Sezione
4
Unità
11
Unità
7
11
Il settore
Geografia
delle culture
primario
Che peso ha il settore
agricolo nell’economia
mondiale?
Come sono distribuite le
terre coltivabili? È aumentata
la loro disponibilità?
Che cos’è la resa dei
terreni?
Quali fattori hanno
permesso il suo
miglioramento?
Glossario
• ettaro
Area equivalente a 10 000 m2, pari a
un quadrato con un lato di 100 m.
Lezione
1
Le attività agricole del pianeta
Le attività agricole producono i generi alimentari necessari per la nostra sopravvivenza e
oggi contribuiscono in misura modesta al Prodotto Interno Lordo (PIL) mondiale (5%), anche
se occupano ancora la maggioranza della popolazione attiva del pianeta (40% circa). Esistono
grandi differenze tra i paesi poco sviluppati, in cui l’agricoltura è spesso praticata con metodi tradizionali da una moltitudine di contadini poveri, e i paesi industrializzati, dove l’agricoltura è invece tecnologicamente più avanzata, occupa pochi addetti ed è più redditizia.
La distribuzione delle produzioni agricole nel mondo è determinata sia da fattori naturali, come il clima, il tipo di terreno, le risorse idriche, sia da fattori umani, come le tecnologie utilizzate, il tipo di proprietà delle terre, i capitali impiegati, i prezzi delle merci ecc. I
suoli coltivabili (11% della superficie terrestre) sono distribuiti in modo disomogeneo. Si
concentrano infatti nella fascia temperata dell’emisfero boreale, dove si produce la maggior
parte degli alimenti necessari a sfamare l’umanità, mentre sono poco estesi nelle aree meno
sviluppate del Sud del mondo. Africa e America Latina, tuttavia, dispongono di grandi estensioni di terreno coltivabile non ancora utilizzate. Negli ultimi cinquant’anni, con l’aumento
della popolazione mondiale, la disponibilità pro capite di terra coltivabile si è dimezzata
quasi ovunque, mentre la produzione agricola è più che raddoppiata. La metà del prodotto è
costituita dai tre cereali che sono alla base dell’alimentazione di gran parte della popolazione mondiale: mais, frumento, riso.
L’incremento della produzione agricola è dovuto all’aumento della resa dei terreni, cioè
della produzione per ettaro, che per i cereali è addirittura raddoppiata (da circa 1,5 a 3 tonnellate). Il miglioramento della resa dei terreni si è verificato più nei paesi sviluppati che in
quelli economicamente arretrati; negli USA, per esempio, da un ettaro si ricavano 55 quintali di cereali contro i 23 dell’India.
Una maggiore produttività è stata possibile grazie alla crescente meccanizzazione dell’agricoltura (impiego di trattori, mietitrebbiatrici), all’uso di moderne tecniche d’irrigazione e di fertilizzanti e antiparassitari chimici, che però hanno causato anche fenomeni di degrado e di inquinamento dei suoli e delle acque. Negli ultimi decenni, inoltre, la meccanizzazione ha provocato nei paesi industrializzati una forte riduzione degli occupati nel settore, passati da circa 117 a 48 milioni. Nei paesi meno sviluppati, invece, dove la modernizzazione tecnologica è meno diffusa e maggiore è la crescita demografica, il numero di addetti
è raddoppiato (da circa 700 milioni a 1,3 miliardi).
A
Lavora con la carta
Osserva la carta che rappresenta i suoli coltivabili nel
mondo: in quali zone si trovano i terreni migliori? Quali sono invece le aree con le maggiori estensioni di terre non
produttive?
terreni molto produttivi adatti
a colture e allevamento
altri terreni adatti alle colture
terreni adatti allo sfruttamento
forestale
terreni adatti allo sfruttamento
forestale o al pascolo
terreni adatti a pascolo o
colture povere
terreni non produttivi
112
Copyright © 2010 Zanichelli editore S.p.A. – Francesco Iarrera, Giorgio Pilotti, Facciamo geografia essenziale, vol. Paesi extraeuropei (per le unità tolte dal volume 3)
B
C
La carta raffigura le maggiori produzioni agricole mondiali. In quali zone è più diffusa la coltivazione del mais? E quella del miglio? Dove sono coltivate le banane? E il caffè? E la patata?
