Analisi del testo
Al cor gentile rempaira
sempre amore
Guido Guinizzelli
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poesia
di
Metrica: canzone di sei strofe di dieci versi, schema: ABAB, cDc EdE.
Amore
Pietre preziose
I quattro elementi
Al cor gentil rempaira sempre amore,
come l'ausello in selva a la verdura,
né fe' amor anti che gentil core,
né gentil core anti ch'amor, natura:
ch'adesso con' fu 'l sole,
sì tosto lo splendore fu lucente,
né fu davanti 'l sole;
e prende amore in gentilezza loco
così propïamente
come calore in clarità di foco.
Fere lo sol lo fango tutto 'l giorno:
vile reman, né 'l sol perde calore;
dis'omo alter: «Gentil per sclatta torno»;
lui semblo al fango, al sol gentil valore:
ché non dé dar om fé
che gentilezza sia fòr di coraggio
in degnità d'ere'
sed a vertute non ha gentil core,
com'aigua porta raggio
e 'l ciel ritien le stelle e lo splendore.
Foco d'amore in gentil cor s'aprende
come vertute in petra prezïosa,
che da la stella valor no i discende
anti che 'l sol la faccia gentil cosa;
poi che n'ha tratto fòre
per sua forza lo sol ciò che li è vile,
stella li dà valore:
così lo cor ch'é fatto da natura
asletto, pur, gentile,
donna a guisa di stella lo 'nnamora.
Splende 'n la 'ntelligenzïa del cielo
Deo crïator più che ['n] nostr'occhi 'l sole:
ella intende suo fattor oltra 'l cielo,
e 'l ciel volgiando, a Lui obbedir tole;
e con 'segue, al primiero,
del giusto Deo beato compimento,
così dar dovria, al vero,
la bella donna, poi che ['n] gli occhi splende
del suo gentil, talento
che mai di lei obedir non si disprende
Amor per tal ragion sta 'n cor gentile
per qual lo foco in cima del doplero:
splendeli a su' diletto, clar, sottile;
noli stari' altra guisa, tant'è fero.
Così prava natura
recontra amor come fa l'aigua il foco
caldo, per la freddura.
Amore in gentil cor prende riviera
per suo consimel loco
com'adamàs del ferro in la minera.
Donna, Deo mi dirà: «Che presomisti?»,
sïando l'alma mia a lui davanti.
«Lo ciel passasti e 'nfin a Me venisti
e desti in vano amor Me per semblanti:
ch'a Me conven le laude
e a la reina del reame degno,
per cui cessa onne fraude».
Dir Li porò: «Tenne d'angel sembianza
che fosse del Tuo regno;
non me fu fallo, s'in lei posi amanza».
Mappa del percorso
Glossario
Testo e contesto
Nobiltà
Cosmologia
Fisiologia
Donna “gentile”
L’opinione dei contemporanei
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Guido Guinizzelli
Il Dolce Stilnovo
Canzoni e sonetti
Vita e opere
Scarse e malsicure notizie si hanno su Guido Guinizzelli: nato a
Bologna intorno al 1240, morì in esilio a Monselice nel 1276.
Dotato di cultura giuridica, filosofica e letteraria, è probabile
che raggiungesse una posizione di prestigio in ambiente
bolognese come giudice. Militò a favore della parte ghibellina:
questo impegno gli costò la condanna all'esilio nel 1274, a
Monselice. Le sue rime, raccolte in un canzoniere, furono
conosciute da Dante che lo considerò suo maestro.
Il suo canzoniere (o almeno quanto ci è stato tramandato) si
compone di cinque canzoni, quindici sonetti e due frammenti di
canzone; a cui si aggiungono tre canzoni dubbie. Pochi testi,
dunque, che testimoniano diverse maniere di poetare: i più
numerosi si collocano nell'ambito della tradizione siculotoscana, mentre la canzone dottrinaria Al cor gentil e pochi
sonetti appaiono orientati in direzione stilnovistica. L'assoluta
mancanza di elementi per tentare la datazione dei testi non
consente di dire se i componimenti stilnovistici siano posteriori
ad altri oppure se il Guinizzelli abbia composto secondo due
distinte "maniere".
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Il Dolce Stil Novo
Testo e contesto
Guido Guinizzelli (1230/40-1276), sviluppando motivi provenzali e guittoniani, delinea una nuova concezione
della donna e dell'amore, concezione che verrà ripresa da un gruppo di poeti quasi tutti fiorentini detti
"stilnovisti" (G. Cavalcanti, Dante, Lapo Gianni, Cino da Pistoia, ecc.).
La canzone Al cor gentil due temi che diventarono tipici dello stilnovismo:
 la teoria della gentilezza (la nobiltà di cuore che è necessaria per l'innamoramento);
 la figura della donna simile a un angelo del cielo (la donna rende l'innamoramento inevitabile)
Gli stilnovisti si ritennero nuovi nel loro poetare e rivendicarono tale novità, accentuando la rottura con i poeti
precedenti.
Altre caratteristiche del gruppo furono:
 l'appartenenza sociale, a famiglie di buona condizione dell'ambiente urbano;
 la formazione scolastica, con componenti filosofiche e retoriche a livello universitario.
Nel definire l'esperienza poetica del "dolce stilnovo" Dante dava risalto soprattutto alla funzione dell'amore.
La dottrina d'amore ne era infatti il centro concettuale e ne improntava tutto il linguaggio. Il nocciolo consiste in
questo: attraverso l'amore per una donna, che è messaggera e portatrice di forze superiori all'umano, il poeta
sperimenta il rinnovamento interiore, la trasfigurazione totale della personalità. L'omaggio alla donna della
tradizione cortese acquista connotazioni filosofiche e religiose. Il corteggiamento diviene adorazione.
Lo stilnovo, pur essendo rappresentato da personalità differenti, ebbe un'area comune di linguaggio emotivi, di
parole e immagini: - il sospirare dell'anima e il tremate, - gli occhi che sono il tramite dell'amore, - il cuore che ne
è trafitto (e può morire), - il saluto della donna, il suo mostrarsi (per strada, con le amiche).
Nota sociologica
Nota sociologica
Le notizie che abbiamo riguardo all'estrazione sociale, alla formazione, all'attività professionale e
politica dei poeti stilnovisti ci consentono di delineare alcuni tratti comuni:
 l'appartenenza a famiglie socialmente eminenti, impegnate nella lotta per il controllo delle istituzioni di
governo della città;
 interessi filosofici e talora giuridici;
 un'intensa partecipazione alla conflittualità politica.
Il dato sociologico di maggior rilievo è dunque l'inserimento di questi poeti nel gruppo dirigente della società
urbana: nella tematica amorosa essi espressero, allusivamente, un'ideologia conforme a quel progetto di egemonia
culturale e politica nella cui attuazione erano impegnati. Ne indichiamo l'orientamento prevalente.
Nella classe di governo della città si erano incontrati e scontrati gli interessi dei ceti legati alla proprietà fondiaria
e quelli delle varie categorie di mercanti e di artigiani. Si andava formando, dopo la metà del Duecento, una
oligarchia guelfa, composta di vecchie e nuove famiglie potenti: a essa si contrapponevano violenti sussulti
antimagnatizi.
Era diffusa l'aspirazione alla stabilità, alla realizzazione di un equilibrio, destinato a rivelarsi presto illusorio,
all'nterno dei ceti economicamente e politicamente rilevanti. Una cultura che volesse quindi porsi come propria
dello strato superiore della società urbana, doveva essere mediatrice, tendere alla conciliazione:
 conciliazione tra il prestigio della nobiltà di sangue e i meriti che le famiglie emergenti, di origine non nobile,
si attribuivano;
conciliazione tra l'importanza assegnata all'amore dalla tradizione cortese e la rinnovata autorità spirituale del
cattolicesimo.
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L’opinione dei contemporanei
Bonagiunta Orbicciani da Lucca (1220-1290 circa), la cui importanza consiste nell'aver trasferito in Toscana le esperienze
della lirica siciliana, nel seguente sonetto rimprovera Guinizzelli di aver introdotto inutili novità nella poesia amorosa e di
usare un linguaggio filosofico e oscuro. Questa poesia può essere un documento interessante a chiarire il contrasto, che fu
presto avvertito, tra la lirica toscana tradizionale e quella del Guinizzelli.
Voi, ch'avete mutata la maniera
de li plagenti ditti de l'amore
de la forma dell'esser là dov'era,
per avansare ogn'altro trovatore,
avete fatto come la lumera,
ch'a le scure partite dà sprendore,
ma non quine ove luce l'alta spera,
la quale avansa e passa di chiarore.
Così passate voi di sottigliansa,
e non si può trovar chi ben ispogna,
cotant'è iscura vostra parlatura.
Ed è tenuta gran dissimigliansa,
ancor che 'l senno vegna da Bologna,
traier canson per forsa di scrittura.
