L’INGRESSO DI GESÙ A GERUSALEMME In cielo assiso sul trono, in terra portato sul dorso dell’asinello, o Cristo Dio, tu ricevevi la lode degli angeli e l’acclamazione dei fanciulli che a te gridavano: “Benedetto sei Tu che vieni a richiamare Adamo alla vita”. Con rami di palme spirituali, con l’anima purificata, come i fanciulli esaltiamo con fede Cristo, acclamando a gran voce il Sovrano: Benedetto tu, che sei venuto nel mondo per salvare Adamo dalla maledizione antica, divenendo il nuovo Adamo spirituale, o amico degli uomini, secondo il tuo beneplacito. O Verbo che tutto disponi per il bene, gloria a te! Dal Vangelo secondo Marco Quando si avvicinarono a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio che vi sta di fronte, e subito entrando in esso troverete un asinello legato, sul quale nessuno è mai salito. Scioglietelo e conducetelo. E se qualcuno vi dirà: Perché fate questo?, rispondete: Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito». Andarono e trovarono un asinello legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo sciolsero. E alcuni dei presenti però dissero loro: «Che cosa fate, sciogliendo questo asinello?». Ed essi risposero come aveva detto loro il Signore. E li lasciarono fare. Essi condussero l’asinello da Gesù, e vi gettarono sopra i loro mantelli, ed egli vi montò sopra. E molti stendevano i propri mantelli sulla strada e altri delle fronde, che avevano tagliate dai campi. Quelli poi che andavano innanzi, e quelli che venivano dietro gridavano: Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli! Ed entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i Dodici diretto a Betània. La festa che ricorda l’ingresso di Cristo a Gerusalemme è di origine gerosolimitana. Secondo il Diario di Egeria, già nel IV secolo la si celebrava con un corteo che dall’Eleona, sul Monte degli Olivi, proseguiva sino al Calvario, guidato dal Vescovo in groppa a un asinello. In greco il nome di questa festa è ΒΑΙΟΦΟΡΟΣ , dal termine BAION, ramo di palma. Una curiosità: a Gerusalemme, ancora nel IV secolo, vi era una tradizione che indicava la palma da cui erano stati staccati i rami per correre incontro al Cristo. Il sabato che precede la domenica delle Palme, nella chiesa bizantina è chiamato “il sabato di Lazzaro”. .Del resto il collegamento tra la resurrezione dell’amico e il trionfo messianico di Gesù, al momento del suo ingresso in Gerusalemme, è fatto chiaramente dal Vangelo di Giovanni; ne troviamo un primo annuncio fin dalla liturgia del sabato. Ora Lazzaro balza alla tua parola, o Verbo di Dio, correndo di nuovo alla vita; e le folle ti acclamano con rami, o Potente, perché alla fine distruggerai l’Ade con la tua morte. Gesù entra in Gerusalemme come il Re messianico e come lo Sposo; entra nella città santa, Sion, che lui si è scelta per unirsi a lei, per far abitare in lei l’incomparabile splendore della sua bellezza e della sua gloria e da lei regnare sulle Genti. Infatti la liturgia bizantina prevede che durante la settimana santa sia venerata l’icona dello Sposo e soprattutto nei primi tre giorni si celebra l’Ufficio detto “dello Sposo”. Quest’icona corrisponde a quella dell’ingresso glorioso in Gerusalemme. Sono i due poli di un unico mistero: lo Sposo è il Cristo paziente, coronato di spine, trafitto al costato, sanguinante, nudo. Ecco lo Sposo che viene nella notte della condizione umana per assumerla interamente e riscattarla nella sua luce, perché Egli è l’Illuminante, Colui che dona la luce e che salva; ma salva per mezzo della croce. L’incontro messianico di Gesù e di Gerusalemme, che si compie così come i profeti l’avevano annunciato, rivela massimamente il duplice mistero di Israele. La presenza del Signore spacca in due il popolo, o meglio, rivela i pensieri dei cuori e perciò divide. Nella persona dei fanciulli innocenti, Israele è la sposa casta, che accoglie il suo Re e Sposo, che lo riconosce nella luce dello Spirito Santo e dallo Spirito è mossa a gridare l’acclamazione profetica. Ma, nella persona dei capi, Israele è anche la sposa infedele e adultera che rifiuta il suo Signore e perciò si prepara il ripudio da parte di lui. I fanciulli innocenti, le