Il pensiero moderno
(Kant: Critica della ragion pura)
Prof. Daniele Pelini
Email:
[email protected]
Immanuel Kant (1724-1804)
“Due cose riempiono l’animo
di ammirazione e venerazione
sempre nuova e crescente,
quanto più sovente e a lungo si
riflette sopra di esse: il cielo
stellato sopra di me e la legge morale
dentro di me”
Il ritratto di Herder
“Io ho avuto la felicità di conoscere un filosofo, che fu mio
maestro. Nei suoi anni giovanili, egli aveva la gaia vivacità di un
giovane, e questa, io credo, non lo abbandonò neppure nella
tarda vecchiaia. La sua fronte aperta, costruita per il pensiero,
era la sede di una imperturbabile serenità e gioia; il discorso più
ricco di pensiero fluiva dalle sue labbra; aveva sempre pronto lo
scherzo, l’arguzia e l’umorismo, e la sua lezione erudita aveva
l’andamento più divertente”
Il ritratto di Herder
“Con lo stesso spirito col quale esaminava Leibniz, Wolff,
Baumgarten, Crusius, Hume, e seguiva le leggi naturali scoperte
da Newton, da Kepler e dai fisici, accoglieva anche gli scritti
allora apparsi di Rousseau, il suo Emilio e la sua Eloisa, come
ogni altra scoperta naturale che venisse a conoscere: valorizzava
tutto e tutto riconduceva ad una spregiudicata conoscenza della
natura e al valore morale degli uomini”
Il ritratto di Herder
“La storia degli uomini, dei popoli, e della natura, la dottrina
della natura, la matematica e l’esperienza, erano le sorgenti che
avvivavano la sua lezione e la sua conversazione. Nulla che fosse
degno di essere conosciuto gli era indifferente; nessuna cabala,
nessuna setta, nessun pregiudizio, nessun nome superbo, aveva
per lui il minimo pregio di fronte all’incremento e al
chiarimento della verità. Egli incoraggiava e costringeva
dolcemente a pensare da sé; il dispotismo era estraneo al suo
spirito. Quest’uomo, che io nomino con la massima gratitudine
e venerazione, è Immanuel Kant: la sua immagine mi sta sempre
dinanzi”
Il programma kantiano
La filosofia kantiana prende corpo in una serie di scritti il cui
centro è costituito da tre opere pubblicate negli anni Ottanta del
Settecento («decennio critico»): la Critica della ragion pura
(1781), la Critica della ragion pratica (1788) e la Critica della
facoltà di giudizio (1790). Queste opere realizzano il programma
filosofico di un’analisi dell’insieme delle facoltà dell’animo
umano, volta a stabilire i principi a priori (= non empirici) che
determinano il loro funzionamento. La possibilità di conoscere,
quella di agire e quella di giudicare – nelle quali si sostanzia il
comportamento umano in generale –, riposano su determinati
fondamenti a priori che la critica ha il compito di isolare e definire.
Conseguentemente, tale filosofia prende il nome di «filosofia
critica»
Il programma kantiano
Facoltà di conoscere  Critica della ragion pura
Animo
Facoltà di desiderare  Critica della ragion pratica
Facoltà di giudicare  Critica della facoltà di giudizio
Il programma kantiano
“Senza diffondermi ora sull’intera serie delle ricerche che ho
condotto fino alla meta ultima, posso dire che, quanto
all’essenziale del mio disegno, ho avuto successo e sono ora in
grado di presentare una critica della ragione pura, che contiene
la natura della conoscenza tanto teoretica quanto pratica, in
quanto
essa
è
puramente
intellettuale.
Ne
comporrò
innanzitutto la prima parte, che comprende le fonti, il metodo e
i limiti della metafisica, e successivamente elaborerò i principi
puri della moralità. Per quanto concerne la prima parte, la
pubblicherò entro tre mesi circa”
(Lettera a Marcus Herz, 21 febbraio 1772)
La «rivoluzione copernicana» operata da Kant
La Critica della ragion pura è in buona sostanza l’esplicazione e la
verifica della seguente intuizione fondamentale circa la natura della
nostra (umana) relazione col mondo: la conoscenza in generale non
è assimilabile ad uno specchio che si limiterebbe a riflettere
passivamente un mondo già costituito senza il nostro intervento,
bensì, innanzitutto, essa costituisce e dispiega il campo entro cui il
mondo, inteso come totalità degli eventi, può presentarsi a noi ed
«esistere» propriamente
La «rivoluzione copernicana» operata da Kant
La Critica della ragion pura è in buona sostanza l’esplicazione e la
verifica della seguente intuizione fondamentale circa la natura della
nostra (umana) relazione col mondo: la conoscenza in generale non
è assimilabile ad uno specchio che si limiterebbe a riflettere
passivamente un mondo già costituito senza il nostro intervento,
bensì, innanzitutto, essa costituisce e dispiega il campo entro cui il
mondo, inteso come totalità degli eventi, può presentarsi a noi ed
«esistere» propriamente
Soggetti
«Pensiero puro»
oggetti
La «rivoluzione copernicana» operata da Kant
La Critica della ragion pura è in buona sostanza l’esplicazione e la
verifica della seguente intuizione fondamentale circa la natura della
nostra (umana) relazione col mondo: la conoscenza in generale non
è assimilabile ad uno specchio che si limiterebbe a riflettere
passivamente un mondo già costituito senza il nostro intervento,
bensì, innanzitutto, essa costituisce e dispiega il campo entro cui il
mondo, inteso come totalità degli eventi, può presentarsi a noi ed
«esistere» propriamente.
Tale intuizione che Kant ricorda aver avuto nell’anno 1769, è così
espressa nella Critica della ragion pura:
La «rivoluzione copernicana» operata da Kant
“Finora si è creduto che ogni nostra conoscenza debba regolarsi
sugli oggetti; ma tutti i tentativi, condotti a partire da questo
presupposto, di stabilire, tramite concetti, qualcosa a priori
intorno agli oggetti, onde allargare in tal modo la nostra
conoscenza, sono andati a vuoto. È venuto il momento di
tentare una buona volta, anche nel campo della metafisica, il
cammino inverso, muovendo dall’ipotesi che siano gli oggetti a
dover regolarsi sulla nostra conoscenza; ciò si accorda meglio
con l’auspicata possibilità di una conoscenza a priori degli
oggetti, che affermi qualcosa nei loro confronti prima che essi ci
siano dati”
(KrV, Prefazione alla seconda edizione, B 16)
La questione preliminare (Leitfrage) della KrV
Esiste un tipo di conoscenza indipendente dall’esperienza ed anche
da ogni impressione sensibile? Esiste una conoscenza esprimentesi
in giudizi sintetici a priori, ossia un sapere il cui contenuto non
derivi dall’esperienza?
La questione preliminare (Leitfrage) della KrV
Esiste un tipo di conoscenza indipendente dall’esperienza ed anche
da ogni impressione sensibile? Esiste una conoscenza esprimentesi
in giudizi sintetici a priori, ossia un sapere il cui contenuto non
derivi dall’esperienza?
