BIOETICA DI FINE VITA Può esistere un diritto a porre fine alla propria vita? D. Giovanni Russo Ordinario di Bioetica, Messina S. Maria di Gesù – Provinciale ME 3 marzo 2009 Tre Premesse La prima è sulla natura del mio intervento: - è di natura bioetica e teologica; - parte da presupposti di etica che, nel nostro di studio, si chiamano oggettivi; campo - gli aspetti soggettivi verranno considerati per valutare situazioni personali, che possono ridimensionare la responsabilità personale rispetto all’ordine oggettivo. Tre Premesse La seconda è sull’oggetto della mia trattazione: parleremo della bioetica di fine vita: I temi coinvolti vanno dal malato terminale, all’eutanasia, al testamento biologico, ecc. Tre Premesse Terza premessa: parlando della bioetica di fine vita, daremo uno spazio volutamente maggiore (a motivo del recente caso Eluana Englaro) alla nutrizione e all’idratazione dei soggetti umani, incapaci di farlo autonomamente. Strutturiamo la nostra esposizione in 3 punti: A) Sull’indisponibilità della vita umana 1.l’assoluto della dignità della vita umana 2.Le religioni, in genere, e le visioni morali e giuridiche 3.La tradizione ebraico-cristiana 4.La cultura occidentale e quella italiana in particolare B) Su alcune situazioni di fine vita 1.L’accanimento terapeutico 2.Lo stato vegetativo persistente 3.L’eutanasia 4.Altre situazioni C) Alcune considerazioni bioetiche 1.Sul trattamento del dolore 2.Sull’accanimento terapeutico 3.Sui mezzi impiegati (ordinari o straordinari) A. Sull’indisponibilità della vita umana 1. l’assoluto della dignità della vita umana La convivenza civile dei popoli – sia occidentale che orientale – parte da un assoluto morale, cioè da un valore etico che non ammette pluralismo o divergenze di vedute: l’assoluto della dignità della vita umana, cioè una vita che è sempre intangibile, inviolabile, quindi indisponibile. Nessuno può, oggettivamente parlando, disporre della vita propria o altrui, perché la vita è un bene non solo personale, ma anche collettivo; A. Sull’indisponibilità della vita umana 1. l’assoluto della dignità della vita umana tutti siamo legati da vincoli di reciprocità e di solidale appartenenza, per il semplice fatto che partecipiamo del medesimo bene della vita. Le carte costituzionali dei popoli partono da questo presupposto di base; i “garanti” di queste carte costituzionali sono chiamati a tutelarlo. A. Sull’indisponibilità della vita umana 2. Le religioni, in genere, e le visioni morali e giuridiche Le religioni, in genere, e le visioni morali e giuridiche dei popoli hanno sempre ribadito questo valore assoluto: la vita non appartiene a nessuno, la riceviamo, quindi la amministriamo. Siamo chiamati a prenderci “cura” della vita nostra e di quella altrui, perché la vita è soggetta alla vulnerabilità ed è quindi “affidata” alla custodia premurosa dei simili A. Sull’indisponibilità della vita umana 2. Le religioni, in genere, e le visioni morali e giuridiche La vita, infatti, può essere gestita autonomamente, ma non sempre l’uomo ne è capace, a motivo della imprevedibilità dello stato di salute, della disabilità – acquisita o congenita – o delle costrizioni a cui gli altri ci possono forzare. Da queste visioni morali e religiose, sono nati dei principi ritenuti universali e inderogabili: a) primum non nocere (primo, non nuocere all’altro; b) primum vivere, deinde filosofare (anzitutto vivere, poi filosofare su valore della vita); c) considera la vita in te e negli altri, sempre come fine e mai come mezzo. A. Sull’indisponibilità della vita umana 3. La tradizione ebraico-cristiana La tradizione ebraico-cristiana si è mantenuta sula scia appena indicata, dal momento che il Dio della fede, che è unico Autore e Signore della vita, ha rivelato all’uomo il suo progetto sula vita, prima con i profeti e, ultimamente, in Gesù Cristo, Dio fatto uomo, Parola e rivelatore della volontà del Padre, di cui è consustanziale. A. Sull’indisponibilità della vita umana 3. La tradizione ebraico-cristiana La Bibbia, Antico e Nuovo Testamento, insegna: Poiché Dio è la fonte della vita, la vita è indisponibile per l’uomo. Dio