Giuseppe Flavio
Testimonianze su Gesù e altri
personaggi evangelici
Prof. Angelo Garofalo
Giuseppe Flavio, cenni biografici
 Giuseppe Flavio (Giuseppe Ben Mattatiahu) nacque
a Gerusalemme intorno al 37/38 d.C., nel primo
anno del regno di Caligola, da una nobile famiglia
sacerdotale della Giudea.
 Fu un giovane precoce e a 14 anni, a suo dire,
possedeva una tale conoscenza della Legge, che i
sommi sacerdoti e i notabili della città si recavano
da lui per ricevere istruzioni.
 Ma ciò non lo soddisfaceva ancora e a 16 anni
frequentò, una dopo l’altra, le scuole dei sadducei,
degli esseni e dei farisei.
Cenni biografici
 A 19 anni decise di unirsi ai Farisei.
 Nel 64 d.C., all’età di 26 anni fece parte di una
delegazione diplomatica per ottenere da Nerone il
rilascio di alcuni sacerdoti a lui vicini. Lo ottenne
grazie al favore di Poppea e carico di doni tornò in
Giudea.
 Due anni dopo (66 d.C.) scoppia la Prima Rivolta
Giudaica contro i Romani e Giuseppe dapprima la
sconsiglia – come tutti i membri dell’aristocrazia – e
poi vi si unisce e diviene perfino il comandante in
capo della Galilea.
Cenni biografici
 Caduta la fortezza di Jotapata nel 67 d.C., viene




catturato.
Condotto poi davanti al generale Vespasiano, gli
predice la sua futura ascesa al trono e per questo
viene trattato sin dall’inizio con considerazione e
rispetto.
Due anni dopo (69 d.C.), Vespasiano viene
proclamato imperatore e concede la libertà al suo
prigioniero.
Da quel momento Giuseppe rimane al seguito di
Tito, figlio di Vespasiano, che assume il comando
dell’esercito.
Assiste all’assedio e alla presa di Gerusalemme
(70 d.C.).
Cenni biografici
 Dopo la guerra, si reca a Roma e diventa
cittadino romano, entrando a servizio degli
imperatori Flavi: Vespasiano, Tito e
Domiziano.
 L’ex sacerdote giudeo diviene dunque un
letterato greco, vivendo in una casa che era
precedentemente appartenuta a Vespasiano.
 Muore dopo il 100 d.C.
Le opere
 Scritte con l’intento di spiegare e
giustificare il comportamento dei romani
verso gli ebrei e viceversa. Ma,
soprattutto, sono una difesa dell’operato
dei romani e un ammonimento al popolo
ebraico a vivere in pace sotto il loro
dominio.
 Un dettaglio importante, perché influenza il
modo in cui Giuseppe descrive i vari
movimenti giudaici.
La Guerra Giudaica
La Guerra Giudaica
 FLAVIO GIUSEPPE, La guerra giudaica, a cura di G. VITUCCI,
2 voll., Mondadori, Milano 1974.
 Scritta sotto il regno di Vespasiano, fra il 75 e il 79 d.C. Divisa
in 7 libri, che trattano per la maggior parte della Prima
Rivolta Giudaica, a parte il primo libro che inizia con
Antioco Epifane (175-164 a.C.) e finisce con la morte di
Erode il Grande (4 a.C.) e il secondo libro, che continua la
storia fino allo scoppio della guerra (66 d.C.) e comprende
anche il primo anno della guerra.
 Vespasiano e Tito attestarono la veridicità di quanto
raccontato nell’opera e Tito in persona ordinò che il libro
venisse pubblicato. Mentre Agrippa II scrisse 62 lettere in cui
testimoniava la precisione del racconto.
Antichità Giudaiche
Antichità Giudaiche
 FLAVIO GIUSEPPE, Antichità giudaiche, a cura di L.
MORALDI, UTET, Torino 1998.
 Scritta intorno al 93/94, nell’anno XIII di Domiziano.
Divisa in 20 libri. Tratta della storia del popolo
giudaico dall’inizio fino allo scoppio della guerra
con i Romani. Il quindicesimo, il sedicesimo e il
diciassettesimo libro trattano del regno di Erode il
Grande (37-4 a.C.), e gli ultimi tre arrivano fino al
66 d.C.
Antichità Giudaiche
 L’intera opera, come ci dice l’autore stesso
(Ant. 16,6,8 [174-178]), era destinata
anzitutto a lettori non giudei, dunque greci
e romani. L’intento era quello di suscitare
rispetto per il tanto calunniato popolo
giudaico.
 La storia biblica è presentata nella miglior
luce possibile, dunque vengono omessi o
alterati quei punti che potrebbero
compromettere l’immagine del popolo.
Antichità Giudaiche
 Varie sono le fonti di cui Giuseppe si serve per la
storia post-biblica. Per il tempo di Erode, la fonte
principale che lui stesso cita è Nicola di Damasco,
amico personale di Erode, che scrive una Storia
Universale raccolta in 144 libri, di cui rimangono
solo alcuni frammenti.
 Mentre la storia di Erode il Grande è trattata molto
dettagliatamente, quella dei suoi immediati
successori è piuttosto inconsistente. Sembra quasi
che Giuseppe non avesse a disposizione fonti
scritte per questo periodo.
 Il racconto torna a farsi più consistente dal regno
di Agrippa (41-44 d.C) in poi.
La Vita
La Vita
 FLAVIO GIUSEPPE, Autobiografia. Introduzione,
traduzione e note di E. MIGLIARIO, Rizzoli, Milano
1994.
 Tratta quasi esclusivamente della sua attività di
comandante della Galilea (66-67 d.C.). Brevi
notizie biografiche vengono date all’inizio e alla
fine dell’opera.
 In effetti la Vita si presenta come un’aggiunta alle
Antichità Giudaiche. In tutti i manoscritti esistenti
è unita alle Antichità.
Contro Apione
Contro Apione
 FLAVIO GIUSEPPE, In difesa degli Ebrei (Contro
Apione), a cura di F. COLABI, Marsilio, Venezia
1993.
 Un’opera in due libri. E’ diretta contro il
grammatico Apione e contro tutti coloro che
diffamavano il popolo giudaico. Una brillante
apologia, che ha soprattutto il pregio di contenere
estratti di autori le cui opere sono perdute.
 Nell’opera, Giuseppe cita le Antichità. Dunque fu
scritta senz’altro dopo quell’opera, cioè dopo il 93
d.C.
