1° Giornata di Ittiologia e Gestione Ittiofaunistica
Risultati della campagna di monitoraggio dei bacini dei fiumi
Marecchia e Foglia in Provincia di Arezzo
e loro utilizzo ai fini della gestione delle acque
Dr. Ing. PIERGIORGIO SECCI
Società PROGECOL
1° Giornata di Ittiologia e Gestione Ittiofaunistica
Campagna di monitoraggio dei fiumi Marecchia e Foglia
Noi avevamo incarico da parte dell’Amministrazione
Provinciale, su proposta della Comunità Montana
Valtiberina, di svolgere un progetto per il recupero, la
valorizzazione e la gestione dei bacini dei fiumi Foglia e
Marecchia nel territorio della Comunità Montana della
Valtiberina Toscana. Un progetto che si è svolto nell’arco
di tre anni e che è andato a conclusione poi nel Febbraio
2001 con la relazione finale.
Il progetto era concepito per tre anni , ma poi si è
sviluppato in tempi maggiori perché siamo poi partiti nel
’96 e abbiamo finito nel 2001, anche perché vedremo che ci
sono state delle cose particolari strada facendo.
Il territorio interessato, nei Comuni di Sestino e Badia
Tedalda, è un’area marginale.
Quindi zona marginale zona molto poco antropizzata e
zona che presenta ancora caratteristiche di particolare
pregio dal punto di vista ambientale. Abbiamo poca
popolazione, con il Comune di Badia Tedalda che conta un
migliaio di abitanti.
Quale era lo scopo fondamentale di questa ricerca. Siamo
partiti da un concetto che io ritengo fondamentale, che è
questo: la ricerca che noi volevamo fare era finalizzata alla
valorizzazione del territorio e della fauna ittica, per poi
andare a trovare una classificazione quindi una proposta di
carta ittica e poi una proposta di gestione.
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Abbiamo inteso questo tipo di percorso non con una interpretazione lineare, un’interpretazione a causa – effetto, ma
come una situazione complessa, per quello che è realmente una situazione ambientale, un fiume, una struttura vivente
non è una cosa che si spiega soltanto con una causa e con un effetto. E’ un problema complesso e va trattato in un
modo complesso, non posso vedere solo quanti pesci sono presenti o quanti nitriti ci sono, bisogna che riesca a fare
un’analisi che non sia più lineare, ma che sia circolare. E’ uno schema un po’ diverso dal solito, ma secondo me e
secondo il gruppo di lavoro che ha condotto lo studio, è l’unico che consente poi di darne un’interpretazione corretta del
fenomeno materia vivente. Quindi abbiamo fatto uno studio a tutto tondo, siamo andati a vedere quale era la
sistemazione ambientale, la vegetazione, l’uso del suolo nelle vicinanza dei corsi d’acqua, le varie sistemazioni
idrauliche, a partire dalle centinaia di briglie presenti su questo territorio (considerate che sul torrente Fossone in pochi
chilometri ci sono 110 briglie), la situazione quindi delle opere idrauliche, la situazione delle sponde dal punto di vista
dell’erosione e dal punto di vista della tenuta rispetto a certi fenomeni che ci sono stati.
Successivamente c’è stata la parte relativa alla popolazione ittica, quindi il problema delle specie alloctone e delle specie
autoctone, il problema dei ripopolamenti, l’individuazione della possibilità di poter ripopolare in modo diverso.
Un discorso particolare riguarda la fruizione e la valorizzazione, quindi il turismo, vediamo quello che è successo nella
zona di Badia: da quando c’è la zona a regolamento specifico, l’aumento di presenze che essa ha determinato ha dato un
grosso input al turismo locale. Altro fenomeno da tenere presente è stata la pesca sportiva dilettantistica, e poi la parte
di formazione e di cultura, in quanto in questi luoghi o riusciamo a fare cultura del luogo, cultura dell’ambiente, cultura
della naturalità, oppure non riusciremo mai a mantenerli integri. Se noi prendiamo una società di Arezzo a gestire la zona
no kill del Presale, probabilmente la distrugge in pochissimo tempo. Questo per un problema di cultura diversa, lì c’è una
società che è radicata, conoscono il problema, conoscono l’ambiente, riescono a gestire questa cosa in un modo più
corretto.
Finora ho parlato di quale erano gli obbiettivi e lo spirito del lavoro, adesso passiamo a quello che abbiamo fatto.