[Voi che avete mutato lo stile degli eleganti componimenti amorosi modificando la loro natura (forma dell'essere) per supe¬rare ogni altro poeta / avete
fatto come il lume che rischiara le parti (partite) oscure ma non qui (quine) in Toscana dove risplende il gran sole, che supera per luminosità ogni altro.
/ Così voi superate sì gli altri, ma in sottigliezze intellettualisti¬che e non si può trovare chi bene interpreti (ispogna) il vostro discorso, tanto esso è
oscuro. / Ed è ritenuta grande stranezza, per quanto la sapienza venga dall'Università di Bologna, comporre poesie (traier canson) a furia di citazioni
(per forsa di scrittura).]
Dunque Bonagiunta accusa Guinizzelli di aver inventato una maniera astrusa di poesia solo per procurasi fama. Guinizzelli
con laq sua poesia illumina sì le parti oscure (Bologna?), ma non può fare impressione in Toscana, dove splende già Guittone.
Per Bonagiunta, infine, è strano che da una città sapiente come Bologna venga una poesia così poco savia come quella di
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Guinizzelli.
Guido rispose a queste accuse con il seguente sonetto nel quale si limita a rilevare che la diversità di natura intellettuale tra
gli uomini deve incitare alla prudenza nell'enunciazione di verità nuove.
Omo ch'è saggio non corre leggero,
ma a passo grada sì com' vol misura:
quand' ha pensato, ritien su' pensero
infin a tanto che 'l ver l'asigura.
Foll' è chi crede sol veder lo vero
e non pensare che altri i pogna cura:
non se dev' omo tener troppo altero,
ma dé guardar so stato e sua natura
Volan ausel' per air di straine guise
ed han diversi loro operamenti,
né tutti d'un volar né d'un ardire.
Dëo natura e 'l mondo in grado mise,
e fe' despari senni e intendimenti:
perzò ciò ch'omo pensa non dé dire.
[Omo ch'è saggio: citazione dell'inizio di un sonetto di Bonagiunta. a passo grada: avanza a passo a passo. ritien: trattie¬ne,
cela. 'l ver l'asigura: la realtà lo certifica. in grado mise: graduò. despari: differenti.]
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Dante nel Purgatorio (XXIV,49-61) rispondendo a Bonagiunta che lo interroga sul suo modo di far poesia, definisce in breve, ma
con rigore, la novità e l'originalità dello "stilnovo".La domanda di Bonagiunta è così formulata:
Ma dì s'i' veggio qui colui che fore
trasse le nove rime, cominciando
«Donne ch'avete intelletto d'amore».
[Ma dimmi se io qui vedo colui che diede inizio alla nuova poesia con la canzone che incomincia «Donne ch'avete..».]
Questa è la risposta di Dante:
[...] I' mi son un che, quando
Amor mi spira, noto, e a quel modo
ch'e' ditta dentro vo significando.
[Io sono uno che, quando l'amore m'ispira, prendo nota e vado poi esprimendomi a quel modo che egli mi detta interiormen¬te.]
E così replica infine Bonagiunta:
O frate, issa vegg'io [...] il nodo
che 'l Notaro e Guittone e me ritenne
di qua dal dolce stil novo ch'i' odo!
Io veggio ben come le vostre penne
di retro al dittator sen vanno strette,
che de le nostre certo non avvenne
[O fratello, ora io vedo l'impedimento che trattenne Giacomo da Lentini e Guittone e me stesso al di qua del dolce nuovo sti¬le che io ora capisco. Io vedo bene
come le vostre penne scrivono andando strettamente dietro al dettatore, cosa che certo non si è verificata con le nostre penne.]
Dante, in questi versi densi di significati espliciti e sottintesi, indica il nucleo caratterizzante e la novità dello stilnovo nell'aderenza a ciò che Amore suggerisce,
nell'interiorità di un'ispirazione che trascende l'individuo. Al contrario dei siciliani e dei toscani, lo stilnoivista è un semplice esecutore di ciò che amore crea.
L'amore di cui parla Dante è quello della filosofia cristiana, l'amore-virtù che indirizza le creature a Dio, il vero bene. Così egli si stacca decisamente dalle
tematiche cortesi. Sulle teorie dell'amore cortese un netto giudizio negativo emerge dall'episodio di Paolo e Francesca (Inferno, V), dannati per il peccato di
adulterio che la lettura di un romanzo d'amore ha favorito. Ma lo stesso giudizio di condanna investe in questo episodio la dottrina di Guinizzelli, sulla
connessione inevitabile tra l'amore e il cuore gentile, a cui Francesca ricorre per giustificarsi. Quel che Dante rimprovera a Guinizzelli,
e ad altri poeti, è l'ambiguità in cui hanno lasciato la nozione d'amore, mascherandone la sostanza pericolosa, il rischio di infrazione della norma cristiana.
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Metrica
Analisi del testo
Canzone di sei strofe, ciascuna di dieci versi (endecasillabi e settenari) secondo lo
schema ABAB (fronte), cDcEdE (sirma).
La fronte è composta di due piedi uguali e presenta tutti endecasillabi; la sirma alterna
endecasillabi e settenari. da rilevare la presenza della tecnica delle coblas capfinidas
(l'ultima parola di una stanza è ripresa, identica o mediante derivati, all'inizio o
all'interno della stanza successiva) e la frequenza di rime che si ripetono in stanze
successive (ad es. -ore in I, II, IV; -ura in I, II, III, ecc.), di rime identiche (ad es. sole,
sole vv. 5 e 7; cielo, cielo vv. 41 e 43, ecc.; cfr. vv.3-38, 4-18-25, 5-7-42 ecc.).
Siciliana la rima natura - 'nnamora (vv.18 e 20).
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La Canzone
È la forma più illustre di componimento lirico. I poeti siciliani ripresero il modello della
cansò provenzale, venne successivamente perfezionate dagli stilnovisti per assumere
una struttura definitiva ed esemplare col Petrarca.
La canzone classica consta di cinque o più strofe o stanze. La stanza è composta da due
elementi, la fronte e la sìrima (o sirma). La fronte si divide in due piedi; la sirma può
essere unica o divisa in due parti eguali, dette volte. Tra fronte e sirma può trovarsi un
verso detto concatenazione (o chiave) con rima identica all'ultima della fronte. I metri
usati sono l'endecasillabo e il settenario. Dopo l'ultima stanza regolare è di solito
presente una stanza di congedo che, oltre che tematicamente, può distinguersi
metricamente.
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L’Amore
Discutere sull'Amore (sulle ragioni del suo sorgere, sulla sua natura, sulla sua
psicologia) fu un'abitudine intellettuale della società cortese.
Andrea Cappellano, vissuto tra il XII e XIII sec., scrisse addirittura un trattato nel
quale viene esaminata con sottigliezza la casistica amorosa e vengono codificate le
regole dell'amor cortese.
I poeti provenzali si soffermarono spesso ad indagare la genesi e la fenomenologia del
sentimento amoroso, scambiandosi fra loro componimenti su questo argomento.
Sulla scia dell'esempio provenzale la disputa dottrinale in versi sull'argomento
amoroso si diffonde anche alla corte di Federico II con Jacopo da Lentini che può
considerarsi il il teorizzatore del processo psicologico dell'amore.
Ma l'abitudine alla riflessione teorica sul sentimento amoroso, sui suoi processi
psicologici e sulla sua casistica continuerà ancora nella produzione stilnovistica, basti
pensare alla canzone dottrinale Al cor gentil, di Guinizzelli e a tanti passi della Vita
Nuova di Dante.
Il De Amore
di
Andrea
Cappellano
Jacopo da Lentini
Jacopo da Lentini, vissuto alla corte di Federico II nella prima metà del XIII sec., è forse l'iniziatore della scuola
poetica siciliana e l'inventore del sonetto. Fu lui il teorizzatore del processo psicologico dell'amore, inteso come
passione che nasce dalla vista della donna e è alimentata dal cuore tramite l'immaginazione. Questa concezione
dell'amore sarà alla base di tutta la lirica amorosa del Duecento, dai siciliani ai stilnovisti, e sarà ripresa nell'ampia
teorizzazione dantesca nel cannto XVIII del Purgatorio. Di seguito il sonetto Amor è uno desio.
Amor è uno desio che ven da core
per abundanza de gran plazimento;
e li ogli in prima generan l'amore
e lo core li dà nutricamento.
Ben è alcuna fiata om amatore
saenza vedere so 'namoramento
ma quell'amor che strenze con furore
da la vista de li ogli ha nascimento:
ché gli ogli representan a lo core
d'onni cosa che veden, bon' e ria,
com'è formata naturalemente;
e lo cor, che di zò è concipitore
imagina, e qual plaze quel desia:
e questo amore regna fra la zente.
