Dicembre 2012 In copertina: Jessica Rossi In questo numero Presidente Paolo Borroni Segreteria di redazione Orsola Alice Trevisan Hanno collaborato Paolo Borroni Simone Cotini Arianna Landi Luciano Montanari Antonello Siclè Orsola Alice Trevisan Fotografie Archivio Confsport Italia La collaborazione a questo notiziario è da considerarsi del tutto gratuita e non retribuita Confsport Italia Sede Nazionale Via dell’Imbrecciato, 181 00149 Roma Telefono 06.55282936 06.5506622 Fax 06.5502800 Indirizzo mail [email protected] Sito web www.confsportitalia.it SOMMARIO Notiziario della Confsport Italia Anno IV - N. 10 – Ottobre 2012 H o deciso di scrivere questo editoriale in quanto sono tante le richieste di delucidazioni che pervengono alla Confsport Italia, da parte di dirigenti sportivi, commercialisti, avvocati e alcune volte notai, in merito a normative fiscali o riguardo la stesura di uno statuto. Le norme sullo sport non sono tante, ma le più importanti sono senza dubbio quelle fiscali, che troviamo raccolte sulla guida redatta dall’Agenzia delle Entrate, e che invito a scaricare dal nostro sito www.confsportitalia.it. È vero, non sempre il legislatore è stato chiaro nella stesura dei provvedimenti, che spesso hanno dovuto subire delle modifiche e dei chiarimenti. Di solito sono gli Uffici del CONI, delle Federazioni Sportive Nazionali, degli Enti di Promozione Sportiva o dell’Agenzia delle Entrate, attraverso sentenze e risposte ad interpelli, a dare interpretazione o spiegazioni alle norme. Una volta chiarite, le norme devono essere rispettate. È normale che le piccole Associazioni Sportive Dilettantistiche, per lo più composte da tecnici e genitori appassionati, facciano fati4 ca ad assimilarle: ma "ignorantia legis non excusat". Attraverso il nostro sito internet abbiamo sempre cercato, in maniera puntuale e precisa, di aggiornare le nostre Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche su tutte le tematiche che riguardano il mondo dello sport, tra cui il Decreto Legge del 13 settembre 2012 n. 158, relativo all’obbligo della presenza di defibrillatori in tutti i centri sportivi. Mi preme, però, toccare un punto che ritengo fondamentale per una Associazione o Società Sportiva Dilettantistica: “l’iscrizione al Registro CONI”. A decorrere dal 2 novembre 2005 è scattato l'obbligo, per le Associazioni e le Società Sportive Dilettantistiche, di iscrizione all'apposito Registro telematico tenuto dal CONI, al fine di continuare a beneficiare delle agevolazioni, prevalentemente di natura tributaria, previste per tali enti dall'articolo 90 della legge 289/2002, che ha riformato la disciplina del settore. Il Registro è lo strumento che il Consiglio Nazionale del CONI ha istituito per confermare definitivamente "il riconoscimento ai fini spor- L’EDITORIALE tivi" alle Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche, già affiliate alle Federazioni Sportive Nazionali, alle Discipline Sportive Associate ed agli Enti di Promozione Sportiva. Le Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche iscritte al Registro saranno inserite nell'elenco che il CONI, ogni anno, deve trasmettere ai sensi della normativa vigente, al Ministero delle Finanze - Agenzia delle Entrate e che usufruiranno delle agevolazioni fiscali previste per l'attività sportiva dilettantistica. È il rappresentante legale dell'ente a richiedere la procedura telematica d'iscrizione, autocertificando il possesso di tutti i requisiti. Ciò determina un'iscrizione provvisoria, che deve essere validata dal Comitato territoriale del CONI entro cinque giorni, pena la decadenza, con l'iscrizione definitiva al Registro delle Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche. L'istituzione del Registro telematico, a partire dal 2 novembre 2005, ha comportato notevoli conseguenze, anche di carattere pratico, sulla disciplina, soprattutto fiscale, da applicare alle Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche. Infatti, dal momento che concreta il riconoscimento da parte del CONI, l'iscrizione nel Registro è determinante, ai sensi dell'articolo 7 del decreto legge 136/2004, per il riconoscimento delle agevolazioni previste dagli articoli 143 e seguenti del