Non è una parola nuova, e neppure un controsenso per chi vive (penso a me) l’esperienza di essere guida di una comunità, con una missione che lo mette tra una folla di presenze. È piuttosto il richiamo a saperci collocare in queste settimane come cristiani che sono tali in quanto discepoli: quel mettersi come soggetti che non possono delegare a nessuno la loro responsabilità davanti al proprio destino. In un tempo in cui sbandierano la questione della “qualità della vita”, il distacco a più riprese diventa il primo passo del nostro cammino morale e ascetico. Che testimonianza ci chiede il Signore? Che testimonianza è legata alla nostra vita cristiana? Che testimonianza può interrogare altri sul nostro cammino? La testimonianza di Gesù nel deserto: dove non c’è gente da ascoltare o guarire, missioni da sbrigare o cose da predicare, ma solo il Padre e il suo disegno da adorare in tutta la sua bellezza sentendosene affascinati. La nostra vita, cari fratelli e sorelle, esprime l’austerità del deserto di Gesù? Austerità che è il liberarsi dal peso di molte cose che ci tengono ormai in pugno. Non penso solo all’esercizio della missione, che almeno è salvezza per chi la fa e per chi la riceve; piuttosto penso alle nostre serate spesso piene di televisione, o di telefonate interminabili o di cicaleccio con persone di nostro gusto; da molto tempo per molti la maggior parte del tempo è al computer o nella navigazione su Internet. Così diventa scopo o compagnia quello che doveva essere strumento. Quanti vivono con disagio relazioni solide, profonde e durature con gli altri? Quanti sono divenuti davvero inconsistenti e vuoti nel parlare, nel dialogare, nell’ascoltare? A tutti propongo un po’ di verifica sulla solitudine: preziosa per custodire la nostra faccia di cristiani che offrono a Dio il primo servizio; non però come esperienza individualistica o come rifugio nel privato: questa sarebbe la contraffazione diabolica della solitudine. Penso ai quei cristiani che vivono la difficoltà di solitudini non scelte, di solitudini subite e credo che anche questa sia una via da assumere per coloro che hanno deciso di Si tratta di seguirlo nell’incomprensione della folla, nel tradimento dei suoi discepoli, nelle controversie coi big del suo tempo… PREGHIERA (Mt 6,7-15) 7Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. 8Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate. 9Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; 10venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. 11Dacci oggi il nostro pane quotidiano, 12e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, 13e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Canto: «Te al centro del mio cuore» Ho bisogno di incontrarti nel mio cuore Tutto ruota intorno a Te, in funzione di Te, e poi non importa il come, il dove e il se. Che Tu splenda sempre al centro del mio cuore, il significato allora sarai Tu, quello che farò sarà soltanto amore. Unico sostegno Tu, la stella polare Tu Al centro del mio cuore ci sei solo Tu. «Dirai che ti stanchi di pregare perché in te nemmeno provi quelle tenerezze di affetto che gusta un figlio quando conversa con il padre. Ma ti rispondo: tu ti trovi diletto sensibile perché la voce, il gesto, il sorriso sensibile del genitore ti commuovono. Quando parli con Dio, è l’anima tua che discorre con il Signore, spirito purissimo, e tu il sai che di regola generale il corpo non può risentir delle operazioni dell’anima. Se poi ne gode, ciò avviene piuttosto per effetto di favor celeste…»3. 3. LUIGI GUANELLA, Andiamo al Padre. Inviti famagliari a ben recitare l’orazione del Pater noster (1880), in Scritti morali e catechistici, Nuove Frontiere, Roma 1999, p. 111. La preghiera è la qualificazione della solitudine. Per noi cristiani si tratta di una solitudine non psicologica o sociologica: è la solitudine dell’uomo di Dio che riattiva i canali della In questo periodo chiediamo anche noi, come i discepoli: “Signore, insegnaci a pregare”. Penso alla preghiera come relazione; come relazione da riprendere o da mantenere per alcuni, o come relazione da approfondire per altri. A tutti proporrei di fissare con responsabilità tre momenti della nostra giornata: mattino, mezzogiorno e sera per la lode di Dio: tutto l’impegno che vi mettiamo è benedizione per la comunità che servivamo e per tutta la Chiesa, oltre che Poi il Vangelo: da un po’ di tempo sto riscoprendo anch’io come la Parola di Dio quotidiana ci nutre in proporzione del bisogno, delle urgenze che siamo chiamati a vivere in quel determinato momento storico. Perché non leggere e meditare il brano evangelico (Lectio divina) del giorno e tentare quotidianamente un’attualizzazion e per la nostra E l’Eucarestia. La pena di qualche cristiano che non vi attinge forza ogni giorno; o di alcuni che la sbrigano in fretta, nelle ore più comode per togliersi il pensiero e avere poi tutto il tempo libero; o di chi ha finito per non fare più un istante di preparazione e di Eppure «dall’Eucarestia, deriva in noi, come da sorgente, la grazia, e si ottiene, con la massima efficacia, quella santificazione degli uomini e glorificazione di Dio in Cristo, verso la quale convengono, come a loro fine, tutte le altre attività della Chiesa» . 