Alcune caratteristiche del pensiero e
dello stile di Giuseppe Flavio
 Egli scrisse con l’intenzione di elogiare il
suo popolo.
 L’attesa messianica che, per le aspirazioni
politiche ad essa inerenti, costituì un
potente incentivo alla ribellione, fu taciuta
per nascondere l’ostilità giudaica verso
Roma.
 Il pensiero che vuole veicolare nelle sue
opere è che non fu il popolo a desiderare la
guerra contro l’impero; esso fu traviato da
alcuni fanatici.
Diffusione delle opere
 La protezione dei Flavi ha fatto in modo che le
opere di Giuseppe venissero ricopiate negli
scriptoria pubblici, ma dopo la caduta di Roma
vengono ricopiate solo in ambito cristiano.
 Ignorate dall’ampia letteratura rabbinica,
nonostante l’utilità delle informazioni ivi contenute.
 Uno dei motivi per cui i cristiani si mostrano sin da
subito interessati a Giuseppe Flavio è che egli
fornisce informazioni su alcuni personaggi del
Nuovo Testamento: Giovanni Battista, Giacomo il
minore e Gesù.
Giuseppe Flavio e Giovanni Battista
(Ant. Giud. XVIII, 116-119)
Contesto:
 Morte di Filippo (34 d.C.), tetrarca della Traconitide,
della Gaulanitide e della Batanea. Personaggio
descritto da Giuseppe con toni benevoli. Subito
dopo (XVIII, 109-115), Giuseppe menziona una
grave sconfitta subita da Erode Antipa per mano
di Areta (citato in 2Cor 11,32), re dei Nabatei,
nonché suo suocero.
 Il monarca nabateo gli aveva mosso guerra in
quanto indignato perché Erode aveva divorziato
da sua figlia per sposare Erodiade, moglie del
fratellastro Erode Filippo (non il tetrarca della
Traconitide).
Testo Ant. Giud. XVIII, 116-119
 « Ma ad alcuni Giudei parve che la rovina dell'esercito di Erode
fosse una vendetta divina, e di certo una vendetta giusta per la
maniera con cui si era comportato verso Giovanni
soprannominato Battista. Erode infatti aveva ucciso quest'uomo
buono (avgaqo.n a;ndra) che esortava i Giudei a una vita corretta,
alla pratica della giustizia reciproca, alla pietà verso Dio, e così
facendo si disponessero al battesimo; a suo modo di vedere
questo rappresentava un preliminare necessario se il battesimo
doveva rendere gradito a Dio. Essi non dovevano servirsene per
guadagnare il perdono di qualsiasi peccato commesso, ma
come di una consacrazione del corpo insinuando che l'anima
fosse già purificata da una condotta corretta. [continua]
Continua Testo
 Quando altri si affollavano intorno a lui perché con i suoi
sermoni erano giunti al più alto grado, Erode si allarmò. Una
eloquenza che sugli uomini aveva effetti così grandi, poteva
portare a qualche forma di sedizione, poiché pareva che
volessero essere guidati da Giovanni in qualunque cosa
facessero. Erode, perciò, decise che sarebbe stato molto meglio
colpire in anticipo e liberarsi di lui prima che la sua attività
portasse a una sollevazione, piuttosto che aspettare uno
sconvolgimento e trovarsi in una situazione così difficile da
pentirsene. A motivo dei sospetti di Erode, (Giovanni) fu portato
in catene nel Macheronte, la fortezza che abbiamo menzionato
precedentemente, e quivi fu messo a morte. Ma il verdetto dei
Giudei fu che la rovina dell'esercito di Erode fu una vendetta di
Giovanni, nel senso che Dio giudicò bene infliggere un tale
rovescio a Erode »
Autenticità quasi indiscussa
 Quasi nessuno ne pone in discussione
l’autenticità.
 Ma in questo testo abbiamo le uniche attestazioni
dei termini baptisth,j e baptismo,j, in tutte le opere di
Giuseppe Flavio.
 Qualche critico per questa ragione avanzò dei
dubbi sull’autenticità del testo.
 Ma qualora vi fosse stata davvero una
interpolazione, si tratterebbe di un’operazione
molto antica. Ossia non oltre l’inizio del III sec.,
perché il testo è citato da Origene, nel Contra
Celsum (I,47).
Confronto con la testimonianza dei
Vangeli
 La condotta e il messaggio del Battista, che è
chiamato espressamente “uomo buono”, non
differiscono dall’attestazione dei Vangeli.
 Ma una differenza vi è invece nella motivazione
dell’arresto e della condanna a morte. Secondo
Giuseppe Flavio, Erode vede nel messaggio del
Battista la minaccia di una sedizione politica.
Secondo i Vangeli, la motivazione è nell’attacco
sferrato dal Battista alla condotta morale di Erode
(cf. Mc 6,17-21), che nel racconto di Flavio è
piuttosto alla base della guerra con Areta.
Confronto con la testimonianza dei
Vangeli
 Quanto al significato che Flavio attribuisce al
battesimo, anche qui vi è una differenza rispetto ai
vangeli. Lo storico ebreo lo assimila al battesimo
degli esseni - che egli aveva conosciuto - e lo
considera una semplice purificazione del corpo a
cui si sottoponevano solo coloro che avevano già
l’anima purificata dalla giustizia (cf. Regola della
Comunità [1QS] 3,2-8).
 In Mc 1,4 leggiamo invece: “Apparve Giovanni nel
deserto, battezzando e predicando un battesimo di
penitenza per la remissione dei peccati”.
Confronto con i Vangeli: conclusione
 I Vangeli conoscono il Battista nel contesto della
missione di Gesù, mentre Flavio non lo pone in
nessuna relazione con le origini del
cristianesimo.
 Le diverse prospettive delle due fonti non sono in
contrasto, ma rispondono ai due diversi obiettivi
letterari dei rispettivi autori.
 Queste discordanze potrebbero essere una prova
dell’autenticità della testimonianza di Giuseppe.
Dei copisti falsari avrebbero certamente
armonizzato la testimonianza flaviana.
Giacomo il Minore (Ant. Giud. XX,
200-201)
Contesto:
 Giuseppe Flavio ha appena parlato della morte del
procuratore Festo e dell’invio di Albino come suo
successore (62 d.C.).
 Con Albino ancora in viaggio, approfittando del
periodo di sede vacante, Anano, sommo
sacerdote, convoca il sinedrio e condanna alla
lapidazione alcuni, accusandoli di aver
trasgredito la Legge. Fra i malcapitati vi è anche
“Giacomo, fratello di Gesù”.
