IL CIRCUITO DEL VALENTINO 1935 - 1955
“Da quanti anni si accennava alla possibilità di organizzare una classica prova
automobilistica a Torino? Il desiderio era antico, e antiche le difficoltà che si
frapponevano alla sua realizzazione” – scriveva il RACI, pubblicazione ufficiale del
Reale Automobile Club d’Italia, nel giugno 1935. Era curioso infatti che a Torino,
dove erano nate tante industrie da farne la città “capitale dell’automobile”, dove si
organizzavano splendide competizioni in salita come la Sassi – Superga e la Susa –
Moncenisio, mancasse un circuito di velocità. Forse pesò negativamente il ritiro della
Fiat dalle corse, nel 1927, e la vicinanza con il circuito di Monza, inaugurato il 3
settembre 1922. I primi a combattere per l’apertura di un circuito cittadino furono i
motociclisti, che infatti vararono un “Circuito Internazionale del Valentino” già a
partire dal 1932. Poi qualcosa si mosse anche per le automobili. “Quest’anno –
scriveva ancora RACI del 1935 – i dirigenti della sede di Torino del RACI , in
accordo con il Comitato Manifestazioni Torinesi, con lodevole e tenace attività,
hanno fatto sì che le aspirazioni e i progetti divenissero sicura realtà. Così Torino,
città di alte tradizioni motoristiche, definita “la capitale del motore”; città
sportivamente degna di figurare tra le primissime per il valore dei suoi campioni, per
le capacità dei suoi organizzatori, si appresta a realizzare il “suo” circuito
Automobilistico con la fiducia che la grande prova, la cui prima effettuazione avrà
luogo domenica 7 luglio, si inserirà nei prossimi anni fra le corse classiche
internazionali”. Fu una fiducia ben riposta, gli organizzatori non si potevano augurare
niente di meglio per il “1° circuito automobilistico di Torino”: tripletta della Scuderia
Ferrari, ai primi tre posti con tre Alfa monoposto guidate da Nuvolari, Brivio e
Pintacuda, vanamente contrastate dall’unica reale competitrice, la Bugatti 3300, al
suo esordio, guidata da Trossi. Peraltro Trossi non riuscì neanche ad entrare nella
finale perché colpito ad un occhio da un sassolino lanciatogli dalle ruote di una
macchina durante un sorpasso. Questo incidente diminuì l’interesse della gara: altri
veri concorrenti non ve ne erano, visto che la nuova Maserati ad otto cilindri aveva
deciso di esordire quello stesso giorno al Gran Premio della Marna in Francia. Il
beniamino del pubblico, il giovane torinese Nino Farina su Maserati, non brillò
granché, stante una vettura non all’altezza; la gara di Nuvolari non fu perciò più
minacciata da nessuno, e il compito più gravoso dei box e del direttore sportivo fu di
regolarne la foga, con ripetute segnalazioni di rallentare. “Meraviglioso veramente il
percorso, snodantesi per 4.088 metri in un lungo anello attraverso il celebre parco
torinese in riva al Po, dal piazzale antistante il Castello del Valentino al lungo viale
ricco di sinuosità e di dislivelli che risale il fiume passando accanto al romantico
Borgo Medievale e sotto il tunnel del Ponte Isabella sino al nuovo ponte Vittorio
Emanuele III, per ritornare con una successione di curve non tutte facili al punto di
partenza, dopo aver contornato il Palazzo della Mostra della Moda, e il laghetto.
Strade tutte asfaltate, ottime, larghissime e tuttavia ricche di difficoltà – ce lo dicono
le medie non molto elevate – per l’assenza di rettilinei veri e propri e per l’insidiosità
delle curve, quasi tutte non rialzate, ed anzi taluna in contropendenza. In complesso
un circuito ove, più che la velocità assoluta o la bontà della macchina, contava la
valentia del guidatore, e la sua audacia; quindi più che adatto quale vaglio severo
per il campionato italiano conduttori”. E più che adatto a far vincere una tempra
come il “mantovano volante”.
