4.01.01-02
4.01.03
4.01
POLLENTIA
UNA CITTÀ ROMANA DELLA REGIO IX
Maria Cristina Preacco
4.01.01-02 - Teatro.
Frammento di trapezofo
in marmo. Restituzione
grafica dei lati A e B (ril.
S. Salines).
- Settore della
Tabula Peutingeriana
con l’indicazione di Pollentia. Copia medievale
da un originale romano
del IV secolo (Biblioteca
Nazionale
Austriaca,
Vienna).
4.01.03
’ interesse storico ed archeologico per Pollentia, la cui identificazione nell’attuale sito della frazione
L
Pollenzo è ormai un fatto consolidato, ha origine in quella tradizione erudita che, mescolata ad un
nascente gusto per le antichità locali, caratterizzò l’ambiente subalpino dell’Accademia delle Scienze
di Torino tra la seconda metà del Settecento ed i primi decenni dell’Ottocento. Com’è noto, la memoria delle “vestigia” romane pollentine, di cui si occuparono inizialmente il Durandi ed altri studiosi
locali durante il Settecento.1, è legata all’importante studio del Franchi di Pont.2, il quale, avvalendosi
di Filippo Grimaldi e dell’architetto Randoni, elaborò la prima planimetria del sito romano, lasciando
una preziosa testimonianza di monumenti antichi ancora oggi riconoscibili, quali l’anfiteatro, il
Turriglio ed in parte il teatro, e di altri invece completamente scomparsi.
Pollentia era conosciuta già dalle fonti antiche per le rinomate produzioni di lane brune e di
“calici” in ceramica, che rimandano all’esistenza di fiorenti attività economiche, e perché fu teatro di
episodi di carattere bellico, tra cui le azioni militari riguardanti le truppe di Decimo Bruto e Marco
Antonio nel corso della guerra di Modena o Bellum Mutinense del 44-43 a.C. seguita all’uccisione di
Cesare, e la vittoria che nel 402 d.C. l’esercito romano di Stilicone riportò sui Visigoti di Alarico.3.
Entrambi gli avvenimenti sono una prova dell’importanza strategica dell’insediamento pollentino nel
sistema di urbanizzazione creato dai Romani per occupare il Piemonte sud-occidentale e la fertile valle
del Tanaro. Infatti, la posizione privilegiata del sito in un’area pianeggiante, già appartenente al territorio dei Ligures Bagienni, in prossimità della sponda orografica sinistra del fiume, che era navigabile
fin dall’età preistorica.4, attribuiva alla città un ruolo fondamentale all’interno di una zona di transito
compresa tra la Pianura padana, i valichi alpini e la costa ligure, e percorsa da direttrici viarie di nuova
apertura come la Via Fulvia. Questa posizione privilegiata al centro di un quadrivio di strade che la
univano da un lato con Augusta Taurinorum e dall’altro, passando per Alba Pompeia, con Aquae Statiellae (Acqui Terme) e Dertona (Tortona), e attraverso Augusta Bagiennorum con la Liguria costiera,
si mantenne per tutta l’età imperiale.5.
A tutt’oggi la documentazione archeologica ed epigrafica in nostro possesso non permette di chiarire ancora le questioni relative al periodo di fondazione della città, all’acquisizione della cittadinanza
romana ed al suo stato giuridico. L’analisi storica della situazione del Piemonte meridionale nel corso
del II secolo a.C., sottoposto alle occupazioni graccane da parte del console M. Fulvio Flacco che vi
condusse una campagna contro i Liguri transalpini, Bagienni e Statielli, ed il nome beneaugurale dato
alla città.6, inducono a collocare la deduzione di Pollentia intorno agli ultimi decenni del II secolo a.C.
Si tratterebbe quindi, dell’insediamento romano più antico esistente nella media valle del Tanaro, cui
seguiranno le fondazioni di Alba Pompeia nell’89 a.C. circa ed infine di Augusta Bagiennorum che,
alla fine del I secolo a.C., sancisce la definitiva romanizzazione del territorio occidentale della Cisalpina e le alleanze con le popolazioni alpine.
Dal punto di vista archeologico non esiste finora alcuna documentazione del primo stanziamento
della città, così come non si conosce la localizzazione precisa dell’insediamento preromano, probabilmente sviluppatosi anch’esso in prossimità del fiume in una logica di controllo del commercio fluviale,
come sembrano indicare i due reperti in bronzo di importazione nuragica ed etrusca rinvenuti nel territorio pollentino e databili nel corso dell’VIII secolo a.C.7.
È probabile che la condizione giuridica iniziale fosse quella di un oppidum, se anche Plinio la cita
tra i nobilia oppida della Liguria (Nat. Hist., III, 5, 49), da intendersi come stanziamento di cives romani
mescolati ad indigeni, ma privo di una configurazione giuridica municipale che ricevette solo con la
guerra sociale (90-89 a.C.), come accadde alla vicina Alba Pompeia e ad altre città pedemontane della
Liguria. La popolazione, insieme a quelle di Hasta (Asti) e Carreum Potentia (Chieri), fu ascritta alla
tribù Pollia.
4.01.04
4.01.05-06
354
CAPITOLO IV
4.01.04
4.01.05
4.01.06
4.01 · POLLENTIA. UNA CITTÀ ROMANA DELLA REGIO IX
- Planimetria dei
resti di Pollentia eseguita
dall’architetto Randoni
(da Franchi Pont, 1809).
4.01.04
4.01.05 - Particolare della Tabula Pedemontii antiqui, et medii aevii, incisione di P. Amati e P. Tela
da un disegno di Lirelli
(fine XVIII secolo), relativa alla zona del Cuneese (AST, Corte, carte topografiche per A e B,
Piemonte 21).
Color giallo: Statielli;
azzurro chiaro: Bagienni;
azzurro scuro: Bagienni
Montani.
355
Entrata a far parte, in seguito alla riorganizzazione augustea dell’Italia antica, della Regio IX Liguria, che comprendeva il territorio piemontese a sud del Po, nel III secolo d.C. con la riforma
attuata da Diocleziano fu unita alla Provincia Alpium Cottiarum, mantenendo un ruolo strategico consolidato, se ai tempi di Costantino fu accolto nella zona lo stanziamento di una praefectura Sarmatorum
gentilium e se risulta ancora segnalata in fonti tarde come l’Anonimo Ravennate, oltre che nella Tabula
Peutingeriana.8.
La ricca documentazione epigrafica, proveniente sia dalla città sia dal territorio, testimonia la vitalità di Pollentia nel corso di tutta l’età imperiale; sono note le cariche ricoperte dai magistrati (duoviri,
edili, questori) appartenenti all’ordo decurionum, che costituiva la classe dirigente nelle comunità
municipali, le varie attività economiche legate soprattutto ad uno sfruttamento agricolo del territorio,
ed infine la notevole estensione dell’agro su cui aveva competenza amministrativa.
Quest’ultimo, infatti, aveva come limiti naturali i corsi d’acqua dello Stura e del Tanaro a sud, e
del Po a nord, e confinava con i territori di altri sei centri romani: quelli rispettivamente di Augusta
Bagiennorum, Alba Pompeia, Hasta, Carreum Potentia, Forum Vibii Caburrum e Forum Germa (---).9.
4.01.03
- Pollenzo. Veduta aerea.
4.01.06
La città e la sua “forma”
Pagina seguente:
4.01.07 - Planimetria generale della città con i
resti di età romana (scala
1 :2000) (ril. A. Gastaldo
Brac).
La ricostruzione dell’impianto urbano della città romana è legata a numerose incertezze, già sottolineate dai vari studiosi che se ne sono occupati.10, dovute principalmente al fatto che non si conoscono
l’esatta estensione, gli assi viari e l’articolazione interna degli isolati (insulae) in cui si distribuiva
l’abitato. Inoltre, anche la planimetria del Franchi di Pont presenta imprecisioni e discordanze metrologiche con quanto rilevato dal Randoni per i monumenti che essi videro, oltre al fatto che l’originario
tessuto urbanistico, modificato pesantemente dalla realizzazione della Tenuta Reale e dagli interventi
voluti da Carlo Alberto.11, non si è conservato nell’attuale centro storico di Pollenzo.
Anche la presenza di una cinta muraria è sempre stata molto discussa; le fonti letterarie, in particolare Cicerone, nel racconto degli episodi legati alla guerra di Modena, sembrano presupporne l’esistenza quando le truppe di Decimo Bruto, giunte a Pollentia con appena un’ora di vantaggio su quelle
di Antonio (Ad fam., XI, 13, 4), riuscirono ad organizzare la difesa della città. Inoltre Svetonio (Tib. 37,
5), a proposito dell’invio a Pollentia da parte dell’imperatore Tiberio di due coorti, una di pretoriani da
Roma e una dal regno di Cozio per sedare una rivolta della plebe pollentina, dice che penetrarono «per
diversas portas in oppidum»12. Nonostante il ricordo di un «recinto di muraglie della città» visto
dall’Anonimo Braidese nel XVIII secolo.13, ancora gli studi più recenti erano assai incerti nell’ipotizzare l’esistenza di una cinta muraria di tipo tradizionale, di cui anche al tempo del Franchi di Pont e
del Randoni non restava peraltro alcuna traccia sul terreno.
Le ultime indagini archeologiche nel centro storico di Pollenzo.14 sembrano confermare questa
assenza di cinta muraria che, almeno per l’età romana, doveva limitarsi ad un vallum con palificazione
lignea e torri con porte in muratura, peraltro non ancora individuate, come nella vicina Augusta
Bagiennorum.15; in particolare, l’individuazione di nuclei di necropoli a carattere monumentale sulla
piazza Vittorio Emanuele e nel giardino dell’Agenzia, ha permesso di definire con una certa precisione
il limite orientale della città romana che si sviluppava nella limitrofa via Amedeo di Savoia (nn. 5-6)
con resti di abitazioni, ed era separata dalla necropoli solo da una fascia di rispetto, occupata successivamente in età medievale con grandi fosse e porzioni di insediamento.16.
Anche il confine verso nord della città è chiarito dalla presenza dell’anfiteatro che, sembra ormai
accertato, sorgeva extra moenia, come indicano le sepolture rinvenute nella zona a nord/ovest del
monumento, in particolare la tomba a recinto di età flavia scavata in prossimità della via Regina
Margherita (n. 14).17. Verso est, l’indagine archeologica sotto il sedime dell’attuale via Carlo Alberto ha
individuato, in prossimità dell’incrocio con la via Colosseo, le tracce di una struttura muraria (n. 3) in
ciottoli e malta, in pessimo stato di conservazione, forse pertinente ad un insediamento extra-urbano a
carattere rustico.18.
Restano molto più incerti i lati nord/ovest e sud/ovest dell’antico perimetro, anche se, quest’ultimo,
come già è stato notato, potrebbe corrispondere all’allineamento di alcuni edifici più recenti come la
cascina Castellasso, interpretata come punto di confluenza dei tratti extraurbani dell’acquedotto.19.
Se l’estensione della città rimane tuttora un fatto ipotetico, anche per l’assenza di indagini nel
settore nord/ovest occupato, secondo le indicazioni del Franchi di Pont, dal complesso del Foro (n. 12),
peraltro mai riscontrato sul terreno, maggiori considerazioni si possono fare in merito alla ricostruzione
dell’assetto urbano. Esso infatti, è stato influenzato dall’andamento del fiume Tanaro, che in età romana
doveva scorrere più vicino al borgo rispetto al letto attuale, e dalla posizione degli edifici pubblici più
importanti quali l’anfiteatro ed il teatro, ancora parzialmente conservati nelle cantine delle case attuali
(nn. 2, 9).20.
4.01.07
fase romana
fase alto-medievale e medievale
possibile estensione città romana
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CAPITOLO IV
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4.01.09
4.01.11
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4.01.13
4.01.12
4.01 · POLLENTIA. UNA CITTÀ ROMANA DELLA REGIO IX
- Via Amedeo di
Savoia. Insula. Resti di
canalette.
4.01.08
- Via Amedeo di
Savoia. Edificio rettangolare in corso di scavo.
4.01.09
- Teatro. Pianta
eseguita dall’architetto
Randoni (da Franchi di
Pont, 1809).
4.01.10
4.01.11 - Teatro. Frammento di trapezoforo in
marmo. Veduta frontale e
lato B.