[plazimento: bellezza. e li ogli...nutricamento: e gli occhi dapprima generano l'amore e il cuore poi gli dà alimento.
Ben...'namoramento: è ben vero che talvolta qualche (om) innamorato ama senza vedere l'oggetoo del suo amore (si
contrappone a certi trovatori provenzali che avevano cantato, come Jaufré Rudel, un amore che prescinde dalla
presenza fisica della donna). strenze: stringe. furore: forza. ché: perché. representan: rappresentano, trasmettono.
e lo cor... concipitore: il cuore che concepisce, che intende la cosa rappresentata dalla vista. imagina...desia:
immagina e si compiace del desiderio di ciò che viene immaginando.]
Vai a Nobiltà
De Amore
Il trattato "enciclopedico" De Amore, composto in latino dal francese Andrea Cappellano alla
fine del XII secolo, contiene la codificazione dell'amore cortese. Ampliamente diffuso e tradotto,
ebbe in Italia grande fortuna nel Due e Trecento.
Ecco di seguito due brani da una traduzione del Trecento.
Amore è una passione dentro nata per pensiero sanza modo di cosa veduta procedente da forma di
generazione diversa dalla persona che pensa, per la qual passione l'una persona sopra tutte cose
disidera d'usare gli abbracciamenti dell'altra,e di comune volere compiere tutte cose nel comandamento
dello amore.
[Amore è un tormento che nasce nell'anima quando essa concentra oltremodo il proprio pensiero
nell'immaginazione di una persona dell'altro sesso, e chi è mosso da tale passione desidera soprattutto
possedere la persona amata e compiere tutto ciò che l'amore comanda.]
Effetto dell'amore siè che 'l vero amadore di nessuna avarizia può esser tenebroso: quello ch'e disconcio
e disadorno, amore lo fa chiaro d'adornezze; quello che è di nazione basso, amore lo fa ricco di nobiltà
di costumi; quello ch'é superbo, amore lo veste d'umiltà; quello ch'è inamorato, acconciamente fa molti
servigi a tutti. Oh, che mirabile cosa è amore, lo qual fa l'uomo di tante virtù risplendente e abondare i
buoni costumi!
[ Per effetto dell'amore, colui che ama non può essere offuscato dall'avarizia (dalla malvagità): chi è
sgarbato e privo di buone maniere l'amore lo fa gentile; anche chi è di umili natali (di nazione basso) è
nobilitato dall'amore (viene qui anticipato un concetto che sarà ripreso da Guinizzelli).]
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I quattro elementi
secondo Restoro d’Arezzo
E noi vedemol e è manifesto, che la generazione non pò èssare elli2 quattro elementi s'elli non facéssaro permestione
asieme3, come lo foco e l'acqua e 1'aere e la terra, emperciò che ciascheduno desidera d'andare e de stare e·llo suo loco e non
altro4. E questi elementi de sé non se pono5 mòvare né mestare asieme per fare alcuna generazione s'elli non se movono e non se
mestano asieme da lo6 movemento del cielo e da la sua virtude7, e de le qualità de li elementi, le quali sono contrarii8; sí
ch'adopara9 lo caldo contra lo freddo, e econtra10, e lo secco e lo umedo, e econtra. Unde da che nol avemo mosso e volto lo cielo
a deritto, e secondo rascione lo movemento del cielo e la sua virtude dea mestare li elementi asieme per fare la generazione11; sí
che ciascheduna de le parti del cielo possa adoparare la significazione ch'elli ha en sé12, e 'mprímare la sua operazione13 e·lla
terra, come lo sugello14 emprime la sua significazione e·la cera; sì che lo segno del leone, ch'è de le parti e de le membra
nobilissime del cielo15, facia el leone e·la terra e tutti li animali simili a se, come el lupardo e la leonza e li animali audaci che
vivono de ratto16 simili a sé. E lo membro17 quanto è piú nobele, tanto dea avere per rascione più bontà e piú oficio18 de fare diverse
e variate operazioni, sí che possa adoparare in una cosa e in una altra; adonqual9 lo segno del leone non pò adoparare né
significare pur una cosa sola, emperciò ch'elli è de li nobelissimi membri del cielo e de le nobilissime sue parti. E lo cielo è la piú
nobele cosa che sia, fore20 de l'altissimo Deo, a cui elli ubedisce: è mestieri per rascione ch'elli adopari molte e variatissime cose2l
de la mistione de li elementi, lo piú ch'elli pò e·lla generazione, come e·lle minere' e·lle plante ' e·lli animali 22.
Note
1. vediamo. 2. la facoltà di generare non può essere [presente] nei (e·lli). 3. se essi non si mescolassero. 4. questo perché
(emperciò che) ognuno di essi vuole andare e fermarsi nella sua sede specifica (e·llo suo loco) e non altrove (altro). 5. non possono.
6. a causa del. 7. potere, capacità. 8. e a causa delle specificità (de le qualità) dei singoli elementi, che sono tra loro contrarie. 9.
opera, agisce. 10. e viceversa. 11. per questo, nel momento in cui (Unde da che) il cielo si muove e dirige verso un segno zodiacale
(a deritto), secondo ragione il movimento del cielo e il suo potere dovrà mescolare insieme gli elementi per creare. 12. possa
operare secondo la propria natura (la significazione cb'elli ha en sé). 13. le sue caratteristiche. 14. il sigillo. 15. cosicché il segno
del leone, che è una delle parti [zodiacali] (de le parti e de le membra) piú nobili del cielo. 16. come il leopardo e la lonza, e tutti
gli animali che, come quello, sono predatori (vivono de ratto). 17. cioè la parte del cielo. 18. tanto piú deve avere, secondo ragione
(per rascione), maggiore capacità e maggiori compiti (piú oficio). 19. dunque. 20. ad eccezione, al di fuori. 21. è necessario che
esso compia (adopari) molte e variatissime azioni. 22. nei confronti del mescolarsi degli elementi, tanto piú che esso può influire
sulla (e·lla=nella) formazione delle cose come sui minerali (minere'), sulle piante e sugli animali.
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I Lapidari
La letteratura del Duecento è ricca di opere che forniscono notizie, spesso minuziose, sulle varie specie
di animali (bestiari), di erbe e piante (erbari), di minerali, soprattutto pietre preziose (i lapidari). Per
quanto riguada i lapidari le notizie sono tratte, per lo più, dal Liber lapidum seu de gemmis di
Marbodo, vesovo di Reims (morto nel 1123).
Questo tipo di letteratura rispondeva ad un'esigenza didattico-enciclopedica, diffusa nella cultura del
tempo, ma era anche volta a dare un'interpretazione simbolico-allegorica e religiosa della natura. Ad
ogni animale, o pianta, o pietra, si tendeva ad attribuire particolari caratteristiche che rimandassero alle
virtù o vizi dell'uomo e quindi ai suoi doveri morali e religiosi. Ogni cosa era interpretata come un
simbolo, un segno tangibile, tracciato da Dio per indicarci verità soprasensibili.
Questo interesse per la natura assumeva, talora, anche una dimensione pratica, di ordine medicoterapeutico o di ordine magico. Talismani, pozioni, pietre miracolose, incantesimi erano elementi
ricorrenti nella cultura popolare e ci rimandano di continuo ad una diffusa concezione antropomorfica e
magica della natura e al tentativo di addomesticare le forze oscure presenti nelle cose.
Questa concezione fantastica della natura non poteva non ispirare l'opera poetica e narrativa del
periodo. Celebre è l'esempio della elitropia (la pietra che rende invisibili) utilizzata con ironia dal
Boccaccio e richiamata anche da Dante.
Ma non sono solo le pietre fantastiche, come elitropia, a eccitare l'immaginazione degli scrittori: un po'
tutte le pietre preziose hanno qualità taumaturgiche. Il berillo "fa crescere l'amore", il calcedonio "per
sua vertude fugge lo demonio",ecc.: lo apprendiamo dal poemetto didattico-allegorico l'Intelligenza,
ma analoghe immagini troviamo nel poema didattico L'Acerba di Cecco d'Ascoli (1269-1317) e in
numerosi altri poeti e prosatori medievali.
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L'Intelligenza
L' "Intelligenza" è un poemetto didattico-allegorico in nona rima (strofe di nove versi) della
fine del Duecento e di incerta attribuzione.
L'opera testimonia di un'intensa elaborazione letteraria nella quale si fondono
 le esperienze della lirica provenzale;
 l‘ Averroismo e le speculazioni della filosofia più avanzata (Vai a l’Intelligenza divina);
 la cultura enciclopedica,
 l'amore per le scienze, sia pure nella forma fantastica. (Vai a l’Influenza delle pietre)
 la tradizione allegorica che tanto peso aveva nella cultura del tempo.
