pagina 2 Lettera del Presidente della C.N.D.A. Giovanni Gentile Cari Amici, Anche il 2013 è trascorso, lasciando nelle nostre memorie momenti belli, di felicità ma anche di tristezza dovuti alla scomparsa di tiratori che oltretutto hanno fatto sventolare la bandiera italiana in varie parti del mondo e fatto ascoltare l’inno nazionale. Mi riferisco alla scomparsa di Gino Gambini socio della Società Lombardo Veneta, piattellista pluri medagliato presente per molti anni in tutte le competizioni internazionali. Voglio ricordare inoltre la scomparsa di un grande amico, per chi lo ha conosciuto, André Roussel. Per chi volesse inviare materiale da pubblicare (articoli, foto, disegni, ecc...) può scrivere, telefonare oppure inviare una e-mail alla redazione: AVANCARICA Magazine c/o X.mas srl Viale della Lirica 61 - 48124 Ravenna fax 0544.271417 e-mail: [email protected] Tiratore francese conosciuto dai più come valente piattellista ma ricordato da tutti per la sua stazza inconfondibile e per il suo spirito gioviale. Finalmente il nuovo Consiglio Direttivo, dopo un breve rodaggio, ha iniziato il suo lavoro e con nuove idee, portate dai neo eletti, le novità si cominciano a vedere. Il sito www.CNDA.it sta assumendo una nuova veste. Il coinvolgimento dei soci è maggiore. Nel corso del 2014 l’Italia ospiterà il primo Grand Prix. La Coppa Italia avrà una nuova veste e molte novità sono al vaglio del Consiglio Direttivo. Anche per la nostra rivista “Avancarica Magazine” il 2014 sarà un anno foriero di novità, ma non voglio rivelarvele lasciandovi nell’attesa di questa nuova iniziativa. Il 2013 è stato l’anno dei Campionati Europei che però non hanno dato all’Italia il giusto merito. Un pò causa la “sfortuna”, un pò causa la sottovalutazione dell’evento da parte di alcuni che hanno preferito le “gite fuori porta” alla concentrazione per un evento importante che si Per tutte le altre news, classifiche e varie collegati al sito www.cnda.it pagina 3 andava di lì a poco a disputare. Inoltre il 2014 sarà l’anno dei Campionati Mondiali che si disputeranno in Spagna dal 28 settembre al 5 ottobre. La mia speranza è che la rappresentativa nazionale figuri al meglio e ritornino i tempi in cui il nostro medagliere si posizionava tra i primi posti a livello mondiale. Le potenzialità ci possono essere, ma la definizione dei ruoli deve essere chiara: ogniuno deve svolgere al meglio il proprio ruolo. IN QUESTO NUMERO - 20° Trofeo Internazionale delle Mele da pag. 5 In quella sede un’altro evento ci vedrà sotto i riflettori: sarà consegnata all’Italia la bandiera del M.L.A.I.C., simbolo dell’organizzazione nel 2016 dei prossimi Campionati del Mondo nel nostro paese. - La caduta del Regno delle 2 Sicilie da pag. 8 Saranno anni di lavoro per chi si occuperà dell’organizzazione, ma sarà anche fonte di soddisfazione, forti sopratutto dell’esperienza maturata nel 2007 a Parma. - Guida dei sottufficiali italiani da pag. 15 A questo punto non mi resta che augurare a voi tutti ed alla vostre famiglie un felice anno.....col profumo della polvere nera. Il Presidente Giovanni Gentile - Gettysburg da pag. 20 - Compro-vendo pag. 28-29 ERRATA CORRIGE sul numero n. 3-2103 dell’AVANCARICA MAGAZINE per errore sono state pubblicate 2 volte le classifiche risultati dai 50 metri. Mancava quindi la pagina delle classifiche dai 25 metri. Per ovviare al nostro errore la pubblichiamo a pag. 19 di questo numero. CE NE SCUSIAMO CON I LETTORI. Inserisci il tuo annuncio gratuito su Avancarica Magazine fax 0544.271417 e-mail: [email protected] Ve n d i ... c e r c h i ... scambi? pagina 4 Per tutte le altre news, classifiche e varie collegati al sito www.cnda.it Inserisci il tuo annuncio gratuito su Avancarica Magazine fax 0544.271417 e-mail: [email protected] Ve n d i ... c e r c h i ... scambi? pagina 5 COLDRANO 2013 20° Trofeo Internazionale delle MELE di Alberto Beria Coldrano ci attende con un bel clima freddo e secco che anticipa la stagione invernale. Ma grazie al calore offerto dall’organizzazione, veramente impeccabile (grazie a Kurt, Otto ed a tutti gli altri membri del poligono), siamo stati portati immediatamente nello… spirito delle gare. (continua nelle pagine successive) pagina 6 (continua dalla pagina precedente) L’organizzazione ha consentito la gestione di ben 464 prestazioni suddivise sui 3 giorni di gare. Un ottimo risultato se vogliamo considerare anche il numero delle linee di tiro disponibili. Come ogni anno grande è stata la partecipazione dei tiratori austriaci e tedeschi, ma anche i nostrani si sono difesi. Circa trenta tiratori con settantotto prestazioni. Anche sul podio noi italiani ci siamo difesi. Da ricordare un 3° posto di Roberto Vecchi in Mariette poi seguito da un 1° posto in Colt. Un 2° posto conquistato da Pierangelo Ferrari in Cominazzo, un terzo posto di Vittorio D’Andrea nella specialità Tanzutsu ed ancora Inserisci il tuo annuncio gratuito su Avancarica Magazine fax 0544.271417 e-mail: [email protected] Ve n d i ... c e r c h i ... scambi? pagina 7 Antonio Orso finito al 3° posto in Kuchenreuter R. Certo non possiamo dimenticare infine la performance di Walter Olante nel Festscheibe, un centro quasi perfetto ed Antonio Orso che ha vinto la Combinata di Pistola. Un buffet ricchissimo di speck e mele donati dagli sponsor locali e dalla sezione di Coldrano a contorno della manifestazione ha terminato la tre giorni del 20° Trofeo delle Mele 2013. Che dire? Ci vediamo il 17, 18 e 19 ottobre 2014! 20° Trofeo Internazionale delle MELE Per tutte le altre news classifiche e varie collegati al sito www.cnda.it pagina 8 La caduta del Regno di Napoli Una pagina “scomoda” del nostro Risorgimento di Vincenzo Labellarte E’ ormai accertato come il vero grande limite della storia è che a scriverla siano sempre stati i vincitori. Sono questi che hanno creato miti, eroi, epopee e marchiato i vinti, il più delle volte come banditi e briganti. Sarà tutto vero? Molto difficile a dirsi. pagina 9 Recita il proverbio: “Il tempo è galantuomo”, ed io aggiungo che davvero lo è proprio perchè riscrive la storia. Ed è infatti grazie al suo lento ma implacabile revisionismo che, dopo anni, decenni o secoli, la verità su tragici fatti storici riemerge. Si aprono così squarci dai quali filtra una nuova luce su eventi narrati dalla “storiografia ufficiale” in modo spesso difforme dal reale svolgimento dei fatti. Tra i tanti, voglio citarvi un fatto che appunto, il tempo e la ricerca fatta da storici coraggiosi, ha fatto riemergere dalle nebbie del passato quello che, a ragione, può considerarsi il primo delitto politico della nostra storia nazionale. Mi riferisco alla sparizione in mare di Ippolito Nievo. Tra il 4 e il 5 marzo del 1861, questo grande ed onesto personaggio, ritornava a Genova partendo da Palermo a bordo del vapore Ercole, ex pirovascello da guerra della marina borbonica confiscato dai vincitori. Ferdinando II Nievo portava con sè le prove ed i libri contabili degli enormi prelievi fatti dal “liberatore” Garibaldi, per conto dei Savoia, presso il Banco di Napoli. Per inciso, a quei tempi il tesoro del Regno delle Due Sicilie, depositato appunto presso il Banco di Napoli ammontava all’ equivalente di 668 milioni di lire oro piemontesi, mentre quello del Regno del Piemonte ad appena 27 milioni. Contemporaneamente partivano, via treno da Napoli 11 vagoni merci carichi di mobilia, suppellettili ed oggetti di inestimabile valore “prelevati” dai Palazzi Reali e dalla Reggia di Caserta, destinazione Torino. Ma torniamo al nostro personaggio. Nievo con sè aveva inoltre le prove dei compensi, pagati in piastre turche a funzionari ed ufficiali borbonici anche di alto rango, per “agevolare” la vittoria dei garibaldini sui campi di battaglia. La piastra turca era la moneta d’oro a quei tempi utilizzata dai governi per operazioni che oggi chiameremmo di “intelligence”. Proprio perchè in oro e coniata in un paese remoto, si considerava pulita e non lasciava traccia. Poco