Antonio Gramsci
e l’educazione
Spunti e riflessioni
ANTONIO GRAMSCI
(ALES 1891 – ROMA 1937)

Nasce ad Ales, in provincia di
Oristano, nel 1891, in una
famiglia del piccolo ceto
impiegatizio, originaria dell’Albania.

Compie gli studi liceali a Cagliari. Grazie ad una borsa di
studio nel 1911 si trasferisce a Torino, dove si iscrive alla
facoltà di lettere. Torino, era anche un centro del
movimento operaio, dove conobbe compagni della sua
futura vita politica, tra cui Palmiro Togliatti.

Per concentrarsi sulla vita politica lascia l’università; nel
1914 aderì al Partito socialista e avvia l’esperienza dei
“consigli di fabbrica”.

Nel 1917 insurrezione degli operai di
Torino contro la guerra; gli venne affidata
la direzione del partito socialista, poi
l’esempio della Rivoluzione d’ottobre che
egli giudicherà non proprio coerente con i
principi marxisti ortodossi, lo spinse a
prendere posizione nell’ala più
rivoluzionaria del partito.

Nel 1919 Gramsci, con Palmiro Togliatti,
dà vita al giornale “Ordine nuovo” che,
nato come quotidiano, diventerà, poi,
settimanale e, infine, quindicinale.

Nei suoi articoli afferma che il consiglio di
fabbrica deve essere eletto da tutti i
lavoratori, indipendentemente dalla loro
collocazione politica, così che essi assumano
la funzione dirigente che spetta loro in
quanto “produttori”.

Tramite la rivista promuove l’idea di
individuare, nelle fabbriche, dei nuclei di
democrazia operaia diretta e dei nuclei di
futuri organi del potere proletario. Nasce,
così, una nuova corrente politica che, nel
1921, dà vita al Partito comunista d’Italia,
come scissione del Partito socialista.

Dal 1922 al 1924, partecipa, a Mosca e a
Vienna, all’Internazionale comunista, in
occasione della quale conosce Lenin e la
donna che sposerà, Giulia Schucht,
violinista, dalla quale avrà due figli:
Delio e Giuliano.

Durante la sua permanenza in Russia
approfondisce
le
conoscenze
del
leninismo e osserva gli sviluppi della
dittatura del proletariato. Il rientro in
Italia avviene nel 1924.

Intanto in Italia, gli oppositori della dittatura fascista
vengono incarcerati o uccisi, come G. Matteotti (nel
1925).

Gramsci, nel novembre del 1926, viene arrestato
dalla polizia fascista con l’accusa è di essere “il
cervello del comunismo italiano”.

Un tribunale speciale del regime di Benito Mussolini,
nel 1928, lo condanna a circa vent’anni di reclusione,
da scontare nel carcere di Turi, in provincia di Bari.

Durante la prigionia, in particolare tra gli anni 1931 e
1934, scrive la sua opera più importante: “I quaderni
dal carcere”, poi si ammala gravemente e viene
portato in una clinica a Formia, nei pressi di Roma.
Non riuscì a godere del beneficio dello sconto di pena,
perché nel 1937 morì nella clinica di Quisisana di
Roma, dove era stato trasferito nel 1935.
Gramsci avvertì profondamente il nesso pedagogiapolitica, il problema del rapporto tra intellettuali e
produttori, tra cultura e lavoro.
Perché…
…se l’uomo si concepisce come l’insieme “dei
rapporti sociali”, il senso del suo essere è
imprescindibile dai rapporti con il mondo esterno.
 Le sue pagine “pedagogiche” (articoli, lettere,
note dei quaderni) mostrano la problematicità
del suo pensiero, e ci offrono
 UN’ALTERNATIVA PEDAGOGICA…
 …Il suo ragionamento pedagogico concilia
termini antitetici: spontaneità e disciplina,
sincerità e conformismo, originalità e
consapevolezza…
ALLE ORIGINI DEL SUO PENSIERO…

Gramsci, negli anni giovanili partecipò ad una
sorta di “socialismo idealista”: ma mostrò
insoddisfazione sia verso l’idealismo sia verso
il socialismo.