Il II circuito di Torino si corse due anni dopo, il 18 aprile 1937. Grandissima l’attesa:
si calcolò che assistettero alla gara 50.000 persone, pur mancando un’attrazione come
Nuvolari, infortunatosi durante gli allenamenti. E il parterre delle Autorità non finiva
più: da S.A.R. il Principe di Piemonte, al Podestà Sartirana, al Prefetto Oriolo, al
Conte Calvi di Bergolo, al Commissario del RACI Bonacossa, al Segretario del Coni
Vaccaro, al direttore generale del Raci Magnani, al Presidente della CSAI Furmanik,
oltre a Vittorio Jano, Enzo Ferrari, Franco Mazzotti, Renzo Castagneto, Giulio Cesare
Cappa…Ma stavolta i risultati furono deludenti. Si era deciso di dividere i
concorrenti in due categorie, fino ai 1500 cc e oltre i 1500, facendoli gareggiare
separatamente. Per quanto riguarda la classe maggiore, ascoltiamo la cronaca di
“Auto Italiana”: “Per circa due ore le quattro macchine Alfa Romeo della Scuderia
Ferrari pilotate da Brivio, Farina, Trossi e Pintacuda sono passate davanti agli
occhi degli spettatori senza suscitare un brivido od un entusiasmo qualsiasi. Gli unici
spostamenti nella posizione di comando sono stati prodotti dalla necessità di
fermarsi a mettere acqua nel radiatore, perché le macchine, costrette per più di due
terzi del percorso a girare sui rapporti bassi, producevano surriscaldamento ai
motori. Per quattro giri è stato in testa Brivio, poi per 12 Farina, poi dal 17° al 60°
finale ancora Brivio”. Fine della cronaca. Il giornalista Luraschi concludeva “Il
lettore giudichi quale propaganda al nostro sport è stata fatta a Torino e come il
pubblico deve essersi divertito!”. Per fortuna, la gara della categoria minore riservò
colpi di scena, agonismo e suspense e questo in parte consolò gli spettatori, che
applaudirono a lungo le gesta di Bira, di Bjornstad, di Luigi Villoresi, di Bianco, e
soprattutto ammirarono le qualità della veloce e versatile Maserati 1500. Ma ci si rese
conto che il circuito, per lo meno nella nuova versione di soli 2,9 chilometri, era più
adatto a macchine di cilindrata minore: “vanno riveduti certi criteri organizzativi
e…(occorre capire se) non sono i tracciati dei circuiti stra-cittadini a tenere lontani i
concorrenti stranieri; se sia quindi opportuno ai fini della propaganda tecnica e
sportiva persistere ad organizzare gare per macchine da 300 all’ora su circuiti che
non consentono neanche medie di 100 all’ora”. “Gara incolore dunque – fu anche il
giudizio di Aldo Farinelli sulla Stampa – nella quale finirono con l’acquistar rilievo
le acrobazie di Magistri e di Wild sulle loro modeste Alfa 2300 che rischiando ad
ogni curva riuscirono a non sfigurare di fronte ai colossi della corsa. L’eccellente
Brivio dovette così accontentarsi di un applauso di cortesia sul quale calò il
metaforico sipario”.
Metaforico, con il senno di poi, neanche tanto visto che, complice la seconda guerra
mondiale, di circuito del Valentino si riparlò nove anni dopo, nel 1946. Fu una delle
prime gare della ripresa, e la stampa la definì “tecnicamente un tramonto,
sportivamente l’alba della rinascita”. Gli organizzatori infatti, che come di consueto
erano l’Automobile Club d’Italia e la sua sede di Torino, misero in piedi due gare, il
“I° Gran Premio di Torino”, abbinato alla Lotteria della Solidarietà Nazionale, che
riprendeva la tradizione della Lotteria di Tripoli, e la Coppa Andrea Brezzi, da
disputarsi due giorni dopo. Per quanto riguarda il regolamento, si decise di anticipare
la nuova formula internazionale, che avrebbe dovuto partire solo dal 1° gennaio 1947,
ammettendo perciò nella classe 1 vetture con compressore con cilindrata massima di
1500 cc e nella classe 2 vetture senza compressore, con cilindrata massima di 4500
(nella Coppa Brezzi invece le autovetture, di categoria sport e corsa, erano divise in
cilindrata da 750 a 1100 e cilindrata da 1100 a 1500). L’ultima grande corsa di
velocità prima della guerra era stata disputata a Tripoli, retta dalla formula del litro e
mezzo di cilindrata, e si era conclusa con la vittoria della Mercedes 8 cilindri. Le
stesse macchine da un litro e mezzo (Alfa Romeo, Maserati, Era) si ripresentarono a
Torino, naturalmente riviste e corrette, capaci di sviluppare, grazie all’applicazione
del doppio compressore, 180 cavalli per litro, circa 270 CV complessivamente Ma fu
chiaro a tutti che lo sport automobilistico esigeva qualcosa di nuovo, che
l’impostazione del motore 1500 sovralimentato aveva fatto il suo tempo, che un ciclo
era concluso. La gara maggiore ebbe grande successo: arrivarono da ogni parte
d’Italia oltre centomila persone, un record. Già nelle due giornate di prove 55.000
spettatori avevano seguito il lavoro preparatorio dei campioni. L’ACI incassò venti
milioni, una cifra enorme, ma che coprì appena le spese. Furono quasi esclusivamente
i piloti dell’Alfa a dare spettacolo: Farina, come al solito beniamino del pubblico e
grande favorito, alla partenza tranciò i denti della coppia di trasmissione del ponte;
Sanesi, alla partenza dal box dopo un arresto, subì la stessa avaria; Trossi rimase con
il cambio bloccato, e compì l’intera gara in quarta. Varzi, che correva su una vettura
con un solo compressore, e Vimille, che invece disponeva di un’Alfa con motore a
doppio stadio, non ebbero noie, ma usarono con molta prudenza e circospezione i
cambi. Sull’incidente a Farina c’è una testimonianza curiosa, raccontataci dall’ing.