Abbiamo fatto delle Analisi su scala di bacino, nello specifico caratterizzazione fisica e situazione del carico antropico,
per fare questo ci siamo ripassati tutti i fiumi a piedi, quindi un lavoro piuttosto lungo e faticoso, dal quale poi è emerso
un quadro.
Abbiamo riportato sulla cartografia scala 1:5000 (nel caso specifico non era disponibile la Carta Tecnica Regionale, era
disponibile solo il catastale) tutti i corsi d’acqua, per i quali è stato riportato l’uso del suolo delle immediate vicinanze.
Poi sono stati riportati tutti gli accessi, tutta la sentieristica, tutti gli scarichi censiti, tutte le varie discariche presenti,
tutte le opere in alveo.
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Di tutto questo c’è poi tutto l’abaco fotografico, quindi sulla cartografia sono
stati riportati anche i punti di vista con le relative foto, in maniera che c’è un
archivio in Provincia con la conoscenza e la fotografia di quello che sono in
questi tre anni questi torrenti.
Fatto questo tipo di lavoro, si sono fatte le analisi sui vari corsi d’acqua
andando ad individuare una serie di Stazioni di prelevamento dalle quali sono
stati fatti una serie di prelevamenti per vedere la qualità chimica e fisica delle
acque, per vedere la qualità microbiologica e per fare prelevamenti di fauna
ittica e per classificare le acque dal punto di vista dell’IBE .
Questa serie di analisi è stata fatta in due tempi, nelle condizioni di magra e
nelle condizioni di morbida, per tre anni.
Le stazioni sono state individuate con il criterio della massima accessibilità
per ovvi motivi pratici viste le attrezzature necessarie, quindi era necessaria
una scelta sia in base all’accessibilità ma anche in base alla significatività
della stazione, ciò significa prendere per lo meno le stazioni alle confluenze, e
più in alcuni punti particolari. Per esempio lungo il Marecchia è stata presa
una stazione a valle dell’abitato di Pratieghi, perché in quel punto lì c’era uno
scarico e quindi volevamo vedere cosa succedeva a monte e a valle di uno
scarico, e in effetti abbiamo visto che succedono cose importanti.
I parametri ricercati sono stati temperatura dell’acqua e dell’aria, il PH, la
conducibilità, tutti quelli che servono a classificare le acque tenendo come
punto di riferimento la normativa che è la Legge 152/99.
Dall’analisi di tutti i dati che sono stati messi insieme, sono venute le
conclusioni.
Il livello di inquinamento dai macrodescrittori, secondo il decreto 152, in
funzione di una serie di parametri mostrano una situazione del bacino
abbastanza buona.
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Ci sono dei problemi nella stazione che
si diceva prima, cioè la stazione di
Pratieghi, perché lì abbiamo un esempio
di quello che non si deve fare mai per
un’amministrazione, ovvero una serie di
scarichi collettati senza prima deve avere
fatto l’impianto. Se prima facciamo i
reflui e poi facciamo l’impianto facciamo
dei grossi danni, perché concentriamo
l’inquinamento. A Pratieghi è successa
proprio questa cosa, in più è aggravata
dal regime particolarmente incostante di
questi torrenti, sono torrenti
pedemontani, quindi hanno un regime di
magra con pochissima acqua, alcuni
vanno proprio in secca (un tratto del
Marecchia va proprio sotto in un
fenomeno carsico), mentre quando piove
fanno delle piene disastrose. Quindi
vanno in grossa sofferenza nei periodi di
magra, a volte se abbiamo anche un solo
scarico dietro il depuratore, va in crisi
perché anche se esce in tabella, il
quantitativo di nutrimento di sostanza
organica che va a finire nel fiume il fiume
non lo sostiene.
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Il Marecchia sta molto meglio del Foglia, e questo è un risultato che
abbiamo trovato in tutte le analisi, dal punto di vista della fauna, dal punto
di vista della qualità chimico fisico, dal punto di vista della qualità
biologica, abbiamo avuto una conferma continua di questa situazione.
Il tipo d’inquinamento presente deriva soltanto da influenze antropiche. Un
buon indicatore di contaminazione, stazione per stazione, è dato dal
rapporto coliformi fecali / streptococchi fecali, dove questo rapporto è al di
sotto di quattro abbiamo sicuramente inquinamento derivante da
antropizzazione, se sta a valori più bassi siamo in una situazione
intermedia, se stiamo al di sotto di uno abbiamo influenze solo animali.
