Press agosto-settembre 2013 / no.58 ISSN 2039-540X Professione Economica e Sistema Sociale Press Sommario/agosto-settembre DOCUMENTO 23 Stp, la nuova disciplina CNDCEC REPORT 32 Le risposte del Pronto Ordini EDITORIALE Zanetti: “Si poteva ‘fare’ di più” - Pag. 4 3 Maria Luisa Campise PEOPLE 4 8 Enrico Zanetti Bruno Censore Cotto/Cissello: “Il ‘nuovo’ volto dell’ipoteca esattoriale a seguito del DL 69/2013” - Pag. 12 DIAMO I NUMERI 38 Crisi e divari reddituali intergenerazionali PROFESSIONE E TEMPO LIBERO 43 Letti per voi Saggese: “Il Fisco allenta la ‘morsa’ sulla riscossione” - Pag. 14 L’INTERVENTO Censore: “Non tutto è possibile e non tutto è possibile sempre” - Pag. 8 10 Alessandro Cotto Alfio Cissello 12 Alessandro Cotto Alfio Cissello 14 Pasquale Saggese 18 Paola Rossi 20 Michele Bana Serve qualcosa di più na ottantina di misure per rilanciare l’economia: di questo si compone il decreto “Fare”, il primo atto sostanzioso del Governo Letta. In primo piano, interventi di carattere fiscale, come le nuove modalità per pagare le tasse a rate, la non pignorabilità della prima casa, il superamento della responsabilità solidale per gli appalti, la proroga di tre mesi per il versamento della Tobin Tax, la riduzione del prelievo sulle barche e il lieve aumento delle accise sulla benzina. Un secondo filo conduttore è rappresentato dalle semplificazioni per le imprese, il lavoro e la burocrazia: viene alleggerita una serie di obblighi per edilizia e appalti, mentre il Durc verrà acquisito d'ufficio e varrà 180 giorni. Sempre per le aziende sono previsti un importante incentivo per l'acquisto di macchinari e il potenziamento del fondo di garanzia. Ingenti investimenti, oltre due miliardi, sono stati messi in campo per sbloccare i cantieri e avviare una riqualificazione urbana di scuole e piccoli Comuni. Inoltre, saranno risarciti i ritardi della PA verso imprese e professionisti. Un ampio spazio è, poi, dedicato all’efficienza della giustizia: torna la conciliazione obbligatoria, si ricorrerà a 400 giudici ausiliari per smaltire oltre 200mila cause arretrate e viene istituito l'ufficio del processo per favorire la formazione nel campo dei giovani. E ancora: certificati di gravidanza all’Inps, fascicolo sanitario elettronico, installazione del wi-fi e assunzioni nelle università dal 2014. Insomma, una serie di misure per cercare di liberare risorse per lo sviluppo del Paese al di là delle quali, forse, in questo particolare momento non si poteva andare. Ma l’Italia, lo sappiamo da tempo, ha bisogno di altro. La malattia di crescita di cui soffre e che si manifesta con calo dei consumi, disoccupazione, credito negato, povertà, richiede altre cure, tra le quali un fisco semplice e stabile. Se impiegato nel modo giusto, cioè se mirato a rafforzare i fattori di crescita con misure concrete e piani di azioni affidabili, il fisco può rappresentare, infatti, una ottima terapia per agganciare la ripresa. A questo proposito, pur volendo dare atto al Governo di un forte impegno, le recenti misure adottate lasciano ancora il sapore amaro della occasione perduta. Riguardo alle semplificazioni fiscali, si sarebbe dovuto andare oltre approvando in tempi brevi un provvedimento legislativo che sgombrasse definitivamente il campo dagli adempimenti inutili e razionalizzasse gli altri. Sempre in campo fiscale, poi, si sarebbe dovuto procedere ad una riduzione del prelievo a partire da un alleggerimento su lavoro ed imprese. Un Fisco per la crescita deve fare leva sulle imprese, sul cuneo fiscale, perché la sua riduzione incide sull’offerta di lavoro e sulla convenienza ad investire, sulla semplificazione e sulla stabilità del sistema. Ma su questo, ancora non c’è stata alcuna azione. L’auspicio è che queste enunciazioni di principio presto si traducano in azioni concrete e che siano al centro delle prossime decisioni di Governo e Parlamento, all’appuntamento con la legge di Stabilità. U Maria Luisa Campise Direttore Press Zanetti: “Si poteva ‘fare’ di più” Per il vicepresidente della Commissione finanze della Camera, il ‘decreto del Fare’ contiene alcune cose utili anche per i professionisti, ma quasi tutti i punti del documento necessitano di un maggiore approfondimento a cura della Redazione People Qual è il suo giudizio complessivo sul ‘Decreto del Fare’? Secondo Lei, si poteva “fare” di più? È un decreto che contiene alcune cose utili, ma quello che contesto in radice è il metodo. Un governo non tecnico, ma ancorato a una maggioranza politica di cui è espressione diretta e organica, non può pensare di procedere anch'esso a colpi di decreti da 80 e passa articoli su una decina di materie completamente diverse tra di loro. Il risultato non è quello di dare vita a un decreto “per fare tanto”, ma ad uno “tanto per fare”. 5 “Serve competenza per riprendere in mano il pallino del potere legislativo e anche una discreta dose di coraggio...” Per come siamo stati costretti a lavorare nelle Commissioni referenti, facendo ripetutamente le due e le quattro del mattino, mi sentirei di dire praticamente tutti. Fretta, approssimazione e stanchezza, così, la fanno inevitabilmente da padrone. quelle che trasformano sino a prova contraria i prelevamenti di conto corrente in incassi in nero dell’imprenditore o del professionista. Abbiamo cercato anche di abrogare il reato di omesso versamento Iva in assenza di dichiarazione infedele. La battaglia più importante, che proseguiremo con determinazione anche nell'ambito della legge delega fiscale, è però quella che punta alla eliminazione della riscossione frazionata in pendenza di giudizio fino alla sentenza di primo grado per tutte quelle maggiori imposte contestate non a fronte di frodi od occultamenti di ricavi, ma a fronte di disconoscimento di costi, deduzioni o detrazioni indicate dal contribuente in dichiarazione. I suoi interventi in Aula sono diretti ad una semplificazione del sistema fiscale e societario. A questo proposito, quali sono le proposte di Scelta Civica su questo argomento? Onorevole, abbiamo avuto modo di leggere sulla stampa specializzata la sua battaglia in merito al Durt. Ci può spiegare i motivi della sua contrarietà? I nostri emendamenti spaziavano dall'abrogazione integrale del regime di solidarietà per Iva e ritenute negli appalti, all'abrogazione della comunicazione dei beni in godimento ai soci, passando per la semplificazione dei modelli Intrastat, delle comunicazioni delle dichiarazioni d'intento ricevute dai fornitori degli esportatori abituali e delle comunicazioni delle operazioni con Paesi black list. Niente da fare: troppo buon senso, tutto in una volta, evidentemente fa male. Più che contrario, su questo mi sono letteralmente inferocito, perché c'è un limite a tutto. Eravamo partiti per semplificare e passi che non ce la si faccia in modo sufficientemente incisivo, ma addirittura complicare ancora di più e di molto era veramente una beffa intollerabile. La verità è che come Scelta Civica ci siamo trovati soli tra i marziani. Prima, nella battaglia per introdurre semplificazioni che non ci hanno votato né PD, né PdL. Poi, nella battaglia per fermare il Durt, proposto dal M5S e votato da PD e PdL sotto la regia del Viceministro Fassina. Tanto abbiamo fatto che alla fine, nonostante l'ostinata quanto inspiegabile difesa dello strumento da parte di Fassina, lo stesso Beppe Grillo ha sconfessato l'operato dei suoi e a PD e ancor più PdL non è rimasto che constatare la bruttissima figura fatta, più per Quali ritiene siano i punti del decreto che necessitavano un maggiore approfondimento? Oltre al tema della semplificazione, cosa proponete per un fisco più equo e più vicino al cittadino e alle imprese? Sempre per rimanere a emendamenti concretamente presentati, abbiamo proposto l'abrogazione di alcune norme presuntive anacronistiche e liberticide, come ad esempio 6 People sciatteria e menefreghismo che per reale volontà. In futuro, quando alzeremo la voce per dire che stanno combinando una sciocchezza ancora più grande del solito, sono certo ci presteranno maggiore attenzione. Per quanto concerne la lotta all'evasione fiscale, è emerso, nel corso di una recente audizione in Commissione finanze della Camera, che, rispetto al totale delle riscossioni dei crediti fiscali accumulati dal 2000 al 2012, è stato incassato dallo Stato meno del 10% del totale. Qual è la vostra ‘ricetta’ per combattere efficacemente l’evasione fiscale? In realtà l'incasso effettivo si attesta intorno al 20% su un orizzonte decennale. Sono stato proprio io a presentare una interrogazione in Commissione Finanze per andare fino in fondo ai numeri che venivano fatti girare ad arte in modo strumentale. Uno dei problemi è il “gigantismo” delle iscrizioni a ruolo: negli ultimi anni, circa 200 miliardi di euro sono stati sgravati dopo l'iscrizione. È l'effetto perverso di un sistema di riscossione frazionata in pendenza di giudizio in uno scenario di contenzioso tributario i cui numeri ci dicono con chiarezza come gli atti di contestazione dell'Amministrazione finanziaria non sono esattamente Vangelo. Nel ‘Decreto del fare’ è previsto che il rafforzamento del Fondo di garanzia a favore delle Pmi venga esteso anche agli iscritti agli Ordini professionali. In termini concreti, quali saranno i vantaggi per i professionisti? A livello formale, questo agevolerà l'accesso al credito per gli studi professionali. A livello sostanziale, ho la personalissima impressione che cambierà poco. Resta il fatto che la parificazione era doverosa e, se anche si dovesse rivelare concretamente utile in una manciata di occasioni, sarà comunque sempre tutto di guadagnato. Il testo del ddl prevede la reintroduzione del carattere obbligatorio della mediazione civile. Una vittoria per i commercialisti? Sul principio della obbligatorietà della mediazione, senza dubbio. Sulle modalità con cui questa reintroduzione è stata attuata, direi al massimo un pareggio. Personalmente, mi sono volentieri reso interprete di tre emendamenti formulati dall'Unione giovani dottori commercialisti ed esperti contabili. Siamo riusciti a farne approvare uno, tra mille discussioni. Le misure in materia di concordato preventivo offrono maggiori garanzie di carattere informativo ai creditori e al tribunale perché sono anticipati gli effetti protettivi del patrimonio dell’impresa in crisi, indipendentemente dall’elaborazione della proposta e del piano di concordato. Cosa ne pensa? Penso che la Categoria debba prendere in mano la materia con grande risolutezza o rischia in prospettiva di veder decrescere significativamente il ruolo del commercialista in questo genere di procedure che, prestandosi a utilizzi distorti, possono diventare un vero e proprio boomerang ad alzo zero anche per i tanti Colleghi che lavorano con coscienza e serietà. Si ritiene soddisfatto delle misure in materia di semplificazione fiscale come la comunicazione telematica all’Agenzia delle entrate per i titolari di partita Iva e la soppressione dell’obbligo di presentazione mensile del 770? O si poteva fare di più? Si poteva fare moltissimo di più, basti pensare solo alle nostre proposte poc'anzi ricordate che non sono riuscite a trovare spazio. La verità è che da troppi anni in questo Paese, per colpa di una politica incompetente che si è pure progressivamente di nuovo squalificata sul piano morale, il rapporto di forza tra essa e le alte burocrazie si è alterato sino a diventare la vera anomalia di questo Paese. Con il Parlamento ridotto ad essere una fabbrica di emendamenti, stretto tra decreti legge del governo da convertire e leggi delega da attribuire al governo, un capo ufficio di commissione parlamentare può talvolta pesare più di un parlamentare e un capo gabinetto ministeriale può sistematicamente pesare più di un sottosegretario, quando non direttamente del ministro stesso. È veramente una situazione difficile. Serve competenza per riprendere in mano il pallino del potere legislativo e anche una discreta dose di coraggio, perché non è che denunciando a chiare lettere questo stato di fatto delle cose ci si attiri chissà quali simpatie. I commercialisti possono dare una grande mano al Paese, da questo punto di vista, perché possiedono in quantità entrambe queste caratteristiche. Enrico Zanetti (Lista Civica), vicepresidente della Commissione finanze della Camera, dottore commercialista Odcec di Venezia Rappresentiamo una minoranza del 99,9%. In Italia le PMI sono il 99,9% della forza economica, eppure vengono trattate come una minoranza. Il mondo produttivo e le istituzioni funzionano solo grazie alle libere professioni, eppure queste ultime non vengono prese in considerazione dai poteri forti. Essere utili al Paese significa cambiare anche questi squilibri, ma soprattutto lavorare per le cose che contano. Censore: “Non tutto è possibile e non tutto è possibile sempre” Per il deputato del PD, in questo particolare contesto storico, Governo e Parlamento hanno fatto tutto ciò che era possibile “fare” per il rilancio dell’economia a cura della Redazione People Qual è il suo giudizio complessivo sul “Decreto del fare”? Secondo lei, “si poteva fare” di più? Non tutto è possibile e non tutto è possibile sempre. Credo, dunque, che Governo e Parlamento hanno fatto tutto ciò che in questo particolare contesto storico era possibile fare. Mi spiego meglio con un esempio di semantica frasale: Governo e Parlamento con il “Decreto del fare” - dove il verbo “fare” dà piena testimonianza dell’operatività e della concretezza hanno individuato le misure necessarie per il rilancio dell’economia e del sistema produttivo del Paese, tra cui cito l’atteso e agognato rifinanziamento della Legge Sabatini, che permette alle imprese di acquistare macchinari a tasso agevolato, e il cosiddetto sblocca cantieri. Quali ritiene siano i punti del decreto che necessitavano un maggiore approfondimento? Per chi ha una cultura e formazione politica come la mia, la giustizia fiscale è un aspetto preminente, ma credo sia essenziale andare oltre gli aspetti simboli per valutare accuratamente le conseguenze ed i benefici dei vari provvedimenti. Con apposito provvedimento inserito nel pacchetto del “ fare” è stata cancellata la tassa per le barche sotto i 14 metri di lunghezza ed è stata dimezzata per quelle tra 14 e 20 metri. Secondo me bisognava osare di più, anche perché il balzello reintrodotto dal Governo Monti come tassa di possesso ha generato un gettito molto modesto e largamente inferiore alle aspettative, favorendo la fuga delle imbarcazioni verso l’estero e la paralisi totale del mercato interno. Si pensi, infatti, che quella tassa sul lusso, che avrebbe dovuto garantire introiti grossi per l’Erario, ha generato un indotto di appena venticinque milioni di euro, una miseria, producendo l’effetto negativo di ridurre di oltre un quarto gli scali nei porti turistici italiani. Io avrei fatto di più, superando ogni pregiudiziale nei confronti di un comparto che, dati Unica, ha perso 18 mila posti di lavoro. Nel “Decreto del fare” è previsto che il rafforzamento del Fondo di garanzia a favore delle pmi venga esteso anche agli iscritti agli Ordini professionali. Cosa ne pensa? Ero e resto estremamente convinto della necessità di equiparare, in termini di fisco, previdenza, sviluppo economico e credito, gli iscritti agli ordini e i professionisti regolarizzati dalla legge n. 4 del 14 gennaio 2013 alle imprese. Fatto ciò, credo che in tempo di crisi l’estensione a favore del sistema professionale, ordinistico e non, dello strumento di sostegno rappresenti una soluzione preziosa, che reca indubbi vantaggi ai professionisti, che hanno così una 9 concreta possibilità di ottenere i finanziamenti necessari allo sviluppo della propria attività. Il testo del ddl prevede la reintroduzione del carattere obbligatorio della mediazione civile. Una vittoria per i commercialisti? Mi pare riduttivo annoverare il carattere obbligatorio della mediazione civile come una semplice vittoria per i commercialisti. Credo, invero, si tratti di uno strumento indispensabile che consente al legislatore di incidere sui tempi della giustizia civile, migliorandone l’efficienza e il buon funzionamento, elementi, questi, che condizionano l’effettività dei diritti, l’eguaglianza dei cittadini e anche l’economia, se è vero come è vero che l’inefficienza della giustizia civile italiana ha un’incidenza negativa per circa l’1% del Pil, con pesanti riverberi sull’economia. Pertanto, il provvedimento non intende dare vantaggi ai commercialisti o ad altri professionisti. Quindi, nell’ottica di fornire adeguate risposte alle necessità di ridurre i tempi dei procedimenti, la mediazione civile è una risposta valida all’urgenza di individuare strumenti alternativi per la risoluzione delle controversie e per la deflazione del contenzioso. Le misure in materia di concordato preventivo offrono maggiori garanzie di carattere informativo ai creditori e al tribunale perché sono anticipati gli effetti protettivi del patrimonio dell'impresa in crisi, indipendentemente dall’elaborazione della proposta e del piano di concordato. Cosa ne pensa? Adesso il debitore è obbligato ad allegare alla domanda di pre concordato informazioni dettagliate relative ai creditori con i rispettivi crediti, oltre agli ultimi tre bilanci. Inoltre, è tenuto a comunicare le iniziative intraprese per definire la proposta e il piano da sottoporre ai creditori, con la facoltà da parte del tribunale di ridurre i tempi nel caso in cui il debitore cerchi di prendere tempo e non pagare i creditori. Credo che così facendo si possano risolvere alcune criticità della legge fallimentare, aumentando soprattutto la trasparenza di informativa nella fase di pre concordato e migliorando di conseguenza la tutela dei creditori. Bruno CENSORE (Partito Democratico) è dottore commercialista e revisore legale e componente della Commissione Bilancio della Camera dei deputati 10 Le novità del decreto “fare” in tema di fermo dei beni mobili registrati Alessandro Cotto Odcec di Torino e componente Cdr Press Alfio Cissello Eutekne D’ora in poi Equitalia è obbligata ad emettere una comunicazione con la quale invita il debitore a pagare entro trenta giorni e non potrà più decretare il fermo amministrativo dei beni strumentali n sede di conversione del decreto 69/2013 (c.d. “Decreto del fare”) ad opera della legge 98/2013, sono state introdotte rilevanti modifiche all’istituto del fermo dei beni mobili registrati, che, sostanzialmente, concernono il procedimento che l’Agente della riscossione deve seguire per procedere all’iscrizione della misura cautelare