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L’IMMAGINARIO
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L’immaginario come sistema
comunicativo
Metafore  figure/spazi
strutture metaforiche  miti e narrazioni
Bacino di
emersione
mediale
Livello mediale: letteratura, arte, cinema, fumetto, web etc.
Livello mediale: oralità, scrittura, media elettrici, media digitali etc.
Livello
profondo
Archetipi
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L’immaginario ha senso solo nella storia
1. Non ci interessa un immaginario collettivo universale e innato
1. Utilizziamo gli archetipi junghiani in maniera elastica e
personale
1. Ogni sistema culturale sviluppa un suo immaginario
rielaborando quello in “dotazione”
1. L’immaginario non è immutabile, ma viene continuamente
rifunzionalizzato, adattato alle esigenze storiche
Un esempio: la concezione dello
spazio del ritorno nella fiaba studiata
da W. Propp
Casa
Bosco
Oltre
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A COSA SERVONO LA
LETTERATURA, L’ARTE, IL
CINEMA… ?
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Le tre regole di Franckie
(C. Eastwood, Million dollar baby, 2004)
1. A volte per tirare un colpo vincente bisogna arretrare,
ma se arretri troppo non combatti più.
1. La qualità più importante per un pugile? Avere cuore
e “gancio”.
1. Invece di allontanarsi dal dolore bisogna andargli
incontro
1. Per portare un colpo vincente bisogna arretrare,
ovvero: le infinite possibilità delle metafore …
2. ma se arretri troppo non combatti più ovvero gli
abissi delle metafore: “Mercuzio parla di Niente”.
Guardare le cose da angolature diverse, ovvero: lo straniamento
Il principe Bolkonskij scopre il cielo infinito
Egli vedeva innanzi a sé i nostri artiglieri, alcuni dei quali si battevano, altri abbandonavano i cannoni e gli correvano incontro; vedeva
anche i francesi, che afferravano per la briglia i cavalli della batteria e voltavano i cannoni. Il principe Andrea col battaglione era
già a venti passi dai cannoni. Udiva sopra di sé il sibilo incessante delle pallottole, e di continuo a destra e a manca, dei soldati
gemevano e cadevano. Ma non li guardava: aguzzava gli occhi soltanto per vedere quello che accadeva davanti a lui nella batteria.
Vedeva già chiaramente la figura d'un artigliere rossiccio, col chepi buttato su un orecchio, che tirava a sé uno scòvolo, mentre un
soldato francese lo tirava dall'altra parte. Vedeva già chiaramente l'espressione smarrita e insieme rabbiosa delle fisionomie di quei
due uomini, che evidentemente non capivano che cosa facessero.
"Che cosa fanno?" pensava il principe Andrea guardandoli, "perché l'artigliere rosso non scappa, se non ha un'arma? Perché il francese
non lo uccide? Non farà a tempo a giungere fin qui, che il francese si ricorderà d'avere il fucile e lo abbatterà."
In realtà un altro francese, col fucile a bilanciàrm accorreva verso quei due che lottavano fra loro, e la sorte dell'artigliere rossiccio, che
non capiva ancora che cosa gli sovrastasse, e che con un gesto di trionfo aveva strappato lo scòvolo al nemico, doveva essere
decisa. Ma il principe Andrea non vide come questo finì. Gli parve che qualcuno dei soldati più vicini, con tutta la forza del
braccio, lo avesse colpito con un grosso randello sul capo. Il dolore non fu molto forte; ma quel dolore era sgradevole soprattutto
perché lo distraeva e gli impediva di vedere quello che osservava.
"Che è successo? Cado? Le mie gambe si piegano" pensò; e cadde sulla schiena. Aprì gli occhi, sperando di vedere come fosse finita
quella lotta dei francesi con gli artiglieri, desiderando di sapere se l'artigliere rossiccio fosse stato ucciso o no, se i cannoni fossero
stati presi o portati in salvo. Ma non vide nulla. Al di sopra di lui non c'era più nulla, non c'era che il cielo - un cielo alto, non
luminoso, ma, ciò nonostante, incommensurabilmente alto, con nuvole grigie che quietamente strisciavano su di esso. "Come è
calmo, tranquillo e solenne! Non è affatto come quando correvo", pensò il principe Andrea, "non è come quando noi correvamo,
gridando, e ci battevamo; non è affatto come quando il francese e l'artigliere con le facce furiose e spaventate si strappavano l'un
l'altro lo scòvolo; ben diversamente da allora vanno le nubi per questo cielo alto, infinito. Come mai non ho veduto prima questo
cielo sublime? E come sono felice di averlo finalmente conosciuto! Sì! Tutto è vano, tutto è illusione, tranne questo cielo infinito.
