino, Carmen Bacco, Giorgia Baldi, Francesco Bruno, Andrea Caforio, Cecilia Vanessa Calabrese, Cammarota Andrea, Ermanno Gerardo Coralluzzo, Giulia D’Aponte, Fabio De Pasquale, Gilda Di Chiara, Martina Di Giacomo, Alfonsina Di Giuseppe, Erika Farina, Michela Ferro, Francesca Fimiani, Raffaella Gallucci, Sara Granato, Francesca Lanzara, Laura Longobardi, Carmen Melillo, Giorgia Orsi, Martina Pagano, Francesca Pepe, Carla Pisaturo, Federica Potente, Brigida Rinaldi, Alessia Rinaldo, Linda Vitale IIB Linguistico - Annalaura Attanasio, Mariachiara Basso, Alessandro, Candiloro, Fabiola Caporaso, Diana Caravano, Camilla Ciaparrone, Jessica Cuozzo, Veronica Della Rocca, Ilenia Di Feo, Marika Falcone, Matteo Fasano, Zlatoslava Kruchko, Mario La Rocca, Francesca Lamberti, Eleonora Monetta, Simona Anna Nastri, Selina Notari, Marianna Palmentieri, Annachiara Palo, Chiara Petraccaro, Giuseppe Rinaldi, Martina Sabatino, Tetyana Shmid, Marianna Sica, Erika Tisi Hanno scritto dell’esperienza: “...Gli allievi della 2^ BL, entusiasti dell’esperienza dell’anno scorso, hanno partecipare a tutte le fasi del progetto di scrittura creativa, fungendo da tutor-guida ai ragazzi della 1^ BL da un lato spaventati, dall’altro incuriositi del dover scrivere un capitolo di un racconto che alla fine tutti avrebbero potuto leggere...” per leggere l’intero commento www.bimed.net link: staffetta di scrittura creativa APPENDICE 4. Ritrovarsi ITCG “E. Cenni” di Vallo della Lucania (SA) – classe IB A.F.M Dirigente Scolastico Cosimo Petraglia Docente referente della Staffetta Annamaria Scola Docente responsabile dell’Azione Formativa Annamaria Scola Gli studenti/scrittori della classe IB A.F.M ISTITUTO TECNICO COMMERCIALE Denis Alario, Salvatore Alessi, Luca Arena, Mario Cammarano, Iolanda Donnianni, Mario Falcione, Pietro Galietta, Simone Guzzo, Vito Imbriaco, Emanuele Lombardi, Asia Mautone, Gian Michele Mirto, Carmen Nicoletti, Antonio Pagano, Alessandro Ripoli, Marco Rizzo, Jonny Ruggiero, Genesio Russo, Pasquale Sansone, Vincenzo Stifano, Carmen Squilla, Francesca Valiante, Massimiliano Ventre Hanno scritto dell’esperienza: “...La classe sta vivendo l’esperienza della staffetta con grande entusiasmo. La staffetta rappresenta per una classe prima un’occasione per sentirsi protagonisti in una scuola completamente nuova. Gli allievi leggono con piacere i capitoli ponendo una serie di riflessioni sulle tematiche e sulla storia che si sta costruendo. L’attività della lettura e della scrittura dei capitoli ha dato loro la possibilità di esercitarsi su competenze e abilità di notevole importanza nella programmazione dell’italiano del biennio. La staffetta diventa dunque un supporto metodologico molto valido e alternativo per il raggiungimento di obiettivi fondamentali dell’insegnamento-apprendimento della lingua italiana”. APPENDICE 5. Superstite I.I.S. “Sabatini-Menna” di Salerno (SA) – classe IIA Dirigente Scolastico Ester Andreola Docente referente della Staffetta Maria Di Lieto Docente responsabile dell’Azione Formativa Angela Visone Gli studenti/scrittori della classe IIA Annamaria Adinolfi, Luca Andria, Naomi Avagliano, Gerardo Boccia, Simone D’Andrea, Lucia De Feo, Ilaria Del Vecchio, Gerardo Di Giura, Alessandro Ferrentino, Manuel Fortunato, Simona Landi, Valeria Masullo, Daiana Ponte, Giada Scannapiego, Marcello Sica Hanno scritto dell’esperienza: “…L’esperienza è stata particolarmente interessante specialmente per gli allievi con qualche lieve difficoltà nelle discipline letterarie. Il loro impegno e l’interesse dimostrato durante la stesura del lavoro Confermano la validità della Staffetta Creativa non solo come potenziamento Di eccellenze ma anche come stimolazione per i meno dotati”. APPENDICE 6. Pollopoli IIS “8 Marzo” – Liceo Scientifico di Settimo