Press
agosto-settembre 2013 / no.58
ISSN 2039-540X
Professione Economica e Sistema Sociale
Press
Sommario/agosto-settembre
DOCUMENTO
23 Stp, la nuova
disciplina
CNDCEC REPORT
32 Le risposte
del Pronto Ordini
EDITORIALE
Zanetti: “Si poteva ‘fare’ di più”
- Pag. 4
3
Maria Luisa Campise
PEOPLE
4
8
Enrico Zanetti
Bruno Censore
Cotto/Cissello: “Il ‘nuovo’ volto dell’ipoteca
esattoriale a seguito del DL 69/2013”
- Pag. 12
DIAMO
I NUMERI
38 Crisi e divari reddituali
intergenerazionali
PROFESSIONE
E TEMPO LIBERO
43 Letti per voi
Saggese: “Il Fisco allenta la ‘morsa’
sulla riscossione”
- Pag. 14
L’INTERVENTO
Censore: “Non tutto è possibile
e non tutto è possibile sempre”
- Pag. 8
10 Alessandro Cotto
Alfio Cissello
12 Alessandro Cotto
Alfio Cissello
14 Pasquale Saggese
18 Paola Rossi
20 Michele Bana
Serve qualcosa di più
na ottantina di misure per rilanciare l’economia: di questo si compone il decreto
“Fare”, il primo atto sostanzioso del Governo Letta. In primo piano, interventi
di carattere fiscale, come le nuove modalità per pagare le tasse a rate, la non
pignorabilità della prima casa, il superamento della responsabilità solidale per gli appalti,
la proroga di tre mesi per il versamento della Tobin Tax, la riduzione del prelievo sulle
barche e il lieve aumento delle accise sulla benzina. Un secondo filo conduttore è
rappresentato dalle semplificazioni per le imprese, il lavoro e la burocrazia: viene
alleggerita una serie di obblighi per edilizia e appalti, mentre il Durc verrà acquisito
d'ufficio e varrà 180 giorni. Sempre per le aziende sono previsti un importante incentivo
per l'acquisto di macchinari e il potenziamento del fondo di garanzia. Ingenti
investimenti, oltre due miliardi, sono stati messi in campo per sbloccare i cantieri e
avviare una riqualificazione urbana di scuole e piccoli Comuni. Inoltre, saranno risarciti
i ritardi della PA verso imprese e professionisti. Un ampio
spazio è, poi, dedicato all’efficienza della giustizia: torna la
conciliazione obbligatoria, si ricorrerà a 400 giudici ausiliari
per smaltire oltre 200mila cause arretrate e viene istituito
l'ufficio del processo per favorire la formazione nel campo
dei giovani. E ancora: certificati di gravidanza all’Inps,
fascicolo sanitario elettronico, installazione del wi-fi e
assunzioni nelle università dal 2014.
Insomma, una serie di misure per cercare di liberare risorse
per lo sviluppo del Paese al di là delle quali, forse, in questo
particolare momento non si poteva andare. Ma l’Italia, lo sappiamo da tempo, ha bisogno
di altro. La malattia di crescita di cui soffre e che si manifesta con calo dei consumi,
disoccupazione, credito negato, povertà, richiede altre cure, tra le quali un fisco semplice
e stabile. Se impiegato nel modo giusto, cioè se mirato a rafforzare i fattori di crescita
con misure concrete e piani di azioni affidabili, il fisco può rappresentare, infatti, una
ottima terapia per agganciare la ripresa. A questo proposito, pur volendo dare atto al
Governo di un forte impegno, le recenti misure adottate lasciano ancora il sapore amaro
della occasione perduta. Riguardo alle semplificazioni fiscali, si sarebbe dovuto andare
oltre approvando in tempi brevi un provvedimento legislativo che sgombrasse
definitivamente il campo dagli adempimenti inutili e razionalizzasse gli altri.
Sempre in campo fiscale, poi, si sarebbe dovuto procedere ad una riduzione del prelievo
a partire da un alleggerimento su lavoro ed imprese. Un Fisco per la crescita deve fare
leva sulle imprese, sul cuneo fiscale, perché la sua riduzione incide sull’offerta di lavoro
e sulla convenienza ad investire, sulla semplificazione e sulla stabilità del sistema. Ma su
questo, ancora non c’è stata alcuna azione. L’auspicio è che queste enunciazioni di
principio presto si traducano in azioni concrete e che siano al centro delle prossime
decisioni di Governo e Parlamento, all’appuntamento con la legge di Stabilità.
U
Maria Luisa Campise
Direttore Press
Zanetti: “Si poteva
‘fare’ di più”
Per il vicepresidente della Commissione finanze della Camera,
il ‘decreto del Fare’ contiene alcune cose utili anche
per i professionisti, ma quasi tutti i punti del documento
necessitano di un maggiore approfondimento
a cura della Redazione
People
Qual è il suo giudizio complessivo sul ‘Decreto del Fare’?
Secondo Lei, si poteva “fare” di più?
È un decreto che contiene alcune cose utili, ma quello che
contesto in radice è il metodo. Un governo non tecnico, ma
ancorato a una maggioranza politica di cui è espressione
diretta e organica, non può pensare di procedere anch'esso
a colpi di decreti da 80 e passa articoli su una decina di
materie completamente diverse tra di loro. Il risultato non è
quello di dare vita a un decreto “per fare tanto”, ma ad uno
“tanto per fare”.
5
“Serve competenza
per riprendere in mano
il pallino del potere
legislativo e anche
una discreta dose
di coraggio...”
Per come siamo stati costretti a lavorare nelle Commissioni
referenti, facendo ripetutamente le due e le quattro del
mattino, mi sentirei di dire praticamente tutti. Fretta,
approssimazione e stanchezza, così, la fanno inevitabilmente
da padrone.
quelle che trasformano sino a prova contraria i prelevamenti
di conto corrente in incassi in nero dell’imprenditore o del
professionista. Abbiamo cercato anche di abrogare il reato di
omesso versamento Iva in assenza di dichiarazione infedele.
La battaglia più importante, che proseguiremo con
determinazione anche nell'ambito della legge delega fiscale,
è però quella che punta alla eliminazione della riscossione
frazionata in pendenza di giudizio fino alla sentenza di primo
grado per tutte quelle maggiori imposte contestate non a
fronte di frodi od occultamenti di ricavi, ma a fronte di
disconoscimento di costi, deduzioni o detrazioni indicate dal
contribuente in dichiarazione.
I suoi interventi in Aula sono diretti ad una semplificazione
del sistema fiscale e societario. A questo proposito, quali
sono le proposte di Scelta Civica su questo argomento?
Onorevole, abbiamo avuto modo di leggere sulla stampa
specializzata la sua battaglia in merito al Durt. Ci può
spiegare i motivi della sua contrarietà?
I nostri emendamenti spaziavano dall'abrogazione integrale
del regime di solidarietà per Iva e ritenute negli appalti,
all'abrogazione della comunicazione dei beni in godimento
ai soci, passando per la semplificazione dei modelli Intrastat,
delle comunicazioni delle dichiarazioni d'intento ricevute dai
fornitori degli esportatori abituali e delle comunicazioni delle
operazioni con Paesi black list. Niente da fare: troppo buon
senso, tutto in una volta, evidentemente fa male.
Più che contrario, su questo mi sono letteralmente inferocito,
perché c'è un limite a tutto. Eravamo partiti per semplificare
e passi che non ce la si faccia in modo sufficientemente
incisivo, ma addirittura complicare ancora di più e di molto
era veramente una beffa intollerabile. La verità è che come
Scelta Civica ci siamo trovati soli tra i marziani. Prima, nella
battaglia per introdurre semplificazioni che non ci hanno
votato né PD, né PdL. Poi, nella battaglia per fermare il Durt,
proposto dal M5S e votato da PD e PdL sotto la regia del
Viceministro Fassina. Tanto abbiamo fatto che alla fine,
nonostante l'ostinata quanto inspiegabile difesa dello
strumento da parte di Fassina, lo stesso Beppe Grillo ha
sconfessato l'operato dei suoi e a PD e ancor più PdL non è
rimasto che constatare la bruttissima figura fatta, più per
Quali ritiene siano i punti del decreto che necessitavano un
maggiore approfondimento?
Oltre al tema della semplificazione, cosa proponete per un
fisco più equo e più vicino al cittadino e alle imprese?
Sempre per rimanere a emendamenti concretamente
presentati, abbiamo proposto l'abrogazione di alcune norme
presuntive anacronistiche e liberticide, come ad esempio
6
People
sciatteria e menefreghismo che per reale volontà. In futuro,
quando alzeremo la voce per dire che stanno combinando una
sciocchezza ancora più grande del solito, sono certo ci
presteranno maggiore attenzione.
Per quanto concerne la lotta all'evasione fiscale, è emerso,
nel corso di una recente audizione in Commissione finanze
della Camera, che, rispetto al totale delle riscossioni dei
crediti fiscali accumulati dal 2000 al 2012, è stato
incassato dallo Stato meno del 10% del totale. Qual è la
vostra ‘ricetta’ per combattere efficacemente l’evasione
fiscale?
In realtà l'incasso effettivo si attesta intorno al 20% su un
orizzonte decennale. Sono stato proprio io a presentare una
interrogazione in Commissione Finanze per andare fino in
fondo ai numeri che venivano fatti girare ad arte in modo
strumentale.
Uno dei problemi è il “gigantismo” delle iscrizioni a ruolo:
negli ultimi anni, circa 200 miliardi di euro sono stati sgravati
dopo l'iscrizione. È l'effetto perverso di un sistema di
riscossione frazionata in pendenza di giudizio in uno
scenario di contenzioso tributario i cui numeri ci dicono con
chiarezza come gli atti di contestazione dell'Amministrazione
finanziaria non sono esattamente Vangelo.
Nel ‘Decreto del fare’ è previsto che il rafforzamento del
Fondo di garanzia a favore delle Pmi venga esteso anche
agli iscritti agli Ordini professionali. In termini concreti,
quali saranno i vantaggi per i professionisti?
A livello formale, questo agevolerà l'accesso al credito per
gli studi professionali.
A livello sostanziale, ho la personalissima impressione che
cambierà poco. Resta il fatto che la parificazione era
doverosa e, se anche si dovesse rivelare concretamente utile
in una manciata di occasioni, sarà comunque sempre tutto
di guadagnato.
Il testo del ddl prevede la reintroduzione del carattere
obbligatorio della mediazione civile. Una vittoria per i
commercialisti?
Sul principio della obbligatorietà della mediazione, senza
dubbio. Sulle modalità con cui questa reintroduzione è stata
attuata, direi al massimo un pareggio. Personalmente, mi
sono volentieri reso interprete di tre emendamenti formulati
dall'Unione giovani dottori commercialisti ed esperti
contabili. Siamo riusciti a farne approvare uno, tra mille
discussioni.
Le misure in materia di concordato preventivo offrono
maggiori garanzie di carattere informativo ai creditori e al
tribunale perché sono anticipati gli effetti protettivi del
patrimonio dell’impresa in crisi, indipendentemente
dall’elaborazione della proposta e del piano di concordato.
Cosa ne pensa?
Penso che la Categoria debba prendere in mano la materia
con grande risolutezza o rischia in prospettiva di veder
decrescere significativamente il ruolo del commercialista in
questo genere di procedure che, prestandosi a utilizzi
distorti, possono diventare un vero e proprio boomerang ad
alzo zero anche per i tanti Colleghi che lavorano con
coscienza e serietà.
Si ritiene soddisfatto delle misure in materia di
semplificazione fiscale come la comunicazione telematica
all’Agenzia delle entrate per i titolari di partita Iva e la
soppressione dell’obbligo di presentazione mensile del 770?
O si poteva fare di più?
Si poteva fare moltissimo di più, basti pensare solo alle
nostre proposte poc'anzi ricordate che non sono riuscite a
trovare spazio. La verità è che da troppi anni in questo Paese,
per colpa di una politica incompetente che si è pure
progressivamente di nuovo squalificata sul piano morale, il
rapporto di forza tra essa e le alte burocrazie si è alterato
sino a diventare la vera anomalia di questo Paese. Con il
Parlamento ridotto ad essere una fabbrica di emendamenti,
stretto tra decreti legge del governo da convertire e leggi
delega da attribuire al governo, un capo ufficio di
commissione parlamentare può talvolta pesare più di un
parlamentare e un capo gabinetto ministeriale può
sistematicamente pesare più di un sottosegretario, quando
non direttamente del ministro stesso. È veramente una
situazione difficile.
Serve competenza per riprendere in mano il pallino del
potere legislativo e anche una discreta dose di coraggio,
perché non è che denunciando a chiare lettere questo stato
di fatto delle cose ci si attiri chissà quali simpatie.
I commercialisti possono dare una grande mano al Paese, da
questo punto di vista, perché possiedono in quantità
entrambe queste caratteristiche. Enrico Zanetti (Lista Civica), vicepresidente
della Commissione finanze della Camera,
dottore commercialista Odcec di Venezia
Rappresentiamo una minoranza del 99,9%.
In Italia le PMI sono
il 99,9% della forza
economica, eppure
vengono trattate come
una minoranza. Il
mondo produttivo e le
istituzioni funzionano
solo grazie alle libere
professioni, eppure
queste ultime non
vengono prese
in considerazione
dai poteri forti.
Essere utili al Paese
significa cambiare
anche questi squilibri,
ma soprattutto
lavorare per le
cose che contano.
Censore: “Non tutto è
possibile e non tutto
è possibile sempre”
Per il deputato del PD, in questo particolare contesto storico,
Governo e Parlamento hanno fatto tutto ciò che era possibile
“fare” per il rilancio dell’economia
a cura della Redazione
People
Qual è il suo giudizio complessivo sul “Decreto del fare”?
Secondo lei, “si poteva fare” di più?
Non tutto è possibile e non tutto è possibile sempre. Credo,
dunque, che Governo e Parlamento hanno fatto tutto ciò che
in questo particolare contesto storico era possibile fare. Mi
spiego meglio con un esempio di semantica frasale: Governo
e Parlamento con il “Decreto del fare” - dove il verbo “fare”
dà piena testimonianza dell’operatività e della concretezza hanno individuato le misure necessarie per il rilancio
dell’economia e del sistema produttivo del Paese, tra cui cito
l’atteso e agognato rifinanziamento della Legge Sabatini, che
permette alle imprese di acquistare macchinari a tasso
agevolato, e il cosiddetto sblocca cantieri.
Quali ritiene siano i punti del decreto che necessitavano un
maggiore approfondimento?
Per chi ha una cultura e formazione politica come la mia, la
giustizia fiscale è un aspetto preminente, ma credo sia
essenziale andare oltre gli aspetti simboli per valutare
accuratamente le conseguenze ed i benefici dei vari
provvedimenti. Con apposito provvedimento inserito nel
pacchetto del “ fare” è stata cancellata la tassa per le barche
sotto i 14 metri di lunghezza ed è stata dimezzata per quelle
tra 14 e 20 metri. Secondo me bisognava osare di più, anche
perché il balzello reintrodotto dal Governo Monti come tassa
di possesso ha generato un gettito molto modesto e
largamente inferiore alle aspettative, favorendo la fuga delle
imbarcazioni verso l’estero e la paralisi totale del mercato
interno. Si pensi, infatti, che quella tassa sul lusso, che
avrebbe dovuto garantire introiti grossi per l’Erario, ha
generato un indotto di appena venticinque milioni di euro,
una miseria, producendo l’effetto negativo di ridurre di oltre
un quarto gli scali nei porti turistici italiani. Io avrei fatto di
più, superando ogni pregiudiziale nei confronti di un
comparto che, dati Unica, ha perso 18 mila posti di lavoro.
Nel “Decreto del fare” è previsto che il rafforzamento del
Fondo di garanzia a favore delle pmi venga esteso anche
agli iscritti agli Ordini professionali. Cosa ne pensa?
Ero e resto estremamente convinto della necessità di
equiparare, in termini di fisco, previdenza, sviluppo
economico e credito, gli iscritti agli ordini e i professionisti
regolarizzati dalla legge n. 4 del 14 gennaio 2013 alle imprese.
Fatto ciò, credo che in tempo di crisi l’estensione a favore
del sistema professionale, ordinistico e non, dello strumento
di sostegno rappresenti una soluzione preziosa, che reca
indubbi vantaggi ai professionisti, che hanno così una
9
concreta possibilità di ottenere i finanziamenti necessari allo
sviluppo della propria attività.
Il testo del ddl prevede la reintroduzione del carattere
obbligatorio della mediazione civile. Una vittoria per i
commercialisti?
Mi pare riduttivo annoverare il carattere obbligatorio della
mediazione civile come una semplice vittoria per i
commercialisti. Credo, invero, si tratti di uno strumento
indispensabile che consente al legislatore di incidere sui
tempi della giustizia civile, migliorandone l’efficienza e il
buon funzionamento, elementi, questi, che condizionano
l’effettività dei diritti, l’eguaglianza dei cittadini e anche
l’economia, se è vero come è vero che l’inefficienza della
giustizia civile italiana ha un’incidenza negativa per circa l’1%
del Pil, con pesanti riverberi sull’economia. Pertanto, il
provvedimento non intende dare vantaggi ai commercialisti
o ad altri professionisti. Quindi, nell’ottica di fornire
adeguate risposte alle necessità di ridurre i tempi dei
procedimenti, la mediazione civile è una risposta valida
all’urgenza di individuare strumenti alternativi per la
risoluzione delle controversie e per la deflazione del
contenzioso.
Le misure in materia di concordato preventivo offrono
maggiori garanzie di carattere informativo ai creditori e al
tribunale perché sono anticipati gli effetti protettivi del
patrimonio dell'impresa in crisi, indipendentemente
dall’elaborazione della proposta e del piano di concordato.
Cosa ne pensa?
Adesso il debitore è obbligato ad allegare alla domanda di
pre concordato informazioni dettagliate relative ai
creditori con i rispettivi crediti, oltre agli ultimi tre bilanci.
Inoltre, è tenuto a comunicare le iniziative intraprese per
definire la proposta e il piano da sottoporre ai creditori, con
la facoltà da parte del tribunale di ridurre i tempi nel caso in
cui il debitore cerchi di prendere tempo e non pagare i
creditori. Credo che così facendo si possano risolvere alcune
criticità della legge fallimentare, aumentando soprattutto la
trasparenza di informativa nella fase di pre concordato e
migliorando di conseguenza la tutela dei creditori. Bruno CENSORE (Partito Democratico) è dottore
commercialista e revisore legale e componente
della Commissione Bilancio della Camera dei deputati
10
Le novità del decreto
“fare” in tema
di fermo dei beni
mobili registrati
Alessandro Cotto Odcec di Torino e componente Cdr Press
Alfio Cissello Eutekne
D’ora in poi Equitalia è obbligata ad emettere una comunicazione
con la quale invita il debitore a pagare entro trenta giorni e non potrà
più decretare il fermo amministrativo dei beni strumentali
n sede di conversione del
decreto 69/2013 (c.d. “Decreto
del fare”) ad opera della legge
98/2013, sono state introdotte
rilevanti modifiche all’istituto del
fermo dei beni mobili registrati, che,
sostanzialmente, concernono il
procedimento che l’Agente della
riscossione deve seguire per
procedere all’iscrizione della misura
cautelare nel PRA e la possibilità di
disporla nei confronti dei veicoli
strumentali all’esercizio dell’attività,
dell’arte e della professione.