Gianni Rogliatti, amico personale di Farina. Fu quest’ultimo a confidargli che, poco
prima della partenza, ebbe un diverbio con il direttore sportivo dell’Alfa Romeo
perché consapevole che la casa aveva deciso di far vincere Wimille, per ragioni di
buon vicinato con la Francia, mentre egli avrebbe voluto battersi ad armi pari (in
realtà poi non si impose Wimille…). La discussione, secondo Farina, finì con una
frase minacciosa: “I piloti sono liberi (di correre per il primo posto) ma chi rompe la
macchina esce dalla squadra”. Stranamente, il torinese aveva appena preso il via che
si bloccò il cambio in prima e il pilota fu costretto al ritiro, dalla gara e dalla squadra.
Varzi e Vimille si alternarono al comando ciascuno esattamente per trenta giri, sui 60
del circuito. Ad imporsi, forse contro le stesse previsioni dell’Alfa Romeo, fu Varzi,
alla sua prima gara dopo l’eclisse (vedi La Manovella di novembre 2004 ). “Achille
Varzi a Torino ha dimostrato di essere quello di un tempo: sicuro, potente, stilista
impeccabile… sul finale impose la sua esperienza e la sua classe, sotto un diluvio di
pioggia” – scrisse Auto Italiana. Degli altri piloti, poco da dire: Nuvolari, su
Maserati, dopo un inizio impetuoso durante il quale si era portato al terzo posto,
dovette cedere prima per la rottura di un ammortizzatore poi per la perdita di una
ruota; lo sostituiva Cortese, a sua volta sostituito da Chiron, che ebbe noie con il
magnete. Si classificò terzo Sommer, su Maserati.
La Coppa Brezzi va ricordata invece per l’indimenticabile esordio della piccola
Cisitalia D46, la “monoposto di serie”, di cui i lettori della Manovella sanno già tutto
(vedi il numero di ottobre 2004), e per quell’immagine che fece il giro del mondo,
ritraente Nuvolari che torna al box guidando con il volante in una mano e il piantone
dello sterzo nell’altra.
Del secondo Circuito Internazionale di Torino, corso il 12 ottobre 1947 e riservato a
vetture sport, si disse che era stata “la più bella corsa dell’anno”. Sicuramente fu
interessante, anche se non appassionante o ricca di colpi di scena, perché la vittoria di
Sommer con la dodici cilindri Ferrari, dal quindicesimo giro in poi, non fu mai in
discussione. Fu piuttosto una gara che aprì e chiuse il confronto fra due diverse
macchine e due diverse scuole, permettendo di vederne la futura evoluzione. Le due
diverse macchine erano, da una parte, la Ferrari 12 cilindri sport reduce dalla
sconfitta al recente circuito di Modena, e la Maserati 6 cilindri sport che quel circuito
se lo era aggiudicato. Le diverse scuole erano la nuova produzione italiana nel campo
della vettura sport internazionale e la produzione francese, da tempo sulla breccia in
quello stesso campo con diversi modelli. I partenti, dopo la selezione basata sui
migliori tempi stabiliti in prova, secondo un criterio imposto dall’abbinamento alla
Lotteria, furono venti. Al via fu Villoresi con la Maserati a mettersi in luce, seguito
da Sommer con la Ferrari, a sua volta tallonato da Ascari sulla seconda Maserati. Per
cinque giri Villoresi tenne la testa, poi fu superato da Sommer; si riportò in testa, ma
per due giri soltanto. Sommer si installò saldamente al primo posto, e la distanza fra
lui e gli inseguitori si fece sempre più grande. Poiché Ascari dovette fermarsi per la
rottura del cambio e Villoresi poco dopo per un identico guasto, Sommer non ebbe
più problemi fino al traguardo; si può affermare che l’episodio più vivace della
seconda parte della gara fu il duello tra Auricchio con la Fiat 1100 Stanguellini e Rol
con la Simca 1200. La Ferrari, su un circuito di 504 chilometri, da frenata e da
accelerazione ad un tempo, inclusa una parte velocistica abbastanza importante, si
impose con autorità assoluta. Il 12 cilindri di Maranello si rivelò dunque l’esemplare
di vettura sport da competizione tecnicamente più aggiornato d’Europa, a distanza
siderale dalle analoghe costruzioni francesi, da cui la dividevano numerosi dettagli. Si
trattava di una vettura sport azionata da un motore relativamente piccolo, di
nemmeno 2000 cc di cilindrata, ma generoso di cavalli (60 cavalli a litro, 125 CV
complessivamente), contro macchine munite di motori di grossa cilindrata (4500 cc la
Talbot e 3600 cc la Delahaye) ma di mediocre potenza specifica (40 cavalli per litro,
170 complessivamente), e frazionato su sei cilindri. Il motore Ferrari era ad elevato