umili folle acclamanti, rappresentano quel resto fedele del popolo, che fonda la continuità tra la prima economia e la nuova che sta per inaugurarsi nel mistero pasquale. I capi del popolo il sinedrio, i principi dei sacerdoti rappresentano invece la rottura, la condanna della sposa infedele, che rifiutando il suo Signore ha consumato l’adulterio fino alla fine e perciò si trova esclusa dal recinto sacro del Tempio, che ha profanato. E’ questo l’Israele empio e adultero che vede le nozze della nuova Sion e il ripudio della sposa infedele. L’ingresso di Gesù in Gerusalemme è una teofania, nella linea delle antiche teofanie del Vecchio Testamento. La gloria di Dio entra nella città santa, ma umiliata nella umanità del re mite, dell’agnello che viene per essere immolato. Con i discepoli, le folle, le genti, tutte le creature partecipano a questo rito di intronizzazione. Le nozze di Dio con il suo popolo e con l’intera umanità si compiono sulla croce, quando dal fianco squarciato del nuovo Adamo nasce la nuova Eva, la Sposa casta, la Chiesa, la vera madre dei viventi. Ma la luce e la gloria di questo trionfo mite rinviano ancora alla consumazione finale, alle nozze dell’Agnello con la città santa, che scende dal cielo (Ap 21, 9-10). Le icone relative a questa festa risalgono alla metà del XIV secolo. La stabilità dello schema iconografico è dovuta al fatto che l’unica fonte è quella dei racconti evangelici, negli apocrifi non sono riportati ulteriori dettagli. Unica variante è la posizione di Gesù, che può apparire rivolto verso Gerusalemme o verso i discepoli. Il gruppo degli apostoli che segue il Cristo e la folla che gli si fa incontro formano ciascuno una sola massa composta da molteplici figure; il Cristo campeggia maestosamente fra i due gruppi, ciò che conferisce alla composizione un equilibrio rigoroso. L’impressione di staticità restituita dalla folla è accentuata dalle linee verticali del muro della città; al contrario le linee fluide della collina e dell’albero, che sembrano sposare e quasi confondersi con il movimento del Cristo e degli apostoli, conferiscono alla composizione grande dinamismo. E’ il personaggio principale ed è situato al centro dell’icona. Egli cavalca l’asina stando seduto di fianco, come usano i tre in Oriente, e avanza maestosamente rivelando una piena autorevolezza. Il suo corpo è rivolto in direzione dei suoi discepoli, mentre lo sguardo punta verso Gerusalemme (nelle icone russe è l’opposto). Nella mano regge il rotolo delle scritture, o anche il rotolo dei nostri debiti, le cui condizioni ci erano sfavorevoli. L’ingresso trionfale in Gerusalemme è il compimento della profezia che vede nel Cristo il Re futuro: Esulta grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina. Zc 9,9 Il prototipo del re che entra vittorioso nella sua città si trova nella figura di Davide, la cui gloria incontra sempre anche l’opposizione dell’invidia e del disprezzo da diverse parti del suo popolo. Anche in questo il Cristo è chiamato a ragione “figlio di Davide”. Con palme i bambini inneggiavano a te proclamandoti figlio di David, o Sovrano, e avevano ragione, perché anche Tu hai ucciso l’oltraggioso Golia spirituale. Dopo la vittoria le danzatrici lo acclamavano cantando: “Saul ne ha uccisi mille, David diecimila”. Questo dice la legge; ma dopo la legge è venuta la tua grazia, mio Gesù. La legge era Saul, roso dalla gelosia e persecutore, David il perseguitato fa fiorire la grazia; Tu infatti sei insieme il Signore e il figlio di David, Tu che vieni a richiamare Adamo alla vita. Nella Bibbia troviamo un altro episodio simile a quello dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme. E’ quello che si riferisce alla tormentata successione e intronizzazione di Salomone quale successore di Davide sul trono di Israele: “Il re Davide fece chiamare il sacerdote Zadòk, il profeta Natan e Benaià figlio di Ioiadà. Costoro si presentarono al re, che disse loro: «Prendete con voi la guardia del vostro signore: fate montare Salomone sulla mia mula e fatelo scendere a Ghicon. Ivi il sacerdote Zadòk e il profeta Natan lo ungano re d’Israele”. “O creatura uscita dalle mie mani – rispose il Creatore