CHE COSA SONO I DIRITTI UMANI? I diritti umani sono i diritti fondamentali di ogni persona. Essi non necessitano di essere attribuiti dallo Stato o da altre istituzioni, poiché nascono con l'uomo e per questo motivo sono definiti "innati". I diritti umani sono... Innati Universali Appartengono ad ogni essere umano, a prescindere dal riconoscimento giuridico dello Stato e senza distinzione di lingua, sesso, razza, religione Indisponibili Intrasmissibili - Inalienabili Irrinunciabili Non possiamo disporne a nostro piacimento. Ad esempio, non possiamo venderli ad altri, né possiamo rinunciarvi Inviolabili Nessuno può esserne privato e lo Stato non può revocarli o modificarli per nessun motivo Nonostante la loro natura innata e universale, anche i diritti umani si evolvono con l'evoluzione della percezione di essi che va sviluppandosi via via. Per questa ragione, i diritti umani vengono suddivisi in tre generazioni, in base ai diversi momenti storici in cui sono stati individuati e riconosciuti. La prima generazione comprende i diritti civili (tutela della personalità e della libertà, diritto alla vita, all'integrità fisica, alla libertà personale, libertà d'opinione e di associazione) e i diritti politici (relativi alla partecipazione all'organizzazione dello Stato). I primi furono affermati nel Settecento, a seguito delle rivoluzioni americana e francese, mentre i secondi sono nati nell'Ottocento, a seguito della graduale estensione del diritto di voto. La seconda generazione riguarda i diritti economici, sociali e culturali, il lavoro e l'assistenza sanitaria e sociale. Tali categorie di diritti furono individuati e riconosciuti dopo la seconda guerra mondiale, allorché gli Stati ampliarono le proprie funzioni includendovi quella di migliorare le condizioni di vita dei cittadini . La terza generazione, più recente, riguarda infine i cosiddetti diritti di solidarietà, di cui fanno parte l'autodeterminazione dei popoli (cioè il diritto riconosciuto a tutti i popoli di scegliere liberamente da chi essere governati), la pace, lo sviluppo, l'equilibrio ecologico, il controllo delle risorse, la difesa dell'ambiente. Il diritto al cibo e al sostentamento Il diritto ad una alimentazione adeguata costituisce un diritto umano fondamentale, sancito con fermezza nel diritto internazionale. Ciononostante, ogni giorno una persona su 5 soffre la fame, per un totale di 800 milioni di persone affamate in tutto il mondo, e ogni anno oltre 20 milioni di persone muoiono di denutrizione e di malattie ad essa collegate. Il diritto al cibo è stato riconosciuto fin dall'adozione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani nel 1948. Esso è inscritto nelle costituzioni di oltre 20 paesi, e circa 145 paesi hanno ratificato il Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali del 1966, che impone esplicitamente agli Stati firmatari di legiferare sul diritto a un'alimentazione adeguata. Il Codice Internazionale di Condotta sul Diritto Umano a un'Alimentazione Adeguata fu proposto per la prima volta alla vigilia del Vertice Mondiale sull'Alimentazione del 1996. Esso è largamente appoggiato dalle organizzazioni non governative che difendono la causa degli affamati. La teoria dei diritti umani contempla due tipi di diritti: quelli la cui osservanza si realizza semplicemente non intervenendo (negativi) e quelli la cui attuazione ha bisogno di risorse (positivi). C'è dunque una netta distinzione tra un'interpretazione ristretta (il diritto a procurarsi il cibo mediante i propri sforzi senza essere intralciati) e un'interpretazione ampia (il diritto a ricevere il cibo quando non si è in grado di procurarselo). L'interpretazione ampia garantisce una nutrizione adeguata quando il lavoro o la terra non sono disponibili, e implica dunque l'impiego di risorse per nutrire gli esseri umani. Numerosi governi non accettano quest'interpretazione. Anzi alcuni hanno sostenuto che spendere tempo e denaro per promuovere il diritto al cibo significa sprecare risorse che sarebbe meglio destinare ai poveri. Ma considerare la sicurezza alimentare un diritto aiuta a concentrare l'attenzione sulle questioni cruciali della responsabilità e della non-discriminazione, le quali hanno anch'esse il loro fondamento nella legge. In conclusione, il diritto al cibo è interamente una faccenda di buon governo e di attenzione per i più poveri e i più emarginati. LA LEGISLAZIONE INTERNAZIONALE La legislazione sui Diritti Umani solitamente prevede: •diritto alla sicurezza che protegge le persone contro crimini come