“Quello che noi facciamo è solo
una goccia nell’oceano, ma se
non lo facessimo l’oceano
avrebbe una goccia in meno”
Madre Teresa di Calcutta
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Uno scenario nuovo …
Nuovo titolo V
L 3/01
L59/97
DPR 275/99
L.53/03
Riforma Moratti
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Dal centralismo alla poliarchia
STATO
STATO
REGIONI
e EETT
FAMIGLIA
ISTITUZIONI
SCOLASTICHE
AUTONOME
ESECUTIVITA’
PROGETTUALITA’
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Documenti interni
elaborati dalla scuola
Piano dell’Offerta Formativa
•Deliberato dal Collegio dei docenti
•Adottato dal Consiglio di Circolo/Istituto
Piani Personalizzati delle Attività Educative
(nella Scuola dell’Infanzia)
Piani di Studio Personalizzati(nella Scuola Primaria)
Piani di Studio Personalizzati
(nella Scuola Secondaria di I grado
Composti dall’insieme delle Unità di Apprendimento
progettate dall’équipe pedagogica coordinata dal
docente tutor
Portfolio delle competenze personali
Compilato dal docente tutor in collaborazione
con l’équipe pedagogica, i genitori, gli
studenti
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IL LABORATORIO
è una modalità didattica … non un luogo
SAPERE
FARE
RIFLETTERE
ESSERE
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La Didattica Metacognitiva
LA METACOGNIZIONE
propone agli alunni:
- la conoscenza e la
riflessione sui
processi cognitivi
implicati negli
apprendimenti;
- una maggiore
autoconsapevolezza;
- e la trasmissione di strategie di
autoregolazione cognitiva e di autogestione
nell’apprendimento e nello studio.
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La Didattica Metacognitiva
Nella DIDATTICA METACOGNITIVA
l’attenzione dell’insegnante è rivolta a sviluppare nell’alunno la
consapevolezza :
1. di quello che
sta facendo ;
2. di quando è
opportuno farlo;
3. e in quali condizioni.
L’APPROCCIO METACOGNITIVO: tende a formare la capacità di
“essere gestori diretti dei propri processi cognitivi”.
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L’insegnamento reciproco e la mediazione sociale
INSEGNAMENTO RECIPROCO: è uno dei metodi per l’insegnamento
di strategie cognitive (memorizzazione e risoluzione di problemi,
comprensione di un testo scritto).
1. gli alunni sviluppano la capacità non solo di FARSI
RECIPROCAMENTE DOMANDE SUI CONTENUTI DI UN TESTO, ma
anche di INTERPRETARE CORRETTAMENTE E RIASSUMERE LE
INFORMAZIONI CHE HANNO LETTO, visto che dovranno richiedere
ad altri e non solo utilizzarle per rispondere.
2. OGNI ALUNNO SVOLGE UN RUOLO ATTIVO, comprendendo
quello che sta facendo, spiegandolo ad altri, aiutandoli a
comprendere e a fare.
3. L’INSEGNANTE PARTECIPA INIZIALMENTE AL GRUPPO COME
MODELLO, mostrando alcune strategie: identificare una parte del
compito, spiegarla ad un compagno,fargli domande,dargli feedback.
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L’insegnamento reciproco e
la mediazione sociale
La METODOLOGIA DELL’INSEGNAMENTO RECIPROCO
si fonda sul paradigma del
COSTRUTTIVISMO SOCIALE
La conoscenza e l’apprendimento
una teoria su come
il soggetto costruisce
avvengono attraverso le interazioni
la sua conoscenza
con gli altri in un preciso contesto
socio-culturale.
Considera l’apprendimento
come un processo socialmente mediato di costruzione di significati,
piuttosto che come un’acquisizione di una quantità standard di conoscenze
che esistono esternamente all’allievo.
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L’insegnamento reciproco e la mediazione sociale
VIGOTSKY
ha
sottolineato
la
natura
interpersonale
dell’apprendimento e della costruzione della conoscenza.