Dalle nostre analisi il problema di un inquinamento animale lo abbiamo solo
sull’Orchio, un’affluente di destra del Parecchia, e sul Ma lunga, che è
sempre un affluente di destra, e ce lo abbiamo sia in condizioni di magra
che in condizioni di morbida.
Il resto è una contaminazione di origine umana. Questo perché abbiamo
tutta una serie di scarichi localizzati, come ad esempio sul Cardinale,
direttamente sul fiume, dove c’è l’abitudine di prendere e scaricare
tranquillamente senza nessun tipo di accorgimento. Una volta poteva
andare bene, quando ce n’era uno qui e uno là, ma quando cominciano ad
essere tanti e concentrati il problema diventa insostenibile. Anche perché il
fiume ha una propria capacità depurativa, che in certi casi è ben forte, come
nel caso della stazione di Pratieghi dove, in condizioni di magra, la
situazione è tra ambiente inquinato o comunque alterato e ambiente con
modesti sintomi di inquinamento. Nella stazione successiva la situazione è
migliorata non certo perché qualcuno ha depurato il torrente, è
semplicemente il potere autodepurante del fiume che entra in funzione, ma
questo potere non è infinito, fino ad un certo punto arriva, oltre un certo
punto non ce la può più fare.
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Venendo alla classificazione biologica, secondo il metodo IBE, della qualità delle acque, questa è il parametro che ci da
più indicazioni della storia dei nostri fiumi, non è la fotografia del qui adesso, ma un’informazione su di un lasso di
tempo più lungo. Da questa analisi vediamo che le nostre acque del bacino del Marecchia sono tutte molto buone, le
migliori sono senza ombra di dubbio quelle del Presale e del Presalino, ma anche il Fossone non è da meno.
Il Foglia soffre per diversi fenomeni, primo per problemi propri, faccio un esempio: nella stazione di Lucenburgo pur
essendo un posto bellissimo, noi in tre anni non abbiamo mai trovato un pesce, abbiamo fatto sempre fatica a trovare
macroinvertebrati, senza riuscire a spiegarci il perché. Ci dicevano che negli anni ’50 era pieno di trote, allora
sicuramente ci sono possono essere varie spiegazioni, c’è stato sicuramente un prelievo sconsiderato, c’è stato
sicuramente del bracconaggio - sono posti, come suol dirsi, persi da Dio e dagli uomini- c’è sicuramente una
componente ambientale, in quanto i terreni hanno delle caratteristiche che sono sfavorevoli al proliferare dei
macroinvertebrati e quindi al sostentamento dei pesci. Una serie di condizioni, circolare che fa sì che lì adesso non ci
sia nessuna presenza ittica.
I risultati dei campionamenti sui pesci, fatti mediante elettro-storditore, per quanto riguarda i tre anni, mostra la Trota
che la fa abbastanza da padrona nel bacino del Marecchia, mentre nel bacino del Foglia abbiamo una presenza molto
più significativa dei Ciprinidi. La Trota, nella dinamica della popolazione, è abbastanza strutturata, così come il
Vairone, che mostra capacità di riproduzione in loco. La parte del Cavedano è strutturato maggiormente nel Foglia,
mentre si ha presenze molto più saltuarie nel Marecchia, mentre il Barbo ha buone presenze nelle stazioni a valle del
Marecchia, come per esempio la stazione a valle del Presale, ultima stazione del Marecchia, mentre ha buone
presenze per quanto riguarda il Foglia.
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Durante il primo campionamento, effettuato nel ’96 / ‘97, abbiamo rilevato che nelle varie
stazioni del Marecchia abbiamo la situazione della Trota molto ben strutturata, il Vairone è
abbastanza presente, il Barbo e Cavedano sono presenti nelle stazioni terminali, abbiamo
trovato qualcosa per quanto riguarda l’Anguilla e anche qualche Gambero. Nel secondo
anno non cambia molto, i picchi che possiamo andare a ritrovare sono imputabili ai
ripopolamenti che vengono eseguiti. La cosa che va notata è la differenza che appare al
terzo anno in alcune stazioni, situazione non ha niente a che vedere con le altre due, ma
dipende dal fatto che nel frattempo c’è stato l’evento alluvionale del 1998 che da punto di
vista della fauna ittica e dei macroinvertebrati è stato catastrofico. Lo è stato anche dal
punto di vista fisiografico, ma dal punto vista biologico è stato uno sconvolgimento totale.
