La razza Maremmana:
origini paletnologiche e
caratteristiche produttive
Alessandro Giorgetti, Clara
Sargentini, Andrea Martini,
Roberto Tocci, Ferdinando Ciani
Definizione di ‘Razza Podolica’
La Maremmana è generalmente definita razza
“podolica”, da Podolia, ampia e fertile pianura
dell’Europa orientale, nell’attuale Ucraina.
Comprende: razze bovine macrocere italiane,
arrivate in Italia a seguito delle invasioni barbariche,
caratterizzate da mantello grigio più o meno intenso e
cute pigmentata: Maremmana, Romagnola e
Podolica,
ma anche razze mediocere e brachicere: Chianina,
Calvana, Marchigiana, Piemontese, Modenese.
Presenze preistoriche di bovini
macroceri domestici in Italia
I bovini domestici macroceri però erano presenti nel nostro Paese
anche prima della caduta dell’Impero romano.
• Bovini domestici dalle lunghe corna sono documentati nel nostro
Paese fin dal neolitico. Frammenti ossei di bovini domestici con
caratteristiche dell’Uro sono stati trovati nel sito delle Arene
Candide (SV) del VI millennio a.C., nei siti di Rendina (PZ) e
Scamuso (BA), risalenti al VI millennio.
• Incisioni rupestri in Liguria risalenti all’Età del Bronzo (II millennio
a.C.), rappresentano bovini dalle lunghe corna trainanti l’aratro e
statuette di bronzo della civiltà nuragica rappresentano bovini
macroceri domestici (circa 800 a.C.).
Incisioni rupestri della Valle delle Meraviglie (Liguria), VI millennio a. C..
Incisioni rupestri del Parco dell’Adamello (età del rame, III millennio a. C.)
Navicella nuragica, 800 a. C.
Presenze di bovini macroceri domestici
in Italia in età Etrusca e Romana
• Gli Etruschi lasciarono varie testimonianze artistiche di bovini
macroceri: tomba dei Tori di Tarquinia (530-520 a.C.) e urna
funeraria della tomba del Duce di Vetulonia (VII secolo a.C.).
• Plinio il Vecchio (I secolo d.C.) descrisse un bovino rustico, dalle
grandi corna, diffuso nei boschi e nelle macchie dell’Italia
centrale e da lui definito Bos silvestris.
• Columella (I secolo d.C.) parla di bovini macroceri da lavoro
diffusi in varie regioni italiane, la cui descrizione riporta, pur
dopo 2000 anni, alle razze macrocere contemporanee
(Maremmana, Romagnola, Podolica, Calvana primitiva e in
generale tutte le popolazioni e razze grigie italiane).
Vari documenti storici, materiale iconografico e reperti
archeozoologici testimoniano la presenza nel nostro Paese, fin
dai tempi più antichi, di bovini che più tardi saranno chiamati
impropriamente “podolici”.
Tomba dei Tori di Tarquinia (530-520 a.C.)
Tomba dei Tori di Tarquinia (altro particolare)
Tomba del Duce di Vetulonia Vetulonia (VII secolo a.C.).
Probabilmente la teoria dell’origine podolica dei bovini macroceri deriva
dall’errata interpretazione di un passo dell’ Historia Longobardorum di
Paolo Diacono (720-799 d.C.) nella quale si fa riferimento a bovidi
dalle grandi corna (che chiamava però Bubalus, bufalo). Sembra
invece che la maggioranza dei bovini al seguito dei barbari fossero dei
brachiceri.
D’altro canto Bodò (1990), sull’origine della Grigia della Puzta, ha
evidenziato che fino al Medioevo non esistono descrizioni o
documentazioni di macroceri nella popolazione bovina dell’Ungheria,
ed ha formulato 2 ipotesi:
• La popolazione grigia ungherese fu introdotta nel IX secolo d.C. dai
conquistatori Magiari provenienti dai Carpazi
• La popolazione grigia ungherese fu introdotta in Ungheria dall’Europa
meridionale (dall’Italia o dalla Penisola Balcanica) nel XIII – XIV
secolo.
In epoca più recente è certo il trasferimento di Maremmani in Ungheria e,
forse anche se in minor misura, di bovini magiari in Italia,
particolarmente durante il Granducato dei Lorena in Toscana (1737 –
1859).
• La razza Maremmana si può quindi considerare
autoctona del nostro Paese e qui presente da tempi
preistorici. I bovini rappresentati nell’iconografia
etrusca, il Bos silvestris di Plinio e il bovino da lavoro
di
Columella
deriverebbero
da
popolazioni
preesistenti ancora più antiche.
