28 MERCOLEDÌ 14 APRILE 2004 L'UNIONE SARDA SPETTACOLI & SOCIETÀ Cinema. L’inquieto regista americano si trasferisce a Roma e incontra il pubblico C’è Maria Maddalena nelle visioni di Abel Ferrara «Ma nulla in comune con Gibson, il sogno è Monica Bellucci» Abel Ferrara a Roma. Il cineasta italoamericano, uno dei più estremi e indipendenti degli ultimi decenni, ha preso casa nel quartiere capitolino di Trastevere. E questa sarebbe già una notizia. Non certo l’unica però, visto che Ferrara sta preparando ben due film da girare a Cinecittà, tempio del suo amato neorealismo. Lo racconta in un incontro col pubblico al quartiere popolare del Trullo, scelto forse per la somiglianza con il Bronx dove ha trascorso l’infanzia. A prima vista il cinquantaduenne americano sembra un reduce, uscito malconcio da anni di eccessi e vita dissipata. Barcolla, si arruffa i capelli da stregone, corre al bar ogni due minuti e non si stacca mai dalla bottiglia di birra, sorta di protesi da robocop della sua mano sinistra. Ma l’apparenza spesso inganna. Ferrara è un artista capace di raccontare il suo cinema (e non solo) in maniera terribilmente lucida, magari poco ortodossa ma suggestiva. Inizia parlando dei suoi progetti «italiani», anzitutto quello di un film storico su Maria Maddalena. Che voglia sfruttare il filone mistico lanciato dalla Passione di Mel Gibson? Il cineasta newyorkese rifiuta decisa- Abel Ferrara Gentile Assessore, sono il produttore del film Passaggi di tempo (il viaggio di Sonos ’e Memoria) che, a quanto riportato dai giornali regionali alcuni mesi fa, stato ritenuto non degno di sostegno e contribuzione dalla Regione Sarda sulla base della cosiddetta “legge cinema”. Le scrivo anche a nome del regista Gianfranco Cabiddu e dell’Istituto LUCE coproduttore di questo film. Ho aspettato a scriverle perché stoltamente ritenevo che a quella comunicazione informale ne sarebbe seguita un’altra più precisa e conforme allo spirito della legge, alla serietà della domanda che abbiamo predisposto e presentato e alla generale importanza della materia. Così non è stato. Non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione, non abbiamo contezza, se non da un articolo di giornale, delle motivazioni di tale decisione e a quel pezzo di labile carta siamo dunque costretti a riferirci. Mi scuserà dunque se sono poco preciso nei riferimenti ma non è colpa mia. Vorrei nel contempo rassicurarla che questa attuale informalità dei rapporti non ci esimerà in futuro dal richiedere e NIL PERSONAGGION Il cineasta dei dubbi: «Sono ancora alla ricerca della fede» mente l’accostamento: «Il progetto risale a quattro anni fa, non ho visto il film di Gibson ma penso che abbia ben poco in comune col mio». Per la parte della Maddalena il sogno è Monica Bellucci, unico trait d’union con The Passion, che dopo Madonna e Claudia Schiffer potrebbe essere la prossima icona pop coinvolta nelle inquietudini del cineasta. La storia è universalmente conosciuta, quindi la novità dovrebbe essere nel modo di raccontarla, non più monolitico come quello di Gibson, «e di Scorsese» aggiunge lui, ma con interpretazioni diverse della vita dei protagonisti che lasceranno al pubblico libertà di scelta. Il film «aperto» è una costante di Ferrara, che non offre mai una visione univoca della realtà e usa la sua spietata messa in La polemica. Legge sul cinema sardo: interviene il produttore Beppe Attene Una bocciatura senza spiegazioni tutelare, in ogni forma anche giudiziaria, i nostri diritti. La questione è questa. Nei mesi scorsi abbiamo girato un film con riprese interamente originali, realizzate in Sardegna, a Roma, in Sicilia e in varie parti del mondo. L’inizio riprese del film è stato denunciato regolarmente al Ministero dei Beni Culturali, che ha acquisito anche la documentazione di tutti gli espletamenti burocratici e formali necessari alla nazionalità italiana e al riconoscimento di interesse culturale nazionale. La sceneggiatura originale è stata, come prevede la legge, regolarmente depositata presso la Proprietà Letteraria e così via. Naturalmente siamo impegnati a dar prova in qualunque momento di quanto sopra. Il film in questione, attualmente in fase di edizione, racconta dal di dentro la nascita di un progetto musicale che coinvolge l’arte, la cultura e i linguaggi della tradizione sarda storica e contemporanea. Gli artisti coinvolti nel film (e che sono tra i più rappresentativi della musica sarda contemporanea) recitano sulla base di un copione, di un piano di lavorazione e di una struttura organizzata tipica del prodotto cinematografico. Di questo lavoro durato otto settimane di riprese complessive rimane testimonianza nei diari di lavorazione, nelle convocazioni della troupe, negli ordini del giorno, nei contratti di lavoro e nelle quietanze dei pagamenti. Tutto come prevede la legge nazionale sulla cinematografia. Durante le quattro settimane di ripresa in Sardegna abbiamo utilizzato maestranze locali e forniture tecniche in loco. Il costo globale del film è di circa 600.000,00 euro. La coproduzione con il LUCE, che lo distribuirà nelle sale, garantisce al film stesso quelle condizioni di professionalità e credibilità