VIVERE, AMMALARSI E CURARSI A ROMA IN ETÀ IMPERIALE
VIVERE, AMMALARSI E CURARSI A ROMA IN ETÀ IMPERIALE
a cura di
P. Catalano, G. Fornaciari, V. Gazzaniga, A. Piccioli, O. Rickards
VIVERE, AMMALARSI E CURARSI A ROMA IN ETÀ IMPERIALE
SOPRINTENDENZA
SPECIALE
PER I BENI ARCHEOLOGICI
DI ROMA
UNITÀ E MUSEO
DI STORIA DELLA MEDICINA,
DIPARTIMENTO DI MEDICINA
MOLECOLARE
DIPARTIMENTO
DI BIOLOGIA
SIOT
SOCIETÀ ITALIANA
DI ORTOPEDIA
E TRAUMATOLOGIA
DIVISIONE DI PALEOPATOLOGIA,
DIPARTIMENTO DI RICERCA
TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE
TECNOLOGIE IN MEDICINA
Servizio di Antropologia:
Valentina Gazzaniga (V.G.)
Silvia Marinozzi (S.M.)
Carla Serarcangeli (C.S.)
Flavio De Angelis (F.D.G.)
Olga Rickards (O.R.).
Andrea Piccioli (A.P.)
M. Silvia Spinelli (M.S.S.)
Gino Fornaciari (G.F.)
Simona Minozzi (S.M.).
Paola Catalano (P.C.)
Giordana Amicucci (G.A.)
Andrea Battistini (A.B.)
Valentina Benassi (V.B.)
Carla Caldarini (C.C.)
Stefania
Di Giannantonio (S.D.G.)
Romina Mosticone (R.M.)
Alessia Nava (A.N.)
Walter Pantano (W.P.)
Lisa Pescucci (L.P.)
Flavia Porreca (F.P.)
Gianna Tartaglia (G.T.)
Federica Zavaroni (F.Z.)
Si ringrazia:
Collaborazione all’allestimento:
Fotografie:
Fabrizio Corsi, Rita Paris,
Antonella rotondi, Angela Rosa Veneziano
Mario Letizia
e Servizio di Antropologia
© 2013 Finito di stampare nel mese di ottobre 2013 presso il CSU Centro Stampa Università di Sapienza Università di Roma, Piazzale Aldo Moro 5, 00185 Roma.
La traduzione, l’adattamento totale o parziale, la riproduzione con qualsiasi mezzo (compresi microfilm, film, fotocopie), nonché la memorizzazione elettronica, sono riservati per tutti i
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of unintentional omissions or incorrect quotes of sources and/of photos.
In copertina: art by CSU Centro Stampa Università, fotografie di Mario Letizia.
Indice
Introduzione ................................................................................................................................................................................ 5
Paleodemografia ........................................................................................................................................................................ 8
Osteometria .................................................................................................................................................................................. 10
Indicatori di condizioni di vita ............................................................................................................................. 11
Analisi degli isotopi ............................................................................................................................................................. 13
Indicatori di stress occupazionali ...................................................................................................................... 14
Paleopatologia ........................................................................................................................................................................... 15
Lesioni traumatiche ............................................................................................................................................................... 16
Fratture: trattamento ortopedico oggi .................................................................................................................. 16
Patologie articolari .............................................................................................................................................................. 17
Artrosi: trattamento ortopedico oggi ..................................................................................................................... 17
Malattie infettive .................................................................................................................................................................... 18
Malattie metaboliche ............................................................................................................................................................ 19
Malattie tumorali ................................................................................................................................................................... 20
Malattie congenite ................................................................................................................................................................. 20
Storia della medicina e patologie dell’osso ............................................................................................... 21
Rituale funerario della cremazione ................................................................................................................... 23
Introduzione
G
li studi bioarcheologici e i documenti storici sono
fondamentali per la ricostruzione dello stile di
vita e delle condizioni di salute delle popolazioni antiche e rappresentano anche un valido strumento per
comprendere le interazioni uomo-ambiente nel corso
del tempo. Partecipando all’attività di tutela territoriale condotta dalla Soprintendenza Speciale per i Beni
Archeologici di Roma, il Servizio di Antropologia ha
registrato e conservato negli anni un’enorme quantità
di dati, tutti potenzialmente utilizzabili per ricostruire
la storia biologica della società romana, in particolare di età imperiale. Negli ultimi decenni, nuove metodologie di scavo applicate ai resti scheletrici umani
hanno consentito di raccogliere notevoli informazioni
sui sepolcreti romani; inoltre, tramite approfondite indagini di laboratorio si sta arrivando a comprendere
il complesso panorama biologico rappresentato dalla
popolazione di Roma antica, alla luce dei processi biodemografici e sociali che la riguardarono. Attraverso
l’analisi delle fonti storiche, condotta dall’Unità di Storia della Medicina e Bioetica del Dipartimento di Medicina Molecolare di “Sapienza” Università di Roma, si
sta tentando di giungere alla comprensione dei fenomeni relativi al manifestarsi delle malattie, agli eventi
sociali ed economici che interessarono la popolazione
della più grande città del Mondo Antico. Tramite un approccio filologico e storico si stanno integrando i dati
forniti dall’analisi paleopatologica (realizzata in collaborazione con la Divisione di Paleopatologia, Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina dell’Università di Pisa e con la Società
Italiana di Ortopedia e Traumatologia) con quelli delle
fonti storico-mediche e letterarie sui tempi e sulle modalità di diffusione, sul decorso delle singole patologie
e sull’evoluzione dei rispettivi trattamenti terapeutici.