• Per cercare di ricostruire le reali origini della
Maremmana è necessario partire dal progenitore
selvatico comune a tutti i bovini: il Bos primigenius o
Uro, a sua volta derivato dal pliocenico Leptobos,
antenato sia delle diverse specie del genere Bos
che delle specie appartenenti al genere Bison.
Il progenitore: l’Uro dalle
grandi corna
Bos primigenius. Museo di Paleontologia di Roma
Berlino. Museo di Storia Naturale
L’Uro e le sue sottospecie
• L’ Uro è una specie evolutasi in Asia Centrale circa 2 milioni di anni fa;
da qui, in epoche successive, avrebbe colonizzato gran parte del
continente e avrebbe infine raggiunto l’Europa nell’Holsteniano
(320.000 – 200.000 anni fa), periodo caldo-temperato fra le glaciazioni
del Mindel (410.000 – 320.000 anni fa) e del Riss (200.000 – 130.000
anni fa).
• Nell’ultimo periodo interglaciale Riss-Wurm (130.000 – 80.000 anni fa)
e durante l’ultima glaciazione (Wurm, 80.000 – 10.000 anni fa), l’Uro
avrebbe rivestito un ruolo di primo piano nella sopravvivenza dei popoli
cacciatori-raccoglitori del Paleolitico e dell’alto Neolitico.
• Dal Pleistocene fino alla sua estinzione, avvenuta in tempi storici
relativamente recenti in Polonia (1627 d. C.), la specie
Bos
primigenius raggiunse una notevole diffusione, mantenutasi per diversi
millenni.
• Le sottospecie di Uro, tutte macrocere, riconosciute sono tre: Bos
primigenius primigenius, Bojanus 1827, diffuso nella fascia temperata
dell’Eurasia; Bos primigenius namadicus, Falconer 1859, distribuito nel
subcontinente indiano; Bos primigenius ophistonomus, Pomel 1894,
diffusosi in Africa settentrionale.
Uro su una pittura rupestre a
Lascaux, Francia.
L’Uro europeo
• L’Uro europeo era di grandi dimensioni: i maschi adulti potevano
superare l’altezza al garrese di m 1,80 e avevano un peso vivo
che poteva oltrepassare i 900 kg.
• Il colore del mantello variava dal grigio chiaro, al fulvo, al grigio
scuro, al bruno, con tonalità scure che aumentavano d’intensità
fino al nerastro con l’invecchiamento. La femmina aveva il
mantello variabile dal rosso al bruno-grigiastro, mentre i vitelli
rimanevano fromentini nel primo anno di vita, carattere
conservatosi nelle razze impropriamente definite “podoliche”.
• Specie caratteristica degli ecosistemi a foresta planiziaria e a
pianure con macchie arboreo-arbustive lungo i corsi dei fiumi
dell’ Eurasia, il suo comportamento alimentare può essere
identificato con quello tipico del selettore intermedio,
pascolatore - brucatore, diverso da quello caratteristico della
maggioranza delle razze bovine attuali, pascolatrici tipiche, ma
simile a quello di razze rustiche macrocere come la Maremmana
e la Podolica.
Polonia. Monumento all’ultimo Uro
L’Uro in Italia
• La presenza dell’Uro nel nostro Paese è documentata da reperti
ossei e iconografici che vanno dal Paleolitico superiore (35.000 –
10.000 anni fa), attraverso il Mesolitico (10.000 - 8.000 anni fa),
fino alla metà del Neolitico (IV millennio a.C.); in questo lungo
intervallo temporale gli antichi abitanti dell’Europa ci hanno
lasciato numerose raffigurazioni di bovini selvatici.
• Nel nostro Paese sono ben 11 i siti preistorici che in cui
compaiono rappresentazioni di Uro; quasi tutti hanno anche
restituito resti ossei di Bos p. primigenius, spesso relativamente
abbondanti, a dimostrazione dell’importanza della specie come
oggetto di caccia e nell’alimentazione.
• I reperti hanno evidenziato che gli Uro italici, e più in generale
dell’Europa meridionale, erano più piccoli rispetto a quelli delle
regioni settentrionali del continente, con arti più lunghi in
relazione al peso e mantello più chiaro e meno fitto.
L’Uro
La domesticazione dell’Uro
•
I principali centri di domesticazione dell’Uro sono stati identificati
nell’Asia sud-occidentale (mezzaluna fertile), in periodi corrispondenti
almeno al Neolitico pre-ceramico.