a cui la legge regionale fa riferimento nei suoi presupposti. Quando abbiamo chiuso l’accordo con la struttura più prestigiosa del sistema cinematografico italiano abbiamo, da sardi, gioito della garanzia di visibilità e di riscontro in Italia e all’estero che per una volta veniva offerta a un prodotto rappresentativo della nostra cultura e della nostra identità. Evidentemente ci sbagliavamo. Con vivo stupore dunque abbiamo appreso dai giornali che la nostra domanda di finanziamento, relativa a spese già sostenute e tutte documentabili, non era stata presa in esame per fumose motivazioni attinenti al fatto che la Regione Sarda avrebbe già finanziato questo prodotto. Nel ribadirle, in maniera ultimativa e perentoria, che abbiamo realizzato un opera filmica completamente originale di cui siamo gli unici titolari dei diritti vorremmo ancora osservare che se questa fosse davvero la motivazione del diniego sarebbe come se si scena della violenza per istillare nel pubblico più dubbi che certezze (l’esatto contrario di Mel Gibson, insomma). L’altro progetto romano è un film a basso costo, intitolato Go Go Tales, che racconta la storia di un piccolo locale notturno, microcosmo e pretesto per i soliti interrogativi esistenziali di Ferrara: «Chi siamo, da dove veniamo, dove stiamo andando». A interpretarlo dovrebbero esserci due dei suoi attori preferiti, Harvey Keitel e Tim Roth, ma la prudenza è d’obbligo e la trattativa ancora in corso. Del cast faranno parte anche Eva Herzigova, Anna Falchi, Giancarlo Giannini e Nino D’Angelo, che con Ferrara sta girando anche il suo nuovo videoclip. Poi, il regista si immola al fuoco di fila di domande del pubblico fino a perdere la sua noncuranza, tanto che sembra aggrapparsi alla bottiglia come un naufrago al salvagente. Le curiosità degli spettatori riguardano soprattutto la «spiritualità» dei suoi film. Nonostante le trasgressioni, infatti, Ferrara è considerato da molti un autore profondamente religioso. Lui dice di essere ancora alla ricerca della fede, intento a scavare in se stesso per capire bene «in che cosa credere». Una ricerca che va di pa- rifiutasse di finanziare una storia originale girata durante una partita di calcio perché una delle squadre ha già ricevuto sostegno da un qualche assessorato! Vorremmo ancora farle osservare, gentile Assessore, che la legge regionale non prevede fattori di liberalità e non rende soggettiva la decisione di finanziare o meno un film. Fa riferimento a dati oggettivi che sono i soldi effettivamente spesi in Sardegna per realizzare un film di tematica e cultura sarda. Nell’augurarci che tutti i progetti deliberati rispondano alle caratteristiche di serietà, professionalità e trasparenza che siamo certi di avere dalla nostra parte siamo a pregarLa di voler cortesemente riesaminare con urgenza una decisione ingiusta e immotivata. Vorremmo invitarla ancora a non considerare il tono discorsivo di questa nostra come un segno di arrendevolezza o di prioritaria rinuncia alla certezza dei diritti. Come recitava un vecchio inno sardo “incumenza sa patientia in su populu a faltare”. Con immutata stima BEPPE ATTENE NI PROGETTIN Oltre il film storico racconterà le vicende di un piccolo locale notturno ri passo con quella dello sceneggiatore (e amico di gioventù) Nicholas St. John, che a parte il nome d’arte è anche lui italiano verace (si chiama Nicodemo Oliverio). Impressionante il contrasto tra la lucidità con cui gli scritti di St. John esprimono il male e le sue affermazioni: «L’unica cosa che ho da dire è “Amate Dio e amiamoci tra noi”, è quello che i miei film cercano di esprimere». Raramente Ferrara filma storie scritte da altri sceneggiatori. L’eccezione più importante è stato Il cattivo tenente (1992), da lui stesso cosceneggiato con Zoë Lund, eroina dei suoi primi lavori indipendenti. Il film, che ha reso famoso l’autore, racconta la storia di un poliziotto violento e ubriacone (Harvey Keitel), che incontra la fede solo al momento della morte, Gruppo di musicisti di Sonos ’e memoria accettando il sacrificio come forma di redenzione. Ferrara pensa che uno sceneggiatore credente non avrebbe mai potuto scrivere una storia come questa, dove il personaggio non crede «che Gesù sia il figlio di Dio». St. John era invece perfetto per Fratelli, altro capolavoro del cineasta americano, che nel 1996 valse a Chris Penn il titolo di miglior attore non protagonista alla mostra di Venezia. Un film di vendetta mafiosa che però Ferrara definisce «parola di Dio», racconto morale che sembra uscito «dalla penna del Papa». Infine il regista parla del suo ruolo, paragonato a quello di un «ragazzo pon pon», che inizia la partita ma lascia subito la scena agli attori, limitandosi a creare uno spazio che permetta loro di esprimersi. Agli interpreti va lasciata libertà, specie se sono come quelli che il cineasta di origine napoletana ha avuto a disposizione nella sua carriera, da Christopher Walken ad Isabella Rossellini fino al «rampante» Vincent Gallo. Sono loro infatti a rappresentare le fantasie degli spettatori ma anche quelle del regista, che non a caso parla di «tutti noi che stiamo dietro la telecamera». FILIPPO PALA [ D. Z.]