4.01.12 - Teatro. Frammento di trapezoforo in
marmo. Lato A.
4.01.13 - Tempio di Bacco. Pianta eseguita dall’architetto Randoni (da
Franchi di Pont, 1809).
359
In particolare, dei due assi viari principali che scandivano l’impianto urbano, il Decumano massimo con andamento da est ad ovest, e il Cardine massimo, da sud a nord, il primo è quello meglio noto.
Nel tratto extraurbano esso è parzialmente identificabile in un lembo di selciato stradale, individuato
negli anni Cinquanta all’incrocio tra le vie Stilicone e Regina Margherita (n. 1).21, la quale sembra mantenere ancora nel Catasto napoleonico del 1810 una funzione di asse principale all’interno del borgo.
Parallelo al Decumano massimo, orientato nord/est-sud/ovest con un’inclinazione di circa 42o 21’,
è l’asse maggiore dell’anfiteatro, il cui prolungamento ideale rispetta la cavea del teatro; inoltre, si presentano coerenti ad esso anche le diverse strutture di età romana venute alla luce grazie alle recenti
indagini archeologiche, in particolare i muri e le canalette pertinenti al settore di abitato romano indagato sotto l’attuale via Amedeo di Savoia (nn. 5-6), oltre al grande edificio scavato in proprietà
Monchiero (n. 11). Il loro orientamento conferma quello generale dell’impianto urbano, alla cui scansione in assi viari interni è riconducibile anche un tratto di acciottolato rinvenuto ad est del teatro, nell’interno della via Fossano (n. 7), che, pur limitato e non leggibile nella larghezza totale, è sicuramente
pertinente ad un selciato stradale lastricato con ciottoli di medie e piccole dimensioni, che il rinvenimento di abbondante ceramica, tra cui piatti a vernice nera di produzione tardiva, in terra sigillata
liscia nord-italica e chiara africana, permette di datare tra gli inizi del I e il IV secolo d.C.22. Si è dimostrata, invece, di epoca più recente la porzione di selciato già individuata in via Amedeo di Savoia.23,
che il rinvenimento di una moneta della zecca dei Savoia datata al 1725 riconduce alla fase di sistemazione settecentesca del borgo.
Rimane ancora incerta la localizzazione del Cardine massimo, anche se la fronte della cavea del
teatro e degli ambienti residenziali individuati in via Amedeo di Savoia appaiono coerenti ad esso confermandone l’orientamento nord/ovest-sud/est ortogonale al Decumano; inoltre, un posizionamento del
Cardine, o di un asse viario ad esso parallelo, è senza dubbio da ipotizzare in uscita dalla città a separare i due nuclei di necropoli a carattere monumentale individuati al di sotto della piazza Vittorio
Emanuele e nei pressi dell’Agenzia.
L’articolazione interna degli isolati (insulae), la cui dimensione in assenza di assi viari certi non è
definibile eccetto forse che per quella occupata dal teatro, incomincia a delinearsi con maggior precisione grazie al completamento di scavi effettuati nelle vie interne del borgo.
Già negli anni 1989-90 erano stati messi in luce, nel tratto della via Amedeo di Savoia antistante
la cascina Albertina, ed in parte nella contigua via Fossano, resti di strutture murarie interpretati come
parti di edifici residenziali privati.24. L’indagine archeologica, attualmente ancora in corso, oltre a confermare tale ipotesi, ha individuato, sia pure a livello ancora preliminare, più fasi nella distribuzione
planimetrica degli ambienti che occupano quasi tutta la via da sud verso nord anche oltre l’incrocio
con la via Regina Margherita (n. 5), sviluppandosi sotto le case ai lati della strada attuale. Ad una
prima fase sono da ricondursi due canalette, tagliate direttamente nello strato scuro di formazione naturale e costruite con spallette in ciottoli spaccati legati con malta, fondo e copertura in laterizi o ciottoli
di grandi dimensioni; orientate nord/est-sud/ovest e con una luce oscillante tra i 30/20 cm, convogliavano il deflusso delle acque verso sud/ovest. La loro posizione nel settore settentrionale dell’insula si
collega alla presenza di lacerti di muri, conservati quasi solo al livello delle fondazioni e costruiti in
ciottoli e pietrame legati da malta.25, che delimitano ambienti della larghezza variabile tra 3 e 5 metri.
Successivamente la creazione di vasche, il cui riempimento con sabbia e scaglie di marmo sembra
indicare una funzione artigianale, ha ristretto le dimensioni dei vani, forse cambiandone anche l’uso,
mentre un edificio a pianta rettangolare, articolato in quattro vani (n. 6), probabilmente intonacati e
pavimentati in cocciopesto (opus signinum), e aperto su un cortile acciottolato, veniva ad occupare il
settore meridionale.
La ceramica rinvenuta, particolarmente abbondante negli ambienti settentrionali, dove prevalgono
i frammenti di anfore.26, permette di proporre un inquadramento cronologico delle varie fasi a partire
dalla fine del I secolo a.C. ad almeno tutto il IV d.C. e parte del V secolo. In particolare, alcuni orli di
terra sigillata tarda di produzione africana (scodelle e piatti di forma Hayes 91 e 61), databili nella
prima metà del V secolo d.C., costituiscono l’elemento più tardo di frequentazione dell’edificio rettangolare, i cui vani sono stati riutilizzati anche successivamente.27, mentre la frequentazione della prima
e media età imperiale sembra interessare soprattutto la parte settentrionale dell’isolato.
I monumenti pubblici: il complesso teatrale
Le conoscenze sul settore della città antica destinato alla vita pubblica sono state da sempre legate
all’anfiteatro, elemento connotante l’architettura di Pollenzo ancora nell’età moderna; tuttavia, sulla
base delle descrizioni lasciate dal Franchi di Pont e dei risultati delle recenti indagini archeologiche,
è possibile proporre alcune riflessioni anche per gli altri edifici.
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CAPITOLO IV
4.01.14
fase di età augustea (fine I secolo a.C. - inizi I secolo d.C.)
fase di prima e media età imperiale (I-III secolo d.C.)
4.01 · POLLENTIA. UNA CITTÀ ROMANA DELLA REGIO IX
- Planimetria del
complesso teatro-tempio
e dell’area Monchiero
(scala 1:1000) (ril. A. Gastaldo Brac).
4.01.14
361
Quasi nulla sappiamo dell’area forense, da intendersi come complesso di edifici religiosi ed amministrativi sorti intorno ad una piazza, collocata in genere in corrispondenza dell’incrocio dei due assi
principali e, in quanto luogo privilegiato della “memoria”, il primo ad essere edificato al momento
della fondazione di una nuova città.28. A Pollentia, dove i rinvenimenti epigrafici con dediche a Giove
e alla Diva Plotina suggeriscono la presenza di un Capitolium e di un edificio templare connesso al
culto imperiale, generalmente ubicati nel Foro.29, il Randoni aveva riconosciuto e descritto con dovizia
di particolari un tempio su alto podio dalle strutture murarie poderose e resti di un porticato con
colonne e botteghe.30. Tuttavia, mancando finora riscontri sul terreno, così come nulla si è conservato
della decorazione architettonica che consisteva in «cornici di marmo bianco scolpite», ci si deve limitare ad una quanto mai vaga collocazione a nord del teatro (nn. 12-13), dove edifici rustici di costruzione forse ottocentesca sembrano conservare l’allineamento di un lato della piazza.
Meglio noto è il complesso sviluppatosi intorno al teatro (n. 9), di cui il Franchi di Pont vide ancora
parzialmente in elevato i muri radiali di sostegno della cavea, parte dei cunei con le gradinate e tre
scale di accesso al meniano superiore, documentati dal Randoni con tavole di rilievo e con una serie
di studi ricostruttivi.31. Ritenuto per molto tempo scomparso, il profilo del teatro era leggibile nella cartografia ottocentesca riguardante Pollenzo ed in particolare nel catasto napoleonico solo per l’andamento curvilineo dei mappali; tuttavia, una fortunata segnalazione in anni recenti ha permesso di individuare, nelle cantine di alcune case private.32, cinque dei muri radiali che costituivano le sostruzioni
di sostegno del terrapieno su cui era edificata la cavea e un tratto del muro esterno di quest’ultima (A).
Le murature sono costruite in opus incertum mixtum, che utilizza ciottoli di provenienza dal fiume
Tanaro legati con malta, spezzati nel paramento esterno e alternati a doppi ricorsi di laterizi, secondo
una tecnica che, nell’ambito della prima metà del I secolo d.C., è tipica di molti centri urbani della
Cisalpina e del Piemonte in particolare, dove in assenza di buona pietra da taglio si ricorreva al materiale edilizio presente in loco.33.
L’edificio teatrale pollentino aveva la cavea articolata in due soli meniani, che costituiscono la ima
e la summa cavea, separati da una praecinctio o corridoio anulare, mentre l’orchestra era pavimentata,
probabilmente in cocciopesto (opus signinum).34; le misure della cavea e dell’orchestra, che secondo il
Franchi di Pont avevano rispettivamente un diametro esterno massimo di m 74 e di m 37, lo fanno ritenere il maggiore tra quelli ancora conservati in ambito piemontese.35.
Ad ipotesi sul numero di persone che l’edificio poteva contenere ha contribuito il rinvenimento di
un frammento di gradone, riconducibile ai sedili delle gradinate, sul quale sono incisi i nomi di tre
spettatori cui erano riservati i posti, che i caratteri epigrafici datano al II secolo d.C.36. Il reperto, in
marmo bianco probabilmente lunense, ripropone il problema del rivestimento dell’edificio ed in particolare della scena di cui già lo stesso Franchi Pont riferiva che tutte le “vestigia” erano andate perdute. Il recupero fortunato di un nuovo elemento pertinente alla decorazione architettonica del teatro
permette quindi, una serie di interessanti considerazioni di carattere sia iconografico sia cronologico.
Si tratta di un pezzo di fattura pregevole, costituito da due frammenti risultati combacianti.37 e decorato sulle facce laterali da un raffinato fregio vegetale a racemi e girali con boccioli e fiori a petali
aperti aventi iconografia differente a seconda dei lati. Il motivo, riconducibile a schemi figurativi di età
augustea di derivazione dal fregio che decorava il Foro di Augusto a Roma, trova confronto nelle trabeazioni dell’Italia settentrionale diffuse nell’ambito della prima metà del I secolo d.C., periodo cui
possiamo datare anche il frammento pollentino.38. La presenza sulla fronte del pezzo, che doveva avere
un’originaria funzione di trapezoforo per una transenna o per i sedili della prima fila destinati ai magistrati (proedria), della parte inferiore della zampa di un capride scolpita quasi a tutto tondo e l’impronta
di una seconda, non conservata, ne conferma la pertinenza all’ambito teatrale, dove capri ed animali
analoghi facevano parte del corteo di Dioniso, divinità preposta agli spettacoli. Il marmo, riconosciuto
come lunense del tipo statuario, riconduce a quello delle ermette reimpiegate nella facciata della
chiesa di San Pietro a Cherasco, per alcune delle quali si è proposto, a ragione, la provenienza da un
edificio teatrale, probabilmente quello di Pollentia, spogliato in età medievale.39.
Il complesso teatrale pollentino, nelle ipotesi del Franchi di Pont e del Randoni, si componeva
anche di un vasto quadriportico retrostante la scena (porticus post scaenam) al centro della quale,
secondo il modello architettonico ancora oggi visibile nella vicina Augusta Bagiennorum, sorgeva un
sacello che egli suppone dedicato a Bacco, altra divinità legata alla sfera dionisiaca, sulla base del rinvenimento di un’ara in marmo decorata da un bassorilievo con un capro in atto di rodere un tralcio di
vite.40. La presenza del tempietto, a lungo ipotizzata dai vari studiosi che si sono occupati di Pollenzo,
anche in associazione con un secondo sacello dedicato a Mercurio.41, trova oggi un fondamento archeologico nelle strutture murarie rinvenute in una cantina di proprietà privata.42 e il cui rilievo ha permesso di ricostruirne, sia pure parzialmente, la planimetria e la posizione topografica nell’ambito del
complesso teatrale (n. 10; B).
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CAPITOLO IV
4.01.17
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4.01 · POLLENTIA. UNA CITTÀ ROMANA DELLA REGIO IX
- Area Monchiero. Grande edificio. Panoramica.
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- Area Monchiero. Grande edificio. Pavimento a mosaico. Particolare.