 Giuseppe ci informa che Anano faceva parte “della
scuola dei Sadducei, che, in verità, quando
sedevano in giudizio erano più insensibili degli altri
Giudei”. (Ant. Giud. XX, 199)
Testo Ant. Giud. XX, 200-201
« Con il carattere che aveva, Anano pensò di avere
un’occasione favorevole alla morte di Festo mentre
Albino era ancora in viaggio: così convocò i giudici
del Sinedrio e introdusse davanti a loro un uomo di
nome Giacomo, fratello di Gesù, che era detto Cristo
(lett: “il fratello di Gesù, detto Cristo, il cui nome [era]
Giacomo”: to.n avdelfo.n VIhsou/ tou/ legome,nou Cristou/ VIa,kwboj
o;noma auvtw/|) e certi altri (kai, tinaj e`te,rouj), con l'accusa di
avere trasgredito (paranomhsa,ntwn) la Legge, e li
consegnò perché fossero lapidati.
Ma le persone più equanimi della città, considerate le
più strette osservanti della Legge si sentirono offese
da questo fatto… »
Tradizione testuale
 Si trova nella principale tradizione manoscritta greca delle
Antichità Giudaiche, senza varianti di rilievo.
 Il passo è citato letteralmente anche da Eusebio di Cesarea
(Hist. Eccl. II,23,22), che fa riferimento esplicitamente al
ventesimo libro delle Antichità. La citazione del nostro testo
in Eusebio è preparata da un’altra espressione di Flavio,
che però non trova riscontro nell’opera dello scrittore ebreo,
almeno nella redazione giunta fino a noi. Probabilmente si
tratta di un apocrifo. Manca, tra l’altro, l’abituale menzione
dell’opera e del libro che solitamente si riscontra in Eusebio:
«Queste sciagure (si riferisce all’assedio di Gerusalemme, che
avvenne dopo alcuni anni) si riversarono sui Giudei come
punizione della loro efferatezza nei riguardi di Giacomo il
“Giusto”, fratello di Gesù detto il Cristo, che essi uccisero,
sebbene fosse l’uomo più giusto» (Hist. Eccl. II,23,20).
Testimonianza di Origene
 Un’espressione simile la si trova già in Origene, in
Commentarium in Matthaeum X,17 e in Contra Celsum I,47.
 Leggiamo entrambi i testi, perché ci danno informazioni
diverse:
 « Questo Giacomo rifulse di così grande splendore per la sua
giustizia, in mezzo al popolo, che Flavio Giuseppe, autore dei
venti libri delle Antichità Giudaiche, volendo indicare il motivo di
tante prove sofferte dal popolo al punto che il tempio fu distrutto,
affermò che ciò era loro avvenuto secondo l’ira di Dio, per i torti
che avevano osato compiere nei confronti di Giacomo, fratello di
Gesù chiamato Cristo. E quel che stupisce è che, pur non
ammettendo che il nostro Gesù sia il Cristo, nondimeno dia
testimonianza a tale giustizia di Giacomo. E afferma che anche
il popolo pensava di aver subito questi castighi a causa di
Giacomo » (Commentarium in Matthaeum X,17)
Testimonianza di Origene
 « E lo stesso autore, quantunque non riconosce
Gesù come il Cristo, ricercando la causa della caduta
di Gerusalemme e della distruzione del tempio, non
dice in realtà, come avrebbe dovuto dire, che fu
l’attentato dei Giudei contro Gesù la causa vera di
queste sciagure per il popolo, dacché essi avevano
fatto morire il Cristo, che era stato loro annunziato
nelle profezie; però egli, quasi contro voglia, non
giunge molto lontano dalla verità, quando dice che
queste cose sono capitate ai Giudei per rendere
giustizia di Giacomo il giusto, il quale era fratello di
Gesù chiamato il Cristo » (Contra Celsum I,47)
 Dove viene ravvisato tutto questo in Giuseppe
Flavio? Forse nel giudizio benevolo sotteso al
racconto flaviano?
Chi è Giacomo?
 Origene lo identifica espressamente con Giacomo,
“fratello del Signore”, che Paolo incontra a
Gerusalemme, registrando l’episodio in Gal 1,19 (si
veda anche Mc 6,3: “Non è costui… il fratello di
Giacomo…?”; cf. 1Cor 9,5: “i fratelli del Signore”).
 Dunque lo si deve distinguere dall’altro Giacomo,
chiamato il maggiore, fratello di Giovanni e figlio di
Zebedeo. Dagli Atti degli Apostoli (12,2)
apprendiamo che costui era stato fatto perire di
spada da Erode (Agrippa I). Mentre il Nuovo
Testamento tace sulla fine di Giacomo, fratello
del Signore.
Perché Giuseppe menziona il nome di Gesù
accanto a quello di Giacomo?
 E’ molto comune il nome VIa,kwboj presso gli ebrei
dell’epoca e di tutti i tempi. Esso traduce l’ebraico
bqo[]y: . Giuseppe nelle sue opere conosce ben 5
differenti persone di nome VIa,kwboj. Per questa
ragione è necessario specificare l’identità del
nostro Giacomo, specificando che si tratta del
“fratello di Gesù”.
 In realtà la qualificazione, nel testo greco, viene
prima del nome VIa,kwboj. Potrebbe essere un indizio
importante per confermare la maggiore fama del
fratello Gesù, il quale anch’egli però ha bisogno di
essere qualificato, a causa della frequenza del
nome Gesù (circa 13 personaggi diversi con il nome
di Gesù nelle opere di Giuseppe Flavio).
 Ecco dunque anche la ragione che sottende
alla specificazione “detto Cristo”.
 Ma Flavio avrebbe potuto qualificare
Giacomo con il patronimico “figlio di
Giuseppe”. Ma evidentemente egli non è a
conoscenza dell’albero geneaologico.
 Vi è da aggiungere che solitamente fuori
dalla regione di appartenenza le persone
tutt’al più venivano qualificate con il nome
della città di provenienza, piuttosto che con
il patronimico.
Il testo può essere un’interpolazione
cristiana?
 La grande maggioranza degli studiosi afferma l’autenticità di
questo passo.
Le ragioni del sì:
 Il testo è saldamente ancorato al contesto.