Inizialmente aderì al movimento intellettuale
e morale promosso da Benedetto Croce…

…ma l’idealismo crociano fu da lui considerato
come l’occasione per uscire dalla provincia e
assumere una posizione moderna e una
collocazione nazionale.

All’idealismo rimproverava una cultura
incapace di proporsi per la formazione di
uomini nuovi.
Un excursus sull’idealismo

All’inizio del XX secolo, in Italia
l’idealismo era molto diffuso, come
reazione verso il positivismo, a partire
dalla rivista “La Critica”, fondata nel
1903 da Croce in collaborazione con
Gentile.

Alla base dell’idealismo, c’era la filosofia di Georg Friedrich
Hegel (1770-1831), che spiegava la storia attraverso il
“metodo dialettico” o, semplicemente, o “dialettica”.

Lo spirito, inteso in senso hegeliano, è libertà,
sviluppo, autocoscienza.
La realtà si interpretava attraverso la tesi, l’antitesi e
la sintesi.

Ad esempio, dal conflitto tra due nazioni, tesi e
antitesi, nasce una nuova civiltà (=sintesi), che è
superiore alle altre due, perché mette insieme gli
aspetti più validi dell’una e dell’altra nazione. Questa
nuova civiltà, poi, diventa, a sua volta, tesi, che
svilupperà un’antitesi, e così via, fino all’infinito.

In questo processo infinito lo Spirito giunge
alla perfezione e i conflitti che sorgono per
obiettivi concreti, in realtà, permettono a una
Ragione superiore di agire. Gli uomini, quindi,
non sono altro che gli strumenti di questa
Ragione superiore.

Principio
costitutivo
dell’idealismo
l’identità tra pensiero ed essere.
era

Lo stesso Gentile fu autore di opere quali:

Riforma della dialettica hegeliana (1913); nel
1916 Teoria generale dello spirito come atto
puro = Lo spirito è atto che pone il suo
oggetto in più oggetti ma la loro molteplicità
è risolta nell’unità dello stesso soggetto.

Gentile voleva rivedere determinati aspetti
della speculazione filosofica di Hegel, che ad
esempio, aveva separato la Logica e la
Filosofia della Natura dalla Filosofia dello
Spirito.

I RIFLESSI DELL’IDEALISMO SULL’EDUCAZIONE
Gentile scrisse un’opera intitolata Sommario di pedagogia
generale come scienza filosofica (1912); La pedagogia per
avere un carattere scientifico deve utilizzare i risultati della
filosofia, così si sosteneva una critica serrata al tecnicismo
didattico.
Nel 1923, la Riforma Gentile “vedeva la separazione tra
cultura e lavoro, tra l’istruzione classica e l’istruzione
professionale”
(F. Ravaglioli, Profili delle moderne teorie dell’educazione, Armando, Roma, 1999, p.
19).
Per i marxisti si trattava di una riforma classista, anche
perché dettata dalla necessità di sfoltire la scuola
secondaria e l’università.
Dunque, la SELEZIONE a scapito della SOCIALIZZAZIONE.
E IL SOCIALISMO?

L’altra origine del pensiero di Gramsci, era il
socialismo, da lui però considerato culturalmente
arretrato; gli rimproverava di elargire cultura in
briciole alle masse o addirittura di respingerla.

Gramsci fece una critica serrata al socialismo di
stampo positivistico. Il determinismo di origine
evoluzionista
rischiava
di
inibire
la
spinta
rivoluzionaria, così attinse anche dall’idealismo.

A
differenza
di
quel
che
pensavano
i
positivisti/socialisti, anche il proletariato aveva
bisogno di una scuola umanistica, disinteressata e
formativa (infatti, durante il suo periodo giovanile
considerava il latino il vaglio delle capacità
intellettuali e morali).

Nei Quaderni dal carcere, tuttavia, riconosce
un nuovo tipo di intellettuale, il TECNICO, che
aveva bisogno di una professionalità non
manuale ma integrata nel mondo della
scienza, perciò la divisione tra scuola
umanistica e scuola professionale diventava
insufficiente.