nel PRA e la possibilità di disporla nei confronti dei veicoli strumentali all’esercizio dell’attività, dell’arte e della professione. Prima di analizzare le modifiche richiamate, è bene riepilogare i tratti salienti dell’istituto. Il fermo dei beni mobili registrati è disciplinato dall’art. 86 del d.P.R. 602/73, e costituisce non tanto una misura cautelare strumentale ad assicurare la garanzia del credito, ma uno strumento che ha carattere deterrente. Infatti, esso, a differenza I di quanto avviene nel sequestro conservativo, non si converte in pignoramento, per cui non può che rappresentare uno stimolo per il versamento delle somme intimate. Esso, come regola generale, è adottabile decorsi sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, momento a partire dal quale il debitore è considerato inadempiente. In caso di dilazione delle somme iscritte a ruolo ai sensi dell’art. 19 del d.P.R. 602/73, all’atto del pagamento della prima rata il debitore non è più ritenuto inadempiente, quindi il fermo non può essere disposto. Anzi, in base a quanto chiarito da Equitalia con la direttiva 12/2008, deve essere revocato il fermo in precedenza disposto (potrebbe essere il caso in cui la dilazione sia stata domandata dopo il decorso di sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento). La misura cautelare in esame è adottabile anche a seguito di notifica dell’accertamento “esecutivo” (art. 29 del d.l. 78/2010): in tal caso, però, è necessario che siano trascorsi almeno novanta giorni dalla notifica dell’atto. Ciò poiché il versamento degli importi deve essere effettuato entro il termine per il ricorso, quindi di norma entro sessanta giorni, e l’affidamento dei medesimi all’Agente della riscossione avviene non prima del decorso di trenta giorni dal termine ultimo per l’adempimento. Il fermo non consiste nel materiale “blocco” del veicolo, ma in un provvedimento iscritto nel PRA che vieta la circolazione del veicolo, pena l’irrogazione di una sanzione amministrativa da 770,00 euro a 3.086,00 euro, come prevede l’art. 214 del Codice della Strada, richiamato dall’art. 86 del d.P.R. 602/73. L’intervento Detto ciò, è possibile affermare che il fermo non richiede particolari limiti per la sua adottabilità, quindi, facendo comunque salve le ipotesi in cui si potrebbe configurare l’eccesso di potere, l’Agente della riscossione può iscrivere il provvedimento nel PRA per il solo fatto che, nei termini descritti, il debitore non abbia ancora adempiuto al pagamento. Prima delle innovazioni apportate dal decreto “fare”, l’art. 86 del d.P.R. 602/73 prevedeva che il debitore avrebbe dovuto essere notiziato del fermo solo dopo l’avvenuta iscrizione nel PRA. Tale formulazione normativa, come intuibile, avrebbe leso non di poco i diritti del contribuente, ragion per cui l’Agenzia delle Entrate, mediante la nota 57413 del 2003, aveva invitato i funzionari a rendere edotti i debitori di tale circostanza prima dell’iscrizione. Così, la prassi prevedeva l’invio di un preavviso di fermo contenente l’indicazione che, se entro venti giorni non fosse avvenuto il pagamento, si sarebbe proceduto con la misura cautelare. Ora, è la legge stessa che impone il preavviso di fermo. Infatti, la “nuova” versione dell’art. 86 del d.P.R. 602/73 sancisce che l’Agente della riscossione, prima di procedere con il fermo, deve notificare al debitore una comunicazione contenente l’intimazione ad adempiere al pagamento degli importi entro i successivi trenta giorni, pena la successiva iscrizione del fermo senza la necessità di ulteriori comunicazioni. È chiaro che detta comunicazione deve ritenersi impugnabile di fronte alle Commissioni tributarie. Del resto, è vero che l’art. 19 del d.lgs. 546/92 prevede la ricorribilità del fermo e non della comunicazione, ma non si dimentichi che tale norma è stata emanata in un contesto storico in cui non era contemplata la necessità di alcuna comunicazione preventiva. Passando al secondo aspetto, il d.l. 69/2013 convertito ha sentito la necessità di affermare che il fermo non è eseguito se il debitore, entro trenta giorni dalla notifica del preavviso, dimostra che il veicolo è strumentale all’esercizio dell’attività, dell’arte e/o della professione. L’innovazione è da accogliere con estremo favore, posto che la privazione del veicolo per determinati soggetti (il caso lampante è quello degli agenti di commercio) comportava la sostanziale impossibilità di svolgere il proprio lavoro, e, di conseguenza, di adempiere al debito fiscale. Alcune Commissioni tributarie avevano infatti analizzato la questione, annullando il fermo richiamando i limiti di pignorabilità di cui all’art. 515 c.p.c. (C.T. Prov. Massa Carrara 8.7.2009 n. 180 e C.T. Prov. Verbania 6.5.2011 n. 43/2/11). Sul punto, due sono le questioni che, “a caldo”, sembra possano emergere nel prossimo futuro: il “come” sia possibile dimostrare il carattere strumentale del bene e la possibilità di fornire tale prova oltre i trenta giorni dalla notifica del preavviso. In merito alla prima questione, è prudente attendere i primi chiarimenti di Equitalia, anche se, a nostro avviso, occorre una certa elasticità mentale ad opera del funzionario. Detto diversamente, il veicolo, ai fini del fermo, è strumentale quando, in concreto, serve per esercitare l’attività imprenditoriale, artigianale o 11 professionale. Così, il camioncino di un piccolo imprenditore edile non deve essere fermato per nessun motivo, a prescindere addirittura dal fatto che detto veicolo emerga dalle scritture contabili. Tanto premesso, sembra chiaro che, nella maggior parte delle ipotesi, non possa che farsi riferimento alle scritture contabili, o ai diversi documenti richiesti dal regime contabile semplificato di riferimento. Sul secondo punto, dal testo normativo non appare nessuna limitazione temporale per l’esibizione della prova circa il carattere strumentale del bene. Il riferimento ai trenta giorni è stato effettuato per ragioni di opportunità, che vanno a beneficio di entrambe le parti: se il debitore dimostra subito che l’auto è utilizzata ai fini imprenditoriali, egli non subirà il fermo e l’Agente della riscossione non perderà tempo per effettuare l’iscrizione nel PRA (non a caso, il termine di trenta giorni è quello entro cui il soggetto può pagare gli importi evitando in ogni caso il fermo). Qualora il debitore non fornisca la prova entro i trenta giorni, ben potrà farlo in momenti successivi, quindi davanti alla Commissione tributaria, ad esempio. Nel sistema normativo attuale, il fermo, oltre al requisito temporale prima indicato (decorso di sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento o di novanta giorni dalla notifica dell’accertamento “esecutivo”), non deve essere strumentale all’esercizio dell’impresa, dell’arte e/o della professione, e ciò costituisce un’ulteriore condizione per la sua legittimità, a nulla rilevando il momento in cui tale fatto viene dimostrato. 12 Il “nuovo” volto dell’ipoteca esattoriale a seguito del DL 69/2013 Alessandro Cotto Odcec di Torino e componente Cdr Press Alfio Cissello Eutekne Per la prima volta l'ipoteca è adottabile anche quando il pignoramento non può avvenire, assumendo così un aspetto più deterrente che conservativo ’art. 77 del d.P.R. 602/73 disciplina l’istituto dell’ipoteca esattoriale, misura cautelare che può essere adottata dall’Agente della riscossione a seguito del mancato pagamento delle somme intimate con la cartella di pagamento o con l’accertamento “esecutivo”. Detta misura cautelare può essere adottata solo per debiti nel complesso superiori alla soglia dei 20.000,00 euro. Inoltre, prima di procedere con l’ipoteca, al debitore deve essere notificata una comunicazione preventiva annunciante l’intenzione, ad opera di Equitalia, di avvalersi dello strumento in esame, se le somme non vengono pagate entro i successivi trenta giorni. La comunicazione di iscrizione ipotecaria è un requisito di legittimità della medesima, e costituisce atto impugnabile in Commissione tributaria. L A seguito delle modifiche apportate dal d.l. 69/2013 (c.d. “Decreto del fare”), ora l’ipoteca adottabile da Equitalia è destinata ad assumere un “nuovo” volto, posto che, alla luce di quanto si esporrà, essa appare uno strumento più deterrente che conservativo. Il “Decreto del fare” ha innovato profondamente il pignoramento immobiliare, con modifiche che, “a cascata”, hanno riflessi sulla funzione dell’ipoteca esattoriale. Per meglio comprendere gli effetti delle modifiche richiamate è opportuno riepilogare brevemente quali sono stati gli interventi normativi che hanno caratterizzato l’ipoteca da un lato, e il pignoramento dall’altro. In origine, il pignoramento immobiliare, in ambito esattoriale, non poteva essere disposto per debiti inferiori alla soglia di 8.000,00 euro. Dopo varie pronunce, anche contrastanti, delle Commissioni tributarie, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza 4077 del 2010), in maniera alquanto lapidaria, aveva affermato che siccome l’ipoteca è necessariamente preordinata all’espropriazione forzata, anch’essa avrebbe dovuto sottostare al limite degli 8.000,00 euro. Il Legislatore, con un complesso e variegato excursus normativo che non è il caso di riportare, aveva recepito l’indicazione della Cassazione, ovvero: ipoteca e pignoramento immobiliare devono sottostare ai medesimi limiti. Pertanto, nel sistema ante d.l. 69/2013, sia l’ipoteca sia il pignoramento non avrebbero potuto essere disposti per debiti nel complesso inferiori al nuovo limite di 20.000,00 euro. Ora, c’è stato un netto cambiamento di tendenza, posto che, L’intervento da un lato, il decreto “fare” ha modificato l’art. 76 del d.P.R. 602/73, innalzando il limite per il pignoramento immobiliare a 120.000,00 euro, dall’altro, ha cambiato il testo dell’art. 77 del d.P.R. 602/73, sancendo che l’ipoteca può essere adottata anche se non sono “ancora” presenti i requisiti per il pignoramento. Bisogna poi ricordare che, sempre per effetto del d.l. 69/2013, ora il pignoramento, a prescindere dall’entità del debito, è vietato per l’unica casa di abitazione del debitore, se questi vi risiede anagraficamente eccezion fatta per le case di lusso. Allora, anche in questo caso si ad assumere non tanto la funzione che gli è propria (ovvero l’ottenimento di una garanzia reale), ma appunto un “nuovo” volto, che, sotto questo aspetto, la rende più simile al fermo delle auto, un volto, purtroppo, deterrente. Ricapitolando, se un contribuente, magari dopo aver ricevuto una cartella di pagamento contenente l’intimazione al versamento di 22.000,00 euro, non adempie al pagamento delle somme e, per un qualsivoglia motivo (indipendente o meno dalla sua volontà), non fruisce della dilazione dei ruoli, l’ipoteca potrà prontamente essere adottata, ma sarà un’ipoteca fine a se stessa, verifica un “doppio binario”, che rende legittima l’ipoteca ma non il pignoramento, sempre che, ai fini dell’ipoteca, il debito sia superiore alla soglia dei 20.000,00 euro, rimasta invariata. Viene quindi sconfessata l’opinione della richiamata sentenza delle Sezioni Unite. A nostro avviso, se il Legislatore ammette espressamente l’ipoteca quando il pignoramento non può avvenire (e questo è un dato oggettivo), va da sé che la prima viene posto che il pignoramento non sarà mai disponibile, a meno che, nel frattempo, il debito non cresca sino a superare la soglia dei 120.000,00 euro. Quanto esposto comporta effetti anche in merito ad ulteriori vizi che talvolta i contribuenti sollevano nel ricorso contro la comunicazione di iscrizione ipotecaria. Infatti, è ora dubbia la fondatezza dei motivi di ricorso fondati sulla mancata notifica dell’intimazione ad adempiere e sul fatto che l’immobile 13 fa parte di un fondo patrimoniale. Per prima cosa, se l’ipoteca non è, almeno in astratto, preordinata all’espropriazione, non può più essere sostenuta la necessità dell’intimazione ad adempiere ex art. 50 del d.P.R. 602/73, obbligatoria quando il pignoramento non è stato disposto decorso un anno dalla notifica della cartella di pagamento o dell’accertamento “esecutivo”. La questione, di recente, è stata rimessa al Primo Presidente della Cassazione affinché valuti l’opportunità di devolverla alle Sezioni Unite (pronuncia 18007 del 2013). Non resta quindi che attendere il responso della Cassazione, il quale dovrà comunque tenere nella dovuta considerazione il sopravvenuto intervento legislativo. Un ulteriore riflesso della modifica in esame concerne il vizio relativo a ipoteca iscritta su immobili facenti parte del fondo patrimoniale (si ricorda che, ai sensi dell’art. 170 c.c., l’esecuzione sui beni del fondo patrimoniale della famiglia e sui loro frutti non può avere luogo “per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia”). Ora, tralasciando il dibattito giurisprudenziale sul punto, se l’immobile fa parte di un fondo patrimoniale, nel ricorso tale vizio viene eccepito, e il giudice ben può accogliere l’impugnazione: se i beni del fondo non possono essere soggetti ad esecuzione, non è nemmeno legittima l’ipoteca, viene da dire. Ma ad oggi questo discorso può ancora ritenersi valido? Anche su tale aspetto la risposta potrebbe essere negativa, alla luce del fatto che l’ipoteca è ammessa a prescindere dalla pignorabilità dell’immobile. 14 Il Fisco allenta la “morsa” sulla riscossione Pasquale Saggese IRDCEC Tra i tanti obiettivi del “decreto del fare” c’è anche quello di una maggior compliance fiscale, ridimensionando il potere di Equitalia iscossione coattiva meno aggressiva e maggiori tutele del contribuente nei confronti di Equitalia. Queste, in estrema sintesi, le finalità delle misure adottate dal legislatore nell'ambito delle disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia introdotte dal c.d. “decreto del fare” (d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito dalla l. 9 agosto 2013, n. 98). Un primo intervento, contenuto nell’art. 52 del decreto, prevede l’estensione fino a dieci anni (120 rate mensili, eventualmente prorogabile per lo stesso periodo) della possibilità di rateazione del pagamento delle imposte, nei casi in cui il debitore si trovi, per ragioni estranee alla propria responsabilità, in una comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica. Tale fattispecie si aggiunge all’ipotesi di temporanea situazione di obiettiva difficoltà, per la quale è già R ammessa una rateazione in 72 rate mensili, e all’ipotesi di comprovato peggioramento di detta situazione, per la quale è possibile fruire di un’ulteriore dilazione fino a 72 mesi. Per beneficiare della nuova forma di rateizzo, devono ricorrere congiuntamente due condizioni: l’impossibilità per il contribuente di eseguire il pagamento secondo un piano di rateazione ordinario; la solvibilità del contribuente valutata in relazione al piano di rateazione concedibile con le nuove disposizioni. Le modalità di attuazione del nuovo meccanismo di rateazione dovranno essere stabilite con un apposito decreto del Ministro dell’economia da adottarsi entro il prossimo 20 settembre, per cui fino ad allora continueranno ad essere applicate le vecchie regole, come peraltro confermato da Equitalia con una nota del 1° luglio 2013. Prima dell’ultimo intervento normativo Equitalia aveva peraltro già ampliato la platea dei soggetti che possono ottenere la rateizzazione con una semplice richiesta motivata, senza ulteriori adempimenti. È stata infatti innalzata da 20 mila a 50 mila euro la soglia entro cui concedere “automaticamente” la dilazione, ma è stato anche incrementato da 48 a 72 il numero massimo di rate concedibili “a richiesta” (cfr. comunicato stampa dell’8 maggio 2013). È bene ricordare che la nuova fattispecie riguarda solo i contribuenti il cui debito è già stato affidato ad Equitalia e non anche gli omessi versamenti che possono essere “sanati” con il pagamento degli “avvisi bonari”. Considerato che questi ultimi possono essere rateizzati in un massimo di 6 rate trimestrali per debiti fino a 5 mila euro ovvero di 20 rate per importi superiori, sarebbe opportuno prevedere dilazioni più L’intervento ampie anche in tale fase in cui il debito non è ancora gravato dalla sanzione “piena” del 30% e dall’aggio di riscossione dell’8%, oltre che dagli interessi moratori. L’intervento si completa con il prolungamento del periodo di mora che fa “saltare” l’accordo con il fisco. La decadenza dal beneficio della rateizzazione scatta ora con il mancato pagamento di 8 rate anche non consecutive, rispetto alle due rate consecutive previste in precedenza. Tale previsione, come chiarito da Equitalia con la nota del 1° luglio 2013, trova applicazione anche per i piani di rateazione già concessi al 22 giugno scorso (data di entrata in vigore del “decreto del fare”). Con riferimento ai casi in cui alla stessa data sia già intervenuta la decadenza dal beneficio in base alle vecchie regole, la nota di Equitalia ipotizza una disciplina di favore che eviti ai debitori di essere esclusi dalla fruizione della rateizzazione. È auspicabile che tale interpretazione trovi conferma anche in seguito alla definitiva conversione in legge del decreto. Novità importanti anche per l’espropriazione immobiliare. 