dopo la partenza da Napoli, dove aveva fatto scalo, la nave sparì letteralmente senza lasciare traccia. Così di Nievo e dei 62 sventurati passeggeri che viaggiavano insieme a lui non si seppe più nulla e nulla fù mai più ritrovato. La ragion di stato aveva forse richiesto ed ottenuto la sua prima vittima? Ma il tempo ed una ricerca storica puntigliosa, priva di condizionamenti e compromessi, ci ha riconsegnato altri tragici fatti come l’incendio di Pontelandolfo e Casalduni, 2 paesi del beneventano con l’eccidio delle 2 inermi popolazioni. Questo come rappresaglia all’uccisione di alcuni soldati in uno scontro a fuoco con una banda di “briganti”. Oppure il fatto forse più noto, riferito, la fucilazione a Bronte, in Sicilia, di contadini inermi, rei di essersi fatti giustizia da soli dopo le angherie subite per anni dai latifondisti locali, ma sopratutto colpevoli di aver occupato le terre di proprietà inglese della famiglia Nelson. Si, avete letto bene, proprio quella del grande ammiraglio, l’eroe di Trafalgar. Sulla torre della “ducea” di Bronte sventolava addiritturala bandiera inglese. prosegue nelle pagine successive pagina 10 (prosegue della pagine precedenti) Su pressioni di Londra, Garibaldi inviò truppe al comando proprio del Generale Bixio. Questo per dare un tono di macabra e solenne ufficialità a quello che sarebbe accaduto dopo, ma comunque già deciso prima. Infatti dopo una frettolosa inchiesta ed un processo farsa i garibaldini procedettero alla fucilazione nella piazza del paese di cinque rivoltosi, tra cui un povero demente, e l’avvocato Nicola Lombardo. Questi, fervente liberale, aveva in tutti i modi cercato, durante la rivolta di placare gli animi ed evitare le uccisioni. Durante il processo, dopo aver ascoltata con grande dignità la sentenza, lanciò una durissima accusa ai giudici militari paragonando il loro verdetto a quelli che venivano emessi in Sicilia al tempo dei vicerè spagnoli. I fatti di Bronte sono emblematici e servono a capire i legami tra la spedizione dei mille e chi per interessi egemonici nel Mediterraneo, la ordì e finanziò. pagina 11 E cioè insieme al Piemonte, l’Inghilterra. Ma quali sono i fatti che condussero a questo? Nel 1830 sale al trono del Regno delle Due Sicilie, Ferdinando II di Borbone. Con una politica illuminata, questi apporta un grande rinnovamento sociale ed economico per il suo popolo, conducendo il suo regno a diventare una vera potenza e Napoli ed insieme a Vienna la terza capitale europea. Rese il regno indipendente dall’influenza di potenze estere sopra tutto nel bacino del Mediterraneo. In soli 5 anni di regno egli promuove, per una monarchia di quei tempi, riforme epocali tra cui: - Riduce il suo appannaggio personale. - Riduce il cumulo tra più retribuzioni dando così un impulso determinante al risanamento delle finanze pubbliche. - Riduce le tasse tra cui quella sul “macinato” di oltre la metà. - Leva i mendicanti dall’accattonaggio nelle strade, alloggiandoli in appositi Reggimenti di linea istituti affinchè venga loro insegnato un mestiere. Infatti era la materia prima con cui - Potenzia l’istruzione e dove non ci sono venivano fabbricati gli esplosivi. scuole elementari, stipendia parroci perchè forniscano un’istruzione di base al popolo. In risposta, il Primo Ministro inglese - Pensa ad una riforma della giustizia e Palmerston invia la flotta nel golfo di Napoli intanto concede l’amnistia. minacciando di bombardare la città. - Restituisce al popolo tutte le riserve di caccia reali. Ma la risposta di Ferdinando II è - Pone particolare attenzione al potenziaferma e ordina a sua volta lo stato d’allarme mento dell’esercito e della marina mercantile nei forti della costa ed allerta le guarnigioni ma sopratutto della marina da guerra. dislocate nei luoghi di un possibile sbarco nemico. Forse Ferdinando II già pensa a quella che sarà la minaccia inglese in risposta alle I venti di una guerra che ormai sue future decisioni. sembra inevitabile soffiano violenti. Ma una mediazione del re francese Luigi Filippo evita Il 1836 sarà infatti un anno che in extremis il peggio, riportando le 2 nazioni peserà infatti molto sui destino del regno. su posizioni comunque di tregua armata. In nome del principio del “libero scambio”, il Regno delle Due Sicilie non rinnova all’ Infatti per l’Inghilterra lo smacco è Inghilterra lo sfruttamento ed il commercio stato enorme ed è vissuto come un oltraggio degli zolfi, ma lo affida ad una Società intollerabile. francese, con un impegno che prevedeva da parte di questa, il pagamento di un prezzo Quanto accaduto infatti sconvolge i doppio. piani economici e militari del Primo Ministro britannico Lord Palmerston. Era un accordo di enorme importanza per Ferdinando II e sopratutto per le finanze Questi probabilmente pensava che del suo Regno, considerato quello che lo per diventare la prima potenza navale nel zolfo rappresentava all’epoca per l’industria, Mediterraneo, Malta non bastasse più. principalmente per quella bellica. prosegue nelle pagine successive pagina 12 (prosegue della pagine precedenti) C’era bisogno di uno stato alleato o meglio ancora satellite che, al pari del Portogallo, non avesse una propria politica estera autonoma ma fosse solo obbediente ai dettami di quella d’oltremanica. Quale stato rispondeva meglio a tali requisiti se non quello borbonico, da sempre fedele e fin troppo quiscente alleato? Non dimentichiamo infatti gli enormi e vasti possedimenti inglesi in terra di Sicilia. Ma Re Ferdinando II infrange i piani economici inglesi, dimostrando tutta la forza del nuovo corso politico da lui avviato. Da allora l’Inghilterra farà di tutto per far cadere la monarchia Borbonica. Comincia così una costante e continua opera di screditamento socio-politico ma sopratutto morale del Regno delle Due Sicilie. Nel 1851 questo, in una corrispondenza epistolare tra Lord Palmerston ed il Ministro Gladstone, viene dipinto come “male assoluto” e la stessa “negazione di Dio”. pagina 13 Tutto ciò era in riferimento a presunte visite fatte da Gladstone alle carceri napoletane. In queste, così si scriveva “si perpreta una incessante e continua violazione di ogni diritto umano”. Ma 10 anni dopo, quando ci sarà da protestare per il trattamento inumano, riservato ai soldati borbonici prigionieri nel “lager” piemontese di Fenestrelle, rei solo di non aver rinnegato il giuramento al loro Re, nessuna parola di condanna arriverà da alcun uomo politico inglese. Nel 1888 ad ormai avvenuta annessione del sud da parte del Piemonte, accadde un fatto emblematico. L’ineffabile Lord Gladstone si recò a Napoli ed una sera fu ospite di un circolo liberale della città. Al cospetto di entusiasti sostenitori che lo acclamavano, li lasciò tutti di stucco, ammettendo candidamente a chi gli chiedeva delle sue visite alle carceri di Napoli, di non averle mai fatte. Era stata la ragion di stato per volere di Lord Palmerston ad imporgli di scrivere quelle lettere. Francesco di Borbone Nel 1859 dopo una breve malattia muore Ferdinando II di Borbone. Tutto il suo popolo lo piange come il Re forse più amato, senz’altro quello che maggiormente ha contribuito alla grandezza e all’indipendenza del regno. Sarà anche il sovrano più attaccato, schernito, dileggiato dai nemici quasi a voler giustificare l’invasione del suo regno da parte di una nazione straniera con una guerra mai dichiarata. Nello stesso anno sale al trono suo figlio, il giovane Francesco II di Borbone, al quale sarà affidato il difficile ruolo di governare il regno in una situazione internazionale estremamente delicata a causa degli equilibri internazionali ed ormai irrimediabilmente compromessa. La sua inesperienza politica lo porta a fidarsi di consiglieri che in realtà sono in combutta con il governo sabaudo e con la massoneria internazionale che, da tempo tramava per la caduta del regno Borbonico in chiave sopratutto anti-papato. E così, nel 1860, Garibaldi arriva a Marsala. Lo sbarco