Sì, di fatto siamo in possesso di simili conoscenze: tanto la scienza
matematica (aritmetica e geometria), quanto la scienza fisica sono
diversamente costituite da proposizioni sintetiche a priori, ossia da
giudizi rigorosamente universali e necessari che, senza il concorso
dell’esperienza, realizzano un’estensione della conoscenza degli
oggetti di cui queste scienze trattano
Il giudizio sintetico a priori
Giudizio analitico: è un giudizio esplicativo, rigorosamente universale e
a priori
necessario, ma incapace di estendere la conoscenza. Il
fondamento del riferimento del predicato al soggetto è
costituito dal principio di non contraddizione (es.: tutti
i corpi sono estesi)
Il giudizio sintetico a priori
Giudizio analitico: è un giudizio esplicativo, rigorosamente universale e
a priori
necessario, ma incapace di estendere la conoscenza. Il
fondamento del riferimento del predicato al soggetto è
costituito dal principio di non contraddizione (es.: tutti
i corpi sono estesi)
Giudizio sintetico: è un giudizio ampliativo, particolare o generale,
a posteriori
capace di estendere la conoscenza. Il fondamento del
riferimento del predicato al soggetto è costituito
dall’esperienza (es.: questo tavolo è verde; tutti i
canarini sono gialli)
Il giudizio sintetico a priori
Giudizio analitico: è un giudizio esplicativo, rigorosamente universale e
a priori
necessario, ma incapace di estendere la conoscenza. Il
fondamento del riferimento del predicato al soggetto è
costituito dal principio di non contraddizione (es.: tutti
i corpi sono estesi)
Giudizio sintetico: è un giudizio ampliativo, particolare o generale,
a posteriori
capace di estendere la conoscenza. Il fondamento del
riferimento del predicato al soggetto è costituito
dall’esperienza (es.: questo tavolo è verde; tutti i
canarini sono gialli)
Giudizio sintetico: è un giudizio rigorosamente universale e necessario
a priori
capace di estendere la conoscenza a priori. Il
fondamento del riferimento del predicato al soggetto è
il problema fondamentale della critica (es.: 7 + 5 = 12;
la distanza più breve fra due punti è una linea retta;
tutto ciò che accade ha una causa)
La questione fondamentale (Grundfrage) della KrV
Come sono in generale possibili giudizi sintetici a priori?
La questione fondamentale (Grundfrage) della KrV
Come sono in generale possibili giudizi sintetici a priori?
Una volta che la critica della ragione abbia proceduto a scoprire il
fondamento su cui riposa la possibilità di simili giudizi, ossia gli
elementi puramente a priori (= assolutamente indipendenti da ogni
esperienza) della conoscenza, si potrà affrontare il compito
dell’elaborazione di un sistema della ragion pura, ossia offrire
un’esposizione compiuta di tutta la nostra conoscenza a priori
(= parte prima della metafisica)
La questione finale della KrV
La soluzione della suddetta questione fondamentale ci consentirà
infine di affrontare la questione intorno alla possibilità di una
conoscenza scientifica di quegli «oggetti», cui l’uomo tende
naturalmente, ma che si trovano al di là di ogni esperienza possibile
e che rappresentano lo scopo finale della metafisica (= parte
seconda della metafisica)
La questione finale della KrV
La soluzione della suddetta questione fondamentale ci consentirà
infine di affrontare la questione intorno alla possibilità di una
conoscenza scientifica di quegli «oggetti», cui l’uomo tende
naturalmente, ma che si trovano al di là di ogni esperienza possibile
e che rappresentano lo scopo finale della metafisica (= parte
seconda della metafisica)
“Questi inevitabili problemi della ragion pura sono D i o, la l ib e r t à e l’ i m m o r t a l i t à. Quella scienza, poi, il cui scopo
finale e la cui intera organizzazione si rivolgono alla soluzione di
questi problemi, si chiama m e t a f i s i c a”
(KrV, Introduzione, III, B 7)
La questione finale della KrV
È possibile una conoscenza speculativa degli oggetti ultimi della
ragione umana? Posso dimostrare che siamo liberi, che siamo
dotati di un’anima immortale, che esiste un essere originario che ha
prodotto la totalità delle cose? La questione fondamentale e quella
finale si riassumono dunque in questa:
La questione finale della KrV
È possibile una conoscenza speculativa degli oggetti ultimi della
ragione umana? Posso dimostrare che siamo liberi, che siamo
dotati di un’anima immortale, che esiste un essere originario che ha
prodotto la totalità delle cose? La questione fondamentale e quella
finale si riassumono dunque in questa:
Come è possibile la metafisica come scienza?
Il concetto kantiano di metafisica
a) Critica della ragione
Parte prima
Metafisica
Il concetto kantiano di metafisica
a) Critica della ragione
Parte prima
b) Sistema della ragion pura
Metafisica
Il concetto kantiano di metafisica
a) Critica della ragione
Parte prima
b) Sistema della ragion pura
Metafisica
Matematica, Fisica
Etica
Il concetto kantiano di metafisica
a) Critica della ragione
Parte prima
b) Sistema della ragion pura
Metafisica
Matematica, Fisica
Etica
a) Libertà
Parte seconda
(scopo finale)
b) Immortalità
c) Dio
Il concetto kantiano di metafisica
a) Critica della ragione*
Parte prima
b) Sistema della ragion pura*
Metafisica
Matematica, Fisica
Etica
a) Libertà
Parte seconda
(scopo finale)
b) Immortalità
c) Dio
* = critica trascendentale, propedeutica, trattato del metodo, scienza
speciale (KrV, KpV, KdU)
* = filosofia trascendentale, dottrina, sistema di tutti i principi della
ragion pura (metafisica della natura e dei costumi)
Il concetto kantiano di metafisica
“La filosofia della ragion pura o è p r o p e d e u t i c a
(esercizio preliminare) – che indaga la facoltà della ragione in
ordine a qualsiasi conoscenza pura a priori, e si chiama c r it i c a – o è il sistema della ragion pura (scienza), cioè l’intera
conoscenza filosofica (vera o apparente) nella connessione
sistematica che riceve dalla sua provenienza razionale pura, e
prende il nome di m e t a f i s i c a. Questo nome, però, può
esser dato all’intera filosofia pura, ivi compresa la critica, per
raccogliere in un tutto la ricerca di quanto è conoscibile a priori
e l’esposizione di ciò che costituisce il sistema delle conoscenze
filosofiche pure di questa specie”
(KrV, B 869)
L’idea della metafisica della natura
“La metafisica, in senso stretto, risulta costituita dalla f i l o s of i a t r a s c e n d e n t a l e e dalla f i s i o l o g i a della
ragion pura. […] Di conseguenza, l’intero sistema della
metafisica si compone di quattro parti principali: 1) O n t o l og i a; 2) F i s i o l o g i a r a z i o n a l e; 3) C o s m o l o g i a
r a z i o n a l e; 4) T e o l o g i a r a z i o n a l e. La seconda
parte, o dottrina della natura della ragion pura, si divide physica
rationalis e psycologia rationalis”
(KrV, B 873-75)
L’idea della metafisica della natura
Filosofia trascendentale
(ontologia)
Metafisica
della natura
Immanente
Fisica
razionale
Psicologia
razionale
Fisiologia
razionale
Trascendente
Cosmologia
razionale
Teologia
razionale
Il concetto scolastico di metafisica (Suarez)
Metaphysica generalis
(ontologia)
Sapienza

ens commune
a) Psychologia  homo
Metaphysica specialis
b) Cosmologia  natura
c) Theologia
 Deus
Il concetto aristotelico di «metafisica»
Ontologia    


Teologia 


Il concetto aristotelico di «metafisica»
Scienza dell’essente in quanto essente
(conoscenza dell’essere in generale)
Filosofia
prima
Scienza dell’ente più divino
(conoscenza del fondamento ultimo dell’essente)
L’oggetto della KrV: la facoltà conoscitiva
“benché ogni nostra conoscenza cominci c o n l’esperienza, da
ciò non segue che essa derivi interamente d a l l’ esperienza.