La cultura enciclopedica
Il carattere enciclopedico di totalità del pensiero aristotelico e delle "summe" medievali, le
modalità della lezione universitaria, le tecniche di ragionamento messe a punto dalla logica
concorrono a formare un sapere scientifico-filosofico che ha questo connotato tipico: mentre la
scienza naturale non è se non parte di una metafisica, la teologia si presenta come "scienza", cioè
come un sapere non controverso, che si può acquisire ed esporre attraverso metodi
minuziosamente stabiliti.
Le questioni che abbiamo toccato fanno parte della storia del pensiero filosofico e scientifico.
In questo campo si potranno studiare temi specifici, come il rapporto tra la fisica di Aristotele e i
metodi matematici di Tolomeo, il perdurare accanto all'aristotelismo di tradizioni filosofiche
diverse, come il naturalismo e il platonismo, la crisi del Trecento delle grandi sintesi concettuali.
In che misura si delineò un concetto di "scienza" come messa a punto di metodi rigorosi, come
ricerca di nessi causali, come esplorazione e spiegazione di un oggetto (la natura fisica)
riconosciuto autonomo da valori etico-religiosi?
La questione del metodo fu posta sul piano della logica, non su quello sperimentale.
La scientificità apparente delle dimostrazioni ebbe una forte presa intellettuale contribuì a fare
dell'aristotelismo, che aveva avuto nel Duecento potenzialità fortemente innovatrici, l'elemento
centrale di un "paradigma" conservatore.
(Il materiale e l’immaginario, vol 1, p.720)
L‘Influenza delle pietre
I Lapidari
La terza pietra si ha nome Allettorio,
e chi la porta a suo difendimento,
che dentro al capo del pollo si trova,
fantasme scaccia e strugge febri ancore;
ed a portarla in bocca ha meritorio,
ed a portarla quand'è consecrata,
ed a color di cristallo s'approva;
fa la persona potente e innorata,
ed ha vertute in far l'uom locutorio,
piacente a pervenire a grand'onore.
conserva l'amistà vecchia e la nova;
La quinta gemma Zàffiro s'appella
la sete spegne e 'ncende la lussura,
ed è d'uno coloree celestrino;
se femina la porta l'uom ne 'nnamora:
gemma dell'altre gemme, cara e bella,
per la mia donna amorosa s'appruova.
conserva la vertù che non vien meno,
Diaspide quart'è al mio parimento,
umile e dibonaire mantien quella,
ed è lucente, di verde colore,
ed è in nigromanzia su' valor fino;
vertudiosa legata in argento;
presenta di Madonna la su' altezza.
La terza pietra (di questo lapidario) si chiama Allettorio, si trova dentro la testa del polo, dimostra il suo potere, la sua efficacia, quando si
porta alla bocca, è apprezzata soprattutto quando ha il colore del cristallo; ha la virtù di rendere loquaci, e di conservare le amicizie vecchie e
nuove; spegne la sete e accende la lussuria, gli uomini si innamorano delle femmine che la portano: ciò è dimostrato dalla mia donna che tutti
fa innamorare.
A mio parere Diaspide è la quarta [pietra preziosa], è lucente, di colore verde, ed è virtuosa, ha cioé potere, solo se è legata (montata) in
argento; se viene portata per difesa, scaccia i fantasmi e guarisce dalle febbri; quando è benedetta rende la persona che la porta potente,
onorate e gradita in modo da pervenire a grande onore.
La quinta pietra preziosa si chiama Zàffiro, è di colore celeste; gemma di tutte le gemme, preziosa e bella, dà il coraggio che non abbandona,
e nello stesso tempo mantiene umili e affabili, in negromanzia (l'arte del divinare) ha molto potere; raffigura la madonna nelle sua grandezza.
L’Intelligenza divina
Nella stanza seguente si afferma che la sede vera dell'Intelligenza è in Dio, di cui ella interpreta la
volontà comunicandola alle gerarchie angeliche che regolano opportunamente il movimento dei cieli.
La 'Ntelligenza stando a Dio davanti,
allo piacer di Dio li Angeli move;
e li Angeli li ciel movono, quanti
che co lo 'Mpirio l'uom gli appella nove;
li ciel muovono le cose elementanti
e naturanti, che danno le piove;
e muovon la vertute alterativa,
e la vertute attiva e la passiva,
che fanno generar sì cose nuove.
(Intelligenza, strofa CCCIX)
[allo piacer: secondo il volere. li ciel muovon le cose ecc.: i cieli suscitano il moto degli elementi e causano i
fenomeni di alterazione, generazione e corruzione, che reggono il mondo terrestre].
La
concezione
cosmologica
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La concezione del cosmo
Nel Duecento la visione dell'Universo è ancora quella geocentrica che, risalente in parte ad Aristotele, era stata
illustrata nell' Almagesto dall'astronomo e geografo alessandrino Claudio Tolomeo nel II sec d.C. e ripresa nel
IX sec. con il compendio Elementi astronomici dall'arabo Alfragano (Al Fargani).
Questa concezione del cosmo, accettata per tutto il Medioevo, era stata accolta anche da San Tommaso, sicchè
il sistema tolemaico era divenuto patrimonio della filosofia cristiana medievale (la Scolastica):
L'Universo è finito, sferico e ordinato razionalmente dalla Mente creatrice. La Terra è concepita come una
sfera immobile sospesa al centro dell'Universo, la sua superficie è distinta in due emisferi: quello australe
composto solo di terra, quello boreale formato solo di acqua. Intorno alla terra ruotano nove cieli, concepiti
sfere concentriche trasparenti, aldilà dei Cieli sta l'Empireo, costituito non di materia ma di luce intellettuale,
sede del Paradiso (Dio, angeli e beati). I cieli sono tanto più veloci nel loro moto rotatorio quanto più sono alti,
sicché l'ultimo, il nono, è il più veloce tra tutti, spinto dal desiderio di congiungersi all'Empireo che
immediatamente lo sovrasta. Ciascuno dei primi sette contiene uno di quelli che erano considerati pianeti (in
ordine crescente Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno); nell'ottavo sono le stelle fisse, nel nono
nessun corpo astrale. I Cieli esercitano influssi che garantiscono l'armonico svolgersi e rinnovarsi della vita
della natura, ne risentono anche il fisico e la psiche dell'uomo ma non la sua anima razionale. La Luna ispira
incostanza, Mercurio l'amore per la gloria terrena, Venere la tendenza all'amore, il Sole sapienza, Marte
combattività, Giove giustizia, Saturno meditazione. Nove schiere di angeli regolano il movimento dei cieli e le
loro influenze secondo un piano provvidenziale.
Alla luce di questa concezione del cosmo, è da intendersi la sesta stanza, la più difficile e controversa, della
canzone Al cor gentile di Guinizzelli.
La composizione del
mondo colle sue
cascioni di
Restoro D’Arezzo
Testo e contesto
La Scolastica
Corrente filosofica medievale a cui si deve l'adattamento al cristianesimo del pensiero aristotelico,
che appariva in alcuni aspetti inconciliabile con le verità di fede.
L'adattamento al cristianesimo del pensiero aristotelico, che appariva in alcuni aspetti
inconciliabile con le verità di fede, fu un'operazione culturale grandiosa condotta principalmente
da Tommaso d'Aquino, ed ebbe risultati di lunga durata. Nel corso di questa assimilazione furono
ripetutamente condannate, e infine sconfitte, le interpretazioni che tendevano a sottrarsi alla tutela
della teologia.
Si fissò infine una immagine cristiana del cosmo che derivava dalla fisica e dalla astronomia di
Aristotele: queste ultime furono accettate a lungo, proprio perché facevano parte di una sintesi che
raccoglieva l'intero scibile, giustificava molti fenomeni quotidiani terrestri e celesti e trovava
inoltre rispondenza anche nel senso comune.
Ciò fu vero soprattutto per il concetto di stabilità e centralità della Terra, elemento-base della
cosmologia cristiana fino alla rivoluzione di Copernico e di Galileo.
L’ordine dell’universo
secondo
Tommaso D’Aquino
La fisiologia
L’ordine dell’universo di Tommaso D’Aquino
Tommaso d'Aquino tende a presentare una visione globale della creazione, in cui ogni essere occupa un posto
gerarchicamente definito e razionalmente riconoscibile. Nell'ambito dell'universo un posto privilegiato è assegnato all'uomo,
il cui intelletto è capace di comprendere la struttura ordinata e unitaria di tutte le cose. Questo ordine è tale da giustificare, come
permessa da Dio, la presenza del male ed è anche il fondamento dell'organizzazione sociale esistente.