Prima di analizzare le modifiche
richiamate, è bene riepilogare i tratti
salienti dell’istituto.
Il fermo dei beni mobili registrati è
disciplinato dall’art. 86 del d.P.R.
602/73, e costituisce non tanto una
misura cautelare strumentale ad
assicurare la garanzia del credito, ma
uno strumento che ha carattere
deterrente. Infatti, esso, a differenza
I
di quanto avviene nel sequestro
conservativo, non si converte in
pignoramento, per cui non può che
rappresentare uno stimolo per il
versamento delle somme intimate.
Esso, come regola generale, è
adottabile decorsi sessanta giorni
dalla notifica della cartella di
pagamento, momento a partire dal
quale il debitore è considerato
inadempiente.
In caso di dilazione delle somme
iscritte a ruolo ai sensi dell’art. 19 del
d.P.R. 602/73, all’atto del pagamento
della prima rata il debitore non è più
ritenuto inadempiente, quindi il fermo
non può essere disposto. Anzi, in base
a quanto chiarito da Equitalia con la
direttiva 12/2008, deve essere
revocato il fermo in precedenza
disposto (potrebbe essere il caso in
cui la dilazione sia stata domandata
dopo il decorso di sessanta giorni
dalla notifica della cartella di
pagamento).
La misura cautelare in esame è
adottabile anche a seguito di notifica
dell’accertamento “esecutivo” (art. 29
del d.l. 78/2010): in tal caso, però, è
necessario che siano trascorsi almeno
novanta giorni dalla notifica dell’atto.
Ciò poiché il versamento degli
importi deve essere effettuato entro il
termine per il ricorso, quindi di norma
entro sessanta giorni, e l’affidamento
dei medesimi all’Agente della
riscossione avviene non prima del
decorso di trenta giorni dal termine
ultimo per l’adempimento.
Il fermo non consiste nel
materiale “blocco” del veicolo, ma in
un provvedimento iscritto nel PRA
che vieta la circolazione del veicolo,
pena l’irrogazione di una sanzione
amministrativa da 770,00 euro a
3.086,00 euro, come prevede l’art. 214
del Codice della Strada, richiamato
dall’art. 86 del d.P.R. 602/73.
L’intervento
Detto ciò, è possibile affermare che il
fermo non richiede particolari limiti
per la sua adottabilità, quindi, facendo
comunque salve le ipotesi in cui si
potrebbe configurare l’eccesso di
potere, l’Agente della riscossione può
iscrivere il provvedimento nel PRA
per il solo fatto che, nei termini
descritti, il debitore non abbia ancora
adempiuto al pagamento.
Prima delle innovazioni apportate
dal decreto “fare”, l’art. 86 del d.P.R.
602/73 prevedeva che il debitore
avrebbe dovuto essere notiziato del
fermo solo dopo l’avvenuta iscrizione
nel PRA. Tale formulazione
normativa, come intuibile, avrebbe
leso non di poco i diritti del
contribuente, ragion per cui l’Agenzia
delle Entrate, mediante la nota 57413
del 2003, aveva invitato i funzionari a
rendere edotti i debitori di tale
circostanza prima dell’iscrizione.
Così, la prassi prevedeva l’invio di
un preavviso di fermo contenente
l’indicazione che, se entro venti giorni
non fosse avvenuto il pagamento, si
sarebbe proceduto con la misura
cautelare.
Ora, è la legge stessa che impone
il preavviso di fermo.
Infatti, la “nuova” versione
dell’art. 86 del d.P.R. 602/73 sancisce
che l’Agente della riscossione, prima
di procedere con il fermo, deve
notificare al debitore una
comunicazione contenente
l’intimazione ad adempiere al
pagamento degli importi entro i
successivi trenta giorni, pena la
successiva iscrizione del fermo senza
la necessità di ulteriori
comunicazioni.
È chiaro che detta comunicazione
deve ritenersi impugnabile di fronte
alle Commissioni tributarie. Del resto,
è vero che l’art. 19 del d.lgs. 546/92
prevede la ricorribilità del fermo e
non della comunicazione, ma non si
dimentichi che tale norma è stata
emanata in un contesto storico in cui
non era contemplata la necessità di
alcuna comunicazione preventiva.
Passando al secondo aspetto, il d.l.
69/2013 convertito ha sentito la
necessità di affermare che il fermo
non è eseguito se il debitore, entro
trenta giorni dalla notifica del
preavviso, dimostra che il veicolo è
strumentale all’esercizio dell’attività,
dell’arte e/o della professione.
L’innovazione è da accogliere con
estremo favore, posto che la
privazione del veicolo per determinati
soggetti (il caso lampante è quello
degli agenti di commercio)
comportava la sostanziale
impossibilità di svolgere il proprio
lavoro, e, di conseguenza, di
adempiere al debito fiscale.
Alcune Commissioni tributarie
avevano infatti analizzato la
questione, annullando il fermo
richiamando i limiti di pignorabilità di
cui all’art. 515 c.p.c. (C.T. Prov. Massa
Carrara 8.7.2009 n. 180 e C.T. Prov.
Verbania 6.5.2011 n. 43/2/11).
Sul punto, due sono le questioni
che, “a caldo”, sembra possano
emergere nel prossimo futuro: il
“come” sia possibile dimostrare il
carattere strumentale del bene e la
possibilità di fornire tale prova oltre i
trenta giorni dalla notifica del
preavviso.
In merito alla prima questione, è
prudente attendere i primi chiarimenti
di Equitalia, anche se, a nostro avviso,
occorre una certa elasticità mentale
ad opera del funzionario.
Detto diversamente, il veicolo, ai
fini del fermo, è strumentale quando,
in concreto, serve per esercitare
l’attività imprenditoriale, artigianale o
11
professionale.
Così, il camioncino di un piccolo
imprenditore edile non deve essere
fermato per nessun motivo, a
prescindere addirittura dal fatto che
detto veicolo emerga dalle scritture
contabili.
Tanto premesso, sembra chiaro
che, nella maggior parte delle ipotesi,
non possa che farsi riferimento alle
scritture contabili, o ai diversi
documenti richiesti dal regime
contabile semplificato di riferimento.
Sul secondo punto, dal testo
normativo non appare nessuna
limitazione temporale per l’esibizione
della prova circa il carattere
strumentale del bene. Il riferimento ai
trenta giorni è stato effettuato per
ragioni di opportunità, che vanno a
beneficio di entrambe le parti: se il
debitore dimostra subito che l’auto è
utilizzata ai fini imprenditoriali, egli
non subirà il fermo e l’Agente della
riscossione non perderà tempo per
effettuare l’iscrizione nel PRA (non a
caso, il termine di trenta giorni è
quello entro cui il soggetto può pagare
gli importi evitando in ogni caso il
fermo).
Qualora il debitore non fornisca la
prova entro i trenta giorni, ben potrà
farlo in momenti successivi, quindi
davanti alla Commissione tributaria,
ad esempio. Nel sistema normativo
attuale, il fermo, oltre al requisito
temporale prima indicato (decorso di
sessanta giorni dalla notifica della
cartella di pagamento o di novanta
giorni dalla notifica dell’accertamento
“esecutivo”), non deve essere
strumentale all’esercizio dell’impresa,
dell’arte e/o della professione, e ciò
costituisce un’ulteriore condizione per
la sua legittimità, a nulla rilevando il
momento in cui tale fatto viene
dimostrato. 12
Il “nuovo” volto
dell’ipoteca
esattoriale a seguito
del DL 69/2013
Alessandro Cotto Odcec di Torino e componente Cdr Press
Alfio Cissello Eutekne
Per la prima volta l'ipoteca è adottabile anche quando il pignoramento
non può avvenire, assumendo così un aspetto più deterrente
che conservativo
’art. 77 del d.P.R. 602/73
disciplina l’istituto
dell’ipoteca esattoriale,
misura cautelare che può
essere adottata dall’Agente
della riscossione a seguito del
mancato pagamento delle somme
intimate con la cartella di pagamento o
con l’accertamento “esecutivo”.
Detta misura cautelare può essere
adottata solo per debiti nel complesso
superiori alla soglia dei 20.000,00 euro.
Inoltre, prima di procedere con
l’ipoteca, al debitore deve essere
notificata una comunicazione
preventiva annunciante l’intenzione,
ad opera di Equitalia, di avvalersi dello
strumento in esame, se le somme non
vengono pagate entro i successivi
trenta giorni. La comunicazione di
iscrizione ipotecaria è un requisito di
legittimità della medesima, e
costituisce atto impugnabile in
Commissione tributaria.
L
A seguito delle modifiche apportate
dal d.l. 69/2013 (c.d. “Decreto del
fare”), ora l’ipoteca adottabile da
Equitalia è destinata ad assumere un
“nuovo” volto, posto che, alla luce di
quanto si esporrà, essa appare uno
strumento più deterrente che
conservativo.
Il “Decreto del fare” ha innovato
profondamente il pignoramento
immobiliare, con modifiche che, “a
cascata”, hanno riflessi sulla funzione
dell’ipoteca esattoriale.
Per meglio comprendere gli effetti
delle modifiche richiamate è
opportuno riepilogare brevemente
quali sono stati gli interventi
normativi che hanno caratterizzato
l’ipoteca da un lato, e il pignoramento
dall’altro.
In origine, il pignoramento
immobiliare, in ambito esattoriale,
non poteva essere disposto per debiti
inferiori alla soglia di 8.000,00 euro.
Dopo varie pronunce, anche
contrastanti, delle Commissioni
tributarie, la Corte di Cassazione a
Sezioni Unite (sentenza 4077 del
2010), in maniera alquanto lapidaria,
aveva affermato che siccome l’ipoteca
è necessariamente preordinata
all’espropriazione forzata, anch’essa
avrebbe dovuto sottostare al limite
degli 8.000,00 euro.
Il Legislatore, con un complesso e
variegato excursus normativo che non
è il caso di riportare, aveva recepito
l’indicazione della Cassazione, ovvero:
ipoteca e pignoramento immobiliare
devono sottostare ai medesimi limiti.
Pertanto, nel sistema ante d.l.
69/2013, sia l’ipoteca sia il
pignoramento non avrebbero potuto
essere disposti per debiti nel
complesso inferiori al nuovo limite di
20.000,00 euro.
Ora, c’è stato un netto
cambiamento di tendenza, posto che,
L’intervento
da un lato, il decreto “fare” ha
modificato l’art. 76 del d.P.R. 602/73,
innalzando il limite per il
pignoramento immobiliare a
120.000,00 euro, dall’altro, ha
cambiato il testo dell’art. 77 del d.P.R.
602/73, sancendo che l’ipoteca può
essere adottata anche se non sono
“ancora” presenti i requisiti per il
pignoramento.
Bisogna poi ricordare che, sempre
per effetto del d.l. 69/2013, ora il
pignoramento, a prescindere
dall’entità del debito, è vietato per
l’unica casa di abitazione del debitore,
se questi vi risiede anagraficamente
eccezion fatta per le case di lusso.
Allora, anche in questo caso si
ad assumere non tanto la funzione che
gli è propria (ovvero l’ottenimento di
una garanzia reale), ma appunto un
“nuovo” volto, che, sotto questo
aspetto, la rende più simile al fermo
delle auto, un volto, purtroppo,
deterrente.
Ricapitolando, se un contribuente,
magari dopo aver ricevuto una
cartella di pagamento contenente
l’intimazione al versamento di
22.000,00 euro, non adempie al
pagamento delle somme e, per un
qualsivoglia motivo (indipendente o
meno dalla sua volontà), non fruisce
della dilazione dei ruoli, l’ipoteca
potrà prontamente essere adottata,
ma sarà un’ipoteca fine a se stessa,
verifica un “doppio binario”, che
rende legittima l’ipoteca ma non il
pignoramento, sempre che, ai fini
dell’ipoteca, il debito sia superiore
alla soglia dei 20.000,00 euro, rimasta
invariata. Viene quindi sconfessata
l’opinione della richiamata sentenza
delle Sezioni Unite.
A nostro avviso, se il Legislatore
ammette espressamente l’ipoteca
quando il pignoramento non può
avvenire (e questo è un dato
oggettivo), va da sé che la prima viene
posto che il pignoramento non sarà
mai disponibile, a meno che, nel
frattempo, il debito non cresca sino a
superare la soglia dei 120.000,00 euro.
Quanto esposto comporta effetti
anche in merito ad ulteriori vizi che
talvolta i contribuenti sollevano nel
ricorso contro la comunicazione di
iscrizione ipotecaria.
Infatti, è ora dubbia la fondatezza dei
motivi di ricorso fondati sulla
mancata notifica dell’intimazione ad
adempiere e sul fatto che l’immobile
13
fa parte di un fondo patrimoniale.
Per prima cosa, se l’ipoteca non è,
almeno in astratto, preordinata
all’espropriazione, non può più essere
sostenuta la necessità dell’intimazione
ad adempiere ex art. 50 del d.P.R.
602/73, obbligatoria quando il
pignoramento non è stato disposto
decorso un anno dalla notifica della
cartella di pagamento o
dell’accertamento “esecutivo”.
La questione, di recente, è stata
rimessa al Primo Presidente della
Cassazione affinché valuti
l’opportunità di devolverla alle Sezioni
Unite (pronuncia 18007 del 2013).
Non resta quindi che attendere il
responso della Cassazione, il quale
dovrà comunque tenere nella dovuta
considerazione il sopravvenuto
intervento legislativo.
Un ulteriore riflesso della modifica
in esame concerne il vizio relativo a
ipoteca iscritta su immobili facenti
parte del fondo patrimoniale (si
ricorda che, ai sensi dell’art. 170 c.c.,
l’esecuzione sui beni del fondo
patrimoniale della famiglia e sui loro
frutti non può avere luogo “per debiti
che il creditore conosceva essere stati
contratti per scopi estranei ai
bisogni della famiglia”).
Ora, tralasciando il dibattito
giurisprudenziale sul punto, se
l’immobile fa parte di un fondo
patrimoniale, nel ricorso tale vizio
viene eccepito, e il giudice ben può
accogliere l’impugnazione: se i beni
del fondo non possono essere soggetti
ad esecuzione, non è nemmeno
legittima l’ipoteca, viene da dire.
Ma ad oggi questo discorso può
ancora ritenersi valido?
Anche su tale aspetto la risposta
potrebbe essere negativa, alla luce del
fatto che l’ipoteca è ammessa a
prescindere dalla pignorabilità
dell’immobile. 14
Il Fisco allenta
la “morsa”
sulla riscossione
Pasquale Saggese
IRDCEC
Tra i tanti obiettivi del “decreto del fare” c’è anche quello di una maggior
compliance fiscale, ridimensionando il potere di Equitalia
iscossione coattiva
meno aggressiva e
maggiori tutele del
contribuente nei
confronti di Equitalia.
Queste, in estrema sintesi, le finalità
delle misure adottate dal legislatore
nell'ambito delle disposizioni urgenti
per il rilancio dell'economia
introdotte dal c.d. “decreto del fare”
(d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito
dalla l. 9 agosto 2013, n. 98).
Un primo intervento, contenuto
nell’art. 52 del decreto, prevede
l’estensione fino a dieci anni (120 rate
mensili, eventualmente prorogabile
per lo stesso periodo) della possibilità
di rateazione del pagamento delle
imposte, nei casi in cui il debitore si
trovi, per ragioni estranee alla propria
responsabilità, in una comprovata e
grave situazione di difficoltà legata
alla congiuntura economica.
Tale fattispecie si aggiunge
all’ipotesi di temporanea situazione di
obiettiva difficoltà, per la quale è già
R
ammessa una rateazione in 72 rate
mensili, e all’ipotesi di comprovato
peggioramento di detta situazione, per
la quale è possibile fruire di
un’ulteriore dilazione fino a 72 mesi.
Per beneficiare della nuova forma
di rateizzo, devono ricorrere
congiuntamente due condizioni:
l’impossibilità per il contribuente
di eseguire il pagamento secondo
un piano di rateazione ordinario;
la solvibilità del contribuente
valutata in relazione al piano di
rateazione concedibile con le
nuove disposizioni.
Le modalità di attuazione del nuovo
meccanismo di rateazione dovranno
essere stabilite con un apposito
decreto del Ministro dell’economia da
adottarsi entro il prossimo 20
settembre, per cui fino ad allora
continueranno ad essere applicate le
vecchie regole, come peraltro
confermato da Equitalia con una nota
del 1° luglio 2013.
Prima dell’ultimo intervento
normativo Equitalia aveva peraltro già
ampliato la platea dei soggetti che
possono ottenere la rateizzazione con
una semplice richiesta motivata, senza
ulteriori adempimenti.
È stata infatti innalzata da 20 mila
a 50 mila euro la soglia entro cui
concedere “automaticamente” la
dilazione, ma è stato anche
incrementato da 48 a 72 il numero
massimo di rate concedibili “a
richiesta” (cfr. comunicato stampa
dell’8 maggio 2013).
È bene ricordare che la nuova
fattispecie riguarda solo i contribuenti
il cui debito è già stato affidato ad
Equitalia e non anche gli omessi
versamenti che possono essere
“sanati” con il pagamento degli “avvisi
bonari”.
Considerato che questi ultimi
possono essere rateizzati in un
massimo di 6 rate trimestrali per
debiti fino a 5 mila euro ovvero di 20
rate per importi superiori, sarebbe
opportuno prevedere dilazioni più
L’intervento
ampie anche in tale fase in cui il
debito non è ancora gravato dalla
sanzione “piena” del 30% e dall’aggio
di riscossione dell’8%, oltre che dagli
interessi moratori.
L’intervento si completa con il
prolungamento del periodo di mora
che fa “saltare” l’accordo con il fisco.
La decadenza dal beneficio della
rateizzazione scatta ora con il
mancato pagamento di 8 rate anche
non consecutive, rispetto alle due rate
consecutive previste in precedenza.
Tale previsione, come chiarito da
Equitalia con la nota del 1° luglio
2013, trova applicazione anche per i
piani di rateazione già concessi al 22
giugno scorso (data di entrata in
vigore del “decreto del fare”).
Con riferimento ai casi in cui alla
stessa data sia già intervenuta la
decadenza dal beneficio in base alle
vecchie regole, la nota di Equitalia
ipotizza una disciplina di favore che
eviti ai debitori di essere esclusi dalla
fruizione della rateizzazione.
È auspicabile che tale
interpretazione trovi conferma anche
in seguito alla definitiva conversione
in legge del decreto.
Novità importanti anche per
l’espropriazione immobiliare.
15
In primo luogo, si prevede che
l’agente della riscossione non può
procedere all’esecuzione forzata
dell’unico immobile di proprietà del
debitore, qualora esso sia adibito ad
uso abitativo e il debitore vi risieda
anagraficamente.
Sono esclusi da questa previsione
le case di lusso aventi le
caratteristiche individuate dal d.m. n.
218 del 1969 e i fabbricati classificati
nelle categorie catastali A/8
(abitazioni in ville) e A/9 (castelli,
palazzi di eminenti pregi artistici o
storici), nonché, ad avviso di Equitalia
(cit. nota del 1° luglio 2013), gli uffici e
16
L’intervento
studi privati classificati nella categoria
A/10, in quanto immobili ad uso non
abitativo. Divieto di pignoramento
confermato invece per le pertinenze,
anche se accatastate autonomamente,
come i box e le cantine di cui alla
categoria C6.