è protetto da 2 navi da guerra inglesi che, frapponendosi tra le batterie costiere ed i Garibaldini, garantiscono a questi uno sbarco in tutta sicurezza. Infatti nessun colpo di cannone viene sparato per timore di colpire i legni inglesi. Se questo fosse accaduto si sarebbe creato un gravissimo incidente diplomatico, forse proprio quel “casus belli” che la politica britannica cercava. Per finanziare la spedizione Garibaldi riceve 2 milioni di franchi raccolti da Cavour ed altri 3 milioni dalle loggie massoniche inglesi, americane e canadesi. Tutto questo denaro verrà convertito dal governo piemontese in 1 milione di piastre oro turche (vi ricordate di Ippolito Nievo?) Con questi soldi inizia una capillare opera di corruzione di funzionari e ufficiali anche di alto rango (vedi il Generale Landi). Una stragrande maggioranza dell’ esercito (soldati e sottufficiali) rimane fedele al proprio re, pagandone un prezzo altissimo. prosegue nelle pagine successive pagina 14 (prosegue della pagine precedenti) Infatti a migliaia moriranno di stenti nelle prigioni piemontesi di Fenestrelle. “conclusiva” frase di Garibaldi “Obbedisco”, tutto è contenuto nei libri ed è ormai patrimonio consolidato del nostro paese. Molti altri invece, ricordandosi di essere stati soldati e, sentendo ancora di esserlo, imbracceranno ancora le armi opponendosi ai “liberatori” nell’unico modo possibile: la resistenza armata ormai tramandata a noi con il nome di “brigantaggio”. Questo mio articolo ha voluto essere solo una impietosa ma spero corretta chiave di lettura per capire quel tragico periodo che verrà dopo e sarà chiamato “brigantaggio” post-unitario e del quale mi auguro di potervi narrarare nel prossimo numero della nostra rivista. Tutto il resto è storia ufficiale e di questa non è mia intenzione parlare. L’epopea dei mille, le epiche battaglie di Calatafimini, del Volturno, la trionfale entrata di Garibaldi a Palermo ed a Napoli fino all’incontro di Teano con la storica e Vorrei concludere citando la frase di un grande storico a proposito della fine del Regno di Napoli: “Prima o poi il Regno delle Due Sicilie sarebbe finito, ma così non è morto nel suo letto bensì assassinato”. Vincenzo Labellarte Bibliografia: NTE CONFESSIONI DI UN BRIGA i zion Edi XL ario Ros eli Mangiam DEL SUD I SAVOIA E IL MASSACRO s ene Mag o Ciano Antoni BRIGANTAGGIO A’ D’ITALIA E LA LOTTA AL GUARDIE E LADRI L’UNITzioni Lunardelli Massimo - Blu Edi LIA MERIDIONALE IL BRIGANTAGGIO NELL’ITA AA.VV. Effepi L’UNITA’ D’ITALIA INCE MERIDIONALI DOPO OV PR LLE NE GIO AG NT IL BRIGA le S. Ammirato Tuccari Luigi - Centro Cutura BRIGANTI FURONO LORO Manna Angelo - Sun Books PONTIFICIA VOL 1-2 II BRIGANTI E LA CORTE isio Editore Ber Cardinali Emidio - Arturo L’IPERITALIANO Oneto Gilberto - Il Cerchio 00162 ROMA Via Lorenzo il Magnifico 46 LIBRERIA MILITARE ARES riamilitareares.it tel. 06.44232188 - www.libre Inserisci il tuo annuncio gratuito su Avancarica Magazine fax 0544.271417 e-mail: [email protected] Ve n d i ... c e r c h i ... scambi? pagina 15 ”GUIDA DEI SOTTUFFICIALI ITALIANI” di A. Zorzi - prima edizione, in Milano, del 1809 di Massimo Capone Fucile mod. 1777 an 9 (anno nono) e baionetta an 9, originali E’ la traduzione, curata da un ufficiale italiano dell’epoca, di un manuale francese contemporaneo, e riporta istruzioni per l’uso di armi d’ordinanza, norme per la vita militare (come regolamenti di disciplina, abbigliamento, ecc.), strutture e disposizioni degli accampamenti, e così via. Il tutto, naturalmente, riferito all’esercito francese in pieno periodo napoleonico. E’ estremamente interessante, leggendo il testo, avere notizie “di prima mano” su quali fossero le originali istruzioni e normative attinenti ad armi e soldati di un’epoca che per noi riveste ancora un particolare fascino. Vi riproporrò alcuni brani di questo manuale riportando soprattutto le note riferite all’arma lunga d’ordinanza, il fucile “Mod. 1777, anno 9°” (a pietra focaia, canna liscia, calibro mm 17,5). A proposito, l’anno 9° del calendario rivoluzionario corrispondeva all’anno 1800 (sul codolo dei fucili, come specifica del modello, veniva generalmente riportato M an 9). Per non tediarvi ho deciso di trascrivere soltanto gli argomenti che ritengo più interessanti per noi “archibugieri”, e per molti di essi ho fatto un riassunto in poche parole (ma i brani tra virgolette ed in corsivo sono ritrascritti letteralmente come sono nel testo originale). (prosegue nelle pagine successive) pagina 16 Giberna da fanteria dell’esercito napoleonico, con baionetta mod. 1777. La giberna è una mia ricostruzione, la baionetta è originale. ...........................dell’uso e manutenzione del fucile - passare frequentemente la “spilla” nel focone. - mettere la pietra con lo smusso in alto ed il taglio ben parallelo alla faccia della martellina. - per ridare il filo alla pietra, in mancanza di un piccolo martello, usare il dorso della lama di un coltello, dando piccoli colpi. Premesso che al soldato era proibito smontare l’arma, se non in casi eccezionali, e mai completamente, per la pulizia occorrente in caso di ossidazione delle superfici si prescriveva: - smeriglio ed olio d’oliva, da sfregare con stecche di legno tenero, o spazzole (vegetali) ruvide oppure, ma soprattutto per pulire pezzi non temprati: - “pietra bigia di creta renosa polverizzata, stacciata ed umettata con l’olio d’oliva”...oppure “mattone bruciato, polverizzato ed umettato d’olio”. - “Affinchè la cartella somministri tutto il fuoco che è suscettibile di dare, bisogna che niente disturbi il suo meccanismo; perciò non si smonterà che quando sarà irruginita o avrà dell’untume”. - una canna di fucile “può tirare 25.000 colpi senza essere distrutta”; dunque, mantenendo e rimpiazzando i pezzi della cartella, ed i fornimenti rotti o deteriorati, l’arma può “durare 50 anni, come prescrive il regolamento”. ...........................in battaglia Riguardo allo svolgersi degli scontri a fuoco, l’autore lamentava “l’abitudine perniciosa di fare molte scariche con rapidità, in luogo di farne poche, ma con precisione” (a tale proposito, ricordo che lo stesso Napoleone, in una lettera ad un suo nipote, esortava ad “esercitare i soldati al tiro più preciso”, raccomandazione che non sembra però che fosse poi molto seguita!). Gli istruttori riconoscevano come migliori soldati quelli che riuscivano a caricare con calma e sangue freddo, che voltavano la bacchetta senza urtare i compagni che erano a lato o davanti a loro, che non sbagliavano ad imboccarla nella canna o nel suo alloggiamento sotto la canna, che calcavano bene la carica, che non spandevano la polvere nel porla nello scodellino, e non lasciavano cadere le cartucce nel prenderle dalla giberna. Il fronte dello schieramento francese era disposto su “tre ranghi”: il terzo rango aveva la funzione soltanto di ricaricare le armi del secondo rango. Per essere sicuri che fosse partito il colpo ci si doveva assicurare che uscisse fumo dal focone. pagina 17 Riguardo ai riferimenti per la mira (parliamo sempre del Mod. 1777 !!), si dichiarava che: “..la grossezza del ferro alla culatta presa dalla parete intorno alla parte superiore è quasi sempre eguale alla distanza dalla stessa parete, presa alla bocca,alla sommità del mirino, di modo che la linea di mira essendo in tal modo parallela all’asse della canna, bisogna, nel caso che il tiro sia orizzontale, puntare al di sopra dello scopo” (in realtà non ho capito molto bene questo ragionamento, ma, come conclusione, e controllando anche sul mio originale, la sommità del mirino risulta più alta rispetto alla proiezione parallela all’asse della canna: nel mio ‘77 è oltre 3 mm più alta, ed infatti, per colpire anche a 50 metri, debbo mettere la punta del mirino parecchio sopra il bersaglio!). La portata del fucile (sempre Mod. 1777), sparato con la canna orizzontale, era di circa 120 tese (= 234 metri) (attenzione: riporto le cifre così come sono citate