4.01.16
4.01.17 - Catasto parcellare francese (1810).
Section Xx de la Commune de Brà, portion A.
Pianta delle case costruite sopra i resti dell’anfiteatro (AST, Atlante,
all. B, n. 105).
- Borgo Colosseo.
Case costruite sopra l’anfiteatro. Veduta aerea.
4.01.18
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La memoria del tempietto era conservata ancora nel rilievo del territorio pollentino redatto agli
inizi dell’Ottocento, dove al n. 94 il Michela e il Pernigotti, autori della relazione sulla stima dei diversi
appezzamenti, scrivono «Locale di antica fabbrica colle fondamenta ancora sporgenti dal suolo per un
metro, di Romana costruzione, di forma rettangolare avente di lunghezza esterna metri 15,50, di larghezza metri 7,50 divisa internamente per metà della lunghezza con muro trasversale, quali muri
hanno di spessore medio metri 1,50…».43. Il rilievo delle strutture superstiti e il risultato del sondaggio, peraltro molto limitato, hanno riportato in luce tratti di muri costruiti in ciottoli legati da malta
della larghezza di m 1,65; essi appartengono ad uno dei muri perimetrali, conservato per una lunghezza
di m 11 circa, e a due ortogonali, rispettivamente quelli del pronao e della cella. Nell’ipotesi ricostruttiva risulta una pianta stretta e allungata, riconducibile al tempio con pronao in antis, probabilmente privo di colonne sulla fronte.44, che per dimensioni, ricostruibili sulla base di quanto indicato
nei documenti ottocenteschi e nel rilievo del Randoni, e semplicità dell’articolazione planimetrica,
ricorda il sacello di Augusta Bagiennorum.
Orientato nord/est-sud/ovest secondo l’impianto urbano della città e il Decumano massimo, sembra essere all’incirca sull’allineamento dell’asse mediano della cavea del teatro con il pronao rivolto
verso sud/ovest; la sua individuazione topografica ripropone il problema dell’esistenza di una porticus
post scaenam, al centro della quale si collocava, secondo uno schema planimetrico canonico, il sacello,
escludendo quindi l’esistenza di un ipotetico Cardine parallelo alla cavea.45.
Pur in assenza di elementi cronologici puntuali, emerge chiaramente come il complesso teatro-tempio si sia sviluppato nell’ambito di un programma architettonico ben preciso di monumentalizzazione
della città romana, cui, allo stato attuale delle ricerche, possiamo ricondurre anche quanto venuto in
luce nella limitrofa proprietà Monchiero.46 (n. 11; C). Qui, un’indagine archeologica condotta a partire
dal 1998, ha individuato un complesso di strutture particolarmente interessante anche se con funzioni
non ancora ben chiare e di difficile interpretazione.47, sia per la presenza di più fasi costruttive, con
muri conservati al solo livello degli ultimi filari di fondazione ed ampiamente intaccati dai numerosi
lavori agricoli che interessato la zona, sia per l’impossibilità di esplorare il complesso in tutta la sua
estensione.
L’orientamento delle strutture è nord/est-sud/ovest; la fase più antica è caratterizzata da un edificio centrale articolato in più vani, di cui solo uno (m 8 x 8 circa) è ancora leggibile a livello planimetrico, con muri perimetrali larghi ca m 0,90 e tecnica costruttiva in ciottoli legati da malta. Esplorato
per m 25 circa sul lato orientale e per m 11 su quello settentrionale, era circondato, già probabilmente
in questa fase che rinvenimenti monetali e ceramici datano agli ultimi decenni del I secolo a.C.48, da
un ambulacro della larghezza di m 4,20 circa e da ambienti a carattere residenziale. Uno di questi è
pavimentato da un mosaico non figurato con campo monocromatico di colore nero incorniciato da una
fascia a tessere bianche e da una balza marginale sempre nera, la cui diffusione, frequente soprattutto
in ambiente medioitalico, è attestata a partire dall’età augustea.49.
Solo in un momento posteriore, ancora inquadrabile tra I e II secolo d.C., un secondo ambulacro,
di analoga larghezza, articolato in nicchie e basi per statue, aggiunge monumentalità all’edificio, che
anche la vicinanza con il teatro e con il Foro induce a ritenere abbia carattere pubblico. Particolarmente significativo a tale proposito è la costruzione di un terzo muro, articolato in absidi rettangolari, il quale, chiudendo il prospetto verso un’area aperta, si colloca sull’allineamento dell’ipotetica ala
della porticus retrostante il teatro. Strutture a destinazione più propriamente abitativa, caratterizzate da
differenti dimensioni e tecnica costruttiva, obliterano l’intero complesso in un momento ancora da precisare, ma inquadrabile ancora nella media età imperiale.50.
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L’anfiteatro
È sicuramente l’edificio fino ad ora più noto dell’antica Pollentia. Destinato nell’antichità ai combattimenti gladiatori (munera gladiatoria) o alle cacce di bestie feroci (venationes), ha conservato attraverso il tempo parte delle sue strutture nelle fondazioni delle case rustiche che, a partire almeno dal
Settecento, si sono aggregate sul monumento antico dando origine ad un caratteristico borgo, dal nome
evocativo di Colosseo o Coliseo, il quale presenta un caratteristico andamento ellittico e mantiene nei
cortili coltivati ad orti e giardini il perimetro dell’arena.
L’interessante fenomeno di riuso, ben documentato già nel Catasto napoleonico, non è un fatto isolato ma trova riscontro a Lucca, nella suggestiva piazza del Mercato di età medievale, e a Venafro
(Isernia), antico centro del Sannio dove l’area dell’anfiteatro, il cosiddetto Verlascio, occupata da
ambienti ad uso agricolo (stalle e fienili) costruiti sopra le fondazioni antiche, è da alcuni anni sottoposta ad un’indagine archeologica sistematica.51.
L’edificio pollentino, probabilmente costruito in un momento successivo al primo sviluppo urbani-
4.01.18
4.01.17
364
CAPITOLO IV
4.01.19
- Anfiteatro.
Pianta eseguita dall’architetto Randoni (da
Franchi di Pont, 1809).
4.01.19
- Via della Piana
(Casa Tosco). Anfiteatro.
Crolli di strutture relative
al primo meniano e all’ambulacro (praecinctio)
con rampa addossata al
muro del secondo anello.
Panoramica.
4.01.20
4.01.21 - Via Colosseo.
Anfiteatro. Terzo anello e
parti di murature crollate.
Panoramica.
- Anfiteatro. Planimetria con le strutture
ancora conservate (ril. G.
Abrardi).
4.01.22
4.01.23 - Via Colosseo.
Cantina ricavata dalle
strutture di sostruzione
del secondo meniano dell’anfiteatro.
4.01.24 - Via Colosseo.
Anfiteatro. Vano di sostruzione del secondo
meniano in corso di
scavo.
4.01.20
4.01.21
4.01 · POLLENTIA. UNA CITTÀ ROMANA DELLA REGIO IX
strutture ancora conservate nelle cantine
frequentazione posteriore all’abbandono (fine V-VI secolo)
4.01.22
4.01.23
4.01.24
365
366
CAPITOLO IV
4.01.27
4.01.25
4.01.28
4.01.26
4.01.29
4.01 · POLLENTIA. UNA CITTÀ ROMANA DELLA REGIO IX
- Via della Piana
(Casa Tosco). Anfiteatro.
Rampa addossata al muro
del secondo anello. Particolare.
4.01.25
- Via Colosseo.
Anfiteatro. Ambulacro o
praecinctio. Resti di scalinata tra il secondo e il
terzo anello.
4.01.26
4.01.27 - Via Colosseo.
Anfiteatro. Parti di muratura crollata.
4.01.28 - Via Colosseo.
Anfiteatro.
Muratura.
Particolare della tecnica
costruttiva.
- Via della Piana
(Casa Tosco). Primo meniano con vano sottostante e praecinctio con
rampa. Ipotesi ricostruttiva (ril. G. Abrardi).
4.01.29
367
stico dell’insediamento e in un’area sufficientemente estesa e decentrata affinché, secondo le indicazioni vitruviane, i clamori non disturbassero il regolare svolgersi della vita cittadina.52, si inserisce nell’impianto urbano con gli assi maggiore e minore orientati secondo il Decumano e il Cardine massimi
(n. 2).
Già il Randoni aveva documentato l’anfiteatro di Pollentia con una pianta che ne metteva in luce
la grandiosità e la proporzionalità della progettazione architettonica, sia pure con qualche incertezza,
in particolare nella ricostruzione, del tutto ipotetica, dell’anello perimetrale esterno scandito da sessanta arcate in facciata.53. Tale imponenza è oggi pienamente confermata sia dai rinvenimenti dell’indagine archeologica, che ha interessato alcune ristrutturazioni edilizie in proprietà privata e lo scavo
del sedime stradale delle vie Stilicone e Colosseo, che passano all’interno del monumento, sia da un
rilievo di tutte le strutture superstiti nelle cantine attuali.54.
Le dimensioni complessive, già notevoli secondo quanto ipotizzato dal Franchi di Pont (m 122/123
x 91/92), sono risultate di m 132 x 98, mentre quelle degli assi dell’arena ellittica, peraltro mai indagata e quindi ricostruibili sulla base di osservazioni architettoniche indirette, si attestano intorno ai
m 82 x 48 circa, a conferma che si tratta dell’edificio anfiteatrale più imponente in area piemontese e
sicuramente di uno tra i più grandi anche nell’ambito cisalpino.55.
Dal punto di vista planimetrico-strutturale, secondo la tipologia elaborata dal Golvin, rientra nella
categoria degli anfiteatri “a struttura piena”, che furono i più diffusi fino al 60 d.C. sia in Italia sia nelle
province occidentali, per scelte architettoniche dovute a presupposti soprattutto di ordine economico,
come il costo elevato della pietra, piuttosto che al persistere di una concezione arcaica dello schema
costruttivo. In essi solo l’arena è scavata e gran parte della cavea, che reggeva le gradinate destinate agli
spettatori, sfruttava un terrapieno più o meno naturale e i condizionamenti imposti dal terreno.56. Infatti,
l’edificio pollentino si articola in quattro anelli, costituiti da poderosi muri, che definiscono due maeniani separati da un corridoio voltato (praecinctio). Quello esterno, largo m 12, era sorretto da un complesso sistema di sostruzioni delimitate da muri radiali e coperte da volte a botte, parzialmente conservate nelle cantine delle case attuali, mentre altre sono ancora interrate.57. I muri, risultati impostati alla
medesima quota di fondazione caratterizzata da una risega in laterizi, si distribuiscono a delimitare sessantotto vani dell’ampiezza di m 3,5/4 circa, quattro dei quali, posti sugli assi dell’edificio, costituivano
gli ingressi principali mentre altrettanti erano destinati a passaggi secondari (vomitoria). Uno di questi
(A), indagato archeologicamente, ha riportato in luce resti del crollo della volta, che presentava tracce
di intonaco, ed una sistemazione a gradini del vano con blocchi in calcare. Il muro radiale terminava in
un pilastro quadrangolare, anch’esso intonacato, a conferma che l’anello perimetrale più esterno, alcuni
tratti del quale sono visibili in poche cantine, era aperto in corrispondenza degli ingressi e forse anche
di altri vani (D), che conservano tracce di pavimentazione in cocciopesto e di intonaco colorato, indiziari di un utilizzo delle sostruzioni ancora ignoto.
Il primo meniano, largo m 9, poggiava su un terrapieno chiuso tra muri anulari, ma non completamente pieno come si riteneva; infatti, un’articolazione in vani accessibili e in parte “costruiti” è ipotizzabile sulla base dell’individuazione di ambienti con copertura voltata, in parte ancora in situ, anche se
spogliata dell’originario rivestimento in laterizi (G), o conservata a livello di crollo (B).58.
La complessità della costruzione, che appartiene a tipi già evoluti e vicini agli anfiteatri “a struttura cava” o “canonica”.59, è confermata anche dall’articolazione dell’ambulacro (praecinctio) che correva tra i due meniani; largo circa m 3,90 e con copertura voltata, corrisponde a parte dell’attuale via
Colosseo, risultata quasi completamente occupata dal crollo delle murature pertinenti ad uno dei muri
anulari. Elemento interessante sotto l’aspetto costruttivo è risultata la presenza di rampe (C) e di scalinate con gradini in laterizi (E), che interrompono la circolazione dell’ambulacro probabilmente solo
in prossimità di vani di passaggio, secondo quanto è documentato anche negli anfiteatri di Siracusa e
Pompei.60.