Ecco allora che gli si rivelò utile l’esperienza
marxista e quella sovietica (che gli suggerì la
proposta
dell’unificazione
del
grado
elementare,
ginnasiale
e
liceale
fino
all’università, quando poteva iniziare la
specializzazione professionale).

“Nel XIX secolo lo sviluppo industriale entrava
nella fase acuta, soprattutto in Inghilterra. Le
trasformazioni sociali diventavano imponenti”
(Ivi, p. 23)

Marx, che studiò il fenomeno del capitalismo,
seguiva la dialettica hegeliana, ma la criticava
perché per lui non riusciva a conciliarsi con la
pratica,
perché
troppo
incentrata
sulla
coincidenza tra reale e ideale.

Marx ed Engels proponevano il MATERIALISMO
STORICO: “La classe che è la potenza materiale
dominante della società è in pari tempo la sua
potenza spirituale dominante”.

Gramsci così innestò il pensiero di Karl
Marx (1818-1883) nella tradizione
italiana, sia per dare concrete soluzioni
ai problemi politici, sociali ed economici
delle nazioni alle prese con la
rivoluzione industriale, sia per indicare
una via italiana al socialismo.

È opportuno dunque prendere
considerazione il pensiero di Marx.
in

Marx, da un lato, accetta la dialettica hegeliana,
dall’altro, invece, la critica.

La storia, secondo Marx, non è guidata da una
Ragione superiore, così come credeva Hegel, ma
dagli
uomini,
e
il
suo
progresso
nasce
dall’opposizione tra le classi sociali formate da uomini
che trasformano la natura, per soddisfare i propri
bisogni.

Le forze motrici della storia perciò sono economiche,
la base della società è costituita dalle condizioni
materiali e dunque di natura economica =
STRUTTURA e su di esse nasce l’insieme delle
istituzioni giuridico-politiche, morali, religiose e
filosofiche, della società stessa = SOVRASTRUTTURA.

Marx, dunque, applicò la dialettica hegeliana alla
storia.

Secondo il materialismo storico:

1 – I BISOGNI MATERIALI E LA REALTÀ
SOCIALE = come il FENOMENO
PRIMARIO;

2 – LA COSCIENZA E I PRODOTTI
CULTURALI SONO DELLE DERIVAZIONI.

Nel sistema capitalistico, secondo Marx, si produceva
un’enorme quantità di merci (feticismo delle
merci), prodotta dal lavoratore salariato.

Il plusvalore, prodotto dal lavoratore, che viene
retribuito meno di quanto vale il suo prodotto,
determina, così, un aumento di ricchezza nelle mani
del capitalista, che diventa sempre più ricco.

Tra le due classi (quella dei padroni e quella dei
lavoratori), pertanto, si sviluppano tensione e odio,
che porteranno alla rivoluzione, quindi al processo
con cui il proletariato s’impossesserà del potere
politico (= dittatura del proletariato), per passare
dalla vecchia alla nuova società.

Quale sarà la sintesi? La sintesi per Marx
sarà il comunismo, cioè una società
senza classi, in cui: non si avrà più lo
sfruttamento dei lavoratori e gli individui
saranno uguali, non solo sul piano
politico sul piano politico ma anche su
quello economico.

Marx,
pertanto,
considera
l’uomo,
essenzialmente, come praxis, cioè come
azione volta ad abbattere tutto ciò che lo
rende un oppresso e, quindi, a
trasformare il mondo.

Al 1848 risale il “Manifesto del partito comunista”, che
trattava:
- delle contraddizioni tra le forze di produzione e i rapporti di
produzione cristallizzati nella proprietà privata;
- la ricchezza della borghesia, che provocava la povertà del
proletariato.

Da questa situazione derivava l’ALIENAZIONE DELL’UOMO
CONTEMPORANEO, mentre con ESTRANIAZONE si intendeva
l’alienazione storica, ovvero l’allontanamento del singolo dalla
società civile.

Di contro a ciò si proponeva invece:
- La cooperazione
- Il possesso collettivo della terra e dei mezzi di produzione
prodotti dal lavoratore stesso.