15 In primo luogo, si prevede che l’agente della riscossione non può procedere all’esecuzione forzata dell’unico immobile di proprietà del debitore, qualora esso sia adibito ad uso abitativo e il debitore vi risieda anagraficamente. Sono esclusi da questa previsione le case di lusso aventi le caratteristiche individuate dal d.m. n. 218 del 1969 e i fabbricati classificati nelle categorie catastali A/8 (abitazioni in ville) e A/9 (castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici), nonché, ad avviso di Equitalia (cit. nota del 1° luglio 2013), gli uffici e 16 L’intervento studi privati classificati nella categoria A/10, in quanto immobili ad uso non abitativo. Divieto di pignoramento confermato invece per le pertinenze, anche se accatastate autonomamente, come i box e le cantine di cui alla categoria C6. In tutti gli altri casi, l’espropriazione immobiliare è ammessa se l'importo complessivo del credito per cui si procede è superiore a 120 mila euro (il precedente limite era di 20 mila euro), ferma restando la possibilità di iscrivere ipoteca anche sulla unica casa di abitazione e al di sotto di tale soglia (ma comunque per importi non inferiori a 20 mila euro), solo a fini cautelari e per la tutela dei crediti iscritti a ruolo laddove l’esecuzione fosse avviata da terzi. Si prevede, inoltre, che l’esecuzione può essere avviata dall’agente della riscossione solo allorché sia stata iscritta ipoteca esattoriale e siano decorsi almeno 6 mesi dall’iscrizione senza che il debito sia stato estinto. Nelle anzidette ipotesi, Equitalia ha ritenuto di sospendere le procedure di espropriazione pendenti alla data dello scorso 22 giugno, in attesa di istruzioni da parte dei competenti organi istituzionali sull’applicabilità di tali disposizioni ai pignoramenti in corso. Sarà infine un apposito decreto del Ministero dell’economia ad individuare d’intesa con l’Agenzia delle entrate e con l’ISTAT uno specifico paniere di beni definiti «beni essenziali» per i quali l’agente della riscossione non potrà dar corso all’espropriazione. Si osserva al riguardo che facendo riferimento a un “paniere” di beni la norma sembra riguardare beni mobili: se così fosse il suo inserimento all’interno della disciplina dell’espropriazione immobiliare risulterebbe impropria. Procedura più soft anche per l’iscrizione del fermo di beni mobili registrati. La legge ora prevede che l’agente della riscossione deve notificare al debitore o ai coobbligati iscritti nei pubblici registri una comunicazione preventiva contenente l’avviso che, in mancanza del pagamento delle somme dovute entro il termine di 30 giorni, sarà eseguito il fermo, senza necessità di ulteriore comunicazione, mediante iscrizione del provvedimento che lo dispone nei registri mobiliari. Maggiori tutele anche per il settore produttivo. Sono stati, infatti, estesi ai debitori costituiti in forma societaria e alle attività con prevalenza del capitale sul lavoro i limiti alla pignorabilità dei beni strumentali già riconosciuti dall'art. 515 c.p.c. alle ditte individuali. Il pignoramento può riguardare al massimo un quinto dei beni aziendali e può essere effettuato solo laddove il valore di presumibile realizzo degli altri beni del debitore non appaia sufficiente per la soddisfazione del credito. Per quanto concerne i beni mobili registrati strumentali all’attività di impresa o della professione, viene altresì inibita l’iscrizione del fermo, sempre che il debitore o i coobbligati, nel termine di 30 giorni dalla notifica della comunicazione preventiva, dimostrino all’agente della riscossione la strumentalità degli stessi. Si prevede, inoltre, che nel caso di pignoramento dei beni strumentali il debitore ne sia obbligatoriamente nominato custode. La vendita all’asta non può avvenire prima che siano trascorsi almeno 300 giorni e non dopo i successivi 60 giorni. Tale tempistica consente al debitore di proseguire l’attività per un ulteriore congruo periodo di tempo e di reperire le risorse necessarie per estinguere o, quanto meno, rateizzare il proprio debito. Per quanto concerne infine il pignoramento presso terzi previsto dal d.P.R. n. 602 del 1973 è stato elevato da 15 a 60 giorni il termine, decorrente dalla notifica dell’atto di pignoramento, entro il quale il terzo pignorato deve pagare il credito direttamente all’agente della riscossione. Ciò consente al debitore che abbia fondate ragioni da opporre all’avviata iniziativa di riscossione di attivare, in tempi consoni, le tutele del caso, evitando che, nelle more, il terzo disponga l'accredito delle somme pignorate. Sono state infine sottratte a tale procedura le somme depositate sul conto corrente del debitore relative all’ultimo emolumento accreditato a titolo di stipendio, salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro, comprese quelle dovute a causa di licenziamento. Tale norma è volta ad ovviare al rischio del venir meno dei limiti alla pignorabilità previsti per gli stipendi e le pensioni, considerato che, per consolidato orientamento giurisprudenziale, le somme di danaro, una volta depositate sul conto corrente bancario/postale, perdono qualsiasi connessione con la eventuale speciale destinazione delle stesse, ovvero con il titolo per il quale sono versate in favore dell’avente diritto. L’ottimismo prevede un duro lavoro. Essere ottimisti oggi non significa credere semplicemente che sarà possibile uscire dalla crisi. Significa piuttosto, trasformare questa crisi in opportunità di cambiamento: non solo in termini di riforme del sistema, ma anche di responsabilità. Chi, come noi, non reputa il lavoro come un diritto acquisito, sa che solo attraverso l’impegno e i sacrifici possiamo lasciarci la crisi alle spalle, senza farla ricadere su quelle dei nostri figli. 18 Una nuova proroga per la riscossione “in proprio” da parte dei Comuni Paola Rossi IRDCEC Prevista la possibilita per gli Enti locali di avvalersi della collaborazione delle società del gruppo Equitalia anche oltre la scadenza di fine 2013 on l’art. 53 del c.d. “Decreto del fare” (d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito dalla l. 9 agosto 2013, n. 98) è stata (ri)fissata al 31 dicembre 2013 la data per la cessazione dell’attività di riscossione spontanea e coattiva delle entrate e dei tributi comunali da parte delle società del gruppo Equitalia e l’assunzione dell’attività stessa (in proprio o in house) da parte dei Comuni, ovvero mediante affidamento a terzi con procedura ad evidenza pubblica e secondo le modalità previste dal d.lgs. n. 446/1997. Numerosi sono stati i provvedimenti che hanno sancito la graduale uscita di scena di Equitalia e delle società dalla stessa partecipate dall’attività di accertamento, liquidazione e riscossione delle entrate, tributarie o patrimoniali, dei Comuni e delle società da essi partecipate. Con l’art. 7, comma 2 lett. gg-ter) del C d.l. n. 70/2011 tale data era stata fissata al 31 dicembre 2011, termine poi posticipato al 31 dicembre 2012 dall’art. 10, comma 13-octies del d.l. n. 201/2011. Un ulteriore rinvio, questa volta al 30 giugno 2013, veniva stabilito dall’art. 9, comma 4 del d.l. n. 174/2012. Successivamente, il comma 2-ter dell’art. 10 del d.l. n. 35/2013, così come inserito dalla legge di conversione, ha stabilito che anche oltre il 30 giugno 2013 i Comuni avrebbero potuto continuare ad avvalersi dell’opera delle società del gruppo Equitalia, ma non oltre il 31 dicembre 2013. Da ultimo, l’art. 53 del “Decreto del fare” riformula tale ultima previsione e, mediante un inciso nel testo del provvedimento, precisa che, mentre i termini per la cessazione degli affidamenti in corso restano “inderogabilmente” fissati al 31 dicembre 2013, viene, invece, prevista la possibilità che i Comuni, anche mediante l’istituzione di un consorzio, si avvalgano della collaborazione delle società del gruppo Equitalia per attività di supporto all’esercizio delle funzioni relative alla riscossione (verosimilmente dovrebbe trattarsi di un ausilio nella gestione della parte informatica del lavoro comprensiva della gestione delle banche dati) anche oltre la prevista scadenza di fine 2013. Nella propria Nota del 1° luglio 2013 (di commento agli artt. 52 e 53 del d.l. n. 69/2013), Equitalia ha fornito - richiamando espressamente la Relazione illustrativa - una spiegazione tecnica della nuova previsione, sostenendo che la riformulazione dell’art. 53 si sarebbe resa necessaria in quanto il testo precedente, in ragione della sua dizione letterale, non sembrava ricomprendere nella proroga a fine 2013 la riscossione delle entrate di natura diversa da quelle tributarie, che potevano, quindi, restare ingiustificatamente escluse dal L’intervento differimento, resosi necessario al fine di favorire il compiuto, ordinato ed efficace riordino della disciplina dell’attività di gestione delle entrate dei Comuni. La Nota, tuttavia, trascura l’aspetto più innovativo della modifica, e cioè il nuovo assetto organizzativo che la (ri)formulazione della norma sembra suggerire. Più in particolare, non si comprende a quale funzione possa adempiere l’espressa legittimazione normativa a che i Comuni possano dar vita ad un consorzio avvalendosi delle società del gruppo Equitalia, in quanto, essendo attività propedeutiche e strumentali alla riscossione, trattasi sicuramente di scelte organizzative da ritenersi insite dell’autonomia di cui godono gli enti locali a seguito del riordino della disciplina dei tributi locali attuata dal d.lgs. n. 446/1997. Come già evidenziato dai primi commentatori(1), obiettivo della rivisitazione della disposizione, in realtà, sembrerebbe esser quello di spingere i Comuni a gestire in proprio la riscossione, anche perché supportate logisticamente e informaticamente da società specializzate, con conseguente messa a margine degli altri soggetti privati di cui all’art. 53 del d.lgs. n. 446/1997 (inizialmente esclusi e riammessi alla gestione solo con l’art. 5, comma 8-bis del d.l. n. 16/2012). Una tale prospettiva, ovviamente, si pone in irrimediabile contrasto con l’ordinamento comunitario che richiede, invece, la più ampia libertà nella prestazione dei servizi su tutto il suo territorio, una procedura ad evidenza pubblica aperta a tutti gli operatori del settore e, soprattutto, un leale confronto concorrenziale tra i diversi operatori. Sia che il servizio sia gestito direttamente dai Comuni, ovvero sia affidato a soggetti terzi di cui all’art. 52, comma 5, lett. b) del d.lgs. n. 446/1997, alla riscossione coattiva questi ultimi dovranno procedere mediante il ricorso all’ingiunzione fiscale di cui al Regio decreto n. 639/1910 e secondo le disposizioni del (1) 19 Titolo II del d.P.R. n. 602/1973, in quanto compatibili, a prescindere dalle modalità di gestione della riscossione stessa (gestione diretta, tramite soggetti o società iscritte nell’apposito albo previsto dall’art. 53 d.lgs. n. 446/1997, tramite società abilitate operanti nell’Unione Europea in possesso di apposita certificazione che attesti la sussistenza di requisiti equivalenti a quelli previsti dalla normativa italiana di settore). Nel caso di affidamento a soggetti di cui al citato art. 52, questi ultimi dovranno aprire uno o più conti dedicati, postali o bancari, sui quali dovranno affluire le somme riscosse, somme che, al netto dell’aggio e delle spese anticipate dal soggetto affidatario, dovranno essere riversate alla tesoreria comunale entro la prima decade di ogni mese con riferimento alle somme accreditate sui conti correnti di riscossione del mese precedente (art. 5, comma 8-bis d.l. n. 16/2012). Per ciò che riguarda, infine, l’aggio di riscossione, il comma 2 dell’art. 52 del “decreto del fare” anticipa al 30 settembre 2013 il termine (originariamente fissato al 31 dicembre 2013) entro il quale deve essere emanato il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, previsto dall’art. 10 del d.l. n. 201/2011, ai fini della rimodulazione dell’aggio di riscossione (che dal 1°gennaio 2013 è dovuto in misura pari all’8% dell’importo iscritto a ruolo) sulla base di nuovi criteri previsti dalla legge che garantiscano comunque al contribuente oneri inferiori a quelli attuali (art. 10, comma 13-quater del d.l. n. 201/2011). Cfr. tra i primi commentatori M. Basilavecchia, Rateazioni ampliate per le situazioni in Corr. trib., 2013, 2271 e ss.. 20 Altre novità per il concordato preventivo “in bianco” Michele Bana Odcec di Vicenza Il tribunale può nominare il commissario giudiziale prima dell’apertura della procedura, già in sede di fissazione del termine per il successivo deposito del piano concordatario, della proposta e della documentazione di cui all’art. 161 della legge fallimentare ’art. 82 del d.l. n. 69/2013 (c.d. “Decreto del fare”) ha introdotto alcune ulteriori novità - rispetto a quelle, già significative, apportate dall’art. 33 del d.l. n. 83/2012 - in materia di concordato preventivo, con particolare riferimento alla disciplina della domanda “in bianco”, ovvero con riserva del successivo deposito del piano, della proposta e della relativa documentazione (art. 161, co. 6, del r.d. n. 267/1942). In primo luogo, è stata ampliata la documentazione costituente il ricorso di pre-concordato: non più soltanto i bilanci degli ultimi tre esercizi, ma anche l’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti. A questo proposito, si rammenta altresì che diverse autorità giudiziarie - ad esempio il Tribunale di Milano (Linee guida del 20 settembre 2012) - ritengono necessario che l’impresa alleghi al ricorso anche un aggiornato certificato camerale: in pendenza di un’istanza di fallimento, la L presentazione di tale ricorso con riserva - se soddisfa i requisiti formali e sostanziali previsti dall’art. 161, co. 6, l.f. - costringe il tribunale a concedere il termine (minimo e massimo) di 60 giorni per il deposito del piano, della proposta e della documentazione. In altre parole, l’autorità giudiziaria si viene a trovare nell’impossibilità di esaminare l’istanza di fallimento, sebbene, in termini generali, non sussista la pregiudizialità del concordato preventivo, nell’ipotesi di deposito tempestivo, nel termine concesso, dei predetti atti: in passato, la giurisprudenza di legittimità ha, infatti, ritenuto immune da vizi il comportamento del tribunale che - nel caso di una procedura di concordato preventivo instauratasi nell’alveo di quella prefallimentare, che ha seguito il suo regolare corso - abbia provveduto soltanto sulle istanze di fallimento (Cass. n. 18190/2012). In ogni caso, se il termine concesso per effetto della domanda “in bianco” scade inutilmente, ovvero il debitore non presenta il piano di concordato preventivo, la proposta e la relativa documentazione, viene meno ogni pregiudizialità del concordato preventivo, anche nel caso di successivo deposito di una domanda “completa”, e non riservata: al ricorrere di tale circostanza, è attribuita alla discrezione del tribunale la scelta tra l’ammissione della domanda di concordato preventivo e la dichiarazione di fallimento del debitore. Il “Decreto del fare” ha, inoltre, riconosciuto al tribunale il potere di nominare - in sede di decreto di fissazione del termine per il predetto deposito differito - il commissario giudiziale, rispetto al quale il debitore è obbligato a tenere a disposizione i libri contabili (art. 170, co. 2, l.f.), investito di un dovere analogo a quello previsto nella vera e propria procedura concorsuale. Il commissario giudiziale deve, infatti, verificare se il debitore ha posto in essere una delle condotte previste dall’art. 173 del r.d. n. 267/1942, quali, L’intervento ad esempio, l’esposizione di passività insussistenti o il compimento di atti di frode: al ricorrere di una di tali ipotesi, il predetto professionista deve darne notizia immediatamente al tribunale, che, previa verifica dei suddetti comportamenti, può dichiarare improcedibile la domanda di concordato. In tale sede, l’autorità giudiziaria è altresì investita del potere - analogamente al caso di revoca della procedura (art. 173, co. 2, l.f.) - di dichiarare il fallimento del debitore, su istanza di uno o più creditori o del pubblico ministero, dopo aver verificato i presupposti di fallibilità dello stesso, quali il requisito soggettivo e lo stato di insolvenza (artt. 1 e 5 del r.d. n. 267/1942). È stata, inoltre, apportata un’integrazione alla normativa di cui all’art. 161, co. 7, l.f., riguardante il compimento - dopo il deposito del ricorso della domanda di concordato preventivo, e sino al decreto di eventuale ammissione - di atti urgenti di straordinaria amministrazione: è stato confermato che il tribunale, ai fini del rilascio dell’autorizzazione, può assumere sommarie informazioni, introducendo, però, l’obbligo di acquisire il parere del commissario giudiziale. Sul punto, si ricorda che tali operazioni, se legalmente poste in essere (così come quelle afferenti la gestione ordinaria), possono dare luogo a crediti prededucibili, e non sono assoggettabili - nel caso di successiva dichiarazione dello stato di insolvenza - ad azione revocatoria fallimentare (art. 67, co. 3, lett. e), del r.d. n. 267/1942). Il “Decreto del fare” ha, infine, riformulato l’art. 161, co. 8, l.f., chiarendo che il tribunale deve disporre gli obblighi informativi periodici, anche relativi alla gestione finanziaria dell’impresa e all’attività compiuta ai fini della predisposizione del piano e della proposta, che il debitore deve assolvere, con periodicità almeno mensile, e sotto la vigilanza del commissario giudiziale, se nominato, sino alla scadenza del termine fissato per la presentazione della documentazione. In particolare, è stato stabilito che il debitore deve depositare, con frequenza mensile, una situazione finanziaria dell’impresa, che il cancelliere provvede, poi, a pubblicare, entro il giorno successivo, presso il Registro delle imprese. Rimane altresì confermato che, in caso di violazione, trova applicazione l’art. 162, co. 2 e 3, 21 del r.d. n. 267/1942, con relativa dichiarazione di inammissibilità della domanda. Un’ultima novità, contenuta sempre nel novellato co. 8 dell’art. 161 l.f., è rappresentata dalla previsione secondo cui, quando risulta che l’attività compiuta dal debitore è manifestamente inidonea alla predisposizione del piano e della proposta, il tribunale - anche d’ufficio, sentito il debitore e, se nominato, il commissario giudiziale - abbrevia il termine fissato per il deposito differito della documentazione. All’autorità giudiziaria è, inoltre, riconosciuto il potere di sentire, in ogni momento, i creditori. Programma generale Condividerete sessioni innovative, di alto profilo e interattive con oltre 4.000 colleghi da tutto il mondo. DAY 1 Lunedì, 10 Novembre 09:00 - 16:00 16:30 - 20:00 Registrazione partecipanti Cerimonia di Apertura, cocktail di benvenuto e concerti 09:00 11:00 11:30 13:00 14:00 15:30 16:00 - 11:00 11:30 13:00 14:00 15:30 16:00 17:30 Sessione plenaria I Coffee break Sessioni simultanee Pranzo Sessioni simultanee Coffee Break Sessioni simultanee DAY 3 Mercoledì, 12 Novembre 09:00 11:00 11:30 13:00 14:00 19:30 - 11:00 11:30 13:00 14:00 15:30 23:00 Sessione plenaria II Coffee break Sessioni simultanee Pranzo Sessioni simultanee Evento di Gala - 10:30 11:00 12:30 14:30 Sessioni simultanee Coffee break Sessione Plenaria III Sessione finale e Cerimonia di Chiusura DAY 2 Martedì, 11 Novembre DAY 4 Giovedì, 13 Novembre 09:00 10:30 11:00 13:00 Documento IRDCEC La nuova disciplina delle società tra professionisti: iscrizione nel Registro delle imprese e nella Sezione speciale dell’Albo, incompatibilità e regime disciplinare CIRCOLARE N. 33/IR DEL 31 LUGLIO 2013 1. Premessa 2. L’iscrizione nel registro delle imprese La circolare in commento prosegue nell’esame della nuova disciplina in materia di società tra professionisti (di seguito, s.t.p.) contenuta nei commi 3 - 11 dell’art. 10 della legge n. 183/2011 e nel regolamento di attuazione approvato con il d.m. 8 febbraio 2013, n. 