 Una mano cristiana avrebbe usato la qualificazione che
troviamo nel NT e anche in scrittori cristiani, ossia “fratello
del Signore”. Così, ad esempio, lo storico della Chiesa
Egesippo (II sec.), un giudeo proveniente dalla Palestina e
citato da Eusebio di Cesarea (Hist. Eccl. II,23,4). In effetti, se si
effettua una ricerca sugli scritti dei padri della Chiesa prima del
concilio di Nicea, gli scritti extra canonici, e il Nuovo Testamento
non vi sono passi in cui Giacomo sia identificato come “il
fratello di Gesù”, se si escludono le citazioni che Origene
ed Eusebio fanno del brano di Giuseppe Flavio. Dunque
l’appellativo dato da Giuseppe Flavio a Giacomo sembra
essergli proprio.


Il passo di Ant. Giud. XX, 200-201 contiene una formula
neutrale, “Gesù detto Cristo”, che potrebbe ingenerare
dubbio nel lettore. Nel caso di una interpolazione cristiana
nessun elemento di dubbio sarebbe stato accostato alla
specificazione che Gesù è il Cristo. D’altro canto, però,
ritroviamo la medesima definizione di Gesù in uno scritto
canonico (Mt 1,16), dove leggiamo: “Giacobbe generò
Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù
chiamato Cristo (Ihsou/j o` lego,menoj cristo,j)”.
Il racconto di Giuseppe differisce da quello di Egesippo (e
di Clemente di Alessandria, secondo Eusebio) sotto diversi
aspetti. Risulta strano, pertanto, che un ipotetico falsario
cristiano non abbia armonizzato le due versioni.
Discordanze tra Giuseppe Flavio ed
Egesippo (citato da Eusebio)
 In Giuseppe Flavio, troviamo che Giacomo viene
lapidato per ordine del sinedrio convocato da
Anano. In Egesippo (in Hist. Eccl. II,23,12-18),
invece, sono gli scribi e i farisei che lo dichiarano
colpevole e lo precipitano dal pinnacolo del
tempio e poi lo finiscono lapidandolo e colpendolo
con un legno da lavandaio.
 In Giuseppe, il motivo della condanna risiede
nell’aver “trasgredito la Legge”. In Egesippo,
Giacomo viene condannato perché accusato di aver
ingannato il popolo “su Gesù, facendogli credere
che egli era il Cristo”.
Specificità delle due testimonianze su Giacomo:
Flavio – blocco Egesippo, Origene ed Eusebio)
 Ancora una volta, come nel caso della testimonianza
su Giovanni il Battista, l’intento delle fonti cristiane
si rivela diverso da quello di Flavio.
 Le fonti cristiane intendono legare la morte di
Giacomo all’evento Cristo. Dunque il racconto si
presenta molto dettagliato ed edificante.
 Dal canto suo, lo storico ebreo, invece, è
interessato ad una questione più politica, ossia al
comportamento illegale di Anano, che viene
disapprovato dai più stretti “osservanti della
Legge” (i farisei).
Alcune riserve sull’autenticità della
testimonianza flaviana su Giacomo
 Sono pochi gli autori che dubitano sull’autenticità.
Fra questi vi è T. Rajak (Josephus. The Historian and
His Society, Duckworth, Londres 1983, 131), che
ritiene che il brano sia in contraddizione con
Guerra Giudaica IV,5,2, in cui Anano dallo stesso
Giuseppe viene presentato in chiave positiva. Ma a
tal proposito John P. Meier rileva che “la svolta
verso una considerazione più negativa dei
sadducei al potere è tipica delle Antichità rispetto
alla Guerra Giudaica” (op. cit., p. 62, nota 12).
Riserve per la differenza stilistica:
 Generalmente, quando Giuseppe cita un
personaggio, è solito richiamare più o
meno brevemente le caratteristiche dello
stesso. Si veda il caso di Giuda il Galileo,
di cui si parla per la prima volta in Ant. Giud.
II, 118 e poi di lì a poco in riferimento al figlio
Menaem in II, 433. E nonostante la vicinanza
delle due citazioni, l’autore richiama
nuovamente alcuni dettagli sul personaggio
Giuda il Galileo.
 Supponendo che il Gesù fratello di Giacomo sia
veramente lo stesso Gesù di cui si parla per la
prima volta nel cosiddetto testimonium flavianum
(Ant. Giud. XVIII, 63-64), che noi tratteremo fra poco,
sarebbe stato naturale, secondo lo stile di Giuseppe
Flavio, ritrovare un breve accenno sull’operato e
la vita di Gesù anche nel riferimento relativo a
Giacomo, che si trova ben due libri dopo il
testimonium flavianum.
 Per questa ragione alcuni pensano che il
riferimento a Gesù in XX, 200 se fosse stato
davvero autentico, avrebbe dovuto necessariamente
contenere un riferimento o un richiamo a un
brano precedente su Gesù, che peraltro esiste e
sarebbe il testimonium flavianum.
 Pertanto, alcuni concludono che o il testimonium
flavianum era assente nell'edizione originale delle
Antichità Giudaiche, oppure lo era il passaggio XX,
200. O addirittura lo erano entrambi i passi e
Giuseppe non ha mai inteso parlare di Gesù nella
sua opera, in nessun punto.
Una soluzione al dubbio:
 Contro questa argomentazione, è necessario
osservare che non sempre lo stile letterario di
Giuseppe è così preciso. Per esempio, in Guerra
Giudaica II,247 si trova il riferimento a Felice, fratello
di Pallante:
«Dipoi Claudio inviò Felice, il fratello di Pallante, come procuratore
della Giudea, della Samaria, della Galilea e della Perea, e trasferì
Agrippa da Calcide a un regno maggiore assegnandogli i domini che
un tempo erano appartenuti a Filippo, cioè la Traconitide, la
Batanea e la Gaulanitide, cui aggiunse il regno di Lisania e l'antica
tetrarchia di Varo».
 Il procuratore Antonio Felice viene definito qui come “fratello di
Pallante”, sebbene di tale Pallante non si parli in alcun altro punto
della Guerra Giudaica.
 Un caso analogo potrebbe essere accaduto in occasione della
citazione di Gesù in XX, 200.
 Aggiungiamo che non vi sono altri personaggi che Flavio denomina
con l'appellativo “Cristo” nelle sua opera. Dunque la qualificazione
“Cristo” allontana qualsiasi dubbio sull’identità del personaggio.
Restano due domande:
 Perché Anano condanna Giacomo?
 Chi sono i “certi altri” (tinaj e`te,rouj) che vengono
condannati insieme a lui?