Nella gerarchia delle sostanze intellettuali1 l'anima umana occupa il posto più umile poiché, come è stato detto più sopra,
all'atto della sua creazione essa riceve soltanto una conoscenza generale dell'ordine della divina provvidenza; mentre alla conoscenza
perfetta di questo essa deve essere indirizzata dalle cose stesse, nelle quali tale ordine si attua partitamente2. Perciò fu necessario che
essa venisse dotata di organi corporei, per mezzo dei quali attingere tale conoscenza dalle cose materiali, pur essendole impossibile per
la debolezza del lume intellettuale3, attingere da queste una nozione completa di quanto all'uomo si attiene4, senza l'ausilio della luce di
uno spirito più alto; il che corrisponde alla disposizione divina, che gli spiriti inferiori raggiungano la perfezione in grazia di quelli
superiori, com'è stato dimostrato più sopra. Tuttavia, poiché l'uomo è pure in qualche modo partecipe del lume intellettuale, a lui,
secondo l'ordine della divina provvidenza, sono sottomessi gli animali bruti 6, che non partecipano in alcun modo dell'intelletto; perciò
sta scritto : "Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza"- in quanto cioè esso possiede l'intelletto - "ed egli presieda5 ai pesci del
mare, e ai volatili del cielo, e alle bestie, e a tutta la terra" (Genesi, 1, 26).
Per la medesima ragione, un ordine si ritrova anche fra gli stessi uomini: quelli infatti che primeggiano per l'intelletto è
naturale che governino: mentre quelli che ne scarseggiano, ma sono vigorosi nel corpo, appaiono creati da natura per servire, come dice
Aristotele nella sua Politica; e con lui inoltre concorda quanto dice Salomone: "Lo stolto servirà al sapiente" (Prov., XI, 29); ed è detto
ancora: "Scegli da tutta la moltitudine uomini di polso e timorati di Dio [...], i quali giudichino il popolo in ogni tempo" (Esodo, XVII,
21-22). Ora allo stesso modo come, nell'operare dell'uomo singolo, il disordine deriva dal fatto che l’intelletto è determinato dal senso ed
il senso, ove il corpo sia difettoso, si traduce in un movimento delle membra, come si vede negli zoppi, così nel governo degli uomini il
disordine deriva dal fatto, che può avvenire che taluno abbia il comando non in grazia della superiorità della sua intelligenza, ma perché
se ne è impadronito colla forza del corpo, oppure che il potere sia stato affidato a taluno sotto l'impulso di una passione sensuale11; di un
siffatto disordine parla anche Salomone, dicendo: (Da Summa contra gentiles, II, 81)
l. sostanze intellettuali: quelle che, come l'anima, sono pure forme. 2. partitamente: cosa per cosa. 3. lume intellettuale: l'intelligenza. 4. all'uomo si attiene:
riguarda l'uomo 5. presieda: governi. 6. bruti: privi dell'anima. 7. incoscienti: che non hanno coscienza di sè. 8. in ragione della: a seconda della. 9. esecuzione...
determinazione: le cose che non hanno coscienza non partecipano a determinare le decisioni della provvidenza, ma cooperano soltanto alla loro esecuzione. 10.
virtù corporale: le facoltà del corpo umano. 11. sotto l'impulso... sensuale: ubbidendo ai sensi e non alla ragione.
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La Composizione del mondo colle sue cascioni
Il frate Restoro d'Arezzo scrisse attorno al 1282 un trattato di cosmologia in lingua
volgare.
Egli si mostra molto informato sulla cultura scientifica più nuova, non solo aristotelica
ma greca e araba. È stato sicuramente una fonte a cui molti intellettuali hanno attinto.
I temi più affascinanti del poema che ritroviamo anche in Guinizzelli sono:
 I quattro elementi ;
 la descrizione dei pianeti
La descrizione dei pianeti
Nel brano seguente Restoro descrive i sette pianeti e di ciascuno indica le dimensioni e i colori, elenca le
proprietà (caldo o freddo, secco o umido, maschile o femminile, diurno o notturno), spiega le realtà umane
e terrestri che essi simboleggiano.
Puoi che noi avemo trovato lo cielo, là o' so' le stelle fisse, lo quale è chiamato da li savi ottavo cielo, deppo questo trovamo uno, lo
quale se pò chiamare settimo cielo; e·llo quale trovamo una stella sola piccoletta la quale è chiamata Saturno, e lo suo colore è
terreo, sciàlbedo, plumbo. E li savi pòsaro ch'elli significava e·llo mondo, e pòsaro che entra tutte le sue significazione propriamente
significava li lavoratori de la terra e de le petre; e dissero ch'elli era tardo, e significava fatica, tribulazione e angustia, e era freddo
e secco e diurno; e comple el suo corso e·ll'orbe de li segni en vinti e nove anni e cinque meisi e quindeci die, e è posto signore del
capricorno e de l'acquario.[...] Deppo' questo trovamo lo terzo cielo, e·llo quale è posta una stella sola, grossa, chiarissima,
lucente, la quale e chiamata Venere, e rende lume sopra la terra, e fa ombra a le cose che stanno erte, là o' ella fere colli suoi raggi;
e vengonse li sui raggi quasi scintillare e guaghegiare, e è la più dilettevole stella a vedere al viso umano che sia; e pare la più
grossa stella che sia da inde en sù, fore del Sole, e acompagna e va tuttavia quasi collo Sole, e quando li va denanti e quando deretro. E trovamola delongata dal Sole lo più alto quaranta e quattro gradi, e puoi torna ad esso; e li savi la ponono fredda e umida,
feminina noturna; e ponono li savi che entra tutte le sue significazioni significhi propriamente le donne, e tutte le belezze e tutti li
adornamenti, come so' le gioie e li adornamenti e li solazi e li giochi e tutte l'alegrece e li canti d'amore; e significa tutte le
generazioni de li soni de li strumenti, e significa li giocolatori e li òmini de corte, e tutte le generazioni de la lussuria; e significa le
mollie e le corone e lo loro uso, e significa nettezza e bellezza; e comple lo suo corso e·ll'orbe de li segni in uno anno; e è detta da li
savi donna del tauro e de la libra.[...] E deppo' questo trovamo un altro cielo e·llo quale è una stella sola, la quale è chiamata Luna;
e lo suo colore è variato dal colore de l'altre stelle, e ha colore bianco quasi argenteo, e ha ombre entro per essa; le quali ombre so'
degnate a similitudine del viso umano, secondo quello che vengono e ponono li savi desegnatori quando la desegnano; e è detta
donna del cancro; e li savi ponono che entra tutte le sue significazioni propriamente significhi viandanti, come so' corrieri per terra
e per acqua;e ponola fredda noturna; e comple lo suop corso e·ll'orbe del i segni en vinti e sette die e poco meno d'otto ore. E deppo'
questo non trovamo cielo né stella nulla; e cercando noi avemo trovato per ordene otto cieli stellati, li quali so' chiamati otto spere.
(Restoro d'Arezzo, La composizione del mondo colle sue cascioni, I, 18).
La nobiltà
Nella canzone Al cor gentil Guinizzelli mira ad esporre una personale "teoria della
nobiltà". Tale teoria può essere così esposta: la gentilezza, e cioè la vera nobiltà, non
trova il suo fondamento nell'appartenere ad una stirpe illustre (secondo la concezione
feudale della nobiltà), bensì nelle doti morali e intellettuali dell'individuo che a loro
volta sono essenzialmente delle qualità naturali. Anche se simile affermazione non è
nuova in assoluto, è però chiaro che storicamente acquista un particolarte significato
se collocata sullo sfondo della società e della cultura comunale duecentesca.
La teoria della nobiltà fondata sulle qualità naturali, sui meriti individuali, e la
polemica contro la concezione aristocratica e feudale della nobiltà, costituiscono un
dato fondamentale della mentalità di quei ceti borghesi che, proprio in conflitto con la
società feudale, hanno affermato la propria indipendenza politica e, in parte, culturale.
Il concetto
di nobiltà
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Concetto di Nobiltà
Il trattato "enciclopedico" De Amore, composto in latino dal francese Andrea Cappellano alla
fine del XII secolo, contiene la codificazione dell'amore cortese.
Ampliamente diffuso e tradotto, ebbe in Italia grande fortuna nel Due e Trecento.
Ecco di seguito un brano relativo al concetto di nobiltà.
Noi uomini tutti da uno fummo dirivati e uno nascimento avemmo secondo natura: non
bellezza, non ornamento di corpo, non ricchezza, ma sola fu prodezza di costumi quella che
prima li uomini per nobiltà conoscere fece e nelle generazioni indusse differenza. Ma molti
sono che da essi primi nobili traendo sementivo nascimento, piegando d'altra parte tralignano
divegnendo bastardi: e se tale proposta converti, non è falsa. Adunque, sola prodezza degna è
di corona d'amore.
[Noi uomini abbiamo avuto un unico progenitore (Adamo) e siamo nati allo stesso modo, nè la
bellezza, né gli ornamenti, né la ricchezza, ma la virtù morale distinse gli uomini e la loro
discendenza. Ma molti sono coloro che, pur traendo origine da nobili antenati, si rendono
indegni di appartenere all'aristocrazia perchè mancano di virtù; così al contrario, uomini di
umile origine diventano nobili per la loro virtù.]