Quali sono i due corsi d’acqua che non hanno sofferto di questo evento: il Presale
(Amantini ce lo può confermare) e il Fossone nel quale hanno giocato un ruolo importante
le 110 briglie.
La situazione del bacino del Foglia mostra il Cavedano ottimamente distribuito e ben
strutturato, come lo stesso Barbo, mentre la Trota è presente solo in alcune stazioni, la
troviamo infatti solo alla stazione denominata Foglia 2 e nel Bornacchio, un affluente in
destra, che si inserisce nell’asta principale all’altezza dell’abitato di Sestino. Tale
situazione, della Trota, si è ripetuta per tutti gli annidi rilevamento.
Da segnalare, per il bacino del Foglia, una grossa presenza del Cavedano che si riscontra
sul Foglia 3, una stazione situata a valle del depuratore di Sestino, che con i suoi scariche
eutrofizza l’acqua e incrementa la catena alimentare dei pesci meno sensibili.
Siamo quindi andati a ricercare l’indice di salmonicolità dei vari corsi. Tale parametro è
collegato alle temperature presenti, sempre al disotto sia in inverno che in estate ai 20° C,
che quindi consentono tranquillamente la vita alle specie di salmonidi. Per quanto attiene
l’ossigeno disciolto questo a volte scende a livelli tali che quasi mette a repentaglio la vita
dei pesci stessi, ma questo succede a valle di Pratieghi e a Valle del depuratore di Sestino,
laddove c’è forte immissione di sostanza organica. In particolare l’ossigeno scende
drasticamente quando siamo in estate, per la minore portata e la temperatura alta.
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Vediamo l’indice di Salmonicolità, che, per quanto riguarda il bacino del Marecchia,
mostra un valore limite guida 50, questa è una fascia di transizione fra Salmonidi e
Ciprinidi quindi per tutte le stazioni, a parte il Marecchia a valle di Pratieghi, e a parte
le stazioni terminali del Presale e del Marecchia il resto sta tutto al di sopra del limite.
Di contro il Foglia è invece sempre al di sotto di tale limite. Qui alla prima stazione non
è neanche stato calcolato, perché di pesci non ve n’è traccia. Per Foglia 2, 3 e 4
(quindi tutto il Foglia) abbiamo una classificazione a Ciprinidi, con l’eccezione del
Bornacchio, un corso d’acqua di buon pregio, classificabile a Salmonidi.
Abbiamo fatto una proposta di zonazione ittica, tenendo presente il buon lavoro fatto
dal CRIP a suo tempo intorno agli anni 80 e la base proposta nel 1995 per fare la
zonizzazione. Dicevo prima il fiume è un essere vivente, non può essere trattato
come un meccanismo, dove ci sono le trote facciamo l’area a Salmonidi dove non ci
sono no; ma come si fa a stabilire che fino a lì ci sono le trote a da lì in poi non ci
sono? Diventa complicato stabilire fin dove può arrivare un pesce, ci sono
ovviamente, delle condizioni, delle aree, di transizione che non danno mai certezza.
Quindi bisogna adottare criteri di flessibilità che è data dal dividere i corsi d’acqua in 4
cat. dove vengono individuate specie caratterizzanti e la presenza di altre specie. Non
è detto che dove ci sono le Trote non possa trovare qualche Vairone o Gambero ecc. o
come delle volte in cui troviamo di tutto e di più, bisogna andare a fare un’analisi per
vedere quali sono le prevalenze. Quindi avremo una trota superiore laddove le specie
caratterizzanti sono la Trota e lo Scazzone con presenza abbondate di trota e
localmente abbondante di Scazzone, comune per il Vairone, l’Anguilla rara e
altrettanto il gambero. E’ stato poi indicato un limite, ma qual’è il criterio per stabilire
fin dove arriva la Trota Superiore. Ovviamente un limite va comunque messo, ma
anziché mettere limiti derivanti da chissà quale volo dell’immaginazione abbiamo
detto che i criteri fondamentali sono la certezza e la facile individuabilità. Quindi si fa
riferimento ad opere sul fiume o a particolari punti di riferimento. A monte di Pratieghi
abbiamo la trota superiore, che passa al tratto trota inferiore e infine abbiamo la zona
Ciprinidi.