A tale proposito, è estremamente interessante e innovativo il confronto tra le antiche terapie e quelle applicate oggi, secondo le tecniche più moderne e innovative (tale aspetto è stato curato dalla Società Italiana
di Ortopedia e Traumatologia). Infine, nuovi dati sono
forniti dallo studio biomolecolare (in corso di realizzazione presso il Dipartimento di Biologia dell’Università
degli Studi di Roma Tor Vergata) del rapporto degli
isotopi stabili del carbonio e dell’azoto contenuti nel
collagene presente nelle ossa, che permette di acquisire informazioni sul tipo di alimentazione, con particolare riferimento alla stima della frazione dei prodotti di
origine terrestre rispetto a quelli di origine marina, e la
valutazione della quantità relativa di proteine vegetali
rispetto a quelle animali.
5
SCRITTO NELLE OSSA. VIVERE, AMMALARSI E CURARSI A ROMA IN ETÀ IMPERIALE
Attraverso un’analisi necessariamente interdisciplinare,
si stabilisce una relazione tra condizioni di vita, malattie
e terapie specifiche delle comunità a cui si riferiscono i
campioni antropologici provenienti da sei sepolcreti di
epoca imperiale, dislocati in diverse zone del territorio
del Comune di Roma, portati alla luce durante i lavori
di archeologia preventiva condotti dalla Soprintendenza
Speciale per i Beni Archeologici di Roma (Fig. 1). I siti
sono stati selezionati in base non solo alla consistenza numerica, ma anche alle peculiarità dei contesti, che
hanno consentito di formulare ipotesi attendibili sulle
diverse economie di sussistenza delle popolazioni di riferimento. In particolare: all’estrema periferia orientale,
lungo la Via Prenestina Polense, è di notevole interesse
quanto riscontrato nel sito di Quarto Cappello del Prete
(Fig. 2), situato non lontano dall’antica città di Gabii.
Procedendo verso il centro urbano, si trovano la grande
necropoli Collatina (Fig. 3) (che si estende tra Via della
Serenissima e Via Basiliano, presso l’antico tracciato della Via Collatina) e, a circa Km 1,5 da Porta Maggiore, il
complesso funerario indagato nel quartiere di Casal Bertone (Fig. 4), tra le vie Tiburtina e Prenestina, adiacente
ad una struttura produttiva pertinente ad una fullonica.
Lungo la Via Tuscolana, nelle immediate vicinanze della Villa dei Settebassi, è situato l’insieme funerario di
Osteria del Curato (Fig. 5). A Sud si trova il sepolcreto
di Via Padre Semeria (Fig. 6), una traversa di Via Cristoforo Colombo, in prossimità del tratto meridionale delle
2
Quarto Cappello
del Prete
Collatina
Casal Bertone
Padre Semeria
Castel Malnome
Osteria del Curato
Mare
Ti
rr
en
o
1
6
3
INTRODUZIONE
Mura Aureliane. Infine, a Sud-Ovest, poco distante da
Ostia Antica (Zona Ponte Galeria), su un’area collinare
sabbiosa è stata portata alla luce la necropoli di Castel
Malnome.
Si ringrazia affettuosamente:
il Soprintendente Mariarosaria Barbera ed i funzionari
archeologi Anna Buccellato, Laura Cianfriglia, Roberto
Egidi, Stefano Musco e Rita Paris (responsabili degli scavi)
per aver reso possibile la ricerca.
(P.C.)
4
1. Mappa del dislocamento di sei sepolcreti di epoca imperiale
nella città di Roma
2. Sito di Quarto Cappello del Prete
3. Necropoli Collatina
4. Necropoli di Casal Bertone
5. Insieme funerario di Osteria del Curato
6. Sepolcreto di Via Padre Semeria
5
6
7
Paleodemografia
I
l sesso e l’età sono parametri biologici di primaria
importanza, sia per l’interpretazione dei profili individuali che per la loro collocazione nella struttura sociale. Il rilevamento di questo tipo di dati è perciò alla base
di ogni studio di paleoantropologia e paleodemografia.
In questo lavoro sono state analizzate sei aree sepolcrali
topograficamente dislocate in tutto il suburbio romano,
per un totale di 1361 individui. Il campione si riferisce
a sepolture ad inumazione, in uno stato di conservazione consono alla determinazione del sesso ed alla stima
dell’età alla morte secondo metodologie internazionalmente riconosciute, atte a diminuire, quanto più possibile, errori di valutazione.