L’ATTIVITA’ DIDATTICA SI FONDA SU DUE PUNTI ESSENZIALI DEL
COSTRUTTIVISMO SOCIALE:
1. si acquisisce e si utilizza
il linguaggio attraverso
l’interazione sociale;
2. il linguaggio è alla base
del pensiero.
È IMPORTANTE RICORDARE: nelle attività didattiche rivolte allo
sviluppo di abilità cognitive, è necessario creare dei contesti di lavoro e
di apprendimento molto ricchi dal punto di vista dell’interazione sociale
e della mediazione reciproca.
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COMPETENZE
L’ accertamento delle competenze
l'osservazione sistematica
delle procedure operative,
dei modi di organizzazione,
delle conoscenze
attenzione non tanto al
prodotto quanto al processo
Difficoltà nella realizzazione
pratica
il metodo del
portfolio
la narrazione
ricostruzione
da
parte dello studente
del
percorso
compiuto
rivisitazione
del
vissuto
autoanalisi
IL PORTFOLIO DOCUMENTA
il processo
le acquisizioni
la coscientizzazione dell'allievo
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Si
tratta di elaborare un
contenitore
funzionale alla promozione
e
allo
sviluppo
delle
competenze
orientato al processo di
apprendimento
orientato
al
processo
"formativo“
ordinato
in
modo
progressivo
accertare le COMPETENZE SICURAMENTE non è
 una serie di test da somministrare (semmai i test sono semplici
strumenti)
 una diagnosi di personalità
 una psicoterapia
 una prova di selezione
 un colloquio di valutazione
 un semplice riconoscimento delle risorse acquisite
Yatchinovsky, Michard (1994)
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Questo è stato determinato da:
• SCARSA CONOSCENZA DEL PROCEDIMENTO
• CATTIVO APPROCCIO METODOLOGICO
• SCARSA CONOSCENZA DEI “DOCUMENTI”
DA PRODURRE
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IL PROCEDIMENTO
fase preliminare:
In questa fase si definisce il profilo dell'individuo, attraverso le
proprie aspirazioni e necessità.
fase investigativa:
Si effettua un'analisi approfondita delle motivazioni, delle
competenze, delle attitudini professionali e personali, nonché
delle possibilità di crescita in ambito lavorativo.
fase conclusiva:
E’ una sorta di riepilogo che permette, fra l'altro, di individuare
gli ostacoli che impediscono la realizzazione di un progetto
professionale e di organizzare un piano d'azione che ne
favorisca l'attuazione.
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IL METODO
il percorso è strettamente individuale e personale
il soggetto è attivato e coinvolto nel processo di
ricostruzione, riappropriazione e valorizzazione delle
competenze acquisite
l'esplorazione delle risorse personali privilegia
l'autovalutazione
la realizzazione di una mediazione sociale
(colloqui, incontri con esperti, sessioni di gruppo,
ricerche e contatti sul territorio, prove di verifica) che
stimoli il confronto
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QUALI CARATTERISTICHE DEVE AVERE L’ORIENTATORE?
Secondo Yatchinovsky e Michard (1994) , l’orientatore deve:
condurre un colloquio secondo una teoria, delle tecniche e un'etica coerenti fra loro
ascoltare con empatia il proprio interlocutore
stabilire una relazione di fiducia e avere una reale volontà di aiutare l'utente
connotare positivamente gli eventi
variare i suoi atteggiamenti in funzione del momento, dell'obiettivo e dell'interlocutore
ricentrare il colloquio in funzione dell'obiettivo
formulare delle domande per chiarificare un problema e conoscere i diversi tipi di
riformulazione
distinguere la descrizione del problema dalla ricerca della soluzione
separare i fatti dai sentimenti e dai giudizi
scegliere e utilizzare gli strumenti in funzione dell'utente e della situazione
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QUALE APPROCCIO METODOLOGICO?