a quelli che lo imploravano – Sapendo che la legge non ha avto la forza di salvarti, sono venuto io; non aveva il potere di salvarti, la legge, perché non ti aveva creato, e nemmeno i profeti, perché anch’essi sono creature mie come sei tu. A me solo spetta liberarti dal debito che è così grave: sarò venduto per te e ti farò libero; sarò inchiodato alla croce a causa tua e tu non morrai. Io muoio e ti insegno a gridare: “Benedetto sei Tu che vieni a richiamare Adamo alla vita!” Non mi è bastato amare gli angeli: ho voluto bene a un poveraccio come te, ho nascosto la mia gloria E da ricco mi sono fatto povero volontariamente, perché grande è il mio amore per te. Per te ho sofferto fame e sete, per te ho patito tormenti; ho valicato monti, ho attraversato precipizi e valli per cercarti che vagavi sperduto. Mi sono fatto chiamare agnello per attirarti e guidarti con la mia voce; anche pastore mi hanno chiamato, perché per amore tuo sono disposto a dare la vita per strapparti agli artigli del lupo. Tutto sopporto perché voglio che tu gridi: “Benedetto sei Tu che vieni a richiamare Adamo alla vita!” “Con la bocca dei bambini e dei lattanti affermi la tua potenza contro i tuoi avversari, per ridurre al silenzio nemici e ribelli” (Sal 8,3) I bambini stendono i loro mantelli sotto le zampe dell’asinello, altri gettano ramoscelli di palma. A volte, nella parte bassa dell’icona si vedono due piccoli bambini: uno sta seduto con una gamba un po’ alzata, sulla quale si china un altro ragazzino, che sta cercando di estrarre una scheggia dalla pianta del suo piede. Questa scena della vita quotidiana, arrivata da Bisanzio, colpisce molto e dona all’immagine vitalità, non abbassando però il pathos di quello che sta succedendo. Le vesti dei bambini sono quasi sempre bianche, simbolo della purezza delle loro anime. Colui che sta seduto sul trono dei cherubini, che per noi si è assiso sull’asinello e giunge per la passione volontaria, sente oggi i fanciulli gridare l’osanna e le folle acclamare: Affrettati, Figlio di Davide, a salvare coloro che hai plasmato, o Gesù benedetto! Per questo infatti sei venuto, affinché conoscessimo la tua gloria. E’ lode della bocca di bimbi innocenti e di lattanti, la lode dei tuoi supplicanti che ti sei composta per abbattere l’avversario, per vendicare con la passione della croce la caduta dell’antico Adamo, per far risorgere, Signore, mediante un albero, Adamo che ti canta l’inno di vittoria. Non saranno più sgozzati bambini a causa del figlio di Maria, ma per tutti, bimbi e vegliardi, Tu solo sarai inchiodato alla croce. Noi più contro di noi si volgerà la spada: sarà il tuo fianco ad essere trafitto dalla lancia. Perciò esultando diciamo: “Benedetto sei Tu che vieni a richiamare Adamo alla vita!” Prima acclamarono agitando fronde, poi con bastoni catturarono Cristo Dio “Chi è costui?”, si chiedevano quelli che volutamente ti ignoravano: dicono infatti che non sapevano chi fosse il figlio di David che li ha liberati dalla morte. Ancora sciolgono Lazzaro dalle bende e non sanno chi l’ha risuscitato! Ancora hanno le spalle indolenzite quelli che trasportavano il figlio della vedova, e loro ignorano chi è che l’ha strappato alla morte! Ancora non sono usciti dalla casa di Giairo e loro non sanno chi alla figlia sua ha restituito la vita! Lo sanno ma non vogliono dire: “Benedetto sei Tu che vieni a richiamare Adamo alla vita!” Il ramo di palma è simbolo di gioia e di trionfo; gli Ebrei erano soliti recare rami di palma in mano quando accoglievano personaggi importanti e ne offrivano come ricompensa ai vincitori. E’ dunque con rami di palma che la folla va incontro a Cristo, vincitore della morte La Palma simboleggia Cristo, Colui che colma il vuoto tra il monte di Dio (divinità) e la città degli uomini (umanità). Rimanda all’albero della croce su cui Egli sarà inchiodato a causa del rifiuto di Israele, fuori dalle mura della città. La palma ha anche valore simbolico, riferentesi alla profezia di Is 11, 10-11 In quel giorno la radice di Iesse si leverà a vessillo per i popoli, (…) In quel giorno il Signore stenderà di nuovo la mano per riscattare il resto del suo popolo Elevate una lode