La “teoria borghese “
di Nobiltà
La “teoria borghese” di Nobiltà
La teoria "borghese" della natura morale, non ereditaria, della nobiltà già ricorre in
molte opere della corrente stilnovistica…
Tra le opere che meglio descrivono…
Comune perta fa comun dolore di Guittone d'Arezzo;
Ancor che l'aigua di Guido delle Colonne;
Torna a Nobiltà
Comune perta fa comun dolore
di Guittone d'Arezzo
Guittone D’Arezzo (1230circa-1294) fu, prima dello stilnovo, il rimatore toscano più noto ed accreditato;
moltissimo della sua eredità passò nei poeti della generazione successiva. Segue l'ultima stanza della canzone in
cui la teoria della vera nobiltà, già teorizzata nella filosofia scolastica, acquista uno spicco e una forza originali.
Non ver lignaggio fa sangue, ma core,
ni vero pregio poder, ma vertute;
e sì grazia ed amore appo scïente.
Di cui sol pregio è gente,
nullo o parvo è pregio in ben de fore,
ma ne le interïore
ch'è donde muove lui ch'è pregio o onta:
le più fiate desmonta
a valere a pregio e a salute
bealtà d'omo, lignaggio riccore.
[Non la nascita (sangue) ma l'animo (core) determinano la nobiltà, e non la potenza o la ricchezza (poder) ma la virtù determinano il
pregio (sinonimo di "valore"), ed egualmente il favore e l'amore presso il savio (sciente). In colui in cui solo pregio è nobile (gente),
di solito non vi sono pregi o ve ne sono piccoli (parvo) nei beni esteriori. Cioè: chi di nobile non ha che l'animo, di solito non ha beni
esteriori, ma ha solo quei beni interiori che provocano virtù o vergogna, mentre invece il più delle volte (le più fiate) i beni esteriori,
come la bellezza (beltà), la nascita e la ricchezza (lignaggio e riccore) scadono (desmonta) in valore pregio pregio e salute.]
Torna a Nobiltà
Ancor che l'aigua
di Guido delle Colonne
L'amore e la sua forza descritti con immagini scientifiche fanno della canzone Ancor che l'aigua di Guido delle
Colonne (1210 circa - dopo il 1287), notaio della corte di Ferderico II, l'antecedente più significativo della
guinizzelliana Al cor gentil. Di seguito la stanza iniziale.
Ancor che l'aigua per lo foco lassi
la sua grande freddura,
non cangerea natura
s'alcun vasello in mezzo non vi stasse,
anzi averria senza lunga dimora
che lo foco astutasse
o che l'aigua seccasse:
ma per lo mezzo l'uno e l'autro dura.
Cusì, gentil criatura,
in me ha mostrato Amore
l'ardente suo valore,
che senza amore er' aigua fredda e ghiaccia:
ma Amor m'ha allumato
di fiamma che m'abbraccia,
ch'eo fora consumato
se voi, donna sovrana,
non fustici mezzana
infra l'Amore e meve,
che fa lo foco nascere di neve.
[Ancor...freddura: anche se l'acqua in virtù del fuoco perde la sua freddezza. non...natura: non muterebbe la sua natura.
s'alcun...stasse: se tra l'acqua e il fuoco non si frapponesse un recipiente. averria: accadrebbe. dimora: ritardo. per lo...mezzo: per
l'elemento intermedio, il recipiente. dura: resiste. che...ghiaccia: che senza l'amore io ero come acqua fredda e ghiacciata.
allumato: acceso. fora: sarei. non fustici...meve: non foste in mezzo tra l'Amore e me, come il reci¬piente tra l'acqua e il fuoco.
che...neve: il quale amore fa nascere il calore della passione dalla neve, da un cuore freddo come la neve.]
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La fisiologia medievale
I quattro elementi
La canzone di Guinizzelli riecheggia la concezione medievale che collega gli umori e le qualità dell’uomo agli
elementi naturali e agli astri…
Secondo Galeno il centro del sistema nervoso è il cervello
(e non il cuore, come voleva Aristotele).
Le funzioni vitali si spiegano con l’azione dei tre spiriti e
dei quattro umori (che corrispondono ai quattro elementi
della natura).
L’equilibrio fra i quattro umori - sangue,flegma (che si
trova nella ghiandola pituitaria), bile nera ( o melancolia,
che si trova nella milza) e bile gialla ( o chole, che si trova
nella cistifellea) - era necessario per un sano funzionamento
del corpo; ma le funzioni vitali erano rese possibili dalla
produzione e dai movimenti dei tre spiriti, lo “spirito
naturale” del fegato, lo “spirito vitale” del cuore e lo
“spirito animale” del cervello.
Gli spiriti erano prodotti dal cibo e dall’aria inspirata nei
polmoni.
Il Tresor e la
concezione
fisiologica
Il Tresor
Complessione e umori dell'uomo
Tresor è una vasta compilazione enciclopedica di tipo divulgativo, fondata sulla concezione sistematica e unitaria del sapere
proprio della cultura medievale, ma dispersa in una sorta di antologia di notizie. Nel primo libro del Tresor sono interessanti
queste pagine dedicate alla fisiologia umana, ai vari "umori" dell'uomo, alla sua complessione considerata simile a quella dei quattro
elementi, degli animali, delle piante, delle stagioni, cioè della natura nel suo complesso. È una scienza che a noi appare con un vago
colorito fiabesco e suggestivo (si pensi alla malinconia o umor nero, che ha, secondo l'autore, la stessa natura della terra e
dell'autunno); ma queste nozioni fanno parte di un patrimonio scientifico allora comunemente accettato ed ereditato dall'antichità.
E avegna Idio che' in ciascuna cosa sieno mischiati i quattro alimenti e le quattro complessioni e le quattro qualità insieme, conviene
che la forza dell'uno vi sia più forte, secondamente che più v'abonda. E per quella natura che più v'abonda, è tutto appellato di
quella natura. E la ragione é questa: se fremma abonda più in uno uomo, egli è appellato frematico, per la forza ch'ell'hae in sua
natura. Ché in ciò che flemma è fredda e umida, ed è di natura d'acqua e di verno, conviene elli che quello uomo sia lento e molle e
pesante e dormiglioso e non bene ricordante delle cose passate, e ciò è la complessione che più appartiene a' vecchi. E ha la sua
sedia nel polmone, ed è purgata per la bocca. Ella cresce di verno, percíò ch'ella è a sua natura: perciò sono in quel tempo malati li
frematichi vecchi; ma i collerichi sono più sani, e li giovini altressì. E le malizie che sono per cagione di fremma sono malvagie di
verno, siccome cotidiane; ma quelle che sono per collera sono meno male, siccome terzana; e perciò è bene che 'l frematico usi di
verno cose calde e secche. Sangue è caldo e umido, e ha suo seggio entro lo fegato. E cresce nella primavera: perciò sono allora
malvagie le malizie del sangue; in quel tempo sono meglio sani i vecchi che i giovani: perciò debbono elli usare cose fredde e
secche. E l'uomo in cui questa complessione abonda, è apellato sanguigno, e ciò è la migliore complessione che sia: dond'elli aviene
uomo grassetto, cantante, lieto e ardito e benigno. Collera è calda e secca, e ha il suo seggio entro il fiele, ed è purgata per li
orecchi. Questa complessione è di natura di fuoco e di state e di calda giovanezza: perciò fa ella uomo adiroso e ingegnoso, arguto,
fiero e leggiero e movente. E sì cresce di state: perciò sono allora li collerichi meno sani che li frematichi, e meno li giovani che li
vecchi; e perciò debono usare cose fredde e umide, imperciò che le malizie che vengono per collera sono pericolose di state più che
quelle che sono per fremma. Maninconia è uno omore che l'uomo apella collera nera, ed è fredda e secca, ed ha suo seggio nella
spiena, ed è di natura di terra e d'autonno: percioe fae li uomini maninconosi e pieni d'ira e di men malvagi pensieri, e pauroso, che
non puote bene dormire alcuna volta. Ed è purgata per gli occhi, e cresce in autunno: perciò sono in questo tempo più sani i
sanguigni che i maninconosi e più e meglio i garzoni che i vecchi. E allora sono più gravi malattie quelle che sono per maninconia
che quelle che sono per sangue: perciò è buono a usare cose calde e umide.
