Anno 11 - n. 6 - Dicembre 2008 RIVISTA BIMESTRALE D’INFORMAZIONE SCIENTIFICA a cura dell’Osservatorio Epidemiologico Veterinario della Regione Lombardia Regione Lombardia Direzione Generale Sanità - Servizio Veterinario Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna Osservatorio Epidemiologico Veterinario Regionale - Via Bianchi, 9 - 25124 Brescia S ommario Anno 11 - n. 6 - Dicembre 2008 RIVISTA BIMESTRALE D’INFORMAZIONE SCIENTIFICA a cura dell’Osservatorio Epidemiologico Veterinario della Regione Lombardia Utilizzo dell’acido ossalico in apicoltura 4 Regione Lombardia Direzione Generale Sanità - Servizio Veterinario G. Loglio Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna Osservatorio Epidemiologico Veterinario Regionale - Via Bianchi, 9 - 25124 Brescia Direttore responsabile Stefano Cinotti Direttore scientifico Giorgio Zanardi Redattore Giorgio Zanardi 13 Le segnalazioni degli spopolamenti e delle mortalità degli alveari in Italia: resoconto 2008 C. Porrini, A.G. Sabatini, F. Mutinelli, M. Astuti, A. Lavazza, R. Piro, D. Tesoriero, P. Medrzycki, F. Sgolastra, L. Bortolotti Responsabile comitato redazione Giorgio Zanardi Comitato di redazione M. Astuti, P. Cordioli, M. Domenichini, P. Antoniolli, L. Gemma, C. Genchi, G. Gridavilla, A. Lavazza, A. Palma, V.M. Tranquillo Hanno collaborato a questo numero G. Loglio, C. Porrini, A.G. Sabatini, F. Mutinelli, M. Astuti, A. Lavazza, R. Piro, D. Tesoriero, P. Medrzycki, F. Sgolastra, L. Bortolotti Segreteria di redazione M. Guerini L. Marella Fotocomposizione Editrice Vannini Bagnolo Mella (Bs) Editore Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia ed Emilia Romagna “Bruno Ubertini” Tutti coloro che vogliono scriverci, devono indirizzare le lettere al seguente indirizzo: “L’OSSERVATORIO” rubrica “La posta dei lettori”, via Bianchi, 9 - 25124 Brescia - tel. 030 2290259-235; oppure utilizzare la posta elettronica: [email protected] L’Osservatorio e i numeri del precedente Bollettino Epidemiologico possono essere consultati anche sul sito web http:\\www.oevr.org Editoriale L’acido ossalico, acido organico con potere acaricida, è largamente utilizzato dagli apicoltori nei trattamenti contro la varroa, da eseguire in assenza di covata opercolata. Ancorché autorizzato per l’agricoltura biologica, non esiste come medicinale registrato e non è soggetto a limiti massimi di residui. Ciò non significa che sia innocuo. L’articolo illustra l’indagine svolta tra gli apicoltori in provincia di Bergamo attraverso la somministrazione di un questionario al fine di quantificare e definire l’uso che viene fatto di questo prodotto. In particolare, è stato indagata la quantità acquistata, le formulazioni, le fonti d’approvvigionamento, le caratteristiche di confezionamento e le modalità di somministrazione, e sono stati eseguiti anche campionamenti del prodotto per la ricerca di piombo e cadmio. Le analisi chimiche hanno evidenziato possibili contaminazioni da Piombo e carenza di tracciabilità nell’etichetta. Inoltre, in caso di sublimazione per riscaldamento del prodotto, gli operatori senza adeguate misure di protezione, sono potenzialmente esposti a rischi tossicologici. Questa situazione evidenzia una serie di carenze che afferiscono ad una più generale mancanza di regolamentazione dell’acquisto di ac. ossalico, che rimanda alla gestione del farmaco tout court. Nel secondo articolo, sono illustrati i risultati dell’indagine svolta in Lombardia e in Veneto, attraverso la somministrazione di questionari e il campionamento di api, in seguito agli spopolamenti e alle mortalità degli alveari, verificatisi nell’anno in corso. L’analisi dei risultati delle analisi chiniche, considerando le segnalazioni nello spazio e nel tempo ed il contesto agricolo, L’indagine epidemiologica eseguita sull’alveare colpito e sull’ambiente circostante, associata alla rilevazione di quantità più o meno rilevanti di residui di agrofarmaci nelle api morte, ha consentito di associare l’esposizione delle api ai trattamenti fitosanitari eseguiti sul mais al fenomeno di spopolamento o moria. Questo approccio al problema ha dimostrato l’efficacia di uno studio che ha utilizzato strumenti tipici dell’epidemiologia insieme alle classiche indagini di ricerca eziologica. Giorgio Zanardi L’OSSERVATORIO 3 Sanità animale Utilizzo dell’acido ossalico in apicoltura G. Loglio1 quali l’acido lattico, la canfora, l’eucaliptolo, l’acido formico, il mentolo, il timolo, il fluvalinate e la flumetrina. Successivamente il Reg. CE n°546 del 24-3-2004 ha incluso anche l’acido ossalico, come antinfettivo, nell’allegato II del Reg. CE 2377/90. L’acido ossalico per il basso impatto ambientale, i ridotti residui, l’elevata efficacia acaricida, il costo contenuto e la facilità d’impiego è divenuto in Italia la sostanza chimica più utilizzata in apicoltura. Il Reg. CE 1804/99 ne aveva già autorizzato l’impiego per l’ apicoltura biologica. Per garantire il consumatore ed evitare la presenza di residui negli alimenti sono state emanate norme che regolamentano l’impiego di sostanze farmacologicamente attive. E fra i prodotti edibili vi sono anche quelli derivanti dall’attività apistica: miele, polline, pappa reale e cera. In ordine di tempo le norme di legge a cui far riferimento e che l’apicoltore deve rispettare sono: – il Dlgs n. 143 del 24-07-2007 che corregge ed integra il Dlgs n.193 del 6-4-2006 “Attuazione della direttiva 2004/28/CE recante il codice comunitario dei medicinali veterinari”. – il Regolamento Ce 2377/1990 che “definisce una procedura comunitaria per la determinazione dei limiti massimi di residui di medicinali veterinari negli alimenti di origine animale”. Varroa desctructor Anderson & Trueman è un piccolo acaro parassita di un’ape orientale, l’Apis cerana. Negli anni ’60 le api di razza mellifera, trasportate nelle Filippine, sono state messe a stretto contatto con l’Apis cerana favorendo l’adattamento di Varroa destructor sull’Apis mellifera, un’ape geneticamente non in grado di riconoscere e quindi di contrastare la moltiplicazione di questo parassita. I rigorosi provvedimenti sanitari messi in atto dai vari stati non sono stati in grado di arrestarne la diffusione a livello mondiale. In Italia è stata rilevata per la prima volta nel 1984. E’ sufficiente un acaro, trasportato da una bottinatrice o da un fuco, per infestare un alveare. La varroa riesce a riprodursi molto rapidamente tanto da causare in poco tempo il collasso e la morte degli alveari: la selezione di ceppi di Apis mellifera, in grado di riconoscere e combattere il parassita, per ora non ha dato i risultati sperati. Per alcuni anni gli apicoltori italiani hanno utilizzato l’acaricida “fluvalinate”, principio attivo contenuto nelle strisce del farmaco Apistan. Purtroppo la varroa, contro ogni previsione, è riuscita a sviluppare in pochi anni resistenza nei confronti di questa molecola chimica. Resistenza confermata negli anni successivi da numerosi ricercatori. Analoga situazione si è verificata per il “coumaphos” principio attivo contenuto nel Perizin.Gli apicoltori dopo il fallimento delle speranze riposte negli acaricidi di sintesi, per contenere l’infestazione entro limiti accettabili, oltre all’applicazione di tecniche apistiche hanno imparato ad utilizzare prodotti a base di timolo per i trattamenti estivi e di acidi organici per i trattamenti tardo autunnali eseguiti in assenza di covata opercolata. L’EMEA (Agenzia Europea per la Valutazione dei Prodotti Veterinari), di cui fa parte il CVMP (Comitato per i Prodotti Medicinali Veterinari), è l’organismo deputato a valutare i risultati degli studi tossicologici effettuati dalle case produttrici sulle sostanze farmacologicamente attive. Queste ultime sono suddivise in quattro categorie o “allegati”. Dal dicembre del 1995 sono state inserite nell’allegato II, cioè