Lavora con il grafico
Osserva l’areogramma che
rappresenta la suddivisione
percentuale di 1,35 miliardi
di agricoltori nelle diverse
aree geografiche e commentalo, dopo aver riletto la lezione.
0,4%
1,5%
1,9%
2,3%
14,7%
79,2%
frumento
arachidi
datteri
zucchero
mais
banane
patata
caucciù
riso
cacao
soia
cotone
miglio
caffè
tè
tabacco
Nord e Centro America
Sud America
Europa
Africa
Asia
Oceania
U
D
Lavora con le immagini
I suoli agrari cambiano con il variare dell’ambiente (terreno, clima) e del modo in cui è organizzata l’agricoltura (uso dei macchinari, irrigazione). Descrivi i due paesaggi agrari raffigurati
nelle foto mettendo in evidenza le differenze. Indica la fascia climatica, la presenza di mezzi tradizionali o moderni, la loro resa.
Coltivazioni nello stato di Washington, Stati Uniti.
Aratura di un’oasi nei pressi di Tripoli, Libia.
Copyright © 2010 Zanichelli editore S.p.A. – Francesco Iarrera, Giorgio Pilotti, Facciamo geografia essenziale, vol. Paesi extraeuropei (per le unità tolte dal volume 3)
113
Sezione
4
11
Unità
Il settore primario
Lezione
2
L’agricoltura nei paesi meno sviluppati
Che tipo di agricoltura
prevale nei paesi poveri?
Quali sono le principali
colture tradizionali?
Che cos’è una piantagione?
Quando fu introdotta?
Che caratteristiche ha oggi?
Glossario
• policoltura
Agricoltura basata sulla coltivazione di più prodotti; è l’opposto
della monocoltura, che si fonda
sulla coltivazione di un solo prodotto.
• agricoltura di mercato
Agricoltura la cui produzione è
destinata alla vendita e non al
consumo della famiglia contadina.
Nei paesi poveri le attività agricole impiegano la maggior parte della popolazione attiva
(l’85% nell’Africa sub-sahariana), che pratica soprattutto un’agricoltura tradizionale di sussistenza, destinata cioè a soddisfare il fabbisogno alimentare delle famiglie contadine. Essa
utilizza tecniche semplici: gli agricoltori praticano la policoltura con l’aiuto di animali da lavoro e di poche macchine, su terreni che sono di proprietà familiare o comunitaria.
Nella fasce più aride della savana africana un’agricoltura tradizionale a secco (che non
necessita d’irrigazione) produce principalmente miglio e sorgo, cereali a basso contenuto
nutritivo, adatti però a questo tipo di ambiente asciutto. Spesso, per predisporre i terreni alla coltivazione, si usa la tecnica del debbio: s’incendia la vegetazione naturale le cui ceneri
assicurano la fertilità del terreno. Nelle zone vicine alle foreste equatoriali africane e sudamericane l’agricoltura di sussistenza è invece imperniata sulla coltivazione di due tuberi:
manioca e igname, da cui si ricava una farina che è alla base della dieta delle popolazioni indigene. Nelle aree monsoniche del Sud-Est asiatico la coltivazione tradizionale più diffusa è
quella del riso, alimento-base di quasi 3 miliardi di asiatici. La risicoltura è basata sul lavoro
manuale dell’intera comunità del villaggio e sulla realizzazione (sempre manuale) d’imponenti sistemi di canalizzazione delle acque.
Nei paesi del Sud del mondo esiste anche un’agricoltura di mercato, fondata sulla piantagione monocolturale, specializzata nella coltivazione di un unico prodotto. Essa fu introdotta nel Settecento dai colonizzatori europei in vaste zone tropicali africane, asiatiche e
sudamericane. Le piantagioni, possedute da pochi proprietari terrieri, impiegavano moltissimi schiavi o contadini mal pagati e producevano enormi quantità di un unico prodotto, destinate a essere rivendute con grande profitto in Europa. L’alto prezzo dei prodotti delle piantagioni (caffè, cacao, tabacco, canna da zucchero, banane, tè, olio di cocco, cotone) era giustificato dal fatto che in Europa non potevano essere coltivati e che non rappresentavano beni
di prima necessità. Presto i terreni migliori furono occupati dalle piantagioni e all’agricoltura di sussistenza vennero lasciati i suoli più poveri.