Dai risultati ottenuti per la stima dell’età alla morte,
appare palese l’estrema eterogeneità riscontrata nelle
necropoli analizzate: tale osservazione evidenzia quindi
come le realtà riscontrabili nel Suburbio potessero essere
notevolmente difformi tra loro (Fig. 1).
Infatti, anche escludendo le necropoli pertinenti a popolazioni di riferimento estremamente specializzate, come
possono esser considerate Castel Malnome (CM), Casal
Bertone (CB) e Quarto Cappello del Prete (QCP), anche
gli altri sepolcreti presentano distribuzioni di mortalità
peculiari. Tuttavia, nonostante le difformità riscontrate,
8
si osserva un andamento medio, ponderato sulle numerosità campionarie, molto simile a quello teorizzato per
popolazioni antiche, con una discreta quota di individui
deceduti nell’intervallo 0-6 anni. Inoltre, in quasi tutte
le necropoli analizzate, la frequenza media dei decessi
decrementa nella classe 7-12 anni, per poi incrementare
fino alla generale classe modale dei 30-49 anni, soglia
oltre la quale difficilmente la popolazione riusciva a sopravvivere (Fig. 2).
L’aspettativa di vita alla nascita (ex ) in tutti i sepolcreti
si attesta intorno ai 27 anni. Fanno eccezione le necropoli di Casal Bertone area Q (CBQ) e Quarto Cappello
del Prete, caratterizzate dall’estrema frequenza di decessi infantili (ex = 14 anni) e Castel Malnome (ex = 36
anni), dove appare non naturale l’estrema frequenza di
individui deceduti tra i 30 ed i 49 anni.
La sex ratio (rapporto tra il numero degli individui maschili e quelli femminili) nella maggioranza dei sepolcreti
appare in linea con le stime moderne, con un valore medio pari a 1,13; diversamente da Castel Malnome e Casal
Bertone, dove il numero dei soggetti maschili (probabilmente impegnati nel duro lavoro delle saline e della conceria) prevale nettamente su quello delle donne (Fig. 3).
(A.B., F.D.A., W.P.)
PALEODEMOGRAFIA
1
2
Distribuzione dell’età alla morte nelle necropoli analizzate
4a
4b
4c
4d
Distribuzione delle classi d’età alla morte nella totalità del campione considerato
4.a) Cranio femminile
b) Cranio maschile
c) Osso coxale femminile
d) Osso coxale maschile
3
Rapporto tra individui maschili e femminili
5a
5b
5c
5d
5.a) Suture ectocraniche di un individuo giovane-adulto
b) Suture ectocraniche di un individuo adulto-maturo
c) Arcata mascellare di un individuo giovane-adulto
d) Arcata mascellare di un individuo adulto-maturo
9
Osteometria
L’
osteometria è un utile strumento per approfondire la
conoscenza delle popolazioni antiche. Misurando gli
elementi scheletrici, si può determinare la costituzione fisica di un individuo e del campione di cui fa parte e si può
evidenziare anche l’azione di fattori dinamici ed ambientali sul fenotipo (insieme di tutte le caratteristiche osservabili di un organismo vivente). Tali informazioni possono
essere tratte dal rilevamento di alcune grandezze e dal calcolo della statura, degli indici del cranio, del post-cranio,
di lateralizzazione e di dimorfismo sessuale. Nel campione
analizzato, gli indici cefalici evidenziano che nei maschi si
ha una preponderanza di crani di forma allungata, mentre nelle femmine prevalgono le forme intermedie.
2
Gli indici del post-cranio indicano che gli uomini sono
moderatamente più robusti delle donne con una lateralizzazione non significativa in entrambi i sessi.
Infine la statura rientra nei
valori dell’epoca presenti
in letteratura, con i maschi
alti mediamente 167 cm e le
femmine 156 cm.
(G.A., S.D.G., A.N., G.T.)
1
10
3
1. Misurazione del cranio
2. Statura media maschile
e femminile
3. Misurazione delle ossa lunghe
Indicatori di condizioni di vita
N
el corso della vita lo scheletro si sviluppa e cresce
attraverso un continuo processo di distruzione
e ricostruzione. Traumi, malattie, alimentazione, lavoro
svolto e fattori ambientali modellano un individuo, lasciando sullo scheletro delle tracce che possono essere
riconosciute e studiate (Fig. 1).
Fondamentali nella ricostruzione dello stato di salute sono
gli indicatori di stress aspecifici e le patologie dentarie.
1
In antropologia, con il termine stress ci si riferisce ad
uno squilibrio fisiologico, intervenuto come reazione ad
un’ampia varietà di fattori, che possono includere: malnutrizione, infezioni aspecifiche e malattie di varia origine.
I più comuni indicatori di stress sono: l’iperostosi porotica, l’ipoplasia dello smalto dentario e le linee di Harris.