Potrebbe infatti avvenire che la nostra stessa conoscenza
empirica sia un composto di ciò che riceviamo mediante le
impressioni e di ciò che la nostra facoltà conoscitiva vi aggiunge
da sé sola (semplicemente stimolata dalle impressioni sensibili)”
(KrV, Introduzione, I, B 1)
L’oggetto della KrV: la facoltà conoscitiva
“[l’esperienza]
racchiude
due
elementi
assai
diversi,
e
precisamente una m a t e r i a della conoscenza, derivante dai
sensi, e una certa f o r m a, per ordinarla, derivante dalla
sorgente interna del puro intuire e del pensiero, i quali, solo in
occasione della materia vengono posti in esercizio e messi in
grado di produrre concetti”
(KrV, § 13, B 118-19)
L’oggetto della KrV: la facoltà conoscitiva
Oggetto
empirico
Forma del fenomeno
(elementi puramente a priori)
Materia del fenomeno
(dato sensoriale)
L’oggetto della KrV: la facoltà conoscitiva
Oggetto
empirico
Forma del fenomeno
(elementi puramente a priori)
Materia del fenomeno
(dato sensoriale)
Oggetto della KrV
L’oggetto della KrV: la facoltà conoscitiva
“esistono due tronchi dell’umana conoscenza, provenienti forse
da una comune radice, a noi sconosciuta, e precisamente s e ns i b i l i t à ed i n t e l l e t t o; mediante la prima gli oggetti ci
sono d a t i, mediante la seconda essi sono p e n s a t i”
(Introduzione, VII, B 29)
L’oggetto della KrV: la facoltà conoscitiva
“esistono due tronchi dell’umana conoscenza, provenienti forse
da una comune radice, a noi sconosciuta, e precisamente s e ns i b i l i t à ed i n t e l l e t t o; mediante la prima gli oggetti ci
sono d a t i, mediante la seconda essi sono p e n s a t i”
(Introduzione, VII, B 29)
Facoltà
conoscitiva
Sensibilità
(facoltà delle intuizioni)
Intelletto
(facoltà dei concetti)
La struttura della Critica della ragion pura
Estetica
trascendentale
Dottrina trascendentale
degli elementi
KrV
Dottrina trascendentale
del metodo
Logica
trascendentale
Analitica
trascendentale
Dialettica
trascendentale
L’estetica trascendentale
La parte prima della KrV offre “la scienza di tutti i principi a priori
della sensibilità”, ossia l’esposizione dei concetti di spazio e tempo:
L’estetica trascendentale
La parte prima della KrV offre “la scienza di tutti i principi a priori
della sensibilità”, ossia l’esposizione dei concetti di spazio e tempo:
a) spazio e tempo non sono concetti empirici provenienti
dall’esperienza, ossia non sono concetti discorsivi ottenuti per
astrazione (come accade ad es. per il concetto di cavallo che è
formato sulla base dell’esperienza di vari cavalli);
L’estetica trascendentale
La parte prima della KrV offre “la scienza di tutti i principi a priori
della sensibilità”, ossia l’esposizione dei concetti di spazio e tempo:
a) spazio e tempo non sono concetti empirici provenienti
dall’esperienza, ossia non sono concetti discorsivi ottenuti per
astrazione (come accade ad es. per il concetto di cavallo che è
formato sulla base dell’esperienza di vari cavalli);
b) la rappresentazione originaria dello spazio e del tempo non è in
generale un concetto, bensì un’intuizione pura (= a priori = non
empirica);
L’estetica trascendentale
La parte prima della KrV offre “la scienza di tutti i principi a priori
della sensibilità”, ossia l’esposizione dei concetti di spazio e tempo:
a) spazio e tempo non sono concetti empirici provenienti
dall’esperienza, ossia non sono concetti discorsivi ottenuti per
astrazione (come accade ad es. per il concetto di cavallo che è
formato sulla base dell’esperienza di vari cavalli);
b) la rappresentazione originaria dello spazio e del tempo non è in
generale un concetto, bensì un’intuizione pura (= a priori = non
empirica);
c) spazio e tempo sono rappresentazioni necessarie che si trovano
a fondamento di tutte le intuizioni empiriche: come tali, essi non
sono alcunché di sussistente per se stesso o di inerente alle cose,
bensì costituiscono le condizioni formali soggettive della nostra
sensibilità (= forme pure dell’intuizione sensibile), ossia uno
dei due modi in cui l’animo umano organizza attivamente e
necessariamente il dato sensoriale
Due concetti matematici di spazio e tempo
y
Spazio euclideo R³
x
Tempo
z
Questi concetti non sono originari: la costruzione di ogni concetto
di tal fatta è resa possibile dall’intuizione pura dello spazio-tempo
Realtà e idealità di spazio e tempo
Spazio e tempo hanno una realtà empirica, ossia esistono, soltanto
in riferimento alla nostra sensibilità: prescindendo da questa nostra
costituzione soggettiva essi vanno considerati oggetti ideali, ossia
si annullano, perdono di significato, e non si può affatto sostenere
la loro esistenza. In effetti non sono delle super-cose che
contengono l’universo (= totalità degli eventi), bensì costituiscono
la condizione per cui qualcosa può mostrarsi ad un essere razionale
finito
Realtà e idealità di spazio e tempo
“Il tempo è quindi reale non come oggetto, ma come il modo
della rappresentazione di me stesso come oggetto. […]
Togliendo la condizione speciale della nostra sensibilità, si
dissolve anche il concetto di tempo: esso infatti non è proprio
degli oggetti in quanto tali, ma soltanto del soggetto che li
intuisce”
(KrV, § 7, B 53)
Fenomeno e noumeno
La distinzione fenomeno-noumeno è quella più centrale dell’intera
KrV. Per un essere razionale finito (quale noi siamo) il mondo,
come totalità degli eventi, è un che di dato – qualcosa cui siamo
inevitabilmente assegnati: ma proprio perché non siamo stati noi ad
aver creato la materia del fenomeno (= il molteplice dell’intuizione
sensibile che si impone nelle sensazioni), dobbiamo supporre che
questo mondo fenomenico – che si presenta a noi grazie all’azione
congiunta delle nostre facoltà conoscitive – sia apparenza di una
realtà che, necessariamente, ci è del tutto ignota (= X)
Fenomeno e noumeno
“Che cosa siano gli oggetti presi in se stessi, a prescindere dalla
intera recettività della nostra sensibilità, ci è del tutto ignoto. Ciò
che noi conosciamo è soltanto il nostro modo di percepirli,
modo che ci caratterizza e che non implica alcuna necessità di
appartenere ad ogni essere, sebbene sia proprio di ogni uomo. È
solo con esso che noi abbiamo a che fare. Spazio e tempo ne
costituiscono le forme pure, e la sensazione, in generale, la
materia. […] Anche nel caso che potessimo portare la nostra
intuizione al sommo grado di chiarezza, non faremmo per
questo un sol passo verso la natura degli oggetti in se stessi”
(KrV, § 8, B 59-60)
Fenomeno e noumeno
Facoltà conoscitiva
superiore
Forma
Fenomeno e noumeno
Facoltà conoscitiva
superiore
Facoltà conoscitiva
inferiore
Forma
Materia
Fenomeno e noumeno
Facoltà conoscitiva
superiore
Facoltà conoscitiva
inferiore
Forma
Materia
Oggetto per noi
(fenomeno)
Oggetto in sé
(noumeno = x)