regime di rotazione, con un rapporto fra corsa e alesaggio inferiore all’unità, il
classico “super quadro”. Mentre erano motori relativamente lenti quelli delle vetture
sport francesi. La vettura Ferrari era leggera, di ridotto ingombro, pronta
accelerazione, facile frenatura, estrema maneggevolezza. Tutt’altro discorso per le
francesi, grosse, ingombranti e pesanti. Dunque è chiaro che su un tracciato che
comportava due rallentamenti sensibili, altrettante accelerazioni e un tratto misto tale
da imporre una perfetta stabilità laterale, soltanto la Ferrari poteva uscirne bene.
Soprattutto dopo l’uscita di scena delle Maserati, le uniche vetture tecnicamente e
costruttivamente affini. Anch’esse infatti erano vetture sport leggere, maneggevoli,
agili, con la stessa potenza, peso ed ingombro, ma con qualche difetto di messa a
punto per ciò che riguardava sospensioni e freni, e una certa debolezza strutturale. La
gara di Torino permise anche di apprezzare le doti dei modelli ultraleggeri di
Stanguellini e di Gordini, entrambi derivati dal 1100 Fiat. Impressionò
favorevolmente soprattutto la 1200 Simca – Gordini di Rol, giudicata dalla stampa
specializzata una vetturetta di prestazioni eccezionali sotto tutti i punti di vista.
Chiusa dunque con pieno successo l’edizione 1947, si cominciò a pensare a quella del
1948, che avrebbe ospitato, per la prima volta a Torino, e dopo ben 27 anni dalla sua
costituzione, il Gran Premio d’Italia. Le condizioni climatiche in cui si svolse furono
a dir poco infernali: piovve, anzi diluviò, per tutto il tempo, infradiciando i 25 mila
spettatori, rendendo proibitive le condizioni del circuito, impedendo persino ad alcuni
concorrenti, come quelli della Scuderia Milan arrivati all’ultimo momento e senza
gomme ancorizzate, di classificarsi, e comunque rendendo impossibile il
mantenimento dei tempi delle prove. Presero il via in venti, tra altissimi spruzzi di
pioggia, e già al primo rettilineo Wimille, su Alfa Romeo, si insediò al comando,
dove rimase per tutti e 75 i giri della gara “compiuti dal francese con una sicurezza
sbalorditiva di autentico fuori classe e con un vantaggio sempre crescente, malgrado
la furibonda battaglia che alle sue spalle si era accesa tra Villoresi (Maserati) e
Sommer (Ferrari) dimostratisi in breve i due lottatori più accaniti e coraggiosi
dell’intera pattuglia”, come scrisse Auto Italiana. Fu proprio l’alternarsi in seconda
posizione di Villoresi e Sommer a rendere avvincente il Gran Premio, che altrimenti
la manifesta superiorità di Wimille e della vettura milanese avrebbe reso monotono. I
due arrivarono quasi insieme ai box per il primo rifornimento; ne ripartirono insieme,
e rimasero ruota contro ruota finché Sommer fece una piroetta che gli fece perdere
quasi un minuto, mentre Villoresi proseguiva tallonando Wimille ad un giro di
distanza. La gara tra i due si riaccese allorché anche la Maserati cominciò ad accusare
problemi di malfunzionamento e perciò a rallentare il ritmo. Sommer allora tentò il
tutto e per tutto per riprendere il rivale. Da trenta che erano i secondi di distacco tra i
due, scesero a 27” poi a 25” poi a 20”, infine a 7”. L’arrivo, che premiò lo sforzo di
Villoresi, avvenne a due secondi l’uno dall’altro. L’Alfa Romeo, comunque,
attraverso la gara magistrale di Wimille, che nemmeno per un istante delle tre ore di
gara diede l’impressione della minima incertezza, si confermò la vettura più
efficiente. Impressionò però anche la Ferrari 1500 12 cilindri, con una potenza di 225
cv, un passo di appena 2,15 metri, un peso di soli 550 kg, dunque un telaio
ultraleggero di ridottissimo ingombro. Ma le maggiori simpatie, come scrisse
Corrado Filippini su Auto Italiana “sono andate alle 25 mila persone che
coraggiosamente hanno sfidato il maltempo, inzuppandosi fino al midollo ai bordi
della strada di corsa del Valentino”. Una curiosità. La corsa di Torino fu detta “XIX
Gran Premio d’Italia”. In realtà era il 18°, in quanto l’anno prima si era saltati dalla
16° edizione alla 18° per ragioni di scaramanzia tutte italiane. Altra curiosità: per la
prima volta molti corridori, tra cui Trossi, Chiron, Manzon, Rosier, De Graffenried,
Taruffi, Bira, utilizzarono il casco. Da molte parti si chiedeva di renderlo obbligatorio
in gara e in prova, sull’esempio degli Stati Uniti.
