Il pensiero moderno (Kant: Critica della ragion pura) Prof. Daniele Pelini Email: [email protected] Immanuel Kant (1724-1804) “Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più sovente e a lungo si riflette sopra di esse: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me” Il ritratto di Herder “Io ho avuto la felicità di conoscere un filosofo, che fu mio maestro. Nei suoi anni giovanili, egli aveva la gaia vivacità di un giovane, e questa, io credo, non lo abbandonò neppure nella tarda vecchiaia. La sua fronte aperta, costruita per il pensiero, era la sede di una imperturbabile serenità e gioia; il discorso più ricco di pensiero fluiva dalle sue labbra; aveva sempre pronto lo scherzo, l’arguzia e l’umorismo, e la sua lezione erudita aveva l’andamento più divertente” Il ritratto di Herder “Con lo stesso spirito col quale esaminava Leibniz, Wolff, Baumgarten, Crusius, Hume, e seguiva le leggi naturali scoperte da Newton, da Kepler e dai fisici, accoglieva anche gli scritti allora apparsi di Rousseau, il suo Emilio e la sua Eloisa, come ogni altra scoperta naturale che venisse a conoscere: valorizzava tutto e tutto riconduceva ad una spregiudicata conoscenza della natura e al valore morale degli uomini” Il ritratto di Herder “La storia degli uomini, dei popoli, e della natura, la dottrina della natura, la matematica e l’esperienza, erano le sorgenti che avvivavano la sua lezione e la sua conversazione. Nulla che fosse degno di essere conosciuto gli era indifferente; nessuna cabala, nessuna setta, nessun pregiudizio, nessun nome superbo, aveva per lui il minimo pregio di fronte all’incremento e al chiarimento della verità. Egli incoraggiava e costringeva dolcemente a pensare da sé; il dispotismo era estraneo al suo spirito. Quest’uomo, che io nomino con la massima gratitudine e venerazione, è Immanuel Kant: la sua immagine mi sta sempre dinanzi” Il programma kantiano La filosofia kantiana prende corpo in una serie di scritti il cui centro è costituito da tre opere pubblicate negli anni Ottanta del Settecento («decennio critico»): la Critica della ragion pura (1781), la Critica della ragion pratica (1788) e la Critica della facoltà di giudizio (1790). Queste opere realizzano il programma filosofico di un’analisi dell’insieme delle facoltà dell’animo umano, volta a stabilire i principi a priori (= non empirici) che determinano il loro funzionamento. La possibilità di conoscere, quella di agire e quella di giudicare – nelle quali si sostanzia il comportamento umano in generale –, riposano su determinati fondamenti a priori che la critica ha il compito di isolare e definire. Conseguentemente, tale filosofia prende il nome di «filosofia critica» Il programma kantiano Facoltà di conoscere Critica della ragion pura Animo Facoltà di desiderare Critica della ragion pratica Facoltà di giudicare Critica della facoltà di giudizio Il programma kantiano “Senza diffondermi ora sull’intera serie delle ricerche che ho condotto fino alla meta ultima, posso dire che, quanto all’essenziale del mio disegno, ho avuto successo e sono ora in grado di presentare una critica della ragione pura, che contiene la natura della conoscenza tanto teoretica quanto pratica, in quanto essa è puramente intellettuale. Ne comporrò innanzitutto la prima parte, che comprende le fonti, il metodo e i limiti della metafisica, e successivamente elaborerò i principi puri della moralità. Per quanto concerne la prima parte, la pubblicherò entro tre mesi circa” (Lettera a Marcus Herz, 21 febbraio 1772) La «rivoluzione copernicana» operata da Kant La Critica della ragion pura è in buona sostanza l’esplicazione e la verifica della seguente intuizione fondamentale circa la natura della nostra (umana) relazione col mondo: la conoscenza in generale non è assimilabile ad uno specchio che si limiterebbe a riflettere passivamente un mondo già costituito senza il nostro intervento, bensì, innanzitutto, essa costituisce e dispiega il campo entro cui il mondo, inteso come totalità degli eventi, può presentarsi a noi ed «esistere» propriamente La «rivoluzione copernicana» operata da Kant La Critica della ragion pura è in buona sostanza l’esplicazione e la verifica della seguente intuizione fondamentale circa la natura della nostra (umana) relazione col mondo: la conoscenza in generale non è assimilabile ad uno specchio che si limiterebbe a riflettere passivamente un mondo già costituito senza il nostro intervento, bensì, innanzitutto, essa costituisce e dispiega il campo entro cui il mondo, inteso come totalità degli eventi, può presentarsi a noi ed «esistere» propriamente Soggetti «Pensiero puro» oggetti La «rivoluzione copernicana» operata da Kant La Critica della ragion pura è in buona sostanza l’esplicazione e la verifica della seguente intuizione fondamentale circa la natura della nostra (umana) relazione col mondo: la conoscenza in generale non è assimilabile ad uno specchio che si limiterebbe a riflettere passivamente un mondo già costituito senza il nostro intervento, bensì, innanzitutto, essa costituisce e dispiega il campo entro cui il mondo, inteso come totalità degli eventi, può presentarsi a noi ed «esistere» propriamente. Tale intuizione che Kant ricorda aver avuto nell’anno 1769, è così espressa nella Critica della ragion pura: La «rivoluzione copernicana» operata da Kant “Finora si è creduto che ogni nostra conoscenza debba regolarsi sugli oggetti; ma tutti i tentativi, condotti a partire da questo presupposto, di stabilire, tramite concetti, qualcosa a priori intorno agli oggetti, onde allargare in tal modo la nostra conoscenza, sono andati a vuoto. È venuto il momento di tentare una buona volta, anche nel campo della metafisica, il cammino inverso, muovendo dall’ipotesi che siano gli oggetti a dover regolarsi sulla nostra conoscenza; ciò si accorda meglio con l’auspicata possibilità di una conoscenza a priori degli oggetti, che affermi qualcosa nei loro confronti prima che essi ci siano dati” (KrV, Prefazione alla seconda edizione, B 16) La questione preliminare (Leitfrage) della KrV Esiste un tipo di conoscenza indipendente dall’esperienza ed anche da ogni impressione sensibile? Esiste una conoscenza esprimentesi in giudizi sintetici a priori, ossia un sapere il cui contenuto non derivi dall’esperienza? La questione preliminare (Leitfrage) della KrV Esiste un tipo di conoscenza indipendente dall’esperienza ed anche da ogni impressione sensibile? Esiste una conoscenza esprimentesi in giudizi sintetici a priori, ossia un sapere il cui contenuto non derivi dall’esperienza? Sì, di fatto siamo in possesso di simili conoscenze: tanto la scienza matematica (aritmetica e geometria), quanto la scienza fisica sono diversamente costituite da proposizioni sintetiche a priori, ossia da giudizi rigorosamente universali e necessari che, senza il concorso dell’esperienza, realizzano un’estensione della conoscenza degli oggetti di cui queste scienze trattano Il giudizio