sul libro, e non me ne assumo la responsabilità!). La portata con la canna inclinata a 45° era stimata in circa 970 metri....... “Ma al di là delle 120 tese (234 metri) tutti i colpi sono inutili”. Per colpire un bersaglio posto alla stessa altezza della canna, alla distanza di 234 metri, bisogna puntare quasi un metro sopra: ...... “é a 70 tese (136 metri) circa, che il fuoco dell’infanteria è formidabile” ...........................per fabbricare le cartucce - in fabbrica la carica era dosata con un misurino di rame a tronco di cono. dose di polvere per le cartucce a palla, da fucile: grammi 12,225. “ “ “ a salve: grammi 8,15. andava usata “carta che abbia del corpo senza essere però troppo grossa” la carta andava tagliata a forma di trapezio, con le seguenti misure: altezza cm 14,43 base maggiore cm 11,50 base minore cm 5,86 (N.B. il lato obliquo era quello che rimaneva incollato sulla parte esterna della cartuccia confezionata). - per arrotolare la carta andava utilizzato un mandrino di legno lungo cm 18,95 , con diametro di cm 1,52 (6 linee 9 punti): un’estremità era arrotondata, mentre l’altra, che accoglieva la palla, era scavata con un incavo emisferico nel quale entrava un terzo della palla. Visione completa della giberna e del fodero della baionetta. (prosegue nella pagina successiva) pagina 18 - una volta inserita la palla nell’involucro di carta, il bordo anteriore dell’involucro stesso doveva sopravanzare la palla di cm 1,35. - dalla parte opposta, la carta andava ripiegata il più possibile vicino alla polvere. - le confezioni erano in pacchetti di 10 o 15 cartucce (alternate testa a coda), con carta ripiegata ai due lati, e legati con spago, a croce. - i moschetti e le pistole da cavalleria avevano un calibro lievemente più piccolo, ma utilizzavano cartucce come quelle da fucile: entravano quindi più forzate, ma questo serviva a non perdere la carica portando quelle armi con la canna rivolta in basso. - la carica della cartuccia per pistola da cavalleria era di grammi 8,15. - dopo le esercitazioni a fuoco sul campo, le palle ritrovate andavano “raccattate” per rifonderle. ...........................Fornitura di equipaggiamento per gli uomini di nuova leva (fanteria, artiglieria a piedi, genio), nel 1° anno d’arruolamento: - due camicie due paia di scarpe due paia di calze di filo, o cotone un colletto un paio di stivaletti lunghi di stamina (penso ci si riferisca alle ghette) un paio di stivaletti lunghi di tela un sacco di pelle un sacco di tela Inoltre, dopo il primo anno di servizio: - due camicie e due paia di scarpe ogni anno. La giberna napoleonica conteneva nel blocco di legno centrale cinque cartucce sciolte, con la palla in alto. In ciascuno dei due vani laterali un pacchetto di quindici cartucce. Nella taschetta anteriore pietre focaie ed accessori. Per tutte le altre news, classifiche e varie, collegati al sito www.cnda.it pagina 19 25 metri PER LE CLASSIFICHE DI CAMPIONATO PER SPECIALITA’ A 25 - 50 - 100 METRI sono ammessi alla finale i primi 8 classificati e tutti quelli che hanno la media dell’ottavo. CLASSIFICHE finali ERRATA CORRIGE del 35° Campionato di tiro ad avancarica pagina 20 Gettysburg l’unico errore di Lee. Le armi rigate cambiano la strategia. Nel 1999 ho avuto la possibilità di visitare il campo di battaglia di Gettysburg di persona. Nei miei precedenti viaggi negli Stati Uniti avevo avuto possibilità di visitare altri siti storici, altre fortificazioni e luoghi della guerra civile americana, ma niente regge il paragone con il campo di battaglia di Gettysburg e la sua vastità. La raggiera delle strade convergenti verso la cittadina ancora oggi fa risaltare quanto fosse strategica la sua posizione e come questa ubicazione abbia influito nelle decisioni di entrambi i contendenti di accettare battaglia in questo luogo. La vastità del terreno, la sua conformazione geografica, mostrano quanto sia stato devastante l’urto dei 2 eserciti opposti per questa porzione della campagna della Pennsylvania con 4 lunghi giorni di lotta. I nordisti da una parte con l’Armata del Potomac forte di circa 95.00 uomini, guidata del generale Meade, contro l’Armata della Virginia Settentrionale formata da circa 75.000 uomini e condotta dal generale Lee. La guerra iniziata nel 1861 era ormai arrivata al suo terzo anno. Con vicende alterne ed alti e bassi militari sia per il nord che per il sud, ora i politici della Confederazione chiedevano a gran voce e Lee il colpo per distruggere la armata del Potomac nordista e poter trattare con il presidente Lincoln da una posizione di forza. Il generale in capo sudista era ormai un conoscitore profondo dell’anima dell’esercito nordista (d’altronde tutti i suoi avversari erano ex colleghi dell’esercito ante guerra). Infatti i comandanti in capo nordisti che si erano succeduti, al vertice dell’Armata del Potomac, Lee li battuti diverse volte. La posizione della cittadina in pieno territorio nemico, la necessità nordista di coprire la capitale Washington, gli attriti fra il presidente Lincoln ed i suoi generali sul come condurre la guerra, tutti gli indizi per lui lasciavano intravedere un altro sanguinoso scontro ma comunque ancora favorevole ai colori degli Stati Confederati del sud. PRIMO GIORNO DELLA BATTAGLIA 2 divisioni di fanteria sudista proveniendo da nord ovest aggrediscono la cavalleria nordista del generale Buford Nonostante l’inferiorità numerica, grazie al proprio sacrificio, i cavalleggeri ritardano lo sfondamento sudista tanto da permettere al resto dell’armata del Potomac di accorrere e schierarsi sul campo di battaglia. pagina 21 Come dargli torto. Se si esamina per esempio la tattica adottata in precedenza da generali tipo McClellan oppure Burnside ci si chiede se il lume della ragione non avesse abbandonato effettivamente il campo nordista. Ad esempio Burnside a Fredericksburg sembrava aver pianificato ed organizzato un vero e proprio “omicidio di massa” dei suoi stessi uomini. Non solo aveva scelto il punto più largo e profondo per l’attraversamento di un fiume nel periodo invernale, ma non pago aveva aspettato quasi 5 giorni, dando così modo ai confederati di prepararsi e poi Lo schieramento dei 2 opposti eserciti aveva ordinato la carica della al secondo giorno della battaglia. fanteria in salita contro reparti sudisti che già ben trincerati tutte armate con armi a canna rigata. avevano letteralmente falciato, con i loro Tutto questo influì sul giudizio di Lee. fucili a canna rigata ed i cannoni, le “giacche Il generale sudista stava dimostrava ancora blu” nordiste avanzanti in salita. una volta quale stratega egli fosse. Proprio a Molti veterani nordisti al termine della battaglia avevano definito il rumore della fucileria sudista come “spaventevole” ed i risultati si erano visti. La tattica della carica di fanteria a testa bassa contro posizioni nemiche poteva forse funzionare con la armi a canna liscia ma non certo contro forze equipaggiate con armi a canna rigata ed in più fortificate. L’insegnamento che Lee avrebbe dovuto ricevere dalla battaglia di Malvern Hill (o dei 7 giorni) del 1862 non gli fu però di conforto nei giorni di Gettysburg. Il generale sudista, primo nel capire ed adottare le trincee come elemento di manovra e strategia, aveva ancora qualche difficoltà a rendersi conto di cosa fosse diventato il combattimento fra truppe ormai Gettysburg stava riunendo la proprie forze precedentemente divise in brigate con movimenti sincronizzati in presenza del nemico!!! Egli accettò di battersi perchè quasi costretto dal nemico stesso il quale aveva fermato le colonne di fanteria sudiste, che affluivano da nord/ovest verso Gettysburg, con una sola brigata di cavalleria. L’apporto invece della cavalleria del sud, generale Stuart, che fino ad allora era stata gli occhi e le orecchie dell’armata della Virginia confederata, risultò quasi nullo. Stuart, che arrivò solo al secondo giorno della battaglia, inseguiva la gloria terrorizzando la