•
Da reperti ossei rinvenuti in siti Natufiani della Palestina, presso le rive
del Mediterraneo, è emerso che i bovini furono probabilmente
addomesticati nel IX millennio a.C., periodo confermato da altri reperti
della stessa specie rinvenuti nell’isola di Cipro.
•
In generale, una grande massa di ritrovamenti suggerisce la diffusione
di macroceri domestici nel Neolitico lungo le coste asiatiche, africane
ed europee del Mediterraneo, fino all’Europa centrale e settentrionale.
•
Per quanto riguarda i brachiceri si ritiene che abbiano avuto origine da
una o più varietà di bovini domestici macroceri e che le varie
caratteristiche brachicere si siano sviluppate per l’effetto combinato di
modificazioni genetiche spontanee e della selezione artificiale operata
dall’uomo, agli inizi del V millennio a.C. in Medio Oriente.
Testa di Toro. Periodo Minoico/Cretese 1700-1450 a.C.
La diffusione di bovini macroceri
I bovini domestici macroceri e brachiceri (in un secondo
tempo) si diffusero progressivamente in Europa
(VI/VII millennio a.C.) e nel continente africano (V
millennio a.C.).
In Africa il bovino domestico dalle grandi corna per
molto tempo costituì l’unico tipo di bovino presente,
ampiamente raffigurato dagli Egizi soprattutto a
partire dal III millennio a.C.
Le prime immagini del dio Apis illustrano chiaramente il
colore del mantello e alcune caratteristiche
somatiche di questo bovino primitivo di medie o
grandi dimensioni corporee.
Il dio Apis
La diffusione di bovini macroceri
Dall’Egitto verso 2.700 - 2.800 a.C., gli allevatori di
questo ceppo iniziarono una migrazione seguendo tre
direttrici:
– verso sud, in direzione della Nubia e dell’altipiano
etiopico
– verso sud-ovest, in direzione del lago Chad e verso
ovest lungo la costiera mediterranea, in direzione delle
attuali Libia, Tunisia, Algeria e Marocco. Le popolazioni
di quest’ultima direttrice, giunte all’altezza dello stretto
di Gibilterra, si divisero in due tronconi: uno diretto a
sud, lungo la costa atlantica fino al golfo di Guinea
(origine delle razze N’dama e Kouri), e l’altro a nord
verso la penisola iberica (origine razze iberiche
macrocere).
Macroceri europei: l’origine della Maremmana
• Il popolamento di Bos primigenius taurus domestico in Europa è
complesso: alle popolazioni arrivate durante il Neolitico, attraverso la
Turchia e i Balcani, a partire dal VI-VII millennio a.C., si andarono più
tardi ad aggiungere le popolazioni iberiche, a loro volta provenienti
dall’Egitto e transitate lungo la sponda meridionale del Mediterraneo.
E’ anche probabile un’introduzione, via mare, di quelli stessi bovini
domestici macroceri in migrazione dall’Egitto.
• In Europa, agli inizi del 3000 a.C., venivano già allevati bovini
brachiceri in associazione con esemplari di maggiori dimensioni di
tipo macrocero.
• Non è chiaro se e in quale misura le diverse popolazioni bovine
domestiche macrocere arrivate in Europa siano venute tra loro in
contatto, e di conseguenza non è chiaro se le popolazioni centroeuropee e soprattutto quelle italiane siano il risultato di una o più di
tali introduzioni.
Macroceri europei: l’origine della Maremmana
• Come accertato da molti siti neolitici del nostro Paese,
erano presenti in Italia almeno 3.500 anni prima della
migrazione dall’Africa alla penisola iberica e almeno
1.000 anni prima che la specie domestica mettesse piede
in Egitto.
• Tutte indicano che i bovini allevati per il lavoro e per le
attività
ludiche
dalle
popolazioni
pre-celtiche,
villanoviane, etrusche, e nuragiche, fino dagli albori,
avevano le corna lunghe ed una una somiglianza
somatica molto accentuata fra di loro.
Macroceri europei: l’origine della Maremmana
• Quali rapporti esistono tra l’Uro e i macroceri domestici
europei?
• Sicuramente i secondi sono i discendenti del primo, ma
gli Uro erano distribuiti ampiamente in quasi tutto il
territorio eurasiatico, con notevoli differenze fenotipiche.
• Di norma viene accettata l’idea che il centro di
domesticazione (o i centri) siano localizzati nella
mezzaluna fertile. Le popolazioni domestiche arrivate in
Europa già nel neolitico antico trovarono però uro già
presenti nel continente da decine di migliaia di anni.
