CLAUDIA & ELISA 2000-2001 EXIT Pianta dell'Acropoli Il parco archeologico … Il parco archeologico è oggi la principale area verde di Volterra: collocato nel centro e nel punto più elevato della città, offre ai cittadini e ai turisti un luogo per rilassarsi al fresco degli alberi. La zona archeologica ha visto tornare alla luce i resti dell’acropoli etrusca: già nel 1927 vennero svolte indagini archeologiche che riportarono in superficie i resti di un edificio templare. Le ricerche successive hanno messo in luce i resti del quartiere santuariale dell’Acropoli di Volterra, rivelando l’assetto urbano di questa parte della città dal VI secolo a. C. all’età imperiale romana. Nel 1951, il Prof. Enrico Fiumi propose la sistemazione della zona e la Famiglia Inghirami, proprietaria del terreno, si dichiarò disponibile a cederlo. Solamente nel 1966, tuttavia, grazie all‘intervento della Cassa di Risparmio di Volterra, esso venne acquistato e si poté dare il via alla risistemazione di un’area adibita da secoli a coltivazioni. Nel 1978 il parco fu dedicato al benemerito concittadino che ne aveva auspicato la realizzazione. Il viale che circonda il parco è stato recentemente chiamato Viale di Mende, in onore della città francese gemella di Volterra. All’interno del parco, ma al di fuori della zona archeologica di cui sopra, si trova un altro importante monumento: una cisterna di età Romana. La piscina romana … e le sue immagini Vista della Fortezza Medicea Vista del centro storico Vista del Palazzo dei Priori Alberi nel Parco Due scorci dell’antica Acropoli Veduta del Parco Archeologico “Enrico Fiumi” Veduta aerea della Fortezza Medicea L' Acropoli : ricostruzione storica La presenza di importanti resti archeologici sta a indicare come l’Acropoli Etrusca fosse il centro dell’antica Velathri. Oltre ad essere la parte più alta di Volterra, l'Acropoli era infatti a quei tempi anche il luogo più fortificato, dove si trovavano gli edifici sacri più importanti e tutte le costruzioni che servirono alla prima organizzazione della città. Tutto ciò è chiaramente confermato dall’ubicazione dei resti di mura arcaiche negli orti dell’ Albergo “Etruria”, nella casa Inghirami e nelle cantine di casa Isolani: sono questi i residui della prima cerchia murale che coprì i fianchi del piano di Castello. L’area circoscritta dalla cinta corrispondeva a più di cinque ettari di terreno e il pietrame necessario fu ricavato dai vasti ammassi calcarei che esistevano sul piano di Castello (alcuni di essi emergono ancora oggi dal terreno). I centri abitati di allora si trovavano infatti spesso su alture di calcare e di arenaria compatta, pianeggianti sulla cima e scoscese ai fianchi, cioè di facile difesa. La nostra altura, certamente abitata all'inizio da famiglie di pastori, offriva un complesso di benefici che possiamo ben immaginare ancora oggi: la vasta distesa pianeggiante offre, oltre che una veduta dominatrice delle colline inferiori, aria saluberrima e frescura estiva, nonché abbondanza di sorgenti d’ acqua ai piedi di ogni costa (il che era di massima importanza, in una regione generalmente piuttosto arida). A ciò si aggiunga la vicinanza ai principali sentieri pastorali che s’incrociavano seguendo i crinali o cercando i valichi dalla Val di Cecina alla Val d’Era. Siamo dunque in presenza di un villaggio difeso già soltanto dalle asperità del terreno e dagli irti fianchi del monte, rafforzati poi con opere posticce di legname e con staccionate. Verso il VI secolo a. C. la difesa delle rocche naturali fu potenziata con blocchi di pietra sovrapposti, dando così inizio alla civiltà Etrusca: civiltà monumentale, come sta a dimostrare lo sviluppo architettonico dei reperti archeologici I templi, ad esempio, erano una creazione del tutto particolare, che intendeva perseguire un effetto decorativo immediato. A come li descrive Vitruvio, essi si presentavano severi e massicci, con un tetto sporgente e un frontone aggettante retto da robuste colonne. Alla prima metà del VI sec. a. C. deve datarsi un tempio di cui sono stati portati alla luce solo i resti di parte della decorazione architettonica. Sulla sommità della collina di Volterra non c’erano sorgenti naturali, il che rendeva necessaria la realizzazione di alcune cisterne destinate a raccogliere l’acqua piovana. Una di esse, costruita proprio di fronte al tempio di cui sopra, era destinata a raccogliere la pioggia che cadeva nello spiazzo antistante alla gradinata di accesso. Un’altra cisterna si trovava sul lato opposto, come è stato riscontrato anche negli altri templi etruschi. Ulteriori cisterne, ad est, erano destinate a raccogliere l’acqua del tetto. La fase edilizia meglio conservata è comunque quella d’età Ellenistica: ad essa vanno attribuiti basamenti di due edifici di culto, chiamati convenzionalmente: "Tempio A" e "Tempio B". Il tempio “A” Il tempio “B” Livio ci presenta la stirpe etrusca come un popolo che fra tutti gli altri si dedicò particolarmente alle pratiche religiose: nella religione etrusca, a differenza che in quella greco-romana - nella quale l’uomo era sempre il protagonista - si rileva un senso di annullamento della personalità umana, collegato all’esaltazione del divino. Ciò dava vita ad una