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Per il Foglia la parte del leone la fa la zona dei Ciprinidi, mentre il Bornacchio è
tutto a Salmonidi solo la parte iniziale del Foglia è classificata a trota inferiore,
sopra alla stazione di Lucemburgo non è stato trovato nulla e quindi nessun
indicazione.
Oltre a questa sono state fatte una serie di proposte per quanto riguarda la
gestione e gli interventi in generale. Gli interventi li abbiamo suddivisi in
Strutturali, Pianificatori e di Gestione delle Acque. Gli interventi strutturali sono
stati divisi in Conservazione e Sviluppo. Per la Conservazione abbiamo delle
sponde dove c’è erosione, con problemi di tenuta e quindi si può provare a
intervenire, tenendo conto di due priorità.
Primo laddove è possibile inserire sempre e comunque le scale di monta,
non abbiamo una scala di monta neanche a piangere su tutto il territorio e queste
bisogna pensare di farle altrimenti si interrompe quello che è la continuità
biologica del fiume e facciamo dei disastri.
Secondo intervenire con strutture di tipo naturalistico, si possono fare si
possono anche ricreare degli habitat che siano favorevoli alla fauna ittica,
ricostruendo tane, mettendo sassi e legname ecc.
Per le attività di sviluppo occorre creare accessi al fiume, perché se vogliamo
che il fiume sia abitato, vissuto, fonte di ricchezza, bisogna che intorno al fiume
ci siano attività, non alberghi o altre strutture pesanti, però consentire l’accesso,
prevedere percorsi di formazione per le scuole. A tale proposito, quando
abbiamo fatto alcuni campionamenti, sono venuti dei maestri a chiedere cosa
facevamo del perché e del per come. Se nelle zone no kill, che è tutta facilmente
passeggiabile, oltre alla gente a pescare ci si manda anche la scuola mettendoci i
cartelli con l’indicazione del tipo di pianta, o di macroinvertebrati che si possono
osservare, o indicazioni sulla vita in generale di quel fiume, probabilmente ci
guadagniamo tutti e oltre a cultura si può fare turismo. L’inserimento di percorsi
per cavalli, mountain bike è da pensare in uno studio di questo genere.
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Gli interventi in alveo sono quelli più preoccupanti; fare escavazioni, consentire la realizzazione di centrali con prese
di acqua, che seccano il fiume, può provocare seri problemi a questi corsi d’acqua. Un’indicazione è stata data di
concerto in questo senso: quando si devono dare concessioni sull’uso del fiume e delle sue acque, un principio
fondamentale è quello della portata vitale del fiume, nel senso che non devo garantire solo la portata minima vitale,
ma bisogna garantire il regime naturale vitale del fiume; regime che è fatto di magre devastanti e piene disastrose
però è quello che fa la vita del fiume, dopo la catastrofe la vita riparte.
Interventi pianificatori, aspetto fondamentale è quello della localizzazione degli impianti. Abbiamo impianti
produttivi, depurativi ecc…in questo caso noi riteniamo che “piccolo è bello”. E’ molto meglio avere 20 impianti di
depurazione con fitodepurazione a valle, che ci elimina tutto il fosforo ed il potassio, che un solo collettore con un
grande depuratore centrale. Quando quest’ultimo salta, butta la “cacca” nel fiume, non va bene, molto meglio una
tricamerale che mi scarica in tab. A, una ogni 200 metri piuttosto che tutte nello stesso posto. Quindi in questo caso
visto che l’antropizzazione è lieve, la linea guida dovrebbe essere “piccolo è bello”.
Gestione delle acque - Il discorso dei ripopolamenti, abbiamo fatto alcune proposte che possono essere interessanti
da provare. Ci sono tratti di fiume come nel Foglia ed nel Malunga che pur essendo in condizioni di inquinamento
assente non hanno presenza di fauna ittica, quindi provare a fare dei ripopolamenti mirati, controllati per vedere se
nel tempo si riesce a recuperare questi fiumi alla vita. Con un controllo periodico del risultato per vedere ciò che si è
ottenuto. Una cosa che volevo fare vedere è la foto dell’evento catastrofico dell’alluvione del ‘98…questa è una
stazione prima…ora vedete cosa è successo è impressionante, se si intendono fare degli interventi migliorativi
bisogna sempre considerare il fatto che può succedere di tanto in tanto che il fiume gli può portare via tutto.
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