Sotto identico diluvio si corse la Coppa Michelin, riservata alle vetture sport classe
750 cc. Ne risultò pregiudicato non soltanto il successo di pubblico, ma persino lo
svolgimento della corsa stessa, nonostante l’indubbio valore delle vetture in gara, 27
concorrenti che formavano un gruppo multicolore e pittoresco, tra cui Siata,
Testadoro, Stanguellini e Nardi-Danese. Giusti, su Testadoro, si affermò con autorità.
Da queste due gare trascorsero quattro anni, prima che si cominciasse a parlare di una
nuova edizione. Nel 1952 l’Automobile Club di Torino non soltanto riuscì ad
organizzare nuovamente la gara ma anche a riservarla alle vetture di F1, proprio in
una stagione in cui quasi tutti gli organizzatori europei, di fronte alle difficoltà di
mettere in piedi gare con questa formula, avevano optato per la Formula 2, che
presentava ovviamente problemi organizzativi più facili e rischi minori. Non ci si
lasciò scoraggiare dalla scontata rinuncia dell’Alfa Romeo, e da quella, inaspettata,
della B.R.M., e neanche dalla necessità di studiare un percorso completamente
nuovo, per ottemperare al desiderio delle autorità comunali di proteggere ad oltranza
il verde del parco. Il tracciato fu dunque tutto inedito, di 4200 metri, forse non del
tutto adatto a bolidi di altissima velocità. Presero il via soltanto 13 vetture, e tra
queste, sulla carta, unicamente le quattro Ferrari ufficiali avevano probabilità di
vittoria. Ascari, Villoresi e Farina guidavano delle 12 cilindri di 4500 cc di cilindrata,
dall’aspetto anteriore nuovo grazie alla maschera più lunga e all’invito dell’aria
intubato. Taruffi guidava invece la nuova 4 cilindri 2500 cc di cilindrata, dal peso
inferiore a 650 kg e 225 CV di potenza, contro i 400 delle vetture dei compagni. Non
erano le uniche Ferrari presenti: vi erano quelle private, la 2500 cc 12 cilindri dello
svizzero Fischer, la 12 cilindri 1500 cc sovralimentata di Whitehead, la nuova Ferrari
4 cilindri 2000 cc dello svizzero Hirt, che si contrapponevano alle anziane Talbot di
Etancelin e dei belgi Claes e Swaters, alla Maserati 1500 cc 4 cilindri di
Macchieraldo, alla A.F.M. di Stick e alla Osca 4500 cc di Franco Rol. Al primo giro
uscivano in un solo colpo tutti e tre i piloti torinesi, Rol per un guasto, Macchieraldo
con un volo pauroso che lo portò addirittura sulla corsia parallela del circuito e
Farina, che perse sette minuti ai box per un problema al cambio ma che tornò in gara
ingaggiando un inseguimento spericolato che diede pepe a gran parte della gara. La
corsa infatti, per le prime posizioni, si era già stabilizzata dal secondo giro, con
Ascari e Villoresi al comando, e ottimo terzo Taruffi. Al 15° giro conduceva Ascari,
in vantaggio di ben 15 secondi su Villoresi, per un inceppamento all’acceleratore di
quest’ultimo che aveva costretto il pilota ad una acrobatica piroetta. Farina, dopo aver
dato spettacolo per trentadue giri, si tolse di scena con un volo pauroso da cui uscì
quasi indenne grazie al casco, ormai obbligatorio. Da quel giro in poi la corsa fu
quasi senza storia, ma a tre giri dalla fine ci si avvide che la vettura di Ascari perdeva
visibilmente colpi. Il suo serbatoio infatti lasciava una scia di carburante sulla pista e
di questo approfittò subito Villoresi, che si fece sempre più sotto. In ultimo, Ascari
dovette fermarsi ai box e Villoresi conquistò un sospirato e meritato primo posto.