sintetico a priori Giudizio analitico: è un giudizio esplicativo, rigorosamente universale e a priori necessario, ma incapace di estendere la conoscenza. Il fondamento del riferimento del predicato al soggetto è costituito dal principio di non contraddizione (es.: tutti i corpi sono estesi) Il giudizio sintetico a priori Giudizio analitico: è un giudizio esplicativo, rigorosamente universale e a priori necessario, ma incapace di estendere la conoscenza. Il fondamento del riferimento del predicato al soggetto è costituito dal principio di non contraddizione (es.: tutti i corpi sono estesi) Giudizio sintetico: è un giudizio ampliativo, particolare o generale, a posteriori capace di estendere la conoscenza. Il fondamento del riferimento del predicato al soggetto è costituito dall’esperienza (es.: questo tavolo è verde; tutti i canarini sono gialli) Il giudizio sintetico a priori Giudizio analitico: è un giudizio esplicativo, rigorosamente universale e a priori necessario, ma incapace di estendere la conoscenza. Il fondamento del riferimento del predicato al soggetto è costituito dal principio di non contraddizione (es.: tutti i corpi sono estesi) Giudizio sintetico: è un giudizio ampliativo, particolare o generale, a posteriori capace di estendere la conoscenza. Il fondamento del riferimento del predicato al soggetto è costituito dall’esperienza (es.: questo tavolo è verde; tutti i canarini sono gialli) Giudizio sintetico: è un giudizio rigorosamente universale e necessario a priori capace di estendere la conoscenza a priori. Il fondamento del riferimento del predicato al soggetto è il problema fondamentale della critica (es.: 7 + 5 = 12; la distanza più breve fra due punti è una linea retta; tutto ciò che accade ha una causa) La questione fondamentale (Grundfrage) della KrV Come sono in generale possibili giudizi sintetici a priori? La questione fondamentale (Grundfrage) della KrV Come sono in generale possibili giudizi sintetici a priori? Una volta che la critica della ragione abbia proceduto a scoprire il fondamento su cui riposa la possibilità di simili giudizi, ossia gli elementi puramente a priori (= assolutamente indipendenti da ogni esperienza) della conoscenza, si potrà affrontare il compito dell’elaborazione di un sistema della ragion pura, ossia offrire un’esposizione compiuta di tutta la nostra conoscenza a priori (= parte prima della metafisica) La questione finale della KrV La soluzione della suddetta questione fondamentale ci consentirà infine di affrontare la questione intorno alla possibilità di una conoscenza scientifica di quegli «oggetti», cui l’uomo tende naturalmente, ma che si trovano al di là di ogni esperienza possibile e che rappresentano lo scopo finale della metafisica (= parte seconda della metafisica) La questione finale della KrV La soluzione della suddetta questione fondamentale ci consentirà infine di affrontare la questione intorno alla possibilità di una conoscenza scientifica di quegli «oggetti», cui l’uomo tende naturalmente, ma che si trovano al di là di ogni esperienza possibile e che rappresentano lo scopo finale della metafisica (= parte seconda della metafisica) “Questi inevitabili problemi della ragion pura sono D i o, la l ib e r t à e l’ i m m o r t a l i t à. Quella scienza, poi, il cui scopo finale e la cui intera organizzazione si rivolgono alla soluzione di questi problemi, si chiama m e t a f i s i c a” (KrV, Introduzione, III, B 7) La questione finale della KrV È possibile una conoscenza speculativa degli oggetti ultimi della ragione umana? Posso dimostrare che siamo liberi, che siamo dotati di un’anima immortale, che esiste un essere originario che ha prodotto la totalità delle cose? La questione fondamentale e quella finale si riassumono dunque in questa: La questione finale della KrV È possibile una conoscenza speculativa degli oggetti ultimi della ragione umana? Posso dimostrare che siamo liberi, che siamo dotati di un’anima immortale, che esiste un essere originario che ha prodotto la totalità delle cose? La questione fondamentale e quella finale si riassumono dunque in questa: Come è possibile la metafisica come scienza? Il concetto kantiano di metafisica a) Critica della ragione Parte prima Metafisica Il concetto kantiano di metafisica a) Critica della ragione Parte prima b) Sistema della ragion pura Metafisica Il concetto kantiano di metafisica a) Critica della ragione Parte prima b) Sistema della ragion pura Metafisica Matematica, Fisica Etica Il concetto kantiano di metafisica a) Critica della ragione Parte prima b) Sistema della ragion pura Metafisica Matematica, Fisica Etica a) Libertà Parte seconda (scopo finale) b) Immortalità c) Dio Il concetto kantiano di metafisica a) Critica della ragione* Parte prima b) Sistema della ragion pura* Metafisica Matematica, Fisica Etica a) Libertà Parte seconda (scopo finale) b) Immortalità c) Dio * = critica trascendentale, propedeutica, trattato del metodo, scienza speciale (KrV, KpV, KdU) * = filosofia trascendentale, dottrina, sistema di tutti i principi della ragion pura (metafisica della natura e dei costumi) Il concetto kantiano di metafisica “La filosofia della ragion pura o è p r o p e d e u t i c a (esercizio preliminare) – che indaga la facoltà della ragione in ordine a qualsiasi conoscenza pura a priori, e si chiama c r it i c a – o è il sistema della ragion pura (scienza), cioè l’intera conoscenza filosofica (vera o apparente) nella connessione sistematica che riceve dalla sua provenienza razionale pura, e prende il nome di m e t a f i s i c a. Questo nome, però, può esser dato all’intera filosofia pura, ivi compresa la critica, per raccogliere in un tutto la ricerca di quanto è conoscibile a priori e l’esposizione di ciò che costituisce il sistema delle conoscenze filosofiche pure di questa specie” (KrV, B 869) L’idea della metafisica della natura “La metafisica, in senso stretto, risulta costituita dalla f i l o s of i a t r a s c e n d e n t a l e e dalla f i s i o l o g i a della ragion pura. […] Di conseguenza, l’intero sistema della metafisica si compone di quattro parti principali: 1) O n t o l og i a; 2) F i s i o l o g i a r a z i o n a l e; 3) C o s m o l o g i a r a z i o n a l e; 4) T e o l o g i a r a z i o n a l e. La seconda parte, o dottrina della natura della ragion pura, si divide physica rationalis e psycologia rationalis” (KrV, B 873-75) L’idea della metafisica della natura Filosofia trascendentale (ontologia) Metafisica della natura Immanente Fisica razionale Psicologia razionale Fisiologia razionale Trascendente Cosmologia razionale Teologia razionale Il concetto scolastico di metafisica (Suarez) Metaphysica generalis (ontologia) Sapienza ens commune a) Psychologia homo Metaphysica specialis b) Cosmologia natura c) Theologia Deus Il concetto aristotelico di «metafisica» Ontologia Teologia Il concetto aristotelico di «metafisica» Scienza dell’essente in quanto essente (conoscenza dell’essere