fra le sostanze non soggette a limiti massimi di residui (MRL) negli alimenti di origine animale, sostanze farmacologicamente attive impiegate in apicoltura Sanità animale Autorizzazione per l’utilizzo dell’acido ossalico. In primavera i Servizi Veterinari della Regione Lombardia, dopo aver consultato il “Gruppo di lavoro regionale per la tutela sanitaria e l’incremento del- Figura 1. Varroa nelle celle di covata 4 L’OSSERVATORIO – ac. ossalico al 10%: in bustine monodose da 3 gr., con aggiunti 27 gr. di zucchero. Da sciogliere in acqua. – ac. ossalico al 6%. Pronto all’uso. Diluito in acqua distillata con il 30% di zucchero in confezioni da 1000 cc. – ac. ossalico al 3%: diluito in acqua distillata in confezioni da 1000 cc. La stessa ditta propone l’utilizzo di soluzioni zuccherine pronte all’uso che hanno concentrazioni diverse da quelle indicate dai ricercatori. Negli ultimi anni molti apicoltori hanno incominciato ad eseguire trattamenti antivarroa facendo sublimare, in ogni alveare, circa 2 grammi di acido ossalico posti in contenitori metallici surriscaldati elettricamente o con il calore prodotto dalla fiamma. Con sempre maggior frequenza le riviste di apicoltura incentivano l’impiego dell’ac. ossalico sublimato pubblicizzando apparecchiature per tale pratica: – “Come costruire un evaporatore di ossalico per i trattamenti antivarroa” APITALIA anno XXIX n° 521 n 11-12, 2002; – “BioLetalVarroa: il brevetto italiano per la sublimazione dell’ossalico” APITALIA anno XXXI n° 11, 2004; – “Quando il gioco si fa duro… i duri cominciano a giocare.” Rivista di apicoltura L’APIS anno XVI – n° 1 – gennaio 2008). Anche la ditta di Verona, attraverso depliant pubblicitari, propone agli apicoltori l’acquisto di un “VAPORIZZATORE PER ACIDO OSSALICO (sublimatore per A. Ossalico)”. Purtroppo la pratica della sublimazione dell’ac. ossalico si sta diffondendo rapidamente fra gli apicoltori che spesso realizzano apparecchiature artigianali incuranti dei rischi sanitari a cui sono soggetti se non dotati di idonea protezione. Il Dr. Franco Mutinelli, ricercatore presso il Centro Regionale per l’Apicoltura, nel suo lavoro “informazioni tossicologiche sull’acido ossalico” ha elencato i numerosi rischi. Il mancato rispetto delle norme di sicurezza possono l’apicoltura ed il controllo e la valorizzazione dei prodotti dell’alveare”, comunicano ai Servizi Veterinari delle ASL ed alle Associazioni Apistiche lombarde l’elenco dei prodotti da utilizzare, in estate ed in autunno, per il controllo della varroasi. Sono sempre state consigliate sostanze farmacologicamente attive, prodotte da ditte farmaceutiche, in confezioni che permettessero agli apicoltori un facile impiego: Apilife Var, Apiguard, Apistan, Perizin, Apivar. Per quanto riguarda l’acido ossalico, non esistendo un medicinale registrato contro la varroa contenente questa sostanza, i Servizi Veterinari Regionali non sono mai entrati in merito alle modalità di approvvigionamento pur fornendo dettagliate informazioni sul tipo di acido ossalico da acquistare (anidro o biidrato), sulle modalità di preparazione della soluzione, sui dosaggi, sulle modalità di utilizzo e sui rischi connessi alla sua manipolazione. Nelle circolari regionali è sempre stato precisato che i trattamenti con ac. ossalico devono essere preventivamente concordati con il Servizio Veterinario dell’ASL competente per territorio. Il non ricevere precise indicazioni sul fornitore a cui rivolgersi ha indotto gli apicoltori a ritenere che l’acido ossalico si potesse acquistare ovunque ma soprattutto si potesse utilizzare “a piacimento” per i trattamenti antivarroa. Una convinzione che con il passare degli anni si è diffusa e rafforzata fra gli apicoltori e le Associazioni Apistiche in quanto il Reg. CE 1804/99 ne ha autorizzato l’impiego in apicoltura biologica ed il Reg. CE n°546 del 24-3-2004 ha incluso questo acido organico nell’allegato II del Reg. CE 2377/90, fra le sostanze non soggette a limiti massimi di residui (MRL). Per soddisfare le richieste degli apicoltori quasi tutte le ditte che vendono materiale apistico hanno inserito fra i loro prodotti anche l’ac. ossalico. Trattamenti con ac. ossalico. In base ai dati presentati da numerosi ricercatori la soluzione che garantisce la maggior efficacia per i trattamenti antivarroa è quella che prevede la diluizione di 1 parte di acido ossalico biidrato in 10 di acqua distillata ed in 10 di saccarosio. Lo sciroppo zuccherino così ottenuto, che contiene il 4,2% di acido ossalico, viene fatto gocciolare fra i favi del nido di arnie Dadant-Blatt alla dose di 5 ml per ogni favo coperto da api in assenza di covata opercolata. Complessivamente vengono utilizzati circa 3 grammi di ac. ossalico per alveare. In base alle dosi consigliate 100 gr. di ac ossalico permettono di preparare una soluzione zuccherina in grado di trattare circa 33 famiglie di api su 10 favi da nido in arnie Dadant-Blatt. Una ditta di Verona, nei suoi depliant pubblicitari, propone agli apicoltori l’acquisto di acido ossalico in diverse formulazioni senza precisare se si tratta di prodotto anidro o biidrato: L’OSSERVATORIO Figura 2. Sublimatore elettrico 5 Sanità animale Tabella 1. Stime sul quantitativo di acido ossalico utilizzato in provincia di Bergamo Stime sul quantitativo di ac. ossalico utilizzato in provincia di Bergamo Kg Distribuito dalle Associazioni Apistiche sotto forma di microcristalli. 37 Contenuto nei flaconi da 1 litro della Chemicals LAIF e distribuito dalle Associazioni Apistiche 15 Acquistato, nella forma microcristallina, presso rivenditori di prodotti apistici e presso negozi di sostanze chimiche 10 Acquistato nelle farmacie nella forma microcristallina 2 Totale (stima approssimativa) 64 causare il contatto, l’inalazione o l’ingestione accidentale di microcristalli di acido ossalico che, in base al dosaggio ed all’organo colpito, possono provocare lesioni cutanee, congiuntiviti acute, polmonite, blocco renale ed in casi gravi la morte. “L’incauto” apicoltore rischia di pagare a caro prezzo la sua “superficialità”. Quantitativo di ac. ossalico utilizzato. In base ai dati raccolti è stato possibile stimare che gli apicoltori bergamaschi abbiano acquistato circa 64 Kg di ac. ossalico: 49 Kg in forma microcristallina e 15 Kg disciolti nella soluzione zuccherina pronta all’uso. Con 64 Kg di ac. ossalico è possibile trattare circa 20.000 alveari. Scopi della ricerca. Scopo del presente lavoro era quello di svolgere un’indagine fra gli apicoltori della provincia di Bergamo per conoscere: 1. Quanti apicoltori utilizzano annualmente l’ac. ossalico. 2. Il tipo di acido acido ossalico impiegato (anidro e biidrato) 3. Il quantitativo di ac. ossalico acquistato e numero di alveari trattati. 4. Chi sono gli abituali fornitori e distributori di ac. Ossalico. 5. Le modalità di confezionamento dell’ac. ossalico acquistato dagli apicoltori. 6. Il tipo di etichettatura posta sulle confezioni. 7. Se l’ac. ossalico è accompagnato da un’analisi chimico analitica. 8. Se l’acido ossalico è scortato da una scheda tecnica. 9. Se compaiono in evidenza sulla confezione i simboli di pericolo (rischi connessi alla manipolazione dell’ac. ossalico) e se è presente una scheda di rischio. 