Pennsylvania ma si era lasciato sfuggire il movimento avversario e così la decisione di Lee fu presa senza avere informazioni certe sul nemico. TERZO GIORNO DELLA BATTAGLIA Al comando del generale dell’artiglieria d’armata Alexander, tutti i pezzi da campagna sudisti fanno fuoco contemporaneamente per “ammorbidire” il centro dello schieramento nordista e preparare il terreno alla carica della propria fanteria. (prosegue nelle pagine successive) pagina 22 Ufficiali e graduati di truppa del 5° Fanteria New York con le varie uniformi adottate. Durante la Guerra di Secessione americana non era insolito vedere nei 2 schieramenti unità che indossassero uniformi “europee” come quelle dei bersaglieri italiani, degli zouavi francesi o addirittura dei garibaldini. Questi ultimi nel campo sudista erano conosciuti come le “Tigri della Louisiana”. (prosegue dalla pagina precedente) La posizione nordista a Gettysburg poteva essere aggirata da sud. La sinistra dei soldati di Lincoln era, come si dice in gergo, campata in aria, ma non avendo ricevuto informazioni dagli esploratori della propria cavalleria, Lee ordinò alle fanterie di investire le posizioni nordiste invece di girargli semplicemente intorno. Le 2 colline chiamate Big Round Top e Little Round Top invece rimasero in mano nordista. La mancanza della cavalleria e del suo lavoro di intelligence obbligava Lee ad adattarsi allo schieramento nemico, senza possibilità di effettuare manovre complicate. Questa volta toccò ai reggimenti in uniforme grigia attaccare in salita le truppe nordiste che, consapevoli delle aspettiative dei propri comandi, coraggiosamente le aspettavano in cima alle 2 colline. Fu ancora la potenza delle armi da fuoco rigate, fucileria contro fucileria, a dare ragione ai difensori. Per un giorno intero i soldati degli stati schiavisti ripeterono gli assalti senza sosta ma ogni volta videro i vuoti fra le loro fila, allargarsi sempre più ed infine decimati con fortissime perdite, rinunciarono. Invece il centro del campo di battaglia vedeva i nordisti in difficoltà. Sbagliando allineamento fra alcuni reparti, essi furono ributtati indietro dalla Cresta del Seminario dalle fanterie sudiste e questo fu l’ennesimo indizio fuorviante per il generale Lee. La facilità dell’arretramento nordista al centro era dovuta agli sbagli commessi in fase di dispiegamento e non alla debolezza dei vari reparti impegnati. Fra varie scaramuccie e cannoneggiamenti, manovre e contromosse si arrivò al pomeriggio del 3 luglio. In base alle convinzioni maturate nei giorni precendenti Lee decise di giocarsi tutto con uno sfondamento centrale delle proprie fanterie. Concentrò la maggior parte della sua artiglieria al centro, lanciò una diversione a nord per richiamare riserve nordiste verso quel settore e quindi fece cannoneggiare la parte centrale della linea avversaria con tutte le munizioni che riuscì a trovare. Dal canto loro i nordisti trincerarono la propria fanteria dietro ad un muretto (non alto più di 50 cm.) e nonostante le notevoli perdite sostennero il bombardamento sudista per tutta la sua durata, ritirando anzi alcuni cannoni dalla linea del fuoco. Per tutte le altre news, classifiche e varie collegati al sito www.cnda.it pagina 23 Le artiglierie nordiste non risposero al fuoco ed anzi spostarono fuori dalla portata delle palle sudiste alcune batterie di cannoni e serventi per far credere agli avversari che le loro cannonate fossero devastanti. Al termine del fuoco tambureggiante dell’artiglieria confederata, lo spettacolo che si presentò agli occhi delle rintronate truppe nordiste accucciate o stese dietro il muretto sulla cresta del Cimitero deve essere stato veramente impressionante. Emersi dai boschi, erano schierati, come se fossero in parata, quasi 15.000 fanti sudisti pronti ad avanzare contro di loro. Ufficiali sui propri cavalli, portabandiera con le proprie insegne al vento, spade sguainate e baionette innestate. I veterani dell’armata sudista, superstiti di tante battaglie ed altrettante vittorie erano pronti ancora una volta a dimostrate che l’impeto delle fanterie confederate era davvero inarrestabile. La cosidetta “carica di Pickett”, visto che la prima divisione era quella guidata dal generale Pickett, portò quindi allo scontro definitivo. Lee giocava tutto il peso delle sue fanterie sulla bilancia della battaglia che se vinta per il sud avrebbe significato vittoria quasi certa della guerra. Così facendo però egli non voleva accettare la superiorità tecnica di armi a canna rigata rispetto a quelle a canna liscia. I fucili rigati utilizzati dalle giacche blu nordiste riportarono l’ago della bilancia a favore dei soldati di Lincoln. La carica iniziata a passo di parata e terminata di corsa, sotto una gragnuola di colpi dei fanti e delle artiglierie del nord fu una strage con circa il 50% delle perdite fra morti e feriti (quasi tutti prigionieri). Dopo un primo momento di smarrimento, alla vista del nemico avanzante, i soldati nordisti reagirono bersagliando le schiere dei “mangia cotone” con un fuoco preciso e devastante. L’uso di armi letali fino a circa 650/ 700 metri permise di battere il terreno del campo di battaglia in profondità, spegnendo nel sangue il coraggio dimostrato ancora una volta dagli uomini del sud ai quali i gesti di valore compiuti quel giorno non valsero la vittoria. A completare l’opera, nelle fasi finali dello scontro, furono i “cartocci” di mitraglia che gli artiglieri unionisti utilizzarono per fermare la travolgente marea grigia sparandoli a bruciapelo. Il colpo per il sud fu letale. Le sue forze armate in pratica persero l’iniziativa fino alla fine della guerra e la Confederazione iniziò il declino che la portò alla resa di Appomattox 2 anni dopo. La potenza delle armi a canna rigata e tanti altri fattori, che fanno considerare la guerra civile americana come la prima vera guerra moderna, non hanno però prodotto effetti a lunga durata. Infatti anche se con essa iniziò l’uso massiccio d’armi a canna rigata, a ripetizione, di mine terrestri e navali, trincee e fortificazioni come elementi tattici, di corazzate e sommergibili, di produzione industriale di massa per divise, calzature, cibi in scatola, i suoi insegnamenti furono invece dimenticati. Invece il loro studio in tempo utile, da parte degli esperti militari europei, avrebbe risparmiato milioni di morti nel primo, vero, conflitto mondiale, quello del 1914-18. Giovanni Zauli TERZO GIORNO DELLA BATTAGLIA Nonostante il valore e lo sforzo sovraumano dei confederati di giungere a contatto del nemico, la cosidetta “carica di Pickett” si arena sulle bocche dei cannoni caricati a mitraglia e sotto il fuoco della fucileria nordista, che trincerata dietro un piccolo muretto, tiene il centro dell’Armata del Potomac. (prosegue nella pagina successiva) pagina 24 Lincoln a sinistra e Lee a destra. Chi erano i concittadini del 2 leader americani che combatterono la guerra di Secessione? Cittadini in uniforme. Pregi e difetti di soldati “improvvisati”. La guerra civile, che scosse gli Stati Uniti d’America del 1861 al 1865, oppose enormi masse d’uomini non certo pronte al combattimento. Vista la dimensione ridotta che aveva l’esercito prima della secessione le unità regolari erano poche e se in maggioranza esse rimasero fedeli al nord, è da notare che una quantità enorme di ufficiali era invece di origine sudista e che solo in pochissimi casi, tutti questi uomini aderirono alla causa confederata. I cittadini in uniforme americani del 1861-65 sin dai primi scontri, rivelarono ampiamente il proprio valore sul campo di battaglia. Lo spirito d’abnegazione che animava questi volontari, il sacrificio da loro mostrato nei combattimenti, la dedizione agli ordini ricevuti, trovano riscontro nella storia della guerra, solo nei legionari romani della repubblica. Questi volontari erano in grado di marciare per giorni e notti a volte con scarpe ed indumenti non adatti, di sopportare privazioni e di superare