Anche per Marx come per Hegel il lavoro formava ed
educava la coscienza, ma il carattere alienante
dell’organizzazione capitalistica del lavoro provocava
la perdita dell’essenza educativa del lavoro stesso.
I RIFLESSI DEL MARXISMO SULL’EDUCAZIONE

L’istruzione professionale era necessaria per eliminare
l’alienazione del lavoro e si avvertiva l’esigenza di un
collegamento della tecnica con la cultura generale.

Marx proponeva il modello della scuola sovietica:
Scuola unica del lavoro del 1918, più che
addestramento professionale si affermava una
ISTRUZIONE POLITECNICA, e la cultura marxista per
la socializzazione della scuola.
GRAMSCI E IL MARXISMO

Anche per Gramsci la capacità di capire la realtà doveva
avvenire utilizzando la dialettica.

La società si struttura in classi, in lotta tra loro. È
necessario, dunque, che una di esse, per la sua superiorità
morale e intellettuale, diventi la classe dirigente (=
egemonia), cioè la guida che plasma l’intera società, in
grado di risolverne i problemi concreti, dato che la
borghesia ha fallito in questo compito.

Questa classe dirigente deve distinguersi e conquistare
“autocoscienza critica”, configurarsi quindi, come forza che
si pone come classe “dirigente”, portatrice e promotrice
della propria ideologia. Una classe diventa dirigente quando
ottiene il consenso delle classi subalterne, fondando così il
“blocco storico”, cioè un sistema articolato di alleanze
sociali legate ad una ideologia comune.
Gramsci, pertanto, credeva
NELL’EMANCIPAZIONE DEL PROLETARIATO, che
doveva avvenire attraverso l’azione di un gruppo
rivoluzionario e mediante la lotta di classe, il cui
obiettivo non è tanto la dittatura del proletariato
(come nel pensiero di Marx), quanto, piuttosto,
la creazione del blocco storico.


Il gruppo che ha guidato la rivoluzione, tuttavia,
affinché possa diventare classe dirigente, deve
lavorare alla creazione del consenso di cui ha
bisogno.

Per questo il pensiero di Gramsci, oltre ad avere
una rilevanza sul piano filosofico, è denso di
implicazioni pedagogiche.

Gramsci lesse alcuni testi di Lenin,
soprattutto quelli incentrati sul rapporto
tra Stato, rivoluzione e soggettività e che
portò alla frattura tra socialisti e
comunisti (la rottura avvenne tra la II e
la III internazionale).

Mentre per i socialisti le contraddizioni
del
capitalismo
si
ribalteranno
spontaneamente nel socialismo, per i
comunisti era necessaria la rivoluzione
proletaria.
Filosofia della praxis

…è il nome che Gramsci (prendendo
l’espressione da A. Labriola) diede al suo
originale
marxismo,
una
sorta
di
MATERIALISMO STORICO che investiva
tutto l’uomo…

…tuttavia, possiamo individuare delle
differenze tra il materialismo di Marx e
quello di Gramsci…

Marx,
infatti,
considera
la
praxis,
esclusivamente, in relazione ai problemi di
natura economica e produttiva (ciò che
Marx stesso chiama “struttura”).

Gramsci, invece, interpreta la praxis in
maniera più globale, rifacendosi anche
alle istituzioni e alla cultura (cioè anche
alla “sovrastruttura”). Così, se per Marx,
la praxis è, principalmente, la lotta di
classe, per Gramsci, invece, è l’egemonia
della classe DEL PROLETARIATO…

Infatti, Gramsci considerava la debolezza
del proletariato italiano la causa del
fascismo e nello stesso tempo, era un
anti-crociano perché…

…gli intellettuali tradizionali concepivano
se stessi come autonomi rispetto alla
classe sociale dominante.

Per questo, negli anni della prima guerra
mondiale prese posizioni sul modo di
considerare e organizzare la scuola.
IL PENSIERO DI GRAMSCI SULL’EDUCAZIONE
Gramsci considerava la scuola classica una
scuola ideale, poiché formativa.
Il suo giudizio era severo contro la scuola
professionale che si limitava ad educare “dei
mezzi uomini” limitati ad una sola attività.
Anche il socialismo, tuttavia, non aveva
saputo interrogarsi sul principio culturale
dell’istruzione, non aveva saputo creare una
scuola disinteressata e valida per tutti.
L’accusa era rivolta anche alle università
popolari che diffondevano nozioni senza
riuscire a cambiare le condizioni delle masse.


