La Villa del Tellaro L’antica Villa romana del Tellaro si erge in contrada Caddeddi o Vaddeddi del comune di Noto, in provincia di Siracusa, sulla sponda destra del fiume Tellaro . Si tratta di una villa romana tardo-imperiale, esistente al di sotto di una masseria setteottocentesca in completo stato di abbandono. La scoperta del sito fu fortuita, a seguito di scavi clandestini operati nel territorio netino, ricco di emergenze archeologiche. Gli scavi archeologici ufficiali iniziarono negli anni ’70 ad opera dell’allora Soprintendenza alle Antichità della Sicilia Orientale e portarono alla luce dei meravigliosi pavimenti musivi, quasi completamente distrutti dalle fondazioni della masseria che danneggiarono gravemente la villa romana sottostante. La Villa è datata al IV secolo d. C. sulla base di considerazioni di carattere stilistico e dei dati di scavo. La sua scoperta è stata fondamentale non solo per gli studi concernenti il mosaico tardoantico in Sicilia e nel Mediterraneo, ma anche per la conoscenza del fenomeno sociale, economico e politico che determinò la nascita e lo sviluppo di queste grandi ville nel territorio siciliano. La Villa del Tellaro e quella più famosa di Piazza Armerina, rappresentano, nell’ideologia romana del III e IV secolo d. C., epicentri di vasti territori privilegiati, organismi che, nella gestione di vaste aree produttive, furono autosufficienti rispetto ai centri urbani, per cui la loro realizzazione è di grande impegno costruttivo, con comuni criteri nell’organizzazione architettonica e con la presenza di grandi opere decorative. Questi vasti complessi rurali rispondono alle esigenze di eminenti famiglie aristocratiche siciliane e romane in connessione al nuovo assetto territoriale della Sicilia nel IV secolo d. C., in cui si assiste alla costante e progressiva scomparsa della piccola e media proprietà per l’affermazione del latifondo, in un periodo storico in cui, a seguito della riforma dioclezianea , il rapporto tra Sicilia e Roma si era intensificato dal punto di vista amministrativo e politico. Un rovinoso incendio, datato alla seconda metà del V secolo d. C., distrusse completamente la Villa, gettandola all’abbandono e all’oblio per secoli, fino a quando, tra ‘700 ed ‘800, una masseria fu costruita sul sito dell’antica villa romana. La sezione della Villa romana messa in luce è formata da un grande peristilio di circa m. 20 di lato, circondato da un portico colonnato con corsie di diversa larghezza e posti su differenti piani. Come tutte le ville romane tardo-imperiali, anche questa si sviluppava su più piani: il piano terra, a cui si accedeva da un ingresso posto sulla sponda destra del fiume Tellaro, allora navigabile e grande via di comunicazione, è composto da ambienti di servizio, privi di pavimenti musivi; al piano superiore si trovano una serie di ambienti abitativi, di forma quadrilatera, dotati di pavimenti a mosaico di grande bellezza. I suoi mosaici Mosaico del lato nord del portico Il mosaico pavimentale sul lato nord del portico assume le sembianze di un magnifico tappeto policromo che, in antico, si distendeva unitariamente su tutto il portico. Il mosaico è costituito dalla successione, sia in senso orizzontale che verticale, di un motivo continuo di ricchi festoni di alloro che formano, ad intervalli regolari, medaglioni circolari al cui interno continuano ad intrecciarsi circolarmente, formando medaglioni più piccoli. Mosaico col riscatto del corpo di Ettore Sul lato nord del portico è collocato il primo ambiente, parzialmente recuperato, sul cui pavimento, quasi distrutto, è raffigurata nell’emblema al centro del mosaico la scena del riscatto del corpo di Ettore. Dall’iscrizione greca sul margine superiore dell’emblema, veniamo a conoscenza che alla scena partecipano, da una parte Ulisse, Achille e Diomede, dall’altra i Troiani, dei quali è superstite solo parzialmente uno di essi; manca la figura di Priamo la cui presenza è documentata dall’iscrizione Al centro della scena padroneggia la bilancia con i due bracci sui cui piatti si trovano, da un lato, gli ori del riscatto, dall’altro, il corpo senza vita di Ettore andato perduto a seguito dell’incendio del V secolo d. C.. La rappresentazione mitica è incorniciata da una fascia formata da vigorosi festoni di alloro arricchiti da frutti e fiori con grandi maschere agli angoli su fondo bianco; la fascia di alloro avvolge corpi di fiere dei quali sul lato sud, solo quello di una tigre si è conservato per intero, nell’atto di correre, a ovest invece i girali avvolgono il corpo di un leopardo la cui testa è andata distrutta. L’ambiente attiguo al precedente presenta un pavimento musivo gravemente danneggiato. La scena ivi rappresentata è completamente contornata da una fascia a onda e a fiori di loto. Nei quattro angoli del mosaico si trovano quattro crateri con la bocca piena di frutti, foglie e tralci, sulla quale dipartono quattro festoni, i cui corpi si dirigono verso il centro del mosaico delimitando un riquadro centrale quadrato a lati concavi e, al di sotto, quattro riquadri rettangolari. Essi sono incorniciati da una fascia