L’approccio relazionale, centrato sulla relazione utente-operatore,
in quanto considera l’utente già capace di mettere a punto un proprio
piano d’azione. In questo contesto, l’operatore di bilancio assume un
ruolo di “facilitatore” del processo di conoscenza di sé e analisi delle
proprie risorse. Lo strumento principe di questa metodologia è il
colloquio non direttivo (poco strutturato), applicato a livello
individuale, talora integrato con momenti di discussione di gruppo,
necessari per il raggiungimento del confronto sociale.
L’approccio differenziale, centrato sull’assunzione che l’utente
deve ricevere informazioni dettagliate e precise rispetto alle sue
attitudini, conoscenze e abilità cognitive e tecnico-operative.
Pertanto, si ricorre all’uso di strumenti standardizzati, che
consentono una vera e propria misurazione delle caratteristiche
individuali: test, griglie, questionari, osservazioni sistematiche e
strutturate dell’utente in situazione.
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Michela Nunzi, RES 25, maggio 2003
QUALE APPROCCIO METODOLOGICO?
L’approccio esperto, centrato sull’individuazione e sul potenziamento
delle competenze possedute dal soggetto, tramite una ricostruzione
delle procedure d’uso legate alle attività svolte. Per realizzare questo
obiettivo, l’operatore di bilancio si avvale dello strumento del colloquio
guidato, utilizzando schede di analisi delle esperienze compiute, in
modo tale da consentire all’utente di verbalizzare le proprie esperienze
per aumentare la consapevolezza delle procedure impiegate nello
svolgimento di un compito.
L’approccio “immagine di sé” centrato sulla capacità dell’utente di
modificare (ma anche di rafforzare) la propria immagine di sé. Per
realizzare questo obiettivo, l’operatore di bilancio ricorre all’uso di
strumenti, quali i questionari e le griglie di analisi di sé e delle proprie
esperienze lavorative; inoltre, utilizza momenti di confronto di gruppo,
utili per favorire nell’utente un cambiamento della percezione di sé in
relazione all’identificazione e allo sviluppo di un progetto professionale.
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Michela Nunzi, RES 25, maggio 2003
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Vantaggi
L’uso del Portfolio in classe come strumento di valutazione :
consente di cogliere i processi attraverso cui si compie
l’apprendimento individuale
permette una lettura globale e unitaria del soggetto in
formazione per la storicità e la ricchezza delle informazioni
Il coinvolgimento del soggetto come primo attore responsabile
della valutazione attraverso la selezione dei lavori migliori e la
sua giustificazione, risulta formante rispetto a:
 competenze valutative,
 capacità di autoanalisi e autoriflessione,
capacità di decisione
 pianificazione di eventuali azioni di miglioramento
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Vantaggi
L’attenzione posta sui lavori migliori, anzichè sui singoli
errori e sulle mancanze, è altamente motivante. L’accento
cade sulla personale capacità di migliorarsi.
La lettura del proprio processo di apprendimento in una
prospettiva personale evolutiva comporta il confronto tra i
risultati attuali e quelli precedenti, restando all’interno di
una storia personale più motivante del confronto con i
risultati raggiunti da altri.
Il Portfolio realizza un approccio valutativo individualizzato
utile per la progettazione di interventi didattici
individualizzati ,consente al docente di rivedere il percorso
didattico e di apportare opportune modifiche
Lo strumento Portfolio è particolarmente utile per realizzare
una comunicazione efficace tra scuola e famiglia.
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“Adottare il Portfolio significa accettare
di responsabilizzare gli studenti e di
negoziare i processi di insegnamento e
quelli di valutazione, significa
cominciare a pensare la valutazione
come una reale occasione di formazione
e mettere in discussione l’organizzazione
didattica complessiva”.
Paola Plessi - Teorie della valutazione e modelli operativi
(Ed. La Scuola)
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Il Portfolio non si qualifica solo per la
sua matrice qualitativa (attenzione ai
processi e non accertamento dei
risultati) ma perché consente all’allievo
di “imparare a comprendere” le
caratteristiche del proprio
apprendimento e delle conoscenze che
sta acquisendo.