L’iperostosi porotica è caratterizzata da una serie di piccoli fori osservabili sul cranio (cribra cranii, Fig. 2a) e/o
all’interno delle orbite (cribra orbitalia, Fig. 2b), generalmente legati a condizioni di anemia. Mediamente,
nelle necropoli analizzate,
Cribra cranii
la frequenza individuale si
2a
attesta intorno al 50%.
L’ipoplasia è un difetto nello sviluppo dei denti che
comporta la formazione di
linee visibili sullo smalto
Cribra orbitalia
2b
(Fig. 2c). Può essere dovuta
a carenze nutrizionali e/o
malattie infantili. Il fenomeno è estremamente diffuso,
con frequenze che oscillaIpoplasia smalto dentario
2c
no tra il 70% ed il 100%.
11
SCRITTO NELLE OSSA. VIVERE, AMMALARSI E CURARSI A ROMA IN ETÀ IMPERIALE
Le linee di Harris appaiono
sulle radiografie come strie
orizzontali, la formazione
delle quali può essere dovuta a malnutrizione, carenza
di vitamine, malattie infettive e traumi subiti nel periodo della crescita (Fig. 3).
Nelle necropoli romane tale
indicatore mostra una notevole variabilità.
Lo studio delle patologie
3
orali, come: la carie (Fig. 4a),
la perdita dei denti in vita
(Fig. 4b) e gli ascessi (Fig. 4c) fornisce importanti indicazioni sullo stato di salute e sulle abitudini alimentari delle popolazioni del passato.
Generalmente, nei campioni esaminati, le frequenze
individuali della carie sono
comprese tra il 50% e il
70%; quelle della perdita
4a
dei denti in vita tra il 40%
e il 60%; quelle degli ascessi tra il 25% ed il 40%.
Il ritrovamento di una protesi dentaria nella necropoli Collatina indica che i Romani ricorrevano al “den­
tista”, come testimoniano anche le fonti storiche da
Ovidio a Celso. Quest’ultimo (nel De Medicina, libro
IX) per esempio, ci indica gli ingredienti adoperati per
preparare il dentifricium: “ossa tritate, gusci d’uova e
conchiglie marine”, tutto questo bruciato e talvolta
mescolato con miele, veniva ridotto in polvere finissima. Anche le dentiere erano ben note: Marziale nelle
sue satire scrive di materiali adoperati per i denti artificiali (“Maxima ha tre denti, tutti di legno e neri come
la pece”). Gli antichi Romani, soprattutto rappresentanti del gentil sesso, oltre che curare le malattie dei
denti, si affidavano a degli “specialisti” per ottenere
un sorriso smagliante.
5a
4b
4c
12
3.Linee di Harris nella tibia
4.a) Carie dentaria;
b) Perdita dei denti in vita;
c) Ascesso
5.a-b) Protesi dentaria in oro
di un individuo cremato
5b
Analisi degli isotopi
o studio dei reperti antropologici è stato affrontato,
soprattutto negli ultimi anni, tramite un approccio
metodologico che unisce l’utilizzo di analisi classiche a
indagini che fanno uso di sofisticate tecniche di laboratorio. Una di queste indagini di tipo chimico-fisico è
applicabile alla ricostruzione dell’alimentazione delle popolazioni antiche. Le metodologie utilizzabili sono diverse, ma tutte tentano di identificare gli elementi chimici
che indicano una specifica fonte alimentare. La metodica
maggiormente utilizzata è l’analisi di due elementi, il carbonio e l’azoto, contenuti nella frazione organica dell’osso. Studiando il rapporto tra forme alternative di questi
elementi, gli isotopi, è possibile ricavare utili informazioni non solo riguardo al tipo di alimentazione seguita (vegetariana, mista o con ingente consumo di carne), ma
anche riguardo all’organizzazione sociale ed economica
delle popolazioni di riferimento. Il carbonio, attraverso
il 13C (δ13C), è particolarmente adatto per determinare il
consumo di vegetali e anche per distinguere tra un’alimentazione con cibo di provenienza terrestre da quella
con cibo di provenienza marina. Viceversa, l’azoto (δ15N)
è utilizzato per distinguere i diversi livelli trofici lungo la
catena alimentare. Attraverso i valori di carbonio e azoto
è quindi possibile stimare la paleo dieta annotando i valori in specifici grafici di dispersione (Fig. 1).
Ricostruzione della dieta tramite isotopi stabili
di carbonio ed azoto
18
16
PESCI
ACQUA DOLCE
14
PESCI MARINI
12
10
CARNIVORI
MOLLUSCHI
MARINI
ONNIVORI
8
δ15 Ν (‰)
L
6
ERBIVORI
4
FRUGIVORI
2
0
-25
-23
-21
-19
-17
-15
-13
-11
δ13 C (‰)
-9
-7
-5
-3
-1
Lo studio, tuttora in corso di svolgimento, si prefigge
l’obiettivo di analizzare un significativo campione della popolazione di Roma in epoca imperiale, al fine di
determinare le differenze nell’utilizzo delle risorse alimentari da parte delle popolazioni di riferimento delle
necropoli recentemente scavate nel Suburbio.