Torinese (TO) – classe IIB Dirigente Scolastico Giorgio Pidello Docente referente della Staffetta Romina Carlevato Docente responsabile dell’Azione Formativa Romina Carlevato Gli studenti/scrittori della classe IIB Edoardo Amateis, Stefano Artiano, Alessio Ballarini, Gabriele Castelli, Alessandro Ciappa, Federica Curello, Desirée Di Monte, Denise D’Ugo, Federica Gavioli, Davide Guglielmetto - Mugion, Leila Hamed, Alessandro Ippolito, Stefano Labartino, Barbara Montalbano, Morritti, Fabio Omiciuolo, Chiara Panin, P Simona iersanti, Giulia Pioggia, Mara Sara Sassone, Sara Scapino, Roberto Toma, Riccardo Villa, Eleonora Visintin, Federico Alessandro Vitalone Hanno scritto dell’esperienza: “Il giudizio espresso dalla classe è stato nettamente positivo; i ragazzi hanno definito l’esperienza “interessante, istruttiva, formativa, bella, divertente, nuova, moderna, utile”. L’interesse e il favore, espressi per l’iniziativa, riguardano in modo particolare tre ambiti: è stato possibile acquisire consapevolezza di alcune problematiche legate all’alimentazione, spesso trascurate ma molto importanti nel nostro tempo, con una modalità di apprendimento più stimolante di quella della lezione tradizionale. la composizione del capitolo ha fornito l’occasione per esercitare e migliorare le capacità scrittorie degli allievi, che hanno dovuto lavorare, tra l’altro, sulla coerenza e la coesione dei loro testi. Il sistema del lavoro a staffetta, dunque, ossia il fatto di lavorare ad un capitolo di un libro in accordo con altre voci, sistema che nessun allievo aveva mai sperimentato in precedenza, è risultata avvincente, ben organizzato (ma “impegnativo”, secondo un isolato parere)...” per leggere l’intero commento www.bimed.net link: staffetta di scrittura creativa APPENDICE 7. Il segreto di Jabba Liceo Classico “P. Galluppi” di Catanzaro – classe VE Dirigente Scolastico Elena De Filippis Docente referente della Staffetta Maria Brutto Docente responsabile dell’Azione Formativa Mara Brutto Gli studenti/scrittori della classe VE Gianmarco Aiello, Manuel Cafasi, Mariapaola Canino, Alessia Chiarella, Daniele Cirillo, Roberta Maria Corticelli, Valentina Critelli, Alessia Crudo, Mattia D'Alta, Vincenzo De Pace, Elisabetta Gentile, Erica Iera, Laura Lacroce, Rita Lagonia, Nicola Leone, Stefania Mellea, Federica Mustara, Ines Piccoli, Ferruccio Evert Pirrelli, Alessandro Procopio, Antonio Santoro, Pamela Santoro, Bruno Manuel Spaccaferro Hanno scritto dell’esperienza: “…L'esperienza reiterata di scrittura di due capitoli di due diversi brevi romanzi è stata senz'altro positiva. Si è svolta leggendo in classe sezioni scelte dei capitoli precedenti, dopo aver assegnato agli studenti il compito di leggere e approfondire per gruppi aspetti specifici del filo narrativo. Ciò ha avuto come scopo quello di assicurare la coerenza narrativa al lavoro successivo di scrittura del capitolo assegnato nonché sviluppare, nel reporting alla classe, capacità di interpretazione del testo letto, nonché di immaginazione e negoziazione sulla scelta delle idee più belle e meglio confacenti al registro della narrazione. Il contesto di azione ha alimentato motivazione ed entusiasmo all'impegno e alla puntualità nell'inviare sull'account condiviso i testi realizzati...” per leggere l’intero commento www.bimed.net link: staffetta di scrittura creativa APPENDICE 8. Un sogno che si avvera IPSAR “Ten. Marco Pittoni” di Pagani (SA) – classe IIA Dirigente Scolastico Rosanna Rosa Docenti referente della Staffetta Anna Maria Simeone Docente responsabili dell’Azione Formativa M.R. Siciliano, Anna Maria Simeone Gli studenti/scrittori della classe IIA Santolo Amato, Maria Luisa Blasio, Roxana Carabet , Valerio Cirota, Gerardo Costiero, Andrea D’Auria, Santa Annunziata De Gennaro, Alfonso De