 Douglas R.A. Hare (The Theme of Jewish
Persecution of Christians in the Gospel According to
St Matthew (Society for New Testament Studies
Monograph Series 6), Cambridge University Press,
Cambridge, 1967, 34) ritiene che “Anano agì per
animosità personale e che quanti sono chiamati
«alcuni altri», uccisi nella stessa occasione, non
fossero cristiani, ma altri nemici personali di Anano”.
Testimonium Flavianum (Ant. Giud.
XVIII, 63-64)
Il testo:
« Allo stesso tempo, circa, visse Gesù, uomo saggio,
se pure uno lo può chiamare uomo; poiché egli
compì opere sorprendenti, e fu maestro di persone
che accoglievano con piacere la verità. Egli conquistò
molti Giudei e molti Greci. Egli era il Cristo. Quando
Pilato udì che dai principali nostri uomini era
accusato, lo condannò alla croce. Coloro che fin da
principio lo avevano amato non cessarono di aderire
a lui. Nel terzo giorno, apparve loro nuovamente vivo:
perché i profeti di Dio avevano profetato queste e
innumeri altre cose meravigliose su di lui. E fino ad
oggi non è venuta meno la tribù di coloro che da lui
sono detti Cristiani »
Tradizione testuale
 Questo passo è testimoniato da tutt’e tre i
manoscritti greci a noi pervenuti dell’opera
di Giuseppe Flavio. Il codice più antico è
l’Ambrosianus (XI sec.).
 Il passo viene citato nella medesima
recensione anche da Eusebio di Cesarea
(Hist. Eccl. I,11; Demonstratio Evangelica
III,5)
Dubbi sull’autenticità
 Ma sin dal XVI secolo si iniziò a mettere in
discussione l’autenticità del Testimonium
Flavianum, a causa di alcune sue
caratteristiche troppo “cristiane”. Si iniziò
dunque a ritenerlo un’interpolazione
cristiana nell’opera di Giuseppe Flavio.
 Il capostipite di questa ipotesi è Lukas
Osiander che affermò: “Si enim Josephus
ita sensisset…, Josephus fuisset
christianus”.
Quali sono le espressioni che sembrerebbero più
“cristiane” nel testo?
 Riportiamo nuovamente il passo, ma poniamo in
corsivo le espressioni considerate problematiche:
« Allo stesso tempo, circa, visse Gesù, uomo saggio,
se pure uno lo può chiamare uomo (ei;ge a;ndra auvto.n
le,gein crh,); poiché egli compì opere sorprendenti, e fu
maestro di persone che accoglievano con piacere la
verità. Egli conquistò molti Giudei e molti Greci. Egli
era il Cristo (o` cristo.j ou-toj h=n). Quando Pilato udì che
dai principali nostri uomini era accusato, lo condannò
alla croce. [Continua]
 Coloro che fin da principio lo avevano amato
non cessarono di aderire a lui. Nel terzo
giorno, apparve loro nuovamente vivo:
perché i profeti di Dio avevano profetato
queste e innumeri altre cose meravigliose
su di lui (evfa,nh ga.r auvtoi/j tri,thn e;cwn h`me,ran
pa,lin zw/n tw/n qei,wn profhtw/n tau/ta, te kai. a;lla muri,a
peri. auvtou/ qauma,sia eivrhko,twn). E fino ad oggi
non è venuta meno la tribù di coloro che da
lui sono detti Cristiani »
Ricapitolando:
 Se pure uno lo può chiamare uomo (ei;ge a;ndra auvto.n
le,gein crh,). Questa espressione sembra modificare la
precedente designazione di Gesù come “uomo
saggio” (sofo.j avnh,r). Una definizione sentita restrittiva
da un ipotetico interpolatore cristiano.
 Egli era il Cristo (o` cristo.j ou-toj h=n). La maggioranza
degli studiosi la percepisce come una inequivocabile
professione di fede cristiana (cfr. Gv 7,26 e At 9,22,
dove troviamo un’espressione quasi identica,
eccetto la copula, che nel nostro testo è all’imperfetto,
mentre lì è al presente, evstin, esprimendo meglio l’oggi
della fede).
 Nel terzo giorno, apparve loro nuovamente vivo:
perché i profeti di Dio avevano profetato queste e
innumeri altre cose meravigliose su di lui (evfa,nh
ga.r auvtoi/j tri,thn e;cwn h`me,ran pa,lin zw/n tw/n qei,wn profhtw/n
tau/ta, te kai. a;lla muri,a peri. auvtou/ qauma,sia eivrhko,twn).
Anche questa affermazione ha l’aspetto di una
professione di fede e sembra richiamare il kerigma
annunciato da Paolo in 1Cor 15,3ss., dove ricorre
per due volte la formula “secondo le scritture”.
Tre le posizioni principali assunte dagli
studiosi di fronte al Testimonium
Flavianum:
 Ipotesi dell’autenticità
 Ipotesi dell’interpolazione totale
 Ipotesi della rielaborazione parziale
Ipotesi dell’autenticità

L’ipotesi della autenticità totale oggi è stata
abbandonata dalla quasi totalità degli studiosi,
con qualche sparuta eccezione. Segnalo Lucio
Troiani (“Il Gesù di Giuseppe Flavio”, in A. PITTA
[ed.], Il Gesù storico nelle fonti del I-II secolo. Atti
del X Convegno di studi neotestamentari [Foligno,
11-13 settembre 2003] = “Ricerche storico bibliche”
17 [2005] n. 2, p. 137-147). L’autore qui preferisce
non mettere in discussione a priori l’autenticità
di alcune espressioni, ma cerca piuttosto di
interpretarle dal punto di vista del linguaggio di
Giuseppe Flavio.
Ipotesi dell’interpolazione totale
 Quali gli argomenti?
Contesto immediato:
 Il passo si mostra troppo neutrale rispetto
alla serie di episodi che nella medesima
sezione dell’opera contengono critiche
severe a Pilato e/o ad esponenti ebrei. Si
aggiunga che nel descrivere il periodo di
Pilato come una successione di ribellioni,
Flavio usa delle parole chiave all’inizio e
alla fine di ogni racconto, che nel nostro
caso sono assenti.
Contenuto e lingua:
 - “se pure uno lo può chiamare uomo” (ei;ge a;ndra auvto.n le,gein crh,).
Un’espressione che lascia intendere che Gesù è più che umano.