Tuir, nonché, di riflesso delle medesime esenzioni disciplinate dall'articolo 4 del Dpr 633/72, ai fini dell'Iva. Va, inoltre, rilevato, solo a titolo di esempio, che la mancata iscrizione comporta: l'inapplicabilità delle agevolazioni previste in materia di imposta di Registro dall'articolo 90, comma 5, della legge 289/2002; la non qualificazione dei compensi e indennità erogati a sportivi dilettanti (nonché ai collaboratori amministrativi, in dipendenza di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa) tra i redditi diversi, con la conseguente franchigia di esenzione, sino a 7.500 euro (articolo 69 del Tuir); l'inapplicabilità delle disposizioni agevolative previste dalla legge 398/91, circa la determinazione forfettaria del reddito d'impresa, per le attività commerciali, nonché l'abbattimento sempre forfettario del volume d'affari; l'inapplicabilità della disposizione derogatoria prevista dall'articolo 10 del Dlgs 5 446/97, sulla determinazione della base imponibile dell'Irap; l'inapplicabilità del regime di favore, previsto dall'ultimo comma dell'articolo 149 del Tuir, unicamente a favore degli enti ecclesiastici e delle Associazioni Sportive Dilettantistiche. Alla luce di quanto precede, possiamo concludere dicendo che l'istituzione del Registro delle Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche ha portato a compimento il disegno di revisione proposto dall'articolo 90 della legge 289/2002, affidando un ruolo preminente e preventivo di controllo capillare al CONI, prima ancora della fase di accertamento effettuata dagli uffici finanziari. Il CONI, con una comunicazione dell’8 settembre 2011 inviata ai Presidenti delle Federazioni Sportive Nazionali, Discipline Sportive Associate, Enti di Promozione Sportiva e Comitati Regionali e Provinciali del CONI stesso, ha reso nota una lettera con cui l’Agenzia delle Entrate prende ufficialmente atto della deliberazione del CONI del 7 luglio 2011 con la quale viene previsto che «il riconoscimento provvisorio attribuito ai propri affiliati dalla FSN, EPS e DSA… anche in carenza della prevista iscrizione al Registro sia da intendere quale riconoscimento definitivo fino al 31 dicembre 2010». La lettera del Direttore dell’Agenzia delle Entrate riveste una notevolissima importanza in quanto, ai fini dell’attività di controllo sulla corretta fruizione delle agevolazioni fiscali da parte delle Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche, riconosce un effetto retroattivo ad una eventuale mancanza di iscrizione al Registro. Infatti, la nota dell’Agenzia delle Entrate riporta: «Si potrà procedere al riesame in autotute6 la degli eventuali atti di accertamento emessi nei loro confronti e al relativo annullamento per la parte in cui il recupero sia fondato sulla mancata iscrizione al Registro CONI». Quindi, per le Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche, regolarmente affiliate alle FSN, ASD e EPS, che non avevano ancora provveduto a perfezionare l’iscrizione al Registro CONI, viene definitivamente riconosciuta la validità delle agevolazioni fiscali di cui avevano usufruito, solo per le annualità precedenti al 31 dicembre 2010. La Confsport Italia più volte ha richiamato le Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche ad una corretta lettura delle normative emesse dal CONI e dall’Agenzia delle Entrate. Gli adempimenti per il riconoscimento ai fini sportivi non sono atti burocratici ma elementi essenziali per rientrare nella normativa prevista dall'art. 90 della legge 289/02 (e successive modifiche). Purtroppo ancora oggi risulta che diverse Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche non adempiono all’iscrizione al Registro CONI e questo non è più giustificabile, alla luce anche delle campagne di sensibilizzazione a cui anche noi della Confsport Italia abbiamo contribuito. Credo che i rappresentanti legali delle Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche dovrebbero prestare un po’ del loro tempo a questo adempimento, importantissimo per la loro Associazione o Società Sportiva Dilettantistica, anche per non trovarsi in situazioni a dir poco “imbarazzanti”. Come non mai, in questo caso vale il detto “il tempo è denaro!”