Step analisi della domanda In quanto azione orientata allo scopo, la committenza che il cliente esprime nei confronti del consulente è funzione di un modello di rappresentazione (che definiamo domanda), composto di diverse dimensioni: • un’interpretazione della crisi di decisionalità (definizione del problema e sua interpretazione) • un’ipotesi sulla modalità per affrontarla • una teoria su quale funzione debba assumere il consulente • una specifica modalità di comunicazione del problema (che lo porta a raccontare alcune cose piuttosto che altre) • una connessa proposta di relazione e di regole del gioco per organizzare il rapporto • La violazione di canonicità che porta alla crisi di decisionalità non costituisce però un dato obiettivo da rilevare, misurare e/o modificare, quanto il frutto di una teoria che il cliente ha elaborato circa cosa è canonico e cosa non lo è entro il contesto di riferimento. • In questo senso, il problema stesso è una costruzione semiotica • Tale costruzione non solo guida la “percezione” del problema, ma incorpora anche un’ipotesi sul modo di affrontarlo (ad es. rivolgersi allo psicologo, o piuttosto “iscriversi ad un corso di training autogeno”, ecc.). • Non sappiamo cosa si attendano i clienti da noi quando ci pongono una domanda di aiuto, ma possiamo assumere che abbiano una teoria su quale funzione dobbiamo svolgere ed una connessa proposta di relazione: ad esempio che la consulenza si risolva in un incontro, che basta dire che si ha bisogno di aiuto e al resto “ci penserà lo psicologo”, destinatario della narrazione non solo come soggetto in carne ed ossa ma come narratorio (Eco, 1979), come bersaglio auspicato dal narratore. • Necessitiamo dunque di esplicitare queste “rappresentazioni” prima di decidere “cosa fare”. • Questo il primo step di analisi e di intervento che in qualsiasi tipo di intervento clinico si può prospettare. Un esordio • T. Buonasera, io so di lei quel poco che mi è stato dal dottor N.. Se lei mi vuole chiarire le ragioni che l’hanno condotta qui da me … • P. Attualmente il mio problema principale è nei rapporti con mia moglie. Stiamo attraversando un periodo di profonda crisi … e come forse saprà io ho un grosso problema … sono un tossicodipendente • T. (silenzio) • P. Ho chiesto questo colloquio perché temo che la situazione con mia moglie continui ad avere questo andazzo, temo di ricadere, di buttare all’aria tutto il lavoro fatto da quando ho smesso di “farmi” Prospettiva esterna • Il breve accenno di apertura all’inviante costituisce un momento importante che caratterizza la fase del “riconoscimento”. Viene proposto un continuum che va dal momento in cui l’inviante ha proposto allo psicologo il paziente in questione, al momento presente con un’apertura su quanto il paziente continuerà a raccontare di se stesso • Nell’esempio, anche l’esordio del paziente è molto importante, annuncia una caratterizzazione “esterna” del problema, che tende a evocare un terzo, la moglie, come implicata nel problema; presentazione che prefigura la possibilità che il colloquio venga utilizzato come sede di giudizio, in cui riconoscere colpe o esprimere assoluzioni, in cui parlare di altri, non di sé in relazione a … • Anche la caratterizzazione di sé come tossicodipendente sembra “esterna”: il paziente ne parla come di una malattia che lo ha inspiegabilmente colpito. Di cui non ha responsabilità • Il paziente sta rappresentando le linee essenziali delle sue problematiche e il modo di rapportarsi ad esse. In questo senso, appare utile il silenzio dello psicologo, il cui compito è in questa fase primariamente quella di ascoltare. • P. Sono stato ricoverato per un certo periodo in un Centro per disintossicarmi perché avevo problemi con il fegato … Ero riuscito in modo quasi continuo a rinunciare all’eroina, a parte una piccola eccezione una settimana fa. Attualmente però il punto è che ci sono problemi con mia moglie … lei in pratica mi respinge • T. E’ da molto tempo che questo succede? Prospettiva esterna: si sollecita una storia degli accadimenti • Il secondo intervento dello psicologo non è altrettanto adeguato … • Poteva essere utile investigare il mondo di significazione del paziente rispetto all’affermazione “mia moglie mi respinge”. • Il terapeuta sceglie di mantenere il paziente in una prospettiva “esterna”, chiedendo informazioni sulla cornice temporale. In questo modo il paziente è sollecitato a raccontare una storia degli “accadimenti”, più che una ricognizione di cosa gli accadimenti evochino in lui. • P. Ma ecco diciamo che le difficoltà ci sono sempre state, sia pure non accentuate … sono stato sempre io a cercarla, fisicamente, ….ma ora praticamente i nostri rapporti sono inesistenti • T. quindi secondo lei la sua crisi dipende da questo … o anche da altro? • Alla domanda “chiusa” del terapeuta, il paziente non può che rispondere con una risposta chiusa che conduce a un binario morto. • Lo psicologo è così costretto a recuperare un altro argomento e prova in maniera maldestra a recuperare quanto aveva detto il paziente. Nell’opportuno intento di allargare la prospettiva, suggerisce però una lettura che avvalla la lettura del paziente: la crisi del rapporto coniugale come conseguenza della crisi dei rapporti sessuali, e non questa come espressione comunque di una crisi EFFETTO: restringimento del problema • P. … questa