Rimane, invece, sostanzialmente sconosciuta la sistemazione dell’arena, per la quale si era supposto anche un utilizzo per naumachie.61, finora senza conferme; lo spazio destinato allo svolgimento
dei giochi risulta delimitato da un muro di notevole spessore (m 2,60), costituito da due strutture accostate, una più interna e l’altra che conserva ancora parte di una canaletta, a delimitare l’alto podio
eretto a protezione degli spettatori (B e F).
L’unitarietà della progettazione architettonica dell’edificio, che fu realizzato in un unico momento
e non sembra aver avuto rifacimenti per tutto il periodo di uso, emerge anche dall’analisi della tecnica
edilizia impiegata, sostanzialmente omogenea.62. L’elevato era in opus incertum mixtum, come quello
del vicino teatro, con ciottoli fluviali interi o spaccati nel paramento esterno, legati da malta e alternati ogni cm 60 a doppi ricorsi di laterizi, di cui il rilievo ha messo in luce la perfetta regolarità; la
risega di fondazione era in laterizi sporgenti, mentre le fondazioni vere e proprie, che è stato possibile
indagare in un saggio molto limitato (D) scendono per circa 3 metri. Dell’ipotetico “ornato” descritto
4.01.07
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4.01.21
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4.01.20
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4.01.27
4.01.28
368
CAPITOLO IV
monumenti funerari e tombe a incinerazione (II - III secolo)
tombe a inumazione (III - V secolo)
T1
strutture altomedievali (VI secolo)
T2
XVIII secolo
Area dell'antica chiesa
di San Vittore
San Vittore
T3
T4
T 14
T 16
T 17
T 10
T5
T 15
T6
T 12
T 13
T 19
T 11
T7
T8
T9
0
4.01.30
5
10m
4.01 · POLLENTIA. UNA CITTÀ ROMANA DELLA REGIO IX
- Piazza Vittorio
Emanuele. Planimetria
della necropoli e delle
strutture rinvenute (ril.
Chora).
4.01.30
369
dal Franchi di Pont, che citava resti di cornici in marmo, non si è rinvenuto alcunché, ad eccezione di
un sedile pertinente alle gradinate, in marmo della Val Varaita. Il reperto è tanto più importante se
messo in relazione con le lastre del medesimo marmo reimpiegate nella facciata della chiesa di San
Pietro a Cherasco, la cui altezza, pari a due piedi romani, fa ritenere pertinenti alla pavimentazione o
al rivestimento di un monumento pubblico, poi completamente spogliato.63.
Nuovi ed interessanti dati sono emersi anche in merito alla cronologia dell’anfiteatro, ritenuto già
di epoca giulio-claudia dal Curto sulla base dell’interpretazione di un controverso passo di Svetonio
(Tib. 37, 5), il quale racconta, nella vita di Tiberio, di un tumulto scoppiato a Pollentia in relazione a
giochi gladiatori e che l’imperatore represse inviando due coorti, una da Roma e l’altra dal regno di
Cottius.64. Finora, l’assenza di rinvenimenti dall’area dell’anfiteatro, eccetto che per una statuetta di
Cibele citata dal Franchi di Pont e andata perduta, non permetteva di proporre un inquadramento cronologico certo per il monumento, la cui complessità costruttiva appare comunque non compatibile con
una datazione così alta.65. I sondaggi effettuati nell’ambulacro (C) e in uno dei vani radiali (D) hanno
fornito i primi elementi cronologici legati alla vita dell’edificio; i frammenti per ora più antichi rinvenuti appartengono a due orli di anfore del tipo Dressel 6B e con orlo ad imbuto, attestate in ambito
padano a partire dalla seconda metà del I secolo d.C. L’ipotesi di una costruzione del monumento tra
la fine del I e gli inizi del II secolo d.C., confermata anche dai risultati emersi dalla termoluminescenza.66, si colloca in un momento di grande sviluppo per la vita della città. Il monumento fu in uso
sicuramente per tutto il III e gran parte del IV secolo d.C., come attestano i rinvenimenti monetali dei
vari sondaggi tra cui un Antoniniano di Gallieno (260-268 d.C.) ed uno di Probo (276-282).
L’abbandono dell’edificio è legato a vicende ancora oscure; l’analisi dei crolli delle strutture murarie, che hanno invaso l’ambulacro voltato, sembrano indicare un movimento di caduta verso l’arena, tale
da impedire una successiva occupazione nel settore nord dell’edificio. A sud invece, si è evidenziata
una stratificazione con presenza di ghiaia residuale a passaggi di acqua, forse dovuti ad esondazioni del
vicino Tanaro; inoltre, su questo lato del monumento è documentata archeologicamente una occupazione
successiva all’abbandono, con ambienti a carattere abitativo quale una capanna (C) e con attività di tipo
artigianale (D).67. La ceramica rinvenuta, sia terra sigillata africana di importazione e di produzione
regionale oltre a pietra ollare, indica un orizzonte cronologico tra la metà del V e i primi decenni del VI
secolo d.C., periodo che costituisce il terminus ante quem per l’abbandono dell’anfiteatro pollentino da
collocarsi probabilmente tra la fine del IV e gli inizi del V secolo, momento in cui sia l’avvento del
Cristianesimo con le sue leggi moralizzatrici, sia la cessazione di fenomeni di evergetismo causa la
rovina delle finanze locali, favorirono l’abbandono dei munera gladiatoria.68.
4.01.22
La necropoli monumentale
Aree destinate a necropoli erano già note a partire dagli anni Trenta del XX secolo, in particolare
quella localizzata nella zona sud-occidentale della città, in prossimità della cascina Pedaggera, ai margini della strada provinciale che unisce Pollenzo a Cherasco e che anticamente si dirigeva verso
Pedona, attuale Borgo San Dalmazzo.69. Altri nuclei di sepolture, sempre databili alla prima età imperiale, erano stati individuati anche presso il rio Laggera e lungo la via Regina Margherita.70, oltre che
all’interno del Parco della stessa Tenuta Reale, dove si ha notizia del rinvenimento di numerose tombe
di età imperiale distrutte nel corso di una campagna di scavo promossa agli inizi dell’Ottocento dalla
Reale Accademia di Torino sotto la direzione di Vincenzo Deabbate.71.
La scoperta recente di un’estesa necropoli a carattere monumentale articolata in più nuclei nella
zona compresa tra il giardino dell’Agenzia carloalbertina e la piazza Vittorio Emanuele (nn. 17-20) fornisce importanti elementi per considerazioni di carattere topografico in merito al limite orientale della
città romana e alla sua estensione nella fascia verso il Tanaro. Infatti, i monumenti, orientati
nord/ovest-sud/est, risultano coerenti con gli assi viari del Cardine e del Decumano massimi, inserendosi in una progettazione urbanistica unitaria della città antica che prevedeva una sistemazione organizzata con strade anche delle aree sepolcrali suburbane.72 . Essi, inoltre, rappresentano la conferma
di un interesse per semata funerari di un certo impegno architettonico, di cui finora un documento isolato era il noto Turriglio, imponente costruzione sorta all’incrocio di direttrici viarie forse con destinazioni differenti, tra cui quella sepolcrale sembra essere accertata.73.
Il nucleo più meridionale della necropoli è costituito da un monumento rinvenuto in prossimità del
lato est dell’Agenzia, inglobato nelle cantine e parzialmente tagliato da un canale ottocentesco (n. 18).
Il basamento, conservato al livello delle fondazioni e dei primi filari di spiccato, era costruito nella tecnica consueta dell’opus incertum mixtum alternato nel paramento esterno a doppi ricorsi di laterizi; di
forma all’incirca quadrangolare e di dimensioni considerevoli (m 7,60 x 6,50 circa), presentava scavati
all’interno, in posizione eccentrica, due vani di m 1,50 per lato, rivestiti sul fondo ed alle pareti da late-
4.01.07
4.01.31
4.01.32
370
CAPITOLO IV
4.01.31
4.01.32
4.01.34
4.01.33
4.01 · POLLENTIA. UNA CITTÀ ROMANA DELLA REGIO IX
4.01.31 - Il Turriglio. Veduta aerea.
- Agenzia. Monumento funerario in corso
di scavo. Panoramica.
4.01.32
4.01.33 - Agenzia. Frammento di colonna tortile
in marmo.
- Piazza Vittorio
Emanuele. Frammenti di
cornici in marmo.
4.01.34
371
rizi, e destinati ad ospitare due deposizioni, poi completamente spoliate.74. Il monumento, che doveva
essere completato da un apparato decorativo di un certo impegno, come indicano sia il frammento di
colonna tortile sia i residui di marmo rinvenuti negli strati di età medievale, è da ricondursi alla tipologia su alto podio ben documentata nella vicina Liguria costiera e in tutta la Transpadana.75. In assenza
di elementi cronologici precisi, è possibile proporne un inquadramento tra la metà del I e il II secolo
d.C., soprattutto sulla base delle caratteristiche tipologiche ed architettoniche.
Il rinvenimento nelle vicinanze di una porzione di muro (n. 19), analogo per dimensioni e tecnica
costruttiva, posto al di sotto del cimitero medievale.76, e la presenza nel giardino di una struttura “a
torre” ancora in elevato (n. 20), già nota nelle fonti di archivio ottocentesche come «Torrione» e variamente interpretata.77, inducono a ritenere che la necropoli in questo settore fosse alquanto più estesa
ed articolata con altri monumenti.
Un secondo nucleo è stato rinvenuto più a nord, al di sotto dell’attuale piazza Vittorio Emanuele
(n. 17), ad una quota decisamente più alta.78. Profondamente intaccato dalle successive fasi di sistemazione della piazza, soprattutto di età medievale e moderna.79, questo settore della necropoli si attestava lungo la prosecuzione extra-urbana di uno degli assi viari orientati est/ovest, probabilmente lo
stesso Cardine massimo, articolandosi in tre monumenti funerari contigui, conservati al solo livello del
basamento di fondazione, intorno ai quali si distribuirono, dalla prima età imperiale fino alla metà del
V secolo d.C. circa, diciannove sepolture del tipo ad incinerazione e a inumazione.
I monumenti, rispettivamente di forma quadrangolare e rettangolare (m 5,70 x 6,10; 3,50 x 4,40;
3 x 2,50), costruiti nella medesima tecnica e in momenti di poco successivi tra loro come si deduce dal
diverso numero di ricorsi di ciottoli legati da malta che costituivano le fondazioni, dovevano appartenere ad un unico nucleo familiare. Erano rivestiti da una ricca decorazione architettonica, di cui sono
testimonianza, tra i vari elementi recuperati fuori contesto negli strati rimaneggiati della piazza, due
cornici in marmo greco di importazione.80, l’una con fregio dorico a dentelli e l’altra con sima articolata in una gola diritta e sottostante gola rovescia. Databili nel corso del I secolo d.C., esse erano pertinenti alla trabeazione dei monumenti, che rientrano nel tipo a dado o a parallelepipedo ancora di tradizione ellenistica e medio-italica.81. L’appartenenza dei sepolcri a personaggi di rango elevato trova
ulteriore conferma anche nel rinvenimento di un frammento inscritto di trapezoforo in marmo destinato
a sostenere una mensa funeraria. L’iscrizione, che, sulla base dei caratteri paleografici, è inquadrabile
tra la fine del I e gli inizi del II secolo d.C., ricorda due personaggi, una Lollia e un Terentius, probabilmente legati tra loro da vincoli di parentela, i cui gentilizi riconducono alla importante famiglia
locale di ceto senatorio degli Hedii Rufi Lolliani, che aveva interessi fondiari nello sfruttamento dell’agro pollentino.82.