ondulata sovrastata da una conchiglia. I quattro riquadri sono decorati con scene figurate, ripetute simmetricamente, in cui campeggiano un satiro e una menade in vari atteggiamenti presso un altare. Sono sovrapposte ai festoni quattro maschere. Il terzo ed ultimo ambiente con pavimento musivo messo in luce e recuperato è di vaste proporzioni e presenta la raffigurazione di una scena di caccia molto articolata, che si svolge su quattro registri contornati da una fascia decorata a meandro alternati a riquadri con volatili, pesci e decorazione vegetale. Le ripartizioni fra le varie scene di caccia sono contraddistinte da rocce, cespugli, alberi, acque, elementi che costituiscono lo scenario in cui si svolge l’azione. Nel primo registro della parte alta del mosaico vi sono parziali corpi di fiere indirizzate verso una gabbia il cui portello è tenuto aperto da un cacciatore. Il secondo registro è dominato, al centro, dalla scena di un cacciatore che vibra un colpo di lancia contro un leone rappresentato nell’atto di sbranare una gazzella. Ai due lati della scena vi sono dei cacciatori, a sinistra in azione, a destra stanti, armati di lancia e scudo. Il terzo registro occupa tutta la parte centrale del mosaico con le scene di maggiore rilievo, dominate dalla figura maestosa di una splendida donna seduta su un trono di rocce e circondata da una cornice di fronde erbose. La figura che troneggia al centro della scena è la personificazione dell’Africa, che rivolge lo sguardo verso la drammatica scena di un cacciatore, disarcionato a terra, che soccombe all’assalto violento di una tigre che azzanna il suo scudo, mentre un cavaliere cerca di colpire la fiera con l’aiuto di un altro cacciatore, rappresentato nell’atto di scagliare contro la belva un enorme masso. A destra della figura femminile seduta è rappresentata una scena più tranquilla riguardante il passaggio, in uno stagno, di un carro trainato da buoi e accompagnato da uno stuolo di cavalieri, di servi e di cani. Il carro trasporta una gabbia con le fiere catturate, seguito da tre personaggi bardati, interpretabili come ufficiali preposti alla caccia. Il quarto registro, più vicino all’ingresso della sala, rappresenta la scena di un banchetto all’aperto; il centro della scena è occupato da sei commensali riuniti intorno allo stibadium sotto una tenda tesa tra i rami di alberi. La scena è affiancata, da una parte, dalla raffigurazione di servi affaccendati nella preparazione delle pietanze e nel servirle, dall’altra parte, da sei cavalli inquieti nell’atto di riposo dopo le fatiche della caccia. Le tre scene sono correlate dalle figure di due servi intenti a versare da bere ai due commensali seduti alle estremità opposte dello stibadium. Questo mosaico può essere confrontato non solo con quello della “Grande caccia” della Villa di Piazza Armerina ma anche con alcuni mosaici dei grandi centri dell’Africa Proconsolare, in cui è possibile individuare degli elementi in comune. Assolutamente originale in questo mosaico della Villa del Tellaro è l’organizzazione e distribuzione delle scene che si svolgono tutte intorno alla maestosa figura femminile seduta in trono al centro della rappresentazione. A rischio i mosaici del Tellaro • “Ancora una volta, nel corso di alcuni convegni tenutisi a Noto, e’ stato lanciato l’allarme sul cattivo stato di conservazione dei famosi mosaici della Villa romana del Tellaro, a Noto“. Lo denuncia, con una interrogazione parlamentare, Vincenzo Vinciullo, vicepresidente vicario della commissione ‘Bilancio e programmazione’ all’Ars. “A quanto emerge – aggiunge – si evidenzia, non solo la mancata copertura dei mosaici ma, soprattutto, il venir meno degli effetti cromatici degli stessi, cioe’ la loro irrimediabile scomparsa”. Al Governo della Regione, attraverso l’interrogazione, Vinciullo chiede di: “Approntare provvedimenti urgenti, e non piu’ rinviabili, per salvaguardare le preziose testimonianze dell’epoca romana”. “Non occorre sottolineare – puntualizza – che trattasi, insieme a quelli di Piazza Armerina, degli unici resti, in Sicilia, di mosaici di eta’ romana e che, di conseguenza, cosi’ come tutte le altre opere ad arte, il loro valore e’ illimitato, e la eventuale perdita, rischierebbe di scrivere una delle pagine piu’ vergognose nella storia della conservazione dei Beni archeologici e monumentali in Sicilia. Di conseguenza, approfittando anche delle ingenti disponibilita’ economiche, circa 130 milioni di euro, che l’Assessorato ai Beni Culturali ha a disposizione, vorremmo capire se la valorizzazione e la conservazione dei mosaici entrera’ a far parte di questa programmazione, oppure si continuera’ a sbandierare ai quattro venti le ingenti disponbibilita’ economiche senza stabilire quali opere recuperare. In Commissione ‘Bilancio’ – conclude – siamo, ancora, in attesa di questo elenco ma, come sempre, alle parole non seguono i fatti. Sarebbe augurabile che vi fossero meno parolai e piu’ soggetti che diano risposte certe”. Fonte : Sicilia Informazioni del 22 luglio 2013 Nello Scuto Ettore Sapienza Paolo Oliveri Scuola Media “Raffaello Sanzio” Classe II D