10. La quantità di metalli pesanti (piombo e cadmio) presenti nei vari tipi di ac. ossalico utilizzato dagli apicoltori. Numero di apicoltori che hanno utilizzato l’ac. ossalico. Nel 2007, in provincia di Bergamo, 690 apicoltori hanno denunciato di possedere, in 967 apiari, circa 14500 alveari. In base ai dati raccolti gli apicoltori hanno acquistato circa 20 Kg di ac. ossalico in più (30%) rispetto al fabbisogno stimato se avessero eseguito un solo trattamento autunnale in assenza di covata opercolata come consigliato dai Servizi Veterinari della Regione Lombardia. In realtà molti apicoltori eseguono più trattamenti all’anno con ac. ossalico in presenza di covata opercolata. Altri, per non commettere errori nel preparare la soluzione zuccherina, utilizzano frazioni intere di ac. ossalico preconfezionato (50 gr., 100 gr., 200 gr., ecc.). Una volta eseguito il trattamento gettano la soluzione in eccesso dal momento che questa ha un costo molto contenuto. In base ai dati raccolti ed ai quantitativi di ac. ossalico acquistato dagli apicoltori si può affermare che tutti gli alveari della Provincia di Bergamo sono stati sottoposti nel 2007 ad uno o più trattamenti. L’ac. ossalico, come indicato nella circolare regionale, viene utilizzato regolarmente per eseguire i trattamenti autunnali in assenza di covata opercolata. Si è accertato che numerosi apicoltori, su consiglio anche delle Associazioni Apistiche, somministrano ac. ossalico anche nel periodo estivo, dopo aver tolto i melari, immediatamente prima dell’utilizzo delle tavolette di Apilife Var. Si è osservato che stanno diventando sempre più frequenti i trattamenti estivi ripetuti a base di ac. ossalico sublimato in presenza di Materiali e metodi. Le informazioni relative a questo lavoro sono state raccolte nel 2007, in forma anonima, presso le due Associazioni Apistiche che operano in Provincia di Bergamo (Associazione Produttori Apistici della Provincia di Bergamo e l’Associazione Produttori Apistici Sebini e Valli Confluenti) e presso numerosi apicoltori in occasione di riunioni o di sopralluoghi presso i loro apiari. Per ogni diversa formulazione di ac. ossalico rinvenuta (sia in forma microcristallina che in soluzione zuccherina) sono stati eseguiti dei campionamenti conoscitivi che sono stati inviati al Reparto Contaminanti Ambientali dell’I.Z.S. di Brescia per la ricerca di metalli pesanti (piombo e cadmio). Sanità animale Tabella 2. Fornitori di acido ossalico L’acido ossalico è stato fornito agli apicoltori da: 6 % sul totale Associazioni Apistiche 81,24 Venditori di prodotti apistici e negozi di sostanze chimiche 15,63 Farmacie 3,13 L’OSSERVATORIO covata opercolata. Alcuni apicoltori, ritenendo l’ac. ossalico un prodotto innocuo, a volte eseguono i trattamenti a cavallo di due fioriture senza preoccuparsi di togliere i melari. In questa indagine non è stato preso in considerazione l’“IPEREAT”, un prodotto contenente ac. ossalico e commercializzato come mangime (alimento liquido per le api). Alcuni apicoltori, per l’azione acaricida che svolge nei confronti della varroa, più volte all’anno lo fanno gocciolare fra i favi coperti dalle api. - Farmacisti Associati. In una confezione di cartone è posto un barattolo di plastica che contiene un sacchetto di polietilene con 100 gr, di prodotto. Sia sulla confezione di cartone che sul barattolo di plastica viene riportato il nome della sostanza ed il simbolo che indica che è un prodotto pericoloso. E’ presente la scheda tecnica dell’ac. ossalico biidrato ed il relativo certificato d’analisi. Compaiono le sigle e le avvertenze sui rischi connessi alla sua manipolazione ma non vengono allegate le informazioni tossicologiche per il medico. 4. Acido ossalico biidrato in microcristalli acquistato in un negozio di prodotti chimici di Bergamo. In base alle informazioni raccolte, il quantitativo di ac. ossalico richiesto dall’apicoltore, viene tolto con una paletta da un contenitore di vetro e messo in un sacchetto di carta anonimo, privo di etichetta, senza alcuna indicazione che informi l’acquirente sia sulla sostanza contenuta che sulle precauzioni d’uso. 5. Acido ossalico anidro in microcristalli acquistato da un apicoltore presso un rivenditore di prodotti chimici. L’ac. ossalico è contenuto in un sacchetto di polietilene anonimo privo di qualsiasi etichetta, senza indicazioni sia sulla sostanza contenuta che sulle precauzioni d’uso 6. “OXALATE ACID ACIDO OSSALICO ACIDO ORGANICO PRODOTTO CHIMICO PER USI TECNICI ED INDUSTRIALI”: soluzione zuccherina prodotta da una ditta di Padova. Viene evidenziato che il prodotto è nocivo ma non esiste nessuna indicazione relativa alla composizione ed all’analisi chimica. La soluzione contenuta nel flacone, in base alle informazioni raccolte presso la ditta, è composta da ac. ossalico biidrato 5%, destrosio 20%, acqua distillata q.b. a 100. In questo caso la ditta ha sostituito il saccarosio con il destrosio. La ditta ha fornito, su richiesta, la scheda tecnica con le caratteristiche chimico – fisiche dell’ac.ossalico semolato biidrato da loro utilizzato e la scheda di sicurezza ai sensi della direttiva comunitaria 91/155/CEE. I fornitori di ac. ossalico È da precisare che in commercio non esiste nessun medicinale contenente ac. ossalico da utilizzare per la lotta alla varroa in quanto la materia prima ha un costo molto contenuto (meno di 6,00 euro al Kg). Per questo motivo non esiste un interesse commerciale da parte delle ditte farmaceutiche a far svolgere tutte le indagini previste dalla legge per commercializzare un medicinale a base di ac. ossalico. L’indagine ha permesso di accertare che la maggior parte degli apicoltori hanno reperito l’ac. ossalico presso le Associazioni Apistiche (Associazione Produttori Apistici della Provincia di Bergamo e l’Associazione Produttori Apistici Sebini e Valli Confluenti) in occasione della distribuzione degli altri prodotti acaricidi consigliati dal Servizio Veterinario della Regione Lombardia. Un numero ridotto di apicoltori ha acquistato l’ac. ossalico presso venditori di prodotti apistici o presso negozi chimici. In pochissimi si sono rivolti alle farmacie. Tipo di acido ossalico impiegato, etichettatura e precauzioni d’uso. Nel 2007 gli apicoltori della Provincia di Bergamo hanno utilizzato soprattutto 6 diverse formulazioni di acido ossalico: 4 di queste a base di ac. ossalico biidrato e 2 a base di ac. ossalico anidro. 1. Acido ossalico – 2-idrato per analisi in microcristalli prodotto da una ditta tedesca: fusto da 25 Kg. In etichetta oltre all’analisi chimica dettagliata del prodotto, che ne garantisce la purezza, vengono riportati i rischi connessi alla sua manipolazione. Al fusto è appesa una “scheda di sicurezza” con indicate le precauzioni d’uso, le misure di primo soccorso e le informazioni tossicologiche per il medico. 2. Acido ossalico in microcristalli commercializzato da una ditta di Verona che vende “Attrezzature e prodotti per l’enologia e l’apicoltura”. Sull’etichetta, incollata ai sacchetti di polietilene contenenti 300 gr. o 1 Kg. di acido ossalico, viene evidenziato con un simbolo che il prodotto è nocivo ma non esiste nessuna indicazione relativa alla composizione ed all’analisi chimica. Che si tratta di ac. ossalico anidro lo si rileva dalla sigla CAS 144-62-7. 