Le piantagioni sono tuttora molto diffuse. In genere appartengono a grandi multinazionali che, con l’introduzione di moderne tecnologie, hanno aumentato notevolmente la produzione. Spesso, però, lo sfruttamento intensivo del suolo e l’uso eccessivo di prodotti chimici hanno determinato un rapido degrado dei terreni.
A
Lavora con le immagini
Osserva le foto e indica a quale tipologia di agricoltura appartengono le colture raffigurate.
A monocoltura tradizionale
B agricoltura a secco
C piantagione di prodotti per esportazione
La raccolta del caffè sulle colline intorno al lago Atitlan
in Guatemala.
Risicoltura nella Cina meridionale.
114
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Sezione
4
11
Unità
Il settore primario
Lezione
3
L’agricoltura nei paesi industrializzati
Come sono organizzate le
coltivazioni nell’agricoltura di
mercato?
Che cos’è l’agricoltura
estensiva? E quella intensiva?
Che rapporti ci sono tra i
settori primario, secondario e
terziario?
Glossario
• OGM
Organismo geneticamente modificato. Specie vegetale creata o modificata artificialmente dall’uomo.
• biodiesel
Combustibile biologico costituito
da una miscela formata per il 90%
da olio di semi (in genere colza) e
per il 10% da alcol.
Nei paesi più sviluppati l’agricoltura occupa una piccola percentuale di popolazione attiva (dall’1 al 5%) e non costituisce la principale fonte di reddito. L’agricoltura di sussistenza è
scomparsa ed esiste solo un’agricoltura di mercato, in cui le coltivazioni sono realizzate da
aziende agricole che vendono i propri prodotti sui mercati nazionali e mondiali. Le colture
sono organizzate in base a modelli industriali: le aziende producono grandi quantità di una
o di poche piante agricole utilizzando molti macchinari, prodotti chimici, sofisticati sistemi
di irrigazione. Le rese dei terreni, inoltre, sono molto più elevate di quelle delle coltivazioni
tradizionali, anche se lo sfruttamento eccessivo del suolo e l’immissione di sostanze inquinanti provoca danni agli ambienti naturali.
Dove gli spazi sono vasti e la densità della popolazione è bassa (USA, Russia, Argentina,
Australia, Canada) prevale l’agricoltura estensiva. Essa consiste nella realizzazione di grandi quantità di prodotto su vaste aree a monocoltura (cereali, tabacco, cotone, soia), spesso
OGM (> il caso a pag. 116), lavorate da pochissimi addetti. In questi casi la resa per ettaro non
è elevatissima, mentre è molto alta la produzione ottenuta da ogni singolo lavoratore. Negli
USA, grazie all’intensa meccanizzazione, un solo agricoltore può coltivare 100 ettari a cereali. Al contrario, dove non esistono ampie distese pianeggianti e il territorio è densamente abitato (Europa) prevale l’agricoltura intensiva. In questo caso, data la scarsità del suolo disponibile, le aziende mirano a ottenere elevate rese per ettaro mediante l’uso di tecniche assai
avanzate e costose. Tipica delle zone ad agricoltura intensiva è la produzione di varietà pregiate di ortaggi e frutta (pomodori, viti, agrumi), che richiedono particolari condizioni ambientali e una cura costante da parte degli agricoltori.
Nei paesi più sviluppati l’agricoltura è ormai strettamente integrata con i settori dell’industria e del terziario. Molte industrie, infatti, forniscono macchinari, attrezzi, fertilizzanti
e antiparassitari agli agricoltori; a loro volta le aziende agricole producono materie prime
destinate a essere lavorate dall’industria alimentare (cereali, latte, verdura, frutta, carne) o
in altri settori, come quello cartario o chimico (il biodiesel è ottenuto da semi di piante oleose). In alcuni casi, inoltre, grandi imprese multinazionali controllano l’intero ciclo produttivo legato all’agricoltura: possiedono infatti aziende agrarie, industrie per la lavorazione dei
prodotti agricoli, fabbriche di macchinari e di fertilizzanti, nonché catene di supermercati
in cui vengono venduti i prodotti alimentari.
A
Lavora con le immagini
Collega le immagini, che raffigurano due diversi tipi di agricoltura, alla definizione corrispondente.
1. agricoltura estensiva
a
2. agricoltura intensiva
b
Silos per la raccolta dei cereali nei vasti
campi del Montana, Stati Uniti.
Paesaggio alsaziano con netta divisione dei campi attorno
al centro abitato di Rhuden.