Non esiste nulla, tranne esso. Ma nemmeno esso esiste; non esiste nulla, tranne il silenzio, la quiete, il riposo. E sia lodato
Iddio!...“(III, XVI)
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2. Il cuore senza il “ganci”o non ha senso, ma il
“gancio” senza cuore non produce nulla: l’
“ispirazione” e la tecnica devono andare
insieme
3. Andare incontro al dolore o allontanarsi?
Le funzioni
• Esorcistica, terapeutica, ricompositiva [chiusa]
• Problematica, conoscitiva, destrutturante [aperta]
• Apocalittica, distruttiva, rifondante [chiusa-aperta]
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LE DIVERSE VELOCITÀ
DELLE ARTI
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1. Quando la letteratura e l’arte arrivano
prima:
McLuhan e “L’antenna della razza”
1975
2. Quando la letteratura e l’arte arrivano dopo:
ipotesi di mediazione dei conflitti – problem
solving
Principe Andrej Bolkonskij
Conte Pierre Bezuchov
Contessina Natal’ja Rostova
Guerra e Pace - 1865-1869
3. Quando la letteratura e l’arte perpetuano
un canone, rinsaldano la tradizione,
stabilizzano un’identità
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4. Quando la letteratura e l’arte spezzano
un canone, incrinano la tradizione,
rinnovano un’identità
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4. Quando la letteratura e l’arte spezzano un
canone, incrinano la tradizione, rinnovano
un’identità
Venti febbraio 1909: “Le Figaro” Manifesto del Futurismo (Filippo Tommaso Marinetti)
La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità pensosa, l'estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo,
l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.
Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità.
Non v'è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La
poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti
all'uomo.
Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!... Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose
porte dell'impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell'assoluto, poiché abbiamo già creata
l'eterna velocità onnipresente.
Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei liberatori, le
belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.
Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie, e combattere contro il moralismo, il
femminismo e contro ogni viltà opportunistica e utilitaria.
Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le marce multicolori e polifoniche
delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri, incendiati
da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole per i
contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che fiutano l'orizzonte, e le locomotive dall'ampio petto, che
scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d'acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica
garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta. È dall'Italia che noi lanciamo per
il mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria col quale fondiamo oggi il FUTURISMO perché
vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d'archeologi, di ciceroni e d'antiquari. Già per
troppo tempo l'Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagli innumerevoli musei che la coprono
tutta di cimiteri.
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Velocità
Luigi Russolo: dinamismo di un treno (1912)
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Simultaneità e rottura della forme
Umberto Boccioni, Dynamism of a man's head 1913
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L’AMBIENTE MEDIALE DELLA
LETTERATURA:
Un medium lento e riflessivo, capace di “spiegare”
La letteratura come riposizionamento mediale:
un medium lento e riflessivo
Rete – connettivo – Glocal
Bacino di
emersione
mediale
Livello
profondo
Archetipi
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L’AMBIENTE MEDIALE DELL’ARTE:
la pittura come medium sintetico
Vincent Van Gogh: Wheat Field with Crows
(1890)
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QUANDO I MONDI SI SCONTRANO:
MEDIA CHE CONTENGONO ALTRI
MEDIA
La cicatrice di Odisseo: “Omero” si tradisce (Odissea XIX, vv. 386 –
475)
•
Così parlava; intanto la vecchia aveva preso il lebete lucente. // per lavare i suoi piedi, e in
abbondanza versava // acqua fredda, poi aggiunse la calda; Odisseo // al focolare sedeva,
ma verso il buio si volse di scatto; d’un tratto in cuore gli venne paura che ella toccandolo
// la cicatrice riconoscesse, e tutto fosse scoperto. // Lei dunque lavava il suo re standogli
accanto: e davvero // la cicatrice conobbe,
•
