Progetto Europeo Comenius “LA TUA CULTURA E LE TUE TRADIZIONI MI AIUTANO AD APPREZZARE LE MIE” BUCHETTINO Istituto Comprensivo Rignano - Incisa classi 3 A/B/C – Scuola Primaria Rignano sull’Arno Nei tempi che i gatti volavano e le feste venivano un giorno sì e un giorno no, c’era un bel bambino che aveva nome Buchettino. La mamma per insegnargli a lavorare gli aveva nascosto in casa un soldino e ogni giorno gli diceva: Buchettino, buchettino, spazza bene la casa e ci troverai un soldino. Buchettino spazzava sempre bene e faceva tutto lustro finchè un giorno la scopa fece rotolare il soldino facendolo saltare dalla felicità. “Ora che finalmente l’ho trovato” disse Buchettino “devo pensare bene a quello che ci posso comprare e spenderlo avvedutamente. Allora mi comprerò un cartoccio di ciliegie no, perché mi tocca a buttar via il nocciolo e il gambo! Allora ci comprerò delle noci…no, perché una parte del soldino mi va tutta in gusci! Ho capito: mi comprerò un cartoccio di fichi, così ci mangio anche le bucce e non butto via nulla!” E così andò a comprarsi un cartoccio di fichi: piccino perché nel soldino ce n’entrava pochi, e si mise a mangiarli alla finestra. Mentre se li stava mangiando con gran gusto, gliene cascò uno di sotto nel viottolo. Buchettino si mise a piangere e piangere chiamando il babbo che gli andasse a prendere il fico che gli era cascato. Ma il babbo gli disse: “Buchettino, lascia stare il fico dov’è caduto, che tra poco nascerà una bella pianta e, siccome i fichi crescono in fretta, i rami verranno qui davanti alla finestra e tu potrai salire a mangiare i fichi!” E infatti, siccome i fichi crescono in fretta, nacque un bel fico e Buchettino dalla finestra saliva sui rami e andava a mangiarsi i fichi. Un giorno che Buchettino se ne stava facendo una bella scorpacciata, passò l’orco dal viottolo e, vedendolo lassù, disse: Buchettino, Buchettino, dammi un bel fichino col tuo bianco manino! Ma Buchettino gli rispose: “No, che tu mi mangi!” E il fichino glielo tirò, e l’orco, che voleva fargli allungare la mano per acchiapparlo, lo lasciò cadere per terra. “Questo non lo voglio che è andato nel fango…” Buchettino, Buchettino, dammi un fichino col tuo bianco manino! “No, che tu mi mangi! Te lo tiro, prendilo.” E glielo tirò un’altra volta, ma l’orco lo lasciò cadere, e disse: “Neanche questo posso mangiare: lo vedi che è caduto sopra una cacca…” Buchettino, Buchettino, dammi un bel fichino col tuo bianco manino! “Te lo darò” disse Buchettino che era buono “ma non mi mangiare!” Allungò la mano per porgerglielo, ma l’orco lo prese per il braccio e lo infilò nel suo sacco e, gettandoselo sulle spalle, corse via a gambe per andare a farlo cuocere a casa sua e mangiarselo con la moglie. Per la strada ebbe necessità di fermarsi a fare un bisogno e fermatosi e posato il sacco, disse a Buchettino di star buono. “Vai più lontano, che sennò sento puzzo” gli disse Buchettino dal sacco. L’orco si allontanò un poco, ma Buchettino, che aveva una buona idea, gli disse:“Vai più là, vai più lontano, che mi dà noia il puzzo…”. “Così?” disse l’orco con una voce lontana lontana. “Ancora più in là…” gridò Buchettino. Quando l’ebbe mandato tanto lontano che non lo poteva vedere, Buchettino prese di tasca il suo coltellino e tagliò il laccio del sacco uscendo fuori. Prese le pietre più grosse che poté trovare e, riempitone il sacco, lo rilegò, fuggendo via. Quando l’orco ebbe fatto le sue faccende tornò a prendere il sacco e, mettendoselo sulle spalle, disse: “O Buchettino, come sei diventato di peso: quando ti ho acchiappato mi sembravi più leggero. Meglio così, che ci sarà da mangiare per diversi giorni!” Come l’orco arrivò in vista della sua casa, cominciò a gridare alla sua orchessa: Mogliera, mia mogliera, metti al fuoco la caldera che ho chiappato Buchettino! Mogliera, mia mogliera, metti al fuoco la caldera che ho chiappato Buchettino! Arrivato a casa l’orco trovò la moglie che ballava dalla gioia e le disse: “L’hai messa al fuoco la caldera?” “Sì, è tutto pronto!” Infatti c’era un fuoco che pareva una fornace e l’acqua che bolliva nella caldera pareva il cratere d’un vulcano. L’orco aprì il sacco e lo rovesciò nell’acqua, ma quei pietroni sfondarono la caldera e l’acqua uscì fuori in un’ondata che l’orchessa rimase morta e l’orco si salvò per miracolo. Era talmente infuriato che si mangiava le mani e schizzava fuoco dagli occhi: prese il sacco e corse subito a riprendere Buchettino. Non appena lo sentì venire di lontano Buchettino s’avvicinò a una casa e, salendo lungo la grondaia, arrivò sul tetto. Quando l’orco lo vide lassù, fingendo che tutto fosse stato uno scherzo, gli disse: “Buchettino, come hai fatto a salire sul tetto che ci voglio venire anch’io?” “Non te lo dico, che tu mi mangi!” “Ma no che non ti mangio, dimmelo.” “No: tu mi mangi!” “Non ti mangio, non ti mangio.” “Allora te lo dirò: ho fatto una scala con tutti i tegami che c’erano in casa!” L’orco andò in casa e prese tutti i tegami facendovi una scala: ma quando fu a metà, i tegami rovinarono e l’orco cascò rompendosi un osso. “Buchettino” disse, rialzandosi a fatica “dimmi come hai fatto a salire sul tetto!” “Questa volta te lo dirò: ho fatto una scala tutta di piatti.” L’orco ci credette e fece la scala di piatti, ma andò a finire nello stesso modo. “Guarda come mi hai ridotto, Buchettino! Non essere cattivo e dimmi come hai fatto a salire.” “Questa volta te lo dico davvero” disse Buchettino “ho fatto una scala tutta di bicchieri.” L’orco col poco fiato e le poche ossa sane che gli erano rimaste, si mise a fare una scala di bicchieri, ma arrivato quasi in cima, cadde come un ciocco e morì. Buchettino allora scese dal tetto e tornò a casa: salì sopra il fico e si rimise a mangiare finalmente in pace i suoi fichi… e se poi andate a vedere, forse c’è ancora. Da “Fiabe toscane” scelte e trascritte da Mario Luzi