è la difficoltà principale ... non ce la faccio a stare in questa condizione ... a parte l’aspetto fisico, l’essere respinto come se fossi sporco … Non commentato • T. mi sembra di aver capito che i vostri rapporti sono stati sempre scarsi ... Prospettiva esterna: di nuovo, focus sugli accadimenti • L’induttività della domanda dello psicologo ha prodotto il suo effetto: il restringimento (anziché un ampiamento) del discorso, alla sola sfera sessuale. • Lo psicologo inoltre non approfondisce l’associazione sessualità-sporco che il p. ha proposto raccontando di sé. Il suo intervento si caratterizza più come precisazione, che come domanda, riferita a una realtà esterna, più che interna • Il colloquio continua con il paziente che conferma che i rapporti con la moglie sono stati sempre molto scarsi … e prosegue dimostrando un atteggiamento sospettoso nei confronti della moglie … E’ venuto a sapere che lei frequenta ancora un ragazzo con cui aveva un rapporto platonico prima di sposarsi. • Il terapeuta interviene domandando: scusi, quanti anni ha? In questo modo accerta un dato amnestico che ha il solo effetto di intralciare il racconto del paziente: • P: Io ho 36 anni (silenzio). Insomma hanno continuato a frequentarsi. Lei dice che con lui riesce a confidarsi, che non c’è niente di male, ma non può fare a meno di vederlo.. • T. Senta, la sua dipendenza da eroina a quanto risale? • Il colloquio prosegue con “timidi” tentativi del paziente di raccontare come si senta trascurato anche sul piano affettivo e interpersonale e domande amnestiche del terapeuta, che gli chiede da quanto è sposato, quanti anni ha la moglie, se hanno figli … • In questo modo il terapeuta propone una relazione simile a quella che il paziente descrive rispetto alla moglie, da cui si sente trascurato (“ci fossi o non ci fossi, per lei non sarebbe un grande differenza”) • Non viene inoltre minimamente analizzata la modalità del paziente di raccontarsi raccontando le colpe della moglie … non viene sollecitata una riflessione sul vantaggio secondario di un rapporto altrimenti descritto solo come fallimentare … • Né viene analizzato il ruolo che il paziente sta chiedendo di giocare … • Il cliente, attraverso tutto ciò che dice e fa, propone al consulente una specifica simbolizzazione del proprio contesto (es. le relazioni o sono caratterizzate dall’accudimento o sono caratterizzate dalla “passione” distruttiva), una sorta di premessa/assunto che si chiede di assumere come vera e che ha “funzionato” con successo per un certo periodo di tempo La teoria psicodinamica suggerisce che il cliente con la propria domanda prova a ripristinare all’interno del rapporto con il consulente l’assetto collusivo fallito. • Il che in altri termini significa che la domanda, nel momento stesso in cui si pone, per come è posta, genera le condizioni della propria negazione (Salvatore, Scotto Di Carlo, 2005) La domanda è dunque insieme l’opportunità e il vincolo dell’intervento (Salvatore, Scotto Di Carlo, 2005). • Vincolo perché la descrizione che il cliente propone del proprio ambiente/scopo è ovviamente prodotta dall’interno del modello culturale in crisi, in definitiva subisce lo stesso deficit di competenza (così, ad esempio, se un docente si rivolge ad un consulente lamentando la demotivazione degli allievi, è la stessa categoria di “de-motivazione” che organizza la rappresentazione del problema, a dover essere sottoposta ad analisi). Opportunità perché la rilevazione del modello culturale della committenza produce una conoscenza specifica della cultura organizzativa del sistema cliente Una committenza competente non rappresenta un presupposto della consulenza, ma l’esito del suo esercizio. • Ne deriva la necessità di dedicare una parte dell’intervento (a partire dalle sue fasi istituenti) a promuovere la competenza della committenza, implicando il cliente in un lavoro di esplorazione della sua domanda in modo da costruire un contesto di intervento (un setting) funzionale agli scopi del cliente. Si tratterà in tutti i casi di riuscire ad organizzare uno spazio in cui sia possibile capire ed elaborare la domanda propostaci dal cliente Definire e strutturare questo spazio, che indichiamo nella parola setting, ci consente di delimitare un campo mentale in cui si svolge il colloquio psicologico Secondo questo modello, l’agire professionale dello psicologo si sviluppa lungo due assi. • l’operatività tecnica entro setting istituiti • il metodo come funzione psicologica di costruzione del setting (analisi della domanda, sviluppo committenza e definizione condivisa degli obiettivi dell’azione professionale,processi di verifica) che consentono alla tecnica di dispiegarsi. IL SETTING COME VETTORE DELL’INTERVENTO • Una prima azione interpretativa può essere quella di sospendere l’azione per dare un senso alla richiesta, per riconoscere la domanda in essa contenuta. • L’aspetto qualificante di questo modello di setting risiede nella rinuncia alla dimensione di referenzialità del discorso. Il che in altri termini significa che tale setting si fonda sulla regola fondamentale per cui tutto ciò che è detto e fatto viene trattato non per il contenuto referenziale che esprime (cioè in quanto significazione di uno stato del mondo), ma in quanto indice/significante delle premesse che lo alimentano (Salvatore, Scotto di Carlo, 2005).