è il Signore della vita, è Lui che fa morire e fa vivere. L’uomo possiede la sua vita in prestito e per tale motivo non ne può disporre a piacimento. A. Sull’indisponibilità della vita umana 3. La tradizione ebraico-cristiana La vita è un dono di Dio, anzi è “il” dono di Dio in assoluto, sgorgato dal suo infinito amore per l’umanità: un dono che solo Dio può dare e che, quindi, solo Dio può togliere. Il precetto di “non uccidere” (Es 20,13) si situa nel contesto più ampio del riconoscimento della provenienza divina di ogni vita. L’uomo è assolutamente intoccabile. A. Sull’indisponibilità della vita umana 3. La tradizione ebraico-cristiana La preziosità della vita dell’uomo è indicata dalla scelta di Cristo, morto per portare vita all’uomo (cfr. Rm 5,6). La vita propria è un dono da salvaguardare con massima diligenza e da restituire a Dio. Anche la vita degli altri è un dono: anch’essa va tutelata e custodita, anch’essa va riconsegnata a Dio. A. Sull’indisponibilità della vita umana 3. La tradizione ebraico-cristiana Nessuno è quindi padrone e signore della sua vita e di quella degli altri: non esiste nessun dominio sulla vita, né alcun vincolo determinato da condizionamenti umani, quali la razza, la lingua, la politica o l’economia. A. Sull’indisponibilità della vita umana 3. La tradizione ebraico-cristiana Tanto l’uomo è libero, quanto può vivere liberamente la sua stessa vita; tanto gli altri sono liberi, quanto possono vivere liberamente la loro vita nei confronti del singolo. Ogni credente in Cristo riconosce in questa mutua libertà la necessaria dichiarazione di indisponibilità della vita, come bene sommo, irrinunciabile e non sottoposto ad alcuna restrizione. A. Sull’indisponibilità della vita umana 3. La tradizione ebraico-cristiana Il dolore, poi, soprattutto quello degli ultimi momenti di vita, assume un significato particolare nel piano di Dio; è infatti una partecipazione alla Passione di Cristo ed è unione al suo sacrificio redentore. A. Sull’indisponibilità della vita umana 4. La cultura occidentale – e quella italiana in particolare La cultura occidentale – e quella italiana in particolare –, è basata su questa tradizione ebraicocristiana, come notava laicamente Benedetto Croce, quando affermava (anche nel titolo di un suo saggio) che “non possiamo non dirci cristiani”. A. Sull’indisponibilità della vita umana 4. La cultura occidentale – e quella italiana in particolare Credenti e non credenti, in quanto cittadini, come afferma l’art. 3 della Costituzione della nostra Repubblica, abbiamo “pari dignità sociale e siamo eguali davanti alla legge”. A. Sull’indisponibilità della vita umana 4. La cultura occidentale – e quella italiana in particolare A questo proposito, a motivo delle frequenti accuse di ingerenza dei credenti – e dei Cattolici in particolare – nella vita pubblica, va precisato che sia per ragioni etiche evidenti, che per ragioni giuridiche e costituzionali – tipiche di una repubblica – di per sé è improprio parlare di Stato “laico” (nel quale i credenti dovrebbero mantenersi senza opinione religiosa, e quindi religiosamente neutrali), A. Sull’indisponibilità della vita umana 4. La cultura occidentale – e quella italiana in particolare perché lo Stato semmai è “secolare”, e cioè non confessionale, multi religioso, multi culturale e pluralista, dove tutti possono esprimere le proprie convinzioni, anche religiose su questioni di carattere pubblico. B. Su alcune situazioni di fine vita 1. Anzitutto l’accanimento terapeutico Per accanimento terapeutico si intende il tentativo del personale sanitario di prolungare inutilmente la vita di un paziente terminale, di cui si hanno documentate certezze sulla prognosi infausta e sullo stato attuale di non risposta. B. Su alcune situazioni di fine vita 1. L’accanimento terapeutico L’accanimento terapeutico si definisce: a) a partire dallo stato ragionevole di non risposta alla terapia – alla luce del quadro clinico generale – dell’organismo del paziente; b) Il punto dirimente è comunque l’inutilità o inefficacia delle terapie e quindi la mancanza di razionale per continuare un intervento