In tutti gli altri casi,
l’espropriazione immobiliare è
ammessa se l'importo complessivo del
credito per cui si procede è superiore
a 120 mila euro (il precedente limite
era di 20 mila euro), ferma restando la
possibilità di iscrivere ipoteca anche
sulla unica casa di abitazione e al di
sotto di tale soglia (ma comunque per
importi non inferiori a 20 mila euro),
solo a fini cautelari e per la tutela dei
crediti iscritti a ruolo laddove
l’esecuzione fosse avviata da terzi.
Si prevede, inoltre, che
l’esecuzione può essere avviata
dall’agente della riscossione solo
allorché sia stata iscritta ipoteca
esattoriale e siano decorsi almeno 6
mesi dall’iscrizione senza che il debito
sia stato estinto.
Nelle anzidette ipotesi, Equitalia
ha ritenuto di sospendere le
procedure di espropriazione pendenti
alla data dello scorso 22 giugno, in
attesa di istruzioni da parte dei
competenti organi istituzionali
sull’applicabilità di tali disposizioni ai
pignoramenti in corso.
Sarà infine un apposito decreto
del Ministero dell’economia ad
individuare d’intesa con l’Agenzia
delle entrate e con l’ISTAT uno
specifico paniere di beni definiti «beni
essenziali» per i quali l’agente della
riscossione non potrà dar corso
all’espropriazione.
Si osserva al riguardo che facendo
riferimento a un “paniere” di beni la
norma sembra riguardare beni mobili:
se così fosse il suo inserimento
all’interno della disciplina
dell’espropriazione immobiliare
risulterebbe impropria.
Procedura più soft anche per
l’iscrizione del fermo di beni mobili
registrati.
La legge ora prevede che l’agente
della riscossione deve notificare al
debitore o ai coobbligati iscritti nei
pubblici registri una comunicazione
preventiva contenente l’avviso che, in
mancanza del pagamento delle
somme dovute entro il termine di 30
giorni, sarà eseguito il fermo, senza
necessità di ulteriore comunicazione,
mediante iscrizione del
provvedimento che lo dispone nei
registri mobiliari.
Maggiori tutele anche per il
settore produttivo. Sono stati, infatti,
estesi ai debitori costituiti in forma
societaria e alle attività con
prevalenza del capitale sul lavoro i
limiti alla pignorabilità dei beni
strumentali già riconosciuti dall'art.
515 c.p.c. alle ditte individuali.
Il pignoramento può riguardare al
massimo un quinto dei beni aziendali
e può essere effettuato solo laddove il
valore di presumibile realizzo degli
altri beni del debitore non appaia
sufficiente per la soddisfazione del
credito.
Per quanto concerne i beni mobili
registrati strumentali all’attività di
impresa o della professione, viene
altresì inibita l’iscrizione del fermo,
sempre che il debitore o i coobbligati,
nel termine di 30 giorni dalla notifica
della comunicazione preventiva,
dimostrino all’agente della riscossione
la strumentalità degli stessi.
Si prevede, inoltre, che nel caso di
pignoramento dei beni strumentali il
debitore ne sia obbligatoriamente
nominato custode.
La vendita all’asta non può avvenire
prima che siano trascorsi almeno 300
giorni e non dopo i successivi 60
giorni. Tale tempistica consente al
debitore di proseguire l’attività per un
ulteriore congruo periodo di tempo e
di reperire le risorse necessarie per
estinguere o, quanto meno, rateizzare
il proprio debito.
Per quanto concerne infine il
pignoramento presso terzi previsto
dal d.P.R. n. 602 del 1973 è stato
elevato da 15 a 60 giorni il termine,
decorrente dalla notifica dell’atto di
pignoramento, entro il quale il terzo
pignorato deve pagare il credito
direttamente all’agente della
riscossione. Ciò consente al debitore
che abbia fondate ragioni da opporre
all’avviata iniziativa di riscossione di
attivare, in tempi consoni, le tutele del
caso, evitando che, nelle more, il terzo
disponga l'accredito delle somme
pignorate.
Sono state infine sottratte a tale
procedura le somme depositate sul
conto corrente del debitore relative
all’ultimo emolumento accreditato a
titolo di stipendio, salario o di altre
indennità relative al rapporto di
lavoro, comprese quelle dovute a
causa di licenziamento.
Tale norma è volta ad ovviare al
rischio del venir meno dei limiti alla
pignorabilità previsti per gli stipendi e
le pensioni, considerato che, per
consolidato orientamento
giurisprudenziale, le somme di
danaro, una volta depositate sul conto
corrente bancario/postale, perdono
qualsiasi connessione con la
eventuale speciale destinazione delle
stesse, ovvero con il titolo per il quale
sono versate in favore dell’avente
diritto. L’ottimismo prevede un duro lavoro.
Essere ottimisti oggi
non significa credere
semplicemente che sarà
possibile uscire dalla crisi.
Significa piuttosto,
trasformare questa crisi in
opportunità di cambiamento:
non solo in termini di
riforme del sistema,
ma anche di responsabilità.
Chi, come noi, non reputa
il lavoro come un diritto
acquisito, sa che solo
attraverso l’impegno e
i sacrifici possiamo lasciarci
la crisi alle spalle, senza
farla ricadere su quelle
dei nostri figli.
18
Una nuova proroga
per la riscossione
“in proprio”
da parte dei Comuni
Paola Rossi
IRDCEC
Prevista la possibilita per gli Enti locali di avvalersi della collaborazione
delle società del gruppo Equitalia anche oltre la scadenza di fine 2013
on l’art. 53 del c.d.
“Decreto del fare” (d.l.
21 giugno 2013, n. 69,
convertito dalla l. 9
agosto 2013, n. 98) è
stata (ri)fissata al 31 dicembre 2013 la
data per la cessazione dell’attività di
riscossione spontanea e coattiva delle
entrate e dei tributi comunali da parte
delle società del gruppo Equitalia e
l’assunzione dell’attività stessa (in
proprio o in house) da parte dei
Comuni, ovvero mediante affidamento
a terzi con procedura ad evidenza
pubblica e secondo le modalità
previste dal d.lgs. n. 446/1997.
Numerosi sono stati i
provvedimenti che hanno sancito la
graduale uscita di scena di Equitalia e
delle società dalla stessa partecipate
dall’attività di accertamento,
liquidazione e riscossione delle
entrate, tributarie o patrimoniali, dei
Comuni e delle società da essi
partecipate.
Con l’art. 7, comma 2 lett. gg-ter) del
C
d.l. n. 70/2011 tale data era stata
fissata al 31 dicembre 2011, termine
poi posticipato al 31 dicembre 2012
dall’art. 10, comma 13-octies del d.l. n.
201/2011. Un ulteriore rinvio, questa
volta al 30 giugno 2013, veniva
stabilito dall’art. 9, comma 4 del d.l. n.
174/2012.
Successivamente, il comma 2-ter
dell’art. 10 del d.l. n. 35/2013, così
come inserito dalla legge di
conversione, ha stabilito che anche
oltre il 30 giugno 2013 i Comuni
avrebbero potuto continuare ad
avvalersi dell’opera delle società del
gruppo Equitalia, ma non oltre il 31
dicembre 2013.
Da ultimo, l’art. 53 del “Decreto
del fare” riformula tale ultima
previsione e, mediante un inciso nel
testo del provvedimento, precisa che,
mentre i termini per la cessazione
degli affidamenti in corso restano
“inderogabilmente” fissati al 31
dicembre 2013, viene, invece, prevista
la possibilità che i Comuni, anche
mediante l’istituzione di un consorzio,
si avvalgano della collaborazione delle
società del gruppo Equitalia per
attività di supporto all’esercizio delle
funzioni relative alla riscossione
(verosimilmente dovrebbe trattarsi di
un ausilio nella gestione della parte
informatica del lavoro comprensiva
della gestione delle banche dati) anche
oltre la prevista scadenza di fine 2013.
Nella propria Nota del 1° luglio
2013 (di commento agli artt. 52 e 53
del d.l. n. 69/2013), Equitalia ha
fornito - richiamando espressamente
la Relazione illustrativa - una
spiegazione tecnica della nuova
previsione, sostenendo che la
riformulazione dell’art. 53 si sarebbe
resa necessaria in quanto il testo
precedente, in ragione della sua
dizione letterale, non sembrava
ricomprendere nella proroga a fine
2013 la riscossione delle entrate di
natura diversa da quelle tributarie,
che potevano, quindi, restare
ingiustificatamente escluse dal
L’intervento
differimento, resosi necessario al fine
di favorire il compiuto, ordinato ed
efficace riordino della disciplina
dell’attività di gestione delle entrate
dei Comuni.
La Nota, tuttavia, trascura
l’aspetto più innovativo della
modifica, e cioè il nuovo assetto
organizzativo che la (ri)formulazione
della norma sembra suggerire.
Più in particolare, non si
comprende a quale funzione possa
adempiere l’espressa legittimazione
normativa a che i Comuni possano dar
vita ad un consorzio avvalendosi delle
società del gruppo Equitalia, in
quanto, essendo attività
propedeutiche e strumentali alla
riscossione, trattasi sicuramente di
scelte organizzative da ritenersi insite
dell’autonomia di cui godono gli enti
locali a seguito del riordino della
disciplina dei tributi locali attuata dal
d.lgs. n. 446/1997.
Come già evidenziato dai primi
commentatori(1), obiettivo della
rivisitazione della disposizione, in
realtà, sembrerebbe esser quello di
spingere i Comuni a gestire in proprio
la riscossione, anche perché
supportate logisticamente e
informaticamente da società
specializzate, con conseguente messa
a margine degli altri soggetti privati di
cui all’art. 53 del d.lgs. n. 446/1997
(inizialmente esclusi e riammessi alla
gestione solo con l’art. 5, comma 8-bis
del d.l. n. 16/2012).
Una tale prospettiva, ovviamente,
si pone in irrimediabile contrasto con
l’ordinamento comunitario che
richiede, invece, la più ampia libertà
nella prestazione dei servizi su tutto il
suo territorio, una procedura ad
evidenza pubblica aperta a tutti gli
operatori del settore e, soprattutto, un
leale confronto concorrenziale tra i
diversi operatori.
Sia che il servizio sia gestito
direttamente dai Comuni, ovvero sia
affidato a soggetti terzi di cui all’art.
52, comma 5, lett. b) del d.lgs. n.
446/1997, alla riscossione coattiva
questi ultimi dovranno procedere
mediante il ricorso all’ingiunzione
fiscale di cui al Regio decreto n.
639/1910 e secondo le disposizioni del
(1)
19
Titolo II del d.P.R. n. 602/1973, in
quanto compatibili, a prescindere
dalle modalità di gestione della
riscossione stessa (gestione diretta,
tramite soggetti o società iscritte
nell’apposito albo previsto dall’art. 53
d.lgs. n. 446/1997, tramite società
abilitate operanti nell’Unione Europea
in possesso di apposita certificazione
che attesti la sussistenza di requisiti
equivalenti a quelli previsti dalla
normativa italiana di settore).
Nel caso di affidamento a soggetti
di cui al citato art. 52, questi ultimi
dovranno aprire uno o più conti
dedicati, postali o bancari, sui quali
dovranno affluire le somme riscosse,
somme che, al netto dell’aggio e delle
spese anticipate dal soggetto
affidatario, dovranno essere riversate
alla tesoreria comunale entro la prima
decade di ogni mese con riferimento
alle somme accreditate sui conti
correnti di riscossione del mese
precedente (art. 5, comma 8-bis d.l. n.
16/2012).
Per ciò che riguarda, infine, l’aggio
di riscossione, il comma 2 dell’art. 52
del “decreto del fare” anticipa al 30
settembre 2013 il termine
(originariamente fissato al 31
dicembre 2013) entro il quale deve
essere emanato il decreto del
Ministero dell’economia e delle
finanze, previsto dall’art. 10 del d.l. n.
201/2011, ai fini della rimodulazione
dell’aggio di riscossione (che dal
1°gennaio 2013 è dovuto in misura
pari all’8% dell’importo iscritto a
ruolo) sulla base di nuovi criteri
previsti dalla legge che garantiscano
comunque al contribuente oneri
inferiori a quelli attuali (art. 10, comma
13-quater del d.l. n. 201/2011). Cfr. tra i primi commentatori M. Basilavecchia, Rateazioni ampliate per le situazioni
in Corr. trib., 2013, 2271 e ss..
20
Altre novità per
il concordato preventivo
“in bianco”
Michele Bana
Odcec di Vicenza
Il tribunale può nominare il commissario giudiziale prima dell’apertura
della procedura, già in sede di fissazione del termine per il successivo
deposito del piano concordatario, della proposta e della documentazione
di cui all’art. 161 della legge fallimentare
’art. 82 del d.l. n. 69/2013
(c.d. “Decreto del fare”) ha
introdotto alcune ulteriori
novità - rispetto a quelle,
già significative, apportate
dall’art. 33 del d.l. n. 83/2012 - in
materia di concordato preventivo, con
particolare riferimento alla disciplina
della domanda “in bianco”, ovvero
con riserva del successivo deposito
del piano, della proposta e della
relativa documentazione (art. 161, co.
6, del r.d. n. 267/1942).
In primo luogo, è stata ampliata la
documentazione costituente il ricorso
di pre-concordato: non più soltanto i
bilanci degli ultimi tre esercizi, ma
anche l’elenco nominativo dei
creditori con l’indicazione dei
rispettivi crediti. A questo proposito,
si rammenta altresì che diverse
autorità giudiziarie - ad esempio il
Tribunale di Milano (Linee guida del
20 settembre 2012) - ritengono
necessario che l’impresa alleghi al
ricorso anche un aggiornato
certificato camerale: in pendenza di
un’istanza di fallimento, la
L
presentazione di tale ricorso con
riserva - se soddisfa i requisiti formali
e sostanziali previsti dall’art. 161, co.
6, l.f. - costringe il tribunale a
concedere il termine (minimo e
massimo) di 60 giorni per il deposito
del piano, della proposta e della
documentazione. In altre parole,
l’autorità giudiziaria si viene a trovare
nell’impossibilità di esaminare
l’istanza di fallimento, sebbene, in
termini generali, non sussista la
pregiudizialità del concordato
preventivo, nell’ipotesi di deposito
tempestivo, nel termine concesso, dei
predetti atti: in passato, la
giurisprudenza di legittimità ha,
infatti, ritenuto immune da vizi il
comportamento del tribunale che - nel
caso di una procedura di concordato
preventivo instauratasi nell’alveo di
quella prefallimentare, che ha seguito
il suo regolare corso - abbia
provveduto soltanto sulle istanze di
fallimento (Cass. n. 18190/2012).
In ogni caso, se il termine
concesso per effetto della domanda
“in bianco” scade inutilmente, ovvero
il debitore non presenta il piano di
concordato preventivo, la proposta e
la relativa documentazione, viene
meno ogni pregiudizialità del
concordato preventivo, anche nel
caso di successivo deposito di una
domanda “completa”, e non riservata:
al ricorrere di tale circostanza, è
attribuita alla discrezione del
tribunale la scelta tra l’ammissione
della domanda di concordato
preventivo e la dichiarazione di
fallimento del debitore.
Il “Decreto del fare” ha, inoltre,
riconosciuto al tribunale il potere di
nominare - in sede di decreto di
fissazione del termine per il predetto
deposito differito - il commissario
giudiziale, rispetto al quale il debitore
è obbligato a tenere a disposizione i
libri contabili (art. 170, co. 2, l.f.),
investito di un dovere analogo a
quello previsto nella vera e propria
procedura concorsuale. Il
commissario giudiziale deve, infatti,
verificare se il debitore ha posto in
essere una delle condotte previste
dall’art. 173 del r.d. n. 267/1942, quali,
L’intervento
ad esempio, l’esposizione di passività
insussistenti o il compimento di atti di
frode: al ricorrere di una di tali
ipotesi, il predetto professionista deve
darne notizia immediatamente al
tribunale, che, previa verifica dei
suddetti comportamenti, può
dichiarare improcedibile la domanda
di concordato. In tale sede, l’autorità
giudiziaria è altresì investita del
potere - analogamente al caso di
revoca della procedura (art. 173, co. 2,
l.f.) - di dichiarare il fallimento del
debitore, su istanza di uno o più
creditori o del pubblico ministero,
dopo aver verificato i presupposti di
fallibilità dello stesso, quali il requisito
soggettivo e lo stato di insolvenza
(artt. 1 e 5 del r.d. n. 267/1942).
È stata, inoltre, apportata
un’integrazione alla normativa di cui
all’art. 161, co. 7, l.f., riguardante il
compimento - dopo il deposito del
ricorso della domanda di concordato
preventivo, e sino al decreto di
eventuale ammissione - di atti urgenti
di straordinaria amministrazione: è
stato confermato che il tribunale, ai
fini del rilascio dell’autorizzazione,
può assumere sommarie informazioni,
introducendo, però, l’obbligo di
acquisire il parere del commissario
giudiziale. Sul punto, si ricorda che
tali operazioni, se legalmente poste in
essere (così come quelle afferenti la
gestione ordinaria), possono dare
luogo a crediti prededucibili, e non
sono assoggettabili - nel caso di
successiva dichiarazione dello stato di
insolvenza - ad azione revocatoria
fallimentare (art. 67, co. 3, lett. e), del
r.d. n. 267/1942).
Il “Decreto del fare” ha, infine,
riformulato l’art. 161, co. 8, l.f.,
chiarendo che il tribunale deve
disporre gli obblighi informativi
periodici, anche relativi alla gestione
finanziaria dell’impresa e all’attività
compiuta ai fini della predisposizione
del piano e della proposta, che il
debitore deve assolvere, con
periodicità almeno mensile, e sotto la
vigilanza del commissario giudiziale,
se nominato, sino alla scadenza del
termine fissato per la presentazione
della documentazione. In particolare,
è stato stabilito che il debitore deve
depositare, con frequenza mensile,
una situazione finanziaria
dell’impresa, che il cancelliere
provvede, poi, a pubblicare, entro il
giorno successivo, presso il Registro
delle imprese. Rimane altresì
confermato che, in caso di violazione,
trova applicazione l’art. 162, co. 2 e 3,
21
del r.d. n. 267/1942, con relativa
dichiarazione di inammissibilità della
domanda.
Un’ultima novità, contenuta
sempre nel novellato co. 8 dell’art. 161
l.f., è rappresentata dalla previsione
secondo cui, quando risulta che
l’attività compiuta dal debitore è
manifestamente inidonea alla
predisposizione del piano e della
proposta, il tribunale - anche d’ufficio,
sentito il debitore e, se nominato, il
commissario giudiziale - abbrevia il
termine fissato per il deposito differito
della documentazione. All’autorità
giudiziaria è, inoltre, riconosciuto il
potere di sentire, in ogni momento, i
creditori. Programma generale
Condividerete sessioni innovative, di alto profilo e interattive
con oltre 4.000 colleghi da tutto il mondo.