assassini, massacri, torture e rapimenti •diritto alla libertà che tutela aree quali la libertà di pensiero e religiosa, la libertà di associazione, di riunione e di costituirsi in movimenti •diritti politici che tutelano la libertà di partecipare alla vita politica attraverso la libertà di espressione, di protesta, di voto e di assumere cariche pubbliche •diritti di habeas corpus che proteggono contro abusi da parte del sistema giudiziario quali incarcerazione senza processo, o con cosiddetto processo segreto, o con eccesso di punizione •diritti di uguaglianza sociale che garantiscono uguale accesso alla cittadinanza, uguaglianza di fronte alla legge e abolizione delle discriminazioni •diritto al benessere (può prendere anche il nome di diritti economico-sociali) che prevede l'accesso ad un adeguato sistema educativo e la tutela in caso di situazioni di grave disagio o povertà •diritti collettivi che assicurano la tutela contro genocidi e saccheggio delle risorse naturali. Scossa dalla barbarie della Seconda Guerra Mondiale, conflitto durante il quale era spesso venuta meno l'applicazione della cosiddetta Convenzione di Ginevra, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite promulgò nel 1948 un importantissimo documento battezzato Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Tale Dichiarazione, sebbene non li obbligasse sotto lo stretto profilo giuridico, tuttavia indicava agli Stati membri l'urgenza di promuovere un insieme di diritti umani, civili, economici e sociali, affermando che questi diritti sono parte delle "fondamenta di libertà, giustizia e pace nel Mondo". La dichiarazione fu il primo sforzo legale internazionale al fine di limitare il comportamento oppressivo di taluni Stati. permetteva al presidente e ai tribunali militari di dichiarare chiunque ‘ nemico combattente’ privo dei basilari diritti civili quali l’habeas corpus. Molte Nazioni vorrebbero andare oltre la Dichiarazione Universale e creare un corpus di leggi che impegni a tutti gli effetti gli Stati della Terra ad attenersi a norme per la tutela dei Diritti Umani. Questo ha portato - a causa del disaccordo di alcuni se inserire o meno anche norme di natura socio-economica - alla preparazione di due trattati differenti. Fu così che, nel 1966 e 1976 rispettivamente, la cosiddetta International Covenant on Civil and Political Rights e la International Covenant on Economic, Social and Cultural Rights videro la luce. Assieme alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo questi documenti formano l'International bill of rights. A partire da quella data numerose altri strumenti di tutela dei Diritti Umani sono stati introdotti a livello internazionale: •Convenzione sulla Prevenzione e Punizione dei Crimini di Genocidio del 1951 •Convenzione ONU contro la Tortura del 1984 •Convenzione sull'Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione Razziale del 1969 •Convenzione sull'Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione Contro le Donne del 1981 •Convenzione sui Diritti del Fanciullo del 1989 •Statuto di Roma sulle Corti Criminali Internazionali del 2002 Sebbene poi l'ONU abbia riconosciuto che, ad eccezione dei cosiddetti Diritti Umani nonderogabili - i quattro più importanti sono il diritto alla vita, il diritto alla libertà dalla schiavitù, il diritto alla libertà dalla tortura ed il diritto all'impossibilità della retroattività dell'azione penale -, alcuni diritti possono essere posti sotto limitazione o perfino messi da parte durante situazioni di emergenza nazionale, ha tuttavia chiarito e messo in evidenza che questo può avvenire esclusivamente a particolari, ristrettissime condizioni; e cioè, che "l'emergenza debba essere effettiva, debba coinvolgere l'intera popolazione e a venire messa in pericolo debba essere l'esistenza stessa della Nazione. La dichiarazione d'emergenza deve essere posta in essere solo come ultima risorsa, ed adottata come misura temporanea”. Inoltre, la condotta in guerra è sempre e comunque governata dalla Legge Umanitaria Internazionale. Tutti argomenti, questi ultimi, ricordati con viva preoccupazione dalle organizzazioni umanitarie e di difesa dei Diritti Umani allorquando, il 17 ottobre del 2006, il presidente degli Stati Uniti George W. Bush, firmando il Military Commissions Act of 2006 sospende l' Habeas corpus dai diritti fondamentali del popolo degli Stati Uniti. La legge permette al presidente e ai tribunali militari di dichiarare chiunque "nemico combattente", privandolo dei diritti civili quali l’ habeas corpus.