uno stress psicologico tutto nuovo per i soldati, causato proprio dal nuovo tipo di guerra “moderna” che essi combattevano. Si dimostrarono soldati capaci di imparare velocemente ed applicare tattiche e medodi di combattimento nuovi, costruendo o distruggendo strade, fortificazioni, trincee, navi, ferrovie, tunnel, ponti, ecc... Per questo le unità dell’Unione e della Confederazione possono essere ascritte senza dubbio fra le formazioni d’elitè della storia degli eserciti mondiale. Per il resto si dovette improvvisare tutto. Reperire gli armamenti, cercando di uniformarli, produrre la polvere da sparo, approviggionare i vari reparti di: uniformi, buffetteria, calzature, coperte, vettovaglie, forniture sanitarie, ecc... Oltre alla necessità di addestrare questi cittadini in uniforme c’era il problema della produzione o dell’acquisto di armi da fornirgli. L’U.S. Army un’arma a canna rigata l’aveva già adottata nel 1855. All’inizio della guerra le truppe unioniste avevano in dotazione il fucile Springfield modello 1860. Il suo peso relativo, 4 chilogrammi circa, abbinato alla precisione di tiro ed alla lunga gittata utile fino a quasi 550/600 metri, ne faceva un’arma vincente per le fanterie in divisa blu anche se il laborioso caricamento ne rallentava la cadenza di tiro. Il munizionamento era costituito da pallottole Miniè semplificate, mancando il tassello nel fondo ed esse venivano forzate nelle rigature della canna dalla sola pressione del gas. Le armi dei sudisti invece all’inizio furono delle più varie. Da quelle catturate nei depositi del governo rimasti nel sud, a quelle personali delle varie milizie volontarie si arrivò infine al fucile a canna rigata inglese Enfield acquistato durante il conflitto dal governo di Richmond ovunque ne trovasse disponibili. E non sempre c’era tempo per curare l’uso delle armi in dotazione alle truppe in maniera completa. Il problema principale per i comandi era lo shock da combattimento che mandava fuori sincronia molti soldati. La quantità delle armi con la loro aumentata potenza, presenti sul campo di battaglia moltiplicava gli effetti del logorio nervoso producendo un tipo di “ferito” nuovo. Tantissimi ricaricavano più volte senza mai sparare, altri dimenticavano di inserire la palla e via dicendo. La quantità di fucili che alla fine d’ogni battaglia veniva raccolta dell’esercito che rimaneva padrone del campo rivelava questo in maniera molto chiara. L’introduzione dei fucili a ripetizione, prima ai reparti di cavalleria, poi anche a quelli della fanteria ridusse il problema, ma comunque qualche generale si opponeva comunque per evitare il ”consumo indiscriminato” delle munizioni. Giovanni Zauli pagina 26 Le pistole Mortimer della Davide Pedersoli Da oltre dieci anni la famiglia Mortimer di Casa Pedersoli si è allargata con la presentazione di due pistole particolarmente attraenti per il loro stile. Con la loro impugnatura a manico di sega, rappresentano un peculiare capitolo della storia armiera europea. (a cura dell’ufficio stampa Davide Pedersoli) Dopo la presentazione dei fucili Mortimer, famiglia di rinomati armaioli londinesi, la Davide Pedersoli ha gradito molto la menzione delle proprie armi nel volume “The Mortimer Gunmakers 1753-1923” di H. Lee Munson. Essere citati in una pubblicazione così importante, e in termini molto positivi, non può che inorgoglire e testimoniare quanto lo studio storico dei modelli in produzione e la loro accurata realizzazione vengano svolti dall’azienda gardonese. La scelta di appaiare ai mitici fucili anche le pistole di Mortimer è stata per la Pedersoli un passo indispensabile e quasi naturale. Le armi riportano sulla canna il riferimento di Harvey Walklate Mortimer, fratello più giovane del Thomas (1755-1824) attivo all’indirizzo 44 Ludgate Hill di Londra. H.W. Mortimer fu operativo dal 1780 al 1799 al civico 89 di Flat Street, sempre a Londra. Dal 1789 anch’egli, oltre al fratello Thomas, si poteva fregiare della qualifica di “Gun Maker to His Majesty”. La caratteristica peculiare della pistola Mortimer è senz’altro l’impugnatura a manico di sega, una soluzione che, oltre a conferire all’arma un particolare fascino, molto in controtendenza rispetto ai noti canoni estetici delle scuole armiere dell’epoca, garantisce una presa costantemente uguale ogni volta che essa viene impugnata. Ma a trarne vantaggio è anche una maggiore lunghezza della linea di mira visto che la parte superiore dell’impugnatura è allineata a essa tramite una scanalatura che dalla base posteriore della tacca giunge, passando per lo spacco La pistola Mortimer Standard a pietra focaia. della vite della codetta e rastremandosi, fino alla parte apicale posteriore del legno. Sui fianchi dell’impugnatura sono stati creati due pannelli zigrinati a passo fine sia per migliorare la presa sia perché così era sugli esemplari originali. Fra i successi più significativi in ambito sportivo possiamo ricordare le medaglie d’oro in Cominazzo in occasione dei campionati mondiali di Lucca nel 2002 e di Bordeaux nel 2006, nonché la medaglia d’oro in Wogdon nel campionato europeo del 2011 ad Hamina, in Finlandia. La meccanica dell’acciarino contempla una sicura a stanghetta azionabile linearmente tramite un piccolo tasto posto dietro il cane. Essa può essere inserita quando il cane La pistola Mortimer Deluxe a piera focaia. si trova in posizione di mezza monta e, oltre a sommarsi a quella tipica della posizione intermedia del cane, tale sicura impedisce, quando inserita, di armare il cane nella posizione di sparo. Sulla canna compare la scritta H.W. MORTIMER & SON LONDON / GUN MAKERS TO HIS MAJESTY, su due righe. Le pistole Mortimer prodotte dalla Pedersoli presentano in entrambe le versioni, quella a pietra focaia e quella a percussione, una canna da 255 mm, con una lunghezza totale di 400 mm; il peso varia da 1,00 kg delle versioni in calibro .44 a 1,050 kg di quella in calibro .44 a canna liscia fino a 1.100 kg di quella calibro .36 a percussione. In tutti i modelli con canna rigata la canna è solcata da sette principi ottenuti tramite brocciatura che sviluppano un passo di 450 mm (1:18”). Fra essi vi è anche una versione a pietra focaia destinata al mercato estero. Il fissaggio della canna al calcio avviene tramite il tradizionale sistema del rampone di culatta che va a incastrarsi nella corrispondente sede ricavata nella codetta di bascula fissata al calcio. Una chiavetta trasversale che si inserisce nel tenone fissato sotto la canna completa l’assemblaggio. Un sistema La pistola Mortimer Standard a percussione. che, come tutti i tiratori sanno, permette un immediato smontaggio. Tutte le canne, sia ad anima liscia sia rigata, sono cromate internamente. Per quanto riguarda i congegni di mira, sono presenti un mirino a lama con base a coda di rondine pagina 27 inserita nella canna e una tacca di mira, con visuale a V, regolabile in verticale e alloggiata in una apposita sede ricavata sulla codetta fissata al calcio. La regolazione può essere fatta agendo su una piccola vite posta dietro la tacca stessa. Tale vite è esterna, e quindi subito accessibile, nella Mortimer a percussione; nella Mortimer a pietra focaia, invece, è necessario smontare la codetta poiché tale vite è posta inferiormente a essa. L’unica porzione della vite di regolazione visibile dall’asterno è soltanto la sua parte terminale. Gli allestimenti Deluxe spiccano per l’accentuata eleganza conferita dalle incisioni sugli acciarini e sui fornimenti (paragrilletto, coccia, tubetto porta bacchetta, codetta, vite cartella) e dai rimessi in oro (due bordini nella zona del tappo di culatta) sulla canna che presenta un colore marrone. Il colore argento vecchio è stato riservato ai fornimenti. Per testimoniare la validità balistica delle pistole Mortimer, corrediamo queste note con due rosate di prova effettuate presso il balipedio dell’azienda. Una, di tredici colpi, è stata effettuata con la Mortimer a percussione in