I monumenti rappresentano la fase più antica finora attestata di uso della necropoli, anche se il rinvenimento fuori contesto di un frammento di fibula in bronzo del tipo a molla con tre spire bilaterali,
ancora di tradizione tardo La Tène, sembra indiziare una frequentazione dell’area già negli ultimi
decenni del I secolo a.C., anche se non ancora associata a sepolture. Infatti, quelle ad incinerazione
individuate nei pressi dei basamenti funerari sembrano indicare una fase di utilizzo della necropoli solo
a partire dalla prima età imperiale. In particolare, si tratta di due tombe a pozzetto in muratura di ciottoli e pavimento in laterizi, già spoliate in antico, e di una entro anfora segata, in buono stato di conservazione. Il corredo, che si componeva di una lucerna Firmalampe e di un balsamario in vetro a ventre conico e collo lungo, con bollo fitomorfo.83, era deposto in prossimità dell’anfora Dressel 20, di produzione ispanica, in cui erano state raccolte le ceneri del rogo funebre (ustrina) insieme all’unica offerta
primaria, una moneta in bronzo non più leggibile. I resti dell’incinerato, che le analisi hanno riconosciuto appartenere a una donna in età matura.84, erano invece, conservati entro un contenitore già destinato a derrate alimentari di pregio, probabilmente una bottiglia monoansata a ventre prismatico,
anch’essa con bollo anepigrafe.85. Tutti gli oggetti concordano per un inquadramento cronologico della
sepoltura tra la seconda metà e la fine del II secolo d.C., forse anche gli inizi del secolo successivo.
A questo periodo si riconducono, inoltre, un asse o dupondio di Lucio Vero (165-166 d.C.) e parte
di un corredo composto da una lucerna a volute e becco angolare con disco figurato, da una scodella
carenata in ceramica comune e da un balsamario a ventre conico .86, rinvenuti in giacitura secondaria
nelle sepolture ad inumazione (T11) che caratterizzano la fase d’uso della necropoli in età tardoantica.
Quasi tutte le tombe di questo periodo, in parte entro fossa terragna o a cassa realizzata con materiale
di spoglio, laterizi e frammenti in marmo pertinenti probabilmente alla decorazione dei monumenti
della fase più antica, sono risultate prive di corredo; fanno eccezione quella con oreficerie barbariche.87
ed una (T16), pertinente ad un individuo di sesso femminile e giovane età, che conservava ancora, a
lato del cranio, un’olletta e un boccalino monoansato in ceramica comune depurata, la cui datazione
nell’ambito della seconda metà del III secolo d.C. è confermata dall’associazione con un asse in bronzo
di Treboniano Gallo (251-253 d.C.), rinvenuto nel riempimento.88.
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4.01.35
CAPITOLO IV
4.01.36
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4.01 · POLLENTIA. UNA CITTÀ ROMANA DELLA REGIO IX
4.01.35 - Monumento funerario lungo l’Appia Antica. Incisione ad acquaforte di Carlo Labruzzi,
XVIII secolo (da Via
Appia. Sulle ruine della
magnificenza antica, Fondazione Memmo, Roma
1997).
4.01.36 - Agenzia. Giardino. Struttura ancora
conservata in elevato
denominata “Torrione”.
- Piazza Vittorio
Emanuele. Monumenti
funerari in corso di scavo.
Panoramica.
4.01.37
4.01.38
- Piazza Vittorio
Emanuele. Frammento di
trapezoforo in marmo con
iscrizione.
4.01.38
- Piazza Vittorio
Emanuele. Necropoli romana. Sepoltura entro
anfora segata in corso di
scavo.
4.01.39
- Piazza Vittorio
Emanuele. Necropoli romana. Sepoltura entro
anfora segata. Corredo.
4.01.40
4.01.40
4.01.39
373
374
4.01.41
CAPITOLO IV
4.01.42
4.01.43
4.01.44
4.01 · POLLENTIA. UNA CITTÀ ROMANA DELLA REGIO IX
- Piazza Vittorio
Emanuele. Necropoli romana. Tomba a pozzetto.
4.01.41
- Piazza Vittorio
Emanuele. Necropoli romana. Corredo rinvenuto
presso la sepoltura T11.
4.01.42
- Piazza Vittorio
Emanuele. Necropoli romana. Sepoltura ad inumazione (T16).
4.01.43
- Piazza Vittorio
Emanuele. Necropoli romana. Corredo della T16.
4.01.44
A pagina 376:
4.01.45 - Bra, Museo
Civico. Piano terreno.
Frammento di cornice in
marmo. I-II secolo d.C.
4.01.46 - Bra, Museo Civico. Piano terreno. Epigrafe frammentaria in
marmo con dedica alla
Vittoria. I secolo d.C.
4.01.47 - Bra, Museo Civico. Piano terreno. Stele
in marmo di M. Lucretius
Chrestus, merkator vinarius. Area necropoli della
Pedaggera (scavi 1958).
I-II secolo d.C.
4.01.48 - Bra, Museo Civico. Secondo piano. Salone dedicato alle necropoli di Pollentia. Panoramica.
375
Note conclusive
Le recenti ricerche condotte nel borgo di Pollenzo permettono di delineare, sia pure a livello
ancora preliminare, una ricostruzione delle fasi di vita della città romana la quale, sembra ormai certo,
non sorse in diretta continuità con l’insediamento preromano, probabilmente posto sulle alture circostanti.89.
In assenza di dati per il periodo di fine II secolo a.C. coevo alla fondazione da parte dei Romani,
pochi ma significativi elementi documentano una frequentazione del sito in età tardo repubblicana; si
tratta, oltre al frammento di fibula rinvenuta fuori contesto nell’area della necropoli monumentale sulla
piazza Vittorio Emanuele, di un denario in argento, emesso dalla zecca di Roma nel 58 a.C., proveniente dal settore di abitato romano indagato in via Amedeo.90, e di forme in ceramica a vernice nera
inquadrabili nella prima metà del I secolo a.C., da strati precedenti la fase di costruzione del grande
edificio individuato in proprietà Monchiero.91.
Quello meglio documentato, sia a livello di progettazione architettonica dei vari monumenti sia
come dati archeologici, resta il periodo della prima età imperiale. È probabile che all’epoca augustea
appartengano l’impianto regolare della città con la pavimentazione di assi viari, quale il selciato individuato in via Fossano, oltre alla costruzione dell’edificio in proprietà Monchiero (I fase) e del complesso teatro-sacello, che, insieme al Foro, rimasto ancora sconosciuto, contribuiva a qualificare lo
spazio pubblico di un centro urbano antico.92.
Il periodo compreso tra il I e il II secolo d.C. vede la monumentalizzazione della città, di cui sono
testimonianza anche i pochi documenti superstiti della scultura, quali i due pregevoli ritratti maschili.93
e i frammenti architettonici che, pur fornendo un quadro ancora disomogeneo dell’apparato decorativo
dei vari monumenti.94, denotano un riferirsi delle forme ai modelli della tradizione iconografica
dell’Italia settentrionale e un notevole livello qualitativo. In particolare, l’utilizzo di marmi di importazione, come lo statuario lunense, cui è da ricondursi la decorazione del teatro, o quello greco insulare
per la trabeazione dei monumenti funerari, accanto a marmi di ambito più propriamente locali, provenienti dalle cave della vicina Valle Varaita, sono indizio delle capacità economiche di un centro che la
posizione lungo la direttrice fluviale del Tanaro rendeva favorevole per il commercio e lo scambio di
merci e di materie prime.
Fonte primaria di questa ricchezza era la notevole estensione del territorio, coltivato a latifondo con
insediamenti rustici a carattere produttivo individuabili anche in prossimità del centro urbano, sia
nella pianura immediatamente a nord-ovest del sito romano.95, sia nella zona est verso il Tanaro. Qui,
nella porzione ora occupata dal giardino dell’Agenzia, il rinvenimento di scorie ferrose riutilizzate
come materiale da costruzione nelle case del villaggio medievale e di tratti di strutture murarie (n. 21),
probabilmente riconducibili ad una domus, inquadrabile nei primi decenni del I secolo d.C. grazie alla
presenza di frammenti di intonaco dipinto e di terra sigillata liscia padana, è indiziario di una sistemazione intensiva e articolata delle aree suburbane.
La vocazione commerciale di Pollentia, già nota nelle fonti antiche anche come centro produttore
di ceramica fine, in particolare di calices, probabili coppe in terra sigillata non ancora identificate.96,
emerge da una preliminare analisi dei documenti della vita quotidiana, tra cui vasellame fine da mensa
e in ceramica comune, lucerne, anfore da trasporto, che talora conservano ancora il bollo con il nome
del fabbricante. Vi giungevano anfore olearie dalla Betica, poi riutilizzate in ambito sepolcrale, e olearie dall’area padana e tirrenica, mentre la terra sigillata appare attestata lungo un arco cronologico
piuttosto ampio con importazioni da officine aretine e nord-italiche attive nei primi decenni del
I secolo d.C.97, fino ad una presenza significativa, ancora tra IV e V secolo, di sigillate chiare africane,
in particolare africana C e D, che raggiungevano l’Italia settentrionale attraverso il delta del Po, distribuendosi nelle regioni interne come il Piemonte lungo le direttrici di un commercio prevalentemente
fluviale.
4.01.07
376
CAPITOLO IV
4.01.45
4.01.46
4.01.47
4.01.48
Note
1
J. DURANDI, Del collegio degli antichi cacciatori pollentini in Piemonte e della
condizione de’ cacciatori sotto i Romani, Torino 1773. Per le descrizioni settecentesche delle antiche muraglie viste nel territorio pollentino dai primi eruditi locali,
come l’anonimo dottor Vorgalle che le descrisse nel suo manoscritto Teatro Historico, si veda E. MOSCA, Cronache Braidesi del ’700, Torino 1973, pp. 23-28.
2
G. FRANCHI DI PONT, Delle antichità di Pollenza e de’ ruderi che ne rimangono,
in “Mémoires de l’Académie Imperiale des sciences, littérature et beaux arts de Turin pour les années 1805-1808 (Littérature et beaux arts)”, XVII, 1809, pp. 321-510
[pp. 1-192]. La dissertazione è illustrata da otto incisioni all’acquaforte, opera dell’incisore Antonio Arghinenti su disegni dell’architetto Carlo Randoni che, con il
Franchi di Pont, aveva eseguito la rilevazione delle rovine. Per un inquadramento
della figura del Randoni nel clima dell’epoca cfr. A. GIACCARIA, Le antichità romane
del Piemonte nella cultura storico-geografica del Settecento, in “Biblioteca della
Società Storica Vercellese”, Vercelli-Cuneo 1994, pp. 79, 107.
3
AA.VV., Fontes Ligurum et Liguriae antiquae, in «Atti della Società Ligure di
Storia Patria», n.s., voll. XVI-XC, Genova 1976, nn. 1510 segg. Durante la guerra
di Modena Ponzio Aquila, legato di Decimo Bruto, cacciò da Pollentia T. Munazio
Planco che stava reclutando truppe sul posto per conto di Marco Antonio (Cic., Phil.
XI, 6, 14), mentre lo stesso Decimo Bruto, nel corso dell’inseguimento di Marco
Antonio, inviò cinque coorti in città per impedire ad Antonio di raggiungere per
primo Pollentia, nodo strategico nella via verso le Gallie (Cic., Ad fam., XI, 13, 24). Per un’analisi storico-politica della vicenda si rimanda a A. SARTORI, Pollentia
ed Augusta Bagiennorum. Studi sulla romanizzazione del Piemonte, Torino 1965,
pp. 54 segg. Le problematiche storiche legate all’episodio della vittoria di Stilicone
sono state oggetto di un convegno recente dal titolo «Romani e barbari: incontro e
scontro di culture», Convegno Internazionale di Studi in occasione del XVI centenario della Battaglia di Pollenzo (402 d.C.), Bra 11-13 aprile 2003, Atti a cura di
S. Giorcelli Bersani, in corso di stampa.
4
Come attestano sia i recenti rinvenimenti ad Alba Pompeia, l’altro centro sorto
sulla sponda opposta del fiume a controllo della navigazione commerciale sul
Tanaro (F. GAMBARI, L’età del Bronzo e l’età del Ferro: navigazione, commercio e controllo del territorio, in Navigatori e contadini: Alba e la valle del Tanaro nella preistoria, a cura di M. Venturino Gambari, Alba 1995, pp. 44 segg.), sia la stele del
nauta-traghettatore (CIL V, 7679; A. FERRUA, Augusta Bagiennorum et Pollentia
[Inscriptiones Italiae, IX, 1, da ora I.I.], Roma 1948, n. 35; G. MENNELLA - E. BERNARDINI, Regio IX. Liguria, Augusta Bagiennorum, in “Supplementa Italica” 19,
Roma 2002, p. 212), oggi murata nella facciata della chiesa di San Pietro a Cherasco.