DAY 1
Lunedì, 10 Novembre
09:00 - 16:00
16:30 - 20:00
Registrazione partecipanti
Cerimonia di Apertura, cocktail di benvenuto e concerti
09:00
11:00
11:30
13:00
14:00
15:30
16:00
-
11:00
11:30
13:00
14:00
15:30
16:00
17:30
Sessione plenaria I
Coffee break
Sessioni simultanee
Pranzo
Sessioni simultanee
Coffee Break
Sessioni simultanee
DAY 3
Mercoledì, 12 Novembre 09:00
11:00
11:30
13:00
14:00
19:30
-
11:00
11:30
13:00
14:00
15:30
23:00
Sessione plenaria II
Coffee break
Sessioni simultanee
Pranzo
Sessioni simultanee
Evento di Gala
-
10:30
11:00
12:30
14:30
Sessioni simultanee
Coffee break
Sessione Plenaria III
Sessione finale e Cerimonia di Chiusura
DAY 2
Martedì, 11 Novembre
DAY 4
Giovedì, 13 Novembre
09:00
10:30
11:00
13:00
Documento IRDCEC
La nuova disciplina delle società tra professionisti:
iscrizione nel Registro delle imprese e nella Sezione speciale dell’Albo,
incompatibilità e regime disciplinare
CIRCOLARE N. 33/IR DEL 31 LUGLIO 2013
1. Premessa
2. L’iscrizione nel registro delle imprese
La circolare in commento prosegue nell’esame della nuova disciplina in
materia di società tra professionisti (di seguito, s.t.p.) contenuta nei
commi 3 - 11 dell’art. 10 della legge n. 183/2011 e nel regolamento di
attuazione approvato con il d.m. 8 febbraio 2013, n. 34(1), soffermandosi
sul regime pubblicitario e sul regime disciplinare: una volta costituita,
infatti, la s.t.p. è tenuta ad iscriversi nella sezione speciale del registro
delle imprese e nella sezione speciale dell’albo o del ruolo (o elenco)(2)
tenuto presso l’ordine o il collegio professionale di appartenenza dei
soci professionisti. E all’ordine o collegio al quale risulta iscritta, essa
risponde disciplinarmente per le violazioni delle norme deontologiche.
Solo a seguito del compimento delle operazioni relative all’iscrizione, la
s.t.p. può iniziare l’esercizio dell’attività professionale.
In particolare, come avremo modo di precisare di seguito, l’esercizio
dell’attività professionale risulta condizionato alla iscrizione nella
sezione speciale dell’albo che, ancorché successiva rispetto
all’adempimento espletato presso il registro delle imprese, assume nella
vicenda una specifica valenza “costitutiva”, in modo simmetrico a
quanto previsto negli ordinamenti professionali per il professionista
persona fisica che intenda iniziare la propria attività.
Il procedimento di iscrizione è declinato nel d.m. n. 34/2013, agli artt.
7 - 11, ancorché la fonte primaria non abbia previsto un esplicito rinvio
alla regolamentazione di tali aspetti.
L’art. 7 “Iscrizione nel registro delle imprese” è inserito nel capo III del
regolamento specificatamente dedicato alla disciplina della
partecipazione alla società tra professionisti e non nel capo IV, avente ad
oggetto la materia dell’iscrizione all’albo e del regime disciplinare,
nell’ambito del quale sono stati inseriti gli artt. 8 “Obbligo di iscrizione”,
9 “Procedimento”, 10 “Diniego d’iscrizione” e 11 “Cancellazione
dall’albo”.
Tale distinzione nella collocazione dell’art. 7 sembra trovare
giustificazione nella precipua funzione ricollegata all’iscrizione nella
sezione speciale del registro delle imprese che il regolamento individua
nella certificazione anagrafica e nella pubblicità-notizia ai fini della
verifica dell’incompatibilità.
La legge n. 183/2011 non contiene esplicite previsioni circa l’obbligo
di iscrizione della s.t.p. nel registro delle imprese.
La stessa legge non include tale materia tra quelle oggetto della
normativa secondaria(3).
Tale circostanza avvalorava la tesi, sostenuta all’indomani della
pubblicazione della legge n. 183/2011, per cui il regime pubblicitario
della s.t.p. dovesse essere quello proprio del tipo societario prescelto(4).
(1)
Si rimanda alla nostra circ. n. 32/IR del 12 luglio 2013 per un esame dei
profili civilistici delle società tra professionisti e, in particolare, di quelli
riguardanti i tipi societari utilizzabili, la sede, la denominazione o la ragione
sociale, i soci, l’oggetto sociale, il conferimento e l’esecuzione dell’incarico,
le responsabilità e il regime disciplinare, la polizza assicurativa, lo
scioglimento della società per assenza della condizione di prevalenza dei
soci professionisti e le s.t.p. multidisciplinari.
Le problematiche relative al regime fiscale e previdenziale delle s.t.p. verranno,
infine, esaminate nella successiva circ. n. 34/IR di prossima emanazione.
(2)
Il procedimento di iscrizione della s.t.p. non è disciplinato nella legge n.
183/2011, bensì nel d.m. 8 febbraio 2013, n. 34, “Regolamento in materia di
società per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema
ordinistico, ai sensi dell’art. 10, comma 10, della legge 12 novembre 2011, n.
183”. Occorre mettere in evidenza, ai fini che ci occupano, che il regolamento,
oltre ad albo o elenco, utilizza il termine registro; in proposito, cfr. art. 8.
(3)
Il regolamento di cui al d.m. n. 34/2013, infatti, doveva essere adottato dal
Ministero della Giustizia di concerto con il Ministero dello Sviluppo
Economico per disciplinare la materia del conferimento dell’incarico e della
sua esecuzione (art. 10, comma 4, lett. c, della legge n. 183/2011),
l’incompatibilità dei soci (art. 10, comma 6, della legge n. 183/2011), il
regime disciplinare della s.t.p. (art. 10, comma 7, della legge n. 183/2011).
(4)
C. IBBA, Le società tra professionisti: ancora una falsa partenza, in Riv. not.,
2012, 11, secondo il quale in assenza di specifiche disposizioni della legge
n. 183/2011 e di espliciti rinvii sul punto alla fonte regolamentare, la s.t.p.
non doveva transitare per la sezione speciale del registro delle imprese
istituita ai sensi dell’art. 16 del d.lgs. n. 96/2001.
24
Documento Irdcec
Di talché la s.t.p. costituita come società semplice andava iscritta nella
sezione speciale istituita presso il registro delle imprese, mentre quella
costituita secondo differenti “modelli” societari andava iscritta nella
sezione ordinaria, con gli effetti propri della pubblicità dichiarativa o
costitutiva, pur non potendosi qualificare, per tal motivo, attività di impresa
l’attività professionale che rappresenta l’oggetto esclusivo della società(5).
Differentemente dalle aspettative, il d.m. n. 34/2013 si occupa
dell’iscrizione nel registro delle imprese.
Il menzionato art. 7 del regolamento stabilisce che la s.t.p. è iscritta
nella sezione speciale del registro delle imprese istituita ai sensi dell’art.
16, comma secondo, secondo periodo, del d.lgs. n. 96/2001, secondo
le modalità declinate nel d.p.r. n. 581/1995(6), nel d.p.r. n. 558/1999(7) e
nell’art. 31 della l. n. 340/2000(8).
Viene altresì previsto che la certificazione relativa all’iscrizione nella
sezione speciale attesti la qualifica di società tra professionisti(9).
Ne consegue che l’iscrizione è effettuata nella sezione speciale già
istituita presso il registro delle imprese ai sensi dell’art. 16, comma
secondo, del d.lgs. n. 96/2001, espressamente destinata alle società
tra professionisti(10) e non solo alle società tra avvocati. Tale iscrizione
ha funzione di certificazione anagrafica e pubblicità-notizia(11) e viene
effettuata ai fini della verifica dell’esistenza di cause di incompatibilità
della partecipazione a più società tra professionisti di cui all’art. 6 del
regolamento.
Considerato che la s.t.p. può essere costituita secondo uno dei tipi
societari disciplinati nei titoli V e VI del libro V del codice civile e dunque
non solamente come società semplice, la Relazione illustrativa dello
schema di regolamento spiega che resta ferma la disciplina degli effetti
dell’iscrizione nel registro delle imprese dettata per i singoli “modelli”
societari utilizzati dai soci in sede di costituzione della s.t.p., perché,
trattandosi di materia del tutto estranea all’ambito di intervento
concesso alla normativa secondaria, il regolamento non poteva
soffermarsi su tali aspetti.
Sotto il profilo della sequenza temporale, il d.m. n. 34/2013 stabilisce la
priorità dell’iscrizione nel registro delle imprese rispetto a quella
effettuata nella sezione speciale dell’albo (art. 9, comma 1, lett. b)) e
prevede che quest’ultima venga annotata nella sezione speciale del
registro delle imprese su richiesta di chi ha la rappresentanza della
società (art. 9, comma 4). La s.t.p., come avremo modo di precisare,
deve iscriversi anche nell’apposita sezione dell’albo istituita presso il
Consiglio dell’ordine nella cui circoscrizione è posta la sede legale (art.
9, comma 1, del d.m. n. 34/2013).
Alla luce di quanto precisato, in base a un’interpretazione meramente
letterale del d.m. n. 34/2013, risulta delineato un particolare sistema
pubblicitario in virtù del quale la s.t.p. deve iscriversi nella sezione
speciale istituita ai sensi dell’art. 16 del d.lgs. n. 96/2001 al sol fine di
consentire la verifica dei requisiti in capo ai soci per escludere il ricorrere
di ipotesi di incompatibilità.
Tale iscrizione, dunque, parrebbe avere una funzione meramente
informativa limitatamente alle vicende che possono incidere sulla
compagine societaria della s.t.p.. Come si esprime il regolamento, la
verifica del Conservatore avverrà in ossequio ai criteri indicati nel d.p.r.
n. 581/1995 e nel d.p.r. n. 558/1999 e avrà ad oggetto anche la verifica
della ricorrenza di eventuali cause di incompatibilità.
In base alle considerazioni formulate nella Relazione illustrativa del
regolamento e sopra riportate, si rendeva opportuno un chiarimento
quanto meno per coordinare il procedimento di iscrizione nella sezione
speciale del registro con gli effetti propri della pubblicità del tipo
prescelto in sede di costituzione.
In altri termini, il dato letterale dell’art. 7 del d.m. n. 34/2013 non offre
alcuna utilità per risolvere le questioni già evidenziate al tempo
dell’istituzione della sezione speciale del registro delle imprese per le
società tra avvocati(12) e lascia del tutto irrisolta la problematica se
dall’iscrizione nella sezione speciale di cui all’art. 16 del d.lgs. n.
96/2001 possano o meno derivare anche gli effetti pubblicitari tipici del
“modello” adottato, pur in assenza di indicazioni in tal senso, ovvero se
per questi ultimi sia necessaria anche l’iscrizione nella sezione ordinaria.
L’aspetto dell’iscrizione e degli adempimenti connessi ha,
inevitabilmente, interessato le Camere di Commercio.
Sul tema è intervenuta per prima la Camera di Commercio di Milano la
quale, nelle istruzioni diramate con riguardo alla pubblicità della
costituita s.t.p., ha avuto modo di precisare che la società si iscrive:
a seguito della costituzione, nel registro delle imprese come società
inattiva;
nella sezione dell’albo tenuto presso l’ordine di appartenenza dei
soci professionisti(13);
nella sezione speciale del registro delle imprese, su richiesta del
rappresentante legale entro 30 giorni dall’inizio dell’attività.
Tali indicazioni, ripetute nelle istruzioni diramate da altre Camere di
Commercio(14), creano un regime di pubblicità che risulta connotato da
elementi di specialità rispetto a quello “generale”.
Emerge, infatti, con una certa evidenza che l’esercizio dell’attività
professionale dedotta nell’atto costitutivo della s.t.p. come oggetto
sociale esclusivo, è sospensivamente condizionato all’esito favorevole
della verifica effettuata dal consiglio dell’ordine competente a seguito
della quale la società viene iscritta nell’albo professionale.
Restando in argomento e a sostegno del particolare regime pubblicitario
della s.t.p., va segnalato che la Camera di Commercio di Genova(15), a
seguito di chiarimenti richiesti sulle modalità applicative del diritto
annuale a carico della s.t.p. di cui alla legge n. 183/2011, ha precisato
che le società tra professionisti iscritte nell’anno 2013 sono tenute al
versamento di un diritto transitoriamente fissato nella misura di 200,00
Euro corrispondente a quello previsto per le società iscritte nella sezione
ordinaria rientranti nel primo scaglione di fatturato. Laddove esistano
unità locali adibite all’esercizio dell’attività professionale, è dovuto per
Documento Irdcec
ciascuna di esse e in favore della Camera di Commercio nel cui territorio
sono poste, un importo pari a 40,00 Euro. Il diritto in questione andrà
versato, con modello F24, all’atto di presentazione della domanda di
iscrizione o entro i trenta giorni successivi.
3. L’iscrizione nella sezione speciale dell’albo e la
cancellazione
Il procedimento di iscrizione nell’albo professionale, come accennato, è
contemplato negli artt. 8 - 10 del d.m. n. 34/2013.
La s.t.p. deve essere iscritta in una sezione speciale dell’albo o del
registro tenuto presso l’ordine o il collegio professionale di appartenenza
dei soci professionisti (art. 8, comma 1) e coincidente con quello in cui
è posta la sede legale della società, come puntualizza il successivo art.
9. La s.t.p. multidisciplinare è iscritta presso l’albo dell’ordine relativo
all’attività individuata come prevalente che ne determinerà
l’assoggettamento alle relative regole deontologiche (art. 8, comma 2).
Nella sezione speciale dell’albo – che dovrà essere istituita presso gli ordini
territoriali, se non esistente – verrà curata l’iscrizione dei dati “identificativi”
25
della società, quali ragione o denominazione sociale, oggetto professionale
(specificando se unico o prevalente), sede legale, nominativo del legale
rappresentante, nominativi dei soci iscritti presso lo stesso ordine, nominativi
dei soci iscritti in albi od elenchi di altre professioni regolamentate, se
componenti della compagine societaria (art. 9, comma 3).
Nella sezione speciale verranno annotate, a cura dell’ordine territoriale
competente previa comunicazione da parte del rappresentante legale
della società, le deliberazioni che comportino modificazioni dell’atto
costitutivo o dello statuto e le modifiche del contratto sociale che
importino variazioni della composizione sociale (art. 9, comma 5).
Come accennato in precedenza, l’iscrizione nella sezione dell’albo
rappresenta la fase conclusiva del procedimento appena descritto e
contenuto nell’art. 9 del regolamento a monte del quale si pone la
domanda di iscrizione presentata dal legale rappresentante della società
al consiglio dell’ordine o al collegio nella cui circoscrizione è posta la
sede legale della società e a corredo della quale è necessario allegare,
in forza delle previsioni del primo comma:
l’atto costitutivo e lo statuto della società in copia autentica;
(16)
il certificato di iscrizione nel registro delle imprese ;
(5)
In tal senso, O. CAGNASSO, Soggetti ed oggetto della società tra professionisti, in NDS, 3, 2012, 11.
(6)
Recante il “Regolamento di attuazione dell’art. 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, in materia di istituzione del registro delle imprese di cui all’art. 2188
del codice civile”.
(7)
Si tratta del “Regolamento recante norme per la semplificazione della disciplina in materia di registro delle imprese, nonché per la semplificazione dei
procedimenti relativi alla denuncia di inizio di attività e per la domanda di iscrizione all'albo delle imprese artigiane o al registro delle imprese per particolari
categorie di attività soggette alla verifica di determinati requisiti tecnici (numeri 94-97-98 dell'allegato 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59)”.
(8)
Si tratta dell’art. art. 31 “Soppressione dei fogli annunzi legali e regolamento sugli strumenti di pubblicità” della legge n. 340/2000 recante “Disposizioni per
la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi - Legge di semplificazione 1999”.
(9)
Conformemente a quanto dispone l’art. 2 del d.p.r. n. 558/1999.
(10)
L’art. 16, comma secondo, del d.lgs. n. 96/2001, dispone che “ai fini dell’iscrizione nel registro delle imprese, è istituita una sezione speciale relativa alle società
tra professionisti …”. All’indomani della pubblicazione del d.lgs. n. 96/2001, la dottrina metteva in luce come tale sezione speciale fosse destinata ad accogliere
le iscrizioni nel registro delle impese di tutte le società tra professionisti e non solo delle società di avvocati, ancorché mancasse una legge istitutiva della s.t.p.;
in tal senso, C. IBBA, Disposizioni generali, Commento all’art. 16, in in AA.VV., Le società di avvocati, Torino, 2002, 55. Questo orientamento è stato privilegiato
dagli estensori del regolamento.
(11)
La funzione di pubblicità-notizia è stata tradizionalmente attribuita all’iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese. Singolare la disciplina prevista
in punto di impresa agricola e società semplice esercente attività agricola che attribuisce all’iscrizione nella sezione speciale anche una funzione di pubblicità
dichiarativa per espressa previsione dell’art. 2 del d.lgs. n. 228/2001, “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della
legge 5 marzo 2001, n. 57”.
(12)
L’evidente frattura sistematica veniva risolta da P. SPADA, Schegge di riforma del diritto delle società di persone, in Riv. dir. civ., 2002, I, 353 e ss., riconoscendo
all’iscrizione della società tra avvocati nella sezione speciale di cui all’art. 16 del d.lgs. n. 96/2001 efficacia notiziale con il corollario di escludere rispetto ad
essa gli effetti c.d. dichiarativi della pubblicità, ma non gli effetti c.d. normativi (o costitutivi) direttamente riconducibili alla normativa di diritto societario.
(13)
La sezione dell’albo è quella istituita presso il consiglio dell’ordine nella cui circoscrizione è posta la sede legale (cfr. art. 9, comma 1, del d.m. n. 34/2013).
(14)
Dalle Camere di Commercio di Alessandria, di Lodi e di Cosenza, ad esempio, che sono pervenute alle medesime conclusioni. Si segnala, peraltro, che l’iscrizione
nella sezione degli inattivi non pare essere unanimamente condivisa.
15)
Protocollo n. 15101 del 3 luglio 2013 in risposta all’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Genova.
(16)
In considerazione delle istruzioni diramate dalle Camere di Commercio richiamate in precedenza, dovrebbe trattarsi del certificato di iscrizione nel registro come
società inattiva.
26 Documento Irdcec
il certificato di iscrizione all’albo, nell’elenco o nel registro dei soci
che non siano iscritti presso l’ordine o il collegio a cui è rivolta la
domanda(17);
la dichiarazione autenticata proveniente dal socio professionista cui
spetta l’amministrazione della società laddove la s.t.p. sia costituita
come società semplice.
Per quanto attiene all’obbligo della istituzione e della tenuta della
sezione speciale, oltre a quanto prevede il d.m. n. 34/2013, possono
effettuarsi sin d’ora alcune prime considerazioni.
Stante il disposto del menzionato art. 8 del regolamento, si può
agevolmente concludere che la sezione speciale istituita nell’albo e
dedicata alla s.t.p. sia unica e ricomprensiva sia delle società c.d.
monoprofessionali, sia delle società c.d. multidisciplinari.
Ai fini dell’inclusione nella sezione speciale delle s.t.p., inoltre, non
rilevano eventuali suddivisioni in sezioni adottate dagli ordinamenti
professionali relativamente all’esercizio dell’attività professionale di
riferimento, dal momento che, come si evince chiaramente dall’art. 10,
comma 4, lett. b) della legge n. 183/2011, i soci professionisti della s.t.p.
possono essere iscritti anche in differenti sezioni dell’albo della
professione regolamentata di appartenenza.