 - “Egli era il Cristo” (o` cristo.j ou-toj h=n). Un primo problema è dato
dal fatto che questa formula si presenta come una professione di
fede, a causa della presenza dell’articolo o`, che rende la parola
“Cristo” un titolo e non nome proprio, come si potrebbe
intendere invece in Ant. Giud. XX, 200 (tou/ legome,nou Cristou/), dove
dunque non è stata necessaria un’ulteriore specificazione del
termine, neppure per lettori pagani. Nel nostro caso, invece,
trattandosi di un titolo, si ritiene che sarebbe stato necessario, da
parte dell’autore, aggiungervi una chiarificazione per il lettore
pagano. Un’obiezione ammissibile, soprattutto se si considera
che Flavio usa questo termine solo per Gesù. [continua]
Infatti, Giuseppe ha pochi riferimenti ai movimenti messianici
e solitamente ne minimizza la portata attribuendo ad un
gruppo di estremisti la responsabilità della guerra con i
romani. Un motivo in più per ritenere che un riferimento di
carattere positivo ad un “messia” qui risulta abbastanza
problematico. Aggiungiamo che Giuseppe in Guerra Giudaica
III, 392-408 e soprattutto in VI, 310-313, sostiene che le
profezie bibliche non si riferiscano ad un messia ebreo, ma
al generale Vespasiano.
 - “Nel terzo giorno, apparve loro nuovamente vivo: perché i
profeti di Dio avevano profetato queste e innumeri altre
cose meravigliose su di lui” (evfa,nh ga.r auvtoi/j tri,thn e;cwn h`me,ran
pa,lin zw/n tw/n qei,wn profhtw/n tau/ta, te kai. a;lla muri,a peri. auvtou/ qauma,sia
eivrhko,twn). Come già detto sopra, un linguaggio totalmente
kerigmatico in un senso cristiano
Testimonianze esterne:
 La testimonianza più antica risale ad Eusebio (IV
sec. d.C). Mentre gli apologisti cristiani del II e del
III secolo, nonostante conoscano l’opera, non
citano questo passo. Lo stesso Origene, come già
accennato, ci riferisce che Giuseppe non crede
che Gesù sia il Cristo (Contra Celsum I, 45;
Commentarium in Matthaeum X, 17), mostrando in
tal modo di conoscere una recensione dell’opera
flaviana con una versione diversa del Testimonium
o addirittura del tutto mancante di questo passo.
Ragioni a favore dell’autenticità di
gran parte del Testimonium
 Prima di procedere con la presentazione della terza ipotesi
(rielaborazione parziale), riteniamo di dover già escludere
l’ipotesi della interpolazione totale, in quanto sono numerosi
e assolutamente plausibili gli argomenti in favore
dell’autenticità di gran parte del Testimonium:
Contesto ampio:
 Se consideriamo autentico il passo su Giacomo (Ant. Giud.
XX, 200), si deve ammettere che esso presupponga una
precedente menzione di Gesù. Difatti, trattandosi di
identificare Giacomo, Flavio lo connette semplicemente con
“Gesù, detto Cristo”, senza aggiungere ulteriori informazioni su
Gesù.
Contesto immediato:
 Lo storico ebreo nei capitoli 55-89 di Ant. Giud. XVIII tratta
esattamente del periodo in cui è in carica Pilato. Dunque
questa sezione dell’opera costituisce il contesto più adatto
per menzionare Gesù.
Contenuto e lingua:
 - “Uomo saggio” (sofo.j avnh,r). Non è ciò che ci si
aspetterebbe in una interpolazione cristiana,
poiché si tratta di una designazione inusuale di
Gesù in ambito cristiano. L’espressione è invece
piuttosto comune in Giuseppe, che se ne serve
per elogiare alcuni personaggi. Lo dice, ad
esempio, di Salomone (Ant. Giud. VIII, 53) e di
Daniele (Ant. Giud. X, 237).
 - “compì opere straordinarie” (parado,xwn e;rgwn
poihth,j). Non è la maniera solita con cui ci si
riferisce ai miracoli di Gesù. Peraltro questa
espressione potrebbe essere tradotta con “opere
strabilianti/controverse”.
 - “che accoglievano con piacere la verità” (tw/n
h`donh/| tavlhqh/ decome,nwn). Gli autori cristiani evitano
di usare in un contesto positivo la parola h`donh,
(“piacere”), a causa della sua connotazione di
‘edonismo’ estranea alla morale cristiana.
 - “Conquistò molti Giudei e molti Greci” (kai. pollou.j
me.n VIoudai,ouj pollou.j de. kai. tou/ ~Ellhnikou/ evphga,geto).
Rispecchia una situazione del cristianesimo della
fine del I sec., che è proprio il periodo in cui scrive
Flavio.
 - “Coloro che fin da principio lo avevano amato
non cessarono di aderire a lui” (ouvk evpau,santo oi` to.
prw/ton avgaph,santej). Un’espressione tipica dello stile
di Giuseppe Flavio. Essa lascia intendere che il
perdurare del movimento sia dovuto all’amore dei
seguaci di Gesù e non piuttosto a quanto si dice
dopo, ossia le apparizioni del risorto.
 - “non è venuta meno la tribù” (ouvk evpe,lipe to. fu/lon).
Il termine to. fu/lon riferito ai cristiani sarebbe stato
inusuale da parte di uno scriba cristiano, visto lo
spirito di apertura missionaria che caratterizza la
nuova fede. Per questa ragione, infatti, negli scritti
del primo cristianesimo il termine “tribù” è riferito
sempre a Israele.
Testimonianza esterne:
 Il Testimonium Flavianum è attestato in
tutt’e tre i manoscritti greci e nei numerosi
manoscritti che riportano la traduzione
latina fatta dalla scuola di Cassiodoro nel VI
sec.
 Da Eusebio in poi molti padri citano il
Testimonium Flavianum nella forma giunta
fino a noi. Compreso un antico testo arabo, di
cui parleremo in seguito.
Ipotesi della rielaborazione
 Si tratta dell’ipotesi che prevede l’esistenza di un
substrato autentico, sul quale sarebbe poi
intervenuta una rielaborazione da parte cristiana.
 Una posizione sostenuta dalla maggioranza degli
studiosi, fra cui ebrei (ad es.: Paul Winter e Luois H.
Feldman), cristiani non confessionali (ad es.: S.G.
Brandon e Morton Smith), protestanti (ad es.: James
H. Charlesworth) e cattolici (ad es.: C.M. Martini e
A.M. Dubarle).