3. Acido ossalico semolato biidrato in microcristalli prodotto dalla ditta farmaceutica FARMALABOR L’OSSERVATORIO Figura 3. Maschera di protezione per le vie respiratorie 7 Sanità animale Confezioni e tracciabilità. Forma microcristallina. La maggior parte degli apicoltori ha utilizzato acido ossalico in forma microcristallina per la preparazione della soluzione zuccherina o per i trattamenti con il sublimatore. Le Associazioni degli Apicoltori di Bergamo hanno acquistato l’acido organico in fusti da 25 Kg mentre l’Associazione Produttori Apistici Sebini e Valli Confluenti in sacchetti in polietilene da 300gr. o da 1Kg. Sulle confezioni consegnate agli apicoltori le Associazioni hanno riportato il nome della sostanza, le modalità di impiego e a volte i simboli di pericolo (croce o teschio) per avvertire sui rischi derivanti dalla sua manipolazione. È da rilevare che anche le Associazioni Apistiche hanno consigliato agli apicoltori dosaggi diversi da quelli indicati dai ricercatori e dai Servizi Veterinari Regionali. Alcuni apicoltori, soprattutto professionisti, hanno acquistato direttamente dai venditori di materiale apistico l’ac. ossalico della ditta di Verona che è disponibile in confezioni da 300 gr. e da 1000 gr.. In pochi si sono rivolti alle farmacie per l’acquisto dell’ac. ossalico commercializzato dalla FARMALABOR – Farmacisti associati. Presso le farmacie è possibile acquistare, su richiesta, confezioni di ac. ossalico di qualsiasi peso: 20 gr., 40 gr., 50 gr., 100 gr., 250 gr. e 1 Kg di ac. ossalico. Totalmente assente l’etichettatura, le informazioni sulle modalità di utilizzo ed i rischi connessi alla manipolazione sia per l’ac. ossalico anidro che biidrato acquistato dagli apicoltori presso i venditori di prodotti chimici. trattamenti senza correre i rischi connessi alla manipolazione dell’ac. ossalico in microcristalli. Modalità di somministrazione. La maggior parte degli apicoltori nel 2007 ha utilizzato l’ac. ossalico in forma gocciolata utilizzando la dose consigliata nel rapporto di 100 parti di ac. ossalico, 1000 di saccarosio e 1000 di acqua. Altri hanno rispettato i diversi dosaggi scritti sulle confezioni da 20 gr, 40 gr, 80 gr e 100 gr. preparate e distribuite dalle Associazioni Apistiche: 80 parti di ac. ossalico, 400 di saccarosio e 1000 di acqua distillata oppure 80 parti di ac. ossalico, 1000 di saccarosio e 1000 di acqua distillata.Limitato è stato l’uso dell’ac. ossalico biidrato nebulizzato, alla dose di 30 gr. sciolti in 1 litro di acqua distillata, in quanto questo intervento è molto impegnativo e laborioso. Nonostante i rischi numerosi apicoltori sono ricorsi all’utilizzo dell’acido ossalico sublimato realizzando od acquistando apparecchiature in grado di provocare negli alveari la sublimazione dell’ac. ossalico attraverso il calore indotto da una resistenza elettrica o dalla fiamma. Esiti delle analisi eseguite sui campioni di ac. ossalico. Su tutti i 6 diversi campioni contenenti ac ossalico, sia nella forma microcristallina che in soluzione, si è deciso di eseguire, presso il laboratorio chimico dell’IZS di Brescia, le analisi per la ricerca dei metalli pesanti cadmio e piombo. Cadmio: in tutti i 6 campioni non è stata evidenziata la presenza di cadmio. Piombo: le analisi hanno permesso di evidenziare la presenza di piombo in quantità comprese fra i 0,02mg/Kg e i 6,68 mg/Kg. Con le analisi si è potuto evidenziare che nel campione di ac. ossalico anidro, acquistato presso un rivenditore di prodotti chimici, in assenza di qualsiasi etichettatura, la concentrazione di piombo è notevolmente superiore rispetto a qualsiasi altra formulazione a base di ac. ossalico biidrato. Le due formulazioni che hanno presentato il maggior titolo di piombo sono state quelle prive di qualsiasi etichettatura: entrambe sono state acquistate presso negozi di prodotti chimici. Soluzione zuccherina pronta all’uso. Gli apicoltori bergamaschi hanno utilizzato quasi esclusivamente la soluzione zuccherina distribuita dalla ditta di Padova. Sul flacone da 1 litro compare la scritta “OXALATE ACID ACIDO OSSALICO ACIDO ORGANICO PRODOTTO CHIMICO PER USI TECNICI ED INDUSTRIALI”. La soluzione zuccherina pronta all’uso, pur non essendo destinata specificatamente al settore apistico, ha l’indubbio vantaggio di garantire agli apicoltori la possibilità di eseguire Tabella 3. Risultati esami eseguiti su sei campioni contenenti acido ossalico prodotti da ditte diverse Ditta produttrice Tipo di ac. ossalico Presentazione Piombo mg/Kg Cadmio Mg/Kg Ditta di Verona anidro microcristallina 0,02 0 Ditta tedesca biidrato microcristallina 0,03 0 FARMALABOR- Farmacisti Associati biidrato microcristallina 0,07 0 Sconosciuta – negozio di prodotti chimici biidrato microcristallina 0,11 0 Sconosciuta – negozio di prodotti chimici anidro microcristallina 6,68 0 Ditta di Padova biidrato soluzione 0,06 0 Sanità animale 8 L’OSSERVATORIO tecnica, la scheda di sicurezza, la composizione chimica ed il numero di lotto dell’ac. ossalico biidrato da loro utilizzato. La ditta lo ritiene un servizio fatto nell’interesse degli apicoltori in quanto la soluzione zuccherina pronta all’uso permette di eseguire trattamenti senza correre i rischi connessi alla manipolazione dell’ac. ossalico in microcristalli. Alla stregua della ditta di Padova anche la ditta di Verona commercializza flaconi da 1 litro contenenti una soluzione zuccherina al 6% di ac. ossalico o flaconi da 1 litro contenti una soluzione di ac. ossalico al 3%. Durante l’indagine, eseguita in provincia di Bergamo, non sono stati rinvenuti presso gli apicoltori flaconi dalla ditta di Verona pur sapendo che vengono regolarmente utilizzati in altre province.L’indagine ha permesso di evidenziare alcune carenze relative all’etichettatura. Per l’acido ossalico commercializzato dalla FARMALABOR e venduto in farmacia, in etichetta compare in forma ben visibile il nome della sostanza, il numero di lotto, il peso ed il simbolo che si tratta di una sostanza pericolosa. Non è presente una scheda di sicurezza dettagliata ma in etichetta vengono riportati i codici di rischio relativi alla sostanza chimica ed il loro significato: – R 21/22: nocivo a contatto con la pelle e per ingestione – S2: conservare fuori dalla portata dei bambini – S24: evitare il contatto con gli occhi – S25: evitare il contatto con la pelle La composizione analitica non compare in etichetta ma è presente in un foglio allegato alla confezione. Il prodotto commercializzato dalla ditta di Verona presenta un’etichettatura molto tecnica, comprensibile ai chimici ma non agli apicoltori. In etichetta compare solo il nome “ACIDO OSSALICO”. Che si tratti di ac. ossalico anidro lo si rileva dalla sigla CAS 144-62-7. Anche la scheda di sicurezza secondo la Direttiva 91/155/ CEE è racchiusa nella sigla CEE 607-006-00-8. Manca il numero di lotto e la composizione analitica. Viene riportato il peso ed il simbolo che si tratta di una sostanza pericolosa con i codici di rischio relativi alla sostanza chimica ed il loro significato: – R 21/22: nocivo a contatto con la pelle e per ingestione – S2: conservare fuori dalla portata dei bambini – S24/25: evitare il contatto con gli occhi e con la pelle L’acido ossalico – 2-idrato per analisi in micro-cristalli prodotto dalla ditta tedesca, contenuto in un fusto da 25 Kg, presenta un’etichettatura completa: analisi chimica dettagliata, peso, numero di lotto, il simbolo di sostanza nociva, i codici R 21/22, S2-24/25 con il loro significato, una “scheda di sicurezza” con indicate le precauzioni d’uso, le misure di primo soc- Considerazioni. Il presente lavoro ha permesso di raggiungere tutti gli obiettivi che si era prefissato. Nell’anno 2007, in provincia di Bergamo, nel rispetto delle indicazioni impartite dal Servizio Veterinario Regionale, quasi tutti i 690 apicoltori hanno utilizzato ac. ossalico, sia biidrato che anidro, per effettuare nei 14.500 alveari trattamenti contro la varroa. Dei circa 64 Kg di ac. ossalico utilizzati oltre l’81% è stato distribuito dalle Associazioni Apistiche, in parte nella forma microcristallina (71,15%) ed in parte con i flaconi della ditta di Padova sotto forma di soluzione zuccherina pronta all’uso (28,85%). Il 15,63 % di ac. ossalico è stato acquistato presso rivenditori di prodotti apistici e presso negozi di sostanze chimiche mentre solo il 3,13% presso le farmacie. Le Associazioni Apistiche, la ditta di Verona, la FARMALABOR- Farmacisti Associati ed un negozio di prodotti chimici hanno utilizzato sacchetti in polietilene per fornire agli apicoltori l’ac. ossalico nella forma microcristallina. In particolare le Associazioni Apistiche, per evitare che gli apicoltori commettessero errori, hanno frazionato il prodotto originario preparando e distribuendo confezioni da 20-40-60-80 e 100 gr. con adesa un’etichetta che indica, per ogni dosaggio, il quantitativo di zucchero e di acqua necessari per la preparazione della soluzione zuccherina. Per i rischi derivanti da possibili e