34(1), soffermandosi sul regime pubblicitario e sul regime disciplinare: una volta costituita, infatti, la s.t.p. è tenuta ad iscriversi nella sezione speciale del registro delle imprese e nella sezione speciale dell’albo o del ruolo (o elenco)(2) tenuto presso l’ordine o il collegio professionale di appartenenza dei soci professionisti. E all’ordine o collegio al quale risulta iscritta, essa risponde disciplinarmente per le violazioni delle norme deontologiche. Solo a seguito del compimento delle operazioni relative all’iscrizione, la s.t.p. può iniziare l’esercizio dell’attività professionale. In particolare, come avremo modo di precisare di seguito, l’esercizio dell’attività professionale risulta condizionato alla iscrizione nella sezione speciale dell’albo che, ancorché successiva rispetto all’adempimento espletato presso il registro delle imprese, assume nella vicenda una specifica valenza “costitutiva”, in modo simmetrico a quanto previsto negli ordinamenti professionali per il professionista persona fisica che intenda iniziare la propria attività. Il procedimento di iscrizione è declinato nel d.m. n. 34/2013, agli artt. 7 - 11, ancorché la fonte primaria non abbia previsto un esplicito rinvio alla regolamentazione di tali aspetti. L’art. 7 “Iscrizione nel registro delle imprese” è inserito nel capo III del regolamento specificatamente dedicato alla disciplina della partecipazione alla società tra professionisti e non nel capo IV, avente ad oggetto la materia dell’iscrizione all’albo e del regime disciplinare, nell’ambito del quale sono stati inseriti gli artt. 8 “Obbligo di iscrizione”, 9 “Procedimento”, 10 “Diniego d’iscrizione” e 11 “Cancellazione dall’albo”. Tale distinzione nella collocazione dell’art. 7 sembra trovare giustificazione nella precipua funzione ricollegata all’iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese che il regolamento individua nella certificazione anagrafica e nella pubblicità-notizia ai fini della verifica dell’incompatibilità. La legge n. 183/2011 non contiene esplicite previsioni circa l’obbligo di iscrizione della s.t.p. nel registro delle imprese. La stessa legge non include tale materia tra quelle oggetto della normativa secondaria(3). Tale circostanza avvalorava la tesi, sostenuta all’indomani della pubblicazione della legge n. 183/2011, per cui il regime pubblicitario della s.t.p. dovesse essere quello proprio del tipo societario prescelto(4). (1) Si rimanda alla nostra circ. n. 32/IR del 12 luglio 2013 per un esame dei profili civilistici delle società tra professionisti e, in particolare, di quelli riguardanti i tipi societari utilizzabili, la sede, la denominazione o la ragione sociale, i soci, l’oggetto sociale, il conferimento e l’esecuzione dell’incarico, le responsabilità e il regime disciplinare, la polizza assicurativa, lo scioglimento della società per assenza della condizione di prevalenza dei soci professionisti e le s.t.p. multidisciplinari. Le problematiche relative al regime fiscale e previdenziale delle s.t.p. verranno, infine, esaminate nella successiva circ. n. 34/IR di prossima emanazione. (2) Il procedimento di iscrizione della s.t.p. non è disciplinato nella legge n. 183/2011, bensì nel d.m. 8 febbraio 2013, n. 34, “Regolamento in materia di società per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico, ai sensi dell’art. 10, comma 10, della legge 12 novembre 2011, n. 183”. Occorre mettere in evidenza, ai fini che ci occupano, che il regolamento, oltre ad albo o elenco, utilizza il termine registro; in proposito, cfr. art. 8. (3) Il regolamento di cui al d.m. n. 34/2013, infatti, doveva essere adottato dal Ministero della Giustizia di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico per disciplinare la materia del conferimento dell’incarico e della sua esecuzione (art. 10, comma 4, lett. c, della legge n. 183/2011), l’incompatibilità dei soci (art. 10, comma 6, della legge n. 183/2011), il regime disciplinare della s.t.p. (art. 10, comma 7, della legge n. 183/2011). (4) C. IBBA, Le società tra professionisti: ancora una falsa partenza, in Riv. not., 2012, 11, secondo il quale in assenza di specifiche disposizioni della legge n. 183/2011 e di espliciti rinvii sul punto alla fonte regolamentare, la s.t.p. non doveva transitare per la sezione speciale del registro delle imprese istituita ai sensi dell’art. 16 del d.lgs. n. 96/2001. 24 Documento Irdcec Di talché la s.t.p. costituita come società semplice andava iscritta nella sezione speciale istituita presso il registro delle imprese, mentre quella costituita secondo differenti “modelli” societari andava iscritta nella sezione ordinaria, con gli effetti propri della pubblicità dichiarativa o costitutiva, pur non potendosi qualificare, per tal motivo, attività di impresa l’attività professionale che rappresenta l’oggetto esclusivo della società(5). Differentemente dalle aspettative, il d.m. n. 34/2013 si occupa dell’iscrizione nel registro delle imprese. Il menzionato art. 7 del regolamento stabilisce che la s.t.p. è iscritta nella sezione speciale del registro delle imprese istituita ai sensi dell’art. 16, comma secondo, secondo periodo, del d.lgs. n. 96/2001, secondo le modalità declinate nel d.p.r. n. 581/1995(6), nel d.p.r. n. 558/1999(7) e nell’art. 31 della l. n. 340/2000(8). Viene altresì previsto che la certificazione relativa all’iscrizione nella sezione speciale attesti la qualifica di società tra professionisti(9). Ne consegue che l’iscrizione è effettuata nella sezione speciale già istituita presso il registro delle imprese ai sensi dell’art. 16, comma secondo, del d.lgs. n. 96/2001, espressamente destinata alle società tra professionisti(10) e non solo alle società tra avvocati. Tale iscrizione ha funzione di certificazione anagrafica e pubblicità-notizia(11) e viene effettuata ai fini della verifica dell’esistenza di cause di incompatibilità della partecipazione a più società tra professionisti di cui all’art. 6 del regolamento. Considerato che la s.t.p. può essere costituita secondo uno dei tipi societari disciplinati nei titoli V e VI del libro V del codice civile e dunque non solamente come società semplice, la Relazione illustrativa dello schema di regolamento spiega che resta ferma la disciplina degli effetti dell’iscrizione nel registro delle imprese dettata per i singoli “modelli” societari utilizzati dai soci in sede di costituzione della s.t.p., perché, trattandosi di materia del tutto estranea all’ambito di intervento concesso alla normativa secondaria, il regolamento non poteva soffermarsi su tali aspetti. Sotto il profilo della sequenza temporale, il d.m. n. 34/2013 stabilisce la priorità dell’iscrizione nel registro delle imprese rispetto a quella effettuata nella sezione speciale dell’albo (art. 9, comma 1, lett. b)) e prevede che quest’ultima venga annotata nella sezione speciale del registro delle imprese su richiesta di chi ha la rappresentanza della società (art. 9, comma 4). La s.t.p., come avremo modo di precisare, deve iscriversi anche nell’apposita sezione dell’albo istituita presso il Consiglio dell’ordine nella cui circoscrizione è posta la sede legale (art. 9, comma 1, del d.m. n. 34/2013). Alla luce di quanto precisato, in base a un’interpretazione meramente letterale del d.m. n. 34/2013, risulta delineato un particolare sistema pubblicitario in virtù del quale la s.t.p. deve iscriversi nella sezione speciale istituita ai sensi dell’art. 16 del d.lgs. n. 96/2001 al sol fine di consentire la verifica dei requisiti in capo ai soci per escludere il ricorrere di ipotesi di incompatibilità. Tale iscrizione, dunque, parrebbe avere una funzione meramente informativa limitatamente alle vicende che possono incidere sulla compagine societaria della s.t.p.. Come si esprime il regolamento, la verifica del Conservatore avverrà in ossequio ai criteri indicati nel d.p.r. n. 581/1995 e nel d.p.r. n. 558/1999 e avrà ad oggetto anche la verifica della ricorrenza di eventuali cause di incompatibilità. In base alle considerazioni formulate nella Relazione illustrativa del regolamento e sopra riportate, si rendeva opportuno un chiarimento quanto meno per coordinare il procedimento di iscrizione nella sezione speciale del registro con gli effetti propri della pubblicità del tipo prescelto in sede di costituzione. In altri termini, il dato letterale dell’art. 7 del d.m. n. 34/2013 non offre alcuna utilità per risolvere le questioni già evidenziate al tempo dell’istituzione della sezione speciale del registro delle imprese per le società tra avvocati(12) e lascia del tutto irrisolta la problematica se dall’iscrizione nella sezione speciale di cui all’art. 16 del d.lgs. n. 96/2001 possano o meno derivare anche gli effetti pubblicitari tipici del “modello” adottato, pur in assenza di indicazioni in tal senso, ovvero se per questi ultimi sia necessaria anche l’iscrizione nella sezione ordinaria. L’aspetto dell’iscrizione e degli adempimenti connessi ha, inevitabilmente, interessato le Camere di Commercio. Sul tema è intervenuta per prima la Camera di Commercio di Milano la quale, nelle istruzioni diramate con riguardo alla pubblicità della costituita s.t.p., ha avuto modo di precisare che la società si iscrive: a seguito della costituzione, nel registro delle imprese come società inattiva; nella sezione dell’albo tenuto presso l’ordine di appartenenza dei soci professionisti(13); nella sezione speciale del registro delle imprese, su richiesta del rappresentante legale entro 30 giorni dall’inizio dell’attività. Tali indicazioni, ripetute nelle istruzioni diramate da altre Camere di Commercio(14), creano un regime di pubblicità che risulta connotato da elementi di specialità rispetto a quello “generale”. Emerge, infatti, con una certa evidenza che l’esercizio dell’attività professionale dedotta nell’atto costitutivo della s.t.p. come oggetto sociale esclusivo, è sospensivamente condizionato all’esito favorevole della verifica effettuata dal consiglio dell’ordine competente a seguito della quale la società viene iscritta nell’albo professionale. Restando in argomento e a sostegno del particolare regime pubblicitario della s.t.p., va segnalato che la Camera di Commercio di Genova(15), a seguito di chiarimenti richiesti sulle modalità applicative del diritto annuale a carico della s.t.p. di cui alla legge n. 183/2011, ha precisato che le società tra professionisti iscritte nell’anno 2013 sono tenute al versamento di un diritto transitoriamente fissato nella misura di 200,00 Euro corrispondente a quello previsto per le società iscritte nella sezione ordinaria rientranti nel primo scaglione di fatturato. Laddove esistano unità locali adibite all’esercizio dell’attività professionale, è dovuto per Documento Irdcec ciascuna di esse e in favore della Camera di Commercio nel cui territorio sono poste, un importo pari a 40,00 Euro. Il diritto in questione andrà versato, con modello F24, all’atto di presentazione della domanda di iscrizione o entro i trenta giorni successivi. 3. L’iscrizione nella sezione speciale dell’albo e la cancellazione Il procedimento di iscrizione nell’albo professionale, come accennato, è contemplato negli artt. 8 - 10 del d.m. n. 34/2013. La s.t.p. deve essere iscritta in una sezione speciale dell’albo o del registro tenuto presso l’ordine o il collegio professionale di appartenenza dei soci professionisti (art. 8, comma 1) e coincidente con quello in cui è posta la sede legale della società, come puntualizza il successivo art. 9. La s.t.p. multidisciplinare è iscritta presso l’albo dell’ordine relativo all’attività individuata come prevalente che ne determinerà l’assoggettamento alle relative regole deontologiche (art. 8, comma 2). Nella sezione speciale dell’albo – che dovrà essere istituita presso gli ordini territoriali, se non esistente – verrà curata l’iscrizione dei dati “identificativi” 25 della società, quali ragione o denominazione sociale, oggetto professionale (specificando se unico o prevalente), sede legale, nominativo del legale rappresentante, nominativi dei soci iscritti presso lo stesso ordine, nominativi dei soci iscritti in albi od elenchi di altre professioni regolamentate, se componenti della compagine societaria (art. 9, comma 3). Nella sezione speciale verranno annotate, a cura dell’ordine territoriale competente previa comunicazione da parte del rappresentante legale della società, le deliberazioni che comportino modificazioni dell’atto costitutivo o dello statuto e le modifiche del contratto sociale che importino variazioni della composizione sociale (art. 9, comma 5). Come accennato in precedenza, l’iscrizione nella sezione dell’albo rappresenta la fase conclusiva del procedimento appena descritto e contenuto nell’art. 9 del regolamento a monte del quale si pone la domanda di iscrizione presentata dal legale rappresentante della società al consiglio dell’ordine o al collegio nella cui circoscrizione è posta la sede legale della società e a corredo della quale è necessario allegare, in forza delle previsioni del primo comma: l’atto costitutivo e lo statuto della società in copia autentica; (16) il certificato di iscrizione nel registro delle imprese ; (5) In tal senso, O. CAGNASSO, Soggetti ed oggetto della società tra professionisti, in NDS, 3, 2012, 11. (6) Recante il “Regolamento di attuazione dell’art. 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, in materia di istituzione del registro delle imprese di cui all’art. 2188 del codice civile”. (7) Si tratta del “Regolamento recante norme per la semplificazione della disciplina in materia di registro delle imprese, nonché per la semplificazione dei procedimenti relativi alla denuncia di inizio di attività e per la domanda di iscrizione all'albo delle imprese artigiane o al registro delle imprese per particolari categorie di attività soggette alla verifica di determinati requisiti tecnici (numeri 94-97-98 dell'allegato 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59)”. (8) Si tratta dell’art. art. 31 “Soppressione dei fogli annunzi legali e regolamento sugli strumenti di pubblicità” della legge n. 340/2000 recante “Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi - Legge di semplificazione 1999”. (9) Conformemente a quanto dispone l’art. 2 del d.p.r. n. 558/1999. (10) L’art. 16, comma secondo, del d.lgs. n. 96/2001, dispone che “ai fini dell’iscrizione nel registro delle imprese, è istituita una sezione speciale relativa alle società tra professionisti …”. All’indomani della pubblicazione del d.lgs. n. 96/2001, la dottrina metteva in luce come tale sezione speciale fosse destinata ad accogliere le iscrizioni nel registro delle impese di tutte le società tra professionisti e non solo delle società di avvocati, ancorché mancasse una legge istitutiva della s.t.p.; in tal senso, C. IBBA, Disposizioni generali, Commento all’art. 16, in in AA.VV., Le società di avvocati, Torino, 2002, 55. Questo orientamento è stato privilegiato dagli estensori del regolamento. (11) La funzione di pubblicità-notizia è stata tradizionalmente attribuita all’iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese. Singolare la disciplina prevista in punto di impresa agricola e società semplice esercente attività agricola che attribuisce all’iscrizione nella sezione speciale anche una funzione di pubblicità dichiarativa per espressa previsione dell’art. 2 del d.lgs. n. 228/2001, “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57”. (12) L’evidente frattura sistematica veniva risolta da P. SPADA, Schegge di riforma del diritto delle società di persone, in Riv. dir. civ., 2002, I, 353 e ss., riconoscendo all’iscrizione della società tra avvocati nella sezione speciale di cui all’art. 16 del d.lgs. n. 96/2001 efficacia notiziale con il corollario di escludere rispetto ad essa gli effetti c.d. dichiarativi della pubblicità, ma non gli effetti c.d. normativi (o costitutivi) direttamente riconducibili alla normativa di diritto societario. (13) La sezione dell’albo è quella istituita presso il consiglio dell’ordine nella cui circoscrizione è posta la sede legale (cfr. art. 9, comma 1, del d.m. n. 34/2013). (14) Dalle Camere di Commercio di Alessandria, di Lodi e di Cosenza, ad esempio, che sono pervenute alle medesime conclusioni. Si segnala, peraltro, che l’iscrizione nella sezione degli inattivi non pare essere unanimamente condivisa. 15) Protocollo n. 15101 del 3 luglio 2013 in risposta all’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Genova. (16) In considerazione delle istruzioni diramate dalle Camere di Commercio richiamate in precedenza, dovrebbe trattarsi del certificato di iscrizione nel registro come società inattiva. 