in generale) Filosofia prima Scienza dell’ente più divino (conoscenza del fondamento ultimo dell’essente) L’oggetto della KrV: la facoltà conoscitiva “benché ogni nostra conoscenza cominci c o n l’esperienza, da ciò non segue che essa derivi interamente d a l l’ esperienza. Potrebbe infatti avvenire che la nostra stessa conoscenza empirica sia un composto di ciò che riceviamo mediante le impressioni e di ciò che la nostra facoltà conoscitiva vi aggiunge da sé sola (semplicemente stimolata dalle impressioni sensibili)” (KrV, Introduzione, I, B 1) L’oggetto della KrV: la facoltà conoscitiva “[l’esperienza] racchiude due elementi assai diversi, e precisamente una m a t e r i a della conoscenza, derivante dai sensi, e una certa f o r m a, per ordinarla, derivante dalla sorgente interna del puro intuire e del pensiero, i quali, solo in occasione della materia vengono posti in esercizio e messi in grado di produrre concetti” (KrV, § 13, B 118-19) L’oggetto della KrV: la facoltà conoscitiva Oggetto empirico Forma del fenomeno (elementi puramente a priori) Materia del fenomeno (dato sensoriale) L’oggetto della KrV: la facoltà conoscitiva Oggetto empirico Forma del fenomeno (elementi puramente a priori) Materia del fenomeno (dato sensoriale) Oggetto della KrV L’oggetto della KrV: la facoltà conoscitiva “esistono due tronchi dell’umana conoscenza, provenienti forse da una comune radice, a noi sconosciuta, e precisamente s e ns i b i l i t à ed i n t e l l e t t o; mediante la prima gli oggetti ci sono d a t i, mediante la seconda essi sono p e n s a t i” (Introduzione, VII, B 29) L’oggetto della KrV: la facoltà conoscitiva “esistono due tronchi dell’umana conoscenza, provenienti forse da una comune radice, a noi sconosciuta, e precisamente s e ns i b i l i t à ed i n t e l l e t t o; mediante la prima gli oggetti ci sono d a t i, mediante la seconda essi sono p e n s a t i” (Introduzione, VII, B 29) Facoltà conoscitiva Sensibilità (facoltà delle intuizioni) Intelletto (facoltà dei concetti) La struttura della Critica della ragion pura Estetica trascendentale Dottrina trascendentale degli elementi KrV Dottrina trascendentale del metodo Logica trascendentale Analitica trascendentale Dialettica trascendentale L’estetica trascendentale La parte prima della KrV offre “la scienza di tutti i principi a priori della sensibilità”, ossia l’esposizione dei concetti di spazio e tempo: L’estetica trascendentale La parte prima della KrV offre “la scienza di tutti i principi a priori della sensibilità”, ossia l’esposizione dei concetti di spazio e tempo: a) spazio e tempo non sono concetti empirici provenienti dall’esperienza, ossia non sono concetti discorsivi ottenuti per astrazione (come accade ad es. per il concetto di cavallo che è formato sulla base dell’esperienza di vari cavalli); L’estetica trascendentale La parte prima della KrV offre “la scienza di tutti i principi a priori della sensibilità”, ossia l’esposizione dei concetti di spazio e tempo: a) spazio e tempo non sono concetti empirici provenienti dall’esperienza, ossia non sono concetti discorsivi ottenuti per astrazione (come accade ad es. per il concetto di cavallo che è formato sulla base dell’esperienza di vari cavalli); b) la rappresentazione originaria dello spazio e del tempo non è in generale un concetto, bensì un’intuizione pura (= a priori = non empirica); L’estetica trascendentale La parte prima della KrV offre “la scienza di tutti i principi a priori della sensibilità”, ossia l’esposizione dei concetti di spazio e tempo: a) spazio e tempo non sono concetti empirici provenienti dall’esperienza, ossia non sono concetti discorsivi ottenuti per astrazione (come accade ad es. per il concetto di cavallo che è formato sulla base dell’esperienza di vari cavalli); b) la rappresentazione originaria dello spazio e del tempo non è in generale un concetto, bensì un’intuizione pura (= a priori = non empirica); c) spazio e tempo sono rappresentazioni necessarie che si trovano a fondamento di tutte le intuizioni empiriche: come tali, essi non sono alcunché di sussistente per se stesso o di inerente alle cose, bensì costituiscono le condizioni formali soggettive della nostra sensibilità (= forme pure dell’intuizione sensibile), ossia uno dei due modi in cui l’animo umano organizza attivamente e necessariamente il dato sensoriale Due concetti matematici di spazio e tempo y Spazio euclideo R³ x Tempo z Questi concetti non sono originari: la costruzione di ogni concetto di tal fatta è resa possibile dall’intuizione pura dello spazio-tempo Realtà e idealità di spazio e tempo Spazio e tempo hanno una realtà empirica, ossia esistono, soltanto in riferimento alla nostra sensibilità: prescindendo da questa nostra costituzione soggettiva essi vanno considerati oggetti ideali, ossia si annullano, perdono di significato, e non si può affatto sostenere la loro esistenza. In effetti non sono delle super-cose che contengono l’universo (= totalità degli eventi), bensì costituiscono la condizione per cui qualcosa può mostrarsi ad un essere razionale finito Realtà e idealità di spazio e tempo “Il tempo è quindi reale non come oggetto, ma come il modo della rappresentazione di me stesso come oggetto. […] Togliendo la condizione speciale della nostra sensibilità, si dissolve anche il concetto di tempo: esso infatti non è proprio degli oggetti in quanto tali, ma soltanto del soggetto che li intuisce” (KrV, § 7, B 53) Fenomeno e noumeno La distinzione fenomeno-noumeno è quella più centrale dell’intera KrV. Per un essere razionale finito (quale noi siamo) il mondo, come totalità degli eventi, è un che di dato – qualcosa cui siamo inevitabilmente assegnati: ma proprio perché non siamo stati noi ad aver creato la materia del fenomeno (= il molteplice dell’intuizione sensibile che si impone nelle sensazioni), dobbiamo supporre che questo mondo fenomenico – che si presenta a noi grazie all’azione congiunta delle nostre facoltà conoscitive – sia apparenza di una realtà che, necessariamente, ci è del tutto ignota (= X) Fenomeno e noumeno “Che cosa siano gli oggetti presi in se stessi, a prescindere dalla intera recettività della nostra sensibilità, ci è del tutto ignoto. Ciò che noi conosciamo è soltanto il nostro modo di percepirli, modo che ci caratterizza e che non implica alcuna necessità di appartenere ad ogni essere, sebbene sia proprio di ogni uomo. È solo con esso che noi abbiamo a che fare. Spazio e tempo ne costituiscono le forme pure, e la sensazione, in generale, la materia. […] Anche nel caso che potessimo portare la nostra intuizione al sommo grado di chiarezza, non faremmo per questo un sol passo verso la natura degli oggetti in se stessi” (KrV, § 8, B 59-60) Fenomeno e noumeno Facoltà conoscitiva superiore Forma Fenomeno e noumeno Facoltà conoscitiva superiore Facoltà conoscitiva inferiore Forma Materia Fenomeno e noumeno Facoltà conoscitiva superiore Facoltà conoscitiva inferiore Forma