 Essi si dividono tra coloro che propendono per una
ricostruzione negativa del testo e coloro che
propendono per una ricostruzione neutrale
Ricostruzione negativa (R. Eisler; W. Bienert;
S.G.F. Brandon; F.F. Bruce)
 Si ritiene che la testimonianza primitiva di
Giuseppe si riferisse ad un movimento di
contestazione della religione ebraica, che
opportunamente le autorità ebraiche cercano di
soffocare, consegnando Gesù ai romani.
 Per questa ipotesi è determinante il contesto in cui
il passo si trova: una serie di ribellioni sedate
durante il periodo di Pilato.
 In questo modo viene fuori un testo che secondo la
ricostruzione proposta da F.F. Bruce (Testimonianze
extrabibliche su Gesù. Da Giuseppe Flavio al
Corano, Ed. Claudiana, Torino 2003, 39), il quale si
rifà a vari studiosi da lui stesso elencati, si presenta
nella forma seguente:
Ricostruzione negativa: testo
 «Ora, circa in quel tempo, spuntò una nuova fonte
di disordini con un certo Gesù, un uomo saggio
(qualcuno intende sofo,j come “scaltro”/“millantatore”)
che compiva opere sorprendenti (qualcuno intende
parado,xwn e;rgwn come “azioni paradossali”, ossia
contrarie alla mentalità giudaica), un maestro per
uomini che accettano volentieri cose insolite. Si
trascinò dietro molti ebrei, e anche molti pagani. Era
il cosiddetto Cristo. Quando Pilato, che agiva in
base alle informazioni dategli dai nostri uomini di
rilievo, lo condannò alla croce, quelli che prima lo
avevano seguito non smisero di provocare
disordini, e la tribù dei cristiani, che da lui ha preso
questo nome, non è estinta neppure oggi»
Ricostruzione negativa: operazioni
effettuate
 Secondo questa ipotesi, dunque, l’ipotetico scriba
cristiano non si sarebbe limitato ad interpolare
delle espressioni nel testo, ma avrebbe anche
rimosso o modificato delle espressioni da lui
giudicate offensive.
 Nel testo ricostruito da F.F. Bruce abbiamo 4
modifiche, oltre che l’espunzione di tutto ciò che
sin dall’inizio della trattazione sul Testimonium
abbiamo indicato come ‘indiziato’. Viene lasciata
solo l’espressione “egli era il Cristo”, che però
nella ricostruzione diventa “era il cosiddetto
Cristo”.
 La prima modifica consiste nell’aggiunta
dell’espressione “una nuova fonte di disordini”,
che lega più naturalmente il passo con il contesto
negativo.
 La seconda modifica interviene sull’espressione
“cose vere” (in greco tavlhqh/), che diventa “cose
insolite” (in greco tavhqh/).
 La terza modifica consiste nell’inserimento di
“cosiddetto” davanti a “Cristo”, come in Ant. Giud.
XX, 200. Ammettere la presenza del termine “Cristo”
nel testo originale salva il riferimento a questo titolo di
Gesù quando poi si parla di “tribù dei cristiani”.
 La quarta modifica risolverebbe un problema che si
riscontra nel testo greco del Testimonium, dove
troviamo l’epressione “non smisero” (ouvk evpau,santo),
ma senza ulteriore specificazione. Dunque F.F. Bruce
suggerisce di aggiungere la locuzione “di
provocare disordini”.
Non mancano coloro che si spingono
anche oltre…
 Elenchiamo alcune congetture, che traggono
ispirazione dal contesto e dal vocabolario che
Giuseppe utilizza altrove riferendosi ad altri
agitatori di masse:
 L’espressione sofo.j avnh,r (“uomo saggio”)
nell’originale sarebbe stato sofisth.j kai. go,hj
(“sofista e [taumaturgo] imbroglione”).
 In luogo dell’espressione pollou.j (…) evphga,geto
(“attrasse molti”) ci sarebbe stato in origine
pollou.j (…) avphga,geto (avpa,gw significa
“sedurre”/”attrarre con la forza”).
Ricostruzione neutrale
 Si tratta di una posizione sostenuta ormai
dalla maggioranza degli studiosi e consiste
nell’espunzione o leggera modifica delle
asserzioni che appaiono di carattere
cristiano. Il brano primitivo, pertanto,
sarebbe stato ampliato da una mano
cristiana.
Le ragioni della ricostruzione
neutrale
Contesto immediato:
 Si ritiene che il passo nel suo complesso si
agganci bene al contesto. Il paragrafo
successivo comincia infatti con la seguente
espressione: “Analogamente, verso questo
tempo, un’altra sventura (deino,n) agitò i
Giudei” (Ant. Giud. XVIII,65)
 Giuseppe, dunque, avrebbe visto
nell’esecuzione di Gesù un deino,n, ossia un
fatto terribile, tremendo.
Le ragioni della ricostruzione
neutrale
Lingua e contenuto:
 Il linguaggio (lessico e sintassi) del
Testimonium non è dissonante con lo stile
di Giuseppe. Tra i tanti commentatori, è
opportuno ricordare H. St. J. Thackeray, il
quale trattò a lungo dell’argomento dal punto
di vista stilistico e filologico, e da negatore
assoluto della autenticità del passo divenne
poi sostenitore della sua sostanziale
autenticità, sposando la tesi della parziale
interpolazione/rielaborazione cristiana.
 Il testo, inoltre, se liberato dalle “aggiunte”,
conserva una narrazione persino più
scorrevole e più coerente, sia
sintatticamente che contenutisticamente;
quelle che abbiamo considerato aggiunte
cristiane, infatti, spezzano il fluire del
discorso, essendo tutte in forma
parentetica. Si presentano proprio come
aggiunte in mezzo ad un testo
preesistente.
Testo “neutrale” ricostruito
 «Allo stesso tempo circa, visse Gesù, un uomo
saggio, poiché egli compì opere straordinarie, e fu
maestro di persone che accoglievano con piacere la
verità. Egli conquistò sia molti Giudei che molti Greci.
(Egli era detto Cristo). Quando Pilato udì che era
accusato dai principali nostri uomini, lo condannò alla
croce, ma coloro che fin da principio lo avevano
amato non cessarono di aderire a lui. E fino ad oggi
non è venuta meno la tribù di coloro che da lui sono
detti cristiani»
 La presenza della menzione di Cristo, benché
modificata, rende logico il riferimento al nome di
Gesù per spiegare il termine “cristiani”.