terapeutico, c) che prolunga inutilmente uno stato penoso al paziente e alla famiglia, oltre ad essere gravoso dal punto di vista economico-sanitario. B. Su alcune situazioni di fine vita 1. L’accanimento terapeutico I criteri oggettivi perché si dia accanimento terapeutico sono: a) l'inutilità o inefficacia delle terapie; b) la penosità e gravosità per il malato; c) l'eccezionalità degli interventi, da considerarsi sproporzionati rispetto al risultato terapeutico. B. Su alcune situazioni di fine vita 2. Lo stato vegetativo persistente (PVS) È una condizione di danno cerebrale severo, per cui i soggetti sono passati dal coma a uno stato di veglia non consapevole, non rispondono agli stimoli esterni (a volte solo a stimoli dolorosi). Non ci sono certezze sulla sua irreversibilità. B. Su alcune situazioni di fine vita 2. Lo stato vegetativo persistente (PVS) Si è parlato anche di un uomo che in Australia si è ripreso dopo anni, anche se è parlato di possibile diagnosi errata. Se lo stato vegetativo non è persistente, i pazienti possono emergere dopo alcune settimane. Nei primi 6 mesi gli adulti hanno il 50% ed i bambini il 60% di chance di recuperare la coscienza. B. Su alcune situazioni di fine vita 3. L’eutanasia EUTANASIA … che significa? Indica l'idea di «BUONA MORTE» «DOLCE MORTE» «MORTE TRANQUILLA». • In senso spirituale può significare il trapasso di uno spirito sereno e di accettazione • come ideale di perfetto compimento di una vita nobilmente spesa. • ad es., la morte dei santi, la morte cristiana accettata con la fiducia nella bontà di Dio EUTANASIA … oggi Oggi la parola «eutanasia» sta sempre più ad indicare un'azione o un'omissione che mira ad abbreviare o a porre fine alla vita di una persona. COME CREDENTI … Ci poniamo con atteggiamento di comprensione e di rispetto dell'uomo di oggi, della sua fatica di vivere, della sua sofferenza soprattutto di fronte alla malattia, anche quando non ne può approvare il senso. COME CREDENTI … Nella prospettiva della fede, la vita è un bene e un valore indisponibile in ogni caso. La vita, come dono di Dio, all'uomo è affidata perché la promuova nella sua bellezza e nelle sue risorse, anche quando le apparenze mutano o il dolore bussa alle porte. Eutanasia ATTIVA Un intervento diretto e intenzionalmente programmato per mettere fine con mezzi non dolorosi alla vita di una persona affetta da una malattia a prognosi certamente infausta e generalmente in fase terminale, che si accompagna a gravi sofferenze. Eutanasia PASSIVA Un’ omissione che di natura sua e nelle intenzioni procura la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore Varie forme di Eutanasia eutanasia eugenica: eliminazione dei soggetti deformi o tarati eutanasia economica: eliminazione dei malati incurabili, degli invalidi e dei vecchi, per alleggerire la società dal peso di persone economicamente inutili eutanasia criminale: uccisione indolore di persone socialmente pericolose eutanasia sperimentale: uccisione indolore di persone per il progresso della scienza, a scopo sperimentale eutanasia profilattica: eliminazione indolore dei soggetti affetti da malattie epidemiche eutanasia solidaristica: uccisione di esseri umani per salvare vite altrui, come nel caso del prelievo di organi a scopo di trapianto C’è una “domanda” di Eutanasia nella società? Non si tratta solo del caso Welby o di Teri Schiavo o di Eluana Englaro o di bambini neonati sottopeso o malformati Le terapie intensive allungano stati di agonia e, a volte, di sofferenza L’avanzare del dolore oncologico … La solitudine dell’uomo di oggi L’incapacità di sopportare il dolore e la sofferenza ritenuti sempre senza senso Eutanasia come affermazione della LIBERTÀ da Dio e da tutti NEL PASSATO SI ACCETTAVA PIÙ FACILMENTE LA VITA COME “DONO”, COME REALTÀ “DATA” OGGI OGNUNO VUOLE “DETERMINARE” LA PROPRIA VITA E NON FAR “DIPENDERE” LA PROPRIA LIBERTA’ IN NESSUN MODO SI RITIENE DI POTER INTERVENIRE SU UNA VITA PRECARIA DANDOLE UN INDIRIZZO DIVERSO DA QUELLO CHE DIO HA STABILITO. L'UOMO RITIENE D'AVER DIRITTO DI DISPORRE DELLA PROPRIA VITA E DELLA PROPRIA MORTE. (vedi “Testamenti biologici”)