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115
IL CASO
Gli OGM: una questione
controversa
N
egli ultimi dieci anni sono stati utilizzati
nel settore primario i cosiddetti OGM,
organismi geneticamente modificati. Si tratta di specie create artificialmente dall’uomo
tramite la manipolazione genetica di organismi vegetali o animali già esistenti, al fine di
ottenere delle varietà più resistenti ai parassiti e a condizioni climatiche avverse, oppure
dotate di dimensioni più grandi. Ne sono
esempi i pomodori capaci di resistere a lungo senza marcire sui banchi di vendita o i
«supersalmoni» che già nel primo anno di vita raggiungono un peso 5 volte superiore al
normale. Le società che creano e brevettano
gli OGM sono per lo più imprese multinazionali del settore agrochimico.
Nel settore agricolo la superficie coltivata a OGM è passata da 1 milione di ettari del
1996 a circa 59 milioni nel 2002. I maggiori
produttori di piante OGM sono gli USA, l’Argentina e il Canada. Le coltivazioni OGM più
diffuse sono quelle di mais, soia, cotone,
colza. Nell’Unione Europea i prodotti OGM
possono, però, essere commerciati solo se
sono dichiarati tali sulle etichette e incontrano l’ostilità delle maggiori associazioni
degli agricoltori e dei consumatori.
Infatti esistono molti dubbi circa gli effetti degli OGM sull’ambiente e sulla salute
umana. Secondo alcune istituzioni scientifiche e associazioni ambientaliste potrebbero
verificarsi casi di «inquinamento genetico»:
per esempio, si teme che i geni capaci di
rendere le piante agricole resistenti agli erbicidi possano trasmettersi anche a piante
infestanti, le quali potrebbero diffondersi
rapidamente e contaminare interi ecosistemi; oppure è possibile che semi di piante
OGM si diffondano in campi in cui si pratica
l’agricoltura biologica. Molti studiosi, inoltre, temono che gli OGM possano causare
danni alla salute umana perché contengono
sostanze che non hanno mai fatto parte della nostra alimentazione. Si è scoperto, ad
esempio, che molte persone sono allergiche a una varietà di soia geneticamente
116
modificata, ritirata per questo dal commercio. Esiste poi il pericolo che i geni di alcune
piante resistenti agli antibiotici si trasmettano con l’alimentazione all’organismo
umano, riducendo così l’efficacia di molti
farmaci antibiotici.
Secondo altre istituzioni scientifiche, invece, i cibi geneticamente modificati non
comportano alcun rischio per la salute. Il
procedimento che dà origine a un cibo OGM,
a loro parere, è lo stesso utilizzato dagli
agricoltori fin dal passato, da quando cioè si
incrociavano le piante per migliorarle.
Molte associazioni di agricoltori si oppongono alla diffusione degli OGM perché li
renderebbe economicamente dipendenti
dalle multinazionali agrochimiche che ne
detengono i brevetti. Un miliardo e mezzo di
coltivatori, infatti, oggi utilizza le sementi
provenienti dal proprio raccolto e accantonate a questo scopo. Quelle dei prodotti
OGM, invece, vanno acquistate per contratto ogni anno dalle multinazionali produttrici
e richiedono l’uso di fertilizzanti ed erbicidi
chimici, prodotti e venduti dalle stesse società. Per molti contadini dei paesi più poveri ciò significherebbe la rovina economica.
In alternativa all’agricoltura degli OGM
negli ultimi decenni si è diffusa (specie in
Italia) l’agricoltura biologica, che produce
alimenti senza far uso di sostanze chimiche
e utilizza solo concimi organici o minerali e
sistemi di lotta biologica contro gli insetti e
i parassiti delle piante.
Semi di caffè geneticamente
modificati in una serra.
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Sezione
4
11
Unità
Il settore primario
Lezione
4
L’allevamento
Che rapporti ci sono tra
agricoltura e allevamento?
Quali sono le principali
produzioni e i maggiori paesi
produttori?
Che caratteristiche ha
l’allevamento tradizionale?
Che cos’è l’allevamento
intensivo? E quello estensivo?
Glossario
• camelide
Tipo di mammifero ruminante come il cammello, il dromedario, il
lama, l’alpaca.