(F.D.A., O.R.)
13
Indicatori di stress occupazionali
I
marcatori di stress lasciano sulle ossa segni registrabili e sono risposte a sollecitazioni meccaniche.
I continui microtraumi cui sono sottoposti muscoli ed
articolazioni, durante lo svolgimento di azioni quotidiane, producono rimodellamenti ossei nelle aree di inserzione (entesi); i dati relativi a queste alterazioni possono
contribuire all’identificazione di modelli di carico e divisione del lavoro su base sessuale o sociale.
A Castel Malnome (Fig. 1) l’incidenza di lesioni entesopatiche e traumi, ha suggerito l’impiego della comunità
1
14
di riferimento come manodopera nelle saline portate
alla luce in un sito adiacente alla necropoli.
Il sepolcreto di Casal Bertone area Q (Fig. 2) è situato
a ridosso di un’enorme installazione a carattere produttivo, interpretata come fullonica. Anche per questi
individui, l’incidenza di lesioni entesopatiche e traumi,
permette di ipotizzare una relazione dell’insieme funerario con la corporazione dei fullones.
(V.B., C.C., F.Z.)
2
Paleopatologia
L
a paleopatologia è la scienza che studia le malattie
di un passato più o meno remoto attraverso l’esame
diretto dei resti umani antichi, scheletrici o mummificati.
Solo in questi ultimi anni essa ha assunto la configurazione di disciplina autonoma, basata sui metodi dell’anatomia patologica ma con notevoli apporti da antropologia
e archeologia. La paleopatologia si avvale anche di fonti
storiche, come ausilio all’interpretazione dei quadri patologici, rilevati sempre direttamente su materiale biologico.
Lo studio della paleopatologia riveste un duplice interes­
se: antropologico e medico. Antropologico, perché essendo la patologia di qualsiasi società umana espressione
dell’interazione fra ambiente naturale e ambiente culturale in cui la società si trova immersa, può offrire importanti elementi per la comprensione della società stessa.
Medico in quanto la sicura determinazione paleopatologica dell’epoca di insorgenza e delle modalità di evoluzione di alcune importanti malattie, come la tubercolosi, l’arteriosclerosi o il cancro, non può che suscitare
un elevato interesse nel campo della medicina. Attualmente, i metodi di studio della paleopatologia riflettono quelli dell’anatomia patologica più moderna e comprendono esame macroscopico, istologia, istochimica,
immunoistochimica, microscopia elettronica e biologia
molecolare.
Le modalità di guarigione possono inoltre chiarire il grado di assistenza medica e di cooperazione sociale all’interno di una comunità. Le malattie identificabili nei resti
scheletrici sono numerose e rappresentano tutti i principali gruppi di affezioni.
15
SCRITTO NELLE OSSA. VIVERE, AMMALARSI E CURARSI A ROMA IN ETÀ IMPERIALE
Lesioni traumatiche
Le lesioni traumatiche, tra le alterazioni più facilmente
riscontrabili nel materiale osteoarcheologico, forniscono
indicazioni sull’ambiente, sulla tipologia e sull’intensità
del lavoro svolto. Particolarmente comuni nel passato
erano le complicanze cui poteva andare incontro una
frattura: l’eventuale inquinamento del focolaio da parte
di germi patogeni, la necrosi ossea, la guarigione con vizi
di allineamento, il ritardo o l’assenza di consolidazione.
3
1
2
4
16
1. Frattura diafisaria
di femore sx
guarita con grave
deviazione dell’asse
anatomico
2. Esiti di frattura
biossea
(radio e ulna sx)
con ossificazione
della membrana
interossea
3. Frattura della
metafisi distale
dell’omero dx
guarita con lieve
deviazione angolare
a seguito di
verosimili manovre
riduttive incruente
4. Esiti di traumi
ripetuti sulla volta
cranica
Il traumatismo può anche essere fonte d’informazione
sul livello di violenza in una popolazione o anche tra le
mura domestiche.
Fratture: trattamento ortopedico oggi
Per frattura si intende l’interruzione della continuità del
segmento osseo, con perdita della normale forma anatomica e, di conseguenza, di tutta la funzione dell’arto
sostenuto dall’osso stesso. Le fratture, se poste nelle
condizioni ottimali, guariscono da sole, a patto che
vengano assicurati i seguenti fattori: ripristino della anatomia quanto più corretto possibile, contiguità
dei monconi ossei della frattura, stabilità degli stessi.
Per mantenere la stabilità
e permettere una guarigione, nella storia dell’uomo
si sono tentati diversi meto5
di che avevano come obiet5.