 Vi è pure chi suggerisce di lasciare nel testo anche
il riferimento alla risurrezione e alla testimonianza
dei profeti, ma riformulandolo, in modo da renderlo
coerente con la testimonianza di Origene, il quale ci
riferisce espressamente che Giuseppe non aderì alla
fede. Avremmo allora l’introduzione “raccontarono
che…” riferito ai discepoli.
Attendibilità della ricostruzione
neutrale
 Essa rappresenta la spiegazione migliore di
questo brano così controverso, perché evita
le tante congetture di cui necessiterebbe, ad
esempio, la ricostruzione negativa.
 Così ricostruito, questo testo potrebbe
essere stato scritto senza difficoltà da un
ebreo che non ha assunto una personale
posizione nei confronti del personaggio
Gesù.
 Anzi, potrebbe apparire perfino un descrizione
benevola, se la si confronta con quanto di Cristo e
dei suoi seguaci dicono le fonti pagane.
 Il flusso del pensiero appare molto chiaro.
Giuseppe chiama Gesù con il titolo generico di
“uomo saggio”. Una sapienza dimostrata attraverso
i miracoli ed un insegnamento efficace. E sarà
stato proprio il successo che ne conseguì ad aver
spinto i capi, secondo Flavio, ad accusarlo
davanti a Pilato. Ad ogni modo, nonostante la
morte ignominiosa sulla croce, i suoi seguaci non
lo rinnegano e così la tribù dei cristiani sussiste
ancora (cf. John P. Meier, pp. 69-70).
 A favore di questa ricostruzione neutrale, vi è da
aggiungere che se i copisti avessero trovato negli
scritti di Giuseppe un brano su Gesù dal tono
troppo negativo, così come viene suggerito dai
sostenitori della ricostruzione negativa, lo avrebbero
cancellato, piuttosto che riscriverlo (cf. Robert E.
Van Voorst, p. 115).
 “Questi scrittori si sarebbero messi a difendere
l’opera di un ebreo che era l’autore di una serie di
perfide calunnie su Cristo, che per questi
apologisti era un essere divino?” (G. Vermes, The
Jesus-Notice of Josephus Re-examined, p. 10)
Un’ulteriore ragione a favore della ricostruzione
neutrale e una svolta decisiva nell’analisi del testo
 Nel 1971 lo storico israeliano Schlomo Pines
pubblica una versione del Testimonium tratta dalla
Historia universalis del vescovo di Gerapoli, Agapio,
un’opera in arabo scritta in Siria nel X secolo.
 Sembrerebbe rappresentare un testo migliore di
quello greco tramandato, perché compatibile con
il pensiero di Giuseppe e privo di quelle forme
parentetiche considerate dai critici delle
rielaborazioni cristiane.
 Mediante questa testimonianza si viene a
confermare sia la sostanziale autenticità del
passo, sia la teoria di coloro che già prima del
ritrovamento avevano ipotizzato un’interpolazione
successiva con i soli metodi della critica interna.
Ecco la traduzione del testo arabo:
 «Similmente dice Giuseppe l’ebreo, poiché egli
racconta nei trattati che ha scritto sul governo dei
Giudei: “In quel tempo esisteva un uomo saggio
chiamato Gesù. E la sua condotta era buona ed era
conosciuto come virtuoso (o dotto). E molta gente tra
gli ebrei e altre nazioni divennero suoi discepoli.
Pilato lo condannò alla crocifissione e alla morte, ma
coloro che erano stati suoi discepoli non rinunciarono
al suo discepolato (o dottrina). E raccontarono che
egli era loro apparso tre giorni dopo la crocifissione e
che egli era vivo; di conseguenza egli era forse il
Messia riguardo al quale i profeti avevano raccontato
cose meravigliose».
 Si noti che, mentre nella recensione greca
Giuseppe riferisce in prima persona
considerazioni “cristiane” su Gesù, mostrando
così di condividerle, in quella araba egli si limita
esclusivamente a riportare quanto i discepoli di
Gesù riferivano su di lui.
 L’autore ebreo, però, non esita a testimoniare
personalmente l’esistenza storica di Gesù e la sua
bontà: “In quel tempo esisteva un uomo saggio
chiamato Gesù. E la sua condotta era buona…”
 L’importanza di questo testo che si presenta più
scarno consiste nel fatto che esso è riportato da un
vescovo cristiano. Ed è difficile pensare che uno
scrittore cristiano abbia modificato il testo di
Giuseppe in senso minimizzante nei confronti di
Gesù.
 Pertanto, dobbiamo concludere che Agapio aveva a
sua disposizione una diversa recensione del testo
di Giuseppe, che possiamo dire “migliore”, anche
se non necessariamente originaria.
Quale il contributo della ricostruzione
neutrale del Testimonium?
 La ricostruzione neutrale del Testimonium ci
fornisce alcune informazioni importanti sulla figura
di Gesù, ma soprattutto sulla percezione che
Giuseppe Flavio ha di lui e del movimento
cristiano:



Collocazione temporale della vita e della morte di
Gesù;
Tipologia di ministero: insegnamento ed azioni
miracolose, come conseguenza del suo essere “uomo
saggio”;
Forte attaccamento dimostrato dai discepoli nei
confronti di Gesù e dei suoi insegnamenti, al punto
che continuano ad osservarli anche dopo la sua
morte;



Benché non venga specificata la causa dell’accusa
formulata dai capi giudei contro Gesù, il contesto ci
lascerebbe intendere che quello che spaventa i capi
è la rapida crescita del movimento legato a Gesù.
Una crescita percepita come una minaccia (cf. Gv
11,48: “Se lo lasciamo continuare così, tutti
crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno
il luogo e la nazione”), anche dai lettori romani di
Giuseppe, i quali erano preoccupati per la rapida
diffusione del cristianesimo.
Lo storico ebreo non parla di un processo giudaico,
ma solo di un’accusa dei “principali nostri
uomini”;
Giuseppe collega il perdurare del movimento non
alla risurrezione di Gesù, ma all’amore tenace dei
suoi seguaci nei confronti del loro maestro.
Quali le fonti di Giuseppe?
 Dalla percezione che Giuseppe Flavio
mostra di avere nei confronti di Gesù e del
movimento cristiano e dall’analisi
lessicale del Testimonium (“uomo saggio”,
“piacere”, ecc.) si può ipotizzare che lo
storico non abbia attinto né dal NT né da
altri scritti cristiani, ma che abbia acquisito
autonomamente informazioni su Gesù e
sui cristiani, probabilmente in Palestina e a
Roma.
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Testimonianze flaviane su Gesù e altri - Arcidiocesi di Bari