facili rotture è assolutamente da evitare l’impiego di sacchetti di carta: purtroppo la ricerca ha evidenziato che l’ac. ossalico biidrato, acquistato presso un negozio di prodotti chimici è stato tolto con una paletta da un contenitore di vetro e confezionato, alla stregua di zucchero o sale, in un sacchetto di carta senza alcuna avvertenza tossicologica per l’acquirente. Inoltre la carta, a contatto con l’acqua, si lacera con facilità disperdendo il contenuto nell’ambiente con potenziali rischi caustici e tossici per uomini ed animali. Numerosi apicoltori hanno utilizzato la soluzione zuccherina pronta all’uso della ditta di Padova contenuta in flaconi da 1 litro anche se in etichetta non viene precisato che è un prodotto destinato al settore apistico ma “OXALATE ACID ACIDO OSSALICO ACIDO ORGANICO PRODOTTO CHIMICO PER USI TECNICI ED INDUSTRIALI”. Gli apicoltori impiegano questa soluzione zuccherina “in fiducia” in quanto la stessa ditta commercializza da anni un prodotto a base di timolo molto efficace nella lotta alla varroa. Sul flacone compaiono le avvertenze “Nocivo a contatto con la pelle e per ingestione; tenere lontano dalla portata dei bambini; evitare il contatto con gli occhi e la pelle”. In etichetta non compare alcuna indicazione sulla composizione chimica: questa la si rileva in alcuni foglietti illustrativi o in alcune note tecniche non allegate ai flaconi. Su richiesta la ditta di Padova ha fornito la scheda L’OSSERVATORIO 9 Sanità animale corso e le informazioni tossicologiche per il medico. Purtroppo quasi tutti questi dati ed informazioni non compaiono sull’etichetta adesa ai sacchetti di polietilene contenenti 20-40-60-80 e 100 gr. di ac. ossalico e confezionati dall’Associazione degli Apicoltori dopo aver frazionato il contenuto del fusto originario da 25 Kg. Preoccupa la mancanza di qualsiasi etichettatura sui sacchetti di carta e di polietilene contenenti ac. ossalico, sia anidro che biidrato, acquistato presso negozi di prodotti chimici. Un comportamento superficiale e deplorevole da parte del venditore che può comportare gravi rischi per l’acquirente. Reg. CE 1804/99 per l’impiego in apicoltura biologica e che era stato incluso dal Reg. CE n°546 del 24-3-2004 nell’allegato II del Reg. CE 2377/90, fra le sostanze non soggette a limiti massimi di residui (MRL), ha generato negli apicoltori e nelle Associazioni Apistiche la falsa convinzione che fosse un acido organico non soggetto ad alcuna restrizione e che, come qualsiasi sostanza innocua, si potesse acquistare ovunque ed utilizzare a piacimento per i trattamenti contro la varroa apportando alle modalità di utilizzo consigliate le numerose varianti suggerite dalla vivace fantasia che è insita nell’apicoltore italiano. Le Associazioni Apistiche sono sempre state il punto di riferimento per molti apicoltori. Inizialmente, a seguito della diffusione della varroa, si sono attivate per insegnare agli apicoltori le tecniche apistiche da utilizzare per contrastare la diffusione dell’acaro. Nello stesso tempo, collaborando attivamente con i Servizi Veterinari dell’ASL, si sono rese disponibili per distribuire gli acaricidi di sintesi Apistan e Perizin. Questo comportamento si è consolidato negli anni tanto che, anche dopo la comparsa di varroe resistenti al fluvalinate ed al coumaphos, le Associazioni hanno continuato a svolgere questo servizio a favore degli apicoltori distribuendo i prodotti consigliati dal Servizio Veterinario Regionale ed insegnando le modalità di utilizzo. Va precisato che, nonostante le buone intenzioni, le operazioni di frazionamento dell’acido ossalico non possono essere eseguite dalle Associazioni Apistiche in quanto competono esclusivamente alle ditte farmaceutiche ed alle farmacie. La preparazione della soluzione zuccherina con acido ossalico comporta per l’apicoltore il rischio di venire a contatto accidentalmente con i microcristalli. Per questo motivo sarebbe auspicabile la messa in commercio di soluzioni zuccherine pronte all’uso che avrebbero l’indubbio vantaggio di limitare i rischi per l’apicoltore ma soprattutto di garantire una preparazione dosata correttamente. Purtroppo attualmente nessuna ditta che sta commercializzando l’acido ossalico in soluzione zuccherina ha espletato le pratiche per ottenere l’A.I.C. (autorizzazione immissione in commercio). La preparazione “galenica” a base di ac. ossalico, dovrebbe essere effettuata dalle farmacie in base alle indicazioni riportate nella ricetta veterinaria. Purtroppo le farmacie si limitano alla semplice distribuzione di un acido organico preconfezionato lasciando all’apicoltore i rischi connessi alla preparazione della soluzione. D’altra parte la preparazione della soluzione zuccherina in farmacia comporterebbe per l’apicoltore un considerevole aumento dei costi. Capita spesso che gli apicoltori apportino alla formula originaria delle modifiche non suffragate da esperienze scientifiche ma basate esclusivamente su impressioni personali o sul sentito dire. E’ risaputo che l’efficacia dell’acido ossalico nei confronti della varroa è condizionata dall’umidità Analisi di laboratorio. Le analisi di laboratorio, eseguite per la ricerca di metalli pesanti (piombo e cadmio), hanno evidenziato che nel campione di ac. ossalico anidro, acquistato presso un rivenditore di prodotti chimici, le concentrazioni di piombo sono da 61 a 334 volte superiori rispetto a tutti gli altri campioni di ac. ossalico. Per questo motivo è importante che la purezza dell’ac. ossalico, da somministrare alle api, sia sempre garantita da una corretta etichettatura e da un’analisi chimica. Conclusioni. Gli apicoltori hanno individuato negli ac. organici un valido strumento di lotta contro la varroa da quando questo acaro ha sviluppato resistenza nei confronti degli acaricidi di sintesi (fluvalinate, coumaphos, ecc.) In modo particolare l’acido ossalico, sia nella forma anidra che biidrata, è la sostanza chimica che ha trovato in Italia il maggior impiego per i trattamenti da eseguire in assenza di covata opercolata. Non essendo presente in commercio un medicinale registrato contenente acido ossalico, ma solo un mangime liquido, i Servizi Veterinari Regionali non sono mai entrati in merito alle modalità di approvvigionamento delegando al Servizio Veterinario dell’ASL competente per territorio, il controllo dei trattamenti eseguiti dagli apicoltori. Il sapere che l’acido ossalico era stato autorizzato dal Figura 4. Confezione di acido ossalico Sanità animale 10 L’OSSERVATORIO confronti della varroa. Lo stesso dicasi per le soluzioni zuccherine pronte all’uso prodotte da ditte che hanno sostituito il saccarosio con altri zuccheri senza eseguire preventivamente rigorose ricerche scientifiche. Le analisi di laboratorio hanno dimostrato che l’acido ossalico può essere contaminato da sostanze indesiderate, in particolare da metalli pesanti. Pertanto è indispensabile che la ditta farmaceutica esegua analisi di laboratorio sulla partita di acido ossalico originaria destinata ad essere frazionata. Deve essere sempre garantita la qualità di questo acido organico che, in base alle modalità di somministrazione ed all’utilizzo, viene a contatto con i prodotti delle api destinati alla produzione di alimenti per l’uomo. È importante regolamentare a livello nazionale l’acquisto dell’ac. ossalico da impiegare in apicoltura attraverso un sistema che offra le massime garanzie attraverso: – una corretta etichettatura che ne permetta la tracciabilità – una analisi chimica certificata – una scheda tecnica – precise indicazioni sulle modalità d’impiego – l’elenco dei rischi tossicologici – la disponibilità di confezioni con dosi scalari per soddisfare le esigenze di tutti gli apicoltori Attualmente l’unico sistema ufficiale, riconosciuto ed affidabile che permette di offrire tutte queste garanzie è quello