Il principio per cui la s.t.p. si iscrive nella sezione speciale dell’albo
tenuto dall’ordine nella cui circoscrizione è posta la sede legale della
società è l’unico esplicitato nel d.m. n. 34/2013, con il corollario
dell’irrilevanza, a tal fine, delle iscrizioni in albi differenti dei soci
professionisti.
Di talché, in presenza di compagini societarie formate da soci
professionisti appartenenti allo stesso ordine professionale, ma iscritti
in albi territoriali differenti, sarebbe opportuno che la stessa società o i
soci interessati comunichino al proprio ordine la partecipazione alla
s.t.p. al fine di far provvedere all’annotazione della medesima anche
negli albi territoriali in cui essi risultano iscritti(18). Tale soluzione,
praticabile anche nelle ipotesi in cui la s.t.p. abbia istituito sedi
secondarie in circoscrizioni di ordini territoriali diversi, pur in assenza di
un’esplicita indicazione da parte della legge istitutiva e del d.m. n.
34/2013, facilita l’attività degli ordini territoriali anche in vista degli
adempimenti necessari al fine di scongiurare possibili situazioni di
contemporanea partecipazioni a più s.t.p. rilevabili ai fini
dell’incompatibilità.
Per quanto attiene al procedimento di iscrizione, l’art. 9 del d.m. n.
34/2013 chiarisce che, a seguito della presentazione della domanda, il
consiglio dell’ordine è tenuto a deliberare sull’iscrizione nella sezione
speciale dell’albo, previa verifica dell’osservanza delle disposizioni
contenute nel regolamento.
Come è dato evincere, l’oggetto della verifica che il consiglio dell’ordine
è tenuto ad espletare è specificatamente individuato nella normativa
secondaria; differentemente non si rinvengono disposizioni circa il
termine entro cui la delibera di iscrizione nella sezione speciale dell’albo
debba essere validamente assunta. Soccorrono, a tal riguardo, le
previsioni dei singoli ordinamenti professionali circa l’iscrizione all’albo
del professionista persona fisica, delle quali sembra consentita
l’applicazione analogica(19). Per quanto concerne i commercialisti, il
rinvio è all’art. 37, comma terzo, del d.lgs. n. 139/2005 in forza del quale
il consiglio dell’ordine territoriale è chiamato a deliberare nel termine di
due mesi dalla presentazione della domanda. È il caso di mettere in luce
che la lettera dell’art. 9, comma 5, del d.m. n. 34/2013, consente di
concludere che anche il procedimento di annotazione delle modifiche
dell’atto costitutivo e del contratto sociale che importino variazioni della
composizione sociale debba concludersi nel medesimo termine.
L’ambito dei controlli dei consigli dell’ordine, come detto, è basato sulla
verifica dell’“…osservanza delle disposizioni contenute nel presente
regolamento”.
Ne consegue che il consiglio dell’ordine, oltre a verificare la completezza
della documentazione presentata a corredo della richiesta di iscrizione
e sopra menzionata, deve effettuare un controllo circa la ricorrenza delle
condizioni previste dall’art. 10 della legge n. 183/2011 in quanto
direttamente richiamate dagli artt. 1 e 2 del regolamento, nonché circa
l’osservanza dei precetti declinati con la normativa secondaria.
In proposito, non può essere trascurato il dato letterale contenuto
nell’art. 1 del d.m. n. 34/2013. La norma, infatti, definisce s.t.p. ai fini
del regolamento medesimo, la società costituita secondo i modelli
societari regolati dai titoli V e VI e alle condizioni previste dall’art. 10,
commi 3-11, della legge n. 183/2011, avente ad oggetto l’esercizio di
una o più attività professionali per le quali sia richiesta l’iscrizione in
albi od elenchi. Il principio appena richiamato viene ribadito nell’art. 2,
comma primo, del d.m. n. 34/2013 a mente del quale le disposizioni del
regolamento si applicano alle società costituite ai sensi dell’art. 10,
commi 3 -11, della legge n. 183/2011.
Del resto, la tesi or ora sostenuta, vale a dire che l’ambito dei controlli
espletati dal consiglio dell’ordine debba investire anche la ricorrenza
delle condizioni previste dalla legge n. 183/2011, sembra trovare
ulteriore conforto nell’art. 11 del d.m. n. 34/2013 in forza del quale, al
venir meno dei requisiti previsti dalla legge o dallo stesso regolamento
per l’iscrizione della s.t.p. nella sezione speciale dell’albo, il consiglio
dell’ordine può procedere alla cancellazione della società se questa non
abbia provveduto alla regolarizzazione della propria posizione secondo
le modalità ivi indicate.
Si può ritenere, pertanto, che il controllo del consiglio dell’ordine possa
incentrarsi sul rispetto delle condizioni descritte nell’art. 10, quali ad
esempio, il ricorso ad uno dei tipi societari richiamati dalla norma, la
formazione della denominazione o della ragione sociale secondo le
modalità ivi indicate, la prevalenza dei soci professionisti nella
compagine societaria, l’esclusività dell’oggetto sociale(20), la copertura
assicurativa(21), oltre all’esistenza delle condizioni di validità
espressamente indicate nel regolamento, tra cui è ricompresa l’assenza
Documento Irdcec
di cause di incompatibilità dei soci della s.t.p..
In merito a questo ultimo aspetto, non possono essere sottaciute le
difficoltà che si potrebbero riscontrare nell’accertamento delle cause di
incompatibilità e in particolar modo di quelle relative al c.d. socio per
finalità di investimento che non siano riconducibili all’ipotesi tratteggiata
nell’art. 6, coma 3, lett. c)(22).
A tal riguardo, la verifica del consiglio dell’ordine potrà essere
esclusivamente incentrata sulla esibizione di una dichiarazione
sostitutiva che gli interessati avranno reso in sede di costituzione ai
sensi del d.p.r. n. 445/2000 e, se del caso, riproposto a corredo della
documentazione richiesta ai sensi dell’art. 8 ai fini dell’iscrizione
nell’albo(23).
L’art. 10 del regolamento precisa che il procedimento di iscrizione può
concludersi con un provvedimento di diniego per mancanza dei requisiti
richiesti ai fini dell’iscrizione.
Ottemperando a quanto suggerito dal Consiglio di Stato in occasione
del parere espresso il 7 giugno 2012(24), il regolamento impone al
consiglio dell’ordine di comunicare tempestivamente al legale
rappresentante della s.t.p. i motivi che ostano all’accoglimento della
domanda di iscrizione o di annotazione prima della formale adozione di
un provvedimento negativo, consentendo alla società istante, per mezzo
del suo legale rappresentante, di presentare per iscritto le sue
osservazioni entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della
comunicazione.
La lettera di definitivo diniego è comunicata al legale rappresentante
della società ed è impugnabile secondo le disposizioni dettate dai singoli
ordinamenti relativamente al diniego di iscrizione all’albo del
professionista persona fisica, pur restando consentito adire l’autorità
giudiziaria.
In modo simmetrico a quanto previsto in punto di iscrizione nella sezione
(17)
27
speciale dell’albo della s.t.p., inoltre, l’art. 11 del regolamento ne
dispone la cancellazione per difetto sopravvenuto di uno dei requisiti
previsti dalla legge o dallo stesso regolamento.
Come si evince dal d.m. n. 34/2013, la cancellazione dall’albo è
deliberata dal consiglio dell’ordine o dal collegio presso cui è iscritta la
s.t.p., nel rispetto del contradditorio, nei casi in cui la società:
non abbia provveduto alla regolarizzazione nel termine perentorio di
tre mesi a partire dal momento in cui si è verificata la situazione di
irregolarità;
non abbia provveduto a ristabilire la prevalenza dei soci
professionisti nella compagine societaria nel termine perentorio di
sei mesi.
Si distingue, pertanto, tra l’ irregolarità dovuta al mutamento quantitativo
della compagine societaria e il difetto dei restanti requisiti previsti nella
legge n. 183/2011 o nel regolamento medesimo, in quanto la prima, a
differenza degli altri, è sanabile nel maggior termine di sei mesi.
4. L’incompatibilità
Quanto appena sostenuto in relazione alle verifiche dei consigli
dell’ordine rende opportuno soffermarsi sull’art. 6 del d.m. n. 34/2013.
In un’ottica meramente ricognitiva, va messo in luce come la legge n.
183/2011 abbia declinato il principio in base al quale la partecipazione
ad una s.t.p. è incompatibile con la partecipazione ad altra società tra
professionisti, demandando al regolamento del Ministero della Giustizia
concertato con il Ministero dello Sviluppo Economico la disciplina di
dettaglio.
Il primo comma dell’art. 6 del regolamento precisa che l’incompatibilità
considerata nell’art. 10, comma 6, della l. n. 183/2011, conseguente
alla contemporanea partecipazione del socio a differenti società
Tale certificato può essere sostituito da una dichiarazione sostitutiva resa ai sensi dell’art. 40 del d.p.r. n. 445/2000. In tal senso, anche CNDCEC, P.O. n.
158/2013.
(18)
In alternativa potrebbe anche ipotizzarsi una comunicazione effettuata dal consiglio dell’ordine territorialmente competente per la s.t.p. ai consigli dell’ordine
in cui i soci risultino iscritti.
(19)
In tal senso si è espresso il CNDCEC con la nota informativa 2/2013 del 21 maggio 2013.
(20)
Sul punto anche CNDCEC, P.O. n. 158/2013.
(21)
Su tali aspetti si rinvia alla nostra circolare n. 32/2013. Alle medesime conclusioni perviene il CNDCEC, P.O. n. 182/2013.
(22)
La lettera c) del comma 3 dell’art. 6 del regolamento richiede che il socio per finalità di investimento, tra l’altro, non sia stato cancellato da un albo professionale
per motivi disciplinari.
(23)
Il regolamento non indica un termine entro cui presentare la domanda per l’iscrizione nella sezione speciale dell’albo a seguito dell’iscrizione nella sezione
speciale del registro delle imprese. Ciò impone di considerare con estrema attenzione casi in cui il rappresentante legale della società non abbia proceduto
tempestivamente all’iscrizione della società nell’albo, in considerazione di possibili mutamenti che possano interessare i soci sotto il profilo dell’incompatibilità
e dell’onorabilità.
(24)
Si tratta del parere n. 3127/2012 espresso dall’adunanza della Sezione Consultiva degli atti normativi sullo schema di regolamento.
28
Documento Irdcec
professionali, si determina anche in presenza di s.t.p. multidisciplinare
e si applica per tutta la durata dell’iscrizione della società nella sezione
speciale dell’albo.
Occorre, pertanto, delimitare l’ambito di applicazione del menzionato
primo comma.
L’assenza di specificazioni in ordine alla qualifica del socio rispetto al
quale l’incompatibilità va “misurata”, peraltro replicata anche nel
successivo comma secondo dell’art. 6, fa propendere per
un’interpretazione rigorosa della disposizione e conduce a sostenere
che la regola sull’incompatibilità determinata dalla partecipazione
contemporanea a più s.t.p. trovi applicazione rispetto a tutti i soci,
indipendentemente dal ruolo assunto all’interno della s.t.p., senza
procedere a distinzione tra soci professionisti, soci per prestazioni
tecniche o soci per finalità di investimento.
Letta in tal senso, la disposizione consente di pervenire ad alcune
conclusioni.
In assenza di ulteriori previsioni della legge e del regolamento in termini
di incompatibilità, al socio professionista resta consentito lo svolgimento
dell’esercizio della professione in forma individuale o associata.
Al socio professionista, è consentito partecipare, sotto altra veste, a
società che non siano s.t.p. seppur nei limiti di compatibilità con le
precipue regole fissate nell’ordinamento professionale di appartenenza.
Diversamente dal professionista che resta in ogni caso vincolato alle
regole dell’ordinamento professionale di appartenenza, il socio che non
sia iscritto ad albi o ruoli potrà diversificare i propri investimenti in
strutture che non siano s.t.p..
Sembrerebbe esclusa, poi, la partecipazione ad una s.t.p. da parte di
altra s.t.p., dal momento che potrebbe in tal modo originarsi un’indiretta
elusione della regola per cui la partecipazione del socio è consentita
solo ed esclusivamente in una s.t.p. (art. 10, comma 6, della l. n.
183/2011 e art. 6, comma 1, del d.m. n. 34/2013).
Continuando con l’analisi dell’art. 6 del regolamento, il comma 2 ci
informa che l’incompatibilità viene meno dalla data in cui il recesso del
socio, l’esclusione dello stesso ovvero il trasferimento dell’intera
partecipazione alla società, producono i loro effetti per quanto concerne
il rapporto sociale.
In altri termini, la partecipazione alla s.t.p. sarà consentita solo a partire
dal momento in cui lo scioglimento del rapporto societario rispetto al
socio interessato dalla causa di incompatibilità acquisterà efficacia
secondo le regole fissate nella disciplina del tipo societario prescelto
per la s.t.p..
Considerata la tipicità dei rimedi descritti in relazione a ciascun tipo
societario, sarà opportuno, sin dalla costituzione, coordinare il regime
dell’incompatibilità dei soci della s.t.p. con le stringenti regole dettate dal
diritto societario(25).
L’art. 6 del regolamento postula l’esistenza di ulteriori requisiti per il c.d.
socio per finalità di investimento, dal momento che ne condiziona la
partecipazione alla s.t.p.:
al possesso dei requisiti di onorabilità previsti per l’iscrizione all’albo
professionale in cui la società è iscritta ai sensi dell’art. 8 (andranno
tenuti in considerazione, in caso di società multidisciplinare, i
requisiti di onorabilità stabiliti dall’ordinamento professionale della
c.d. attività prevalente). V’è da dire, in proposito, che il regolamento
si premura di precisare che costituisce requisito di onorabilità
(anche) la mancata applicazione, anche in primo grado, di misure di
prevenzione personali o reali;
a non aver riportato condanne definitive per una pena pari o
superiore a due anni di reclusione per la commissione di un reato
non colposo e salvo che non sia intervenuta riabilitazione;
a non essere stato cancellato da un albo professionale per motivi
disciplinari.
I requisiti di onorabilità previsti per il socio investitore persona fisica
vengono riproposti con riferimento all’organo di amministrazione e ai
legali rappresentanti del socio investitore persona giuridica o comunque
società.
Dalla ricognizione delle norme, allora, emergono alcuni dati significativi.
In primo luogo, degna di nota è la previsione dell’incompatibilità assoluta
del professionista cancellato dall’albo professionale per motivi
disciplinari: costui non può partecipare alla s.t.p. né in qualità di socio
professionista (ovviamente), né in qualità di socio per finalità di
investimento.
Tale disposizione va messa in relazione con quella contenuta nell’art. 10,
comma 4, lett. d), della l. n. 183/2011 che impone di determinare con
apposita clausola statutaria le modalità di esclusione dalla società del
socio che è stato cancellato dall’albo con provvedimento definitivo e,
presumibilmente interpretata alla luce delle regole che caratterizzano il
c.d. ordinamento delle professioni regolamentate, fondate sul decoro e
sulla dignità della professione. Trattandosi di società costituite per
l’esercizio di attività professionali per le quali è necessaria l’iscrizione
in albi, non si potrà prescindere dall’osservanza dei generali canoni
descritti nell’art. 2233 c.c..
Quanto alla partecipazione di società – che, per quanto sopra detto, non
siano s.t.p. – la previsione contenuta nel d.m. n. 34/2013 sembra
sciogliere il dubbio interpretativo circa la possibilità di consentire ad un
soggetto differente dalla persona fisica la partecipazione ad una s.t.p..
In tal caso la verifica dei requisiti di onorabilità, ancorché in alcuni casi
possa rivelarsi non esaustiva, deve essere necessariamente effettuata
solo nei confronti degli amministratori e dei rappresentanti legali.
Desta non poche perplessità, infine, la circostanza che il regolamento
ometta qualsiasi riferimento alla onorabilità del socio per prestazioni
tecniche e che non contempli, anche per quest’ultimo e al pari di quanto
è previsto per il socio per finalità di investimento, il divieto di partecipare
alla s.t.p. nei casi in cui, da professionista, sia stato cancellato per motivi
disciplinari(26).
Documento Irdcec
Passando oltre, e soffermandoci sulle conseguenze riconducibili
all’emersione di cause di incompatibilità, il regolamento precisa che il
mancato rilievo o la mancata rimozione di una situazione di
incompatibilità, desumibile anche dalle risultanze dell’iscrizione nella
sezione speciale dell’albo o del registro, integrano illecito disciplinare
per la società tra professionisti e per il singolo professionista (art. 6,
comma 6).
Sul punto la relazione illustrativa specifica che la normativa secondaria
non prende in considerazione, perché non poteva farlo considerati i limiti
fissati nella legge n. 183/2011, le modalità procedimentali tramite cui
accertare l’incompatibilità e le conseguenze che ne derivano sul piano
della governance(27).
Conseguentemente l’unico deterrente rispetto al verificarsi di una
situazione di incompatibilità viene individuato nell’eventuale irrogazione
di una sanzione, previa apertura del procedimento disciplinare, per la
società e il socio professionista, secondo quanto stabilito nei singoli
ordinamenti professionali.
In definitiva, con riferimento all’incompatibilità, si può sostenere che al
momento della costituzione della s.t.p., e, se del caso, al momento della
successiva presentazione della domanda di iscrizione nella sezione
speciale dell’albo, tutti i soci sono tenuti a dichiarare, sotto la propria
personale responsabilità ai sensi del d.p.r. n. 445/2000, di non versare
in alcuna delle situazioni descritte nell’art. 6 e, se non iscritti in albi, in
quanto soci per finalità di investimento, di essere in possesso dei
requisiti di onorabilità declinati nei commi 3 e 4 della medesima
disposizione.
Sull’esistenza di tali dichiarazioni si appunta la verifica del registro delle
(25)
29
imprese e del consiglio dell’ordine. L’assenza di quanto prescritto
comporterà la mancata iscrizione nella sezione speciale dell’albo – se
non sia intervenuta la regolarizzazione ai sensi dell’art. 10 – e anche
nella sezione speciale del registro.
Dopo la costituzione, dato che il regolamento precisa che
“l’incompatibilità di cui all’articolo 10, comma 6, della legge 12
novembre 2011 n. 183 sulla partecipazione del socio a più società
professionali ... si applica per tutta la durata della iscrizione della società
all’ordine di appartenenza”, il consiglio dell’ordine dovrà verificare la
sussistenza dei requisiti in capo ai soci professionisti e ai soci non
professionisti durante l’attività della società, richiedendo ai primi e ai
secondi, a quest’ultimi per mezzo del rappresentante legale, l’esibizione
di nuova documentazione che ne attesti il possesso(28). Al riguardo il
d.m. n. 34/2013 precisa che il mancato rilievo della causa di
incompatibilità o la mancata rimozione della medesima possono essere
desunte dalle risultanze degli albi (art. 6, comma 6).
La violazione dell’obbligo di rimozione della irregolarità potrà
comportare, previa apertura del procedimento, l’irrogazione di una
sanzione disciplinare, della quale risulteranno essere destinatari:
la s.t.p. e i soci professionisti nel caso in cui si tratti di
incompatibilità di uno di questi(29);
la s.t.p. qualora si tratti di incompatibilità di soci investitori.