Il giorno prima si era svolta la 2° Coppa Michelin, riservata alle vetturette fino a 750
cc senza compressore, con una sottoclasse per la Formula 3, ossia fino a 500 cc non
sovralimentate. Alla partenza si presentarono 23 automobili, tra cui Volpini-Gilera,
Falcone-Guzzi, Stanguellini, Dagrada e Nardi-Danese. La corsa si concluse con una
bella affermazione del pilota Casella su Stanguellini, che si impose su un gruppetto di
forti avversari tutti giunti al traguardo vicinissimi.
Il 2° Gran Premio del Valentino, svoltosi il 27 marzo 1955 e riservato alle vetture di
F1, si risolse in un trionfo per la Lancia e per Ascari. Il circuito non era niente facile:
4200 metri, molto veloce, con un punto di grande difficoltà nel sottopassaggio del
ponte Isabella, dove vi era anche una cunetta che faceva sobbalzare le vetture. In
compenso, il tempo fu ideale, la temperatura perfetta, il pubblico strabocchevole. 15 i
concorrenti a prendere il via, distribuiti su Maserati, Lancia e Ferrari. Prese subito la
testa Musso, su Maserati, tallonato da Ascari su Lancia, insolitamente controllato e
tattico, seguiti a loro volta dalle Ferrari di Farina e Trintignant e dalla Lancia di
Villoresi, impegnato in uno dei suoi usuali inseguimenti. Musso riuscì per più di venti
giri a condurre una gara perfetta, per nulla turbato dall’aver Ascari, già Campione del
Mondo, alle spalle. Ma all’altezza della curva su Corso Raffaello, successe
l’inevitabile: o per la rottura del tubo dell’olio, o per la rottura del motore, o per un
errore dovuto all'inesperienza, Musso uscì di strada, e Ascari passò in testa. Ritiratosi
Farina al 23° giro, rimanevano in gara, oltre ad Ascari, Mieres su Maserati, Villoresi
su Lancia, Trintignant su Ferrari, Castellotti su Lancia. A parte i primi due al
comando, che non videro mai minacciato il loro primato, divenne via via
emozionante il duello tra Villoresi, Trintignant e Castellotti. La corsa si concluse con
tre Lancia nei primi quattro posti, con l’inserimento al secondo posto della Maserati
di Mieres.
Fu l’ultima gara svoltasi al Valentino. Un addio tristissimo, perché fu anche l’ultima
gara di livello internazionale sostenuta e vinta da Ascari, che di lì a poche settimane
morirà in un ancora inspiegabile incidente in prova. Nel 1956 l’Automobile Club di
Torino aveva inserito a calendario il III Gran Premio per il 19 maggio. Ma
“considerato che le principali Case di vetture da corsa (leggi Maserati, Ferrari e
Vanwall) sono state costrette a rinunciare alla partecipazione al III Gran Premio del
Valentino a causa di avarie meccaniche riportate dalle proprie vetture al XIV Gran
Premio di Monaco … l’Automobile Club di Torino ha rinviato a data da destinarsi
l’effettuazione dell’anzidetta manifestazione”. E non se parlò più.