26 Documento Irdcec il certificato di iscrizione all’albo, nell’elenco o nel registro dei soci che non siano iscritti presso l’ordine o il collegio a cui è rivolta la domanda(17); la dichiarazione autenticata proveniente dal socio professionista cui spetta l’amministrazione della società laddove la s.t.p. sia costituita come società semplice. Per quanto attiene all’obbligo della istituzione e della tenuta della sezione speciale, oltre a quanto prevede il d.m. n. 34/2013, possono effettuarsi sin d’ora alcune prime considerazioni. Stante il disposto del menzionato art. 8 del regolamento, si può agevolmente concludere che la sezione speciale istituita nell’albo e dedicata alla s.t.p. sia unica e ricomprensiva sia delle società c.d. monoprofessionali, sia delle società c.d. multidisciplinari. Ai fini dell’inclusione nella sezione speciale delle s.t.p., inoltre, non rilevano eventuali suddivisioni in sezioni adottate dagli ordinamenti professionali relativamente all’esercizio dell’attività professionale di riferimento, dal momento che, come si evince chiaramente dall’art. 10, comma 4, lett. b) della legge n. 183/2011, i soci professionisti della s.t.p. possono essere iscritti anche in differenti sezioni dell’albo della professione regolamentata di appartenenza. Il principio per cui la s.t.p. si iscrive nella sezione speciale dell’albo tenuto dall’ordine nella cui circoscrizione è posta la sede legale della società è l’unico esplicitato nel d.m. n. 34/2013, con il corollario dell’irrilevanza, a tal fine, delle iscrizioni in albi differenti dei soci professionisti. Di talché, in presenza di compagini societarie formate da soci professionisti appartenenti allo stesso ordine professionale, ma iscritti in albi territoriali differenti, sarebbe opportuno che la stessa società o i soci interessati comunichino al proprio ordine la partecipazione alla s.t.p. al fine di far provvedere all’annotazione della medesima anche negli albi territoriali in cui essi risultano iscritti(18). Tale soluzione, praticabile anche nelle ipotesi in cui la s.t.p. abbia istituito sedi secondarie in circoscrizioni di ordini territoriali diversi, pur in assenza di un’esplicita indicazione da parte della legge istitutiva e del d.m. n. 34/2013, facilita l’attività degli ordini territoriali anche in vista degli adempimenti necessari al fine di scongiurare possibili situazioni di contemporanea partecipazioni a più s.t.p. rilevabili ai fini dell’incompatibilità. Per quanto attiene al procedimento di iscrizione, l’art. 9 del d.m. n. 34/2013 chiarisce che, a seguito della presentazione della domanda, il consiglio dell’ordine è tenuto a deliberare sull’iscrizione nella sezione speciale dell’albo, previa verifica dell’osservanza delle disposizioni contenute nel regolamento. Come è dato evincere, l’oggetto della verifica che il consiglio dell’ordine è tenuto ad espletare è specificatamente individuato nella normativa secondaria; differentemente non si rinvengono disposizioni circa il termine entro cui la delibera di iscrizione nella sezione speciale dell’albo debba essere validamente assunta. Soccorrono, a tal riguardo, le previsioni dei singoli ordinamenti professionali circa l’iscrizione all’albo del professionista persona fisica, delle quali sembra consentita l’applicazione analogica(19). Per quanto concerne i commercialisti, il rinvio è all’art. 37, comma terzo, del d.lgs. n. 139/2005 in forza del quale il consiglio dell’ordine territoriale è chiamato a deliberare nel termine di due mesi dalla presentazione della domanda. È il caso di mettere in luce che la lettera dell’art. 9, comma 5, del d.m. n. 34/2013, consente di concludere che anche il procedimento di annotazione delle modifiche dell’atto costitutivo e del contratto sociale che importino variazioni della composizione sociale debba concludersi nel medesimo termine. L’ambito dei controlli dei consigli dell’ordine, come detto, è basato sulla verifica dell’“…osservanza delle disposizioni contenute nel presente regolamento”. Ne consegue che il consiglio dell’ordine, oltre a verificare la completezza della documentazione presentata a corredo della richiesta di iscrizione e sopra menzionata, deve effettuare un controllo circa la ricorrenza delle condizioni previste dall’art. 10 della legge n. 183/2011 in quanto direttamente richiamate dagli artt. 1 e 2 del regolamento, nonché circa l’osservanza dei precetti declinati con la normativa secondaria. In proposito, non può essere trascurato il dato letterale contenuto nell’art. 1 del d.m. n. 34/2013. La norma, infatti, definisce s.t.p. ai fini del regolamento medesimo, la società costituita secondo i modelli societari regolati dai titoli V e VI e alle condizioni previste dall’art. 10, commi 3-11, della legge n. 183/2011, avente ad oggetto l’esercizio di una o più attività professionali per le quali sia richiesta l’iscrizione in albi od elenchi. Il principio appena richiamato viene ribadito nell’art. 2, comma primo, del d.m. n. 34/2013 a mente del quale le disposizioni del regolamento si applicano alle società costituite ai sensi dell’art. 10, commi 3 -11, della legge n. 183/2011. Del resto, la tesi or ora sostenuta, vale a dire che l’ambito dei controlli espletati dal consiglio dell’ordine debba investire anche la ricorrenza delle condizioni previste dalla legge n. 183/2011, sembra trovare ulteriore conforto nell’art. 11 del d.m. n. 34/2013 in forza del quale, al venir meno dei requisiti previsti dalla legge o dallo stesso regolamento per l’iscrizione della s.t.p. nella sezione speciale dell’albo, il consiglio dell’ordine può procedere alla cancellazione della società se questa non abbia provveduto alla regolarizzazione della propria posizione secondo le modalità ivi indicate. Si può ritenere, pertanto, che il controllo del consiglio dell’ordine possa incentrarsi sul rispetto delle condizioni descritte nell’art. 10, quali ad esempio, il ricorso ad uno dei tipi societari richiamati dalla norma, la formazione della denominazione o della ragione sociale secondo le modalità ivi indicate, la prevalenza dei soci professionisti nella compagine societaria, l’esclusività dell’oggetto sociale(20), la copertura assicurativa(21), oltre all’esistenza delle condizioni di validità espressamente indicate nel regolamento, tra cui è ricompresa l’assenza Documento Irdcec di cause di incompatibilità dei soci della s.t.p.. In merito a questo ultimo aspetto, non possono essere sottaciute le difficoltà che si potrebbero riscontrare nell’accertamento delle cause di incompatibilità e in particolar modo di quelle relative al c.d. socio per finalità di investimento che non siano riconducibili all’ipotesi tratteggiata nell’art. 6, coma 3, lett. c)(22). A tal riguardo, la verifica del consiglio dell’ordine potrà essere esclusivamente incentrata sulla esibizione di una dichiarazione sostitutiva che gli interessati avranno reso in sede di costituzione ai sensi del d.p.r. n. 445/2000 e, se del caso, riproposto a corredo della documentazione richiesta ai sensi dell’art. 8 ai fini dell’iscrizione nell’albo(23). L’art. 10 del regolamento precisa che il procedimento di iscrizione può concludersi con un provvedimento di diniego per mancanza dei requisiti richiesti ai fini dell’iscrizione. Ottemperando a quanto suggerito dal Consiglio di Stato in occasione del parere espresso il 7 giugno 2012(24), il regolamento impone al consiglio dell’ordine di comunicare tempestivamente al legale rappresentante della s.t.p. i motivi che ostano all’accoglimento della domanda di iscrizione o di annotazione prima della formale adozione di un provvedimento negativo, consentendo alla società istante, per mezzo del suo legale rappresentante, di presentare per iscritto le sue osservazioni entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione. La lettera di definitivo diniego è comunicata al legale rappresentante della società ed è impugnabile secondo le disposizioni dettate dai singoli ordinamenti relativamente al diniego di iscrizione all’albo del professionista persona fisica, pur restando consentito adire l’autorità giudiziaria. In modo simmetrico a quanto previsto in punto di iscrizione nella sezione (17) 27 speciale dell’albo della s.t.p., inoltre, l’art. 11 del regolamento ne dispone la cancellazione per difetto sopravvenuto di uno dei requisiti previsti dalla legge o dallo stesso regolamento. Come si evince dal d.m. n. 34/2013, la cancellazione dall’albo è deliberata dal consiglio dell’ordine o dal collegio presso cui è iscritta la s.t.p., nel rispetto del contradditorio, nei casi in cui la società: non abbia provveduto alla regolarizzazione nel termine perentorio di tre mesi a partire dal momento in cui si è verificata la situazione di irregolarità; non abbia provveduto a ristabilire la prevalenza dei soci professionisti nella compagine societaria nel termine perentorio di sei mesi. Si distingue, pertanto, tra l’ irregolarità dovuta al mutamento quantitativo della compagine societaria e il difetto dei restanti requisiti previsti nella legge n. 183/2011 o nel regolamento medesimo, in quanto la prima, a differenza degli altri, è sanabile nel maggior termine di sei mesi. 4. L’incompatibilità Quanto appena sostenuto in relazione alle verifiche dei consigli dell’ordine rende opportuno soffermarsi sull’art. 6 del d.m. n. 34/2013. In un’ottica meramente ricognitiva, va messo in luce come la legge n. 183/2011 abbia declinato il principio in base al quale la partecipazione ad una s.t.p. è incompatibile con la partecipazione ad altra società tra professionisti, demandando al regolamento del Ministero della Giustizia concertato con il Ministero dello Sviluppo Economico la disciplina di dettaglio. Il primo comma dell’art. 6 del regolamento precisa che l’incompatibilità considerata nell’art. 10, comma 6, della l. n. 183/2011, conseguente alla contemporanea partecipazione del socio a differenti società Tale certificato può essere sostituito da una dichiarazione sostitutiva resa ai sensi dell’art. 40 del d.p.r. n. 445/2000. In tal senso, anche CNDCEC, P.O. n. 158/2013. (18) In alternativa potrebbe anche ipotizzarsi una comunicazione effettuata dal consiglio dell’ordine territorialmente competente per la s.t.p. ai consigli dell’ordine in cui i soci risultino iscritti. (19) In tal senso si è espresso il CNDCEC con la nota informativa 2/2013 del 21 maggio 2013. (20) Sul punto anche CNDCEC, P.O. n. 158/2013. (21) Su tali aspetti si rinvia alla nostra circolare n. 32/2013. Alle medesime conclusioni perviene il CNDCEC, P.O. n. 182/2013. (22) La lettera c) del comma 3 dell’art. 6 del regolamento richiede che il socio per finalità di investimento, tra l’altro, non sia stato cancellato da un albo professionale per motivi disciplinari. (23) Il regolamento non indica un termine entro cui presentare la domanda per l’iscrizione nella sezione speciale dell’albo a seguito dell’iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese. Ciò impone di considerare con estrema attenzione casi in cui il rappresentante legale della società non abbia proceduto tempestivamente all’iscrizione della società nell’albo, in considerazione di possibili mutamenti che possano interessare i soci sotto il profilo dell’incompatibilità e dell’onorabilità. (24) Si tratta del parere n. 3127/2012 espresso dall’adunanza della Sezione Consultiva degli atti normativi sullo schema di regolamento. 28 Documento Irdcec professionali, si determina anche in presenza di s.t.p. multidisciplinare e si applica per tutta la durata dell’iscrizione della società nella sezione speciale dell’albo. Occorre, pertanto, delimitare l’ambito di applicazione del menzionato primo comma. L’assenza di specificazioni in ordine alla qualifica del socio rispetto al quale l’incompatibilità va “misurata”, peraltro replicata anche nel successivo comma secondo dell’art. 6, fa propendere per un’interpretazione rigorosa della disposizione e conduce a sostenere che la regola sull’incompatibilità determinata dalla partecipazione contemporanea a più s.t.p. trovi applicazione rispetto a tutti i soci, indipendentemente dal ruolo assunto all’interno della s.t.p., senza procedere a distinzione tra soci professionisti, soci per prestazioni tecniche o soci per finalità di investimento. Letta in tal senso, la disposizione consente di pervenire ad alcune conclusioni. In assenza di ulteriori previsioni della legge e del regolamento in termini di incompatibilità, al socio professionista resta consentito lo svolgimento dell’esercizio della professione in forma individuale o associata. Al socio professionista, è consentito partecipare, sotto altra veste, a società che non siano s.t.p. seppur nei limiti di compatibilità con le precipue regole fissate nell’ordinamento professionale di appartenenza. Diversamente dal professionista che resta in ogni caso vincolato alle regole dell’ordinamento professionale di appartenenza, il socio che non sia iscritto ad albi o ruoli potrà diversificare i propri investimenti in strutture che non siano s.t.p.. Sembrerebbe esclusa, poi, la partecipazione ad una s.t.p. da parte di altra s.t.p., dal momento che potrebbe in tal modo originarsi un’indiretta elusione della regola per cui la partecipazione del socio è consentita solo ed esclusivamente in una s.t.p. (art. 10, comma 6, della l. n. 183/2011 e art. 6, comma 1, del d.m. n. 34/2013). Continuando con l’analisi dell’art. 6 del regolamento, il comma 2 ci informa che l’incompatibilità viene meno dalla data in cui il recesso del socio, l’esclusione dello stesso ovvero il trasferimento dell’intera partecipazione alla società, producono i loro effetti per quanto concerne il rapporto sociale. In altri termini, la partecipazione alla s.t.p. sarà consentita solo a partire dal momento in cui lo scioglimento del rapporto societario rispetto al socio interessato dalla causa di incompatibilità acquisterà efficacia secondo le regole fissate nella disciplina del tipo societario prescelto per la s.t.p.. Considerata la tipicità dei rimedi descritti in relazione a ciascun tipo societario, sarà opportuno, sin dalla costituzione, coordinare il regime dell’incompatibilità dei soci della s.t.p. con le stringenti regole dettate dal diritto societario(25). L’art. 6 del regolamento postula l’esistenza di ulteriori requisiti per il c.d. socio per finalità di investimento, dal momento che ne condiziona la partecipazione alla s.t.p.: al possesso dei requisiti di onorabilità previsti per l’iscrizione all’albo professionale in cui la società è iscritta ai sensi dell’art. 8 (andranno tenuti in considerazione, in caso di società multidisciplinare, i requisiti di onorabilità stabiliti dall’ordinamento professionale della c.d. attività prevalente). V’è da dire, in proposito, che il regolamento si premura di precisare che costituisce requisito di onorabilità (anche) la mancata applicazione, anche in primo grado, di misure di prevenzione personali o reali; a non aver riportato condanne definitive per una pena pari o superiore a due anni di reclusione per la commissione di un reato non colposo e salvo che non sia intervenuta riabilitazione; a non essere stato cancellato da un albo professionale per motivi disciplinari. I requisiti di onorabilità previsti per il socio investitore persona fisica vengono riproposti con riferimento all’organo di amministrazione e ai legali rappresentanti del socio investitore persona giuridica o comunque società. Dalla ricognizione delle norme, allora, emergono alcuni dati significativi. In primo luogo, degna di nota è la previsione dell’incompatibilità assoluta del professionista cancellato dall’albo professionale per motivi disciplinari: costui non può partecipare alla s.t.p. né in qualità di socio professionista (ovviamente), né in qualità di socio per finalità di investimento. Tale disposizione va messa in relazione con quella contenuta nell’art. 10, comma 4, lett. d), della l. n. 183/2011 che impone di determinare con apposita clausola statutaria le modalità di esclusione dalla società del socio che è stato cancellato dall’albo con provvedimento definitivo e, presumibilmente interpretata alla luce delle regole che caratterizzano il c.d. ordinamento delle professioni regolamentate, fondate sul decoro e sulla dignità della professione. Trattandosi di società costituite per l’esercizio di attività professionali per le quali è necessaria l’iscrizione in albi, non si potrà prescindere dall’osservanza dei generali canoni descritti nell’art. 2233 c.c.. Quanto alla partecipazione di società – che, per quanto sopra detto, non siano s.t.p. – la previsione contenuta nel d.m. n. 34/2013 sembra sciogliere il dubbio interpretativo circa la possibilità di consentire ad un soggetto differente dalla persona fisica la partecipazione ad una s.t.p.. In tal caso la verifica dei requisiti di onorabilità, ancorché in alcuni casi possa rivelarsi non esaustiva, deve essere necessariamente effettuata solo nei confronti degli amministratori e dei rappresentanti legali. Desta non poche perplessità, infine, la circostanza che il regolamento ometta qualsiasi riferimento alla onorabilità del socio per prestazioni tecniche e che non contempli, anche per quest’ultimo e al pari di quanto è previsto per il socio per finalità di investimento, il divieto di partecipare alla s.t.p. nei casi in cui, da professionista, sia stato cancellato per motivi disciplinari(26). Documento Irdcec Passando oltre, e soffermandoci sulle conseguenze riconducibili all’emersione di cause di incompatibilità, il regolamento precisa che il mancato rilievo o la mancata rimozione di una situazione di incompatibilità, desumibile anche dalle risultanze dell’iscrizione nella sezione speciale dell’albo o del registro, integrano illecito disciplinare per la società tra professionisti e per il singolo professionista (art. 6, comma 6). Sul punto la relazione illustrativa specifica che la normativa secondaria non prende in considerazione, perché non poteva farlo considerati i limiti fissati nella legge n. 183/2011, le modalità procedimentali tramite cui accertare l’incompatibilità e le conseguenze che ne derivano sul piano della governance(27). Conseguentemente l’unico deterrente rispetto al verificarsi di una situazione di incompatibilità viene individuato nell’eventuale irrogazione di una sanzione, previa apertura del procedimento disciplinare, per la società e il socio professionista, secondo quanto stabilito nei singoli ordinamenti professionali. In definitiva, con riferimento all’incompatibilità, si può sostenere che al momento della costituzione della s.t.p., e, se del caso, al momento della successiva presentazione della domanda di iscrizione nella sezione speciale dell’albo, tutti i soci sono tenuti a dichiarare, sotto la propria personale responsabilità ai sensi del d.p.r. n. 445/2000, di non versare in alcuna delle situazioni descritte nell’art. 6 e, se non iscritti in albi, in quanto soci per finalità di investimento, di essere in possesso dei requisiti di onorabilità declinati nei commi 3 e 4 della medesima disposizione. Sull’esistenza di tali dichiarazioni si appunta la verifica del registro delle (25) 29 imprese e del consiglio dell’ordine. L’assenza di quanto prescritto comporterà la mancata iscrizione nella sezione speciale dell’albo – se non sia intervenuta la regolarizzazione ai sensi dell’art. 10 – e anche nella sezione speciale del registro. Dopo la costituzione, dato che il regolamento precisa che “l’incompatibilità di cui all’articolo 10, comma 6, della legge 12 novembre 2011 n. 183 sulla partecipazione del socio a più società professionali ... si applica per tutta la durata della iscrizione della società all’ordine di appartenenza”, il consiglio dell’ordine dovrà verificare la sussistenza dei requisiti in capo ai soci professionisti e ai soci non professionisti durante l’attività della società, richiedendo ai primi e ai secondi, a quest’ultimi per mezzo del rappresentante legale, l’esibizione di nuova documentazione che ne attesti il possesso(28). Al riguardo il d.m. n. 34/2013 precisa che il mancato rilievo della causa di incompatibilità o la mancata rimozione della medesima possono essere desunte dalle risultanze degli albi (art. 6, comma 6). La violazione dell’obbligo di rimozione della irregolarità potrà comportare, previa apertura del procedimento, l’irrogazione di una sanzione disciplinare, della quale risulteranno essere destinatari: la s.t.p. e i soci professionisti nel caso in cui si tratti di incompatibilità di uno di questi(29); la s.t.p. qualora si tratti di incompatibilità di soci investitori. 