Fenomeno e noumeno
La critica ci insegna anzitutto a considerare il mondo da un duplice
punto di vista: a) come fenomeno in quanto oggetto per noi;
b) come noumeno in quanto oggetto in sé. Se astraiamo dalle
condizioni soggettive del conoscere, ossia dalle forme pure della
sensibilità e dell’intelletto, dobbiamo certo continuare ad
ammettere l’esistenza di una qualche realtà ma di questa non
possiamo dire assolutamente nulla: utilizzando un’analogia,
potremmo dire che la cosa in sé è il mondo così come si
presenterebbe allo sguardo di un essere razionale infinito, ossia
dotato di una intuizione originaria (= creatrice) del mondo: Dio
Fenomeno e noumeno
uomo
Intuizione sensibile
(intuitus derivativus)
Intelletto ectipo
(intellectus ectypus)
Fenomeno
(cosa per noi)
«Mondo»
Dio
Intuizione originaria
(intuitus originarius)
=
Intelletto archetipo
(intellectus archetypus)
Noumeno
(cosa in sé)
Il concetto di «conoscenza trascendentale»
“Chiamo t r a s c e n d e n t a l e ogni conoscenza che si
occupi, in generale, non tanto di oggetti quanto del nostro
modo di conoscere gli oggetti nella misura in cui questo deve
essere possibile a priori”
(KrV, Introduzione, VII, B 25)
Il concetto di «conoscenza trascendentale»
Il concetto kantiano di conoscenza trascendentale è analogo a
quello
aristotelico-scolastico
di
conoscenza
ontologica:
la
somiglianza consiste nel fatto che entrambe illuminano la struttura
propria di ogni fenomeno; la differenza, invece, consiste nel fatto
che la seconda assume che ciò che si presenta a noi siano le cose in
se stesse e non una loro apparenza: per questa ragione essa ritiene
di poterne isolare e definire la struttura assolutamente, ossia a
prescindere dal fatto che siamo noi a riguardarle; al contrario, la
prima ritiene che non possiamo eliminare la nostra speciale
costituzione soggettiva dalla considerazione del mondo – il quale,
dunque, viene conosciuto nella sua struttura fenomenica proprio
indagando criticamente la natura dell’«occhio» che lo riguarda
L’idea della logica trascendentale
Kant definisce la logica come la “scienza delle regole dell’intelletto
in generale”. In quanto logica generale e pura, essa si occupa
tradizionalmente della forma del pensiero, ossia di evidenziare e
stabilire quelle regole che guidano il ragionamento. Prendiamo ad
esempio in considerazione i seguenti teoremi:
L’idea della logica trascendentale
Kant definisce la logica come la “scienza delle regole dell’intelletto
in generale”. In quanto logica generale e pura, essa si occupa
tradizionalmente della forma del pensiero, ossia di evidenziare e
stabilire quelle regole che guidano il ragionamento. Prendiamo ad
esempio in considerazione i seguenti teoremi:
a) Ogni uomo è mortale;
b) Ogni italiano è uomo;
c) Ogni italiano è mortale
L’idea della logica trascendentale
Kant definisce la logica come la “scienza delle regole dell’intelletto
in generale”. In quanto logica generale e pura, essa si occupa
tradizionalmente della forma del pensiero, ossia di evidenziare e
stabilire quelle regole che guidano il ragionamento. Prendiamo ad
esempio in considerazione i seguenti teoremi:
a) Ogni uomo è mortale;
b) Ogni italiano è uomo;
c) Ogni italiano è mortale
a) Tutti i cetacei sono mammiferi;
b) Tutti i delfini sono cetacei;
c) Tutti i delfini sono mammiferi
L’idea della logica trascendentale
Kant definisce la logica come la “scienza delle regole dell’intelletto
in generale”. In quanto logica generale e pura, essa si occupa
tradizionalmente della forma del pensiero, ossia di evidenziare e
stabilire quelle regole che guidano il ragionamento. Prendiamo ad
esempio in considerazione i seguenti teoremi:
a) Ogni uomo è mortale;
b) Ogni italiano è uomo;
c) Ogni italiano è mortale
a) Tutti i cetacei sono mammiferi;
b) Tutti i delfini sono cetacei;
c) Tutti i delfini sono mammiferi
Prima figura del sillogismo
M Ogni m è p;
m Ogni s è m;
C Ogni s è p
L’idea della logica trascendentale
La logica generale e pura “astrae da ogni contenuto della
conoscenza intellettuale e dalla varietà dei suoi oggetti, non
trattando che della semplice forma del pensiero”: essa dimostra
soltanto
le regole
per
cui
date
premesse
si
colleghino
necessariamente ad una certa conclusione e non può servire quale
organo di effettiva produzione di una conoscenza oggettiva.
Insomma: la logica tradizionale ci insegna solo come edificare quel
nesso sistematico tra concetti che costituisce una qualsivoglia teoria
scientifica, ma non se tali elementi siano oggettivamente validi
L’idea della logica trascendentale
La questione della logica trascendentale è dunque quella di vedere
se – oltre alle intuizioni pure studiate dall’estetica – non si diano
anche dei concetti puri in grado di riferirsi ad oggetti interamente a
priori e, nel caso, quale sia la loro origine, validità oggettiva ed
estensione
L’idea della logica trascendentale
“noi ci prefiguriamo l’idea di una scienza dell’intelletto puro e
della conoscenza razionale, per mezzo della quale pensiamo gli
oggetti completamente a priori. Una tale scienza, che determini
l’origine, l’estensione, e la validità oggettiva di tali conoscenze,
deve chiamarsi l o g i c a t r a s c e n d e n t a l e, perché ha a
che fare soltanto con le leggi dell’intelletto e della ragione, ma
solo in quanto si riferisce a priori ad oggetti”
(KrV, B 81)
L’analitica dei concetti
Nell’Analitica trascendentale si tratta quindi, innanzitutto, di
procedere ad una scomposizione della capacità di pensare che miri
a individuare e definire l’insieme degli elementi puri su cui riposa
ogni concreto atto di pensiero, isolando in tal modo l’apporto
specifico dell’intelletto (= facoltà dei concetti) nella fondazione dei
giudizi sintetici a priori
L’analitica dei concetti
Ogni atto di pensiero consiste nel collegare una molteplicità di
rappresentazioni, ossia nel raccogliere (= ordinare, unificare) tale
molteplicità sotto una rappresentazione comune. Questa operazione
si esprime in un giudizio (es.: ogni insetto è un animale
invertebrato)
L’analitica dei concetti
Ogni atto di pensiero consiste nel collegare una molteplicità di
rappresentazioni, ossia nel raccogliere (= ordinare, unificare) tale
molteplicità sotto una rappresentazione comune. Questa operazione
si esprime in un giudizio (es.: ogni insetto è un animale
invertebrato)
pensare = concepire = giudicare
L’analitica dei concetti
La questione iniziale dell’analitica trascendentale è dunque questa:
quali sono le unità originarie mediante cui l’intelletto realizza in
generale la sintesi del molteplice rappresentativo? Quali sono i
concetti più universali (= categorie) entro cui la spontaneità del
nostro animo provvede a raccogliere e unificare il molteplice
dell’intuizione offertogli dalla sensibilità?