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Glossario
gentil: nobile;
rempaira: dimora, torna alla sua patria;
ausello: uccello;
verdura: fresco del verde;
fe' anti: prima;
adesso con': non appena;
prende... loco: risiede;
propïamente: naturalmente;
s'aprende: si accende;
vertute: poteri, virtù;
valor: proprietà;
asletto: eletto;
doplero: torcia, candelabro;
splendeli: lì splende;
fero: fiero,indomabile;
rivera: dimora; consimel: adeguato;
adamàs: diamante;
vile: di poco valore;
dis': dice;
alter: superbo;
per sclatta: di nascita, stirpe, discendenza;
torno: sono;
semblo: paragono;
gentil valore: autentica nobiltà;
non dé dar om fé: non si deve credere; coraggio: cuore;
d'ere': ereditaria;
porta raggio: si lascia attraversare dalla luce;
ritien: trattiene;
oltra 'l cielo: al di là del moto celeste di sua competenza;
e 'l ciel volgiando: e nel far girare il cielo;
tole: prende;
con': come, in quel modo;
al primero: istantaneamente;
beato compimento: la perfezione dell'atto;
dar dovria: dovrebbe comunicargli;
talento: tal desiderio;
sïando: sarà;
desti: prendesti;
reina: regina, la Madonna;
per semblanti: come termine di paragone;
in vano amor: per un amore terreno;
fraude: peccato;
amanza: amore.
La donna gentile
All’interno della lirica compare la centrale figura della donna che riprende uno dei canoni
fondamentali della poesia stilnovistica.
Per gli stilnovisti infatti la donna è, per loro," ponte di passaggio" tra la terra e il cielo, "
anello di congiunzione tra l'uomo e Dio",cosa " venuta da cielo in terra a miracol mostrare".
Non a caso Guinizzelli sviluppa la tematica della nobiltà d'animo contro la nobiltà di sangue
e stabilisce un legame tra amore e cuore gentile, che sono nati contemporaneamente come il
sole ed il suo splendore, la pietra preziosa ed il suo valore, il fuoco ed il calore.
Il corteggiamento viene sostituito dal rituale della lode e del saluto, che dà "salute"
all'innamorato che lo riceve. Nè la gentilezza, o nobiltà, è privilegio ereditario o di sangue;
è, anzi, un dono individuale e fa tutt'uno con la virtù. L'amore, quindi, è principio di
perfezione morale, elevazione al cielo: cosicché a Dio, che chiede all'amante del suo
attaccamento esclusivo a una creatura mortale, quello potrà arditamente rispondere che la
sua donna "tenea d'angel sembianza", sì che amarla non fu peccato.
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Testo e contesto
• Quadro storico e politico;
• Il Dolce Stil Novo;
• La filosofia;
• L’arte;
• La musica
Quadro storico
Dopo il crollo della monarchia sveva, con la morte di Federico II (1250) e del figlio Manfredi
(1266), e la conseguente dissoluzione della scuola poetica siciliana, l’eredità di quest’ultima viene
accolta dai poeti della scuola toscana.
Essi riprendono, nel loro volgare, i temi d’amore e le convenzioni stilistiche dei poeti della Magna
Curia, ma introducono un interessante allargamento tematico. L’ambiente politico e sociale della
Toscana non è più costituito da una monarchia accentratrice come quella di Federico II, ma da liberi
Comuni, Firenze, Arezzo, Siena, Pisa, Lucca, dove la vita civile è dinamica e percorsa da conflitti e
lotte, tra città, tra classi, tra fazioni. In questo contesto il poeta non è più il burocrate ligio ed il
cortigiano raffinato ma il cittadino che è inserito nella vita politica della sua città, e ne vive
intensamente le passioni, riversandole nella sua attività poetica.
Pertanto, si può vedere affiorare, nella lirica toscana, quella tematica civile e morale che era ignota
ai poeti siciliani: l’esempio più evidente è la grande canzone politica con cui Guittone d’Arezzo,
dopo la battaglia di Montaperti (1260), compiange la sconfitta di Firenze guelfa ed esalta la sua
passata grandezza.
Guittone d’Arezzo (1235 c.a-1294) è la personalità più rappresentativa di questo gruppo di poeti
toscani, e tra i contemporanei assume la funzione di un vero e proprio maestro e caposcuola.
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Analisi del testo
Struttura del testo;
Parafrasi;
Metrica;
Grafo delle corrispondenze strutturali.
Struttura del testo
Merita particolare attenzione l'uso ripetuto della tecnica dell'analogia. Ogni affermazione che riguarda il "cor
gentil" è, infatti, accompagnata da un paragone con fatti ed elementi del mondo naturale (spesso con riferimenti
alla scienza naturale e alla cosmologia contemporanea). I concetti filosofici (gentilezza, amore, natura) sono resi
più concreti e vivaci dal ricorso a paragoni naturali.
La presenza di ornamenti retorici (similitudini, coblas capfinidas, ripetizione di parole chiave, ecc.) non è fine a
se stessa, come nelle letteratura precedente (es. Guittone), ma assolve una precisa funzione concettuale di
esplicazione e verifica di concetti astratti.
- In questa canzone sono individuabili quattro “personaggi”:
Amore (a),
Cuore gentile (+b) o impuro (-b),
Natura (c),
Donna (d).
L'amore è l'argomento del componimento; il cuore in pratica si identifica con l'uomo che può essere vile o
nobile; la natura è l'elemento determinante, è lei infatti che crea amore e, nello stesso tempo, ingentilisce il
cuore; la donna è l'oggetto dell'obbedienza da parte dell'uomo fornito di gentil core.
I primi due personaggi, a e +b, sono inscindibili allo stesso modo in cui a e -b sono contrari e il concetto è
rafforzato da una serie di paragoni:
cor gentil
sta
verdura
a
Sole
clarità di foco
petra preziosa
Doplero
minera di ferro
Cielo
amore
come
ausello
splendore
calore
vertù o valore
foco
adamàs
stelle e splendore
prava natura (-b)
aigua
caldo
sole
aigua
sta
a
amore
foco
freddura
fango
raggi
come
1 di 3
La tesi della prima parte del discorso è che, come può darsi un +b senza a, non può darsi invece un a senza un
+b. Potremmo dire che non c'è amore senza cuore gentile, cioé è necessario che il cuore sia "gentile" affinché
"amore" compia le sue operazioni.
La funzione della "natura" è paragonata a quella del sole: come il sole toglie ciò che è "vile" in una pietra
rendendola atta ad accogliere la virtù che la stella le infonderà, così "natura" (c) agisce sul cuore (-b) e lo rende
"gentile" (+b), a questo punto il cuore è atto a ricevere "amore" (a). Vuol dire che solo "natura" può rendere
"gentile" il "cuore", e non "amore".
A questo punto interviene l'agente esterno, la "donna", a favorire l'avvento di "amore" nel "cuore" dell'uomo
"gentile". Allo stesso modo che la stella infonde valore in una pietra resa preziosa dal sole, così la donna infonde
l'amore nel cuore reso gentile dalla natura.
La conclusione risulta: solo la natura fa il gentile il cuore, il quale così è predisposto ad accogliere l'amore che
una donna-angelo gli infonde.
Resta ancora da chiarire, a livello delle forme dell’espressione, perché questa maniera di poetare fu connotata con
l’aggettivo “dolce” in primo luogo da Dante (rime d’amore “dolci e leggiadre”, Purgatorio, XXVI, v. 99, “dolce
stil novo”, Purgatorio XXIV, v. 57). Il termine “dolce” non ha un valore generico ed impressionistico ma è una
formula tecnica, che designa precisi procedimenti stilistici, che poi saranno ripresi dai successori di Guinizzelli.
Cerchiamo di metterli in evidenza:
2 di 3
Livello fonico: sono evitati accuratamente suoni aspri, in particolari scontri di consonanti. Verifichiamolo nei
punti di maggiore evidenza del verso, le rime. Le sillabe toniche ò-re, vv. 1-3, ù-ra, vv. 2-4, ò-le, vv. 5-7, ò-co,
vv. 8-10: in tal modo lo scontro di consonanti è assente nella maggior parte delle rime della prima strofa (e il
discorso vale anche per le successive). Dove vi sia in rima una sillaba chiusa, si ha il gruppo nasale +
occlusiva, o quello vibrante + occlusiva (èn-te, vv. 6 e 9, èn-de, vv. 11-13, òr-no, vv. 31-33), che sono molto
meno aspri di un gruppo di due occlusive (tt, cc, pp, etc.), o di due fricative (ff, zz), o di due sibilanti (ss).
Livello metrico: non vi sono rime rare o difficili, cioè con combinazioni di suoni rari e poco comuni, quindi
molto difficili da trovare (si pensi a Dante, che nell’Inferno usa rime “aspre e chiocce” come scuffa-muffazuffa, XVIII, vv. 104-108, etc.). Poco frequenti sono anche rime che presentino particolari artifici: vi sono solo
due rime univoche, “sole”/ “sole”, vv. 5 e 7, “cielo”/ “cielo”, vv. 41 e 43, ed una rima siciliana “natura”/
“’nnamora”, vv. 18 e 20. Si pensi, per contrasto, come fossero cari a Guittone, artifici come rime univoche,
equivoche, ricche composte, siciliane. Come già detto, compare solo episodicamente l’artificio delle coblas
capfinidas.