5. Il regime disciplinare Secondo quanto dispone l’art. 10, comma 7, della legge n. 183/2011, i professionisti sono tenuti all’osservanza del codice deontologico del L’esclusione dalla società, mentre è disciplinata nell’ambito delle società personali e può essere prevista dall’atto costitutivo di s.r.l., non è contemplata nella disciplina della s.p.a. Appare maggiormente appropriato, in quest’ultimo caso, ricorrere, previa previsione di statuto, alla categoria delle azioni riscattabili ovvero all’uso delle prestazioni accessorie ex art. 2345 c.c. (26) A tale categoria di socio è riservata un’unica menzione nell’art. 10, comma 4, lett. b), della legge n. 183/2011; sul punto si rinvia alla nostra circolare n. 32/IR. (27) L’aspetto, allora, andrà attentamente considerato tramite previsioni statutarie che tengano conto, da un lato, del tipo societario prescelto e, dall’altro, delle implicazioni ordinistiche derivanti dalla cancellazione dall’albo con provvedimento definitivo del socio professionista (che dovrebbe essere escluso come impone la legge n. 183/2011) e dall’assenza di prevalenza numerica come individuata dalla legge n. 183/2011 dei soci professionisti. (28) Ai sensi dell’art. 12, comma primo, lett. e) del d.lgs. n. 139/2005, il consiglio dell’ordine cura l’aggiornamento e verifica periodicamente, almeno una volta ogni anno, la sussistenza dei requisiti di legge in capo agli iscritti. Tale attività di revisione dell’albo andrà effettuata anche con riguardo alla s.t.p., in quanto iscritta nell’albo professionale. (29) Il difetto dei requisiti necessari per ottenere l’iscrizione all’albo professionale (cfr. art. 36 del d.lgs. n. 139/2005, per i commercialisti), necessariamente posseduti dal socio professionista, comporta la cancellazione dall’albo del medesimo. Tale circostanza, oltre a implicare l’esclusione di quest’ultimo dalla società in base alle disposizioni della legge n. 183/2011, potrebbe produrre la conseguente cancellazione della società dall’albo per assenza dei requisiti di prevalenza dei soci professionisti all’interno della compagine societaria, ricorrendo le condizioni di cui all’art. 10, comma 4, lett. b). A tal proposito va opportunamente messo in luce che una clausola dell’atto costitutivo deve considerare le modalità di esclusione del socio che sia stato cancellato dall’albo con provvedimento definitivo. La stessa clausola, al contempo, dovrebbe considerare la necessità di ricostituire la prevalenza dei soci professionisti nei termini di legge onde evitare lo scioglimento della s.t.p. e la sua cancellazione dall’albo. 30 Documento Irdcec proprio ordine, così come la società è soggetta al regime disciplinare dell’ordine al quale risulta iscritta. Il d.m. n. 34/2013 descrive il regime disciplinare della s.t.p. nell’art. 12 stabilendo che resta ferma la responsabilità del socio professionista secondo le regole deontologiche dell’ordine di appartenenza e che la società risponde disciplinarmente delle violazioni delle norme deontologiche dell’ordine al quale risulti iscritta (art. 12, comma 1). La stessa disposizione aggiunge che, nei casi in cui l’illecito compiuto dal professionista sia ricollegabile a direttive impartite dalla s.t.p., la responsabilità disciplinare del socio professionista concorre con quella della società, anche se il primo risulta iscritto in un ordine diverso da quello in cui risulta iscritta la società (art. 12, comma 2). Ne discende un regime disciplinare che coinvolge socio e s.t.p. a seconda della tipologia dell’illecito posto in essere. Oltre alla responsabilità del professionista, che risponderà per gli illeciti compiuti secondo il regime disciplinare dell’ordine a cui è iscritto, infatti, viene enucleata la responsabilità disciplinare della s.t.p. che resta autonoma e indipendente da quella dei soci professionisti(30) e che viene evitata rispettando i principi informatori della professione e le regole deontologiche dell’ordine a cui la s.t.p. viene iscritta. Ne consegue che l’eventuale irrogazione della sanzione disciplinare alla s.t.p. non produrrà effetto nei confronti dei soci professionisti i quali, pur in presenza di sanzioni disciplinari che possano inibire alla società di esercitare, resteranno legittimati a continuare la propria attività professionale a titolo individuale o associato. Allo stesso modo, la (30) sanzione disciplinare irrogata a carico del socio professionista per illecito compiuto in maniera del tutto autonoma da qualsiasi ingerenza dell’organo di amministrazione o delle decisioni dei soci della s.t.p., non avrà incidenza sulla società all’infuori delle particolari ipotesi in cui il provvedimento assunto nei confronti del socio professionista possa inibire alla società l’esercizio dell’attività professionale per difetto di uno dei requisiti fissati dalla legge n. 183/2011 e replicati nell’art. 11 del d.m. n. 34/2013(31). Nelle ipotesi in cui l’illecito disciplinare compiuto dal socio sia ricollegabile a direttive impartite dalla s.t.p., il regolamento contempla il concorso di responsabilità (art. 12, comma 2). In base a quanto enunciato nel primo comma, in forza del quale il socio professionista è soggetto alle regole deontologiche dell’ordine o del collegio a cui è iscritto e la s.t.p. alle regole deontologiche dell’ordine a cui è iscritta, l’uno e l’altra dovrebbero rispondere secondo le regole deontologiche dell’ordine a cui risultano iscritti(32). Oltre all’emersione della concorrente responsabilità disciplinare della s.t.p. con quella del socio, non è dato rinvenire alcun indice che possa escludere i generali principi a cui sono informati gli ordinamenti delle professioni regolamentate e in base ai quali, come è noto, il professionista è tenuto a rispettare la legge professionale e il codice deontologico adottato dall’Ordine professionale di appartenenza e l’azione disciplinare nei suoi confronti è esercitata dal Consiglio dell’ordine nel cui albo risulta iscritto(33). Si pensi, a titolo esemplificativo, alla s.t.p. che attui una pubblicità informativa non in linea con i criteri fissati nel d.l. n. 138/2011 e nell’art. 4 del d.p.r. n. 137/2011. L’illecito disciplinare è direttamente imputabile alla s.t.p. e non anche ai soci professionisti, fatta eccezione per le ipotesi in cui le scelte di gestione siano assunte dagli stessi professionisti. (31) È l’ipotesi dell’irrogazione della sanzione della cancellazione dall’albo e della esclusione del socio dalla s.t.p. tratteggiate nell’art. 10, comma 4, lett. d), della legge n. 183/2011 che possono incidere negativamente sulla compagine societaria e sulla prevalenza dei soci professionisti; sul punto, cfr. nota 24. (32) Va segnalato, in proposito, che l’art. 12 del d.m. n. 34/2013 replica solo in parte il contenuto dell’art. 30, comma secondo, del d.lgs. n. 96/2001 dettato in punto di responsabilità disciplinare della società tra avvocati. Pur essendo riproposto il concetto del “concorso” dell’ente nell’illecito compiuto dal socio a seguito di direttive impartire dalla s.t.p., nel menzionato art. 12 del d.m. n. 34/2013 è assente qualsiasi indicazione circa il “giudice” competente che invece la norma speciale del d.lgs. n. 96/2001 contiene e individua nel Consiglio dell’Ordine presso cui la società è iscritta. Mancando la riproposizione di tale ultima disposizione sembrerebbe doversi desumere che l’azione disciplinare verrà esercitata, tanto per il socio professionista che per la s.t.p., dai rispettivi ordini (o collegi) territoriali in cui essi risultano iscritti. (33) Per i commercialisti tali principi sono esplicitati nell’art. 49 del d.lgs. n. 139/2005. Vogliamo lavorare per qualcosa, non contro qualcuno. Crediamo che sia giunto il momento di ragionare come una comunità. Servono regole certe, riforme del sistema fiscale e giudiziario. Serve un pensiero tecnico, imparziale, non schierato che affianchi le istituzioni: per lavorare, non più contro qualcuno, ma a favore di tutti. CNDCEC-Report Pronto Ordini, le risposte del Cndcec a cura della Redazione Quesito Odcec di Napoli Oggetto: PO 154/2013_ società tra professionisti Con riferimento ai quesiti formulati in data 6 giugno 2013 con i quali si chiedono indicazioni in merito a taluni aspetti della disciplina delle STP si osserva quanto segue. Il DM 34/2013 prevede esclusivamente che la STP sia iscritta nella sezione speciale dell’albo tenuto dall’Ordine nella cui circoscrizione è posta la sede legale della società. Il regolamento nulla dispone in merito ad ulteriori obblighi di comunicazione a carico dell’Ordine che ha disposto l’iscrizione. Si ritiene, invece, che nulla vieti ai soci professionisti di richiedere successivamente l’annotazione della STP anche negli albi tenuti dagli Ordini territoriali in cui essi risultano iscritti. In presenza di STP multidisplinari, qualora nell’atto costitutivo non sia stata individuata l’attività professionale prevalente, la STP dovrà essere iscritta in tutti gli albi professionali di appartenenza dei soci professionisti. L’art. 10, comma 8, L. 183/2011 e l’art. 6, DM 34/2013 prevedono esclusivamente che la partecipazione ad una società sia incompatibile con la partecipazione ad altra società tra professionisti, anche multidisciplinare. Si ritiene, pertanto, che il socio professionista possa continuare ad esercitare l’attività professionale anche in forma individuale e conseguentemente mantenere una propria posizione IVA distinta da quella della STP. Qualora il socio professionista sia stato sospeso dall’esercizio della professione, anche ai sensi dell’art. 54 del D.Lgs. 139/2005, per il periodo in cui dura la sospensione, gli sarà precluso l’esercizio dell’attività professionale sia in forma individuale che societaria. La sospensione, tuttavia, è una situazione transitoria che non produce effetti sull’esistenza della STP. Solo la cancellazione del socio professionista dall’albo ed il contemporaneo venir meno della prevalenza dei soci professionisti nella percentuale indicata all’art. 10, comma 4, lettera c), L. 183/2011 può comportare lo scioglimento della STP e la cancellazione dalla sezione speciale dell’albo se la società non provvede a ristabilire tale prevalenza nel termine di sei mesi. 22 luglio 2013 Quesito Odcec di Torino Oggetto: PO 158/2013 _ società tra professionisti _ Con riferimento ai quesiti formulati in data 6 giugno 2013 con i quali si chiedono indicazioni in merito a taluni aspetti della disciplina delle STP si osserva quanto segue. La questione relativa alla costituzione delle STP unipersonali è assai dibattuta. Come evidenziato nella circolare 32/IR del 12 luglio 2013, se da un lato, il comma 3 dell’art. 10 della legge 183/2011 prevede la possibilità di costituire STP secondo i modelli societari regolati dal titolo V del libro V del codice civile e conseguentemente sembra ammettere anche la costituzione di STP nella forma di srl o spa unipersonale, lo stesso articolo sembra escludere tale possibilità, laddove dispone che l’attività professionale dedotta nell’oggetto sociale deve essere esercitata in via esclusiva da parte dei soci (art. 10, comma 4, lett. a), ovvero quando impone che dalla denominazione sociale deve emergere con chiarezza che si tratta di società tra professionisti, vale a dire di società costituita per l’esercizio in forma associata della professione (art. 10, comma 5). In merito all’iscrizione della STP nell’albo professionale oltre a ribadire quanto già affermato nell’informativa Cndcec Report 2/2013 del 21 maggio 2013 in merito alla necessità che la STP sia iscritta nella sezione speciale dell’albo tenuto dall’Ordine nella cui circoscrizione è posta la sede legale della società, si ritiene che nulla vieti ai soci professionisti di richiedere successivamente l’annotazione della STP anche negli albi tenuti dagli Ordini territoriali in cui essi risultano iscritti. Per quanto attiene all’organizzazione della sezione speciale dell’albo dedicata ad accogliere le STP, si ritiene che debba essere costituita un’unica sezione speciale senza operare alcuna ulteriore distinzione fra STP uniprofessionali e multiprofessionali, ovvero tra STP costituite fra professionisti iscritti nella sezione A e quelle costituite fra professionisti iscritti nella sezione B dell’albo, anche nella considerazione che le STP possono essere costituite fra professionisti iscritti in sezioni diverse dello stesso albo. Quanto al certificato di iscrizione all’albo dei soci professionisti che deve essere allegato alla domanda di iscrizione della STP, ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. c), DM 34/2013, si ritiene che lo stesso debba essere sostituito 33 dalle dichiarazioni sostitutive di cui agli artt. 46 e 47 (art. 40, comma 1, DPR n. 445/2000). Si ricorda infatti che, in materia di rilascio di certificazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, l’art. 15 della Legge n. 183 del 12 novembre 2011 (cd. Legge di stabilità 2012) ha modificato l’art. 40 del DPR 445/2000 stabilendo che: le certificazioni rilasciate dalla pubblica amministrazione (in ordine a stati, qualità personali e fatti) sono valide e utilizzabili solo nei rapporti tra privati. Nei rapporti con gli organi della P.A. e i gestori di pubblici servizi i certificati sono sempre sostituiti dalle dichiarazioni sostitutive di cui agli artt. 46 e 47 (art. 40, co. 1, D.P.R. n. 445/2000); sulle certificazioni da produrre ai soggetti privati deve apporsi, a pena di nullità, la dicitura: “Il presente certificato non può essere prodotto agli organi della pubblica amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizi” (art. 40, co. 2, D.P.R. n. 445/2000). L’art. 9, comma 3 del DM 34/2014 dispone che il Consiglio dell’Ordine proceda all’iscrizione della STP nella sezione speciale dell’albo dopo aver verificato l’osservanza delle 34 Cndcec Report disposizioni contenute nel regolamento. Orbene ancorchè nessuna norma del regolamento sembra occuparsi direttamente dell’oggetto sociale, diverse sono le norme che lo richiamano indirettamente. Particolarmente significative sono le disposizioni di cui all’art. 1, comma 1, lett. a) per le quali la STP è la società tra professionisti, costituita secondo i modelli societari regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile ed alle condizioni previste dall’art. 10, commi 3-11 della legge n. 183/2011, avente come oggetto sociale l’esercizio di una o più attività professionali per le quali sia prevista l’iscrizione in appositi albi o elenchi regolamentati nel sistema ordinistico; all’art. 8, comma 2 relative all’individuazione dell’attività prevalente delle STP multidisciplinari; all’art. 9, comma 3 relative all’indicazione dell’oggetto professionale fra gli elementi obbligatori da indicare nella sezione speciale per ciascuna STP; all’art. 11 le quali prevedono che a seguito del venir meno di uno dei requisiti previsti dalla legge o dal regolamento il Consiglio dell’ordine possa procedere alla cancellazione della società dall’albo. Orbene deve ritenersi che se il Consiglio dell’Ordine può disporre la cancellazione dall’albo per la perdita dei requisiti previsti dalla legge 183/2011, allo stesso modo possa negare l’iscrizione per mancanza dei requisiti fissati dalla 183/2011, come nel caso in cui l’oggetto sociale non preveda esclusivamente l’esercizio dell’attività professionale da parte dei soci. Quanto all’oggetto sociale va chiarito che seppur l’esclusività dell’oggetto sociale preclude l’inclusione di attività che non siano professionali, ma imprenditoriali o relative ad ambiti di lavoro autonomo non riconducibili all’ordinamento dei soci professionisti, devono ritenersi comunque ammissibili le attività strumentali o complementari rispetto all’esercizio della professione o la fornitura di beni strumentali e servizi accessori che consentano o facilitano l’esercizio della professione. Quanto al procedimento di iscrizione si ritiene che siano applicabili anche per l’iscrizione delle società nella sezione speciale dell’albo le disposizioni di cui all’art. 37, commi 3, 4, 5 e 6, D.Lgs. 139/2005. Non si ritengono applicabili le disposizioni del comma 2 del citato articolo in quanto assorbite dalle previsioni dell’art. 10, DM 34/2013. I trasferimenti dei soci professionisti da un albo territoriale ad un altro sono ininfluenti ai fini dell’iscrizione della STP nell’albo. La STP, infatti, è iscritta e rimane iscritta nella sezione speciale dell’albo tenuto dall’Ordine nella cui circoscrizione è posta la sede legale della società. 