che gli fece un cinghiale con la candida zanna, // quando al Parnaso salì, con Autòlico e i figli, // col
nobile padre della madre, che tra i mortali eccelleva // per ruberie e spergiuri: un dio gli fece simile
dono, // Ermete, che a lui gradite cosce bruciava // d’agnelli e capretti; perciò lo aiutava, benigno. //
•
Autolico un dì venne all'Itacese Popolo in mezzo e alla città, che nato Era di poco alla sua figlia un figlio. Questo Euriclèa su le ginocchia all'avo
Dopo il convito pose, e feo tai detti: "Autolico, tu stesso il nome or trova Da imporre in fronte al grazïoso parto, Per cui stancasti co' tuoi voti i
numi". E prontamente Autolico in risposta: "Genero e figlia mia, quel gl'imporrete Nome, ch'io vi dirò. D'uomini e donne Su l'altrìce di molti
immensa terra Spavento io fui: dunque si chiami Ulisse. Io poi, se, di bambin fatto garzone, Nel superbo verrà materno albergo Sovra il Parnaso,
ove ho le mie ricchezze, Doni gli porgerò, per cui più lieto Discenderà da me che a me non salse". A ricevere Ulisse andò tai doni, E Autolico
l'accolse ed i suoi figli, Con amiche parole e aperte braccia; E l'avola Anfitèa, strettolo al petto, Il capo ed ambi gli baciò i begli occhi. Ai figli il
padre comandò, né indarno, La mensa: un bue di cinque anni menaro, Lo scoiâr, l'acconciâr, tutto il partiro; E i brani, che ne fur con arte fatti,
Negli schidoni infissero, e ugualmente Li dispensâr, domi che gli ebbe il foco. Così tutto quel dì d'ugual per tutti Prandio godean sino all'occaso. Il
sole Caduto e apparsa della notte l'ombra, La dolcezza provâr, cui reca il sonno. Ma come figlia del mattin l'Aurora Si mostrò in ciel ditirosata e
bella, I figliuoli d'Autolico ed Ulisse Con molti cani a una gran caccia usciro. La vestita di boschi alta montagna Salgono, e in breve tra i ventosi
gioghi Veggonsi di Parnaso. Il sol recente, Dalle placide sorto acque profonde Dell'Oceán, su i rugiadosi campi Saettava i suoi raggi, e i cacciatori
Scendeano in una valle: innanzi i cani Ivan, fiutando le salvatic'orme, E co' figli d'Autolico, pallando Una lancia, che lunga ombra gittava, Tra i cani
e i cacciatori andava Ulisse. Smisurato cinghiale in così folta Macchia giacea, ché di venti acquosi Forza, né raggio mai d'acuto sole La percoteva,
né le piogge affatto V'entravano: coprìa di secche foglie Gran dovizia la terra. Il cinghial fiero, Che al calpestìo, che gli sonava intorno, Appressare
ognor più sentìa la caccia, Sbucò del suo ricetto, e orribilmente Rizzando i peli della sua cervice, E con pregni di foco occhi guatando, Stette di
contra. Ulisse il primo, l'asta Tenendo soprammano, impeto fece In lui, ch'ei d'impiagare ardea di voglia: Ma la fera prevennelo, ed il colse Sovra il
ginocchio
con
un
colpo
obliquo
Della
gran
sanna
e
ne
rapì
assai
carne;
Né però della coscia all'osso aggiunse.Ferilla Ulisse allor nell'omer destro, Dove il colpo assestò: scese profonda L'aguzza punta della fulgid'asta; E
il mostro su la polvere cadé, Mettendo un grido e ne volò via l'alma. Ma d'Autolico i figli a Ulisse tutti Travagliavansi intorno: acconciamente
Fasciâr la piaga, e con possente incanto Il sangue ne arrestâro, e dell'amato Padre all'albergo il trasportaro in fretta. Sanato appieno e di bei doni
carco, Contenti alla cara Itaca contento Lo rimandaro. Il padre suo Laerte E la madre Anticlèa gioìan pur troppo Del suo ritorno; e il richiedean di
tutto, E più della ferita; ed ei narrava, Come, invitato a una silvestre guerra Da' figliuoli dell'avo, il bianco dente Piagollo d'un cinghial sovra il
Parnaso.
•
Ora la vecchia, toccando la cicatrice con le due mani aperte, // la riconobbe palpandola, e
lasciò andare il piede. // Dentro il lebete cadde la gamba, risonò il bronzo // e s’inclinò da
una parte: in terra si sparse l’acqua. // A lei gioia e angoscia insieme presero il cuore, i suoi
occhi // s’empiron di lacrime, la florida voce era stretta. // Carezzandogli il mento disse a
Odisseo: // “Oh sì, Odisseo tu sei, cara creatura! E non ti ho conosciuto // prima d’averlo
tutto palpato il mio re! … “
•
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Zang Tumb Tumb (1914): la forma della
scrittura…
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DUE CASI A CONFRONTO: IMMAGINE E SCRITTURA
Paolo Uccello : Niccolò da Tolentino alla testa dei fiorentini (1438)
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DUE CASI A CONFRONTO: IMMAGINE E SCRITTURA
Paolo Uccello : Niccolò da Tolentino alla testa dei fiorentini
(1438)
Tecnica tecnica mista su tavola (180 x 316) National Gallery - Londra
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DUE CASI A CONFRONTO:
IMMAGINE E SCRITTURA Guernica 1937
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