• Ma, gli Uro europei contribuirono o no alla formazione
delle razze domestiche macrocere?
Macroceri europei: l’origine della Maremmana
Ricerche condotte alcuni anni fa sulle sequenze di
frammenti di DNA mitocondriale di due uro preistorici
dell’Inghilterra, avevano dimostrato una netta diversità
tra questi e tutte le razze bovine moderne europee.
Se le sequenze degli uro inglesi si potessero considerare
come rappresentative della composizione genetica della
specie selvatica in Europa centro-settentrionale
emergerebbe che questa popolazione non ha contribuito
alla formazione delle attuali razze bovine europee. Gli
allevatori di bovini del neolitico non sarebbero perciò mai
stati interessati) ad introdurre nei loro allevamenti il
genoma dei locali uro comunemente presenti allo stato
selvatico.
L’albero filogenetico mostra le distanze tra le razze “ gibbute” (Bos indicus), le razze “taurine” (Bos taurus) e l’uro
(Bos primigenius) (Troy et al., 2001).
Principali corridoi di migrazione delle razze bovine, suggeriti dall’analisi delle sequenze mitocondriali.
L’area racchiusa all’interno del cerchio rappresenta il centro d’origine dal quale si sarebbero poi diffuse
le razze “taurine”domestiche europee e nord-africane. Il quadrato corrisponde ad un secondo evento di
domesticazione, all’interno del quale si colloca l’origine delle razze zebù asiatiche.
Il collegamento tra i due centri è abbastanza incerto.
Macroceri europei: l’origine della Maremmana
Studi condotti su frammenti ossei di uro italiani
(circa 19.000 anni fa), comparati con le razze
Chianina e Maremmana, indicherebbero che
alcune sequenze di DNA mitocondriale osservate
in queste razze bovine europee attuali erano già
presenti negli antichi uro della penisola italiana.
Mentre ulteriori studi hanno indicato che, almeno
per quanto riguarda le popolazioni nord-europee di
uro, non vi fu alcuna partecipazione alla
formazione delle moderne razze.
L’albero neighbour joining (NJ) dei
bovini antichi e moderni:
Il cerchio rosso rappresenta i Bos
primigenius inglesi,
quello viola i B. primigenius italiani
e B. taurus europei,
quello blu i B. taurus africani.
Macroceri europei: l’origine della Maremmana
•
•
•
•
•
Ricerche più recenti su frammenti di DNA mitocondriale di uro dell’Europa
continentale, settentrionale e occidentale hanno infatti dimostrato la
presenza dominante di un aplogruppo denominato P che è invece assente
nelle razze e popolazioni bovine moderne, sia europee che nord-africane
e medio-orientali.
le razze europee sono caratterizzate quasi esclusivamente da un singolo
gruppo di sequenze del DNA mitocondriale, l’aplogruppo T3;
le nordafricane e medio orientali dalla presenza di quattro aplogruppi
principali: T, T1, T2, T3, tutti nettamente divergenti dal P.
Ciò conferma che, almeno per quanto riguarda le popolazioni nordeuropee di uro, non vi fu alcuna partecipazione alla formazione delle
moderne razze.
Esemplari di uro dell’Italia centrale e meridionale risalenti ad un periodo
compreso fra 15.000 e 5.000 anni a.C hanno evidenziato nel DNA
mitocondriale di questi animali sequenze caratteristiche dell’aplogruppo
T3, che li distingue geneticamente dagli uro centro-europei (che
presentano l’aplogruppo P) e li avvicina sia alle moderne razze bovine che
agli uro del medio-oriente, che hanno lo stesso aplogruppo T3.
European spread of agropastoralism. Each black cattle figure represents a population sample point. Different hypothesized maritime routes (dashed
line with arrow) and continental route (solid line with arrow) are indicated. Dash-dot lines are suggestive of the geographic limits of African cattle
influence in Europe. Pie chart represents the frequencies of the four major mtDNA haplogroups, with circle sizes proportional to sample sizes.
Macroceri europei: l’origine della Maremmana
• Le attuali razze grigie autoctone italiane, compresa la Maremmana,
presentano l’aplotipo T3, comune a quello degli uro centro-meridionali
italiani, in circa il 60% degli individui esaminati.
• Di conseguenza, si può ipotizzare che in Italia gli allevatori neolitici
abbiano accettato o addirittura favorito moderati livelli di
introgressione genetica di uri selvatici nelle loro popolazioni
domestiche, almeno da parte di femmine di Bos primigenius
primigenius, pur conservando un pool genetico assai simile a quello
di alcune popolazioni medio-orientali.