5. Il regime disciplinare
Secondo quanto dispone l’art. 10, comma 7, della legge n. 183/2011, i
professionisti sono tenuti all’osservanza del codice deontologico del
L’esclusione dalla società, mentre è disciplinata nell’ambito delle società personali e può essere prevista dall’atto costitutivo di s.r.l., non è contemplata nella
disciplina della s.p.a. Appare maggiormente appropriato, in quest’ultimo caso, ricorrere, previa previsione di statuto, alla categoria delle azioni riscattabili
ovvero all’uso delle prestazioni accessorie ex art. 2345 c.c.
(26)
A tale categoria di socio è riservata un’unica menzione nell’art. 10, comma 4, lett. b), della legge n. 183/2011; sul punto si rinvia alla nostra circolare n. 32/IR.
(27)
L’aspetto, allora, andrà attentamente considerato tramite previsioni statutarie che tengano conto, da un lato, del tipo societario prescelto e, dall’altro, delle
implicazioni ordinistiche derivanti dalla cancellazione dall’albo con provvedimento definitivo del socio professionista (che dovrebbe essere escluso come
impone la legge n. 183/2011) e dall’assenza di prevalenza numerica come individuata dalla legge n. 183/2011 dei soci professionisti.
(28)
Ai sensi dell’art. 12, comma primo, lett. e) del d.lgs. n. 139/2005, il consiglio dell’ordine cura l’aggiornamento e verifica periodicamente, almeno una volta ogni
anno, la sussistenza dei requisiti di legge in capo agli iscritti. Tale attività di revisione dell’albo andrà effettuata anche con riguardo alla s.t.p., in quanto iscritta
nell’albo professionale.
(29)
Il difetto dei requisiti necessari per ottenere l’iscrizione all’albo professionale (cfr. art. 36 del d.lgs. n. 139/2005, per i commercialisti), necessariamente posseduti
dal socio professionista, comporta la cancellazione dall’albo del medesimo. Tale circostanza, oltre a implicare l’esclusione di quest’ultimo dalla società in base
alle disposizioni della legge n. 183/2011, potrebbe produrre la conseguente cancellazione della società dall’albo per assenza dei requisiti di prevalenza dei
soci professionisti all’interno della compagine societaria, ricorrendo le condizioni di cui all’art. 10, comma 4, lett. b). A tal proposito va opportunamente messo
in luce che una clausola dell’atto costitutivo deve considerare le modalità di esclusione del socio che sia stato cancellato dall’albo con provvedimento definitivo.
La stessa clausola, al contempo, dovrebbe considerare la necessità di ricostituire la prevalenza dei soci professionisti nei termini di legge onde evitare lo
scioglimento della s.t.p. e la sua cancellazione dall’albo.
30
Documento Irdcec
proprio ordine, così come la società è soggetta al regime disciplinare
dell’ordine al quale risulta iscritta.
Il d.m. n. 34/2013 descrive il regime disciplinare della s.t.p. nell’art. 12
stabilendo che resta ferma la responsabilità del socio professionista
secondo le regole deontologiche dell’ordine di appartenenza e che la
società risponde disciplinarmente delle violazioni delle norme
deontologiche dell’ordine al quale risulti iscritta (art. 12, comma 1).
La stessa disposizione aggiunge che, nei casi in cui l’illecito compiuto
dal professionista sia ricollegabile a direttive impartite dalla s.t.p., la
responsabilità disciplinare del socio professionista concorre con quella
della società, anche se il primo risulta iscritto in un ordine diverso da
quello in cui risulta iscritta la società (art. 12, comma 2).
Ne discende un regime disciplinare che coinvolge socio e s.t.p. a
seconda della tipologia dell’illecito posto in essere.
Oltre alla responsabilità del professionista, che risponderà per gli illeciti
compiuti secondo il regime disciplinare dell’ordine a cui è iscritto, infatti,
viene enucleata la responsabilità disciplinare della s.t.p. che resta
autonoma e indipendente da quella dei soci professionisti(30) e che viene
evitata rispettando i principi informatori della professione e le regole
deontologiche dell’ordine a cui la s.t.p. viene iscritta.
Ne consegue che l’eventuale irrogazione della sanzione disciplinare alla
s.t.p. non produrrà effetto nei confronti dei soci professionisti i quali,
pur in presenza di sanzioni disciplinari che possano inibire alla società
di esercitare, resteranno legittimati a continuare la propria attività
professionale a titolo individuale o associato. Allo stesso modo, la
(30)
sanzione disciplinare irrogata a carico del socio professionista per
illecito compiuto in maniera del tutto autonoma da qualsiasi ingerenza
dell’organo di amministrazione o delle decisioni dei soci della s.t.p., non
avrà incidenza sulla società all’infuori delle particolari ipotesi in cui il
provvedimento assunto nei confronti del socio professionista possa
inibire alla società l’esercizio dell’attività professionale per difetto di uno
dei requisiti fissati dalla legge n. 183/2011 e replicati nell’art. 11 del
d.m. n. 34/2013(31).
Nelle ipotesi in cui l’illecito disciplinare compiuto dal socio sia
ricollegabile a direttive impartite dalla s.t.p., il regolamento contempla
il concorso di responsabilità (art. 12, comma 2).
In base a quanto enunciato nel primo comma, in forza del quale il socio
professionista è soggetto alle regole deontologiche dell’ordine o del
collegio a cui è iscritto e la s.t.p. alle regole deontologiche dell’ordine a
cui è iscritta, l’uno e l’altra dovrebbero rispondere secondo le regole
deontologiche dell’ordine a cui risultano iscritti(32).
Oltre all’emersione della concorrente responsabilità disciplinare della
s.t.p. con quella del socio, non è dato rinvenire alcun indice che possa
escludere i generali principi a cui sono informati gli ordinamenti delle
professioni regolamentate e in base ai quali, come è noto, il
professionista è tenuto a rispettare la legge professionale e il codice
deontologico adottato dall’Ordine professionale di appartenenza e
l’azione disciplinare nei suoi confronti è esercitata dal Consiglio
dell’ordine nel cui albo risulta iscritto(33).
Si pensi, a titolo esemplificativo, alla s.t.p. che attui una pubblicità informativa non in linea con i criteri fissati nel d.l. n. 138/2011 e nell’art. 4 del d.p.r. n.
137/2011. L’illecito disciplinare è direttamente imputabile alla s.t.p. e non anche ai soci professionisti, fatta eccezione per le ipotesi in cui le scelte di gestione
siano assunte dagli stessi professionisti.
(31)
È l’ipotesi dell’irrogazione della sanzione della cancellazione dall’albo e della esclusione del socio dalla s.t.p. tratteggiate nell’art. 10, comma 4, lett. d), della
legge n. 183/2011 che possono incidere negativamente sulla compagine societaria e sulla prevalenza dei soci professionisti; sul punto, cfr. nota 24.
(32)
Va segnalato, in proposito, che l’art. 12 del d.m. n. 34/2013 replica solo in parte il contenuto dell’art. 30, comma secondo, del d.lgs. n. 96/2001 dettato in punto
di responsabilità disciplinare della società tra avvocati. Pur essendo riproposto il concetto del “concorso” dell’ente nell’illecito compiuto dal socio a seguito di
direttive impartire dalla s.t.p., nel menzionato art. 12 del d.m. n. 34/2013 è assente qualsiasi indicazione circa il “giudice” competente che invece la norma
speciale del d.lgs. n. 96/2001 contiene e individua nel Consiglio dell’Ordine presso cui la società è iscritta. Mancando la riproposizione di tale ultima disposizione
sembrerebbe doversi desumere che l’azione disciplinare verrà esercitata, tanto per il socio professionista che per la s.t.p., dai rispettivi ordini (o collegi)
territoriali in cui essi risultano iscritti.
(33)
Per i commercialisti tali principi sono esplicitati nell’art. 49 del d.lgs. n. 139/2005.
Vogliamo lavorare per qualcosa,
non contro qualcuno.
Crediamo che sia
giunto il momento
di ragionare come
una comunità.
Servono regole certe,
riforme del sistema
fiscale e giudiziario.
Serve un pensiero
tecnico, imparziale,
non schierato
che affianchi
le istituzioni:
per lavorare, non più
contro qualcuno,
ma a favore di tutti.
CNDCEC-Report
Pronto Ordini,
le risposte del Cndcec
a cura della Redazione
Quesito Odcec di Napoli
Oggetto: PO 154/2013_ società tra professionisti
Con riferimento ai quesiti formulati in data 6 giugno 2013
con i quali si chiedono indicazioni in merito a taluni aspetti
della disciplina delle STP si osserva quanto segue.
Il DM 34/2013 prevede esclusivamente che la STP sia
iscritta nella sezione speciale dell’albo tenuto dall’Ordine
nella cui circoscrizione è posta la sede legale della società.
Il regolamento nulla dispone in merito ad ulteriori obblighi
di comunicazione a carico dell’Ordine che ha disposto
l’iscrizione. Si ritiene, invece, che nulla vieti ai soci
professionisti di richiedere successivamente l’annotazione
della STP anche negli albi tenuti dagli Ordini territoriali in
cui essi risultano iscritti.
In presenza di STP multidisplinari, qualora nell’atto
costitutivo non sia stata individuata l’attività professionale
prevalente, la STP dovrà essere iscritta in tutti gli albi
professionali di appartenenza dei soci professionisti.
L’art. 10, comma 8, L. 183/2011 e l’art. 6, DM 34/2013
prevedono esclusivamente che la partecipazione ad una
società sia incompatibile con la partecipazione ad altra
società tra professionisti, anche multidisciplinare. Si
ritiene, pertanto, che il socio professionista possa
continuare ad esercitare l’attività professionale anche in
forma individuale e conseguentemente mantenere una
propria posizione IVA distinta da quella della STP.
Qualora il socio professionista sia stato sospeso
dall’esercizio della professione, anche ai sensi dell’art. 54
del D.Lgs. 139/2005, per il periodo in cui dura la
sospensione, gli sarà precluso l’esercizio dell’attività
professionale sia in forma individuale che societaria. La
sospensione, tuttavia, è una situazione transitoria che non
produce effetti sull’esistenza della STP. Solo la
cancellazione del socio professionista dall’albo ed il
contemporaneo venir meno della prevalenza dei soci
professionisti nella percentuale indicata all’art. 10, comma
4, lettera c), L. 183/2011 può comportare lo scioglimento
della STP e la cancellazione dalla sezione speciale dell’albo
se la società non provvede a ristabilire tale prevalenza nel
termine di sei mesi.
22 luglio 2013
Quesito Odcec di Torino
Oggetto: PO 158/2013 _ società tra professionisti _
Con riferimento ai quesiti formulati in data 6 giugno 2013
con i quali si chiedono indicazioni in merito a taluni aspetti
della disciplina delle STP si osserva quanto segue.
La questione relativa alla costituzione delle STP
unipersonali è assai dibattuta. Come evidenziato nella
circolare 32/IR del 12 luglio 2013, se da un lato, il comma 3
dell’art. 10 della legge 183/2011 prevede la possibilità di
costituire STP secondo i modelli societari regolati dal
titolo V del libro V del codice civile e conseguentemente
sembra ammettere anche la costituzione di STP nella
forma di srl o spa unipersonale, lo stesso articolo sembra
escludere tale possibilità, laddove dispone che l’attività
professionale dedotta nell’oggetto sociale deve essere
esercitata in via esclusiva da parte dei soci (art. 10, comma
4, lett. a), ovvero quando impone che dalla denominazione
sociale deve emergere con chiarezza che si tratta di società
tra professionisti, vale a dire di società costituita per
l’esercizio in forma associata della professione (art. 10,
comma 5).
In merito all’iscrizione della STP nell’albo professionale
oltre a ribadire quanto già affermato nell’informativa
Cndcec Report
2/2013 del 21 maggio 2013 in merito alla necessità che la
STP sia iscritta nella sezione speciale dell’albo tenuto
dall’Ordine nella cui circoscrizione è posta la sede legale
della società, si ritiene che nulla vieti ai soci professionisti
di richiedere successivamente l’annotazione della STP
anche negli albi tenuti dagli Ordini territoriali in cui essi
risultano iscritti.
Per quanto attiene all’organizzazione della sezione speciale
dell’albo dedicata ad accogliere le STP, si ritiene che debba
essere costituita un’unica sezione speciale senza operare
alcuna ulteriore distinzione fra STP uniprofessionali e
multiprofessionali, ovvero tra STP costituite fra
professionisti iscritti nella sezione A e quelle costituite fra
professionisti iscritti nella sezione B dell’albo, anche nella
considerazione che le STP possono essere costituite fra
professionisti iscritti in sezioni diverse dello stesso albo.
Quanto al certificato di iscrizione all’albo dei soci
professionisti che deve essere allegato alla domanda di
iscrizione della STP, ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. c),
DM 34/2013, si ritiene che lo stesso debba essere sostituito
33
dalle dichiarazioni sostitutive di cui agli artt. 46 e 47 (art.
40, comma 1, DPR n. 445/2000). Si ricorda infatti che, in
materia di rilascio di certificazioni da parte delle pubbliche
amministrazioni, l’art. 15 della Legge n. 183 del 12
novembre 2011 (cd. Legge di stabilità 2012) ha modificato
l’art. 40 del DPR 445/2000 stabilendo che:
le certificazioni rilasciate dalla pubblica amministrazione
(in ordine a stati, qualità personali e fatti) sono valide e
utilizzabili solo nei rapporti tra privati. Nei rapporti con gli
organi della P.A. e i gestori di pubblici servizi i certificati
sono sempre sostituiti dalle dichiarazioni sostitutive di cui
agli artt. 46 e 47 (art. 40, co. 1, D.P.R. n. 445/2000);
sulle certificazioni da produrre ai soggetti privati deve
apporsi, a pena di nullità, la dicitura: “Il presente
certificato non può essere prodotto agli organi della
pubblica amministrazione o ai privati gestori di
pubblici servizi” (art. 40, co. 2, D.P.R. n. 445/2000).
L’art. 9, comma 3 del DM 34/2014 dispone che il Consiglio
dell’Ordine proceda all’iscrizione della STP nella sezione
speciale dell’albo dopo aver verificato l’osservanza delle
34
Cndcec Report
disposizioni contenute nel regolamento. Orbene ancorchè
nessuna norma del regolamento sembra occuparsi
direttamente dell’oggetto sociale, diverse sono le norme
che lo richiamano indirettamente. Particolarmente
significative sono le disposizioni di cui
all’art. 1, comma 1, lett. a) per le quali la STP è la
società tra professionisti, costituita secondo i modelli
societari regolati dai titoli V e VI del libro V del codice
civile ed alle condizioni previste dall’art. 10, commi 3-11
della legge n. 183/2011, avente come oggetto sociale
l’esercizio di una o più attività professionali per le quali
sia prevista l’iscrizione in appositi albi o elenchi
regolamentati nel sistema ordinistico;
all’art. 8, comma 2 relative all’individuazione
dell’attività prevalente delle STP multidisciplinari;
all’art. 9, comma 3 relative all’indicazione dell’oggetto
professionale fra gli elementi obbligatori da indicare
nella sezione speciale per ciascuna STP;
all’art. 11 le quali prevedono che a seguito del venir
meno di uno dei requisiti previsti dalla legge o dal
regolamento il Consiglio dell’ordine possa procedere
alla cancellazione della società dall’albo. Orbene deve
ritenersi che se il Consiglio dell’Ordine può disporre la
cancellazione dall’albo per la perdita dei requisiti
previsti dalla legge 183/2011, allo stesso modo possa
negare l’iscrizione per mancanza dei requisiti fissati
dalla 183/2011, come nel caso in cui l’oggetto sociale
non preveda esclusivamente l’esercizio dell’attività
professionale da parte dei soci.
Quanto all’oggetto sociale va chiarito che seppur
l’esclusività dell’oggetto sociale preclude l’inclusione di
attività che non siano professionali, ma imprenditoriali o
relative ad ambiti di lavoro autonomo non riconducibili
all’ordinamento dei soci professionisti, devono ritenersi
comunque ammissibili le attività strumentali o
complementari rispetto all’esercizio della professione o la
fornitura di beni strumentali e servizi accessori che
consentano o facilitano l’esercizio della professione.
Quanto al procedimento di iscrizione si ritiene che siano
applicabili anche per l’iscrizione delle società nella sezione
speciale dell’albo le disposizioni di cui all’art. 37, commi 3,
4, 5 e 6, D.Lgs. 139/2005. Non si ritengono applicabili le
disposizioni del comma 2 del citato articolo in quanto
assorbite dalle previsioni dell’art. 10, DM 34/2013.
I trasferimenti dei soci professionisti da un albo territoriale
ad un altro sono ininfluenti ai fini dell’iscrizione della STP
nell’albo. La STP, infatti, è iscritta e rimane iscritta nella
sezione speciale dell’albo tenuto dall’Ordine nella cui
circoscrizione è posta la sede legale della società.
22 luglio 2013
Quesito Odcec di Vicenza
Oggetto: PO 182/2013 _ società tra professionisti _
obbligo assicurativo.
Con riferimento al quesito formulato in data 26 giugno 2013
con il quale si chiedono chiarimenti in merito alla
possibilità di iscrivere nella sezione speciale dell’albo una
STP che non riporta nel proprio statuto l’obbligo di
stipulare una polizza assicurativa per la copertura dei rischi
derivanti dalla responsabilità civile per i danni causati ai
clienti dai singoli soci professionisti nell’esercizio
dell’attività professionale, si osserva quanto segue.
L’obbligo assicurativo posto in capo alla STP dall’art. 10,
comma 4, lettera c bis, L. 183/2011 si configura come
obbligo autonomo rispetto a quello posto in capo ai singoli
professionisti ai sensi dell’art. 5, DPR 137/2012.
L’esistenza di polizze individuali sottoscritte dai singoli
soci professionisti non fa venir meno l’obbligo per la STP
di stipulare un’idonea polizza assicurativa. Infatti, come
evidenziato nella circolare 32/IR del 12 luglio 2013, nel
caso in cui il professionista eserciti la propria attività
nell’ambito della STP fa ricadere sulla società la
responsabilità civile da inadempimento dell’incarico.
Secondo la legge sarà la STP il soggetto contraente della
polizza che verrà stipulata anche a favore dei soci
professionisti che sono chiamati ad eseguire gli incarichi
affidati alla STP. Ne consegue che qualora il socio
professionista eserciti l’attività professionale solo nell’ambito
della società tra professionisti non sarà chiamato a stipulare
una polizza ulteriore rispetto a quella già sottoscritta dalla
STP. Diverso il caso in cui il professionista eserciti l’attività
professionale anche in forma individuale. In tale ultima
circostanza, infatti, dovrà stipulare una propria polizza
assicurativa per la copertura dei rischi derivanti
dall’esercizio delle attività professionali al di fuori della STP.
Alla luce di quanto esposto si ritiene pertanto che l’Ordine
non possa procedere ad iscrivere nella sezione speciale
dell’albo una STP che non riporta nel proprio statuto
l’obbligo di stipulare una polizza assicurativa per la
copertura dei rischi derivanti dalla responsabilità civile per
i danni causati ai clienti dai singoli soci professionisti
nell’esercizio dell’attività professionale
22 luglio 1013
Vogliamo dare una mano al Paese.
Anzi centodiecimila.
Crediamo nell’utilità
sociale del pensiero
tecnico e che non
sia questo il momento
di chiedere, ma di dare.
E di mettere al servizio
della comunità
la competenza,
la professionalità
e l’esperienza dei
Commercialisti Italiani.
Possiamo essere
utili al Paese perché
siamo professionisti,
vogliamo esserlo
perché siamo cittadini.