L’analitica dei concetti
Per individuare l’esatto numero delle categorie (= funzioni
originarie dell’intelletto) occorre disporre di un principio che guidi
alla scoperta del nesso sistematico tra di esse: l’analitica rinviene
tale principio guardando ai prodotti dell’attività intellettuale ed
elabora una tavola che espone tutte le possibili forme in cui due
concetti possono essere unificati in un giudizio. La tavola dei
giudizi è dunque il “filo conduttore per la scoperta di tutti i concetti
puri dell’intelletto”, ossia la ratio cognoscendi della tavola delle
categorie
Le tavole dei giudizi e delle categorie
Quantità
1. Universali
2. Particolari
3. Singolari
Qualità
1. Affermativi
2. Negativi
3. Infiniti
Relazione
1. Categorici
2. Ipotetici
3. Disgiuntivi
Modalità
1. Problematici
2. Assertori
3. Apodittici
Le tavole dei giudizi e delle categorie
Quantità
1. Universali
2. Particolari
3. Singolari
Qualità
1. Affermativi
2. Negativi
3. Infiniti
Relazione
1. Categorici
2. Ipotetici
3. Disgiuntivi
Modalità
1. Problematici
2. Assertori
3. Apodittici
Quantità
1. Unità
2. Pluralità
3. Totalità
Qualità
1. Realtà
2. Negazione
3. Limitazione
Relazione
1. Inerenza e sussistenza
2. Causalità e dipendenza
3. Comunanza
Modalità
1. Possibilità – impossibilità
2. Esistenza – inesistenza
3. Necessità – contingenza
La deduzione trascendentale delle categorie
Una volta dimostrato che ci sono dodici funzioni fondamentali che
sovraintendono alla sintesi del molteplice rappresentativo e che
queste trovano la propria sede esclusivamente nell’intelletto,
l’analitica
deve
affrontare
l’arduo
problema
della
loro
«deduzione»: occorre giustificare la pretesa, sollevata da questi
concetti, di riferirsi a priori ad oggetti (= validità oggettiva) e,
quindi, stabilire l’estensione di tale diritto dell’intelletto puro
La deduzione trascendentale delle categorie
“Io non conosco ricerche intorno ai fondamenti della facoltà
che diciamo intelletto, nonché alla determinazione delle regole e
dei limiti del suo uso, che siano più importanti di quelle che ho
condotto, nel secondo capitolo dell’Analitica trascendentale,
sotto il titolo di Deduzione dei concetti puri dell’intelletto; esse mi
sono costate la maggiore e spero non mal compensata fatica”
(KrV, Prefazione, A 16)
La deduzione trascendentale delle categorie
La questione della deduzione può essere così formulata: come
possono le categorie – che sono forme soggettive – riferirsi tuttavia
con necessità agli oggetti, ossia alla natura (= i fenomeni) che, dal
punto di vista materiale, non è l’intelletto a creare? Com’è possibile
che
la
natura
obbedisca
alle
categorie
e
si
manifesti
necessariamente secondo le nostre maniere di pensarla? Infatti, se è
evidente che nessun oggetto può essere da noi intuito altrimenti che
nello spazio-tempo, non è invece affatto chiara la ragione per cui
gli oggetti debbano regolarsi sul metro della nostra facoltà
intellettiva
La deduzione trascendentale delle categorie
“Occorre ora spiegare la possibilità di conoscere a priori, m ed i a n t e l e c a t e g o r i e, gli oggetti che possono comunque
p r e s e n t a r s i s o l t a n t o a i n o s t r i s e n s i; di
conoscerli, si badi bene, non secondo la forma dell’intuizione,
ma secondo le leggi della loro congiunzione. Si deve quindi
spiegare come sia possibile, per così dire, prescrivere una legge
alla natura o meglio, come sia possibile la natura stessa: perché
senza questa capacità delle categorie, non risulterebbe chiaro
come tutto ciò che può presentarsi ai nostri sensi debba
sottostare a leggi che derivano, esclusivamente a priori,
dall’intelletto”
(KrV, § 26, B 159-60)
La deduzione trascendentale delle categorie
La deduzione comincia ribadendo che l’unificazione (conjunctio)
del molteplice rappresentativo è opera esclusiva dell’intelletto; ciò
detto, essa dimostra che i dodici modi dell’unificazione (che
presiedono alla sintesi del molteplice) sono l’articolazione,
l’espressione, di una medesima suprema unità fondatrice –
denominata da Kant “unità sintetica originaria dell’appercezione”
(o
anche:
“appercezione
pura”,
“unità
oggettiva
della
autocoscienza”): la rappresentazione «io penso» – nella quale trova
espressione questa “unità trascendentale dell’autocoscienza” che è
la “sorgente di ogni congiunzione” – è dunque l’atto originario “su
cui poggia la possibilità stessa dell’intelletto”, la ratio essendi delle
categorie e delle funzioni logiche del giudizio
La deduzione trascendentale delle categorie
l’unità, la pluralità, la totalità,
la realtà, la negazione, la limitazione,
Io penso
l’inerenza-sussistenza, la causalità-dipendenza,
la comunanza,
la possibilità-impossibilità, la esistenza-inesistenza,
la necessità-contingenza
Funzioni logiche del giudizio
La deduzione trascendentale delle categorie
Una volta mostrato il nesso tra categorie e io penso, la deduzione
dimostra
come
ogni
rappresentazione
intuitiva
debba
necessariamente sottostare all’unità originaria dell’autocoscienza.
Infatti, senza la rappresentazione di questa unità non potrebbe mai
realizzarsi la sintesi empirica delle percezioni: in luogo della
esperienza si costituirebbe una morta sequenza di immagini fisse,
giacché la nostra coscienza – ognora confinata nel fotogramma del
reale offerto dalla percezione – risulterebbe talmente frantumata e
dispersa da essere incapace di riconoscere persino gli elementari
rapporti di successione e coesistenza
La deduzione trascendentale delle categorie
Dunque, se una qualsivoglia intuizione sensibile è necessariamente
sottoposta all’unità dell’appercezione e se questa si articola nelle
dodici categorie, è chiaro che queste valgono necessariamente in
riferimento al dato intuitivo
La deduzione trascendentale delle categorie
Dunque, se una qualsivoglia intuizione sensibile è necessariamente
sottoposta all’unità dell’appercezione e se questa si articola nelle
dodici categorie, è chiaro che queste valgono necessariamente in
riferimento al dato intuitivo
Tutte le categorie sono articolazioni dell’unità dell’Io penso;
Tutte le intuizioni sensibili sono sottoposte all’unità dell’Io penso;
Tutte le intuizioni sensibili sono sottoposte alle categorie
La deduzione trascendentale delle categorie
“Nella deduzione trascendentale delle categorie non ci
incombeva
altro
concettualmente
compito
questo
che
rapporto
quello
di
dell’intelletto
chiarire
con
la
sensibilità, e, per mezzo di questa, con tutti gli oggetti
dell’esperienza, chiarendo in tal modo la validità oggettiva dei
concetti puri a priori dell’intelletto e determinandone insieme
l’origine e la verità”
(KrV, A 128)
L’analitica dei principi
La deduzione trascendentale ha dimostrato, in linea di principio, la
validità oggettiva delle categorie e quindi la possibilità di
quell’incontro fra le nostre facoltà conoscitive (sensibilità e
intelletto) che costituisce in generale il fondamento di tutta la
nostra conoscenza. L’Analitica dei principi, muovendo da questo
risultato, dimostra come questo incontro possa concretamente
realizzarsi ed elabora l’insieme di quegli originari giudizi sintetici
a priori ricercati dalla critica
L’analitica dei principi
La deduzione trascendentale ha dimostrato, in linea di principio, la
validità oggettiva delle categorie e quindi la possibilità di
quell’incontro fra le nostre facoltà conoscitive (sensibilità e
intelletto) che costituisce in generale il fondamento di tutta la
nostra conoscenza. L’Analitica dei principi, muovendo da questo
risultato, dimostra come questo incontro possa concretamente
realizzarsi ed elabora l’insieme di quegli originari giudizi sintetici
a priori ricercati dalla critica
Come si realizza in concreto l’applicazione
delle categorie al dato fenomenico?