Fin dai tempi più remoti l’allevamento del bestiame ha affiancato l’agricoltura. In alcune
società tradizionali pastori e agricoltori hanno combattuto conflitti secolari per l’uso esclusivo dei terreni. In altre, invece, le due attività sono da sempre complementari: l’agricoltura
produce il foraggio per gli animali che a loro volta forniscono forza muscolare e concime
(escrementi) per le coltivazioni. Oggi nei paesi industrializzati allevamento e agricoltura sono sempre più integrati tra loro, tanto che i 3/4 delle produzioni mondiali di cereali e di soia
sono destinati all’alimentazione animale.
La produzione mondiale di bestiame è in fase di costante crescita. Le principali specie allevate (per numero di unità) sono: volatili (pollame), bovini, ovini, suini e caprini. Nettamente inferiori sono le produzioni di equini e camelidi. La Cina è complessivamente il principale produttore mondiale di bestiame seguita da Brasile, USA e India.
Nei paesi più poveri del mondo è tuttora molto diffuso un allevamento tradizionale, simile
all’agricoltura di sussistenza per arretratezza tecnologica e scarsità del reddito prodotto. Soprattutto nelle zone aride dell’Africa sub-sahariana e dell’Asia centrale prevale l’allevamento
allo stato brado di ovini e caprini, e in misura minore di bovini. Tuttavia, per la carenza di acqua e di pascoli, l’allevamento ha spesso carattere itinerante e costringe i pastori e le loro famiglie a una vita nomade o seminomade. In tutti i villaggi rurali, inoltre, si pratica un allevamento sedentario di sussistenza: il bestiame è allevato in piccoli gruppi dalle famiglie contadine e
i prodotti ricavati sono destinati al loro sostentamento o scambiati con prodotti agricoli.
Nei paesi più avanzati, specie dove non esistono grandi spazi disponibili (Europa e costa
orientale degli USA), ha avuto un notevole sviluppo l’allevamento intensivo (37% della produzione mondiale di carne). Esso è praticato con criteri industriali all’interno di grandi stalle dotate di moderni sistemi meccanici per l’alimentazione e la mungitura del bestiame. Queste
aziende zootecniche attuano la selezione genetica degli animali e spesso dispongono di impianti per la lavorazione delle carni o del latte. L’allevamento intensivo provoca tuttavia seri
danni ambientali a causa degli scarichi degli escrementi degli animali, le cui grandi quantità
sono concentrate in spazi ristretti. Molto comuni sono anche i sistemi misti di allevamento, in
cui gli animali sono allevati sia in stalla sia all’aperto, nei pascoli. Nelle regioni dove sono disponibili vaste distese di pascoli (Grandi Pianure degli USA, Brasile, Argentina), invece, è ancora diffuso l’allevamento estensivo allo stato brado (solo il 10 % della produzione mondiale),
praticato in enormi proprietà terriere controllate da multinazionali o latifondisti locali.
A
Lavora con le immagini
Osserva attentamente le foto: quali sono i due diversi tipi di
allevamento raffigurati?
Allevamento di bovini
in Gran Bretagna.
Allevamento di bovini
ad Al Ebel, Ciad.
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117
Sezione
4
11
Unità
Il settore primario
Lezione
5
La pesca
Dove si trovano le zone più
pescose del pianeta?
Quali sono i maggiori paesi
produttori?
Che cos’è la pesca
industriale? E quella
tradizionale?
Che cos’è l’acquacoltura?
Per molte popolazioni, soprattutto asiatiche, il pesce è la principale fonte di proteine. Le
zone marittime più pescose si trovano dove la temperatura delle acque è piuttosto fredda e
garantisce la presenza di notevoli quantità di ossigeno; oppure nei punti dove correnti fredde e calde s’incontrano e c’è abbondanza di plancton. Queste aree sono concentrate nelle fasce ad alta latitudine in cui il clima è freddo: nell’Atlantico settentrionale, tra il Canada e la
Norvegia; nel Pacifico settentrionale, tra il Giappone e l’Alaska; nell’Atlantico meridionale,
presso le isole Falkland; nel Pacifico meridionale, lungo le coste peruviane e cilene.
Negli ultimi decenni si è verificato un costante aumento della quantità mondiale del pescato: dai 90 milioni di tonnellate del 1987 si è passati agli attuali 130. Il maggiore produttore mondiale di pesce è la Cina, che consuma al suo interno tutto il pescato, seguita da Perù, India e Giappone.