4 4. VATICANO II, Sacrosantum concilium, Costituzione dogmatica sulla Sacra liturgia, 1964, n. 10. A tutti vorrei ancora suggerire una confessione dignitosa in vista della Pasqua e scoprire quanto sia importante, per il nostro cammino di cristiani. La direzione spirituale: è la via più sicura per non vivere secondo il proprio capriccio e cercare ogni giorno la chiamata vera di Dio, al di là dei propri istinti. Anche don Guanella, così come ogni santo, nei momenti più incerti e più esplosivi del suo percorso volle sempre essere guidato, consigliato, frenato, incoraggiato, diretto. Evitiamo un andare solo emotivo e fatto di reazioni solo immediate. Ecco quello che potrebbe essere un proposito adulto per questa Quaresima. FRATERNITA’ (Lc 15, 11-32) 11 « Disse ancora: Un uomo aveva due figli. 12 Il più giovane di loro disse al padre: ̔ P ̔ adre, dammi la parte dei beni che mi spetta". Ed egli divise fra loro i beni. 13 Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, messa insieme ogni cosa, partì per un paese lontano e vi sperperò i suoi beni, vivendo dissolutamente. 14 Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una gran carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno.15 Allora si mise con uno degli abitanti di quel paese, il quale lo mandò nei suoi campi a pascolare i maiali. 16 Ed egli avrebbe voluto sfamarsi con i baccelli che i maiali mangiavano, ma nessuno gliene dava.17 Allora, rientrato in sé, disse: ̔ Q ̔ uanti servi di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18 Io mi alzerò e andrò da mio padre, e gli dirò: Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te: 19 non sono più degno di essere chiamato tuo figlio; trattami come uno dei tuoi servi̓ ̕. 20 Egli dunque si alzò e tornò da suo padre. Ma mentre egli era ancora lontano, suo padre lo vide e ne ebbe compassione; corse, gli si gettò al collo e lo baciò. 21 E il figlio gli disse: ̔ P ̔ adre, ho peccato contro il cielo e contro di te: non sono più degno di essere chiamato tuo figlio̓ ̕. 22 Ma il padre disse ai suoi servi: ̔ P ̔ resto, portate qui la veste più bella e rivestitelo, mettetegli un anello al dito e dei calzari ai piedi;23 portate fuori il vitello ingrassato, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24 perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato ritrovato̓ ̕. E si misero a fare gran festa. 25 Or il figlio maggiore si trovava nei campi, e mentre tornava, come fu vicino a casa, udì la musica e le danze. 26 Chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa succedesse. 27 Quello gli disse: ̔ È̔ tornato tuo fratello e tuo padre ha ammazzato il vitello ingrassato, perché lo ha riavuto sano e salvo̓ ̕.28 Egli si adirò e non volle entrare; allora suo padre uscì e lo pregava di entrare. 29 Ma egli rispose al padre: ̔ E̔ cco, da tanti anni ti servo e non ho mai trasgredito un tuo comando; a me però non hai mai dato neppure un capretto per far festa con i miei amici; 30 ma quando è venuto questo tuo figlio che ha sperperato i tuoi beni con le prostitute, tu hai ammazzato per lui il vitello ingrassato̓ ̕. 31 Il padre gli disse: ̔ F̔ igliolo, tu sei sempre con me e ogni cosa mia è tua; 32 ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato ritrovato̓ ̕». CANTO: «SIAMO COMUNITÀ» Siamo tutti qui Siamo insieme noi Siamo tutti qui Stiamo insieme noi Siamo Chiesa di nostro Signore Ogni giorno è una festa Nella casa del Padre E ci guida lo Spirito Santo Accogliamo Gesù Che ci don a la vita Con lui stiamo attorno all’altare, siamo vera famiglia ci sentiamo felici ed insieme noi camminiamo. «Per godere di tanto bene è necessario che noi, Servi della Carità, viviamo concordi come veri fratelli in Gesù Cristo e come suoi degni cooperatori nei ministeri della salute nostra e delle anime. Però nella amministrazione delle cose temporali si adoperi tutta quella espansione di parole e di fatti, che meglio giovino allo sviluppo della piccola congregazione. Nel regolamento dei beni morali di studio e 5. LUIGI GUANELLA, Lettere circolari ai Servi della Carità, (Roma, 20 ottobre 1910), in Scritti per le Congregazioni, Nuove Frontiere, Roma 1988, p. 1384. Il perdono come parola prima per la fraternità: questo vorrei suggerire a tutti voi cooperatori e alla comunità e alla comunità dove siete chiamati a operare.