Lo schematismo trascendentale
Il problema sorge in quanto l’intelletto, considerato per se stesso, è
un’unità conchiusa di forme dell’unificazione del tutto diversa
dalla molteplice materia offerta dalla sensibilità. Come è possibile
l’incontro e l’armonizzarsi di questi elementi eterogenei che
costituiscono ogni oggetto empirico?
Lo schematismo trascendentale
Dal momento che l’intelletto puro non può agire a priori
direttamente sull’oggetto della sensibilità (il dato percettivo), non
resta altra possibilità che esso vi agisca in maniera universale ma
indiretta: l’intelletto deve condizionare ciò che, nella sensibilità, è a
lui affine, ossia deve lasciare la propria impronta sulla forma pura
universale della nostra sensibilità (= il tempo). Quest’azione di
determinare a priori il tempo è mediata dall’azione di una terza
facoltà conoscitiva, la cui funzione fondamentale viene già
introdotta
nel
trascendentale
corso
della
deduzione:
l’immaginazione
Lo schematismo trascendentale
“la sintesi in generale è il semplice risultato dell’immaginazione,
ossia di una funzione dell’anima, cieca e tuttavia indispensabile,
senza la quale non potremmo a nessun titolo avere una qualsiasi
conoscenza, ma della quale siamo consapevoli solo di rado”
(KrV, § 10, B 103)
Lo schematismo trascendentale
“Siamo dunque in possesso d’una immaginazione pura, come
facoltà fondamentale dell’anima umana, che sta a fondamento di
ogni conoscenza a priori; per suo mezzo, congiungiamo il
molteplice
dell’intuizione
con
la
condizione
necessaria
dell’appercezione pura. Ambedue i termini estremi, sensibilità e
intelletto, debbono necessariamente congiungersi sulla base di
questa funzione trascendentale dell’immaginazione; in caso
contrario, sussisterebbero, sì, fenomeni, ma non oggetti di
conoscenza empirica, quindi un’esperienza”
(KrV, A 124)
Lo schematismo trascendentale
Sensibilità  Intuizioni
pure
(a priori)

empiriche
(a posteriori)
Facoltà
conoscitiva
puri
(a priori)
Intelletto 
Concetti

empirici
(a posteriori)
Lo schematismo trascendentale
Sensibilità  Intuizioni
Facoltà
conoscitiva
pure
(a priori)

empiriche
(a posteriori)
Immaginazione  Schemi trascendentali
puri
(a priori)
Intelletto 
Concetti

empirici
(a posteriori)
Lo schematismo trascendentale
Sotto la guida delle unità offerte a priori dall’intelletto,
l’immaginazione è produttiva, ossia provvede a determinare
secondo regole l’immagine pura di tutti i fenomeni (= il tempo),
forgiando spontaneamente tanti schemi trascendentali quante sono
le categorie. Ogni schema trascendentale offre la rappresentazione
intuitiva di un concetto puro: una rappresentazione pura “per un
verso i n t e l l e t t u a l e e per l’altro s e n s i b i l e”, ossia
quell’unità intermedia – tra l’unità della categoria e quella della
forma pura del tempo – che è il luogo in cui entrambi gli elementi
puri della conoscenza si mostrano unificati
Lo schematismo trascendentale
“Questo schematismo del nostro intelletto nei riguardi dei
fenomeni e della loro semplice forma è un’arte nascosta nelle
profondità dell’anima umana, il cui vero impiego difficilmente
saremo mai in grado di strappare alla natura per esibirlo
patentemente dinanzi agli occhi”
(KrV, B 180-81)
Lo schematismo trascendentale
La pura attività schematizzante dell’immaginazione produttiva
(= sintesi pura e trascendentale dell’immaginazione, sintesi
figurata) rende dunque ragione, in concreto, della validità oggettiva
delle categorie, ossia del loro riferimento necessario al dato
sensoriale. Tale azione del nostro animo costituisce dunque l’ultimo
fondamento della possibilità dei giudizi sintetici a priori
Lo schematismo trascendentale
La pura attività schematizzante dell’immaginazione produttiva
(= sintesi pura e trascendentale dell’immaginazione, sintesi
figurata) rende dunque ragione, in concreto, della validità oggettiva
delle categorie, ossia del loro riferimento necessario al dato
sensoriale. Tale azione del nostro animo costituisce dunque l’ultimo
fondamento della possibilità dei giudizi sintetici a priori
Quali sono i giudizi sintetici a priori più originari?
I principi dell’intelletto puro
La dottrina dello schematismo trascendentale, per quanto non sia
stata da Kant stesso elaborata chiaramente e compiutamente,
costituisce il cuore dell’indagine condotta nella KrV in quanto
consente di dare una risposta concreta alla domanda fondamentale
della critica: “come sono possibili giudizi sintetici a priori?”
I principi dell’intelletto puro
Infatti, terminata questa breve esposizione, l’analitica cessa per così
dire di scavare il fondamento, per avviare invece la costruzione
dell’intero edificio del nostro sapere metafisico (Sistema della
ragion pura): ciò si realizza nell’elaborazione del complesso di
quei principi dell’intelletto puro che offrono la conoscenza della
struttura di ogni fenomeno (lo scheletro dell’edificio). Tale
ossatura, che è costituita da otto giudizi sintetici a priori, ci offre
dunque la natura formaliter spectata, ossia l’insieme delle leggi
rigorosamente universali e necessarie secondo le quali accade e
deve (müssen) accadere ogni fenomeno particolare (natura
materialiter spectata)
I principi dell’intelletto puro
Schematismo trascendentale
Sistema dei principi dell’intelletto puro
(natura formaliter spectata)
Ricerca sperimentale delle leggi empiriche della natura
L’estensione dei principi «metafisici»:
l’esperienza possibile
Dopo aver dimostrato l’origine e la validità oggettiva dei nostri
concetti a priori, l’analitica trascendentale si chiude con una
considerazione generale sul loro uso legittimo (estensione). Le
categorie valgono soltanto in riferimento al fenomeno e non
possono esser riferite con diritto ad oggetti che si trovino al di là di
un’esperienza possibile; senza l’ancoraggio alla sensibilità – ossia
preso per se stesso – l’intelletto puro è «vuoto» ed ogni operazione
conoscitiva che esso tenti conduce al naufragio del sapere
nell’oceano tempestoso dell’illusione metafisica
L’estensione dei principi «metafisici»:
l’esperienza possibile
L’uso iperfisico delle categorie conduce la ragione ad impigliarsi in
problemi seducenti, perché degni del massimo interesse, ma solo
apparentemente
risolvibili:
la seconda
parte
della
Logica
trascendentale, la Dialettica trascendentale, metterà a tema il
fondamento di quella parvenza e della nostra (umana) naturale
inclinazione verso di essa
La dialettica trascendentale
La seconda parte della Logica trascendentale analizza i
ragionamenti dialettici della ragion pura, ossia l’insieme di quelle
inferenze necessarie che conducono la ragione a forgiare dei
particolari concetti puri, denominati da Kant idee trascendentali.