concorde, popoli e genti: perché il Re degli angeli è ora montato sull’asinello e viene, perché vuole abbattere con la croce i nemici, nella sua potenza. Per questo anche i fanciulli con palme cantano l’inno: Gloria a te, Cristo Salvatore; gloria a te, unico Dio nostro benedetto. Rappresenta il monte degli ulivi da cui scese Gesù per entrare a Gerusalemme (in alcune icone in cima alla montagna sono raffigurati alcuni edifici che vogliono indicare il villaggio di Betfage da cui parte la processione con le palme al seguito di Gesù). Alcuni vedono simboleggiato in questa montagna il monte messianico, secondo la profezia di Is 2,2 Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà eretto sulla cima dei monti e sarà più alto dei colli; Nel complesso dell’icona la montagna si contrappone alla città di Gerusalemme, chiusa dentro le sue mura. In alcuni casi la montagna presenta un antro nero da cui escono gli apostoli: esso vuole richiamare simbolicamente il cammino del popolo di Israele , come dice Is 9,1: Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Gli apostoli sono quindi il popolo nuovo, rinnovato nella luce di Cristo. Il puledro procede baldanzoso perché “Cristo – commenta il Crisostomo – in questa occasione adempie due profezie: una mediante i suoi atti, e l’altra con le parole. Adempie la prima profezia cavalcando un’asina; e la seconda, realizzando le parole del profeta Zaccaria, il quale aveva preannunziato che il re avrebbe cavalcato un’asina. E, nell’adempiere l’antica profezia, ne avvia una nuova, prefigurando con i suoi atti ciò che sarebbe accaduto in avvenire: la chiamata dei gentili alla salvezza. Infatti i gentili erano considerati come animali impuri come lo è l’asino nella religione ebraica. Secondo il Crisostomo il puledro raffigura anche la Chiesa e il popolo nuovo che fino a quel momento era impuro e che diviene puro quando Gesù si siede su di esso. Tu che cavalchi i cherubini, e sei celebrato dai serafini, sei montato su un asinello alla maniera di Davide, o buono: i bambini ti celebravano come conviene a Dio. Sedendo su un asinello, prefiguravi il passaggio delle genti indomabili dall’incredulità alla fede. Oggi ti accontentasti di un asinello; mi inchino alla tua misericordia poiché a causa mia un giorno fosti deposto in una mangiatoia avvolto in fasce, e ora sei salito su di un asinello Tu che per trono hai il cielo. Là gli angeli circondavano la mangiatoia, qui i discepoli conducevano l’asinello. “Gloria” allora udisti, adesso invece: “Benedetto sei Tu che vieni a richiamare Adamo alla vita!” La tua forza la manifesti innalzando le cose povere; era immagine di povertà, infatti, il tuo cavalcare un asinello, ma glorioso come sei Tu scuoti Sion. Indicavano povertà le vesti dei discepoli, ma era segno della tua potenza l’accorrer della folla e l’inneggiare dei fanciulli che acclamavano “Osanna! – che vuol dire: Salva! – tu che sei nel più alto dei cieli”. Salva, Tu che sei l’Altissimo, gli umili; guardando alle palme, abbi pietà di noi. Guarda a coloro che a te gridano: “Benedetto sei Tu che vieni a richiamare Adamo alla vita!” Ecco il nostro Re che mite e pacifico, cavalcando l’asinello, con premura si presenta a patire per metter fine ai patimenti dell’umanità. Il Verbo (logos) siede su una creatura irragionevole (àloga) per salvare le creature dotate di ragione (logikoi); e si poteva contemplare sul dorso dell’asinello Colui che è assiso sulle spalle dei Cherubini, povero per suo volere Lui ch’era ricco per natura, debole per scelta Lui che dona forza a tutti quelli che a Lui gridano: “Benedetto sei Tu che vieni a richiamare Adamo alla vita!” Stretta tra alte mura, simbolo della chiusura spirituale, è Gerusalemme, verso la quale si volge lo sguardo mesto di Gesù. Dalle palme e dai rami, quasi passando da una festa divina ad un’altra festa divina, corriamo o fedeli, alla venerabile solennità salvifica dei patimenti del Signore: contempliamolo mentre volontariamente si assoggetta per noi alla passione e dà la sua vita in riscatto, riscatto di tutto l’universo. Cantiamogli grati un inno melodioso, acclamando: O fonte di misericordia e porto di salvezza, Signore, gloria a te!