serie di culti minuziosi, al rispetto di scadenze fisse e improrogabili che rispecchiavano l'esigenza di un'assoluta conformità al volere degli dei, lo scrupolo di ricerca e d'interpretazione di quest'ultimo. La rigida disciplina religiosa degli etruschi regolava qualsiasi attività, perché ogni costume, ogni criterio etico e decisione pratica avevano un preciso riferimento all'ordine del mondo divino. I numerosi ritrovamenti di spezzoni di mura megalitiche, individuati anche da scavi non archeologici, ma sempre documentati, permettono di affermare che anche il pianoro su cui oggi sorge la Fortezza sia stato recintato completamente in epoca etrusca, ed abbia costituito parte essenziale dell’acropoli della città. Purtroppo il succedersi degli insediamenti fino al tardo medioevo e poi la pesante modificazione attuata alla fine del XV secolo dai Fiorentini per la costruzione della Fortezza hanno cancellato in gran parte le testimonianze delle epoche precedenti. A queste manomissioni si è successivamente aggiunta la cava di pietra allestita dietro Palazzo Inghirami. L’interruzione degli scavi archeologici iniziati nel 1969 ha inoltre lasciato inesplorata buona parte della zona residua, verso Piazza Martiri della Libertà: le notizie ricavabili dall’esplorazione dell’acropoli sono perciò, ad oggi, incomplete. Gli scavi sistematici del prof. Cristofani hanno comunque dimostrato che le prime strutture non precarie risalgono alla seconda metà del sesto secolo a. C.: a tale periodo viene generalmente riferita anche la costruzione della prima cinta di mura che, secondo E. Fiumi, abbracciava originariamente soltanto l’acropoli e successivamente si allargò ad un’area più ampia, comprendente il borgo di Piazza. Il percorso perimetrale di tale cinta, dato per sicuro dal Cinci e ripreso dal Fiumi, è fissabile solo in via approssimativa, perché non sono rimaste tracce della cinta ciclopica nel versante sud-orientale, cioè dalla torre quadrata della Fortezza accanto alla Porta a Selci fino a piazza Martiri della Libertà. E’ però lecito ritenere che le mura etrusche seguissero, magari un poco più a valle in aderenza del costone roccioso, il tracciato di quelle medioevali. Dalla parte della città si vedono resti della muraglia nel giardino di palazzo Inghirami e nel terrapieno sorreggente gli orti dietro l’albergo “Etruria” e case attigue. Altre tracce e fondamenta sono state rilevate nei cortiletti del ristorane “Ombra della Sera” e nelle cantine di palazzo Ormanni, in piazza XX Settembre. Per costruire dette mura si dovettero operare il taglio e lo spianamento della collina tufacea: se l'insediamento che ha occupato la zona è collocabile, come generalmente si ritiene, nel sesto secolo a. C. inoltrato, il taglio del tufo, la sistemazione delle acque e la costruzione delle mura vanno riportate ad un periodo anteriore: l’urbanizzazione di Volterra, con la costruzione delle mura, daterebbe quindi al VII-VI a. C. Questa indicazione cronologica, abbastanza generica, può forse essere precisata ulteriormente con riferimento al passaggio fra VII e VI secolo: si tratterebbe comunque di un periodo storico significativamente anteriore a quello comunemente fissato per la costituzione delle principali città dell’ Etruria. Molto più ricca di testimonianze è la fase edilizia collocabile fra la seconda metà del XIV e gli inizi del XV secolo. La nuova sistemazione si configura come sviluppo di una serie d’edifici allineati, affacciati su due strade principali, con basamento in blocchetti e ciottoli ad andamento fortemente discendente, che dovevano collegare l’area di Castello con le parti inferiori della città. Quest’impianto va probabilmente riferito alle delibere di circa metà Trecento, che indicano la necessità di creare nuove strade d’accesso al piano di Castello. Nell’area ubicata presso il margine Est del pianoro si trovava un edificio suddiviso in due vani, databili alla prima metà del XV sec.: esso fu costruito sfruttando i resti di edifici precedenti, databili invece alla seconda metà del II secolo a. C. L’intera zona fu poi distrutta, come si è detto, con la sistemazione voluta da Lorenzo il Magnifico nel 1472, dopo la conquista della città: l’area fu livellata e con le macerie furono costruiti la fortezza medicea ed i muri di terrazzamento. Nei pressi della fortezza medicea si trova una porta aperta nelle mura medievali: essa è oggi parzialmente chiusa dal rialzamento del terreno compiuto durante i lavori per la costruzione del Mastio, oltre che da un’inferriata; ai suoi lati si aprono due feritoie. Si tratta probabilmente della "Porta del Vescovo", che sappiamo si apriva nei pressi del palazzo vescovile di Castello: si trattava di un accesso minore, controllato direttamente dal vescovo, che serviva a collegare la sede vescovile con la campagna, evitando ai residenti nel palazzo di passare dalle porte controllate dal comune. Fine presentazione Hanno contribuito alla creazione dei testi le professoresse ENRICA IACOPINI e LUCIA VANZI, con il professor ALESSANDRO COSIMI e con il tecnico dell’istituto GIORGIO PRATELLI. I testi sono stati ricavati dalla biblioteca del liceo e dalla biblioteca comunale di Volterra. (Il prof. Gensini ha riorganizzato il tutto) EXIT