Questi concetti sono dunque un prodotto necessario della ragion
pura e rappresentano a priori oggetti incondizionati, ossia posti al
di là di ogni esperienza possibile: ciò fa sì che la ragione,
scoprendoli in se stessa, si illuda di poter dimostrare la loro validità
oggettiva (= verità). La Dialettica trascendentale ha dunque un
duplice compito:
La dialettica trascendentale
a) analizzare l’origine delle idee trascendentali e della naturale
parvenza che ci spinge continuamente a cercare una deduzione
oggettiva per questi concetti cui non possiamo e non potremo
mai sottoporre alcuna adeguata intuizione
La dialettica trascendentale
a) analizzare l’origine delle idee trascendentali e della naturale
parvenza che ci spinge continuamente a cercare una deduzione
oggettiva per questi concetti cui non possiamo e non potremo
mai sottoporre alcuna adeguata intuizione
b) dimostrare l’inconsistenza di quelle pretese scienze che si
fondano sulle idee trascendentali ed esporre in che senso questi
concetti della ragione svolgano una funzione comunque
indispensabile per la possibilità della conoscenza empirica
La dialettica trascendentale
“La dialettica sarà divisa in due parti: la p r i m a si occuperà
dei c o n c e t t i t r a s c e n d e n t i della ragion pura, la s ec o n d a dei s i l l o g i s m i trascendenti e d i a l e t t i c i
della ragion pura”
(KrV, B 366)
Le tre idee trascendentali: anima, mondo e Dio
L’origine delle idee trascendentali è costituita dalla pura attività
dell’io penso che, in quanto facoltà della sintesi, è condotto dalla
sua stessa natura a spingersi oltre i limiti di un’esperienza possibile
verso una comprensione assoluta, incondizionata, del mondo
fenomenico. Allorché l’intelletto cessa, per così dire, di guardare in
basso verso il molteplice empirico offerto dalla sensibilità e risale
da un condizionato all’altro nel tentativo di pensare la totalità delle
condizioni di ciò che esperiamo, esso diviene ragione, ossia la
facoltà dei principi “in senso assoluto”. La ragione è dunque la
facoltà attraverso cui pensiamo necessariamente l’incondizionato e,
precisamente, da tre punti di vista:
Le tre idee trascendentali: anima, mondo e Dio
a) in quanto totalità dei fenomeni del senso interno
(idea trascendentale di anima, idea psicologica)
b) in quanto totalità dei fenomeni del senso esterno
(idea trascendentale di mondo, idea cosmologica)
c) in quanto totalità assoluta delle cose
(idea trascendentale di Dio, idea teologica)
Le tre idee trascendentali: anima, mondo e Dio
“Intendo per idea un concetto necessario della ragione, a cui
non può esser dato alcun oggetto congruente nei sensi. I
concetti razionali puri testé esaminati sono pertanto i d e e
t r a s c e n d e n t a l i. […] Essi non sono il prodotto di
escogitazioni arbitrarie, ma traggono origine dalla natura della
stessa ragione e si riferiscono pertanto necessariamente
all’intero uso dell’intelletto. Da ultimo, essi sono trascendenti e
varcano i confini di ogni esperienza, nel cui ambito quindi non è
possibile che si riscontri un oggetto adeguato all’idea
trascendentale”
(KrV, B 383)
La facoltà conoscitiva superiore
Sensibilità  Intuizioni pure
Immaginazione  Schemi trascendentali
Facoltà
conoscitiva
Intelletto  Concetti puri
Ragione  Idee trascendentali
La facoltà conoscitiva superiore
“Ogni nostra conoscenza scaturisce dai sensi, da qui va
all’intelletto, per finire nella ragione, al di sopra della quale non
si riscontra in noi nulla di più alto che intervenga a elaborare la
materia dell’intuizione e a ricondurla sotto la suprema unità del
pensiero”
(KrV, B 355)
L’impossibilità di una scienza dell’anima
La psicologia razionale è la scienza che si fonda sull’idea di anima:
essa pretende di poter dimostrare l’esistenza di un soggetto
assoluto dei fenomeni interni e di poterlo altresì caratterizzare
fondatamente come immateriale, semplice (e perciò incorruttibile,
immortale) e personale. La dialettica trascendentale dimostra come
la suddetta pretesa non possa in effetti essere riscattata: la
psicologia razionale è infatti inconsistente perché fondata su di un
paralogisma (= ragionamento errato), che consiste nell’applicare la
categoria di sostanza all’io penso, trasformando la condizione di
applicabilità delle categorie in una “realtà permanente” chiamata
anima
L’impossibilità di una scienza dell’anima
Una volta reificata l’unità dell’autocoscienza è facile dimostrare i
suddetti caratteri come attributi di quella sostanza: la radice
dell’errore della psicologia razionale consiste proprio nel fatto che
essa confonde la datità sui generis dell’io penso (che non è un
fenomeno) con quella naturale di un qualsiasi oggetto empirico
L’impossibilità di una scienza del mondo:
le antinomie cosmologiche
La cosmologia razionale è la scienza che si fonda sull’idea di
mondo: essa pretende di poter sciogliere definitivamente i “quattro
naturali e inevitabili problemi” che necessariamente si pongono alla
ragione allorché considera come data la totalità dei fenomeni del
senso esterno. La dialettica trascendentale confuta questa pretesa
scienza dimostrando che il tentativo di determinare il mondo nel
suo insieme conduce la ragione a cadere in conflitto con se stessa,
ossia in una situazione antinomica nella quale, rispetto a ciascuno
dei quattro problemi fondamentali, essa si trova a poter affermare
due tesi opposte. Allorché consideriamo la totalità dei fenomeni
esterni possiamo dunque legittimamente sostenere:
L’impossibilità di una scienza del mondo:
le antinomie cosmologiche
Primo conflitto delle idee trascendentali
Tesi
“Il mondo ha un suo inizio nel tempo e, rispetto allo spazio, è chiuso
entro limiti”
Antitesi
“Il mondo non ha né inizio né limiti nello spazio, ma è infinito così
rispetto al tempo come rispetto allo spazio”
L’impossibilità di una scienza del mondo:
le antinomie cosmologiche
Secondo conflitto delle idee trascendentali
Tesi
“Nel mondo, ogni sostanza composta consta di parti semplici, e in
nessun luogo esiste qualcosa che non sia o il semplice o ciò che ne
risulta composto”
Antitesi
“Nel mondo, nessuna cosa composta consta di parti semplici; e in
nessuna parte del mondo esiste alcunché di semplice”
L’impossibilità di una scienza del mondo:
le antinomie cosmologiche
Terzo conflitto delle idee trascendentali
Tesi
“La causalità in base a leggi della natura non è l’unica da cui sia
possibile derivare tutti i fenomeni del mondo. Per la loro spiegazione
si rende necessaria l’ammissione anche d’una causalità mediante
libertà”
Antitesi
“Non c’è libertà alcuna, ma tutto nel mondo accade esclusivamente in
base a leggi di natura”
L’impossibilità di una scienza del mondo:
le antinomie cosmologiche
Quarto conflitto delle idee trascendentali
Tesi
“Del mondo fa parte qualcosa che – o come suo elemento o come