5
Si veda in proposito G. CORRADI, Per il progresso degli studi su Pollentia, su
Augusta Bagiennorum e sull’antica rete stradale della regione, in “BSBS” LXXII,
1974, pp. 335 segg. Cfr. anche C. MORRA, Il popolamento del territorio: la carta
archeologica, in Alba Pompeia. Archeologia della città dalla fondazione alla tarda
antichità, a cura di F. Filippi, Alba 1997, pp. 31-32 e, sul problema della viabilità
nel Piemonte meridionale, S. GIORCELLI BERSANI - S. RODA, Iuxta Fines Alpium.
Uomini e dei nel Piemonte romano, “Biblioteca Storica Subalpina” CCXV, Torino
1999, pp. 37 segg.
6
L’uso dei «nomina bene ominata» non sembra essere posteriore al II secolo
a.C. ed è testimoniato anche da altri centri del Piemonte meridionale come Valentia,
Vardacate, Industria, Potentia e forse Hasta. Per una discussione su questo e sui
problemi giuridici della città si rimanda a G. MENNELLA - E. BERNARDINI, Regio IX.
Liguria. Pollentia, in “Supplementa Italica” 19, Roma 2002, p. 138, con bibliografia precedente.
7
Si tratta rispettivamente di un rasoio tipo Belmonte, rinvenuto nel territorio, e
di un’ascia bipenne, trovata negli sterri effettuati nel secolo scorso presso il Castello
Reale di Pollenzo, per il cui inquadramento, rispettivamente nella prima e nella seconda metà dell’VIII secolo a.C., si rimanda a GAMBARI, L’età del Bronzo..., p. 41.
8
Per le vicende di Pollentia tra tardoantico e altomedioevo, periodo in cui la
città romana, esaurito il suo ruolo di civitas, subì una serie di trasformazioni a livello
insediativo, si rimanda al contributo di E. Micheletto, in questo volume.
9
I confini della pertica pollentina, la cui linea di demarcazione si basa quasi
esclusivamente sui rinvenimenti epigrafici, non sono del tutto certi, come evidenziano MENNELLA-BERNARDINI, Regio IX. Liguria. Pollentia..., pp. 140-141. Cfr.
anche G. MENNELLA - S. BARBIERI, La città e il territorio nella testimonianza delle
fonti scritte, in Alba Pompeia..., p. 22.
10
Ad un primo studio di S. CURTO, Pollenzo Antica, Bra 1964, sono seguiti
quelli di L. GONELLA - D. RONCHETTA BUSSOLATI, Pollentia romana. Note sull’organizzazione urbanistica e territoriale, in “Studi di Archeologia dedicati a Pietro Barocelli”, Torino 1980, pp. 95-108, e, da ultimo, F. FILIPPI, Nuovi dati e considerazioni
sull’impianto urbano e la necropoli di Pollentia (Regio IX - Liguria), in “Studi di
archeologia classica dedicati a Giorgio Gullini per i quarant’anni di insegnamento”,
a cura di M. Barra Bagnasco e M.C. Conti, Alessandria 1999, pp. 49-66, cui si
rimanda per la bibliografia completa sul sito. Cfr. anche P. BARALE, Pollentia, in
“Studi Piemontesi” XXV, 1, 1996, pp. 25-41; E. PANERO, La città romana in Piemonte. Realtà e simbologia della forma urbis nella Cisalpina occidentale, Cavallermaggiore 2000, pp. 131-144.
11
Per questi interventi si rimanda al contributo di G. Carità, in questo volume.
Fontes..., n. 1520. Cfr. SARTORI, Pollentia ed Augusta Bagiennorum..., pp. 57-61.
13
Per la descrizione delle strutture ed un loro inquadramento si rimanda a
FILIPPI, Nuovi dati e considerazioni..., pp. 52-53, n. 23, e per l’identificazione con
strutture di età medievale fortificate e dotate di un castello, si vedano i contributi di
F. Panero e di E. Micheletto, in questo volume.
14
Esse si sono sviluppate nell’ambito del progetto di «Restauro, riqualificazione e valorizzazione dell’antica città di Pollentia» che ha interessato l’intero borgo
a partire dal 2001, e per il quale si rimanda al cap. V, in questo volume.
15
FILIPPI, Nuovi dati e considerazioni..., p. 52. Per un confronto con perimetrazioni urbane a semplice aggere, in particolare di età tardorepubblicana nell’Italia
settentrionale, si veda J. BONETTO, Mura e città nella Transpadana romana, Portogruaro 1998, pp.114-117.
16
Cfr. il contributo di E. Micheletto, in questo volume.
17
Furono rinvenuti, oltre al muro di recinzione, anche il cippo con l’iscrizione
e il basamento interno della tomba vera e propria, risultata già violata in antico, e
del cui corredo si raccolse una sola moneta in bronzo di Vespasiano (G. PESCE,
Pollenzo. La necropoli in contrada Pedaggera. Rapporto sulle campagne di scavo del
settembre-ottobre 1934 e del maggio-giugno 1936, in «Notizie degli Scavi di Antichità», 1936, p. 387; Archivio Storico Soprintendenza per i Beni Archeologici del
Piemonte). Cfr. FILIPPI, Nuovi dati e considerazioni..., p. 54, n. 30.
18
La zona sembrerebbe essere limitrofa a quella denominata «camp d’le ciapele», di ubicazione tuttora incerta (GONELLA - RONCHETTA BUSSOLATI, Pollentia
romana..., p. 107; FILIPPI, Nuovi dati e considerazioni..., p. 54), forse destinata ad
attività artigianali (BARALE, Pollentia..., p. 33).
19
In proposito FILIPPI, Nuovi dati e considerazioni..., p. 55, che nel prendere in
esame le varie ipotesi di estensione della città, ne sottolinea l’incertezza. Per il problema dell’acquedotto ed il suo sviluppo, in particolare nel tratto meridionale, si
veda P. BARALE, L’acqua a Pollentia: acquedotti, fontane e terme, in “Alba Pompeia”, XIII, 2, 1992, pp.17-46.
20
La planimetria generale della città antica con i resti dei monumenti finora
noti, presentata nell’ambito di questo contributo, è il risultato di un lavoro di rilevamento sul campo eseguito con la stazione totale, che ha consentito di creare una
maglia di punti, posizionati rispetto al catastale e verificati sul rilievo fotogrammetrico informatizzato di recente acquisito dal Comune di Bra. La rielaborazione,
condotta dall’arch. Alessandro Brac Gastaldo e trasferita su sistema digitale CAD,
permette un aggiornamento continuo della planimetria.
21
E. MOSCA, Note archeologiche pollentine, in “Rivista di Studi Liguri” XXIV,
1-2, 1958, p. 139, fig. 1, e. Cfr. FILIPPI, Nuovi dati e considerazioni..., p. 54.
22
Messo in luce nel corso dello scavo della trincea per la posa della fognatura,
il cui scasso era limitato da un lato dalle case moderne e, dall’altro, dal passaggio
di un canale, il tratto di acciottolato è stato indagato per una lunghezza est/ovest di
circa m 8 e una larghezza nord/sud di m 0,90. La difficoltà di individuare il limite
del selciato è legata anche ad una serie di interventi successivi, tra cui un tratto di
struttura muraria che sembra averne invaso la carreggiata e la grossa buca da cui
proviene il materiale ceramico riconducibile alle fasi di vita e di abbandono dell’asse viario.
23
FILIPPI, Nuovi dati e considerazioni..., p. 56.
24
Per una notizia preliminare si veda F. FILIPPI, Bra, fraz. Pollenzo. Città romana di Pollentia. Ritrovamento dell’acquedotto, della necropoli di cascina Pedaggera
e di strutture urbane nel concentrico, in “Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte” (da ora “QuadAPiem”) 10, 1991, Notiziario, pp. 147-149. Cfr.
anche EADEM, Pollentia e il suo territorio in età romana e tardo romana, in Guida
alla sezione archeologica “Edoardo Mosca”, a cura di F. Filippi, Bra s.d., p. 24;
EADEM, Nuovi dati e considerazioni..., p. 58.
25
Per l’uso di tecniche costruttive analoghe nell’ambito degli edifici residenziali della vicina Alba Pompeia cfr. FILIPPI, Urbanistica e architettura, in Alba Pompeia..., p. 84.
26
All’ abbondanza degli anforacei, tra cui si sono individuati orli di Dressel 6B,
alcuni dei quali con bollo, Dressel 7-11 e con orlo ad imbuto, databili tra la fine del
I e il II secolo d.C., fa riscontro anche una certa quantità di terra sigillata liscia
documentata dalle forme consuete della produzione padana e tardopadana, in particolare scodelle Conspectus 3 e Dragendorff 37/32.
27
Per la frequentazione di età tardoantica e altomedievale, cui sono connesse
anche differenti tecniche costruttive e modalità insediative, si rimanda al contributo
di E. Micheletto, in questo volume.
28
Sulla funzione del foro vedi P. GROS, L’architettura romana dagli inizi del III
secolo a.C. alla fine dell’alto impero. I monumenti pubblici, Milano 2001, pp. 228
segg. Cfr., per l’ambito dell’Italia Settentrionale, S. MAGGI, Le sistemazioni forensi
nelle città della Cisalpina romana dalla tarda repubblica al principato augusteo (e
oltre), Collection Latomus, vol. 246, Bruxelles 1999.
29
Per le epigrafi (I.I. 126, 129) si veda SARTORI, Pollentia ed Augusta Bagiennorum..., p. 65. Altri edifici di culto erano il tempio di Bacco, in prossimità del tea12
NOTE
tro, e un tempio dedicato alla Vittoria (I.I. 127), genericamente ubicato nei pressi
dell’angolo sud-occidentale dell’abitato (GONELLA - RONCHETTA BUSSOLATI, Pollentia
romana..., p. 106). Cfr. GIORCELLI BERSANI - RODA, Iuxta Fines Alpium..., pp. 64 segg.
30
FRANCHI DI PONT, Delle antichità..., pp. 131 segg. Per un’analisi del passo si
rimanda a MAGGI, Le sistemazioni forensi..., p. 155.
31
FRANCHI DI PONT, Delle antichità..., pp. 121 segg. GONELLA - RONCHETTA BUSSOLATI, Pollentia romana..., p. 106.
32
La segnalazione, fatta alla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte (FILIPPI, Nuovi dati e considerazioni...), si deve a Valerio Tibaldi. Recentemente il teatro è stato oggetto di uno studio da P. BARALE, Il teatro ritrovato. Nuovi
dati e considerazioni sul theatrum romano di Pollenzo, in «Propugnacula Italiae.
Quaderni di archeologia pollentina», 1, 2002, Associazione Turistica Pro Loco “La
Torre” Pollenzo. Un ringraziamento personale va alle famiglie Bertolotto e Genta per
avermi consentito l’accesso alle cantine al fine di completare la documentazione
grafica e fotografica delle strutture superstiti che, sia pure rimaneggiate dagli interventi costruttivi successivi, conservano ancora le facciaviste originarie.
33
S. MAGGI, Opera a blocchetti semplice e mista nella Cisalpina e nelle Gallie
dal I secolo a.C. (e oltre): certezze e problemi, in “Latomus” 55, 1996, 2, pp. 372 segg.
34
Così riferisce anche il Casalis (G. CASALIS, Dizionario geografico storico statistico commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, Torino 1847, vol. XV,
p. 530). Cfr. BARALE, Il teatro ritrovato..., pp. 24 segg.
35
Le misure indicate dal Franchi di Pont (Delle antichità..., p. 124) in palmi
romani, pari a cm 22,34 (F. CAIROLI GIULIANI, Archeologia. Documentazione grafica,
Roma 1983, p. 117), sono rispettivamente 68 in altezza (m 15,20), 335 per il diametro massimo della cavea (m 74,83), 167 per il diametro dell’orchestra (m 37,80) e 242
per la larghezza del proscenio (m 54). L’ipotesi ricostruttiva, basata sul rinvenimento
dei cinque muri radiali e di parte del muro esterno della cavea, ne amplia il diametro massimo a m 85, mentre quello dell’orchestra coincide con quanto indicato dal
Franchi di Pont. Per un confronto con gli edifici teatrali piemontesi di Libarna (cavea
di m 40), di Augusta Taurinorum (m 70) e di Augusta Bagiennorum (m 56), si
rimanda a L. PAPOTTI, Strutture per spettacolo del Piemonte romano, in Archeologia
del Piemonte. L’età romana, a cura di L. Mercando, Torino 1998, pp. 103 segg. Cfr.
per quello di Alba Pompeia (cavea di m 45 circa) M.C. PREACCO ANCONA, Note sul
teatro dell’antica Alba Pompeia, in La chiesa di San Giuseppe. Restauri e studi per una
sede di culto in Alba, a cura di W. Accigliaro e M. Rabino, Bra 2002, pp. 19 segg.