Frattura
pertrocanterica
tivo quello di bloccare l’arfemorale dx che necessita
to “rotto”.
di intervento chirurgico
I fallimenti frequenti dei mezzi di stabilizzazione non
invasiva – chiamati conservativi – e lo sviluppo della
chirurgia, come la intendiamo oggi, hanno portato alla
produzione di mezzi di sintesi metallici, che permettono e assicurano il verificarsi delle migliori condizioni
perché la frattura guarisca, per cui una frattura viene
sintetizzata (cioè i frammenti messi insieme e tenuti
stabilmente) da un sistema composto da chiodi (Fig. 6)
PALEOPATOLOGIA
6
7
8
10
9
8.Spondiloartrosi del tratto
lombare con formazione
di ponti ossei tra le vertebre
9.Artrosi del condilo femorale con
eburneizzazione e formazione
di solchi verticali paralleli
10.Spondilite anchilosante con tipico
aspetto a “canna di bambù”
della colonna vertebrale
endomidollari (cioè posti all’interno dell’osso) bloccati
con delle viti, oppure con sistemi di placche appoggiati
sulla corticale e viti (Fig. 7).
Patologie articolari
L’osteoartrosi, tra le malattie degenerative più comunemente riscontrate nei resti scheletrici umani, è caratterizzata da un deterioramento delle cartilagini. Colpisce le
articolazioni degli arti e della colonna vertebrale, manifestandosi con pitting (porosità) e/o neoproduzioni ossee
(osteofiti). L’alterazione può essere prodotta da: fattori
biomeccanici, traumatismi, cause di natura sistemica (invecchiamento, ereditarietà, sesso, obesità) e/o locale (da
sovraccarico). Altre malattie articolari, come la spondilite
anchilosante, la DISH (iperostosi idiopatica scheletrica
diffusa) e l’artrite reumatoide, pur avendo manifestazioni simili alle artrosi, hanno però cause diverse.
Artrosi: trattamento ortopedico oggi
L’artrosi può portare a modificazioni patologiche, con
conseguenti quadri clinici caratterizzati da: dolore, rigidità, instabilità, con grave e progressiva compromissione della qualità della vita. L’artrosi è una malattia che
riguarda, nei reperti archeologici e non solo, soprattutto
le classi sociali costrette per lungo tempo a lavori pesanti e usuranti. Per questo motivo, la patologia artrosica si
riscontra maggiormente nelle grandi articolazioni sottoposte a carico, come l’anca e il ginocchio. Sebbene tale
17
SCRITTO NELLE OSSA. VIVERE, AMMALARSI E CURARSI A ROMA IN ETÀ IMPERIALE
(Fig. 12), e reclutando nuovi e sofisticati materiali biocompatibili e con maggiori garanzie di durata nel tempo. Grazie a questo sviluppo di tecnica e conoscenza
chirugiche, la qualità della vita di un soggetto anziano,
ma anche più giovane, si è potuta di molto elevare,
mantenendo una buona attività e non costringendo il
soggetto ad una progressiva immobilità, diversamente
da quanto riscontrato nei soggetti esposti, che mostrano gravissimi quadri di artrosi, fino alla completa fusione della articolazione. Tuttavia, per questi nostri “pazienti” la soluzione sarebbe stata ancora molto lontana.
11
PRIMA
DOPO
12
patologia sia stata sempre presente nella storia dell’uomo, la scienza medica è arrivata alla sua soluzione, che
è unicamente chirurgica, solo nel 1940, anno in cui è
stata eseguita per la prima volta la sostituzione completa di una articolazione dell’anca con una protesi metallica (Fig. 11). Da allora, l’evoluzione della sostituzione
protesica non si è più arrestata, coinvolgendo tutte le
altre principali articolazioni (ginocchio, caviglia, spalla)
18
Malattie infettive
Le malattie infettive, causate da batteri e/o virus, sono
considerate un indice utile alla ricostruzione delle condizioni generali di salute delle antiche comunità, dal
momento che una scarsa
igiene e carenze nutrizionali potevano indurre o
aggravare la possibilità di
infezione. Le malattie infettive che provocano la
morte raramente lasciano
tracce evidenti sullo scheletro: so­lamente i processi
infettivi cronici o subacuti
com­portano un coinvolgimento a livello osseo, con
risposte spesso aspecifiche (periostiti, osteiti ecc.).
13
Tra le forme specifiche, in
13.Periostite sulla diafisi
cui c’è corrispondenza tra
della fibula dx
PALEOPATOLOGIA
l’agente patogeno e la lesione, ci sono malattie di grande
interesse paleopatologico, come: la sifilide, la lebbra e
la tubercolosi.
Malattie metaboliche
Le malattie metaboliche sono legate a disturbi del
metabolismo di elementi indispensabili all’organismo,
come proteine e vitamine, ed in alcuni casi colpiscono
lo scheletro, come nel caso dello scorbuto, del rachitismo e della gotta (Fig. 14).