Materia Oggetto per noi (fenomeno) Oggetto in sé (noumeno = x) Fenomeno e noumeno La critica ci insegna anzitutto a considerare il mondo da un duplice punto di vista: a) come fenomeno in quanto oggetto per noi; b) come noumeno in quanto oggetto in sé. Se astraiamo dalle condizioni soggettive del conoscere, ossia dalle forme pure della sensibilità e dell’intelletto, dobbiamo certo continuare ad ammettere l’esistenza di una qualche realtà ma di questa non possiamo dire assolutamente nulla: utilizzando un’analogia, potremmo dire che la cosa in sé è il mondo così come si presenterebbe allo sguardo di un essere razionale infinito, ossia dotato di una intuizione originaria (= creatrice) del mondo: Dio Fenomeno e noumeno uomo Intuizione sensibile (intuitus derivativus) Intelletto ectipo (intellectus ectypus) Fenomeno (cosa per noi) «Mondo» Dio Intuizione originaria (intuitus originarius) = Intelletto archetipo (intellectus archetypus) Noumeno (cosa in sé) Il concetto di «conoscenza trascendentale» “Chiamo t r a s c e n d e n t a l e ogni conoscenza che si occupi, in generale, non tanto di oggetti quanto del nostro modo di conoscere gli oggetti nella misura in cui questo deve essere possibile a priori” (KrV, Introduzione, VII, B 25) Il concetto di «conoscenza trascendentale» Il concetto kantiano di conoscenza trascendentale è analogo a quello aristotelico-scolastico di conoscenza ontologica: la somiglianza consiste nel fatto che entrambe illuminano la struttura propria di ogni fenomeno; la differenza, invece, consiste nel fatto che la seconda assume che ciò che si presenta a noi siano le cose in se stesse e non una loro apparenza: per questa ragione essa ritiene di poterne isolare e definire la struttura assolutamente, ossia a prescindere dal fatto che siamo noi a riguardarle; al contrario, la prima ritiene che non possiamo eliminare la nostra speciale costituzione soggettiva dalla considerazione del mondo – il quale, dunque, viene conosciuto nella sua struttura fenomenica proprio indagando criticamente la natura dell’«occhio» che lo riguarda L’idea della logica trascendentale Kant definisce la logica come la “scienza delle regole dell’intelletto in generale”. In quanto logica generale e pura, essa si occupa tradizionalmente della forma del pensiero, ossia di evidenziare e stabilire quelle regole che guidano il ragionamento. Prendiamo ad esempio in considerazione i seguenti teoremi: L’idea della logica trascendentale Kant definisce la logica come la “scienza delle regole dell’intelletto in generale”. In quanto logica generale e pura, essa si occupa tradizionalmente della forma del pensiero, ossia di evidenziare e stabilire quelle regole che guidano il ragionamento. Prendiamo ad esempio in considerazione i seguenti teoremi: a) Ogni uomo è mortale; b) Ogni italiano è uomo; c) Ogni italiano è mortale L’idea della logica trascendentale Kant definisce la logica come la “scienza delle regole dell’intelletto in generale”. In quanto logica generale e pura, essa si occupa tradizionalmente della forma del pensiero, ossia di evidenziare e stabilire quelle regole che guidano il ragionamento. Prendiamo ad esempio in considerazione i seguenti teoremi: a) Ogni uomo è mortale; b) Ogni italiano è uomo; c) Ogni italiano è mortale a) Tutti i cetacei sono mammiferi; b) Tutti i delfini sono cetacei; c) Tutti i delfini sono mammiferi L’idea della logica trascendentale Kant definisce la logica come la “scienza delle regole dell’intelletto in generale”. In quanto logica generale e pura, essa si occupa tradizionalmente della forma del pensiero, ossia di evidenziare e stabilire quelle regole che guidano il ragionamento. Prendiamo ad esempio in considerazione i seguenti teoremi: a) Ogni uomo è mortale; b) Ogni italiano è uomo; c) Ogni italiano è mortale a) Tutti i cetacei sono mammiferi; b) Tutti i delfini sono cetacei; c) Tutti i delfini sono mammiferi Prima figura del sillogismo M Ogni m è p; m Ogni s è m; C Ogni s è p L’idea della logica trascendentale La logica generale e pura “astrae da ogni contenuto della conoscenza intellettuale e dalla varietà dei suoi oggetti, non trattando che della semplice forma del pensiero”: essa dimostra soltanto le regole per cui date premesse si colleghino necessariamente ad una certa conclusione e non può servire quale organo di effettiva produzione di una conoscenza oggettiva. Insomma: la logica tradizionale ci insegna solo come edificare quel nesso sistematico tra concetti che costituisce una qualsivoglia teoria scientifica, ma non se tali elementi siano oggettivamente validi L’idea della logica trascendentale La questione della logica trascendentale è dunque quella di vedere se – oltre alle intuizioni pure studiate dall’estetica – non si diano anche dei concetti puri in grado di riferirsi ad oggetti interamente a priori e, nel caso, quale sia la loro origine, validità oggettiva ed estensione L’idea della logica trascendentale “noi ci prefiguriamo l’idea di una scienza dell’intelletto puro e della conoscenza razionale, per mezzo della quale pensiamo gli oggetti completamente a priori. Una tale scienza, che determini l’origine, l’estensione, e la validità oggettiva di tali conoscenze, deve chiamarsi l o g i c a t r a s c e n d e n t a l e, perché ha a che fare soltanto con le leggi dell’intelletto e della ragione, ma solo in quanto si riferisce a priori ad oggetti” (KrV, B 81) L’analitica dei concetti Nell’Analitica trascendentale si tratta quindi, innanzitutto, di procedere ad una scomposizione della capacità di pensare che miri a individuare e definire l’insieme degli elementi puri su cui riposa ogni concreto atto di pensiero, isolando in tal modo l’apporto specifico dell’intelletto (= facoltà dei concetti) nella fondazione dei giudizi sintetici a priori L’analitica dei concetti Ogni atto di pensiero consiste nel collegare una molteplicità di rappresentazioni, ossia nel raccogliere (= ordinare, unificare) tale molteplicità sotto una rappresentazione comune. Questa operazione si esprime in un giudizio (es.: ogni insetto è un animale invertebrato) L’analitica dei concetti Ogni atto di pensiero consiste nel collegare una molteplicità di rappresentazioni, ossia nel raccogliere (= ordinare, unificare) tale molteplicità sotto una rappresentazione comune. Questa operazione si esprime in un giudizio (es.: ogni insetto è un animale invertebrato) pensare = concepire = giudicare L’analitica dei concetti La questione iniziale dell’analitica trascendentale è dunque questa: quali sono le unità originarie mediante cui l’intelletto realizza in generale la sintesi del molteplice rappresentativo? Quali sono i concetti più universali (= categorie) entro cui la spontaneità del nostro animo provvede a raccogliere e unificare il molteplice dell’intuizione offertogli dalla sensibilità? L’analitica dei concetti Per individuare l’esatto numero delle categorie (= funzioni originarie dell’intelletto) occorre disporre di un principio che guidi