36
Per l’edizione dell’iscrizione, conservata al Museo Civico di Bra (FERRUA, I.I.
133), si veda SARTORI, Pollentia ed Augusta Bagiennorum..., pp. 88-89. Cfr. anche
MENNELLA-BERNARDINI, Regio IX. Liguria. Pollentia..., p. 152. Per una sintesi sulle
varie ipotesi di capienza dell’edificio, prevista tra 4000 e 7000 spettatori, si veda
BARALE, Il teatro ritrovato..., pp. 34-35.
37
Entrambi i frammenti provengono dall’area occupata in antico dalla cavea del
teatro; uno, rinvenuto nel 1994, è attualmente esposto presso il Museo Civico di Bra,
l’altro, che conserva le zampe del capride, è di proprietà privata. Il trapezoforo ricostruito risulta alto cm 38, largo cm 46 e con uno spessore di cm 11,5.
38
Cfr. G. SCHÖRNER, Römische rankenfrieser. Untersuchungen zur Baudekoration der späten Republik und der frühen and mittleren Kaiserzeit im Westen des
Imperium Romanum, Mainz am Rhein 1995, pp. 63 segg.; in particolare, p. 183,
kat. 315c, taf. 9, 1; p. 157, kat. 116a, taf. 25,3. Per il fregio del Foro di Augusto si
veda P. GROS, Aurea Templa. Recherches sur l’architecture religieuse de Rome à l’époque d’Auguste, BEFAR 231, Rome 1976, p. 230.
39
In proposito, E. ZANDA, Divinità in trasformazione: il riuso delle “ermette”
dionisiache, in San Pietro a Cherasco. Studio e restauro della facciata, a cura di
E. Micheletto e L. Moro, Torino 2004, pp. 85 segg. Per lo studio sul marmo, anche
con riferimenti all’ambito pollentino, cfr. M. GOMEZ SERITO, I marmi e le arenarie
della facciata: studio petrologico, in ibidem, pp. 209-211.
40
FRANCHI DI PONT, Delle antichità..., pp. 125-126.
41
L’ipotesi, nata dal fatto che il sacello di Bacco sembrava in posizione eccentrica rispetto al teatro, si deve inizialmente a CURTO, Pollenzo antica..., p. 38. Cfr.
per una ricostruzione in tal senso BARALE, Il teatro ritrovato..., pp. 40-41, cui si
rimanda per la bibliografia generale in proposito.
42
Un ringraziamento personale per la segnalazione va alla famiglia MaglianoSacco, che mi ha gentilmente concesso di rilevare le strutture ancora visibili e di
effettuare un piccolo sondaggio nell’orto contiguo alla cantina, che ha confermato
l’articolazione planimetrica del piccolo tempio.
43
AST, art. 633. Per un inquadramento del documento, che riguarda la situazione del tenimento di Pollenzo prima degli interventi di E. Melano e P. Palagi, si
rimanda al contributo di G. Carità, in questo volume. A lui e alla collega Egle Micheletto va un ringraziamento per la segnalazione.
44
GROS, L’architettura romana..., pp. 146 segg.
45
Come proposto da PANERO, La città romana..., p. 135, fig. 33.
46
Si tratta dei terreni contraddistinti in Catasto al Foglio 68, mappali 646, 647,
366, 553, già sottoposti a vincolo archeologico ai sensi D. Leg.svo 490/99, T.U.
47
Per una discussione dei risultati della prima campagna di scavo (1998-99) e
una interpretazione preliminare dei resti messi in luce si veda FILIPPI, Nuovi dati e
considerazioni..., pp. 58-59.
48
Si tratta di un asse di Augusto emesso dalla zecca di Lione (15-10 a.C.) associato con ceramica a vernice nera (Forma Morel 2274), terra sigillata di produzione
aretina e nord-italica (Conspectus 4, 18 e 22) e frammenti di anfore Lamboglia 2.
Devo il riconoscimento delle monete rinvenute negli scavi attualmente in corso a
Pollenzo al collega Federico Barello, che ringrazio.
49
Il mosaico, conservato per m 5 x 3 circa, continuava sotto il sedime dell’attuale via del Teatro. Fatto di tessere in ardesia (fondo nero) e in marmo (cornice), è
riconducibile alla tipologia dei pavimenti in opus tessellatum, per i quali si veda
M.L. MORRICONE MATINI, Aspetti del repertorio decorativo dei mosaici repubblicani di
Roma, in Marmi antichi. Problemi d’impiego, di restauro e d’identificazione, a cura
di P. Pensabene, Roma 1985, pp. 135 segg. Un pavimento simile è attestato anche
nella vicina Alba Pompeia, in FILIPPI, Urbanistica e architettura..., p. 85, fig. 44b.
50
La ceramica più tarda rinvenuta sembra essere pertinente ad un orizzonte
cronologico di fine II-III secolo d.C.
51
S. CAPINI, Venafro, in EAA, secondo suppl., 1971-1994, vol. V, pp. 978-979,
cui si rimanda per la bibliografia aggiornata. Per un inquadramento degli anfiteatri
di Lucca e di Venafro, si veda J.C. GOLVIN, L’amphithéâtre romain. Essai sur la théorisation de sa forme et de ses fonctions, Paris 1988, p. 160, n. 135 e p. 119, n. 87.
52
In genere gli anfiteatri, anche quelli piemontesi, sorgono in posizione extraurbana, cui fa eccezione il caso di Libarna, dove l’edificio, costruito in età claudia,
è inserito all’interno di un quartiere (S. FINOCCHI, L’Anfiteatro, in Libarna, a cura di
S. Finocchi, Castelnuovo Scrivia 1995, pp. 119 segg.). Cfr. anche PAPOTTI, Strutture
per spettacolo del Piemonte romano..., pp. 114 segg.
53
FRANCHI DI PONT, Delle antichità..., pp. 106-120. Successivamente l’anfiteatro è stato oggetto di studi da parte di S. CURTO, L’anfiteatro di Pollenzo, in “Atti del
X Congresso di Storia dell’Architettura”, (Torino 1957), Roma 1959, pp. 221-232,
e GONELLA -RONCHETTA BUSSOLATI, Pollentia romana..., pp. 105-106. Per un inquadramento del monumento e un’analisi architettonica nell’ ambito della Cisalpina si
rimanda a S. MAGGI, Anfiteatri della Cisalpina romana (Regio IX; Regio XI), Firenze
1987, pp. 30-33, e in Piemonte, a L. PAPOTTI, Edifici teatrali di epoca romana in
Piemonte, in Spettacolo in Aquileia e nella Cisalpina romana, “Antichità Altoadriatiche” XLI, 1994, pp. 397-399.
54
Le operazioni di rilevamento delle strutture conservate nelle varie cantine,
condotte dall’arch. Giovanni Abrardi che ha curato la restituzione grafica complessiva del monumento, non sarebbero state possibili senza la collaborazione dei diversi proprietari (signori Asteggiano, Barbero, Basano, Biglione, Brero, Ciravegna,
Colombino, Cravero, Defourville, Diettinger, Fissore, Franco, Gallotti, Ghigo, Graglia, Lanzetti, Magliano, Misiti, Patritti, Romar, Rosso, Sacchetto, Scaparone, Servetto, Stroppiana, Tosco), cui va un personale ringraziamento.
55
Per un confronto con le dimensioni degli anfiteatri conosciuti si rimanda alla
tabella in MAGGI, Anfiteatri..., p. 68. In corso di definizione sono quelle dell’anfiteatro di Augusta Bagiennorum, recentemente riportato alla luce e in corso di scavo
sotto la direzione di chi scrive. Per una notizia preliminare si veda M.C. PREACCO
ANCONA - F. CHIOCCI, Bene Vagienna, Piana della Roncaglia. Area archeologica di
Augusta Bagiennorum. Anfiteatro e strutture abitative, in “QuadAPiem” 19, 2002,
Notiziario, pp. 127-129.
56
GOLVIN, L’amphitéâtre..., p. 93, n. 59 e pp. 75 segg., pl. LXX, 3. Cfr. anche
GROS, L’architettura romana..., pp. 357 segg. per osservazioni di carattere cronologico sulle varie tipologie di anfiteatro.
57
In alcuni punti lo stato di conservazione dei muri in altezza è di m 6, di cui
almeno tre sono risultati al di sotto dell’attuale piano di calpestio, come nei cantieri
di cui alla tav. I, C e D.
58
Per un’analisi più dettagliata dei risultati di questo settore, oggetto di una
ristrutturazione edilizia che ha fornito numerosi dati sia per l’analisi strutturale del
monumento, sia come cronologia, si veda M.C. PREACCO ANCONA, Bra, fraz. Pollenzo. Via della Piana. Resti dell’anfiteatro, in “QuadAPiem” 20, 2004, Notiziario, in
corso di stampa.
59
In questo caso l’anfiteatro, che assume un aspetto più monumentale e ha il
modello di riferimento nella struttura del Colosseo, è costruito interamente su un’area piana con la cavea sostenuta da muri radiali che formano sostruzioni artificiali,
talora articolate in vere e proprie concamerazioni (GOLVIN, L’amphithéâtre...,
pp. 157 segg.).
60
GOLVIN, L’amphithéâtre..., pl. XIII, 2; XXIII. Scale di accesso alla praecinctio
sono attestate anche nella struttura dell’anfiteatro di Ariminum (ibidem, pl. XVII, 6).
Vani di servizio, collegati da un ambulacro voltato sotto il podio e aperti sull’arena
in corrispondenza degli assi, sono visibili negli anfiteatri di Ivrea e Susa (PAPOTTI,
Strutture per spettacolo..., p. 116).
61
FRANCHI DI PONT, Delle antichità..., p. 112.
62
Si veda in proposito E. STROPPIANA, Analisi storica dei materiali e delle tecniche costruttive per la salvaguardia dell’anfiteatro romano di Pollenzo, tesi di laurea, Politecnico di Torino, Facoltà di Ingegneria, a.a. 2000-2001.
63
GOMEZ SERITO, I marmi e le arenarie..., p. 211. Il sedile, le cui dimensioni
max. conservate misurano m 1,70 x 0,77 x 0,37, è caratterizzato da una fascia che
delimita la seduta e dalla sede per l’inserimento di una grappa.
64
Fontes..., n. 1520. Si è anche supposto che si trattasse della Pollentia che
sorgeva nel Piceno, ma questo non giustificherebbe la coorte inviata dal regno di
Cottio, limitrofo alla Regio IX. Cfr. in proposito SARTORI, Pollentia ed Augusta
Bagiennorum..., pp. 61-63.
65
GOLVIN, L’amphithéâtre..., p. 93. Cfr. anche MAGGI, Anfiteatri..., p. 33.
66
Le analisi, effettuate su campioni prelevati dai laterizi del paramento di vari
monumenti (teatro, anfiteatro, ricetto medievale e monumento funerario presso
l’Agenzia), sono state condotte dal Laboratorio di Archeometria del Dipartimento di
Scienza dei Materiali dell’Università di Milano. I risultati di quelli relativi all’anfiteatro hanno dato, in via preliminare, un arco cronologico di riferimento oscillante
tra 30 e 55 anni ± 135 d.C.
NOTE
67
Si rimanda al contributo di E. Micheletto, in questo volume.
Sull’abbandono degli edifici anfiteatrali e sulle successive modalità di rioccupazione si veda A.M. CAPOFERRO CENCETTI, Archeologia urbana: la riutilizzazione
degli anfiteatri romani in Italia, in La ciudad en el mondo romano, XIV Congreso
Internacional de Arqueologia Clàsica (Tarragona 5-11 septiembre 1993), Pre-actas,
vol. II, pp. 88-90, con bibliografia di riferimento.