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FONDAZIONI TEORICHE DEL PORTFOLIO
1. Portfolio come sostegno all’ apprendimento
2. Dossier di presentazione
3. Portfolio di bilancio degli apprendimenti
Farr e Tone 1998
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Portfolio come sostegno all’ apprendimento
Woorking portfolio: collocazione delle proposte dei
docenti (lezioni, attività, laboratori, ricerche…materiali
di studio ecc.)
Process portfolio: funzionale ai processi di
apprendimento, alla metacognizione, all’autoformazione
( siti di colloqui , ascolto empatico, riflessione sui
processi di costruzione dei saperi, sulle consapevolezze
degli studenti sui modi di apprendere ecc.)
Documentation Portfolio: raccolta di prodotti riferiti ad
esiti e a processi ( dossier con valore diagnostico)
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Nel Dossier di presentazione vanno inseriti i
migliori lavori dell’allievo che testimoniano le sue
competenze. La scelta va effettuata dallo studente
in base a criteri stabiliti da lui stesso.
Il Portfolio del bilancio degli apprendimenti ha una
valenza prettamente esterna ed è rivolto ai
soggetti direttamente interessati alla valutazione
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Valenze delle valutazione nei tre tipi di strumenti
1. Nel Portfolio come sostegno all’apprendimento
vi è una forte dominanza formativa
2. Nel Dossier di presentazione prevale l’aspetto
comunicativo e informativo
3. Nel portfolio come bilancio degli apprendimenti
si ha una funzione prevalentemente certificativa.
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Riflessione del docente sulla propria attività
didattica
Ecco qualcosa da usare per valutare il proprio percorso.
Ascolto i messaggi degli alunni?
Quando gli alunni mi parlano non li interrompo. Cerco di capire che cosa
veramente vogliono sapere o dire, sforzandomi di interpretare anche i
linguaggi non verbali.
Trasmetto messaggi chiari?
Adeguo il mio stile ed il mio modo di parlare all'età ed al livello di
conoscenza dei miei interlocutori. Opero, se necessario, una messa a punto
dei miei messaggi.
Rendo espliciti e controllabili gli obiettivi e le fasi del
percorso?
Fin dall'inizio presento obiettivi chiari, creando aspettative per
l'apprendimento ed esplicitando le fasi del percorso, la metodologia e le
modalità di valutazione.
Favorisco le richieste di chiarimenti, perché mi servono non solo per lo
scopo più ovvio, ma anche per capire quali attese, magari implicite, sono
presenti nei miei interlocutori.
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Tengo alta la motivazione?
Attivo strategie per saggiare l'interesse verso un dato argomento e stimolo il
desiderio di apprendere. Analizzo ciò che sembra difficile impossibile,
cercando di individuare eventuali stereotipi. Valorizzo lo spirito di iniziativa.
Sono attento all'utenza debole?
Mi rivolgo soprattutto agli studenti meno motivati o meno dotati.
Sono consapevole della eterogeneità dei livelli individuali e del fatto che
istintivamente tendo a rivolgermi all'interlocutore che mi dà maggiori garanzie
di una comprensione non faticosa. Prendo opportune misure per tenere sotto
controllo questo problema.
Cerco di educare al cambiamento e di valorizzare
l'autonomia?
Faccio attenzione a non lasciar credere che i contenuti utilizzati nelle lezioni
siano esaustivi rispetto ad un tema, ma anzi metto in rilievo il loro carattere di
strumento e di punto di partenza per produrre altri contenuti. Accetto la logica
interna di elaborazioni frutto di autonomia personale, pur se divergenti.
Favorisco la manifestazione delle attitudini e la realizzazione delle potenzialità.
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Diversifico le strategie di insegnamento?