14
14.Alterazioni erosive del piede sx
di una donna affetta da gotta
19
SCRITTO NELLE OSSA. VIVERE, AMMALARSI E CURARSI A ROMA IN ETÀ IMPERIALE
Malattie tumorali
Malattie congenite
Il tessuto osseo può essere studiato anche dal punto di
vista oncologico, in quanto sede di neoplasie di vario tipo:
benigne o maligne, primitive o secondarie, rivelando talvolta con segni indiretti, di tipo erosivo o proliferativo,
l’esistenza di antiche neoplasie delle parti molli limitrofe.
Le malattie congenite sono anomalie di sviluppo o malformazioni che vengono trasmesse per via ereditaria, e
consistono in un anormale sviluppo dell’osso a causa di
alterazioni genetiche di vario tipo. Sono patologie piuttosto rare nel record archeologico, anche perché spesso
15
15.Osteosarcoma sulla diafisi della tibia sx
(vista frontale e posterione)
16.Relativa immagine radiografica
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17.Comparazione tra le ossa degli arti inferiori di un individuo normale e
uno affetto da nanismo
causano la morte in età infantile o prima dell’età riproduttiva. Nei campioni romani sono state più frequentemente osservate anomalie congenite di scarsa gravità,
come la fusione dell’ultima vertebra lombare al sacro (sacralizzazione), o la perforazione del corpo dello sterno e
la spina bifida occulta, ma non mancano casi rari come
gigantismo e nanismo acondroplasico.
(C.C., G.F., A.P., M.S.S., S.M., F.Z.)
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Storia della Medicina e le patologie dell’osso
L
a storia della medicina, attraverso lo studio delle
fonti scritte, mediche e letterarie, riesce a fornire uno
strumento di supporto all’antropologia fisica e alla paleo­
patologia, attraverso la descrizione di alcune patologie
dell’osso e del loro trattamento nel mondo greco e romano. In particolare, sia gli scritti della Collezione ippocratica,
che le opere di Celso e di Galeno offrono un’ampia riflessione sul trattamento di fratture, dislocazioni, lussazioni
e di alcune patologie ossee per cui è oggi ipotizzabile una
causa metabolica, oncologica o infettiva. La tradizione
medica antica offre, nel trattamento delle patologie a carico dell’osso, una sostanziale fedeltà ai dettami ippocratici.
Nella riduzione delle fratture, si eseguono manipolazioni
di torsione e stiramento e, se necessario, il medico è in
grado di eseguire piccoli interventi chirurgici di ricollo­
cazione delle ossa con leve ortopediche. Nelle fratture
scomposte, sin dal tempo di Ippocrate, si praticano trapanazioni dell’osso per eliminare le schegge: lo strumento utilizzato, il modiolo o trapano, è composto da due
bastoni, un filo e una serie di punte metalliche rimovibili.
Nel caso di lesioni a braccia e gambe, per prima cosa si stira
l’arto per riposizionare muscoli, nervi e tendini e ricollocare
l’osso nella posizione fisiologica, con manipolazioni che
si protraggono fino a tre giorni dopo l’incidente. Il bendaggio si effettua con sei bende di lino, di lunghezza diversa
in modo che l’ultima ricopra le altre, e alternando le direzioni di avvolgimento. Ogni tre giorni, seguono medicazioni con cataplasma e lavaggi con vino, olio rosato o aceto.
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1. Museo di Storia della Medicina, Sapienza – Università di Roma: Trapano.
Il modiolo è uno strumento di ferro di forma cilindrica con estremità
cava e bordi dentellati, fornito al suo centro di un perno a sua volta
contornato da un cerchio interno. Esercitando una certa pressione e
ruotandolo ha la funzione di trapanare l’osso. (C.S.)
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2. E. Littré, Oeuvres d’Hippocrate. Vol. IV, De fracturis. ill. da Vidus Vidius.
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SCRITTO NELLE OSSA. VIVERE, AMMALARSI E CURARSI A ROMA IN ETÀ IMPERIALE
Particolarmente interessanti sono gli apparati descritti
da Ippocrate, Celso e Galeno per la riduzione delle ossa
lussate e fratturate, come il letto ortopedico, il tavolo di
riduzione per le lussazioni del ginocchio e del femore e la
scala a pioli per la riduzione della lussazione della spalla.
In generale, i dolori articolari cui possono essere riferibili artriti o forme di artrosi, vengono spiegati come indici di debolezza o indotta da altre malattie acute o dall’età avanzata
o da stili di vita non idonei: la medicina umorale presuppone che tutte le malattie siano causate da un accumulo o
da una carenza di umori e qualità in una parte del corpo.
Anche le patologie ossee sono, dunque, conseguenza di
un accumulo di materia corrotta o fredda. Le terapie sono
basate su impacchi emollienti, medicamenti topici e analgesici, diete, riposo, farmaci evacuanti e salassi ripetuti.