Donatella Biffignandi
Centro di Documentazione del Museo Nazionale dell’Automobile di Torino
BIBLIOGRAFIA
R.A.C.I., pubblicazione ufficiale del Reale Automobile Club d’Italia, 1935
Auto Italiana 1935 – 1955
La Stampa, 1937
Programmi ufficiali delle corse
“Circuito del Valentino: rievocazione storica “ a cura di RFI, Anfia, AC Torino, ASI
CIRCUITO AUTOMOBILISTICO DI TORINO
Gara di velocità per vetture da corsa, valevole per il Campionato Italiano Assoluto di
velocità
Data: 7 luglio 1935
Luogo: Parco del Valentino
Lunghezza del circuito: 4088 metri, partenza e arrivo davanti al Castello, senso
orario
Corsa: 20 giri del circuito, per una lunghezza globale di 81,760 km; si svolse su tre
batterie e una finale
Concorrenti: Farina (Maserati); Tadini (Alfa Romeo); Taruffi (Bugatti); Laredo
(Alfa Romeo); Danese (Alfa Romeo); Cornaggia (Alfa Romeo); Teagno (Alfa
Romeo); Tuffanelli (Maserati); Barbieri (Maserati); Pages (Alfa Romeo); Clerici
(Maserati); Mariano (Bugatti); Pintacuda (Alfa Romeo); Trossi (Alfa Romeo); Siena
(Maserati); Nuvolari (Alfa Romeo); Brivio (Alfa Romeo); Dusio (Maserati);
Carpegna (Maserati); Bonetto (Maserati); Balestrero (Alfa Romeo); Conter (Alfa
Romeo); Rovere (Maserati)
Vincitore: Nuvolari, in 1 h 3'’1"”1/5, pari a 115, 239 km/h
2° CIRCUITO AUTOMOBILISTICO DI TORINO
Gara internazionale di velocità riservata a vetture con motori fino a 1500 cc e a
vetture con motori superiori a 1500 cc
Data:
18 aprile 1937
Luogo:
Parco del Valentino
Lunghezza del circuito:
2926 metri, partenza e arrivo in corso Massimo
d’Azeglio
Corsa:
40 giri (classe minore); 60 giri (classe maggiore) per una lunghezza
globale di117,040 km o di 175,560 km
Concorrenti:
Per la prima classe: Dreyfus (Maserati); Bianco (Maserati); Bira
(Era); Bjornstad (Era); Villoresi (Maserati); Dusio (Maserati);
Cortese (Maserati); Tongue (Era); Filippi (Maserati); Filipinetti
(Maserati); Basadonna (Maserati); Lurani (Maserati); Gessner
(Maserati); Gennardi (Fiat); Soffietti (Maserati); Marazza (Fiat).
Per la seconda classe: Farina (Alfa Romeo); Brivio (Alfa
Romeo); Trossi (Alfa Romeo); Pintacuda (Alfa Romeo); Wimille
(Bugatti); Mandirola (Maserati); Festetich (Maserati); Magistri
(Alfa Romeo); “Ventidue” (Alfa Romeo
Vincitore:
della prima classe: Bjornstad in 1h 18’12” 59/100, pari a 89/775
km/h:
della seconda classe: Brivio, in 1 h52’30” 1/5, pari a 93,629 km/h
1° GRAN PREMIO DI TORINO
Gara internazionale di velocità riservata a vetture da corsa con compressore
(cilindrata fino a 1500 cc) e senza compressore (cilindrata massima fino a 4500 cc)
Data:
1° settembre 1946
Luogo:
Parco del Valentino
Lunghezza del circuito:
4720 metri, partenza e arrivo in corso Massimo
d’Azeglio
Corsa:
60 giri per complessivi km 283,300
Concorrenti:
Farina (Alfa Romeo); Wimille (Alfa Romeo); Trossi (Alfa
Romeo); Varzi (Alfa Romeo); Sanesi (Alfa Romeo); Nuvolari
(Maserati); Chiron (Maserati); Pelassa (Maserati); Sommer
(Maserati); Cortese (Maserati); Ruggeri (Maserati); Platé
(Maserati); Parnell (Era); Barbieri (Maserati); Whitehead (Era);
Louveau (Maserati); Lanza (Maserati); Romano (Maserati);
Brooke (Era); Chaboud (Delahaye)
Vincitore: Varzi, in 2h 35’45” 4/5, pari a 109,088 km/h/
“COPPA ANDREA BREZZI”
Data:
3 settembre 1946
Luogo:
Parco del Valentino
Lunghezza del circuito:
4720 metri, partenza e arrivo in corso Massimo
d’Azeglio
Corsa:
30 giri per complessivi km 141,600
Concorrenti:
Nuvolari (Cisitalia); Taruffi (Cisitalia); Sommer (Cisitalia);
Chiron (Cisitalia) Puma (Maserati); ed altri 15
Vincitore: Dusio, in 1 h 22’7” 2/5 pari a 103,273
2° GRAN PREMIO DI TORINO
Gara internazionale di velocità riservata a vetture della categoria “Sport
Internazionale – formula 1947 – 1948”