BRESCIA
ORDINE
DEI DOTTORI
COMMERCIALISTI
E DEGLI ESPERTI
CONTABILI
LA POSSIBILITà DI SVILUPPO DELL’IMPRESA
ITALIANA è NEL CONTESTO INTERNAZIONALE
IL QUADRO LEGALE E TRIBUTARIO DI RIFERIMENTO
18 e 19 Ottobre 2013
Grand Hotel - GARDONE RIVIERA (BS)
con il patrocinio e la collaborazione di
Consiglio Nazionale
dei Dottori Commercialisti
e degli Esperti Contabili
ORDINE DEI
DOTTORI COMMERCIALISTI E DEGLI
ESPERTI CONTABILI
M
I
L
A
N
O
in collaborazione e con il contributo di
con il contributo di:
Ferdinando Silvani - Lavandaie a Gardone Riviera
R
isulta acclarato che, in questa fase
storica, lo sviluppo economico
globale è trainato dai Paesi emergenti e
non più da quelli avanzati.
Alcuni Paesi, tra quelli sviluppati, tra
cui gli Stati Uniti d’America, si sono
rifocalizzati sull’attività manifatturiera
ed hanno invertito, ancorché parzialmente, questa tendenza.
L’Europa, e particolarmente quella del
Sud, è invece in una situazione ormai
pluriennale di recessione, ma soprattutto di forte contrazione dei consumi
interni.
In questo scenario, per le imprese italiane appare evidente come l’unica via
per poter mantenere determinati volumi di vendita e quindi efficienze, sia la
focalizzazione sui mercati esterni ed in
particolare su quelli emergenti.
Le imprese più performanti sono quelle
che hanno saputo quindi internazionalizzarsi indirettamente, con le vendite,
o delocalizzando attività commerciali o
produttive al fine di meglio presidiare
detti mercati.
Per questo motivo, il convegno di diritto e di fiscalità internazionale di Gardone Riviera, nell’edizione di quest’anno,
apre con un dibattito incentrato sugli
strumenti giuridici ed economici messi a disposizione dal Governo italiano
e/o dall’Unione Europea a supporto
dell’internazionalizzazione imprenditoriale.
In detto dibattito, si discuterà della criticità dimensionale delle imprese italiane
e della opportuna “aggregazione” delle
stesse (o di alcune loro funzioni) trami-
te strumenti pensati ad hoc, ai fini della
penetrazione dei mercati stranieri e si
toccherà “il tasto dolente” che accompagna il mondo imprenditoriale italiano
da qualche anno: il supporto creditizio.
Saranno quindi coinvolti rappresentanti
sia governativi che del sistema bancario.
Vi saranno, poi, numerosi interventi
di natura tributaria di estrema attualità
collegati ai temi dell’internazionalizzazione trattati da relatori di caratura nazionale ed internazionale.
Si discuterà per esempio di come le
multinazionali più grandi ed evolute riescano ad “erodere” la base imponibile
riducendo al minimo il carico tributario. Clamorosi in tal senso sono stati gli
accertamenti in tema di “e-company”.
Ciò in un contesto di crisi finanziaria,
che ha stravolto i Paesi avanzati, è visto
come una pratica inaccettabile ed “ un
male da estirpare” ed è stato oggetto di
trattazione in un recente vertice del G8.
Si tratteranno poi i temi di maggior
rilievo ed in costante evoluzione connessi alle principali tematiche tributarie
legate all’internazionalizzazione:
- la gestione dei prezzi di trasferimento;
- la gestione delle partecipate di controllo o collegamento nei paesi Black List;
- il business internazionale gestito tramite branch estere;
- il recupero dei crediti per imposte pagate all’estero da persone giuridiche
o persone fisiche italiane;
- la gestione del personale distaccato
all’estero;
- le ultime novità in tema di IVA comunitaria e transnazionale.
Nella prima giornata di lavoro, si tratterà anche di un altro tema di estrema
attualità: lo scambio automatico di informazioni all’interno dei Paesi “occidentali” alla luce delle proposte di
nuove direttive comunitarie e dei nuovi
accordi (FACTA) sottoscritti da alcuni Paesi comunitari con gli Stati Uniti
d’America. Con riguardo a quest’ultimo argomento, sembra superata “la
filosofia” Rubik (basata sul segreto
bancario ottenuto in cambio del pagamento di imposte rilevanti) a favore di
una trasparenza informativa che tende a
stroncare pratiche di evasione e di riciclaggio internazionale.
In chiusura della prima giornata è previsto un “focus” sul Kosovo.
Il secondo giorno vi sarà un interessante
dibattito tra il Prof. Maurizio Leo ed il
Prof. Raffaele Rizzardi che tratteranno
della “congestione informativa” dell’anagrafe tributaria italiana derivante dalle recenti disposizioni che prevedono
l’accentramento delle informazioni finanziarie riferite a tutti i contribuenti e
della vessazione dei contribuenti italiani dovuta alle numerose informazioni
raccolte sulle attività finanziarie, mobiliari od immobiliari detenute all’estero.
Come di consueto, nella seconda giornata, si tratterà anche di alcuni Paesi
particolarmente interessanti come sbocchi per le internazionalizzazioni dirette
od indirette: operatori economici, politici ed esperti presenteranno Bulgaria e
Cina.
Federico Venturi
Dottore Commercialista Brescia
Programma
9.00
Venerdì 18.10.2013
Apertura dei lavori e presentazione del convegno
Dott. Antonio Passantino
Saluto ai Partecipanti
Dott. Eduardo Ursilli Direttore Regionale Agenzia delle Entrate della Lombardia
Presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti contabili di Brescia
17.30 Le ultime novità in tema di IVA comunitaria e transazionale
Prof. Avv. Benedetto Santacroce
Professore Università degli Studi Niccolò Cusano di Roma - Avvocato e Pubblicista
18.00 Focus sul Kosovo
Dott. Fehmi Mujota Ministro delle Infrastrutture ed Edilizia del Kosovo
Dott. Alessandro Solidoro
18.30 Fine prima giornata
20.30 Cena di gala presso Grand Hotel
Dott. Domenico Arena Direttore provinciale Agenzia delle Entrate di Brescia
Dott. Ferdinando Natali Responsabile Area Commerciale Brescia Unicredit
PRIMA SESSIONE
Coordinatore: Giornalista del Sole 24 Ore
Presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti contabili di Milano
10.00 Profili fiscali dell’integrazione europea
Prof. Augusto Fantozzi Professore Ordinario di Diritto Tributario e Rettore
dell’Università telematica Giustino Fortunato di Benevento
10.30 Le politiche e gli strumenti giuridici a supporto dell’internazionalizzazione e dell’esportazione: la conquista dei mercati, i modelli
aggregativi tra diverse imprese, il supporto creditizio
Ne discutono:
Rappresentante del Ministero dello Sviluppo Economico
Ing. Massimo D’Aiuto Amministratore Delegato e Direttore Generale SIMEST SpA
Dott. Pierfrancesco Gaggi Responsabile Relazioni Internazionali ABI
11.30 Coffee break
Sabato 19.10.2012
QUINTA SESSIONE
Coordinatore:
Dott. Alberto Perani Dottore Commercialista in Brescia
9.30
Bulgaria:
Aspetti societari e fiscali
Dott. Giancarlo Cervino Dottore Commercialista in Roma, Pubblicista
Opportunità & investimenti
Dott. Marco Nigel Zanenga Unicredit - CBBM Italy Foreign Network
10.15
Cina:
Aspetti societari e fiscali
Dott. Filippo Maria Invitti Dottore Commercialista in Roma
SECONDA SESSIONE
Coordinatore:
Dott. Gilberto Gelosa
Presidente Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti contabili di Monza Brianza
11.00 Coffee break
12.00
L’impresa multinazionale e l’erosione della base imponibile e l’allocazione “pianificata” dei profitti: tra pratiche elusive e concorrenza
sleale: il caso delle “e-company”
Dott.ssa Maricla Pennesi Dottore Commercialista in Milano
SESTA SESSIONE
Coordinatore:
Dott. Angelo De Vito già Dirigente Ministero dell’Economia e delle Finanze - SECIT
12.30
Imprese multinazionali e prezzi di trasferimento: l’evoluzione della
prassi internazionale e della documentazione a sostegno della
policy di prezzo
Prof. Piergiorgio Valente Dottore Commercialista in Milano
11.30
Le novità in tema di monitoraggio e dichiarazione di attività
finanziarie e immobiliari estere: la “congestione di informazioni”,
l’accertamento e lo scambio di informazioni
Prof. Avv. Maurizio Leo Prorettore della Scuola superiore dell’economia e delle
....
....
...
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
T
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
DI AG
....
....
....
....
....
....
.
L
.
.
....
....
....
....
....
....
AD IA
....
....
....
....
....
....
.
.
.
....
.
.
.
.
.
.
.
N
.
.
.
....
....
ES D
....
....
....
....
.
.
.
.
.
.
.
....
....
....
....
....
....
IO O
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
NE
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
di
....
....
.
lbo
'A
all
to
n°
al
rit
Isc
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
ail
e-m
fax
..
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
.
....
....
.
....
no
efo
tel
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
.
....
o.
..
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
....
me
No
ee
zz
Dottore Commercialista e Professore di diritto tributario Università degli Studi di Brescia
iri
om
17.00 Crediti di imposte per redditi prodotti all’estero: il concetto di
definitività e gli oneri documentali
Prof. Giuseppe Corasaniti
ind
Avvocato in Milano e Professore Diritto Tributario Università Bocconi
gn
Co
16.30 Lo scambio automatico di informazioni all’interno dell’Unione
Europea e gli accordi FACTA. Rilevanza in sede di accertamento
Prof. Carlo Garbarino
....
Dottore Commercialista in Brescia
....
QUARTA SESSIONE
Coordinatore:
Dott. Angelo Cisotto
....
....
16.00 Coffee break
La quota di partecipazione al Convegno è di E 200,00 IVA inclusa,
ridotta a E 150,00 IVA inclusa per gli iscritti all’Ordine dei Dottori
Commercialisti e degli Esperti Contabili negli anni 2011/2013 e
comprende: la documentazione congressuale, coffee breaks e
colazione di lavoro. Cena di gala: E 40,00 per partecipanti
ed E 60,00 per accompagnatori (fino ad esaurimento dei
posti disponibili). Coloro che sono interessati a partecipare al convegno e desiderino ricevere informazioni più dettagliate per sistemazione alberghiera e modalità di versamento, sono pregati di
rivolgersi alla Segreteria Organizzativa
(tel. 030 3752348) ed inviare
via fax (030 3752913)
oppure via e-mail a:
[email protected]
il tagliando di adesione
a fianco.
....
15.30 La gestione del personale all’estero: trasferte, trasferimenti e distac
chi: la gestione della residenza fiscale, della tassazione e dei contributi
Dott. Luca Valdameri Dottore Commercialista in Milano
L’iniziativa è inserita nel programma della formazione professionale degli Iscritti all’Albo dei
Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili con l’attribuzione ai partecipanti di 11 crediti
formativi, ed è stato richiesto l’accreditamento all’Ordine degli Avvocati di Brescia.
....
15.00 La gestione del business tramite branch estere: profili operativi,
contabili e documentali: un caso pratico
Dott. Federico Venturi Dottore Commercialista in Brescia
Comitato scientifico: Goffredo Barbi, Ferruccio Barbi, Angelo Cisotto,
Katia Masserdotti Moneta, Alberto Perani, Federico Venturi
....
La gestione di partecipate di controllo o collegamento in paesi Black
List: l’evoluzione della normativa e prassi italiana in tema di CFC:
un caso pratico
Dott. Giovanni Rolle Dottore Commercialista in Milano
....
....
14.30
....
Coordinatore:
Avv. Heinz Giebelmann Avvocato in Monaco di Baviera e Brescia
....
12.45 Chiusura lavori
....
....
TERZA SESSIONE
e Professore Università degli Studi di Pavia
Prof. Dott. Raffaele Rizzardi Dottore Commercialista in Bergamo
....
13.00 Pranzo di lavoro presso Grand Hotel
....
Vice Chairman Taxation and Fiscal Policy Committee del BIAC presso l’OCSE
finanze presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze
....
....
Opportunità & investimenti
Dott.ssa Alessandra D’Autilia Unicredit - CBBM Italy Foreign Network
38
Diamo i Numeri
La crisi fa crescere i divari
reddituali intergenerazionali
di Tommaso Di Nardo, IRDCEC
Come è noto, dal 2007 al 2011, a
fronte di un aumento del pil nominale
medio (pil/unità di lavoro) del 6%, il
reddito medio professionale dei
dottori commercialisti ed esperti
contabili è diminuito dello 0,8%.
È stato anche mostrato come tale
andamento sia il risultato della forte
asimmetria nella dinamica degli
“addetti” nel comparto totale
dell’economia (in forte diminuzione) e
in quello della Categoria dei
commercialisti (in forte aumento).
Si è, dunque, parlato di un
significativo deterioramento dei
redditi professionali dei
commercialisti durante la crisi
economica del periodo 2007-2011 e si
è anche mostrato, attraverso il
confronto con i dati di contabilità
nazionale, come tale risultato sia
prevalentemente imputabile alla
particolare permeabilità del mercato
dei servizi professionali prestati dai
commercialisti (Cfr. “Rapporto 2013
sull’Albo dei dottori commercialisti ed
esperti contabili, Irdcec, Giugno 2013
e Press Giugno 2013).
Quali conseguenze si sono avute,
invece, sul fronte dei divari reddituali
intergenerazionali? La crisi ha
impattato allo stesso modo sui giovani
rispetto ai meno giovani oppure vi
sono state differenze rilevanti?
Ulteriori indagini e analisi statistiche
mostrano un aumento considerevole
dei divari reddituali intergenerazionali
tra il 2007 e il 2011, rispettivamente il
primo e l’ultimo anno della serie
storica elaborata dall’Irdcec sulla base
dei dati delle Casse di previdenza di
Categoria.
I risultati, esposti nelle tabelle 1, 2, 3 e
4 mostrano un aumento generalizzato
dei divari reddituali intergenerazionali
tra il 2007 e il 2011 ad eccezione del
divario maschile tra la prima e la terza
classe di età che subisce una leggera
riduzione.
Osservando i dati da vicino, vediamo
come le tabelle 1 e 2 riportano le
medie reddituali del 2007 e del 2011
per classi di età e sesso, mentre le
tabelle 3 e 4 riportano i divari
reddituali della prima classe di età,
quella dei commercialisti con un età
pari o inferiore a 40 anni, espressa
come distanza percentuale dalle
medie con cui è raffrontata,
rispettivamente media generale,
media della classe 41-60 anni e media
della classe >60 anni.
La tabella 3 ci dice che il divario
reddituale tra la prima classe di età e
la media generale è pari nel 2007 a
43,8% (in valore assoluto 26.273 euro);
divario che nel 2011 sale di 2,6 punti
percentuali portandosi a 46,4% (27.618
euro). Se, invece, il divario viene
misurato tra la prima e la seconda
classe di età, l’aumento si riduce
significativamente e risulta pari a 0,2
punti percentuali. Infatti, nel 2007 tale
divario è pari a 50,4% e nel 2011 sale a
50,6% (in valore assoluto il divario si
riduce da 34.296 a 32.686 euro).
Calcolato tra la prima e la terza classe
di età, infine, il divario reddituale
misurato in termini percentuali si
riduce passando da 64,6% a 61,8% (in
valore assoluto il divario si riduce da
61.648 a 51.618 euro).
È interessante osservare, inoltre,
come tale andamento si sia verificato
in un periodo di forte contrazione
delle unità afferenti alla prima classe
di età (≤40 anni) a fronte di un
incremento molto sostenuto delle
unità ricadenti nella seconda (41-60
anni) e nella terza (>60 anni) classe di
età. Tra il 2007 e il 2011, infatti, gli
appartenenti alla prima classe hanno
subìto un calo del 18,9% a fronte di un
incremento del 24,6% di quelli della
seconda classe di età e di un
incremento del 22,2% di quelli della
terza classe di età per un aumento
complessivo del 9,8%. Ciò significa
che l’ampliamento del divario
intergenerazionale della prima classe
di età si è verificato nonostante il forte
calo di iscritti appartenenti a quella
classe di età in contrasto con quanto
accaduto alle altre due classi di età.
In particolare, chi ha risentito in
maniera molto marcata di tale effetto
di deterioramento è stata proprio la
terza classe di età, che a fronte di un
incremento degli iscritti del 22,2% ha
registrato un calo della media
reddituale del 12,4%, determinando
così la riduzione del divario
intergenerazionale di cui sopra.
L’analisi appena svolta ci suggerisce di
tenere separati i due trend di fondo
che hanno inciso sull’andamento dei
divari reddituali intergenerazionali: la
crisi, da un lato, e lo “slittamento”
anagrafico delle classi di età dall’altro.
A tal proposito, appare molto
eloquente la tabella 5. Qui sono
evidenti i tassi di variazione per classi
di età delle medie reddituali tra il 2007
e il 2011. Dalla tabella si vede come,
mentre la media generale ha subìto
una variazione di -0,8%, le medie
relative alle tre classi di età si sono
mosse in un range più ampio: -5,4%
per la prima classe, -5,1% per la
seconda classe e -12,4% per la terza
classe. Queste variazioni, combinate
con quelle degli iscritti che abbiamo
39
Tabelle
Tabella 1. Medie reddituali per classi di età e sesso. Anno 2007
Classi di età/Sesso
≤40
Femmine
Maschi
Totale
27.927
37.759
33.731
41-60
44.387
76.492
68.027
>60
57.880
98.669
95.379
Totale
37.093
69.093
60.004
Tabella 2. Medie reddituali per classi di età e sesso. Anno 2011
Classi di età/Sesso
Femmine
Maschi
Totale
≤40
26.517
35.697
31.897
41-60
43.104
73.684
64.583
>60
56.820
86.631
83.515
Totale
38.385
68.544
59.515
Tabella 3. Divari reddituali intergenerazionali 2007
Divario della classe ≤40
Femmine
Maschi
Totale
Con la media generale
-24,7%
-45,4%
-43,8%
Con la media della classe 41-60
-37,1%
-50,6%
-50,4%
Con la media della classe >60
-51,8%
-61,7%
-64,6%
Tabella 4. Divari reddituali intergenerazionali 2011
Divario della classe ≤40
Femmine
Maschi
Totale
Con la media generale
-30,9%
-47,9%
-46,4%
Con la media della classe 41-60
-38,5%
-51,6%
-50,6%
Con la media della classe >60
-53,3%
-58,8%
-61,8%
Tabella 5. Tassi di variazione delle medie reddituali tra il 2007 e il 2011
Classi di età/Sesso
Femmine
Maschi
-5%
-5,5%
-5,4%
41-60
-2,9%
-3,7%
-5,1%
>60
-1,8%
-12,2%
-12,4%
Totale
-3,5%
-0,8%
-0,8%
≤40
Totale
visto sopra, sono la sintesi di entrambi
i fenomeni descritti, ovvero crisi e
slittamento. Ma è evidente, pur senza
avventurarci nella determinazione dei
tassi di variazione separatamente per
ogni singolo fenomeno, che l’effetto
“slittamento” combinato all’effetto
crisi esercita un ruolo dirompente sui
divari reddituali.