. Paolo Borroni 7 F ino a pochi mesi fa, erano pochi coloro i quali potevano vantare di aver visto le eccellenti qualità fisiche, tattiche e caratteriali che Carlo Molfetta esprime nel quadrato. Fino a pochi mesi fa, c’erano persone che non sapevano neanche chi fosse Carlo Molfetta ed erano ignare del fatto che proprio lui sarebbe stato uno di quegli atleti che, alle Olimpiadi di Londra, ci avrebbe reso orgogliosi di essere italiani. Dopo la Finale di Taekwondo che ha disputato contro Anthony Obame, Carlo Molfetta è entrato nel cuore di tutte le persone che sono rimaste incollate al televisore per ammirare la sua incredibile impresa. Oggi, grazie a Carlo, il Taekwondo è uno sport che vive, non solo per una nicchia di persone appassionate, ma anche per chi fino a quel momento non aveva mai avuto a che fare con questo sport. Oggi viene voglia di andare a vedere il Campionato Italiano di Taekwondo che si dispute- rà l’ 1 e 2 dicembre a Roma e cresce la curiosità di portare i nostri figli nelle palestre per fargli praticare questo sport. Insomma ci sentiamo di ringraziare questo ragazzo, per averci dimostrato che i sogni possono diventare realtà. Da dove arriva il tuo soprannome “Lupo”? Nel 2009, alcune ragazze della Nazionale hanno iniziato a chiamarmi in questo modo perché dicevano che quando sono fuori dal quadrato sono buono e gentile, come il lupo travestito da vecchietta nella favola di Cappuccetto Rosso. Poi, quando salgo sul quadrato, mi tolgo gli abiti da vecchietta e mi trasformo nel lupo cattivo. Quando sei arrivato a Londra, sapevi che avresti conquistato una medaglia? Sapevo che avevo le doti e le capacità per farlo, venivo tra l’altro da un quadriennio positivo. Gareggiavo per la prima volta in una nuova categoria, e questo mi metteva adCarlo Molfetta e Anthony Obame dosso un po’ di tensione in più. Sapevo comunque di poter arrivare ad una medaglia: dal bronzo all’oro è semplicemente questione di giornata, se un giorno sei più in forma, invece di una medaglia qualsiasi porti a casa l’oro. Quando gli sportivi arrivano alle Olimpiadi, hanno un grado di preparazione non indifferente. Cos’è che permette ad uno di arrivare al quarto posto e 8 L’angolo del Campione all’altro di vincere l’Olimpiade? Su sedici persone che si sono qualificate alle Olimpiadi, nella mia categoria, almeno dieci avrebbero potuto vincere l’oro: il livello era altissimo. Quello che cambia è quanto la preparazione che hai avuto sia stata mirata per le tue esigenze, quindi abbia colmato i vuoti che avevi. Per alcuni, le carenze possono essere la velocità, per altri la resistenza. Si può anche arrivare alle Olimpiadi con una preparazione non così attenta, oppure con motivazione e voglia di vincere non sufficienti. Su questi, la differenza la fa chi pensa: “IO VOGLIO VINCERE LE OLIMPIADI”, come è accaduto a me, a Londra. L’ultimo combattimento ha avuto dell’incredibile e, nel momento in cui avevamo quasi perso le speranze, hai sorpreso tutti con la tua tecnica e con una forza d’animo mai vista. Ha sorpreso anche te? C’è da dire che gli ho dato un po’ di vantaggio solo per fare spettacolo (ride). Scherzo ovviamente! Ho sempre avuto forza d’animo, fin da quando ero piccolo. Sono una persona caparbia, cerco sempre di raggiungere le mete che mi prefiggo. È la stessa caparbietà che mi ha permesso di non smettere di “Voglio vincere le Olimpiadi” è quello che tu hai dimostrato ad ogni incontro. Ma c’è stato un momento in cui invece hai pensato “Non ce la faccio”? Non ho mai pensato che un avversario potesse essere più forte di me, anche se in semifinale sono entrato sul quadrato timoroso. Combattevo con l’atleta del Mali che era stato per due volte Campione del Mondo: lui era quello da battere. Da un punto di vista fisico era spaventoso, mi superava in altezza di più di 20 cm e più di trenta chili in peso. In più, era l’incontro che mi avrebbe permesso di andare a medaglia certa e questa era una tensione aggiuntiva. Ho iniziato l’incontro molto concentrato, perché sapevo che se avessi perso l’attenzione ne avrebbe approfittato. È stato il mio incontro perfetto, a livello strategico, quello che ricordo come una partita a scacchi. Carlo Molfetta fare Taekwondo quando, negli