Il rapido incremento della produzione ittica è legato in gran parte allo sviluppo della pesca industriale, praticata dalle potenti flotte di paesi come Giappone, Norvegia, USA e Russia. Esse sono formate da grandi imbarcazioni provviste d’impianti di lavorazione e surgelazione del pesce, in grado di affrontare lunghi periodi di trasferta in mari anche molto lontani. Solo una parte del pescato è venduta in patria, il resto è commerciato sui mercati internazionali. Secondo la FAO (> lezione 7 unità 9) l’eccessivo sfruttamento dei mari dovuto alla pesca industriale ha impoverito molto la fauna marina. Il rischio di estinzione di alcune specie
come la balena, l’aringa, la sardina africana, il tonno ha spinto molti scienziati a parlare di
crisi degli oceani. Inoltre, la pesca industriale operata da flotte internazionali ha ridotto la
fauna ittica dei mari appartenenti a paesi poveri del Sud del mondo: qui la pesca è molto diffusa e praticata con metodi tradizionali in un’area costiera assai limitata da numerosissimi
pescatori, che vendono il pescato nei mercati locali.
In forte crescita, infine, è l’acquacoltura, l’allevamento del pesce in vasche o bacini sia
d’acqua dolce sia d’acqua salata. Questa attività, particolarmente sviluppata in Cina e Giappone, consente di produrre a basso costo grandi quantità di specie pregiate. Tuttavia, per evitare epidemie e morie di pesci, viene fatto uso abbondante di antibiotici e sostanze chimiche
poco compatibili con la salute dell’uomo, oltre al fatto che per allestire gli impianti a volte
vengono danneggiati gli ambienti costieri.
A
Lavora con le immagini
Descrivi le due diverse modalità di pesca ritratte nelle foto.
Il ritorno dei pescatori dopo una
giornata di lavoro in Senegal.
118
Pescherecci ormeggiati nella banchina
del porto di Valdez, in Alaska.
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Sezione
4
11
Unità
Il settore primario
Verifiche
5 Scrivi accanto a ogni termine o espressione la lettera
corrispondente alla sua definizione
1 Indica l’affermazione corretta
I suoli agricoli coltivabili in natura si trovano in:
al regioni tropicali
bl regioni equatoriali
cl regioni temperate
dl regioni a clima artico
1. agricoltura di mercato
2. agricoltura di sussistenza
3. monocoltura
2 Indica l’affermazione errata
Le zone adatte all’allevamento estensivo
si trovano soprattutto in:
al Europa occidentale
bl Grandi Pianure nordamericane
cl Argentina
dl Brasile
4. policoltura
a. agricoltura basata sulla
coltivazione di più prodotti
b. agricoltura che si fonda
sulla coltivazione di un solo
prodotto
c. agricoltura i cui prodotti
sono venduti a livello nazionale e mondiale
d. agricoltura la cui produzione è destinata al consumo
della famiglia contadina
6 Lavora con l’immagine
Osserva bene l’immagine e, sulla base di quanto hai letto fin
qui, descrivi il tipo di agricoltura raffigurato, elencando gli elementi che motivano la tua risposta.
3 Indica l’affermazione errata
Le piantagioni sono diffuse in:
al Africa occidentale
bl Asia sudorientale
cl America centrale
dl America settentrionale
4 Indica se queste frasi sono vere o false
1. Oggi l’agricoltura occupa 1,3 miliardi di
persone nei paesi meno sviluppati.
V
F
2. Il settore agricolo produce il 40% del
PIL mondiale.
V
F
3. L’agricoltura di sussistenza è molto diffusa nei paesi avanzati.
V
F
4. I mari più pescosi sono localizzati nelle
fasce climatiche più calde, a bassa latitudine.
V
F
5. La maggior parte dei cibi necessari all’alimentazione umana proviene dalle
fasce climatiche temperate dell’emisfero boreale.
V
F
6. L’allevamento intensivo è praticato all’interno di moderne stalle dotate d’impianti per l’alimentazione e la mungitura del bestiame.
V
7. Gli USA sono i maggiori produttori mondiali di bestiame.
V
F
8. L’uso intensivo di prodotti chimici ha determinato spesso il degrado dei suoli e
delle acque.
V
F
Paesaggio agricolo nei pressi di Larissia, sull’isola di Creta (Grecia).
F
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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7 Ripassa i concetti
Puoi ripassare i concetti principali dell’unità rispondendo
alle domande in azzurro che trovi all’inizio di ogni lezione.
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