22 luglio 2013 Quesito Odcec di Vicenza Oggetto: PO 182/2013 _ società tra professionisti _ obbligo assicurativo. Con riferimento al quesito formulato in data 26 giugno 2013 con il quale si chiedono chiarimenti in merito alla possibilità di iscrivere nella sezione speciale dell’albo una STP che non riporta nel proprio statuto l’obbligo di stipulare una polizza assicurativa per la copertura dei rischi derivanti dalla responsabilità civile per i danni causati ai clienti dai singoli soci professionisti nell’esercizio dell’attività professionale, si osserva quanto segue. L’obbligo assicurativo posto in capo alla STP dall’art. 10, comma 4, lettera c bis, L. 183/2011 si configura come obbligo autonomo rispetto a quello posto in capo ai singoli professionisti ai sensi dell’art. 5, DPR 137/2012. L’esistenza di polizze individuali sottoscritte dai singoli soci professionisti non fa venir meno l’obbligo per la STP di stipulare un’idonea polizza assicurativa. Infatti, come evidenziato nella circolare 32/IR del 12 luglio 2013, nel caso in cui il professionista eserciti la propria attività nell’ambito della STP fa ricadere sulla società la responsabilità civile da inadempimento dell’incarico. Secondo la legge sarà la STP il soggetto contraente della polizza che verrà stipulata anche a favore dei soci professionisti che sono chiamati ad eseguire gli incarichi affidati alla STP. Ne consegue che qualora il socio professionista eserciti l’attività professionale solo nell’ambito della società tra professionisti non sarà chiamato a stipulare una polizza ulteriore rispetto a quella già sottoscritta dalla STP. Diverso il caso in cui il professionista eserciti l’attività professionale anche in forma individuale. In tale ultima circostanza, infatti, dovrà stipulare una propria polizza assicurativa per la copertura dei rischi derivanti dall’esercizio delle attività professionali al di fuori della STP. Alla luce di quanto esposto si ritiene pertanto che l’Ordine non possa procedere ad iscrivere nella sezione speciale dell’albo una STP che non riporta nel proprio statuto l’obbligo di stipulare una polizza assicurativa per la copertura dei rischi derivanti dalla responsabilità civile per i danni causati ai clienti dai singoli soci professionisti nell’esercizio dell’attività professionale 22 luglio 1013 Vogliamo dare una mano al Paese. Anzi centodiecimila. Crediamo nell’utilità sociale del pensiero tecnico e che non sia questo il momento di chiedere, ma di dare. E di mettere al servizio della comunità la competenza, la professionalità e l’esperienza dei Commercialisti Italiani. Possiamo essere utili al Paese perché siamo professionisti, vogliamo esserlo perché siamo cittadini. BRESCIA ORDINE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI E DEGLI ESPERTI CONTABILI LA POSSIBILITà DI SVILUPPO DELL’IMPRESA ITALIANA è NEL CONTESTO INTERNAZIONALE IL QUADRO LEGALE E TRIBUTARIO DI RIFERIMENTO 18 e 19 Ottobre 2013 Grand Hotel - GARDONE RIVIERA (BS) con il patrocinio e la collaborazione di Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ORDINE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI E DEGLI ESPERTI CONTABILI M I L A N O in collaborazione e con il contributo di con il contributo di: Ferdinando Silvani - Lavandaie a Gardone Riviera R isulta acclarato che, in questa fase storica, lo sviluppo economico globale è trainato dai Paesi emergenti e non più da quelli avanzati. Alcuni Paesi, tra quelli sviluppati, tra cui gli Stati Uniti d’America, si sono rifocalizzati sull’attività manifatturiera ed hanno invertito, ancorché parzialmente, questa tendenza. L’Europa, e particolarmente quella del Sud, è invece in una situazione ormai pluriennale di recessione, ma soprattutto di forte contrazione dei consumi interni. In questo scenario, per le imprese italiane appare evidente come l’unica via per poter mantenere determinati volumi di vendita e quindi efficienze, sia la focalizzazione sui mercati esterni ed in particolare su quelli emergenti. Le imprese più performanti sono quelle che hanno saputo quindi internazionalizzarsi indirettamente, con le vendite, o delocalizzando attività commerciali o produttive al fine di meglio presidiare detti mercati. Per questo motivo, il convegno di diritto e di fiscalità internazionale di Gardone Riviera, nell’edizione di quest’anno, apre con un dibattito incentrato sugli strumenti giuridici ed economici messi a disposizione dal Governo italiano e/o dall’Unione Europea a supporto dell’internazionalizzazione imprenditoriale. In detto dibattito, si discuterà della criticità dimensionale delle imprese italiane e della opportuna “aggregazione” delle stesse (o di alcune loro funzioni) trami- te strumenti pensati ad hoc, ai fini della penetrazione dei mercati stranieri e si toccherà “il tasto dolente” che accompagna il mondo imprenditoriale italiano da qualche anno: il supporto creditizio. Saranno quindi coinvolti rappresentanti sia governativi che del sistema bancario. Vi saranno, poi, numerosi interventi di natura tributaria di estrema attualità collegati ai temi dell’internazionalizzazione trattati da relatori di caratura nazionale ed internazionale. Si discuterà per esempio di come le multinazionali più grandi ed evolute riescano ad “erodere” la base imponibile riducendo al minimo il carico tributario. Clamorosi in tal senso sono stati gli accertamenti in tema di “e-company”. Ciò in un contesto di crisi finanziaria, che ha stravolto i Paesi avanzati, è visto come una pratica inaccettabile ed “ un male da estirpare” ed è stato oggetto di trattazione in un recente vertice del G8. Si tratteranno poi i temi di maggior rilievo ed in costante evoluzione connessi alle principali tematiche tributarie legate all’internazionalizzazione: - la gestione dei prezzi di trasferimento; - la gestione delle partecipate di controllo o collegamento nei paesi Black List; - il business internazionale gestito tramite branch estere; - il recupero dei crediti per imposte pagate all’estero da persone giuridiche o persone fisiche italiane; - la gestione del personale distaccato all’estero; - le ultime novità in tema di IVA comunitaria e transnazionale. Nella prima giornata di lavoro, si tratterà anche di un altro tema di estrema attualità: lo scambio automatico di informazioni all’interno dei Paesi “occidentali” alla luce delle proposte di nuove direttive comunitarie e dei nuovi accordi (FACTA) sottoscritti da alcuni Paesi comunitari con gli Stati Uniti d’America. Con riguardo a quest’ultimo argomento, sembra superata “la filosofia” Rubik (basata sul segreto bancario ottenuto in cambio del pagamento di imposte rilevanti) a favore di una trasparenza informativa che tende a stroncare pratiche di evasione e di riciclaggio internazionale. In chiusura della prima giornata è previsto un “focus” sul Kosovo. Il secondo giorno vi sarà un interessante dibattito tra il Prof. Maurizio Leo ed il Prof. Raffaele Rizzardi che tratteranno della “congestione informativa” dell’anagrafe tributaria italiana derivante dalle recenti disposizioni che prevedono l’accentramento delle informazioni finanziarie riferite a tutti i contribuenti e della vessazione dei contribuenti italiani dovuta alle numerose informazioni raccolte sulle attività finanziarie, mobiliari od immobiliari detenute all’estero. Come di consueto, nella seconda giornata, si tratterà anche di alcuni Paesi particolarmente interessanti come sbocchi per le internazionalizzazioni dirette od indirette: operatori economici, politici ed esperti presenteranno Bulgaria e Cina. Federico Venturi Dottore Commercialista Brescia Programma 9.00 Venerdì 18.10.2013 Apertura dei lavori e presentazione del convegno Dott. Antonio Passantino Saluto ai Partecipanti Dott. Eduardo Ursilli Direttore Regionale Agenzia delle Entrate della Lombardia Presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti contabili di Brescia 17.30 Le ultime novità in tema di IVA comunitaria e transazionale Prof. Avv. Benedetto Santacroce Professore Università degli Studi Niccolò Cusano di Roma - Avvocato e Pubblicista 18.00 Focus sul Kosovo Dott. Fehmi Mujota Ministro delle Infrastrutture ed Edilizia del Kosovo Dott. Alessandro Solidoro 18.30 Fine prima giornata 20.30 Cena di gala presso Grand Hotel Dott. Domenico Arena Direttore provinciale Agenzia delle Entrate di Brescia Dott. Ferdinando Natali Responsabile Area Commerciale Brescia Unicredit PRIMA SESSIONE Coordinatore: Giornalista del Sole 24 Ore Presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti contabili di Milano 10.00 Profili fiscali dell’integrazione europea Prof. Augusto Fantozzi Professore Ordinario di Diritto Tributario e Rettore dell’Università telematica Giustino Fortunato di Benevento 10.30 Le politiche e gli strumenti giuridici a supporto dell’internazionalizzazione e dell’esportazione: la conquista dei mercati, i modelli aggregativi tra diverse imprese, il supporto creditizio Ne discutono: Rappresentante del Ministero dello Sviluppo Economico Ing. Massimo D’Aiuto Amministratore Delegato e Direttore Generale SIMEST SpA Dott. Pierfrancesco Gaggi Responsabile Relazioni Internazionali ABI 11.30 Coffee break Sabato 19.10.2012 QUINTA SESSIONE Coordinatore: Dott. Alberto Perani Dottore Commercialista in Brescia 9.30 Bulgaria: Aspetti societari e fiscali Dott. Giancarlo Cervino Dottore Commercialista in Roma, Pubblicista Opportunità & investimenti Dott. Marco Nigel Zanenga Unicredit - CBBM Italy Foreign Network 10.15 Cina: Aspetti societari e fiscali Dott. Filippo Maria Invitti Dottore Commercialista in Roma SECONDA SESSIONE Coordinatore: Dott. Gilberto Gelosa Presidente Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti contabili di Monza Brianza 11.00 Coffee break 12.00 L’impresa multinazionale e l’erosione della base imponibile e l’allocazione “pianificata” dei profitti: tra pratiche elusive e concorrenza sleale: il caso delle “e-company” Dott.ssa Maricla Pennesi Dottore Commercialista in Milano SESTA SESSIONE Coordinatore: Dott. Angelo De Vito già Dirigente Ministero dell’Economia e delle Finanze - SECIT 12.30 Imprese multinazionali e prezzi di trasferimento: l’evoluzione della prassi internazionale e della documentazione a sostegno della policy di prezzo Prof. Piergiorgio Valente Dottore Commercialista in Milano 11.30 Le novità in tema di monitoraggio e dichiarazione di attività finanziarie e immobiliari estere: la “congestione di informazioni”, l’accertamento e lo scambio di informazioni Prof. Avv. Maurizio Leo Prorettore della Scuola superiore dell’economia e delle .... .... ... .... .... .... .... .... .... .... .... .... .... T .... .... .... .... .... .... .... .... .... .... .... .... DI AG .... .... .... .... .... .... . L . . .... .... .... .... .... .... AD IA .... .... .... .... .... .... . . . .... . . . . . . . N . . . .... .... ES D .... .... .... .... . . . . . . . .... .... .... .... .... .... IO O .... .... .... .... .... .... .... .... .... .... .... .... 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Rilevanza in sede di accertamento Prof. Carlo Garbarino .... Dottore Commercialista in Brescia .... QUARTA SESSIONE Coordinatore: Dott. Angelo Cisotto .... .... 16.00 Coffee break La quota di partecipazione al Convegno è di E 200,00 IVA inclusa, ridotta a E 150,00 IVA inclusa per gli iscritti all’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili negli anni 2011/2013 e comprende: la documentazione congressuale, coffee breaks e colazione di lavoro. Cena di gala: E 40,00 per partecipanti ed E 60,00 per accompagnatori (fino ad esaurimento dei posti disponibili). Coloro che sono interessati a partecipare al convegno e desiderino ricevere informazioni più dettagliate per sistemazione alberghiera e modalità di versamento, sono pregati di rivolgersi alla Segreteria Organizzativa (tel. 030 3752348) ed inviare via fax (030 3752913) oppure via e-mail a: [email protected] il tagliando di adesione a fianco. .... 15.30 La gestione del personale all’estero: trasferte, trasferimenti e distac chi: la gestione della residenza fiscale, della tassazione e dei contributi Dott. Luca Valdameri Dottore Commercialista in Milano L’iniziativa è inserita nel programma della formazione professionale degli Iscritti all’Albo dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili con l’attribuzione ai partecipanti di 11 crediti formativi, ed è stato richiesto l’accreditamento all’Ordine degli Avvocati di Brescia. .... 15.00 La gestione del business tramite branch estere: profili operativi, contabili e documentali: un caso pratico Dott. Federico Venturi Dottore Commercialista in Brescia Comitato scientifico: Goffredo Barbi, Ferruccio Barbi, Angelo Cisotto, Katia Masserdotti Moneta, Alberto Perani, Federico Venturi .... La gestione di partecipate di controllo o collegamento in paesi Black List: l’evoluzione della normativa e prassi italiana in tema di CFC: un caso pratico Dott. Giovanni Rolle Dottore Commercialista in Milano .... .... 14.30 .... Coordinatore: Avv. Heinz Giebelmann Avvocato in Monaco di Baviera e Brescia .... 12.45 Chiusura lavori .... .... TERZA SESSIONE e Professore Università degli Studi di Pavia Prof. Dott. Raffaele Rizzardi Dottore Commercialista in Bergamo .... 13.00 Pranzo di lavoro presso Grand Hotel .... Vice Chairman Taxation and Fiscal Policy Committee del BIAC presso l’OCSE finanze presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze .... .... Opportunità & investimenti Dott.ssa Alessandra D’Autilia Unicredit - CBBM Italy Foreign Network 38 Diamo i Numeri La crisi fa crescere i divari reddituali intergenerazionali di Tommaso Di Nardo, IRDCEC Come è noto, dal 2007 al 2011, a fronte di un aumento del pil nominale medio (pil/unità di lavoro) del 6%, il reddito medio professionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili è diminuito dello 0,8%. È stato anche mostrato come tale andamento sia il risultato della forte asimmetria nella dinamica degli “addetti” nel comparto totale dell’economia (in forte diminuzione) e in quello della Categoria dei commercialisti (in forte aumento). Si è, dunque, parlato di un significativo deterioramento dei redditi professionali dei commercialisti durante la crisi economica del periodo 2007-2011 e si è anche mostrato, attraverso il confronto con i dati di contabilità nazionale, come tale risultato sia prevalentemente imputabile alla particolare permeabilità del mercato dei servizi professionali prestati dai commercialisti (Cfr. “Rapporto 2013 sull’Albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili, Irdcec, Giugno 2013 e Press Giugno 2013). Quali conseguenze si sono avute, invece, sul fronte dei divari reddituali intergenerazionali? La crisi ha impattato allo stesso modo sui giovani rispetto ai meno giovani oppure vi sono state differenze rilevanti? Ulteriori indagini e analisi statistiche mostrano un aumento considerevole dei divari reddituali intergenerazionali tra il 2007 e il 2011, rispettivamente il primo e l’ultimo anno della serie storica elaborata dall’Irdcec sulla base dei dati delle Casse di previdenza di Categoria. I risultati, esposti nelle tabelle 1, 2, 3 e 4 mostrano un aumento generalizzato dei divari reddituali intergenerazionali tra il 2007 e il 2011 ad eccezione del divario maschile tra la prima e la terza classe di età che subisce una leggera riduzione. Osservando i dati da vicino, vediamo come le tabelle 1 e 2 riportano le medie reddituali del 2007 e del 2011 per classi di età e sesso, mentre le tabelle 3 e 4 riportano i divari reddituali della prima classe di età, quella dei commercialisti con un età pari o inferiore a 40 anni, espressa come distanza percentuale dalle medie con cui è raffrontata, rispettivamente media generale, media della classe 41-60 anni e media della classe >60 anni. La tabella 3 ci dice che il divario reddituale tra la prima classe di età e la media generale è pari nel 2007 a 43,8% (in valore assoluto 26.273 euro); divario che nel 2011 sale di 2,6 punti percentuali portandosi a 46,4% (27.618 euro). Se, invece, il divario viene misurato tra la prima e la seconda classe di età, l’aumento si riduce significativamente e risulta pari a 0,2 punti percentuali. Infatti, nel 2007 tale divario è pari a 50,4% e nel 2011 sale a 50,6% (in valore assoluto il divario si riduce da 34.296 a 32.686 euro). Calcolato tra la prima e la terza classe di età, infine, il divario reddituale misurato in termini percentuali si riduce passando da 64,6% a 61,8% (in valore assoluto il divario si riduce da 61.648 a 51.618 euro). È interessante osservare, inoltre, come tale andamento si sia verificato in un periodo di forte contrazione delle unità afferenti alla prima classe di età (≤40 anni) a fronte di un incremento molto sostenuto delle unità ricadenti nella seconda (41-60 anni) e nella terza (>60 anni) classe di età. Tra il 2007 e il 2011, infatti, gli appartenenti alla prima classe hanno subìto un calo del 18,9% a fronte di un incremento del 24,6% di quelli della seconda classe di età e di un incremento del 22,2% di quelli della terza classe di età per un aumento complessivo del 9,8%. Ciò significa che l’ampliamento del divario intergenerazionale della prima classe di età si è verificato nonostante il forte calo di iscritti appartenenti a quella classe di età in contrasto con quanto accaduto alle altre due classi di età. In particolare, chi ha risentito in maniera molto marcata di tale effetto di deterioramento è stata proprio la terza classe di età, che a fronte di un incremento degli iscritti del 22,2% ha registrato un calo della media reddituale del 12,4%, determinando così la riduzione del divario intergenerazionale di cui sopra. L’analisi appena svolta ci suggerisce di tenere separati i due trend di fondo che hanno inciso sull’andamento dei divari reddituali intergenerazionali: la crisi, da un lato, e lo “slittamento” anagrafico delle classi di età dall’altro. A tal proposito, appare molto eloquente la tabella 5. Qui sono evidenti i tassi di variazione per classi di età delle medie reddituali tra il 2007 e il 2011. Dalla tabella si vede come, mentre la media generale ha subìto una variazione di -0,8%, le medie relative alle tre classi di età si sono mosse in un range più ampio: -5,4% per la prima classe, -5,1% per la seconda classe e -12,4% per la terza classe. Queste variazioni, combinate con quelle degli iscritti che abbiamo 39 Tabelle Tabella 1. Medie reddituali per classi di età e sesso. Anno 2007 Classi di età/Sesso ≤40 Femmine Maschi Totale 27.927 37.759 33.731 41-60 44.387 76.492 68.027 >60 57.880 98.669 95.379 Totale 37.093 69.093 60.004 Tabella 2. Medie reddituali per classi di età e sesso. Anno 2011 Classi di età/Sesso Femmine Maschi Totale ≤40 26.517 35.697 31.897 41-60 43.104 73.684 64.583 >60 56.820 86.631 83.515 Totale 38.385 68.544 59.515 Tabella 3. Divari reddituali intergenerazionali 2007 Divario della classe ≤40 Femmine Maschi Totale Con la media generale -24,7% -45,4% -43,8% Con la media della classe 41-60 -37,1% -50,6% -50,4% Con la media della classe >60 -51,8% -61,7% -64,6% Tabella 4. Divari reddituali intergenerazionali 2011 Divario della classe ≤40 Femmine Maschi Totale Con la media generale -30,9% -47,9% -46,4% Con la media della classe 41-60 -38,5% -51,6% -50,6% Con la media della classe >60 -53,3% -58,8% -61,8% Tabella 5. Tassi di variazione delle medie reddituali tra il 2007 e il 2011 Classi di età/Sesso Femmine Maschi -5% -5,5% -5,4% 41-60 -2,9% -3,7% -5,1% >60 -1,8% -12,2% -12,4% Totale -3,5% -0,8% -0,8% ≤40 Totale visto sopra, sono la sintesi di entrambi i fenomeni descritti, ovvero crisi e slittamento. Ma è evidente, pur senza avventurarci nella determinazione dei tassi di variazione separatamente per ogni singolo fenomeno, che l’effetto “slittamento” combinato all’effetto crisi esercita un ruolo dirompente sui divari reddituali. Da un lato, infatti, il divario principale, quello tra la prima classe di età e la media generale, subisce un aumento considerevole, indicatore evidente di un forte aumento di difficoltà per gli iscritti della prima classe, dall’altro, il divario tra quest’ultima e la terza classe, e cioè il divario più ampio e significativo in valore assoluto, indice di per sé del valore della carriera professionale di ogni singolo iscritto, subisce un calo che in termini percentuali è anche maggiore. È evidente come il dato indichi un forte deterioramento dei redditi professionali non imputabile unicamente alla crisi, ma effetto congiunto di questa e dello “slittamento” di cui si è detto che provoca, inevitabilmente, un “eccesso di offerta” proprio nel segmento di mercato più maturo della categoria. Da ultimo alcune considerazioni sulle differenze di genere. Dalla