anni che vanno dal 2005 al 2008, ho subito quattro interventi alle ginocchia. Ho riportato sul quadrato quello che avevo fatto fino a quel momento nella vita. Quindi, il “Non mollare fino all’ultimo secondo” rappresenta il mio tentativo di raggiungere il sogno che avevo da bambino. Che pensieri avevi durante gli incontri vissuti a Londra? Al primo incontro, la strizza di poter competere male e buttare al vento altri quattro anni era il pensiero preponderante: non me lo sarei mai per9 donato. Al secondo, ho iniziato a pensare che un piccolo ostacolo lo avevo già superato. In semifinale, l’ultimo scalino prima di una medaglia sicura, sapevo che dovevo tirare fuori un po’ più di coraggio. I pensieri, in quei giorni, non sono mai rivolti all’Olimpiade, ma al momento che si sta vivendo, incontro dopo incontro. Fino ad arrivare a qualche secondo prima della Finale: quando pensi che, anche se hai già conquistato una medaglia, non c’è motivo di buttare tutto al vento, ed è il caso di andare a prendersi quella più importante. Invece quando è toccato ai giudici scegliere la superiorità? Ho corrotto i giudici con mille euro. (ride) Nella tua disciplina, la tua è stata la prima medaglia d’oro Olimpica. In che posizione ti mette verso i tuoi compagni di squadra? Nella stessa condizione di prima. Ero capitano prima, come lo sono ora. Non è certo un risultato che cambia la storia di una squadra. Conosciamo bene i nostri curriculum, nell’ambiente: i miei compagni mi rispettavano prima, come io rispetto loro. Ho sempre cercato di essere un capitano comprensibile e comprensivo, cercando comunque di creare uno spirito di squadra; anche se è questo un sport individuale, il fatto di lavorare in un ambiente sereno consente di dare ancora di più. Spero che questa medaglia riesca a dare un input in più a tutti quei ragazzi che stanno crescendo ora nella Nazionale e che avevano bisogno di capire quanto l’Italia realmente fosse forte in questo sport. Per loro, la mia vittoria e il terzo posto di Mauro rappresentano un segnale importante. Spero lo capiscano anche quei genitori che decidono di mandare i propri figli in palestra. Il Taekwondo potrebbe essere, per i ragazzi, un’ottima scelta, anche di vita. Quando salgo sul quadrato, mi tolgo gli abiti da vecchietta e mi trasformo nel lupo cattivo. Scherzi a parte. In quegli attimi ti passano in mente tante cose, quindi speri di aver fatto bene. Vedevo il maestro che era sereno, quasi convinto che avessi vinto. Io avevo un po’ di rimorsi perché, pur sapendo di aver dato il massimo, pensavo che avrei potuto fare qualcosa in più. D’altra parte ho pensato che nonostante stessi perdendo di 6 punti, avevo recuperato e fatto Golden Point: ce l’avevo messa tutta. Come ti fa sentire l’idea di aver inchiodato milioni di Italiani allo schermo, anche quelli che conoscono poco il tuo sport? Questo mi fa molto piacere, anche se so che probabilmente è un momento: il Taekwondo è una disciplina che si sta conoscendo solo ora in Italia. Mi rende felice sapere che durante quell’ultimo incontro, che mi 10 hanno detto aver avuto gli indici di ascolto più alti di tutti, ho fatto emozionare chi mi ha guardato, mi inorgoglisce molto. Cosa ti ha dato il Taekwondo? Il rispetto assoluto verso le persone che, al giorno L’angolo del Campione d’oggi, è un valore davvero difficile da trovare. Il Taekwondo forma il carattere e insegna che ambizione e caparbietà sono elementi fondamentali anche per la vita fuori dalla palestra. Tu come hai iniziato questo sport? A cinque anni, per via di mio padre, che lo pratica tutt’ora. Andavo con lui in palestra perché ero una peste. Ovviamente all’inizio era un gioco: ma, più crescevo, più lo vivevo e più capivo quanto mi piacesse, fino ad oggi che è diventato un vero e proprio lavoro. Già sognavi le Olimpiadi? Ho iniziato a sognarle a 12 anni. Poi successe che ufficializzarono il Taekwondo come sport Olimpico, a Sidney. Da lì, preso dall’euforia iniziai a firmare autografi ai miei compagni di scuola e alle professoresse dicendo che prima o poi avrei vinto l’oro Olimpico. A chi la devi questa medaglia? A tutte le persone che mi sono state vicino, sia nei momenti di gioia che in quelli di sconforto totale. I