farmaceutico. Inoltre le farmacie, distribuite in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, danno agli apicoltori la possibilità di reperire sempre e con facilità gli acidi organici da utilizzare nella lotta alla varroa. Questo non toglie la possibilità ad altre ditte di commercializzare ac. ossalico in purezza od in soluzione zuccherina purchè si dotino di tutte le autorizzazioni previste per legge. Visti i risultati di questa indagine, nell’estate del 2008, i Servizi Veterinari dell’ASL di Bergamo hanno deciso di regolamentare l’utilizzo dell’ac. ossalico utilizzato in apicoltura applicando l’art. 76 del decreto legislativo N° 193, del 6 aprile 2006, che prevede l’obbligo della ricetta veterinaria non ripetibile in triplice copia per la prescrizione dei medicinali, compresi gli antiparassitari, che vengono utilizzati negli animali da reddito. E dal momento che l’ape produce sostanze alimentari per l’uomo viene compresa fra gli animali da reddito e l’ac. ossalico fra gli antiparassitari. Inoltre l’art. 79 dello stesso decreto, prevede che i proprietari o i detentori degli animali riportino in un registro aziendale, vidimato dal Servizio Veterinario dell’ASL, le seguenti informazioni: a- data del trattamento b- identificazione del veterinario prescrittore c- nome del prodotto utilizzato d- quantità utilizzata e- nome ed indirizzo del fornitore (farmacia) f- numero di alveari da sottoporre a trattamento relativa dell’aria all’interno dell’alveare e che il saccarosio utilizzato per la preparazione della soluzione zuccherina è fondamentale per mantenere idratata la soluzione. Spesso gli apicoltori segnalano che i trattamenti eseguiti con ac. ossalico hanno dato risultati insoddisfacenti per cui, con questa scusa, chiedono di poter utilizzare prodotti non autorizzati. Ma per ora gli insuccessi non sono dovuti alla comparsa di varroe resistenti all’ac. ossalico ma esclusivamente a soluzioni zuccherine preparate con dosaggi errati o a trattamenti eseguiti in presenza di covata opercolata. Con questo lavoro si è evidenziato che la formula originaria della soluzione zuccherina indicata dai Servizi Veterinari della Regione Lombardia e dal “Gruppo di lavoro regionale per la tutela sanitaria e l’incremento dell’apicoltura ed il controllo e la valorizzazione dei prodotti dell’alveare”, viene spesso modificata dallo stesso apicoltore o dietro consiglio dell’Associazione Apistica. Lo stesso vale per le ditte produttrici di soluzioni pronte all’uso. A volte sono i piccoli apicoltori che, non disponendo di una bilancia di precisione per frazionare l’acido ossalico, preparano soluzioni zuccherine con dosaggi approssimativi. Per questo motivo è importante che siano disponibili confezioni di acido ossalico di peso crescente (2040-60-80-100-250-500-1000 gr) che permettano di preparare la dose di soluzione zuccherina adeguata al numero di alveari posseduti senza dover procedere, per motivi di sicurezza, a frazionamenti della confezione originaria ed alla conservazione dell’ac. organico inutilizzato. Da non sottovalutare i rischi sanitari connessi al sempre più diffuso impiego di acido ossalico sublimato. Giustamente il Servizio Veterinario della Regione Lombardia non ha preso in considerazione questo tipo di trattamento e non l’ha proposto agli apicoltori per i rischi derivanti dal suo utilizzo senza un’idonea attrezzatura protettiva. Inoltre non sono ancora disponibili dati scientifici sui tempi di permanenza dei microcristalli sulla superficie interna degli alveari e che potrebbero essere inalati dall’apicoltore al momento dell’apertura delle arnie anche se i trattamenti per sublimazione sono stati eseguiti da diversi giorni. Dal momento che l’ac. ossalico sublimato è largamente impiegato, perché ha dimostrato una buona azione acaricida, sarebbe auspicabile che venissero condotte dagli istituti di ricerca una serie di verifiche per inserire questa metodica fra quelle riconosciute e quindi permetterne l’impiego a coloro che dispongono delle adeguate misure protettive. Per la sicurezza dell’operatore è importante che le confezioni di ac. ossalico riportino in evidenza i rischi tossicologici non solo attraverso sterili sigle ma con frasi chiare e ben comprensibili. Inoltre è importante che l’apicoltore sappia se sta utilizzando ac. ossalico anidro o biidrato per evitare la preparazione di soluzioni zuccherine iper o ipo-concentrate che possono causare danni alle api o avere un’efficacia ridotta nei L’OSSERVATORIO 11 Sanità animale coordinamento o di collaborazione, venissero svolte molte ricerche scientifiche ma che poche di queste fossero finalizzate alla soluzione dei problemi degli apicoltori. Lo stesso dicasi per la maggior parte dei Sevizi Veterinari che, non disponendo di personale qualificato, si sono limitati alla sterile applicazione delle norme di legge. Una situazione che ha portato apicoltori ed Associazioni Apistiche al “fai da te”. Pur di salvare le api, fonte del loro sostentamento, hanno iniziato a consultare riviste specializzate ed a svolgere sperimentazioni spesso ricorrendo all’utilizzo di prodotti non autorizzati. Sperimentazioni presentate come “lavori scientifici” in occasione dei convegni degli apicoltori. Una situazione di anarchia che, nonostante i buoni intenti e alcuni risultati positivi, deve essere regolamentata. E la prescrizione dei farmaci è il primo passo per evitare l’impiego di prodotti non autorizzati o di dubbia provenienza. Sicuramente non ci si deve limitare a questo. E’ auspicabile una stretta sinergia e collaborazione fra apicoltori, istituti di ricerca e Servizi Veterinari per far crescere e sviluppare il settore apistico. Inoltre il registro ed i documenti relativi ai farmaci acquistati (ricette, fatture, scontrini, ecc.) devono essere conservati per cinque anni dall’ultima annotazione. L’art. 15 del Decreto Legislativo N° 158 del 16 marzo 2006 obbliga l’apicoltore a registrare, entro 24 ore, la data d’inizio e di fine trattamento. Gli apicoltori, abituati ad eseguire con una certa indipendenza i trattamenti anti-varroa, ritengono la norma soffocante, anacronistica e burocratica. Per garantire il consumatore, a nostro avviso, la norma deve essere applicata compiutamente da tutti gli apicoltori professionisti e semiprofessionisti che producono e commercializzano i prodotti degli alveari: miele, cera, papa reale, propoli. Per gli apicoltori hobbisti, che producono esclusivamente per autoconsumo, potrebbe essere superfluo il registro dei trattamenti: sarebbe sufficiente la conservazione della ricetta veterinaria in triplice copia, vidimata dal farmacista, a dimostrazione dell’acquisto di un prodotto di qualità per l’esecuzione dei trattamenti relativi all’anno in corso. I Servizi Veterinari dell’ASL di Bergamo, valutato il ruolo ecologico- ambientale svolto dal settore apistico, per l’anno 2008 hanno deciso di fornire gratuitamente, a tutti gli apicoltori che ne faranno richiesta, le ricette per l’acquisto dell’ac. ossalico in farmacia. A questo punto bisogna ricordare che nell’allegato II, cioè fra le sostanze non soggette a limiti massimi di residui (MRL) negli alimenti di origine animale, oltre all’acido ossalico, vengono compresi anche l’acido lattico e l’acido formico. L’utilizzo di questi tre acidi organici per la lotta alla varroa può avvenire solo come “somministrazione in deroga” in base all’art. 11 del D.L. 193/06 in quanto non sono presenti in commercio medicinali che li contengono: un farmacista dovrebbe preparare estemporaneamente un medicinale contenente uno di queste sostanze in base alle indicazioni contenute in una prescrizione veterinaria (preparazione galenica). Tutte le problematiche affrontate e discusse nel presente lavoro valgono quindi per tutti gli acidi organici, in particolare per l’ac. formico, notevolmente impiegato per effettuare i