Data:
12 ottobre 1947
Luogo:
Parco del Valentino
Lunghezza del circuito:
4800 metri, partenza e arrivo in corso Massimo
d’Azeglio
Corsa:
105 giri per complessivi km 504
Concorrenti:
Pozzi (Talbot); Villoresi (Maserati); Ascari (Maserati); Chaboud
(Delahaye); Tadini (Fiat Stanguellini); Louveau (Delage); Sommer
(Ferrari); Rol (Simca Gordini); Scagliarini (ARS); Comotti
(Talbot); Auricchio (Fiat Stanguellini); Bertani (Fiat); Raph
(Delage); Romano (Alfa Romeo); Mayrat (Delahaye); Rovelli
(BMW); Bianchetti (Alfa Romeo); Minozzi (Maserati); Lanza
(Fiat); Ermini (Alfa Romeo)
Vincitore: Sommer, in 4 h 38’57”, pari a 108,825 km/h
XIX GRAN PREMIO D’ITALIA
Gara internazionale di velocità riservata a vetture di categoria corsa Formula 1, con
cilindrata fino a 1500 cc con compressore e fino a 4500 cc senza compressore
Data:
5 settembre 1948
Luogo:
Parco del Valentino
Lunghezza del circuito:
4800 metri, partenza e arrivo in corso Massimo
d’Azeglio
Corsa:
75 giri per complessivi km 360
Concorrenti:
Wimille (Alfa Romeo); Trossi (Alfa Romeo); Villoresi (Maserati);
Sommer (Ferrari); Sanesi (Alfa Romeo); Farina (Ferrari); Ascari
(Maserati); Chiron (Talbot); Parnell (Maserati); Comotti (Talbot);
De Graffenried (Maserati); Cortese (Maserati); Taruffi (Maserati);
Rosier (Talbot); Bira (Ferrari); Etancelin (Talbot); Manzon (Simca
Gordini); Brooke (Maserati); Giraud (Simca Gordini); Chaboud
(Delahaye)
Vincitore: Wimille, in 3 h 10’42” 2/5 pari a 113,263 km/h
“1° COPPA MICHELIN”
Gara di velocità valevole per il Campionato Italiano di Categoria, riservata a vetture
sport con cilindrata fino a 750 cc
Data:
4 settembre 1948
Luogo:
Parco del Valentino
Lunghezza del circuito:
4800 metri, partenza e arrivo in corso Massimo
d’Azeglio
Corsa:
20 giri per complessivi km 96
Vincitore: Giusti (Fiat); in 1 h 2’49” 4/5 pari a 91,675 km/h
1° GRAN PREMIO DEL VALENTINO
Gara internazionale di velocità riservata a vetture di categoria corsa Formula 1, con
cilindrata fino a 1500 cc con compressore e fino a 4500 cc senza compressore
Data:
6 aprile 1952
Luogo:
Parco del Valentino
Lunghezza del circuito:
4200 metri, partenza e arrivo in corso Massimo
d’Azeglio
Corsa:
60 giri per complessivi km 252
Concorrenti:
Farina (Ferrari); Ascari (Ferrari); Villoresi (Ferrari); Taruffi
(Ferrari); Fischer (Ferrari); Whitehead (Ferrari); Claes (Talbot);
Etancelin (Talbot); Macchieraldo (Maserati); Rol (Osca); Swaters
(Talbot); Schoeller (Ferrari); von Stuck (AFM).
Vincitore: Villoresi in 2 h 6’25” 3/5 pari a 119,595 km/h
2° COPPA MICHELIN
Gara internazionale di velocità riservata a vetture di categoria corsa con motori fino a
750 cc e vetture di F3
Data:
5 aprile 1952
Luogo:
Parco del Valentino
Lunghezza del circuito:
4200 metri, partenza e arrivo in corso Massimo
d’Azeglio
Corsa:
30 giri per complessivi km 126
Vincitore: Casella, su Fiat Stanguellini, in 1 h 15’40” 4/5 pari a 99,894 km/h
2° GRAN PREMIO DEL VALENTINO
Gara internazionale di velocità riservata a vetture appartenenti alla Categoria
internazionale Corsa di F1 (senza compressore, cilindrata fino a 2500 cc; con
compressore e cilindrata fino a 750 cc)
Data:
27 marzo 1955
Luogo:
Parco del Valentino
Lunghezza del circuito:
4200 metri, partenza e arrivo davanti al Castello
Corsa:
90 giri per complessivi km 378
Concorrenti:
Musso (Maserati); Behra (Maserati); Ascari (Lancia); Mieres
(Maserati); Farina (Ferrari); Castellotti (Lancia); Trintignant
(Ferrari); Villoresi (Lancia); Perdisa (Maserati); Schell (Ferrari);
Bira (Maserati); Rosier (Maserati); De Portago (Ferrari); Girard
(Ferrari); Taraschi (Ferrari)
Vincitore: Ascari, in 2 h 40’21” 1/5 pari a 141,437 km/h
Scarica

file - Museo dell`automobile