miei genitori, gli amici, la mia ragazza. Oltre la tua, c’è una medaglia d’oro Italiana, che ti ha reso orgoglioso ed emozionato particolarmen- te? Ce ne sono molte. A partire dal fioretto femminile, che ha vinto bronzo, argento ed oro. Con Elisa Di Francisca, ad esempio, mi accomuna il fatto che anche lei, nell’ultimo incontro, era sotto di un po’ di stoccate e, come me, ha trovato la forza e la via per recuperare e vincere. Lei mi ha detto di essersi emozionata a guardare la mia finale proprio come io mi sono emozionato a guardare la sua, forse proprio per il fatto di aver avuto questi elementi in comune. Il 2 Dicembre combatterai per il Campionato Italiano, a Roma. In che posizione ti metterai ora che hai vinto l’oro, di fronte ai tuoi avversari? La stessa posizione di prima. Ero abbastanza titolato anche senza oro per affrontare gli Italiani in maniera tranquilla. Ora ho un titolo in più da difendere, ma senza fare il gradasso e sottovalutare le cose. Prenderò la gara per quella che è: un Campionato Italiano, a cui tengo particolarmente. Come vedi il tuo futuro? Vorrei incidere un disco, fare un film (ride). No! Il mio futuro sarà comunque nel Taekwondo, uno sport che mi ha dato tanto e mi continua a dare tante soddisfazioni. Cercherò di creare tanto movimento intorno a questo sport per far capire tutti i benefici che porta: in Italia può prendere piede. Nel mondo, è uno degli sport più presenti; gli italiani sbagliano a considerarlo uno sport minore. Tredici porta bandiera a Londra erano atleti di Taekwondo, come la ragazza dell’Inghilterra che ha letto il giuramento alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi: questo è un dato significativo che ci fa capire quanto sia un movimento presente in tutto il mondo. Arianna Landi 11 N ello sport esistono epoche, meglio definite “ere”, legate alle imprese di una squadra o di un atleta. Chi non ricorda il “Milan di Sacchi” o il “Napoli di Maradona”? Nella ginnastica, sia artistica che ritmica, ci si rifà a campioni e campionesse che hanno fatto scuola e storia. Olga Korbut, Nadia Comaneci, le bulgare nella ritmica, dal gruppo di Raeva-RalenkovaIgnatova fino a Panova e Petrova, e quindi le russe con in testa Alina Kabaeva, un’atleta cha ha saputo raccogliere più di quanto meritasse vincendo tutto, ma per questo non “amata” da tutte le fan della disciplina. Un po’ come sta accadendo per Eugenia, capace di conquistare due ori olimpici, 17 iridati e 13 europei. Eppure, per la 22enne di Omsk, non ci sono stati solo consensi nella sua brillante e gloriosa carriera: molte, infatti, le preferiscono le due Darie, Kondakova e, soprattutto, Dmitrieva (sarà lei la nuova regina della ritmica internazionale?). Non c’è dubbio, comunque, che il periodo che va dal 2007, ma soprattutto dal 2009, fino ai Giochi di Londra, passerà alla storia come l’”Era Kanaeva”. (Johnson, Liukin, Memmel, Peszek, Sacramone, Sloan) Nell’artistica, invece, si potrà parlare di un’Era Statunitense, segnata da tante vittorie delle ginnaste a stelle e strisce. Dal 2007 (quindi dopo l’exploit di Vanessa Ferrari, accompagnato dal successo delle cinesi nella gara di squadra, ad Aarhus) in poi, su sei gare, due Olimpiadi (Pechino e Londra) e quattro Mondiali (Stoccarda, Londra, Rotterdam e Tokio), sono ben cinque le americane salite sul primo gradino del podio individuale: Johnson, Liukin, Sloan, Wieber e Douglas, con l’eccezione della russa Mustafina a Rotterdam. Nella gare per Nazioni, invece, il bottino statunitense è del 60% con 3 vittorie su cinque gare: a Stoccarda nel 2007, a Tokio nel 2011 e pochi mesi fa a Londra. Quando non hanno vinto le “US girls” sono sempre arrivate seconde. Una supremazia che sembra destinata a continuare. Luciano Montanari Eugenia Kabaeva 12 Ginnastica 13 L ’evoluzione della metodologia dell’allenamento ha portato gli atleti a regimi di allenamento molto intensi e a tempi di competizioni molto vicino tra loro, con poche pause per il recupero. Questo ha causato un aumento delle lesioni da sovraccarico quali tendiniti, borsiti e fratture da stress. L’atleta infortunato è costretto ad interrompere gli allenamenti e le competizioni per un periodo più o meno lungo a seconda della gravità