Utilizzo diverse strategie di insegnamento, non solo in quanto più adeguate
all'una o all'altra tematica, ad un risultato piuttosto che ad un altro, ma
soprattutto in considerazione dei diversi bisogni formativi e dei diversi stili
cognitivi. Utilizzo il lavoro di gruppo tenendo conto che gli studenti imparano
non solo da me ma l'uno dall'altro.
Promuovo l'evoluzione e l'arricchimento del metodo di
studio?
Evito di dare per scontato che gli studenti sappiano studiare altri abbiano
fornito loro proprio quegli strumenti che in un momento sono necessari, e che
bastino pochi cenni, senza successiva verifica per capirne l’uso. Ne offro di
nuovi e ne spiego (con esempio ogni volta che è possibile) l'utilizzazione.
Tengo sotto controllo il processo?
Valuto frequentemente conoscenze, abilità, atteggiamenti.
Rispetto i tempi individuali, cercando di capire se i ritardi nell'apprendimento
sono dovuti anche a carenze che possono essere eliminate con opportune
strategie. Sottolineo i risultati positivi e suggerisco percorsi correttivi.
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Mi pongo il problema dell'integrazione delle discipline?
Sono consapevole che i ragazzi attuano comunque forme di integrazione del
sapere che, se non controllate e verificate, possono essere pesantemente
negative. Cerco, per questo, di lavorare a più livelli: consiglio di classe, gruppi
per materia, programmazione individuale del mio lavoro.
Se incontro difficoltà, opero almeno in modo da attivare forme di integrazione
minimale, quali la stesura di un quadro che riguardi tulle le discipline e che
indichi contenuti, tempi previsti di svolgimento, metodologie impiegate, tempi e
modi di verifica/valutazione. Faccio si che il quadro sia sempre a disposizione
e che costituisca per la classe un punto di riferimento operativo non solo
formale.
Utilizzo regole positive?
Espongo regole e comportamenti evitando il ricorso a formule di divieto. Li
motivo in ogni caso e li rinforzo con il mio stesso comportamento.
Mi autovaluto periodicamente?
Rifletto sul mio percorso e sui miei atteggiamenti. Utilizzo con flessibilità gli
strumenti di autovalutazione di cui dispongo, senza considerarli assoluti e
immutabili.
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Proposta di alcuni indicatori sensibili
Indicatori di processo:
% dei consigli di Classe che effettivamente utilizzano la
quota di flessibilità oraria prevista dall'autonomia
(indicare 1 numero % sul numero totale dei C*100)
Non è rilevante se l'utilizzazione ha riguardato fasi più o meno estese dell'anno
scolastico. In un rapporto di scuola potrebbe essere opportuno indicare gli
obiettivi didattici di questa attività. L'indicatore serve a far rilevare se
l'opportunità contenuta nella nuova normativa è stata colta, presumibilmente
per far fronte a esigenze particolari di particolari classi o per permettere
attività didattiche particolari (moduli temporali). Inoltre la rilevazione di un
ampio utilizzo della quota di flessibilità, andandosi ad incrociare con un altro
indicatore di processo
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% di studenti, sul totale di quelli che a fine I
quadrimestre avevano almeno un'insufficienza, i
quali hanno svolto attività di recupero strutturato
(totale e per fascia di classe);
(indicare i numeri % degli studenti che hanno svolto recupero strutturato/
totale degli studenti con almeno un'insufficienza a fine I quadrimestre*100 per
ogni fascia di classe/tutte le classi) evidenzia la capacità dell'insegnamento di
recepire in modo positivo la varietà e l'eterogeneità delle attitudini e degli
interessi degli studenti, in riferimento ad una pluralità di dimensioni
dell'attività didattica effettivamente svolta rispetto alla principale: presenza di
alunni con difficoltà scolastiche o eccellenti. Per recupero strutturato si
intendono sia attività di recupero extra-curriculari pomeridiane (disciplinari o
metodologiche), sia attività di recupero curricolare nelle ore di lezione
(suddivisione gruppo classe in moduli di recupero, attività differenziate a
gruppo classe intero); in entrambi i casi esse devono implicare un
insegnamento differenziato per gli studenti con difficoltà scolastiche. Resta
inteso (per questo indicatore) che vanno prese in considerazione attività di
recupero più o meno durature nel corso di tutto l'anno scolastico (non solo nel
II quadrimestre).