È più difficile fare un discorso sulla malattia oncologica:
infatti, nelle fonti antiche, i termini karkinos e cancer non
corrispondono sempre a veri quadri carcinomatosi. Essi
indicano una malattia che, come un granchio o uno scorpione, ha la tendenza ad ancorarsi alla carne con le sue
chele e a spostarsi all’interno del corpo, trasferendo la
malattia in zone molto lontane da quella dove compare
la prima volta (metastasis, dal verbo metaiemi, spostarsi).
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3. Museo di Storia della Medicina – Sapienza, Università di Roma: Bisturi.
I bisturi, con il manico in bronzo a forma di spatola e lama in ferro,
trovavano numerosi impieghi in base alle dimensioni, all’affilatura ed
alla lunghezza dei taglienti. Erano usati, ad esempio, per separare i
muscoli dai tendini, per tagliare le cartilagini, o, con l’aiuto del martello,
per resecare o radere le ossa. Gli scalpelli più grandi venivano utilizzati
per l’amputazione delle ossa. (C.S.)
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Esse indicano, spesso, solo ulcere purulente e dai bordi
irregolari, particolarmente resistenti alla terapia; spesso,
però, nel termine è implicito un significato prognostico
molto negativo, per cui il medico si astiene dall’intervento
che rischia solo di peggiorare la situazione clinica.
Nel caso di tumefazioni evidenti o di formazioni di masse,
i testi rimandano alla concezione ippocratica del corpo, in
cui umori corrotti, in particolare la bile nera, si solidificano
fino a diventare visibili all’esterno.
Ancora in età imperiale, a Roma, Celso descrive il carcinoma come una neoformazione anomala, dura al tatto
e insensibile; questa forma può affliggere anche le ossa,
che crescono sino a diventare grosse, ad annerirsi o a
cariarsi, sviluppando ulcere che possono progredire sino
a corroderlo. Si interviene asportando le carni marce con
appositi strumenti, cauterizzando o addirittura raschiando l’osso sino a far uscire il sangue. Gli strumenti utilizzati sono bisturi, cucchiai chirurgici, cauteri e raschiatoi.
Anche il trapano può essere utilizzato per praticare fori
intorno alla regione da asportare, in modo poi da utilizzare lo scalpello per portar via la parte malata.
(S.M., V.G.)
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4. Museo di Storia della Medicina, Sapienza – Università di Roma: Cucchiaio.
I cucchiai di varie forme e dimensioni avevano, tra i molteplici utilizzi,
anche quello di raccogliere le prime gocce di sangue al fine di valutarne
il colore e decidere se continuare o meno la sua fuoriuscita. (C.S.)
Rituale funerario della cremazione
P
er tutta l’età repubblicana e fino alla prima metà
del II sec. d.C., a Roma furono in uso contemporaneamente il rituale della cremazione e dell’inumazione.
Nella cremazione diretta (bustum) il corpo veniva com-
1
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busto nella stessa fossa in cui era prevista la sepoltura
(Fig. 1). Nella cremazione indiretta la combustione del corpo avveniva in un’area appositamente adibita a tale uso
(ustrinum) e successivamente le ossa combuste venivano
deposte in urne (Fig. 2) o direttamente in piccole fosse.
L’analisi dei numerosi dati di scavo in nostro possesso
evidenzia nel territorio romano una bassa percentuale di
sepolture a cremazione (Fig. 3). Esse sono più diffuse nei
siti a Nord (Tenuta Redicicoli, TR) e ad Est del Suburbio
(Casal Bertone, CB e Collatina, COL), mentre sono poco
rappresentate nelle aree a Sud e ad Ovest.
1. Bustum
2. Urna cineraria
3. Distribuzione delle inumazioni e delle cremazioni nelle necropoli romane
3
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SCRITTO NELLE OSSA. VIVERE, AMMALARSI E CURARSI A ROMA IN ETÀ IMPERIALE
Dall’analisi demografica si evidenzia che gli individui
cremati sono in prevalenza adulti di sesso femminile
(Figg. 4 e 5).
Per ogni individuo è stato poi calcolato il peso totale dei
resti e quello di ogni singolo distretto scheletrico. Questo
tipo di analisi consente di determinare se tutte le parti
del corpo sono rappresentate ed in quale proporzione.
I dati ottenuti dalla media totale dei pesi e dalla rappresentatività delle regioni anatomiche indicano, per i campioni analizzati, un basso grado di completezza degli individui, associato però ad una discreta rappresentatività
dei distretti scheletrici.
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Infine, sono state stimate le temperature di combustione,
attraverso l’esame dei cromatismi dei reperti combusti.
Il colore osservato è prevalentemente bianco, con sfumature grigio-chiare e grigio-bluastre, per la trasformazione
del fosfato in pirofosfato. Questi cromatismi e le deformazioni osservate indicano che durante la cremazione
sono state raggiunte temperature comprese tra i 600 °
ed i 940 °C.
(S.D.G.)
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4. Distribuzione per sesso degli individui cremati
5. Distribuzione delle età alla morte degli individui cremati
6. Urna cineraria in corso di scavo
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Catalogo mostra - Soprintendenza archeologica di Roma