calibro .36. L’arma è stata caricata con 13 grani di polvere Svizzera n. 1, su cui è stato posto un pari volume di semolino, e proiettile sferico calibro .354 (8,99 mm) avvolto in pezzuola dello spessore di 0,18 mm lubrificata con Dunlubri. Tra un colpo e l’altro è stata affettuata la pulizia della canna. L’altra rosata, di cinque colpi, ha visto in azione la pistola Mortimer in calibro .44 a pietra focaia. L’arma è stata caricata con 28 grani di polvere tedesca Pow-Ex FFFg, su cui è stato posto un pari volume di semolino, e proiettile sferico calibro .435 (11.05 mm) avvolto in pezzuola con spessore di 0,18 mm lubrificata con Dunlubri Rosata di tredici colpi effettuata con la pistola Mortimer calibro .36 a percussione. Rosata di cinque colpi effettuata con la pistola Mortimer calibro .44 a pietra focaia. La pistola Mortimer Deluxe a percussione. Scheda Tecnica Fabbrica Davide Pedersoli & C., via Artigiani 57, 25063 Gardone Val Trompia Tipo pistola ad avancarica, con sistema di accensione a pietra focaia o a percussione Materiali canna, acciarino e fornimenti in acciaio; calcio in legno di noce; calcatoio in corno Finitura canna colore acciaio; calcio con pannelli zigrinati e lucidato a olio Canna lunga 255 mm Lunghezza totale 400 mm Note negli allestimenti Deluxe: acciarino e fornimenti con incisioni e finitura argento vecchio, canna brunita colore marrone, rimessi in oro sulla canna Pistola Mortimer a pietra focaia Calibro .44 Congegni di mira mirino a lama su base inserita a coda di rondine; tacca di mira inserita nella codetta e dotata di vite interna, non visibile, per la regolazione verticale Peso 1,050 kg a percussione; 1,000 kg con canna rigata Prezzo € 929,00 (€ 1.817,00 la versione Deluxe) Note disponibile anche con canna rigata (7 righe, passo 450 mm) Pistola Mortimer a percussione Calibro .36 o .44; canna con 7 righe che sviluppano un passo di 450 mm (18”) Congegni di mira mirino a lama su base inserita a coda di rondine; tacca di mira inserita nella codetta e dotata di vite esterna per la regolazione verticale Peso 1,100 kg con canna cal. .36; 1,000 kg con canna cal. .44 Prezzo € 870,00 (€ 1.767,00 la versione Deluxe) pagina 28 COMPRO... 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Fabio 328.7527613 Pistola DA SALA origine belga, cal. 22 short, chiusura tipo rolling block, in eccellenti condizioni. Revolver avanc. orig. REMINGTON 1858 New Model cal. 44 in eccellenti condizioni, ottimizzato per il tiro, precisissimo. Pistola a luminello boema, epoca 1850 circa, finemente incisa, firmata STOHR IN CARLSBAD, da duello, stecher, in cond. eccezionali ferri e legni, canna a specchio cal. 11, precisissima. Bruno 347.713568 Pistola avancarica modello NAVY, come nuova, sparato pochissimo con cassetta in legno ed accessori. Angelo tel. 339.2771512 Pistola hAMMERLI mod. 280 cal. 22 e convers. in cal. 32 usata pochissimo in valigetta orig. con tutti gli accessori e con 2 impugnature. € 3.500 Pistola BERNARDELLI modello P ONE cal. 9x21 accuratizzata + vari ricambi. € 500 Gasbarri 339.2266136 Revolver Remington New Model ricerca costruzione 1860 cal.36 preciso e pronto alle gare. Revolver Roger & Spencer cal.44 preparato già alla gare. Revolver WITNEY 1857 cal.36 molto preciso. Enrico 348.313466 Pistola Charles Moore Cal. 45, Pedersoli. Usata pochissimo, in valigetta di legno con occorrente per il tiro, (15 colpi) € 400. Roberto 348.9149985 Revolver ROGER&SPENCER (Pedersoli) cal.44 versione gara: Ottime finiture, precisissimo, altamente competitivo. Ottimo stato. €. 480 hOWkEN RIVER (Pedersoli) cal.45, diottra regolabile ed inserti stecher. Ideale per il tiro di precisione. Condizioni pari al nuovo. €. 550 Emanuele 334.6404373 Revolver Remington New Model Army cal. 44 ad avancarica a percussione, arma antica, in buonissime condizioni. Revolver Remington Beals cal 36 ad avancarica a percussione, arma antica, in buone condizioni. Pistola monocolpo ad avancarica da tiro a percussione, arma antica, cal. mm.13 canna rigata marcata Chaponen a Vignon. Piero 348.1384344 Pistola avancar. 1777 Charleville a pietra Cal. 0,69 (17,5) replica di Palmetto. 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Oppure cambio/compro con analoga ma per Carabina Jaeger Kammerbuechse 1842 (il manicotto deve essere lungo ca. cm 10) ottime condiz. € 400 tr. Alberto tel. 051.6368004 Vendo GIACCA DA TIRO in stoffa usata solo 3 volte, colore verde e blu, taglia 46. € 200 Valerio tel. 329.4514155 Vendo volumi: “Winchester, una leggenda americana” e “Colt, una leggenda americana”, ed. Gremese. Gian Luca 329.1116980 Bacchette acciaio per armi avancarica, originali: - senza marchi, per carabina svizzera rigata (Gewehr mod. 1863 o 1867) fornita di bellissimo puntale portastracci, in ottone, svitabile, marcato RC, lungo 8 cm. La lunghezza totale, compreso il porta stracci, è di cm 95. € 100 - per fucile rigato tipo Enfield, lunga cm 102,5. € 80 Massimo 338.8510997 AVVISO AGLI INSERzIONISTI LA REDAzIONE PER CERCARE DI RIORDINARE qUESTE PAGINE, DAL PROSSIMO NUMERO CANCELLA TUTTE LE INSERzIONI “VECCHIE” PREGANDO I LETTORI DI INVIARLE AGGIORNATE ENTRO IL MESE DI FEBBRAIO 2014, IN TEMPO PER LA PROSSIMA EDIzIONE DI AVANCARICA MAGAzINE. pagina 30 Replica e molto oltre Per gli estimatori delle armi a leva, il modello Winchester 1886 rappresenta il principale punto di riferimento per queste carabine in assetto da big game hunting. Chiappa Firearms ha dato il suo tributo a questa autentica icona con tre repliche che coniugano perfettamente due sinergiche esigenze: fedeltà all’originale ed evoluzione della specie, maggiormente mirata a un moderno utilizzo venatorio extreme. Parliamo del kodiak 1886 calibro 45-70. Testo e immagini di Alessandro Magno Giangio (seconda parte) La lunghezza totale dell’arma si attesta a 1.037 mm. Le rifiniture, sia esterne – quindi estetiche –, che interne – quindi meccanicofunzionali (foto 8) –, sono molto buone. L’arma è sottile, perfettamente equilibrata nella distribuzione dei pesi, e offre un ciclo di armamento-sparo-espulsioneriarmamento veloce, preciso e piuttosto fluido: non dico fluidissimo perché la finitura e la meccanica inox “rallentano” un po’ la tipica azione 1886. Infatti, nei modelli 1886 e 1886 Trapper della Chiappa Firearms, la fluidità è quella tipica dell’originale 1886. Il Kodiak è un’arma particolare per usi particolari, studiata quindi con prerogative estremamente diverse da quelle del cowboy shooting. MIRE Data la sua funzione multimpiego (cacciatore/guida di caccia), questa carabina grazie a 4 fori filettati sulla canna ha la possibilità di montare slitte standard Weaver (modello 48447 63BS) per l’impiego di cannocchiali e punti rossi, oltre alle mire metalliche standard o Express Rifle, compresa la speciale diottra Skinner (peep sight) - fornita di serie dal costruttore - e montata sui primi due fori filettati. Una nota importante: quando parlo di cannocchiali, intendo ovviamente del tipo a lunga focale (handgun o scout scopes), vista la collocazione molto avanzata della slitta rispetto agli occhi del tiratore. La diottra Skinner (foto 9) è particolarmente adatta sia al tiro mirato che d’imbracciatura soprattutto perché il foro è completamente regolabile tramite un doppio cerchio filettato montato sulla diottra stessa. La diottra Skinner è completamente regolabile sia in alzo che in deriva. Riguardo il mirino, il costruttore ne ha previsto uno classico a pinna di squalo, nero. Io l’ho sostituito con uno della LPA in fibra ottica rossa poiché l’ho trovato di più facile e rapida acquisizione del bersaglio, soprattutto quando esso sia costituito da un cinghiale in corsa. LA MUNIZIONE DEL TEST Per il .45-70 Government esiste sul nostro corrente mercato un numero sufficiente di munizioni commerciali, quasi tutte impostate sulla palla Hollow Point da 300 grani: fa eccezione soltanto la pesantissima e lenta munizione by Remington con palla da 405 grani. Anche se tale numero di munizionamenti con palla da 300 