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% di studenti,sul totale degli iscritti, i quali hanno
svolto attività di approfondimento strutturato (solo
totale);
questo indicatore ci dice a quanti studenti, fra quelli
tendenzialmente "eccellenti", è stata offerta la possibilità di
approfondimento culturale tramite attività didattiche
differenziate. Si sottolineano gli effetti positivi che
un'iniziativa di tal genere comporta sugli output formativi
(per meglio dire outcom)
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% di studenti (sul totale degli iscritti) che hanno
usufruito di forme di riconoscimento e di
valorizzazione per merito
questo indicatore tenta (anche se in modo un po' riduttivo
ed indiretto) di verificare se la scuola si preoccupa di
mettere in campo attività di differenziazione che prendano
in considerazione anche l'eccellenza (solitamente
trascurata). Potrebbero essere prese in considerazione
forme diverse da quelle tradizionali (borse di studio,
attestati) quali per es. esposizioni pubbliche di risultati di
attività tramite mostre e simili. Questo indicatore dovrebbe
avere un impatto positivo su tutta l'organizzazione della
didattica.
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numero di ore dedicate dai docenti a interventi
didattici
personalizzati
rivolti
ad
alunni
diversamente abili e di lingua madre non italiana/
totale studenti diversamente abili e di lingua madre
non italiana;
% studenti coinvolti in tali attività/totale studenti
diversamente abili e di lingua madre non italiana;
Indicare 1 numero assoluto (numero ore intervento
personalizzato/totale diversamente abili e di lingua madre non
italiana ed 1 numero %(numero studenti coinvolti in tali
interventi/totale diversamente abili e di lingua madre non
italiana*100).
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Auto-istruzioni guida
su come prendere appunti
 Quale









argomento trattava il materiale che ho
letto/studiato/scritto ieri?
Come si collega a quello che abbiamo fatto nell’ultima
lezione?
Quale penso che sarà l’argomento della lezione di oggi?
Qual è l’introduzione della lezione di oggi?
Perché questo argomento è importante rispetto a quello
che già so?
Quanti punti principali/secondari discuterà l’insegnante?
Quanti
punti
principali/secondari
ha
discusso
l’insegnante?
Che tipo di domande potrebbero esserci nella verifica?
Ci sono dei punti che non mi sono chiari?
È utile che parli con l’insegnante?
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Per Martin Dodman gli elementi chiave alla base della
Ricerca-Azione sono:
– analizzare i presupposti che stanno alla base della
propria prassi professionale (riflessione, osservazione,
diagnosi)
– mettere in discussione la validità e l’efficacia della
propria azione didattica (consapevolezza)
– ideare e mettere in pratica alternative per migliorare la
qualità del proprio insegnamento (pianificazione, azione,
raccolta dati)
– raccogliere ulteriori dati per verificare i risultati ottenuti
(feed-back), mediante un nuovo ciclo di Ricerca-Azione.
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Il primo passo della Ricerca-Azione consiste nello scegliere
uno dei tanti problemi collegati ad un corretto insegnamento,
individuato mediante la riflessione preliminare e
concretizzato dalla raccolta dati. È importante, individuare un
microproblema ed iniziare ad agire su di esso. Il passo
successivo consiste nell’elaborare una strategia di intervento
anche limitata e quindi applicarla. È infine importante
verificare la validità del proprio intervento attraverso una
nuova riflessione, una nuova raccolta di dati e la sua
successiva analisi.
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Il problema sta nel renderlo capace di
distinguere l’importante dal banale,
il permanente dal transitorio.
Solo così sarà capace di trovare
una strada nel mare
e un sentiero tra le onde.
Victor Garcia Hoz
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L`Unità di apprendimento e la didattica laboratoriale