Rosa, Gianluca Ferraioli, Luigi Iervolino, Claudio Maisano, Pio Matrone, Antonio Nocera, Salvatore Padovano, Luigi Ruggiero, Fabio Schiavone, RaffaeleVenditti Hanno scritto dell’esperienza: “...Riteniamo che l’attività di scrittura creativa a cui abbiamo partecipato ci abbia entusiasmato e resi molto partecipi. Ci siamo riuniti numerose volte, abbiamo confrontato le nostre idee e abbiamo provato la gioia di essere “scrittori”. Per scrivere il capitolo è stato realizzato un vero e proprio lavoro di squadra. Grazie al sostegno delle nostre professoresse d’italiano e di diritto siamo riusciti a creare un capitolo considerato per noi fantastico. Nei giorni precedenti alla consegna in classe si è respirata un’aria di ansia, non solo perché volevamo fare un buon lavoro, ma anche perché avevamo tempi stretti da rispettare. Quest’esperienza è stata l’occasione per misurarci l’un con gli altri, per trascorrere più tempo insieme ed imparare a collaborare meglio, non solo tra di noi, ma anche con i professori; ci ha insegnato quanto sia importante la scrittura e la lettura per comunicare e crescere. Speriamo che il nostro capitolo incontri l’apprezzamento degli alunni delle altre squadre”. APPENDICE 9. Il colore della salute I.S.I.S.S. “Mattei” di Aversa (CE) – classi IA/B/C/D - IIA/B/F Dirigente Scolastico Giuseppe Manica Docente referente della Staffetta Patrizia Gallo Docenti responsabili dell’Azione Formativa Patrizia Gallo, Maria Lucia Cangiano Gli studenti/scrittori delle classi IIF – Luisa Micillo, Francesca Abate, Vincenzo Pommella, Dario Crapetto, IIA – Emilia Massimo, Ersilia Martino, Alberto Barbato IB – Ilaria De Santis, Rita Marigliano, Carolina Ascione, Dalila Ponzè, Maria Mozzillo, Mara Majerù, Amalia Belluomo ID – Alessia Alessio, Elena Lomasto, Simona Sagliocco, Giosi Virgilio IA – Luigina Tancredi, Sara Catricalà, Michela Lampitelli IC – Romina Di Vaia, Alessia Di Mambro, Carla Pellecchia IIB – Maria Cafiero, Giovanna Guarino, Ilaria Grimaldi Hanno scritto dell'esperienza: “...Questa esperienza è stata molto emozionante, ci siamo divertiti molto. Abbiamo avuto la possibilità di fare nuove conoscenze e di liberare la nostra fantasia! Abbiamo conosciuto nuovi compagni d’istituto con cui ci siamo confrontati, imparato nuove parole e tecniche di scrittura...” per leggere l’intero commento www.bimed.net link: staffetta di scrittura creativa INDICE Incipit di MATTEO FORTE ................................................................................pag 14 Cap. 1 I tre Enne ......................................................................................................» 18 Cap. 2 Primi problemi..............................................................................................» 24 Cap. 3 Un giardino… le stagioni della vita..................................................» 28 Cap. 4 Ritrovarsi ......................................................................................................» 34 Cap. 5 Superstite......................................................................................................» 40 Cap. 6 Pollopoli ......................................................................................................» 46 Cap. 7 Il segreto di Jabba ..................................................................................» 52 Cap. 8 Un sogno che si avvera ..........................................................................» 58 Cap. 9 Il colore della Salute ..............................................................................» 64 Appendici ..................................................................................................................» 68 Finito di stampare nel mese di aprile 2013 dalla Tipografia Gutenberg Srl – Fisciano (SA) ISBN 978-8897890-70-6