trattamenti degli alveari situati soprattutto nell’arco alpino. La Direzione Sanità Pubblica, Settore Sanità ed Igiene degli allevamenti della Regione Piemonte il 20-7-07 (prot. N° 40448/27.3) con una circolare avente per oggetto “Trattamenti terapeutici per il controllo della varroasi” ha dato una risposta ai numerosi quesiti relativi all’impiego degli acidi organici. La si cita in quanto, a nostro avviso, puntualizza con chiarezza gli aspetti normativi che interessano il settore apistico coinvolgendo nello stesso tempo il Servizio Veterinario Pubblico. Negli ultimi anni il settore apistico si è trovato da solo ad affrontare nuove e gravi problematiche. Non sempre gli istituti di ricerca sono stati in grado di trovare di volta in volta efficaci e tempestive soluzioni che permettessero agli apicoltori di salvare le api. Anzi si è sempre avuta la sensazione che, per mancanza di finanziamenti, di Sanità animale Ringraziamenti. – Dr.ssa Enrica Ferretti, Dirigente Responsabile del Reparto Contaminanti Ambientali dell’I.Z.S. di Brescia. – Associazione Produttori Apistici della Provincia di Bergamo – Associazione Produttori Apistici Sebini e Valli Confluenti 1. Referente Provinciale per l’Apicoltura Servizio Veterinario ASL di Bergamo La bibliografia è disponibile presso l’autore 12 L’OSSERVATORIO Le segnalazioni degli spopolamenti e delle mortalità degli alveari in Italia: resoconto 2008 C. Porrini1, A.G. Sabatini2, F. Mutinelli3, M. Astuti4, A. Lavazza5, R. Piro5, D. Tesoriero2, P. Medrzycki2, F. Sgolastra1, L. Bortolotti2 un apposito verbale/questionario. I campioni dovevano essere successivamente inviati all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Brescia per l’accertamento di patogeni con particolare riferimento alle infezioni virali, e al CRA-Unità di Ricerca di Apicoltura e Bachicoltura di Bologna (CRA-API) per l’analisi di residui di Imidacloprid, Thiamethoxam, Clothianidin e Fipronil . In base alle medesime motivazioni, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie ha provveduto a effettuare analoghi campionamenti nel territorio di sua competenza. Anche questi campioni sono stati successivamente analizzati per la presenza di virosi presso l’IZSLER di Brescia. In totale sono stati effettuati 105 campionamenti di api (65 nella Lombardia e 40 nelle Venezie), e 4 di polline nella Lombardia. Introduzione Fra le cause dei danni al patrimonio apistico, registrati in questi ultimi anni, predominano i patogeni e gli agrofarmaci, vi sono però anche numerose importanti concause che possono agire in sinergia con i fattori principali. Al fine di comprendere ed affrontare il problema è importante, a questo riguardo, suddividere nel tempo e nello spazio l’area di indagine per individuare le cause che insistono sulle varie zone nelle diverse epoche. Per ora solo nel nord Italia, a seguito delle segnalazioni inviate dagli apicoltori nel corso degli ultimi anni, si è potuto distinguere in base alla stagionalità le principali cause della morte delle api e dello spopolamento degli alveari (fig. 1). Nel periodo primaverile-estivo, nelle aree intensamente coltivate, le api subiscono perdite ingenti soprattutto a causa degli agrofarmaci, mentre i danni rilevabili nella tarda estate e fino al termine dell’inverno successivo sono perlopiù di ordine patologico. Analisi di laboratorio Nella tabella 1 sono riportati in maniera sintetica i risultati delle analisi chimiche. La presenza di residui di Imidacloprid, Thiamethoxam e Clothianidin, utilizzati nella concia delle sementi di mais, in 52 campioni di api (tra cui 5 con presenza contemporanea di 2 pp.aa.) su 105 analizzati (49,5%) e in 3 campioni di polline (tra cui 1 con presenza contemporanea di 2 pp.aa.) su 4 analizzati (75%), è significativa della causa del danno provocato alle api, identificata con l’esposizione diretta delle api ai pp.aa. citati e/o il bottinamento su vegetali a loro volta esposti ai prodotti stessi. L’indagine Nella primavera del 2008, a seguito delle segnalazioni di mortalità di api in concomitanza con la semina di mais, in diverse aree dell’Italia settentrionale, sono stati raccolti campioni ufficiali di api, da parte delle ASL. In particolare, la Direzione Generale Sanità della Regione Lombardia ha invitato gli apicoltori a segnalare casi di spopolamento e/o morie e i Servizi Veterinari dell’ASL a effettuare i sopralluoghi, le visite agli alveari ed i campionamenti di api, compilando Analisi chimiche e contesto agricolo Relativamente ai residui rinvenuti nelle api, si precisa che gli agrofarmaci possono essere presenti nei campioni di api morte in quantità più o meno rilevanti, o assenti, in base a diversi fattori. Innanzitutto le api possono venire in contatto con gli agrofarmaci irrorati nell’ambiente, raccogliendo nettare e polline sui fiori di piante coltivate e non, la rugiada e la melata su foglie e rami, l'acqua da pozzanghere e fossi o intercettando, data la pelosità del loro corpo, le particelle in sospensione atmosferica o, ancora, investite direttamente dal trattamento antiparassitario. Queste contaminazioni si verificano quando si effettuano trattamenti in fioritura, si impiegano dosaggi elevati, oppure si interviene in periodi o in ore non appropriate contaminando, tramite l’effetto deriva, le coltivazioni o le specie botaniche sponta- Figura 1. Cause generali e specifiche, in relazione all’epoca e alla latitudine, dello spopolamento degli alveari e della mortalità delle api. L’OSSERVATORIO 13 Sanità animale Tabella 1. Sintesi dei risultati ottenuti relativi all’analisi dei campioni di api e polline provenienti dalla Lombardia e dalle Venezie nella primavera del 2008. Totale campioni analizzati Totale campioni api Totale campioni polline Totale campioni positivi (api) Totale campioni positivi (polline) Campioni positivi Imidacloprid (api) Campioni positivi Imidacloprid (polline) Campioni positivi Thiamethoxam (api) Campioni positivi Thiamethoxam (polline) Campioni positivi Clothianidin (api) Campioni positivi Clothianidin (polline) Campioni positivi Fipronil (api) Campioni positivi multiresiduo Imidacloprid e Clothianidin (api) Campioni positivi multiresiduo Imidacloprid e Clothianidin (polline) Regione LOMBARDIA Numero % 69 65 4 30 46,1 3 75,0 19 29,2 3 75,0 2 3,0 0 0 13 20,0 1 25,0 0 0 TOTALE Numero % 109 105 4 52 49,5 3 75,0 27 25,7 3 75,0 3 2,8 0 0 27 25,7 1 25,0 0 0 4 6,1 1 2,5 5 4,7 1 25,0 - - 1 25,0 nee circostanti in fiore. Il trattamento, tra l’altro, di solito non investe in pieno tutte le bottinatrici che in quel momento si trovano in campo; alcune non colpite in pieno sono destinate a morire in un secondo tempo nell’alveare, condividendo la sorte con altre api che solo successivamente hanno bottinato i fiori investiti dal trattamento fitosanitario. Se la dose assunta è al dì sotto di quella considerata mortale (dose subletale), le api potrebbero incorrere in problemi comportamentali e di orientamento. Le api morte davanti all’alveare possono rimanere sul luogo anche qualche giorno, e comunque finché non viene effettuata una visita nell’apiario. L’apicoltore segnala il caso alla ASL competente per territorio e dovrà attendere l’arrivo degli Ufficiali sanitari per il prelievo dei campioni, la compilazione del verbale e del questionario. Le analisi chimiche possono evidenziare tre situazioni: 1. dose pari o superiore alla DL50: la causa dell’intossicazione è da addebitare all’agrofarmaco rilevato; 2. dose inferiore alla DL50: si presume un avvelenamento causato dall’agrofarmaco rilevato; 3. residui al di sotto del limite di rilevabilità strumentale: la sostanza attiva non era presente oppure si è degradata durante il periodo intercorso fra il contatto delle api con l’agrofarmaco in campo e l’analisi del campione in laboratorio. Nei casi 2 e 3 le analisi chimiche di per sé non sono sufficientemente