della lesione. La fisiologia ci dice che l’interruzione dell’allenamento di tre settimane, e quindi l’inattività, in atleti evoluti porta alla diminuzione del VO2 max (volume di ossigeno massimo) del 14% – 16%, nonché alla perdita del trofismo muscolare. Gli atleti non possono abbassare il loro livello di allenamento e per questo sono stati studiati metodi per cui l’atleta, anche se infortunato, sia in grado di allenarsi. Una di queste soluzioni è l’acqua: in questo ambiente, infatti, l’atleta è in grado sia di effettuare la riabilitazione, sia di allenarsi, mantenendo o incrementando la forza e la resistenza muscolare. Questo è permesso grazie alle caratteristiche dell’acqua che consente movimenti che non possono essere effettuati nella riabilitazione a secco. Principi dell’acqua e caratteristiche della vasca idroterapica Il principio che caratterizza l’acqua è il principio di 14 Archimede che enuncia «un corpo immerso in un liquido riceve una spinta dal basso verso l’alto pari al peso del liquido spostato». La caratteristica principale dell’acqua è appunto la riduzione della forza di gravità e la presenza del galleggiamento che viene utilizzato nei programmi di idrokinesiterapia per permettere all’atleta la percezione della posizione corporea corretta. Possono essere effettuate esercitazioni di resistenza, attraverso l’esecuzione di movimenti svolti a diversa velocità, in quanto, a seconda della velocità del movimento stesso, il corpo incontrerà diverse resistenze (drag) che agiscono su di esso. Analizziamole singolarmente: Forza di coesione: è quella forza molto debole che è diretta parallelamente alla superficie dell’acqua. Forza frontale: è la forza diretta frontalmente rispetto al corpo in movimento. Quando un corpo si muove nell’acqua, questa forza determina un aumento della pressione davanti al corpo, formando una zona ad alta pressione ed un abbassamento della pressione nella parte posteriore del corpo stesso, formando una zona a bassa pressione. Questo causerà dei vortici nella zona posteriore del corpo dati dallo spostamento dell’acqua da una zona da alta ad una a bassa pressione, che porterà alla formazione di mulinelli che genereranno una forza frenante. Forza frenante: insieme a quella frontale sono le due forze più importanti nella riabilitazione in acqua. Queste possono essere modificate variando la forma del corpo e la velocità del movimento. Una minore superficie di impatto determina una riduzione della forza frontale e una riduzione della differenza di pressione tra la parte anteriore e la parte posteriore del corpo. Nella riabilitazione di un atleta indebolito dal punto di vista muscolare è necessario ridurre la velocità di esecuzione dei movimenti in modo da ridurre la resistenza al movimento e quindi ridurre le turbolenze. In un flusso turbolento alla resistenza il movimento è direttamente proporzionale al quadrato della velocità. Questo permette di aumentare progressivamente la resistenza con il progredire del recupero. Un altro principio che caratterizza l’acqua è la legge di Pascal: «un fluido esercita una pressione uguale su tutte le superfici di un corpo immerso a riposo e a qualsiasi profondità». Dato che la pressione idrostatica aumenta con l’aumentare della profondità, la presenza di edemi o gonfiori in genere sarà ridotta se gli esercizi sono eseguiti al di sotto della superficie dell’acqua. La vasca di riabilitazione, a differenza delle piscine di nuoto, è più piccola e ha una profondità variabile. Le vasche di riabilitazione in acqua hanno un’altezza che va da 0,80 m – 1,00 m ad un’altezza di 1,40 m- 1,60 m. In base all’altezza dell’acqua e quindi in base all’immersione del corpo nell’acqua, avremo una diminuzione del peso corporeo. Infatti, se immergiamo il corpo fino alle spalle avremo un “peso acquatico” pari al 7% rispetto a quello terrestre, mentre se lo immergiamo fino all’altezza delle spalle avremo un peso acquatico pari al 20% rispetto al peso terrestre. Questa differenza di peso rispetto a quello terrestre ci permette di lavorare precocemente su gran parte delle patologie. La differenza di profondità permetterà al terapista di poter lavorare con un minore o maggiore carico. La temperatura