alla scoperta del nesso sistematico tra di esse: l’analitica rinviene tale principio guardando ai prodotti dell’attività intellettuale ed elabora una tavola che espone tutte le possibili forme in cui due concetti possono essere unificati in un giudizio. La tavola dei giudizi è dunque il “filo conduttore per la scoperta di tutti i concetti puri dell’intelletto”, ossia la ratio cognoscendi della tavola delle categorie Le tavole dei giudizi e delle categorie Quantità 1. Universali 2. Particolari 3. Singolari Qualità 1. Affermativi 2. Negativi 3. Infiniti Relazione 1. Categorici 2. Ipotetici 3. Disgiuntivi Modalità 1. Problematici 2. Assertori 3. Apodittici Le tavole dei giudizi e delle categorie Quantità 1. Universali 2. Particolari 3. Singolari Qualità 1. Affermativi 2. Negativi 3. Infiniti Relazione 1. Categorici 2. Ipotetici 3. Disgiuntivi Modalità 1. Problematici 2. Assertori 3. Apodittici Quantità 1. Unità 2. Pluralità 3. Totalità Qualità 1. Realtà 2. Negazione 3. Limitazione Relazione 1. Inerenza e sussistenza 2. Causalità e dipendenza 3. Comunanza Modalità 1. Possibilità – impossibilità 2. Esistenza – inesistenza 3. Necessità – contingenza La deduzione trascendentale delle categorie Una volta dimostrato che ci sono dodici funzioni fondamentali che sovraintendono alla sintesi del molteplice rappresentativo e che queste trovano la propria sede esclusivamente nell’intelletto, l’analitica deve affrontare l’arduo problema della loro «deduzione»: occorre giustificare la pretesa, sollevata da questi concetti, di riferirsi a priori ad oggetti (= validità oggettiva) e, quindi, stabilire l’estensione di tale diritto dell’intelletto puro La deduzione trascendentale delle categorie “Io non conosco ricerche intorno ai fondamenti della facoltà che diciamo intelletto, nonché alla determinazione delle regole e dei limiti del suo uso, che siano più importanti di quelle che ho condotto, nel secondo capitolo dell’Analitica trascendentale, sotto il titolo di Deduzione dei concetti puri dell’intelletto; esse mi sono costate la maggiore e spero non mal compensata fatica” (KrV, Prefazione, A 16) La deduzione trascendentale delle categorie La questione della deduzione può essere così formulata: come possono le categorie – che sono forme soggettive – riferirsi tuttavia con necessità agli oggetti, ossia alla natura (= i fenomeni) che, dal punto di vista materiale, non è l’intelletto a creare? Com’è possibile che la natura obbedisca alle categorie e si manifesti necessariamente secondo le nostre maniere di pensarla? Infatti, se è evidente che nessun oggetto può essere da noi intuito altrimenti che nello spazio-tempo, non è invece affatto chiara la ragione per cui gli oggetti debbano regolarsi sul metro della nostra facoltà intellettiva La deduzione trascendentale delle categorie “Occorre ora spiegare la possibilità di conoscere a priori, m ed i a n t e l e c a t e g o r i e, gli oggetti che possono comunque p r e s e n t a r s i s o l t a n t o a i n o s t r i s e n s i; di conoscerli, si badi bene, non secondo la forma dell’intuizione, ma secondo le leggi della loro congiunzione. Si deve quindi spiegare come sia possibile, per così dire, prescrivere una legge alla natura o meglio, come sia possibile la natura stessa: perché senza questa capacità delle categorie, non risulterebbe chiaro come tutto ciò che può presentarsi ai nostri sensi debba sottostare a leggi che derivano, esclusivamente a priori, dall’intelletto” (KrV, § 26, B 159-60) La deduzione trascendentale delle categorie La deduzione comincia ribadendo che l’unificazione (conjunctio) del molteplice rappresentativo è opera esclusiva dell’intelletto; ciò detto, essa dimostra che i dodici modi dell’unificazione (che presiedono alla sintesi del molteplice) sono l’articolazione, l’espressione, di una medesima suprema unità fondatrice – denominata da Kant “unità sintetica originaria dell’appercezione” (o anche: “appercezione pura”, “unità oggettiva della autocoscienza”): la rappresentazione «io penso» – nella quale trova espressione questa “unità trascendentale dell’autocoscienza” che è la “sorgente di ogni congiunzione” – è dunque l’atto originario “su cui poggia la possibilità stessa dell’intelletto”, la ratio essendi delle categorie e delle funzioni logiche del giudizio La deduzione trascendentale delle categorie l’unità, la pluralità, la totalità, la realtà, la negazione, la limitazione, Io penso l’inerenza-sussistenza, la causalità-dipendenza, la comunanza, la possibilità-impossibilità, la esistenza-inesistenza, la necessità-contingenza Funzioni logiche del giudizio La deduzione trascendentale delle categorie Una volta mostrato il nesso tra categorie e io penso, la deduzione dimostra come ogni rappresentazione intuitiva debba necessariamente sottostare all’unità originaria dell’autocoscienza. Infatti, senza la rappresentazione di questa unità non potrebbe mai realizzarsi la sintesi empirica delle percezioni: in luogo della esperienza si costituirebbe una morta sequenza di immagini fisse, giacché la nostra coscienza – ognora confinata nel fotogramma del reale offerto dalla percezione – risulterebbe talmente frantumata e dispersa da essere incapace di riconoscere persino gli elementari rapporti di successione e coesistenza La deduzione trascendentale delle categorie Dunque, se una qualsivoglia intuizione sensibile è necessariamente sottoposta all’unità dell’appercezione e se questa si articola nelle dodici categorie, è chiaro che queste valgono necessariamente in riferimento al dato intuitivo La deduzione trascendentale delle categorie Dunque, se una qualsivoglia intuizione sensibile è necessariamente sottoposta all’unità dell’appercezione e se questa si articola nelle dodici categorie, è chiaro che queste valgono necessariamente in riferimento al dato intuitivo Tutte le categorie sono articolazioni dell’unità dell’Io penso; Tutte le intuizioni sensibili sono sottoposte all’unità dell’Io penso; Tutte le intuizioni sensibili sono sottoposte alle categorie La deduzione trascendentale delle categorie “Nella deduzione trascendentale delle categorie non ci incombeva altro concettualmente compito questo che rapporto quello di dell’intelletto chiarire con la sensibilità, e, per mezzo di questa, con tutti gli oggetti dell’esperienza, chiarendo in tal modo la validità oggettiva dei concetti puri a priori dell’intelletto e determinandone insieme l’origine e la verità” (KrV, A 128) L’analitica dei principi La deduzione trascendentale ha dimostrato, in linea di principio, la validità oggettiva delle categorie e quindi la possibilità di quell’incontro fra le nostre facoltà conoscitive (sensibilità e intelletto) che costituisce in generale il fondamento di tutta la nostra conoscenza. L’Analitica dei principi, muovendo da questo risultato, dimostra come questo incontro possa concretamente realizzarsi ed elabora l’insieme di quegli originari giudizi sintetici a priori ricercati dalla critica