esaustive. È indispensabile arrivare alla diagnosi con l’aiuto dei dati di campo. Le osservazioni devono essere condotte sia sugli alveari colpiti (mortalità, comportamento delle api, attività di volo, spopolamento, stato sanitario della famiglia, ecc.) che nell’ambiente circostante l’apiario (tipo di zona, colture presenti, trattamenti fitosanitari eseguiti, condizioni meteorologiche, ecc.). Sanità animale VENEZIE Numero % 40 40 0 22 55,0 8 20,0 1 2,5 14 35,0 0 0 A questo riguardo si riportano alcuni dati dei questionari provenienti dalla Regione Lombardia, relativi ai 1.513 alveari colpiti e corrispondenti a 65 campioni di api analizzati. Il numero di alveari colpiti in ogni apiario andava da un minimo di 3 ad un massimo di 170 e le api morte riscontrate in ogni alveare variavano da diverse centinaia a qualche migliaio (anche 15.000 – 20.000). Tutte le segnalazioni sono giunte da aree agricole dislocate per il 69% in pianura, il 20% in collina e per il resto in zone miste. Nel 96% dei casi la coltura prevalente circostante gli apiari era il mais seguita da grano e prati. I danni alle api si sono evidenziati nel 96,2% delle segnalazioni in concomitanza, o subito dopo, le semine di mais. Inoltre, gli alveari colpiti da forte mortalità, erano per il 93% stanziali e solo il 7% nomadi. Il comportamento delle api è risultato anomalo nel 91% dei casi: api che giravano su se stesse (71,4%), disorientate (57,4%), aggressive (23,8%) o che non riuscivano a entrare nell’alveare (52,3%). Nei favi era presente covata giovane e opercolata, buone scorte di polline e miele sia fresco che opercolato. Nel periodo in cui si è registrato il danno era in corso un’intensa attività di bottinamento da parte delle api comprovata dall’osservazione, nel 95,8% dei casi, di numerose bottinatrici con il carico di polline. I dati riportati, attribuibili sia a campioni con esito positivo che negativo all’analisi chimica, confermano quindi che la causa dei danni subiti dagli alveari è da imputare alle operazioni di semina del mais anche nei casi in cui non si è avuto il conforto dalle analisi chimiche. Analisi per l’identificazione di agenti patogeni La visita sanitaria effettuata dal veterinario della ASL negli apiari e le analisi patologiche eseguite presso gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, hanno esclu- 14 L’OSSERVATORIO possono discriminare le diverse cause che hanno portato alla perdita di parte del patrimonio apistico italiano. In alcune Regioni e in alcuni periodi dell’anno i fenomeni sono da attribuire a cause interne all’alveare e segnatamente a cause patologiche, per le quali è opportuno mettere in atto appropriate iniziative di monitoraggio e sorveglianza. Ugualmente vi sono numerosi casi di mortalità causati da impropria esecuzione di trattamenti fitosanitari, la cui soluzione richiede un più capillare controllo oltre che una costante azione di formazione e informazione di agricoltori e apicoltori. L’aspetto legato alla semina di mais conciato può essere valutato a sé. I dati disponibili raccolti dal 1999 ad oggi, derivanti dalle segnalazioni provenienti dal territorio, dai risultati delle analisi su campioni di api morte, dai risultati delle sperimentazioni condotte e, in particolare le evidenze emerse dai rilievi ufficiali e dalle analisi effettuate nella primavera del 2008 nelle principali zone maidicole italiane, indicano che le operazioni di semina del mais conciato provocano una dispersione di polveri contenenti le sostanze insetticide utilizzate per la concia. Questa perdita, soprattutto dove l’estensione delle coltivazione è ampia e quando le condizioni meteorologiche sono tali da favorire la deposizione sulla vegetazione circostante e sulle api stesse, sono causa di mortalità e/spopolamento degli alveari. In seguito alla misura precauzionale adottata dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, è assolutamente necessario per il 2009 incentivare le segnalazioni, già utilizzate come sistema di controllo nel corso del 2008 ma il cui utilizzo andrebbe maggiormente diffuso, ed attivare contestualmente una rete nazionale di monitoraggio. Sarebbe altresì utile intraprendere l’elaborazione di mappe, su base regionale, che valutino l’effettiva presenza di fitofagi ipogei. Tale strumento servirebbe ad utilizzare il seme conciato solo nei casi in cui vi è una reale necessità. Inoltre, nonostante la sospensione, è indispensabile mettere in atto anche gli accorgimenti tecnici utili ad eliminare la dispersione di polveri durante la semina, intervenendo sulle modalità di questa operazione e su quelle di concia, in modo tale che, indipendentemente dalle condizioni meteorologiche e da ogni altra variabile, la semina del mais avvenga senza alcun rischio per le api. Tabella 2. Alveari colpiti da mortalità anomale in alcune regioni italiane. Segnalazioni con questionari pervenute nel 2008 (situazione aggiornata al giugno 2008) Regione Lombardia Piemonte Emilia-Romagna Veneto e Trentino Friuli (Greatti, 2008) Totale N° alveari colpiti 1.513 1.167 187 1.000 2.461 6.328 N° di Apicoltori 40 8 7 20 110 185 so che le mortalità fossero attribuibili ad agenti infettivi ed in particolare a virosi, spesso ritenute causa di mortalità massive in colonie compromesse per cause concomitanti (es. grave infestazione da varroa). Segnalazioni Oltre ai questionari pervenuti al DiSTA dell’Università di Bologna e al CRA-API, sono state raccolte ulteriori segnalazioni dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie e dal Dipartimento di Biologia e Protezione delle Piante dell’Università di Udine provenienti da singoli apicoltori o dai Servizi Veterinari delle ASL. Tali segnalazioni indicano che nel corso del 2008 le mortalità anomale hanno colpito 6.328 alveari e il numero di apicoltori coinvolti è stato di 185 (tab. 2). Si deve tuttavia considerare che tali cifre sono largamente in difetto perché la maggior parte degli apicoltori non segnala le mortalità o gli spopolamenti nei propri alveari. In effetti l’Osservatorio Nazionale della Produzione e del Mercato del Miele, nel suo secondo rapporto sullo spopolamento degli alveari dell’aprile scorso, indica in 50.000 gli alveari coinvolti (http:// www.osservatoriomiele.org/2_rapporto2008.htm). Conclusioni Il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali (in accordo con il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali), anche sulla base dei risultati riportati, ha emesso un provvedimento di sospensione cautelativa dei principi attivi (Clothianidin, Thiamethoxam, Imidacloprid e Fipronil) usati nella concia delle sementi (Decreto del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali del 17 settembre 2008). Il Decreto però estende il divieto anche a colture, come la barbabietola da zucchero e la patata, per le quali non sono mai stati segnalati danni alle api sia durante la semina che nelle fasi successive. Questa circostanza preoccupa molto le organizzazioni agricole, ma anche quelle apistiche per il pericoloso effetto boomerang che potrebbe produrre verso gli apicoltori ritenuti responsabili del divieto di utilizzo dei concianti verso queste coltivazioni. In ogni caso, nella consapevolezza che numerosi problemi affliggono attualmente l’apicoltura italiana, così come quella mondiale in generale, in base alle sperimentazioni effettuate e alle conoscenze derivanti dal territorio, si L’OSSERVATORIO 1. Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroambientali (DiSTA), Università degli Studi di Bologna 2. CRA – Unità di Ricerca di Apicoltura e Bachicoltura, Bologna 3. Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, Legnaro (PD) 4. Direzione Generale Sanità Regione Lombardia, Milano 5. Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell'Emilia Romagna, Brescia La bibliografia è disponibile presso gli autori 15 Sanità animale