grani appare esiguo – sono tre: Winchester JHP, Remington Semi-JHP e Federal Hot-Cor HP -, esso si rivela più che sufficiente per l’impiego “nostrano”, ovvero la caccia al cinghiale in battuta. Delle tre munizioni, le due più potenti (anche se di pochissimo), sono le Winchester e le Federal. Il resto è affidato alla ricarica, mediante la quale questo calibro è in grado di fornire prestazioni simili e, in alcuni casi, addirittura superiori, al .458 Winchester Magnum. In ogni caso, se l’utente si reca a caccia all’estero con quest’arma, può trovare munizioni Custom davvero spaventose: Garrett, Buffalo e PMC in primis. Come accennato poc’anzi, Hornady già distribuisce da tempo una nuova tipologia di munizione in .45-70 appositamente progettata per le armi a leva, fig. 8 chiamata LeverEvolution, e distribuita da Bignami. Tra le tre concorrenti standard disponibili attualmente sul mercato, per questo test ho scelto la munizione Federal Classic/Power Shok con palla Speer Hot-Cor Hollow Point (foto 10). Questa palla abbina grandi capacità di penetrazione, grazie alla sua robustezza garantita dal sistema Hot-Cor, con un ottimo livello di espansione e di cessione d’energia grazie proprio alla punta cava. Costruire buone palle per i calibri pesanti e lenti non è così facile come si pensa, tanto che Hornady ha dovuto investire molte risorse per riuscire a sviluppare la sua nuova LeverEvolution, una palla che sembra offrire prestazioni ancora superiori a ciò che si è visto sinora. Staremo a vedere. Per il momento, gli utenti di questo binomio possono cacciare più che tranquillamente i propri cinghialoni, non solo in Italia ma anche nell’Est Europeo, Turchia e Sus scrofa attila compresi: non si dimentichi, pagina 31 infatti, che questa palla da 300 grani fornisce tra 0 e 50 metri oltre 300 Kgm di energia. Eccovi di seguito i dati salienti della munizione Federal da me testata secondo quanto fornito dalla casa madre: Federal Classic/Power Shok con palla Speer hot-Cor hP-FP da 300 grani Velocità alla bocca: 1.880 piedi al secondo (573 m/sec) Energia alla bocca: 2.355 foot pounds (326 kgm) fig. 9 Energia a 90 metri: 1.815 foot pounds (251 kgm) Energia a 180 metri: 1.355 foot pounds (187 kgm) Al momento di andare in edicola con questo articolo-test, mi giunge notizia che è in distribuzione da pochissimo tempo, tramite l’importatore Paganini, la nuova munizione commerciale Barnes VOR-TX con palla da 300 grani TSX Flat Base che si preannuncia davvero ottima per il cinghiale, munizione che aspetto di avere in casa per provarla sul campo. PROVA AL POLIGONO Data la tecnica di caccia prescelta per il test del Kodiak e la scelta di utilizzare l’arma con le mire originali (pacchetto Skinner), ho optato per un azzeramento sulla distanza dei 50 metri. Posizionato il bersaglio nero con il 10 e la Mouche esaltati in arancione fluorescente mediante adesivo Target Spot della Birchwood Casey, eseguo i primi tre tiri: la rosata ottenuta è di soli 32x29 mm. Lascio raffreddare la canna e poi eseguo altri tre tiri per una rosata di appena 28x27 mm. Occorre prenderci la mano con le mire peep sight, soprattutto con un bersaglio in movimento, ma una volta capita la dinamica dell’imbraccio dell’arma e dell’allineamento occhio-mirebersaglio, il risultato è eccellente. Una nota personale: con le mire a diottra o peep sights è possibile utilizzare sia il solo occhio dominante tenendo l’altro chiuso, che entrambi gli occhi aperti, il che permette una facile abitudine sia a chi tira d’imbracciatura, sia a chi effettua un tiro mirato. Rinculo e rilevamento all’esecuzione del colpo risultano molto contenuti e perfettamente controllabili, tanto da consentire una rapida espulsione e riarmo della nuova cartuccia, questo grazie soprattutto alla perfetta distribuzione dei pesi dell’arma e dal suo peso. Sul bersaglio dei 100 metri, con le semplici mire Skinner, ho ottenuto una rosata di tre colpi pari a 37x42 mm, un risultato anche questo che ci parla di un’arma costruita molto bene. A CACCIA DI CINGhIALI IN BATTUTA I miei test di caccia al cinghiale in battuta si sono svolti sia con la mia squadra, l’Orecchio Nero di Mulinaccio (Monte Giovi 3/A), sia durante altre battute nelle due ATC SI 18 e 17. Veniamo ora agli abbattimenti e ai relativi commenti. Animale numero 1. Cinghiale di circa 60 kg, maschio. Distanza di tiro: 25 m ca. Posizione del cinghiale: di 3/4 in corsa rapidissima verso la posta. Sparati due colpi sull’animale. Spazio percorso dal cinghiale dopo i due tiri: bloccato entro 3 metri dal primo colpo. Punto di penetrazione dei proiettili: dietro spalla e collo, con diametri dei fori d’entrata pari al diametro proiettile, e fori d’uscita di circa 1.5x. Note. In questo abbattimento sono stato testimone sia della perfetta brandeggiabilità e velocità di riarmamento dell’arma sui tiri a corta distanza su animali in corsa, sia dell’ottimo potere d’arresto del duo calibro-munizione impiegati. La perdita di carne è risultata accettabile. Animale numero 2. Cinghiale di circa 75 kg, femmina. Distanza di tiro: 50 m ca. Posizione del cinghiale: di ¾ in corsa rapida verso il lato sinistro della posta. Sparato un solo colpo sull’animale. Spazio percorso dal cinghiale dopo il tiro: l’animale è crollato sul posto. Punto di penetrazione della palla: regione avanzata scapolo-omerale sinistra alta, con diametro del foro pari al diametro palla. Punto di uscita del proiettile: la palla ha attraversato entrambe le spalle, con diametro del foro d’uscita pari a circa due diametri circa del proiettile. Note. Il proiettile Federal HP-FP da 300 grani è entrato e uscito bloccando l’animale sul posto, prova di un buon bilanciamento tra cessione d’energia e penetrazione. La perdita di carne è risultata accettabile, visto il punto di impatto del proiettile. Animale numero 3. Cinghiale di circa 70 kg, femmina. Distanza di tiro: 70 m ca. Posizione del cinghiale: di perfetto orizzontale al trotto, verso il lato destro della posta, in alto. Sparato un solo colpo sull’animale. Spazio percorso dal cinghiale dopo il tiro: l’animale è stato bloccato sul posto. Punto di penetrazione della palla: regione scapolo-omerale destra bassa, con diametro del foro pari al diametro palla. Punto di uscita del proiettile: il proiettile ha attraversato e perforato entrambe le spalle, con fig. 10 diametro del foro d’uscita pari a 3 diametri circa del proiettile. La perdita di carne è risultata soddisfacente. Note. Questa munizione abbinata con il calibro .45-70, sebbene di concezione classicostandard, si è rivelata ancora ben sfruttabile nella caccia al cinghiale in battuta, soprattutto perché è ben equilibrata e costante, sia come prestazioni balistiche esterne che terminali. Chiaro che oggi il mercato offre di meglio – leggi LeverEvolution e Barnes VOR-TX –, ma per chi non desidera “le botte” sulla spalla o gli ovvi costi in più delle munizioni high-tech, sa dove poter rivolgere le proprie attenzioni senza per questo rinunciare a precisione e letalità. CONSIDERAZIONI FINALI Da sempre sono molto legato a questa tipologia d’arma poiché amo le armi solide, affidabili e precise, quelle insomma sulle quali posso essere sempre in grado di contare soprattutto nei momenti difficili: questa predisposizione mi deriva dagli anni vissuti in Africa e dagli oltre 150 viaggi di caccia grossa in Africa e Nordamerica, luoghi dove queste qualità sono obbligatorie, non certo optional. Quello che più mi ha impressionato del Kodiak è la sua eccezionale capacità di adattamento, per qualità meccaniche, balistiche e funzionali, in qualsiasi contesto venatorio, semplicemente cambiando munizione e/o pacchetto di mire. Un valore aggiunto notevole per un’arma che, basata su un principio ispiratore antico di 125 anni, ancora può dire la sua con estrema autorevolezza. Il prezzo di vendita, quindi, non soltanto vale l’acquisto ma si può considerare concorrenziale visto il rapporto qualità-prezzo prestazioni dell’arma e il suo retaggio.