L’analitica dei principi La deduzione trascendentale ha dimostrato, in linea di principio, la validità oggettiva delle categorie e quindi la possibilità di quell’incontro fra le nostre facoltà conoscitive (sensibilità e intelletto) che costituisce in generale il fondamento di tutta la nostra conoscenza. L’Analitica dei principi, muovendo da questo risultato, dimostra come questo incontro possa concretamente realizzarsi ed elabora l’insieme di quegli originari giudizi sintetici a priori ricercati dalla critica Come si realizza in concreto l’applicazione delle categorie al dato fenomenico? Lo schematismo trascendentale Il problema sorge in quanto l’intelletto, considerato per se stesso, è un’unità conchiusa di forme dell’unificazione del tutto diversa dalla molteplice materia offerta dalla sensibilità. Come è possibile l’incontro e l’armonizzarsi di questi elementi eterogenei che costituiscono ogni oggetto empirico? Lo schematismo trascendentale Dal momento che l’intelletto puro non può agire a priori direttamente sull’oggetto della sensibilità (il dato percettivo), non resta altra possibilità che esso vi agisca in maniera universale ma indiretta: l’intelletto deve condizionare ciò che, nella sensibilità, è a lui affine, ossia deve lasciare la propria impronta sulla forma pura universale della nostra sensibilità (= il tempo). Quest’azione di determinare a priori il tempo è mediata dall’azione di una terza facoltà conoscitiva, la cui funzione fondamentale viene già introdotta nel trascendentale corso della deduzione: l’immaginazione Lo schematismo trascendentale “la sintesi in generale è il semplice risultato dell’immaginazione, ossia di una funzione dell’anima, cieca e tuttavia indispensabile, senza la quale non potremmo a nessun titolo avere una qualsiasi conoscenza, ma della quale siamo consapevoli solo di rado” (KrV, § 10, B 103) Lo schematismo trascendentale “Siamo dunque in possesso d’una immaginazione pura, come facoltà fondamentale dell’anima umana, che sta a fondamento di ogni conoscenza a priori; per suo mezzo, congiungiamo il molteplice dell’intuizione con la condizione necessaria dell’appercezione pura. Ambedue i termini estremi, sensibilità e intelletto, debbono necessariamente congiungersi sulla base di questa funzione trascendentale dell’immaginazione; in caso contrario, sussisterebbero, sì, fenomeni, ma non oggetti di conoscenza empirica, quindi un’esperienza” (KrV, A 124) Lo schematismo trascendentale Sensibilità Intuizioni pure (a priori) empiriche (a posteriori) Facoltà conoscitiva puri (a priori) Intelletto Concetti empirici (a posteriori) Lo schematismo trascendentale Sensibilità Intuizioni Facoltà conoscitiva pure (a priori) empiriche (a posteriori) Immaginazione Schemi trascendentali puri (a priori) Intelletto Concetti empirici (a posteriori) Lo schematismo trascendentale Sotto la guida delle unità offerte a priori dall’intelletto, l’immaginazione è produttiva, ossia provvede a determinare secondo regole l’immagine pura di tutti i fenomeni (= il tempo), forgiando spontaneamente tanti schemi trascendentali quante sono le categorie. Ogni schema trascendentale offre la rappresentazione intuitiva di un concetto puro: una rappresentazione pura “per un verso i n t e l l e t t u a l e e per l’altro s e n s i b i l e”, ossia quell’unità intermedia – tra l’unità della categoria e quella della forma pura del tempo – che è il luogo in cui entrambi gli elementi puri della conoscenza si mostrano unificati Lo schematismo trascendentale “Questo schematismo del nostro intelletto nei riguardi dei fenomeni e della loro semplice forma è un’arte nascosta nelle profondità dell’anima umana, il cui vero impiego difficilmente saremo mai in grado di strappare alla natura per esibirlo patentemente dinanzi agli occhi” (KrV, B 180-81) Lo schematismo trascendentale La pura attività schematizzante dell’immaginazione produttiva (= sintesi pura e trascendentale dell’immaginazione, sintesi figurata) rende dunque ragione, in concreto, della validità oggettiva delle categorie, ossia del loro riferimento necessario al dato sensoriale. Tale azione del nostro animo costituisce dunque l’ultimo fondamento della possibilità dei giudizi sintetici a priori Lo schematismo trascendentale La pura attività schematizzante dell’immaginazione produttiva (= sintesi pura e trascendentale dell’immaginazione, sintesi figurata) rende dunque ragione, in concreto, della validità oggettiva delle categorie, ossia del loro riferimento necessario al dato sensoriale. Tale azione del nostro animo costituisce dunque l’ultimo fondamento della possibilità dei giudizi sintetici a priori Quali sono i giudizi sintetici a priori più originari? I principi dell’intelletto puro La dottrina dello schematismo trascendentale, per quanto non sia stata da Kant stesso elaborata chiaramente e compiutamente, costituisce il cuore dell’indagine condotta nella KrV in quanto consente di dare una risposta concreta alla domanda fondamentale della critica: “come sono possibili giudizi sintetici a priori?” I principi dell’intelletto puro Infatti, terminata questa breve esposizione, l’analitica cessa per così dire di scavare il fondamento, per avviare invece la costruzione dell’intero edificio del nostro sapere metafisico (Sistema della ragion pura): ciò si realizza nell’elaborazione del complesso di quei principi dell’intelletto puro che offrono la conoscenza della struttura di ogni fenomeno (lo scheletro dell’edificio). Tale ossatura, che è costituita da otto giudizi sintetici a priori, ci offre dunque la natura formaliter spectata, ossia l’insieme delle leggi rigorosamente universali e necessarie secondo le quali accade e deve (müssen) accadere ogni fenomeno particolare (natura materialiter spectata) I principi dell’intelletto puro Schematismo trascendentale Sistema dei principi dell’intelletto puro (natura formaliter spectata) Ricerca sperimentale delle leggi empiriche della natura L’estensione dei principi «metafisici»: l’esperienza possibile Dopo aver dimostrato l’origine e la validità oggettiva dei nostri concetti a priori, l’analitica trascendentale si chiude con una considerazione generale sul loro uso legittimo (estensione). Le categorie valgono soltanto in riferimento al fenomeno e non possono esser riferite con diritto ad oggetti che si trovino al di là di un’esperienza possibile; senza l’ancoraggio alla sensibilità – ossia preso per se stesso – l’intelletto puro è «vuoto» ed ogni operazione conoscitiva che esso tenti conduce al naufragio del sapere nell’oceano tempestoso dell’illusione metafisica L’estensione dei principi «metafisici»: l’esperienza possibile L’uso iperfisico delle categorie conduce la ragione ad impigliarsi in problemi seducenti, perché degni del massimo interesse, ma solo apparentemente risolvibili: la seconda parte della Logica trascendentale, la Dialettica trascendentale, metterà a tema il fondamento di quella parvenza e della nostra (umana) naturale inclinazione