dell’acqua è essenziale per la rieducazione, ed è compresa tra i 32°C ai 34°C; questo provoca un abbassamento della frequenza cardiaca dovuto ad una maggiore distensibilità delle pareti, ma soprattutto un rilassamento muscolare e psicofisico essenziale per la riuscita di una buona seduta di terapia. Strumenti didattici In acqua è quindi possibile effettuare la maggior parte dei movimenti che possiamo fare sulla terra 15 ferma, e di conseguenza possiamo utilizzare degli attrezzi che ci aiuteranno nel recupero dell’atleta infortunato. Durante la seduta di idrokinesiterapia oltre ad esercizi a carico naturale, andremo ad utilizzare vari attrezzi, alcuni specifici per la riabilitazione ( bacchette di legno, palline ecc.), altri specifici di vari sport (tavolette, tubi galleggianti, manubri galleggianti ecc.) che ci aiuteranno soprattutto nella fase del potenziamento. L’avanzare della tecnologia ha permesso di sviluppare dei particolari attrezzi specifici per l’utilizzo nell’acqua che verranno descritti qui di seguito. mentata da una mascherina posta anteriormente all’impugnatura della mano e una posta anteriormente al piano del piede. Acqua skate È l’attrezzo che simula il movimento pendolare dello schettinatore sul ghiaccio ad alta velocità. Una mascherina è fissata alla parete laterale di ciascun scarponcino, aumentando la resistenza al movimento laterale dell’arto inferiore. Il paziente mentre si regge sul corrimano esercita i muscoli abduttori dell’arto inferiore in azione e i muscoli adduttori dell’arto che lo segue. Tapis roulant acquatico. È un tappeto rotante a funzionamento meccanico. Il paziente cammina su un nastro continuo di gomma che si muove su speciali rulli. Il movimento del nastro è regolabile in modo da aumentare la resistenza. Nella fase di slancio, la resistenza è uguale a quando si cammina normalmente in piscina. La grande differenza si percepisce nella fase di sollevamento sul calcagno. Infatti, in seguito al sollevamento sul calcagno, vi è un movimento in avanti del corpo accoppiato con un movimento all’indietro dell’arto inferiore che muove il nastro del tappeto rotante, a differenza della deambulazione in piscina che sposta il corpo in avanti su un arto inferiore fisso che genera resistenza. Acqua track È un attrezzo che simula le attività alternanti degli arti superiori ed inferiori che si verificano nello sci di fondo. La resistenza per il movimento anteriore e posteriore degli arti superiori e inferiori è au16 Parallele in acqua E’ simile alle parallele libere ma in acqua. Il soggetto regge il suo peso sui suoi avambracci che sono appoggiati sulla porzione piana delle barre parallele. Il soggetto tiene tutte e due le ginocchia Fasi della rieducazione in acqua Possiamo dividere la rieducazione in acqua in diverse fasi. Queste hanno una durata che varia a secondo del soggetto e del tipo di lesione. estese partendo da una posizione prona sull’attrezzo e flette le sue anche in avanti, ruotando il dorso sino a una posizione quasi supina. La torsione in avanti rafforza la muscolatura addominale e i flessori delle anche. Ritornando nella posizione di partenza sono interessati i muscoli estensori del tronco e delle anche. Ogni protocollo della rieducazione è soggettivo, cioè ogni soggetto possiede il proprio, studiato sulla base della lesione specifica; il protocollo verrà eventualmente modificato in base ai miglioramenti del soggetto stesso. Le fasi in acqua sono: Fase 1: ambientamento all’acqua e mobilizzazione sotto la soglia del dolore; Fase 2: recupero dell’articolarità della spalla, prima fase di rinforzo muscolare e lavoro propriocettivo; Fase 3: rinforzo muscolare, lavoro propriocettivo, lavoro sport specifico. La parte più importante in un protocollo riabilitativo, soprattutto se riguarda uno sportivo, è il miglioramento dell’escursione articolare ai livelli precedenti all’infortunio. Infatti, un atleta con limitata escursione articolare avrà dei deficit a livello prestazionale. Simone Cotini Ciclette in acqua La ciclette subacqua per le braccia è un attrezzo adatto a rafforzare la muscolatura degli arti superiori. Il soggetto gira il meccanismo con delle pale subacquee ai suoi lati che generano resistenza. 17