tabella 3 si nota un divario reddituale intergenerazionale più contenuto per le donne sia nel 2007 che nel 2011, che, però, subisce incrementi maggiori per le donne rispetto agli uomini. In particolare, mentre il divario reddituale delle donne della prima classe rispetto alla media generale sale di 6,2 punti percentuali, quello degli uomini sale di 2,4 punti. È interessante notare come per effetto dell’asimmetria nell’andamento dei divari reddituali di genere tra la prima e la terza classe di età, l’entità del divario delle donne e degli uomini alla fine del periodo esaminato tende ad avvicinarsi significativamente. Infatti, mentre il divario delle donne tra la prima classe e l’ultima sale di 1,5 punti percentuali, quello degli uomini si riduce di 2,9 punti così che la distanza tra i due divari passa da 9,9 punti a 5,5 punti. Guida al controllo della qualità nei piccoli e medi studi professionali Traduzione della terza edizione inglese 180 pp. - in brossura – ISBN: 978-1-60815-097-7 Prezzo 18,00 euro (IVA e spese di trasporto incluse) La pubblicazione della traduzione italiana della terza edizione della “Guida al Controllo della Qualità nei piccoli e medi studi professionali” completa un progetto che ha impegnato, per oltre tre anni, l’ufficio traduzioni del CNDCEC e la commissione tecnico-scientifica che ha revisionato i lavori. La versione originale in lingua inglese della Guida ha incontrato in tutto il mondo un grande successo, completando l’offerta di strumenti di supporto all’attività degli studi professionali predisposti dal Comitato Piccoli e Medi Studi Professionali (Small and Medium Practices Committee) di IFAC (International Federation of Accountants). Questa pubblicazione rappresenta un valido aiuto per i professionisti che intendono affrontare l’attività di revisione legale in maniera conforme ai principi internazionali ISA, consentendo di implementare le prescrizioni internazionali in materia di controllo della qualità dell’attività di revisione in maniera semplice ed efficace, anche nella realtà dei piccoli e medi studi. Al fine di garantire la qualità del lavoro di revisione, i Principi Internazionali di Revisione ISA richiedono infatti l’adozione da parte del revisore di un sistema di qualità equivalente alle prescrizioni dello standard ISQC1; questa Guida consente di realizzare un sistema di qualità conforme ad ISQC1, in maniera proporzionata alle esigenze ed alle risorse di studi professionali di ridotta dimensione. L’esposizione della materia, semplice ed efficace, è riferita alle caratteristiche degli studi professionali piccoli e medi; la Guida è inoltre corredata da pratici modelli di manuali di controllo qualità, pensati per le esigenze di studi professionali anche composti da un solo professionista. La traduzione in lingua italiana giunge in un momento in cui la nostra professione si sta preparando all‘introduzione dei Principi Internazionali di Revisione ISA su scala europea e può costituire un prezioso supporto per la strutturazione di un’attività di revisione legale pienamente conforme ai Principi ISA. Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili compie così un ulteriore importante passo nel consentire alla professione italiana di adeguarsi ai migliori standard internazionali e continuare nella tradizione di qualità e competenza. Principi Internazionali di Revisione e Controllo della Qualità Edizione Italiana 2011 862 pp. - in brossura - ISBN 978-88-97361-00-8 Prezzo 50,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse) La versione italiana 2011 dei principi internazionali (edizione inglese 2009), contenuta nel presente volume, è il risultato di un complesso progetto di riscrittura, attuato da IFAC, per effetto del quale i 36 principi di revisione ed il principio sul controllo di qualità sono stati completamente riorganizzati in sezioni distinte e parzialmente modificati nei contenuti. I principi così aggiornati sono ampiamente migliorati, sia in termini di comprensibilità che in termini di semplificazione applicativa e sono destinati a divenire comune bagaglio professionale per tutti i colleghi impegnati nell'attività di revisione legale dei conti. La nuova struttura dei principi, mantenendo invariato l'originario approccio basato su regole generali, è ampiamente compatibile con i principi di revisione nazionali in vigore dal 2002. L'attività di revisione legale dei conti continuerà ad essere svolta sulla base di una preliminare identificazione e valutazione dei rischi di errori significativi nel bilancio, sulle cui risultanze verranno configurate le procedure di revisione più appropriate. Quindi non controlli casuali, che ripercorrono indistintamente tutte le operazioni contabili, ma verifiche mirate a quelle aree di bilancio che il revisore ha identificato come maggiormente problematiche e dalle quali può derivare un rischio concreto e significativo di errore nel bilancio. La fase transitoria del federalismo municipale Aspetti quantitativi, contabili e fiscali delle nuove entrate comunali 126 pp. - in brossura - ISBN 978-88-97361-01-5 Prezzo 15,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse) Il volume intende offrire un contributo al dibattito sul federalismo municipale effettuando un'analisi dei profili quantitativi, contabili e fiscali della riforma. A tal fine, il lavoro: espone i risultati di un'analisi quantitativa finalizzata a valutare gli effetti di gettito prodotti dall'adozione del modello federale di cui al D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23; illustra le modalità di rappresentazione nei bilanci degli Enti locali delle nuove entrate disciplinate dal medesimo decreto; nonché effettua un'analisi della normativa di riferimento, tesa a verificare l'effettiva capacità di realizzazione del principio vedo, voto e pago. La ricerca è rivolta ai professionisti impegnati nell'attività di revisione degli Enti locali, ma offre interessanti spunti di riflessione anche alla componente politica e amministrativa, proponendo una prima simulazione dell'impatto che la riforma in senso federale avrà sulle entrate degli Enti locali. Guida all’utilizzo dei principi di revisione internazionali nella revisione contabile delle piccole e medie imprese Volume I: Concetti fondamentali 242 pp. - ISBN 978-88-97361-02-2 Prezzo 25,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse) Volume II: Guida pratica 328 pp. - ISBN 978-88-97361-03-9 Prezzo 25,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse) Giunta alla terza edizione, la “Guida all’utilizzo dei principi di revisione internazionali nella revisione contabile delle piccole e medie imprese”, elaborata dallo Small and Medium Practices Committee dell’International Federation of Accountants (IFAC), è stata suddivisa in due volumi: Concetti fondamentali e Guida pratica. Nata da un’idea originale del 2005, la Guida è stata la prima di una fortunata serie di pubblicazioni del Comitato Piccoli e Medi Studi Professionali di IFAC (SMP Committee), che comprendono oggi anche la Guida al controllo della qualità nei piccoli e medi studi professionali e la Guida alla gestione dei piccoli e medi studi professionali. Tradotta nelle principali lingue e nota nel mondo come “ISA Guide”, la Guida è nata dall’esigenza di aiutare i professionisti ad utilizzare correttamente gli ISA - International Standards on Auditing - nella revisione contabile delle piccole e medie imprese, una necessità oggi di grande attualità, nel momento in cui l’adozione degli ISA nella revisione si profila come una concreta possibilità nell’ambito della riforma della regolamentazione della revisione in ambito europeo. Il primo volume presenta i fondamenti teorici dei principi ISA che più frequentemente trovano applicazione nella revisione delle PMI, con una tecnica espositiva che fa ampio uso di schemi e diagrammi e facilita la comprensione e l’apprendimento; il risultato è un testo che può essere utilizzato sia come manuale didattico, sia come riferimento operativo nell’attività professionale quotidiana. Il secondo volume presenta invece un approccio pratico alla revisione delle PMI, accompagnando il lettore attraverso tutte le fasi dell’incarico, e svolge completamente due casi pratici che illustrano la revisione di una microimpresa e di una piccola impresa. Guida alla gestione dei piccoli e medi studi professionali Traduzione della seconda edizione 2012 570 pp. - in brossura - ISBN 978-88-97361-05- 3 Prezzo 50,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse) Cinque anni di lavoro, una decina di autori, un comitato di redazione di oltre trenta persone sparse in tutto il globo, più di cento revisori provenienti da una ventina di paesi in tutti i continenti, oltre cinquanta teleconferenze per le riunioni del comitato di redazione, che hanno collegato gli angoli più remoti del pianeta nell’arco di due anni; un’opera che, nella versione originale in lingua inglese, è in testa alle classifiche dei download dal sito di IFAC, con traduzioni realizzate o in corso in sette tra le principali lingue del mondo. Queste cifre danno un’idea dell’impegno che lo Small and Medium Practices Committee di IFAC ha profuso nella realizzazione di quest’opera e della ricchezza di contributi che è stato possibile raccogliere in queste pagine. L’edizione italiana della Guida è una traduzione fedele della seconda edizione inglese, che ne riporta integralmente i contenuti. Con questa nuova edizione si è voluto aggiornare le sezioni sulle letture consigliate e le risorse reperibili nel sito IFAC, presenti alla fine dei moduli, nonché effettuare qualche miglioramento nella presentazione. Organizzata in otto moduli indipendenti, la Guida si propone di fornire ai piccoli e medi studi professionali una serie di principi gestionali ed alcune best practice in merito a numerose aree, tra cui pianificazione strategica, gestione delle risorse umane, rapporto con il cliente e passaggi generazionali. Per aiutare gli organismi membri e gli studi professionali ad utilizzare al meglio la Guida, lo Small and Medium Practices Committee ha elaborato la Companion Guide, Guida alla Gestione dei Piccoli e Medi Studi Professionali: Indicazioni per l’uso (www.ifac.org/publications-resources/guide-practice-management-small-and-medium-sized-practices-userguide), che fornisce indicazioni su come sfruttare al massimo la Guida. Le note bibliografiche sono state arricchite con i documenti più recenti editi dal CNDCEC e alle appendici del Modulo 1 sono state aggiunte le “Linee guida per l’introduzione di sistemi di gestione documentati negli studi dei dottori commercialisti ed esperti contabili”, redatte da una commissione del CNDCEC ma fino ad oggi ancora inedite. I volumi sono acquistabili unicamente on line sul sito “Press Store”all’indirizzo www.press-store.it oppure www.commercialisti.it > PRESS & INFORMA > Press Store Press S.r.l. - Società unipersonale soggetta all’attività di direzione e coordinamento del CNDCEC 00185 ROMA - Piazza della Repubblica, 59 C.F., P.Iva e N. Iscr. R.I. 09257291006 È tempo di pensare al futuro. Oggi i nostri figli hanno molti dubbi e un’unica convinzione: che in futuro staranno peggio dei loro padri. Il futuro si può, però, ancora cambiare, con regole e scelte che interessino i nostri figli, facendo sacrifici oggi per farne fare meno a loro domani. Trasformando la crisi in opportunità e l’immobilità in ottimismo. Letti per Voi 43 IL CONTRATTO DI AGENZIA E LA MEDIAZIONE Augusto Baldassari Tempo libero (Giuffré, 2013) L'opera esamina le varie tematiche e problematiche collegate al contratto di agenzia e alla mediazione, soffermandosi su obblighi, poteri e attività di entrambe le figure dell'agente e del mediatore. Vengono analizzate le peculiarietà di ciascuno dei menzionati contratti, evidenziandone le caratteristiche strutturali e funzionali senza tralasciare di porre in risalto le singole questioni suscitate dalla loro completa applicazione pratica. Al fine di facilitare l'individuazione della trasformazione degli istituti (e il riferimento al contratto di agenzia), determinata dalle continue evoluzioni delle condizioni di mercato, vengono riportati integralmente anche gli ultimi accordi economici. Il loro esame accanto a quello delle norme di cui agli artt. 1742-1753 c.c. consente di evidenziare che il contratto di agenzia assume sempre più l'aspetto di un fenomeno economico strettamente collegato alla realtà in cui si sviluppa. Completa l'opera un dettagliato indice analitico. Corpi nella nebbia Ian Rankin (Longanesi, 2013) Sono trascorsi dieci anni da quando la figlia è sparita nel nulla, ma Nina Hazlitt non si rassegna e vuole che la polizia riapra il caso. Solo l’ostinazione di un ispettore in pensione, John Rebus, troverà conferma nei sospetti di Nina… LE SOCIETÀ FIDUCIARIE Andrea Mariani, Michele Muscolo (Esse Simone, 2013) Il mandato fiduciario, quantunque poco conosciuto al grande pubblico, gode di un crescente appeal che trae la sua forza dalla riservatezza e dalla possibilità di farvi ricorso per i più disparati rapporti economici. Gli Autori analizzano i possibili impieghi dell’istituto così da renderlo intellegibile anche a quanti vi si avvicinano con riserbo. Il volume, dopo averne approfondito i vari aspetti e la peculiare “segretezza”, illustra i diversi utilizzi cui si può prestare e, conseguentemente, i diversi ruoli che il rapporto fiduciario può assumere. In primo piano: la funzione che può assumere la società fiduciaria, inambito societario ed in ambito private, nella pianificazione patrimoniale e nei passaggi generazionali, l’analisi delle tematiche connesse alla gestione di piani di stock options, ai patti parasociali, alla cessione delle partecipazioni societarie, alle operazioni in titoli, alle successioni, alle donazioni, ai patti di famiglia, ai trust, ai contratti di escrow agreement ecc. Da apprezzare anche la parte più operativa del volume, che, con numerosi esempi e ampio ricorso alla modulistica, funge da vera e propria guida all’utente intenzionato a utilizzare concretamente lo strumento fiduciario. Ad assicurare l’esaustività della trattazione, contribuiscono, infine, l’analisi delle problematiche fiscali e dei complessi obblighi antiriciclaggio sottostanti alla gestione fiduciaria. LE OBBLIGAZIONI Cristiano Cicero (Giappicchelli, 2013) Il soffio del drago Lars Bill Lundholm (Feltrinelli, 2013) Con intuito infallibile e forte carattere, l’ispettore Hake è questa volta impegnato nel caso della scoperta di un cadavere emerso dalle gelide acque del quartiere di Södermalm, a Stoccolma. Unico indizio: uno strano tatuaggio a forma di drago sul braccio sinistro... Rebus di mezza estate Gianni Farinetti (Marsilio, 2013) La nozione di modo di estinzione dell’obbligazione fa riferimento a quel determinato atto giuridico che distrugge il rapporto obbligatorio esistente fra creditore e debitore. L’espressione modi di estinzione delle obbligazioni va circoscritta alle fattispecie il cui effetto diretto consiste nella estinzione del rapporto obbligatorio, e non va al contrario riferita alle ipotesi che realizzano - sì l’effetto estintivo, ma soltanto in via indiretta, producendo così effetti diretti ora sul titolo ora sul diritto del creditore. Tenuta in considerazione la sistematica del vigente codice, all’adempimento vanno aggiunti gli altri modi di estinzione codificati, definibili appunto “diversi” dall’adempimento (libro quarto, capo quarto, articoli 1230-1259), e di più, vanno considerati altri fatti a efficacia estintiva, dunque particolarmente incisivi sull’obbligazione, quali il termine finale, la condizione risolutiva (già prevista per il suo effetto estintivo nel codice civile 1865), e ancòra la dazione in pagamento, il mutuo dissenso, la revoca del negozio e il recesso dal rapporto, l’adempimento del terzo, il pagamento in buona fede al creditore apparente, la cessione in pagamento, il mandato a riscuotere ecc.. Un giallo pieno di verve e di suspense ambientato nelle Langhe, dove un assassino misterioso semina in una manciata di ore una serie di sanguinosi omicidi. Una commedia nera, anzi nerissima, un inestricabile rompicapo risolto dal flemmatico maresciallo Beppe Buonanno… IL NUOVO ORDINAMENTO CONTABILE DEGLI ENTI LOCALI Il Miglior tempo Marcello Quecchia Guido Meda (Rizzoli, 2013) (Maggioli, 2013) Dal 2014 l’ordinamento contabile degli enti locali si armonizzerà con le procedure contabili delle altre pubbliche amministrazioni, anche al fine del consolidamento dei conti pubblici. Dal 2012 è in atto una sperimentazione dell’attuazione della nuova contabilità, che ha portato ad aggiornare anche quanto previsto nei testi originari del D.Lgs. 118/2011 e del Dpcm 28 dicembre 2011. Uno degli aspetti più importanti della nuova contabilità degli enti locali è dato dal principio contabile della competenza finanziaria potenziata (e dalle sue modalità applicative), che rivoluzionerà sensibilmente le registrazioni contabili, avvicinando chiaramente il bilancio di competenza a un bilancio di cassa. Oltre a una approfondita disamina del nuovo sistema contabile e ai collegamenti con la normativa e con i principi della contabilità pubblica e di quella aziendale, nel volume sono riportate tabelle ed esempi pratici che consentono agli operatori di comprendere appieno le novità e di iniziare subito a impostare il sistema contabile del proprio ente. “… è proprio nell’equilibrio tra ragazzate e perdono, tra fughe liberatorie e carezze di conforto, che bisogna cercare il tempo migliore…”. In questo libro sorprendente, sospeso tra realtà e sogni, l’Autore ha saputo dare senso a una passione assoluta, che è anche la voglia di vivere con leggerezza. A cura di Maria Pia Parenti Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Press Professione economica e sistema sociale Rivista del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili Direttore Responsabile Maria Luisa Campise Capo Redattore Enrico Zanetti Comitato di Redazione Alessio Berardino Alessandro Cotto Marcello Febert Umberto Lombardi Marilena Nasti Gianfrancesco Padoan Segreteria di Redazione Maria Pia Parenti Editore PRESS Srl Piazza della Repubblica, 59 00185 Roma Tel 06.478631 Progetto grafico e art direction Giuseppe Antonucci Impaginazione Hedrarte sas di Angelo Mastria Piazza della Repubblica, 59 00185 - ROMA Tel +39 06.47863322 Fax +39 06.47863640 Sito internet: www.commercialisti.it e-mail: [email protected] Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 408/2006 Ogni articolo firmato esprime esclusivamente il pensiero di chi lo firma e pertanto ne impegna la responsabilità personale