verso di essa La dialettica trascendentale La seconda parte della Logica trascendentale analizza i ragionamenti dialettici della ragion pura, ossia l’insieme di quelle inferenze necessarie che conducono la ragione a forgiare dei particolari concetti puri, denominati da Kant idee trascendentali. Questi concetti sono dunque un prodotto necessario della ragion pura e rappresentano a priori oggetti incondizionati, ossia posti al di là di ogni esperienza possibile: ciò fa sì che la ragione, scoprendoli in se stessa, si illuda di poter dimostrare la loro validità oggettiva (= verità). La Dialettica trascendentale ha dunque un duplice compito: La dialettica trascendentale a) analizzare l’origine delle idee trascendentali e della naturale parvenza che ci spinge continuamente a cercare una deduzione oggettiva per questi concetti cui non possiamo e non potremo mai sottoporre alcuna adeguata intuizione La dialettica trascendentale a) analizzare l’origine delle idee trascendentali e della naturale parvenza che ci spinge continuamente a cercare una deduzione oggettiva per questi concetti cui non possiamo e non potremo mai sottoporre alcuna adeguata intuizione b) dimostrare l’inconsistenza di quelle pretese scienze che si fondano sulle idee trascendentali ed esporre in che senso questi concetti della ragione svolgano una funzione comunque indispensabile per la possibilità della conoscenza empirica La dialettica trascendentale “La dialettica sarà divisa in due parti: la p r i m a si occuperà dei c o n c e t t i t r a s c e n d e n t i della ragion pura, la s ec o n d a dei s i l l o g i s m i trascendenti e d i a l e t t i c i della ragion pura” (KrV, B 366) Le tre idee trascendentali: anima, mondo e Dio L’origine delle idee trascendentali è costituita dalla pura attività dell’io penso che, in quanto facoltà della sintesi, è condotto dalla sua stessa natura a spingersi oltre i limiti di un’esperienza possibile verso una comprensione assoluta, incondizionata, del mondo fenomenico. Allorché l’intelletto cessa, per così dire, di guardare in basso verso il molteplice empirico offerto dalla sensibilità e risale da un condizionato all’altro nel tentativo di pensare la totalità delle condizioni di ciò che esperiamo, esso diviene ragione, ossia la facoltà dei principi “in senso assoluto”. La ragione è dunque la facoltà attraverso cui pensiamo necessariamente l’incondizionato e, precisamente, da tre punti di vista: Le tre idee trascendentali: anima, mondo e Dio a) in quanto totalità dei fenomeni del senso interno (idea trascendentale di anima, idea psicologica) b) in quanto totalità dei fenomeni del senso esterno (idea trascendentale di mondo, idea cosmologica) c) in quanto totalità assoluta delle cose (idea trascendentale di Dio, idea teologica) Le tre idee trascendentali: anima, mondo e Dio “Intendo per idea un concetto necessario della ragione, a cui non può esser dato alcun oggetto congruente nei sensi. I concetti razionali puri testé esaminati sono pertanto i d e e t r a s c e n d e n t a l i. […] Essi non sono il prodotto di escogitazioni arbitrarie, ma traggono origine dalla natura della stessa ragione e si riferiscono pertanto necessariamente all’intero uso dell’intelletto. Da ultimo, essi sono trascendenti e varcano i confini di ogni esperienza, nel cui ambito quindi non è possibile che si riscontri un oggetto adeguato all’idea trascendentale” (KrV, B 383) La facoltà conoscitiva superiore Sensibilità Intuizioni pure Immaginazione Schemi trascendentali Facoltà conoscitiva Intelletto Concetti puri Ragione Idee trascendentali La facoltà conoscitiva superiore “Ogni nostra conoscenza scaturisce dai sensi, da qui va all’intelletto, per finire nella ragione, al di sopra della quale non si riscontra in noi nulla di più alto che intervenga a elaborare la materia dell’intuizione e a ricondurla sotto la suprema unità del pensiero” (KrV, B 355) L’impossibilità di una scienza dell’anima La psicologia razionale è la scienza che si fonda sull’idea di anima: essa pretende di poter dimostrare l’esistenza di un soggetto assoluto dei fenomeni interni e di poterlo altresì caratterizzare fondatamente come immateriale, semplice (e perciò incorruttibile, immortale) e personale. La dialettica trascendentale dimostra come la suddetta pretesa non possa in effetti essere riscattata: la psicologia razionale è infatti inconsistente perché fondata su di un paralogisma (= ragionamento errato), che consiste nell’applicare la categoria di sostanza all’io penso, trasformando la condizione di applicabilità delle categorie in una “realtà permanente” chiamata anima L’impossibilità di una scienza dell’anima Una volta reificata l’unità dell’autocoscienza è facile dimostrare i suddetti caratteri come attributi di quella sostanza: la radice dell’errore della psicologia razionale consiste proprio nel fatto che essa confonde la datità sui generis dell’io penso (che non è un fenomeno) con quella naturale di un qualsiasi oggetto empirico L’impossibilità di una scienza del mondo: le antinomie cosmologiche La cosmologia razionale è la scienza che si fonda sull’idea di mondo: essa pretende di poter sciogliere definitivamente i “quattro naturali e inevitabili problemi” che necessariamente si pongono alla ragione allorché considera come data la totalità dei fenomeni del senso esterno. La dialettica trascendentale confuta questa pretesa scienza dimostrando che il tentativo di determinare il mondo nel suo insieme conduce la ragione a cadere in conflitto con se stessa, ossia in una situazione antinomica nella quale, rispetto a ciascuno dei quattro problemi fondamentali, essa si trova a poter affermare due tesi opposte. Allorché consideriamo la totalità dei fenomeni esterni possiamo dunque legittimamente sostenere: L’impossibilità di una scienza del mondo: le antinomie cosmologiche Primo conflitto delle idee trascendentali Tesi “Il mondo ha un suo inizio nel tempo e, rispetto allo spazio, è chiuso entro limiti” Antitesi “Il mondo non ha né inizio né limiti nello spazio, ma è infinito così rispetto al tempo come rispetto allo spazio” L’impossibilità di una scienza del mondo: le antinomie cosmologiche Secondo conflitto delle idee trascendentali Tesi “Nel mondo, ogni sostanza composta consta di parti semplici, e in nessun luogo esiste qualcosa che non sia o il semplice o ciò che ne risulta composto” Antitesi “Nel mondo, nessuna cosa composta consta di parti semplici; e in nessuna parte del mondo esiste alcunché di semplice” L’impossibilità di una scienza del mondo: le antinomie cosmologiche Terzo conflitto delle idee trascendentali Tesi “La causalità in base a leggi della natura non è l’unica da cui sia possibile derivare tutti i fenomeni del mondo. Per la loro spiegazione si rende necessaria l’ammissione anche d’una causalità mediante libertà” Antitesi “Non c’è libertà alcuna, ma tutto nel mondo accade esclusivamente in base a leggi di natura” L’impossibilità di una scienza del