69
Per la bibliografia completa sulla necropoli in contrada Pedaggera si rimanda
a E. MOSCA, Archeologia e storia, in Arte in Bra, a cura di E. Molinaro, Bra 1988,
p. 4, n. 12. Un nucleo di circa 120 sepolture, databili all’incirca tra I e II secolo
d.C., è stato recentemente messo in luce (FILIPPI, Bra, fraz. Pollenzo. Città romana
di Pollentia..., 147-148; EADEM, Guida alla sezione archeologica..., p. 31; EADEM,
Nuovi dati e considerazioni..., pp. 61-62) ed è di prossima pubblicazione.
70
E. MOSCA, Note archeologiche pollentine..., pp. 137 segg.
71
V. DEABBATE, Pegno di incoraggiamento ai nuovi scavi di Pollenzo intrapresi
dai geniali convittori della reale accademia militare di Torino, Alba 1825. Dei corredi, per ammissione dello stesso Deabbate, tutto andò disperso eccetto che gemme,
ori e pietre incise, di cui fu fatto dono alla regina. Cfr. anche MOSCA, Archeologia e
storia..., p. 4. Sulla localizzazione di quest’area di necropoli nel cosiddetto «Campo
della Morra» si veda GONELLA - RONCHETTA BUSSOLATI, Pollentia romana..., p. 107;
BARALE, Pollentia..., p. 33.
72
In ambito centropadano tali sistemazioni, ben documentate in varie città,
avvennero soprattutto tra l’età triumvirale e la piena età augustea in concomitanza
con la creazione di necropoli rappresentative e monumentalizzate, come evidenzia
G. SENA CHIESA, Monumenti sepolcrali nella Transpadana centrale, in Monumenti
sepolcrali romani in Aquileia e nella Cisalpina, a cura di M. Mirabella Roberti,
“Antichità Altoadriatiche” XLIII, 1997, pp. 307 segg. Cfr. anche per la ricostruzione di una necropoli monumentalizzata J. ORTALLI, La via dei sepolcri di Sarsina.
Aspetti funzionali, formali e sociali, in Römische Gräberstrassen. SelbstadrtstellungStatus-Standard. Kolloquium (München 1985), her. H. VON HESBERG - P. ZANKER,
München 1987, pp. 155-187.
73
Già noto al Franchi di Pont che lo aveva interpretato come un tempio sacro
a Diana (Delle antichità..., pp. 139-146), il Turriglio, che insieme all’anfiteatro è il
monumento più famoso del comprensorio pollentino, è stato oggetto di molteplici
discussioni tra gli studiosi in merito alle sue funzioni (sepolcro, ninfeo, edificio
commemorativo, ecc.) e alla cronologia. Per una sintesi bibliografica al riguardo, si
rimanda a PANERO, La città romana..., pp. 142-144, e da ultimo a M. TORELLI, Urbanistica e architettura nel Piemonte romano, in Archeologia in Piemonte..., pp. 47-48.
74
Per una notizia preliminare del rinvenimento si veda E. MICHELETTO - M.C.
PREACCO ANCONA, Bra. Frazione Pollenzo, Agenzia carloalbertina. Strutture medievali e romane, in “QuadAPiem” 19, Notiziario, Torino 2002, p. 133.
75
Confronti puntuali sono con i monumenti funerari di Albingaunum (F. PALLARES, I monumenti sepolcrali della Liguria occidentale, in Monumenti sepolcrali romani..., pp. 435 segg.).
76
Per la necropoli e l’abitato di età medievale si rimanda al contributo di E. Micheletto, in questo volume.
77
La struttura, attualmente ricoperta da una fitta vegetazione e conservata in
altezza per m 8 circa, ha forma rettangolare (m 9,50 x 4,50). Essa compare nei disegni relativi al Real Parco di Polenzo, sia del Vigitello, dove è indicato alla lettera I
come «Massiccio muro che ricorda qualche antica torre di Pollenzo» (AST, Casa di
S.M., disegno n. 142), sia del Cuttica (AST, Casa di S.M., disegno n. 144/I). Cfr.
anche il contributo di G. Carità, in questo volume. Per un’interpretazione del monumento come elemento della cinta muraria si veda BARALE, Pollentia..., p. 33, n. 73.
78
L’evidente salto di quota tra i diversi settori della necropoli potrebbe giustificare la funzione di contenimento del muro, lungo circa 20 m ed orientato nord/
ovest-sud/est, rinvenuto in prossimità del canale che divide la piazza dal giardino
dell’Agenzia ed ancora in corso di scavo.
79
Per l’analisi di queste fasi insediative si rimanda al contributo di E. Micheletto, in questo volume.
80
Il marmo, riconosciuto come insulare dall’ing. Gomez, che qui ringrazio, è il
medesimo utilizzato nella testa ritratto di età traianea, sempre da Pollenzo ed ora al
Museo Civico di Bra, per la quale si rimanda al contributo di L. Mercando, in questo volume.
81
Cfr. in proposito, SENA CHIESA, Monumenti sepolcrali..., pp. 288-292, fig. 4.
Un confronto puntuale della cornice con sima a doppia gola è con frammenti analoghi rinvenuti ad Alba Pompeia, dove decoravano la scena del teatro (PREACCO ANCONA, Note sul teatro dell’antica Alba Pompeia..., p. 28, fig. 17, B), e ad Augusta
Bagiennorum, inediti.
82
Per l’edizione dell’importante frammento epigrafico, rinvenuto nel riempimento del pozzo pertinente all’insediamento altomedievale (seconda metà - fine VI
secolo), si rimanda a E. MICHELETTO - M.C. PREACCO ANCONA - G. MENNELLA - A.
CARLONE, Bra, frazione Pollenzo, Piazza Vittorio Emanuele. Necropoli romana, tardo
romana e insediamento medievale, in “QuadAPiem” 20, 2004, Notiziario, in corso di
stampa. È da segnalare anche un secondo frammento epigrafico (ibidem), sempre
dalla piazza, riconducibile ad una dedica sacra, forse un ex voto, e databile entro la
prima metà del I secolo d.C.
68
83
La lucerna, anepigrafe, rientra nel tipo Buchi X di forma corta (E. BUCHI,
Lucerne del Museo di Aquileia, I. Lucerne romane con il marchio di fabbrica, Aquileia 1975, tav. XXIV), mentre il balsamario, di forma Isings 82a2 (C. ISINGS, Roman
Glass from Dated Finds, Gröningen-Djakarta 1957, pp. 97-99; S. BIAGGIO SIMONA,
I vetri romani provenienti dalle terre dell’attuale Cantone Ticino, Locarno 1991,
p. 155, tav. 26, 074.1.010), è caratterizzato da un bollo con volute e racemi vegetali, ben documentato in ambito piemontese e pollentino tra la seconda metà del II
e gli inizi del III secolo d.C. (L. TABORELLI, “Torino - Tomba dell’età romana scoperta
nella città”: il corredo vitreo, in “QuadAPiem” 19, 2002, p. 33, tav. X, 4-6) periodo
cui riconduce anche la morfologia della lucerna.
84
Le analisi sono state condotte, nell’ambito del progetto che ha interessato il
sito di Pollenzo, dalla dott.ssa Bedini.
85
Il contenitore, privo della parte superiore e quindi di non facile inquadramento cronologico, anche se la morfologia del ventre sembra ricondurlo alla forma
Isings 50b (ISINGS, Roman Glass..., p. 66; BIAGGIO SIMONA, I vetri romani..., pp. 182183), il cui uso è attestato fino al II secolo inoltrato e anche un po’ oltre, si caratterizza per il bollo, eccezionale e quasi unico, di derivazione dai tipi della statuaria,
con il cavallo e una figura maschile in nudità eroica e con la lancia (Dioscuro?) che
trattiene le redini.
86
La lucerna, che rientra nel tipo Loeschcke IC, è decorata sul disco da una
maschera teatrale (M.C. GUALANDI GENITO, Lucerne fittili delle collezioni del Museo
Civico Archeologico di Bologna, Bologna 1977, p. 167-77), mentre la scodella
trova confronti puntuali nelle forme ceramiche attestate nella vicina Alba Pompeia
(A. QUERCIA, Ceramica comune: la cucina, la dispensa, la tavola, in Alba Pompeia...,
p. 505, E2a) e il balsamario è di forma Isings 82a2 come l’esemplare rinvenuto nella
tomba ad incinerazione entro anfora segata (supra).
87
Si rimanda, per un’analisi di questa sepoltura e più in generale della fase
tardo antica della necropoli, al contributo di E. Micheletto, in questo volume.
88
L’olletta, a profilo concavo convesso, è di un tipo molto comune in ambito
norditalico (QUERCIA, Ceramica comune cit., p. 506, F1a,b). Più particolare il boccalino monoansato con corpo a scanalature ed impasto depurato di colore rossiccio,
che imita prodotti e forme derivate dalla ceramica cosiddetta a pareti sottili di produzione italica e perdura fino all’inoltrato III secolo d.C. (A. RICCI, Ceramica a
pareti sottili, in Atlante delle forme ceramiche II. Ceramica fine romana nel bacino
mediterraneo (tardo ellenismo e primo impero), EAA, Roma 1985, pp. 267-268, tipo
1/122). Inoltre, sono stati raccolti chiodi in ferro pertinenti alle calzature.
89
Secondo quanto già ipotizzato, per un possibile abitato della seconda età del
ferro, da M. VENTURINO GAMBARI, Il territorio in età preistorica e preromana, in Guida alla sezione archeologica..., p. 11.
90
Il denario, che conserva i nomi dei due monetieri, gli edili M. Aemilius Scaurus e P. Plautius Hypsaeus, fu emesso per ricordare la vittoria sul re Aretas di Nabatea (M.H. CRAWFORD, Roman Republican Coinage, Cambridge 1974).
91
Si tratta di frammenti di orli riconducibili a patere di forma Morel 1220 e
2250 (J.P. MOREL, Céramiques campanienne. Les formes, Paris-Roma 1981), la cui
datazione in ambito piemontese è posteriore al 100 a.C. (L. BRECCIAROLI TABORELLI,
La ceramica a vernice nera da Eporedia (Ivrea), “Orco Anthropologica” 6, 1988,
pp. 68-69).
92
Cfr., per l’evoluzione del vicino centro romano di Alba Pompeia, FILIPPI,
Urbanistica e architettura..., pp. 64 segg.
93
Si rimanda al contributo di L. Mercando, in questo volume.
94
Oltre ai frammenti di decorazione architettonica da contesto presi in esame
in questa sede (supra), sono da segnalare altri elementi, tra cui cornici con girali,
parti di epistilio e trabeazioni con sima e dentelli, di provenienza generica da
Pollenzo e conservati al Museo di Bra. Essi, tuttavia, sono indicativi di una ricchezza dei monumenti della città antica, cui è probabile sia da ricondurre anche un
capitello in marmo di tipo corinzio-italico rinvenuto nello scavo del vicino castello
di Manzano (E. MICHELETTO, Il Castello di Manzano. Note su uno scavo in corso nel
territorio di Cherasco, in “Alba Pompeia” XI, II, 1990, pp. 68-69, fig. 2), dove era
stato reimpiegato come materiale di spoglio.
95
Si tratta dei resti individuati nei pressi della Cascina Reviglia, già noti da
vecchi ritrovamenti (E. MOSCA, Scavi del luglio 1962 nella necropoli di Pollenzo, in
“BSSAA Cn” 46, 1962, pp. 135-138), e di recente esplorati (FILIPPI, Nuovi dati e
considerazioni..., pp. 51-52).
96
Fontes..., nn. 1448 e 1518. È importante l’assimilazione di Pollentia ad altri
centri quali la vicina Hasta (Asti), Arretium, Surrentum, Saguntum e Pergamum, tra
cui Arezzo e Pergamo sono noti per importanti produzioni di ceramica liscia e decorata a rilievo, sia nell’ambito della vernice nera che della terra sigillata.
97
Sono attestati frammenti con i bolli dei vasai RASINIVS PISANVS (A. OXÉ M. COMFORT, Corpus Vasorum Arretinorum, Bonn 1968, n. 1485:85), C. VOLUSENVS
(Ibidem, n. 2470:19), C. MVRRIVS (ibidem, n. 1044:52) e PERENNIVS (ibidem, n.
1238), mentre su due orli di anfore Dressel 6B e Dressel 20 si leggono rispettivamente parte del nome del fabbricante, FAV, e le iniziali dei tria nomina DFF.
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