• Infatti ulteriori ricerche condotte ancora sul DNA mitocondriale delle
razze autoctone toscane Maremmana, Chianina e Calvana e di attuali
popolazioni dell’Anatolia e del Medio Oriente, confermano la
presenza in tutti questi bovini dei quattro aplogruppi T, T1, T2, T3, dei
quali l’ultimo è predominante.
• Questa variabilità condivisa, non presente in altre razze autoctone
italiane ed europee, tende a confermare la stessa origine genetica da
popolazioni protostoriche bovine, di incipiente domesticazione,
Anatoliche e Medio Orientali derivate da Uro locali.
La Maremmana e le sue caratteristiche
• Razza rustica per eccellenza, con scheletro
forte, incornatura poderosa, pelle spessa e
robusta, grande sviluppo del treno anteriore,
la Maremmana presenta performance
produttive quantitativamente scadenti.
• Le modeste rese in carcassa hanno fatto sì
che nel secolo scorso venissero avanzate
proposte
e
fossero
prese
iniziative
oggettivamente negative anche per la stessa
sopravvivenza della razza.
La Maremmana e le sue caratteristiche
Dopo la bonifica della Maremma tosco-laziale molti
volevano sostituire la rustica Maremmana con la più
produttiva Chianina.
La stessa stagionalità dei parti, risultato di una
stagionalità nella monta naturale, era ed è visto come
fattore limitante le possibilità di sviluppo della razza.
Ma grazie alla caparbietà dei ricercatori della UNIFI ed
agli allevatori, la razza fu salvata dall’estinzione e oggi,
pur in presenza di una numerosità effettiva relativamente
ridotta, è ancora presente al suo interno un livello
soddisfacente di eterozigosi, premessa per una efficace
opera di selezione.
La Maremmana e le sue caratteristiche
Tuttavia l’idea di una sostituzione parziale, attraverso la
pratica dell’incrocio con la Chianina delle vacche
maremmane continuò, tanto che fino agli anni cinquanta del
secolo scorso si parlava di “razza” Chianino-Maremmana,
meticcio relativamente stabilizzato.
La pratica dell’incrocio, continuò, a partire dagli anni
sessanta, con le francesi Charolaise e Limousine, per
affievolirsi o fermarsi (in Toscana ma non nel Lazio) solo a
partire dagli anni ottanta, con la presa di coscienza
dell’importanza della conservazione e della valorizzazione
in purezza dei genotipi autoctoni.
La Maremmana e le sue caratteristiche
D’altra parte, a fronte dell’oggettiva limitatezza delle
produzioni dal punto di vista quantitativo, studi sulla
qualità delle carni condotte UNIFI fin dagli anni novanta
hanno dimostrato ottime caratteristiche qualitative, sia
per quanto riguarda gli aspetti più propriamente
sensoriali (sapore, tenerezza, succulenza), che per quelli
dietetici (povertà in acidi grassi saturi, ricchezza in acidi
grassi insaturi e particolarmente polinsaturi omega-6 e
omega-3) Ne risultano valori di assoluta eccellenza degli
indici che descrivono la capacità di esercitare un effetto
protettivo nei confronti delle malattie cardiovascolari e
che, in particolare nei vitelloni leggeri di 14-16 mesi di
età, non temono confronti con quelli di razze da carne
“nobili”, Chianina compresa.
La Maremmana e le sue caratteristiche
Queste caratteristiche pregevoli si perdono, in gran
parte, negli incroci e, oltre certe età, anche nei vitelloni in
purezza. Ne deriva la necessità di trovare soluzioni
innovative nei processi produttivi in grado di superare gli
ostacoli che, a fronte della bontà qualitativa del prodotto,
si oppongono a un auspicato sviluppo e successo di
questa antica, nobile razza.
La Maremmana e le sue caratteristiche
18 mesi
15 mesi
Acidi grassi saturi
43,3
42,9
Acidi grassi monoinsaturi
32,3
30,5
Acidi grassi polinsaturi ω-6
20,9
22,1
Acidi grassi polinsaturi ω-3
3,6
4,0
MONOINSATURI/SATURI
0,75
0,71
POLINSATURI/SATURI
0,57
0,62
Indice di aterogenesi
(optimum < 1,0)
0,51
0,49
Indice di trombogenesi
(optimum < 2,0)
1,09
0,98
Grazie per l’attenzione!
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La razza maremmana: origini paletnologiche e caratteristiche