Livello lessicale: non vi sono termini rari e ricercati, ma il lessico è in genere piano e comune. Sono pochi i
francesismi ed i provenzalismi: “rempaira”, “clar”(che può essere anche un latinismo), “aigua”, “coraggio”,
“semblo”, “semblanti”, “sembianza”, “amanza”. Non vi è quindi l’arditezza e la varietà di impasto linguistico
che caratterizza la poesia guittoniana.
Livello sintattico: la sintassi è in genere piana, senza dure inversioni (con qualche eccezione: ad esempio, la
posposizione del soggetto “natura” al v. 4).
Livello ritmico: il ritmo è fluido, senza spezzature violente: non vi sono versi che presentino pause forti al loro
interno (punti fermi, punti e virgola), e sono rari gli enjambements dalla forte inarcatura (i vv. 26-27,
“foco/caldo”, e i vv. 48-49, “splende/del suo gentil”).
Livello retorico: a differenza di Guittone, che impiega numerose figure retoriche di ogni tipo (cfr. la canzone
Ahi lasso, or è stagion), qui le figure retoriche sono rare: la più frequente è il paragone.
Queste caratteristiche danno origine ad un discorso che, pur nella sua complessità concettuale, è fluido e
scorrevole, lontanissimo dall’artificiosità faticosa e aspra dello stile guittoniano.
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Parafrasi
L'amore ha sempre la sua vera dimora nel cuore nobile[1], come l'uccello tra il fogliame (verde) della selva; natura non creò l'amore prima
che il cuore nobile, né il cuore nobile prima che l'amore: appena apparve il sole, immediatamente lo splendore fu lucente, e non vi fu (luce)
prima del sole; e l'amore prende posto nella nobiltà così normalmente e necessariamente come il calore nella chiarezza del fuoco.
Il fuoco d'amore s'accende in cuore nobile come la virtù in pietra preziosa, nella quale non scende valore dalla stella prima che il sole non
l'abbia resa (purificandola coi suoi raggi) cosa nobile; dopo che il sole con la sua forza ne ha tratto fuori ciò che vi è di vile, la stella le
conferisce valore: così la donna, agendo come la stella, innamora il cuore che è stato fatto dalla natura eletto, puro, nobile[2] .
L'amore sta nel cuore nobile per la stessa ragione per cui il fuoco sta in cima alla torcia: vi splende a suo piacere[3], chiaro, sottile: non vi
starebbe in altro modo, tanto è indomabile[4]. La natura ignobile è contraria ad amore come l'acqua, per la sua freddezza, è contraria al
fuoco caldo. Amore prende dimora nel cuore nobile come in luogo a sé affine, come il diamante nel minerale del ferro[5].
Il sole colpisce continuamente il fango: questo rimane vile, e il sole non perde il calore; dice un superbo: « sono nobile per discendenza»;
paragono lui al fango,e la nobiltà vera al sole: poichè non si deve credere[6] che vi sia nobiltà fuori del cuore in dignità ricevuta quale erede,
se (l'erede) non ha il cuore nobile disposto al vero valore: così l'acqua si lascia attraversare dal raggio, mentre il cielo trattiene in sé le stelle
e la luce.
Dio creatore splende all'intelligenza angelica[7], motrice del cielo, più che ai nostri occhi il sole; ella intuisce[8] il proprio creatore al di là
del cielo e prende ad obbedire a Lui, imprimendo il moto rotatorio al cielo; e come immediatamente segue compimento[9] perfetto (della
volontà) del giusto Dio[10], così, per la verità, la bella donna, dal momento in cui splende al suo nobile amante, dovrebbe dargli volontà di
non discostarsi mai dall'obbedirla.
Signora, quando la mia anima sarà davanti a lui, Dio mi dirà: «Che presunzione avesti? Attraversasti il cielo e giungesti fino a Me e desti
Me come termine di paragone per un vano amore: a Me appartengono le lodi e alla regina[11] del nobile regno, per intervento della quale
resta sconfitto ogni peccato». Gli potrò dire: «(la donna) ebbe aspetto d'angelo che appartenesse al Tuo regno; non fu mia colpa, se posi in
lei amore».
[1] Qui gentile significa nobile, per spiritualità elevata e virtuosa.
[2] Nel Medioevo si credeva che le pietre preziose avessero "virtù", cioè la capacità di produrre effetti a volte magici. Tale virtù era infusa in esse da un astro specifico
per ciascuna qualità di pietra, dopo che il sole le aveva purificate.
[3] Cioè, senza poter essere dominato.
[4] Il fuoco tende naturalmente verso l'alto, e vanamente si cercherebbe di volgerlo altrove.
[5] Si credeva che il diamante venisse prodotto da una modificazione del ferro e, come la calamita, avesse la proprietà di attirare il ferro .
[6] Letteralmente: "non deve uomo dar fede", ma om ha valore impersonale, come in francese on.
[7] Gli angeli che muovono di moto rotatorio i cieli seguendo la volontà divina.
[8] Cioè, vede spiritualmente, senza mediazioni..
[9] Esecuzione.
[10] Da parte dell'intelligenza angelica.
[11] La Madonna.
Grafo delle corrispondenze strutturali
Il grafo fa riferimento alle prime due strofe della composizione: il testo poetico è di tipo dottrinale e contiene al suo interno un ben
identificabile impianto argomentativo. La struttura dell'argomentazione si regge a lungo sulla similitudine e sull' antitesi ( figure
retoriche dominanti della composizione ). I piani del ragionamento riguardano la sfera dei sentimenti e delle qualità morali (
all'interno della quale più avanti verrà individuato il concetto di vera nobiltà, nella gentilezza dell'animo ) e quella del mondo della
natura. Più generalmente emerge nelle due strofe la volontà del poeta di teorizzare - su un piano filosofico - come la genesi del
sentimento d'amore si ricolleghi ad una serie di convinzioni della filosofia naturale del tempo. Tale teoria individua una gerarchia tra
gli elementi della natura, come - si argomenta - esiste una gerarchia tra gli uomini che può ricollegarsi al fatto di saper vivere
adeguatamente o meno l'esperienza d'amore.
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Grafo delle corrispondenze strutturali
Il grafo riproduce ancora una volta i rapporti di corrispondenza strutturale che intercorrono tra la sfera dei sentimenti ed il mondo
della natura, rapporti del resto già rilevati nella strofa 1 con una nuova specificità: l'indicazione di elementi alti e bassi nella sfera
naturale, più o meno compatti e coesi nelle parti, in rapporto ad una gerarchia degli elementi del mondo fisico presente nella filosofia
tomistica. L'amore viene assimilato agli elementi caldi e leggeri come il fuoco. Ecco dunque l'immagine della fiamma che naturalmente
tende verso l'alto nella fiaccola con la robustezza fiera della sua luce e del suo calore. Così il diamante ( prezioso ed attraversato dalla luce
) sta congiunto nel minerale di ferro, che, pur appartenendo alla sfera bassa della natura ( compattezza e freddezza ) è inquadrato come
elemento costitutivo della pietra preziosa. Invece il fuoco, con il suo calore, è posto in netta antitesi alla freddezza dell'acqua, che indica
polarità negativa, simbolica della falsa nobiltà rispetto alla purezza della fiamma ( vera nobiltà d'animo ).
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Mappa del percorso
Pagina iniziale
Vita e
opere
Grafo delle
corrispondenze
strutturali
Struttura
del testo
Canzone
Parafrasi
Nota sociologica
Guido
Guinizzelli
Nobiltà
Analisi
del testo
Metrica
Jacopo da Lentini
Dolce StilNovo
Guittone
d ‘Arezzo
Concetto borghese
Amore
Cosmologia
Al cor
gentile
rempaira..
De Amore
di A. Cappellano
Lapidari
Guido
delle Colonne
di nobiltà
Scolastica
Restoro D ‘Arezzo
Pietre
preziose
Fisiologia
Il Tresor
L’intelligenza
L’influenza
delle pietre
L’intelligenza
divina
I quattro
elementi
Donna
“gentile”
La cultura
enciclopedica
L’opinione
dei
contemporanei
Testo
e contesto
Restoro D ‘Arezzo
Glossario
Quadro storico
Stilnovisti
Nota sociologica
Tommaso
d’Aquino
Ipertesto realizzato da:
Le dame:
Adriana Dongarrà;
Tiziana Impallomeni;
Clara Lanfranca;
Francesca Pitarresi
Paola Ruffino …
E il cavalier Antonio Licata
Con la preziosa guida del prof. Silvio Vitellaro
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Al cor gentile rempaira sempre amore