Da un lato, infatti, il divario
principale, quello tra la prima classe
di età e la media generale, subisce un
aumento considerevole, indicatore
evidente di un forte aumento di
difficoltà per gli iscritti della prima
classe, dall’altro, il divario tra
quest’ultima e la terza classe, e cioè il
divario più ampio e significativo in
valore assoluto, indice di per sé del
valore della carriera professionale di
ogni singolo iscritto, subisce un calo
che in termini percentuali è anche
maggiore. È evidente come il dato
indichi un forte deterioramento dei
redditi professionali non imputabile
unicamente alla crisi, ma effetto
congiunto di questa e dello
“slittamento” di cui si è detto che
provoca, inevitabilmente, un “eccesso
di offerta” proprio nel segmento di
mercato più maturo della categoria.
Da ultimo alcune considerazioni sulle
differenze di genere.
Dalla tabella 3 si nota un divario
reddituale intergenerazionale più
contenuto per le donne sia nel 2007
che nel 2011, che, però, subisce
incrementi maggiori per le donne
rispetto agli uomini. In particolare,
mentre il divario reddituale delle
donne della prima classe rispetto alla
media generale sale di 6,2 punti
percentuali, quello degli uomini sale
di 2,4 punti. È interessante notare
come per effetto dell’asimmetria
nell’andamento dei divari reddituali di
genere tra la prima e la terza classe di
età, l’entità del divario delle donne e
degli uomini alla fine del periodo
esaminato tende ad avvicinarsi
significativamente.
Infatti, mentre il divario delle donne
tra la prima classe e l’ultima sale di 1,5
punti percentuali, quello degli uomini
si riduce di 2,9 punti così che la
distanza tra i due divari passa da 9,9
punti a 5,5 punti. Guida al controllo della qualità nei piccoli e medi studi professionali
Traduzione della terza edizione inglese
180 pp. - in brossura – ISBN: 978-1-60815-097-7
Prezzo 18,00 euro (IVA e spese di trasporto incluse)
La pubblicazione della traduzione italiana della terza edizione della “Guida al Controllo della Qualità nei piccoli
e medi studi professionali” completa un progetto che ha impegnato, per oltre tre anni, l’ufficio traduzioni del
CNDCEC e la commissione tecnico-scientifica che ha revisionato i lavori. La versione originale in lingua inglese
della Guida ha incontrato in tutto il mondo un grande successo, completando l’offerta di strumenti di supporto
all’attività degli studi professionali predisposti dal Comitato Piccoli e Medi Studi Professionali (Small and Medium
Practices Committee) di IFAC (International Federation of Accountants). Questa pubblicazione rappresenta un
valido aiuto per i professionisti che intendono affrontare l’attività di revisione legale in maniera conforme ai
principi internazionali ISA, consentendo di implementare le prescrizioni internazionali in materia di controllo della
qualità dell’attività di revisione in maniera semplice ed efficace, anche nella realtà dei piccoli e medi studi.
Al fine di garantire la qualità del lavoro di revisione, i Principi Internazionali di Revisione ISA richiedono infatti
l’adozione da parte del revisore di un sistema di qualità equivalente alle prescrizioni dello standard ISQC1;
questa Guida consente di realizzare un sistema di qualità conforme ad ISQC1, in maniera proporzionata alle esigenze ed alle risorse di studi
professionali di ridotta dimensione. L’esposizione della materia, semplice ed efficace, è riferita alle caratteristiche degli studi professionali piccoli
e medi; la Guida è inoltre corredata da pratici modelli di manuali di controllo qualità, pensati per le esigenze di studi professionali anche composti
da un solo professionista. La traduzione in lingua italiana giunge in un momento in cui la nostra professione si sta preparando all‘introduzione
dei Principi Internazionali di Revisione ISA su scala europea e può costituire un prezioso supporto per la strutturazione di un’attività di revisione
legale pienamente conforme ai Principi ISA. Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili compie così un ulteriore
importante passo nel consentire alla professione italiana di adeguarsi ai migliori standard internazionali e continuare nella tradizione di qualità
e competenza.
Principi Internazionali di Revisione e Controllo della Qualità
Edizione Italiana 2011
862 pp. - in brossura - ISBN 978-88-97361-00-8
Prezzo 50,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse)
La versione italiana 2011 dei principi internazionali (edizione inglese 2009), contenuta nel presente volume, è il
risultato di un complesso progetto di riscrittura, attuato da IFAC, per effetto del quale i 36 principi di revisione ed
il principio sul controllo di qualità sono stati completamente riorganizzati in sezioni distinte e parzialmente
modificati nei contenuti.
I principi così aggiornati sono ampiamente migliorati, sia in termini di comprensibilità che in termini di
semplificazione applicativa e sono destinati a divenire comune bagaglio professionale per tutti i colleghi impegnati
nell'attività di revisione legale dei conti.
La nuova struttura dei principi, mantenendo invariato l'originario approccio basato su regole generali, è
ampiamente compatibile con i principi di revisione nazionali in vigore dal 2002.
L'attività di revisione legale dei conti continuerà ad essere svolta sulla base di una preliminare identificazione e
valutazione dei rischi di errori significativi nel bilancio, sulle cui risultanze verranno configurate le procedure di revisione più appropriate. Quindi non
controlli casuali, che ripercorrono indistintamente tutte le operazioni contabili, ma verifiche mirate a quelle aree di bilancio che il revisore ha identificato
come maggiormente problematiche e dalle quali può derivare un rischio concreto e significativo di errore nel bilancio.
La fase transitoria del federalismo municipale
Aspetti quantitativi, contabili e fiscali delle nuove entrate comunali
126 pp. - in brossura - ISBN 978-88-97361-01-5
Prezzo 15,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse)
Il volume intende offrire un contributo al dibattito sul federalismo municipale effettuando un'analisi dei profili
quantitativi, contabili e fiscali della riforma.
A tal fine, il lavoro: espone i risultati di un'analisi quantitativa finalizzata a valutare gli effetti di gettito prodotti
dall'adozione del modello federale di cui al D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23; illustra le modalità di rappresentazione
nei bilanci degli Enti locali delle nuove entrate disciplinate dal medesimo decreto; nonché effettua un'analisi
della normativa di riferimento, tesa a verificare l'effettiva capacità di realizzazione del principio vedo, voto e
pago.
La ricerca è rivolta ai professionisti impegnati nell'attività di revisione degli Enti locali, ma offre interessanti
spunti di riflessione anche alla componente politica e amministrativa, proponendo una prima simulazione
dell'impatto che la riforma in senso federale avrà sulle entrate degli Enti locali.
Guida all’utilizzo dei principi di revisione internazionali
nella revisione contabile delle piccole e medie imprese
Volume I: Concetti fondamentali
242 pp. - ISBN 978-88-97361-02-2
Prezzo 25,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse)
Volume II: Guida pratica
328 pp. - ISBN 978-88-97361-03-9
Prezzo 25,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse)
Giunta alla terza edizione, la “Guida all’utilizzo dei principi di revisione internazionali nella revisione contabile
delle piccole e medie imprese”, elaborata dallo Small and Medium Practices Committee dell’International
Federation of Accountants (IFAC), è stata suddivisa in due volumi: Concetti fondamentali e Guida pratica.
Nata da un’idea originale del 2005, la Guida è stata la prima di una fortunata serie di pubblicazioni del Comitato
Piccoli e Medi Studi Professionali di IFAC (SMP Committee), che comprendono oggi anche la Guida al controllo
della qualità nei piccoli e medi studi professionali e la Guida alla gestione dei piccoli e medi studi professionali.
Tradotta nelle principali lingue e nota nel mondo come “ISA Guide”, la Guida è nata dall’esigenza di aiutare i
professionisti ad utilizzare correttamente gli ISA - International Standards on Auditing - nella revisione contabile
delle piccole e medie imprese, una necessità oggi di grande attualità, nel momento in cui l’adozione degli ISA
nella revisione si profila come una concreta possibilità nell’ambito della riforma della regolamentazione della
revisione in ambito europeo.
Il primo volume presenta i fondamenti teorici dei principi ISA che più frequentemente trovano applicazione
nella revisione delle PMI, con una tecnica espositiva che fa ampio uso di schemi e diagrammi e facilita la
comprensione e l’apprendimento; il risultato è un testo che può essere utilizzato sia come manuale didattico,
sia come riferimento operativo nell’attività professionale quotidiana. Il secondo volume presenta invece un
approccio pratico alla revisione delle PMI, accompagnando il lettore attraverso tutte le fasi dell’incarico, e
svolge completamente due casi pratici che illustrano la revisione di una microimpresa e di una piccola impresa.
Guida alla gestione dei piccoli e medi studi professionali
Traduzione della seconda edizione 2012
570 pp. - in brossura - ISBN 978-88-97361-05- 3
Prezzo 50,00 Euro (IVA e spese di trasporto incluse)
Cinque anni di lavoro, una decina di autori, un comitato di redazione di oltre trenta persone sparse in tutto il
globo, più di cento revisori provenienti da una ventina di paesi in tutti i continenti, oltre cinquanta teleconferenze
per le riunioni del comitato di redazione, che hanno collegato gli angoli più remoti del pianeta nell’arco di due
anni; un’opera che, nella versione originale in lingua inglese, è in testa alle classifiche dei download dal sito di
IFAC, con traduzioni realizzate o in corso in sette tra le principali lingue del mondo. Queste cifre danno un’idea
dell’impegno che lo Small and Medium Practices Committee di IFAC ha profuso nella realizzazione di
quest’opera e della ricchezza di contributi che è stato possibile raccogliere in queste pagine. L’edizione italiana
della Guida è una traduzione fedele della seconda edizione inglese, che ne riporta integralmente i contenuti.
Con questa nuova edizione si è voluto aggiornare le sezioni sulle letture consigliate e le risorse reperibili nel
sito IFAC, presenti alla fine dei moduli, nonché effettuare qualche miglioramento nella presentazione.
Organizzata in otto moduli indipendenti, la Guida si propone di fornire ai piccoli e medi studi professionali una
serie di principi gestionali ed alcune best practice in merito a numerose aree, tra cui pianificazione strategica,
gestione delle risorse umane, rapporto con il cliente e passaggi generazionali. Per aiutare gli organismi membri
e gli studi professionali ad utilizzare al meglio la Guida, lo Small and Medium Practices Committee ha elaborato
la Companion Guide, Guida alla Gestione dei Piccoli e Medi Studi Professionali: Indicazioni per l’uso
(www.ifac.org/publications-resources/guide-practice-management-small-and-medium-sized-practices-userguide), che fornisce indicazioni su come sfruttare al massimo la Guida. Le note bibliografiche sono state
arricchite con i documenti più recenti editi dal CNDCEC e alle appendici del Modulo 1 sono state aggiunte le
“Linee guida per l’introduzione di sistemi di gestione documentati negli studi dei dottori commercialisti ed
esperti contabili”, redatte da una commissione del CNDCEC ma fino ad oggi ancora inedite.
I volumi sono acquistabili unicamente on line sul sito “Press Store”all’indirizzo www.press-store.it
oppure www.commercialisti.it > PRESS & INFORMA > Press Store
Press S.r.l. - Società unipersonale soggetta all’attività di direzione e coordinamento del CNDCEC
00185 ROMA - Piazza della Repubblica, 59
C.F., P.Iva e N. Iscr. R.I. 09257291006
È tempo di pensare al futuro.
Oggi i nostri figli
hanno molti dubbi
e un’unica convinzione:
che in futuro staranno
peggio dei loro padri.
Il futuro si può, però,
ancora cambiare,
con regole e scelte
che interessino
i nostri figli,
facendo sacrifici
oggi per farne fare
meno a loro domani.
Trasformando
la crisi in opportunità
e l’immobilità in
ottimismo.
Letti per Voi 43
IL CONTRATTO DI AGENZIA E LA MEDIAZIONE
Augusto Baldassari
Tempo libero
(Giuffré, 2013)
L'opera esamina le varie tematiche e problematiche collegate al contratto di agenzia e alla
mediazione, soffermandosi su obblighi, poteri e attività di entrambe le figure dell'agente e del
mediatore. Vengono analizzate le peculiarietà di ciascuno dei menzionati contratti, evidenziandone le
caratteristiche strutturali e funzionali senza tralasciare di porre in risalto le singole questioni
suscitate dalla loro completa applicazione pratica. Al fine di facilitare l'individuazione della
trasformazione degli istituti (e il riferimento al contratto di agenzia), determinata dalle continue
evoluzioni delle condizioni di mercato, vengono riportati integralmente anche gli ultimi accordi
economici. Il loro esame accanto a quello delle norme di cui agli artt. 1742-1753 c.c. consente di
evidenziare che il contratto di agenzia assume sempre più l'aspetto di un fenomeno economico
strettamente collegato alla realtà in cui si sviluppa. Completa l'opera un dettagliato indice analitico.
Corpi nella nebbia
Ian Rankin
(Longanesi, 2013)
Sono trascorsi dieci anni
da quando la figlia è
sparita nel nulla, ma Nina
Hazlitt non si rassegna e
vuole che la polizia riapra il
caso. Solo l’ostinazione di
un ispettore in pensione,
John Rebus, troverà
conferma nei sospetti di
Nina…
LE SOCIETÀ FIDUCIARIE
Andrea Mariani, Michele Muscolo
(Esse Simone, 2013)
Il mandato fiduciario, quantunque poco conosciuto al grande pubblico, gode di un
crescente appeal che trae la sua forza dalla riservatezza e dalla possibilità di farvi ricorso per i più
disparati rapporti economici. Gli Autori analizzano i possibili impieghi dell’istituto così da renderlo
intellegibile anche a quanti vi si avvicinano con riserbo. Il volume, dopo averne approfondito i vari
aspetti e la peculiare “segretezza”, illustra i diversi utilizzi cui si può prestare e, conseguentemente, i
diversi ruoli che il rapporto fiduciario può assumere. In primo piano: la funzione che può assumere la
società fiduciaria, inambito societario ed in ambito private, nella pianificazione patrimoniale e nei
passaggi generazionali, l’analisi delle tematiche connesse alla gestione di piani di stock options, ai
patti parasociali, alla cessione delle partecipazioni societarie, alle operazioni in titoli, alle successioni,
alle donazioni, ai patti di famiglia, ai trust, ai contratti di escrow agreement ecc.
Da apprezzare anche la parte più operativa del volume, che, con numerosi esempi e ampio ricorso
alla modulistica, funge da vera e propria guida all’utente intenzionato a utilizzare concretamente lo
strumento fiduciario. Ad assicurare l’esaustività della trattazione, contribuiscono, infine, l’analisi delle
problematiche fiscali e dei complessi obblighi antiriciclaggio sottostanti alla gestione fiduciaria.
LE OBBLIGAZIONI
Cristiano Cicero
(Giappicchelli, 2013)
Il soffio del drago
Lars Bill Lundholm
(Feltrinelli, 2013)
Con intuito infallibile e
forte carattere, l’ispettore
Hake è questa volta
impegnato nel caso della
scoperta di un cadavere
emerso dalle gelide acque
del quartiere di
Södermalm, a Stoccolma.
Unico indizio: uno strano
tatuaggio a forma di drago
sul braccio sinistro...
Rebus di mezza
estate
Gianni Farinetti
(Marsilio, 2013)
La nozione di modo di estinzione dell’obbligazione fa riferimento a quel determinato atto giuridico
che distrugge il rapporto obbligatorio esistente fra creditore e debitore. L’espressione modi di
estinzione delle obbligazioni va circoscritta alle fattispecie il cui effetto diretto consiste nella
estinzione del rapporto obbligatorio, e non va al contrario riferita alle ipotesi che realizzano - sì l’effetto estintivo, ma soltanto in via indiretta, producendo così effetti diretti ora sul titolo ora sul
diritto del creditore. Tenuta in considerazione la sistematica del vigente codice, all’adempimento
vanno aggiunti gli altri modi di estinzione codificati, definibili appunto “diversi” dall’adempimento
(libro quarto, capo quarto, articoli 1230-1259), e di più, vanno considerati altri fatti a efficacia
estintiva, dunque particolarmente incisivi sull’obbligazione, quali il termine finale, la condizione
risolutiva (già prevista per il suo effetto estintivo nel codice civile 1865), e ancòra la dazione in
pagamento, il mutuo dissenso, la revoca del negozio e il recesso dal rapporto, l’adempimento del
terzo, il pagamento in buona fede al creditore apparente, la cessione in pagamento, il mandato a
riscuotere ecc..
Un giallo pieno di verve e
di suspense ambientato
nelle Langhe, dove un
assassino misterioso
semina in una manciata di
ore una serie di sanguinosi
omicidi. Una commedia
nera, anzi nerissima, un
inestricabile rompicapo
risolto dal flemmatico
maresciallo Beppe
Buonanno…
IL NUOVO ORDINAMENTO CONTABILE DEGLI ENTI LOCALI
Il Miglior tempo
Marcello Quecchia
Guido Meda
(Rizzoli, 2013)
(Maggioli, 2013)
Dal 2014 l’ordinamento contabile degli enti locali si armonizzerà con le procedure contabili delle altre
pubbliche amministrazioni, anche al fine del consolidamento dei conti pubblici. Dal 2012 è in atto una
sperimentazione dell’attuazione della nuova contabilità, che ha portato ad aggiornare anche quanto
previsto nei testi originari del D.Lgs. 118/2011 e del Dpcm 28 dicembre 2011.
Uno degli aspetti più importanti della nuova contabilità degli enti locali è dato dal principio contabile
della competenza finanziaria potenziata (e dalle sue modalità applicative), che rivoluzionerà
sensibilmente le registrazioni contabili, avvicinando chiaramente il bilancio di competenza a un
bilancio di cassa. Oltre a una approfondita disamina del nuovo sistema contabile e ai collegamenti
con la normativa e con i principi della contabilità pubblica e di quella aziendale, nel volume sono
riportate tabelle ed esempi pratici che consentono agli operatori di comprendere appieno le novità e
di iniziare subito a impostare il sistema contabile del proprio ente.
“… è proprio nell’equilibrio
tra ragazzate e perdono,
tra fughe liberatorie e
carezze di conforto, che
bisogna cercare il tempo
migliore…”. In questo libro
sorprendente, sospeso tra
realtà e sogni, l’Autore ha
saputo dare senso a una
passione assoluta, che è
anche la voglia di vivere
con leggerezza.
A cura di Maria Pia Parenti
Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti
e degli Esperti Contabili
Press
Professione economica e sistema sociale
Rivista del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti
e degli Esperti Contabili
Direttore Responsabile
Maria Luisa Campise
Capo Redattore
Enrico Zanetti
Comitato di Redazione
Alessio Berardino
Alessandro Cotto
Marcello Febert
Umberto Lombardi
Marilena Nasti
Gianfrancesco Padoan
Segreteria di Redazione
Maria Pia Parenti
Editore
PRESS Srl
Piazza della Repubblica, 59
00185 Roma
Tel 06.478631
Progetto grafico e art direction
Giuseppe Antonucci
Impaginazione
Hedrarte sas di Angelo Mastria
Piazza della Repubblica, 59
00185 - ROMA
Tel +39 06.47863322
Fax +39 06.47863640
Sito internet: www.commercialisti.it
e-mail: [email protected]
Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 408/2006
Ogni articolo firmato esprime esclusivamente il pensiero
di chi lo firma e pertanto ne impegna la responsabilità personale
Scarica

Press - CNDCEC