mondo: le antinomie cosmologiche Quarto conflitto delle idee trascendentali Tesi “Del mondo fa parte qualcosa che – o come suo elemento o come causa – costituisce un essere assolutamente necessario” Antitesi “In nessun luogo – né nel mondo, né fuori del mondo – esiste un essere assolutamente necessario che ne sia la causa” L’impossibilità di una scienza del mondo: le antinomie cosmologiche L’esame di questi conflitti dimostra come sia impossibile decidersi tra la tesi e l’antitesi di ciascuna antinomia, giacché entrambe possono essere razionalmente dimostrate muovendo da posizioni filosofiche opposte (il razionalismo nel caso delle tesi, l’empirismo nel caso delle antitesi): la radice della situazione strutturalmente aporetica in cui la ragione viene a trovarsi è dunque nella stessa idea di mondo la quale, rappresentando un oggetto trascendente, non è in alcun modo passibile di una deduzione oggettiva. La pretesa di addivenire ad una conoscenza teoretica conclusiva intorno alla totalità dei fenomeni esterni è dunque fondata nella natura della nostra ragione ma non potrà mai essere esaudita L’impossibilità di una scienza di Dio La teologia razionale è la scienza che si fonda sull’idea di Dio quale ente supremo, originario e perfetto: il concetto di Dio esprime l’ideale della ragione, il modello alla cui perfezione tutte le cose esistenti vengono commisurate, e dunque rappresenta la totalità assoluta di tutte le realtà possibili, l’ens realissimum da cui derivano e dipendono tutti gli altri enti L’impossibilità di una scienza di Dio Tale scienza pretende anzitutto di poter affermare l’esistenza di un tale ente e, in secondo luogo, di poter dimostrare alcuni suoi attributi caratteristici (onniscienza, onnipotenza, personalità). La dialettica trascendentale dimostra l’infondatezza di queste pretese confutando le “prove dell’esistenza di Dio” elaborate dalla tradizione filosofica, che sono raggruppate in tre classi: ontologica, cosmologica e fisico-teologica L’impossibilità di una scienza di Dio La prova ontologica, la cui prima formulazione risale ad Anselmo d’Aosta (1033-1109), è la cosiddetta prova a priori, sostanzialmente accettata dai maggiori esponenti della tradizione razionalista (Cartesio, Spinoza, Leibniz): essa pretende di ricavare analiticamente l’esistenza di Dio dal semplice concetto dell’ens realissimum, argomentando che l’ente assolutamente perfetto non può mancare dell’attributo dell’esistenza L’impossibilità di una scienza di Dio La prova ontologica, la cui prima formulazione risale ad Anselmo d’Aosta (1033-1109), è la cosiddetta prova a priori, sostanzialmente accettata dai maggiori esponenti della tradizione razionalista (Cartesio, Spinoza, Leibniz): essa pretende di ricavare analiticamente l’esistenza di Dio dal semplice concetto dell’ens realissimum, argomentando che l’ente assolutamente perfetto non può mancare dell’attributo dell’esistenza Concetto di Dio Esistenza di Dio L’impossibilità di una scienza di Dio L’errore di questa prova consiste nel passaggio arbitrario dal piano logico a quello ontologico, dal pensiero all’essere. L’esistenza, infatti, non è un predicato che qualifichi il concetto di una cosa, bensì qualcosa che possiamo constatare o indurre solo per mezzo dell’esperienza. La possibilità logica di un concetto, ossia la sua incontraddittorietà, non rappresenta ancora la possibilità reale dell’oggetto in esso rappresentato: posso pensare ciò che voglio ma finché la percezione non interviene a dimostrare la realtà del contenuto pensato non posso attribuire l’esistenza all’oggetto che penso. Dunque, se in generale non è lecito concludere dal concetto di una cosa alla sua esistenza, a maggior ragione tale conclusione sarà inammissibile nel caso di un «oggetto» posto per definizione al di là di ogni esperienza possibile La deduzione soggettiva delle idee “Di queste idee trascendentali non è propriamente possibile alcuna d e d u z i o n e o g g e t t i v a, del genere di quella condotta per le categorie. Difatti esse non intrattengono alcun rapporto con un qualsiasi oggetto che possa esser dato in modo adeguato e questo appunto perché non si tratta che di idee. Ma una deduzione soggettiva di esse, a partire dalla natura della nostra ragione, era cosa fattibile ed è quella che è stata fatta nel presente capitolo” (KrV, B 393) La deduzione soggettiva delle idee La dialettica trascendentale dimostra l’impossibilità di una deduzione oggettiva delle idee offrendo una confutazione di principio delle scienze che pretenderebbero di offrirci la conoscenza teoretica degli oggetti rappresentati in quei tre concetti propri della ragione. Tuttavia la dimostrazione che le idee si originano necessariamente dalla pura attività della nostra facoltà conoscitiva, costituisce ad un tempo la loro deduzione soggettiva, ossia la dimostrazione del fatto che noi esseri razionali finiti non possiamo non tendere alla determinazione di quei tre oggetti incondizionati La deduzione soggettiva delle idee Questa tendenza presenta un’ambivalenza: lasciata in balia di se stessa è negativa in quanto autentica radice del dogmatismo metafisico; purificata dalla critica diviene invece positiva: le idee assumono in questo caso la funzione di regole che insegnano a ricercare la massima estensione ed unità sistematica delle nostre conoscenze empiriche, spronando le scienze a spingersi sempre oltre i limiti di volta in volta raggiunti La deduzione soggettiva delle idee “E in ciò consiste la deduzione trascendentale di tutte le idee della ragione speculativa, nella loro qualità non già di principi c o s t i t u t i v i per l’estensione della nostra conoscenza a oggetti non compresi nella nostra esperienza, ma di principi r e g o l a t i v i dell’unità sistematica del molteplice della conoscenza empirica in generale, che è consolidata e ordinata dentro i suoi limiti; il che non potrebbe aver luogo senza tali idee e col semplice uso dei principi dell’intelletto” (KrV, B 699) Le conclusioni della Critica della ragion pura Il risultato positivo della ricerca del 1781 è fissato nel corso della Analitica trascendentale. L’unità tra le forme pure della sensibilità e i concetti puri dell’intelletto costituisce il fondamento di otto giudizi sintetici a priori che ci offrono la struttura dell’oggetto dell’esperienza (natura formaliter spectata): prima di incontrare un qualsiasi fenomeno noi conosciamo già le sue determinazioni universali e necessarie, ossia quelle caratteristiche senza le quali esso non potrebbe mai presentarsi a noi Le conclusioni della Critica della ragion pura Il risultato negativo è invece fissato nella Dialettica trascendentale: allorché la ragione abbandona il campo della possibilità dell’esperienza essa non può più stabilire nulla di certo intorno agli «oggetti» che li si trovano: i massimi problemi conoscitivi non sono suscettibili di una trattazione rigorosamente dimostrativa, ossia di una risposta teoretica definitiva