causa – costituisce un essere assolutamente necessario”
Antitesi
“In nessun luogo – né nel mondo, né fuori del mondo – esiste un
essere assolutamente necessario che ne sia la causa”
L’impossibilità di una scienza del mondo:
le antinomie cosmologiche
L’esame di questi conflitti dimostra come sia impossibile decidersi
tra la tesi e l’antitesi di ciascuna antinomia, giacché entrambe
possono essere razionalmente dimostrate muovendo da posizioni
filosofiche opposte (il razionalismo nel caso delle tesi, l’empirismo
nel caso delle antitesi): la radice della situazione strutturalmente
aporetica in cui la ragione viene a trovarsi è dunque nella stessa
idea di mondo la quale, rappresentando un oggetto trascendente,
non è in alcun modo passibile di una deduzione oggettiva. La
pretesa di addivenire ad una conoscenza teoretica conclusiva
intorno alla totalità dei fenomeni esterni è dunque fondata nella
natura della nostra ragione ma non potrà mai essere esaudita
L’impossibilità di una scienza di Dio
La teologia razionale è la scienza che si fonda sull’idea di Dio
quale ente supremo, originario e perfetto: il concetto di Dio
esprime l’ideale della ragione, il modello alla cui perfezione tutte le
cose esistenti vengono commisurate, e dunque rappresenta la
totalità assoluta di tutte le realtà possibili, l’ens realissimum da cui
derivano e dipendono tutti gli altri enti
L’impossibilità di una scienza di Dio
Tale scienza pretende anzitutto di poter affermare l’esistenza di un
tale ente e, in secondo luogo, di poter dimostrare alcuni suoi
attributi caratteristici (onniscienza, onnipotenza, personalità). La
dialettica trascendentale dimostra l’infondatezza di queste pretese
confutando le “prove dell’esistenza di Dio” elaborate dalla
tradizione filosofica, che sono raggruppate in tre classi: ontologica,
cosmologica e fisico-teologica
L’impossibilità di una scienza di Dio
La prova ontologica, la cui prima formulazione risale ad Anselmo
d’Aosta
(1033-1109),
è
la
cosiddetta
prova
a
priori,
sostanzialmente accettata dai maggiori esponenti della tradizione
razionalista (Cartesio, Spinoza, Leibniz): essa pretende di ricavare
analiticamente l’esistenza di Dio dal semplice concetto dell’ens
realissimum, argomentando che l’ente assolutamente perfetto non
può mancare dell’attributo dell’esistenza
L’impossibilità di una scienza di Dio
La prova ontologica, la cui prima formulazione risale ad Anselmo
d’Aosta
(1033-1109),
è
la
cosiddetta
prova
a
priori,
sostanzialmente accettata dai maggiori esponenti della tradizione
razionalista (Cartesio, Spinoza, Leibniz): essa pretende di ricavare
analiticamente l’esistenza di Dio dal semplice concetto dell’ens
realissimum, argomentando che l’ente assolutamente perfetto non
può mancare dell’attributo dell’esistenza
Concetto di Dio
Esistenza di Dio
L’impossibilità di una scienza di Dio
L’errore di questa prova consiste nel passaggio arbitrario dal piano
logico a quello ontologico, dal pensiero all’essere. L’esistenza,
infatti, non è un predicato che qualifichi il concetto di una cosa,
bensì qualcosa che possiamo constatare o indurre solo per mezzo
dell’esperienza. La possibilità logica di un concetto, ossia la sua
incontraddittorietà, non rappresenta ancora la possibilità reale
dell’oggetto in esso rappresentato: posso pensare ciò che voglio ma
finché la percezione non interviene a dimostrare la realtà del
contenuto pensato non posso attribuire l’esistenza all’oggetto che
penso. Dunque, se in generale non è lecito concludere dal concetto
di una cosa alla sua esistenza, a maggior ragione tale conclusione
sarà inammissibile nel caso di un «oggetto» posto per definizione al
di là di ogni esperienza possibile
La deduzione soggettiva delle idee
“Di queste idee trascendentali non è propriamente possibile
alcuna d e d u z i o n e o g g e t t i v a, del genere di quella
condotta per le categorie. Difatti esse non intrattengono alcun
rapporto con un qualsiasi oggetto che possa esser dato in modo
adeguato e questo appunto perché non si tratta che di idee. Ma
una deduzione soggettiva di esse, a partire dalla natura della
nostra ragione, era cosa fattibile ed è quella che è stata fatta nel
presente capitolo”
(KrV, B 393)
La deduzione soggettiva delle idee
La dialettica trascendentale dimostra l’impossibilità di una
deduzione oggettiva delle idee offrendo una confutazione di
principio delle scienze che pretenderebbero di offrirci la
conoscenza teoretica degli oggetti rappresentati in quei tre concetti
propri della ragione. Tuttavia la dimostrazione che le idee si
originano necessariamente dalla pura attività della nostra facoltà
conoscitiva, costituisce ad un tempo la loro deduzione soggettiva,
ossia la dimostrazione del fatto che noi esseri razionali finiti non
possiamo non tendere alla determinazione di quei tre oggetti
incondizionati
La deduzione soggettiva delle idee
Questa tendenza presenta un’ambivalenza: lasciata in balia di se
stessa è negativa in quanto autentica radice del dogmatismo
metafisico; purificata dalla critica diviene invece positiva: le idee
assumono in questo caso la funzione di regole che insegnano a
ricercare la massima estensione ed unità sistematica delle nostre
conoscenze empiriche, spronando le scienze a spingersi sempre
oltre i limiti di volta in volta raggiunti
La deduzione soggettiva delle idee
“E in ciò consiste la deduzione trascendentale di tutte le idee
della ragione speculativa, nella loro qualità non già di principi
c o s t i t u t i v i per l’estensione della nostra conoscenza a
oggetti non compresi nella nostra esperienza, ma di principi
r e g o l a t i v i dell’unità sistematica del molteplice della
conoscenza empirica in generale, che è consolidata e ordinata
dentro i suoi limiti; il che non potrebbe aver luogo senza tali
idee e col semplice uso dei principi dell’intelletto”
(KrV, B 699)
Le conclusioni della Critica della ragion pura
Il risultato positivo della ricerca del 1781 è fissato nel corso della
Analitica trascendentale. L’unità tra le forme pure della sensibilità
e i concetti puri dell’intelletto costituisce il fondamento di otto
giudizi sintetici a priori che ci offrono la struttura dell’oggetto
dell’esperienza (natura formaliter spectata): prima di incontrare un
qualsiasi fenomeno noi conosciamo già le sue determinazioni
universali e necessarie, ossia quelle caratteristiche senza le quali
esso non potrebbe mai presentarsi a noi
Le conclusioni della Critica della ragion pura
Il risultato negativo è invece fissato nella Dialettica trascendentale:
allorché la ragione abbandona il campo della possibilità
dell’esperienza essa non può più stabilire nulla di certo intorno agli
«oggetti» che li si trovano: i massimi problemi conoscitivi non
sono suscettibili di una trattazione rigorosamente dimostrativa,
ossia di una risposta teoretica definitiva
Scarica

Il pensiero moderno - Kant