Il popolo, da solo, è incapace di elaborare in
modo coerente la propria concezione del
mondo. La PEDAGOGIA POPOLARE era un
modo di pensare “disgregato e occasionale”,
privo di consapevolezza critica… da qui IL
RUOLO DEGLI INTELLETTUALI, che dovevano
guidare il senso comune verso una direzione
consapevole.
CONTROLO L’INADEGUATEZZA DELLE
STRUTTURE EDUCATIVE ESISTENTI,
Gramsci RICERVACA ALTRE VIE: circoli,
club, direttamente collegati alle
associazioni politiche della classe operaia:
i sindacati e i partiti.


Con la Rivoluzione russa queste nuove vie
andarono a configurarsi sui modelli
sovietici. Nella RICERCA DI UN
PRINCIPIO EDUCATIVO NUOVO, una
nuova organizzazione che partiva “dal
basso”.
Fu proprio la riflessione sul PRINCIPIO
EDUCATIVO che lo spingerà dal socialismo
idealista al comunismo leninista.


Necessità di concepire la cultura come coscienza
di classe del proletariato, respingere lo studio
oggettivo e disinteressato per legarlo ai fini del
proletariato. Questa tesi lo fece uscire dai confini
nazionali, così come la cellula produttiva che è
l’operaio è destinato a collegare fabbriche, città
nazioni.

In tal senso l’ordine della vita produttiva viene
trasferito anche nella vita culturale: l’esperienza
proletaria è il punto d’arrivo del percorso
giovanile gramsciano.
Infatti, l’esperienza giovanile del consiglio di fabbrica
= PEDAGOGIA DI FABBRICA = L’educazione diventa
un dispositivo che incarna la materialità
dei sistemi di produzione.
L’operaio deve diventare un intellettuale organico…
Educarsi in fabbrica significa allora costituirsi come
soggetto cosciente per la produzione, mettere in atto
una pratica di costituzione di una soggettività
antagonista operaia che sia abbastanza forte da
realizzare con successo ‘l’espropriazione degli
espropriatori’”.

DALLE LETTERE AI QUADERNI

Negli anni del carcere riprenderà la riflessione su
questi temi, senza alcuna possibilità di lotta politica
diretta, e senza poter conoscere il suo secondo figlio
e i suoi nipoti, figli delle sue sorelle in Sardegna.

Nelle lettere dal carcere i temi vengono affrontati in
maniera molecolare e si riproporranno nelle note ai
primi quaderni (soprattutto nel primo e nel quarto)
dove acquisiscono una dimensione universale
(tuttavia, tra le lettere e i quaderni ci fu un continuo
interscambio).
Le lettere ai familiari, come quella del 1929 alla
moglie Giulia sull’educazione dei figli, costituiranno
dunque
uno stimolo di riflessione sui rapporti
educativi che poi verranno estesi anche a quelli
politici…

L’8 FEBBRAIO 1929 Gramsci ottenne la
possibilità di tenere dei quaderni su cui prendere
nota, nei quali tracciò innanzitutto il piano di
lavoro che doveva riguardare 16 questioni
fondamentali… che nella lettera del 1929 alla
cognata, furono sintetizzati in tre punti:

LA STORIA ITALIANA con particolare riferimento
agli intellettuali;

AMERICANISMO E FORDISMO;

TEORIA E STORIA DELLA STORIOGRAFIA.
(Nel piano del 1932, tratterà della scuola unica).

I Quaderni dal carcere sono degli appunti,
delle note, a cui si aggiungono delle scritture
disomogenee, delle liste promemoria, un
elenco dei volumi da chiedere, lettere non
spedite, prove di traduzione ecc. che si
aggirano intorno al tema della storia e degli
intellettuali.

I Quaderni costituiscono dunque un testo
piuttosto dinamico che accompagna il
pensiero nel corso del suo farsi e che costituì
anche un importante strumento di lotta
contro il fascismo.

L’interesse per la storia ha ragioni politiche…

“Forse oggi questi interessi diventano più
vasti con la filosofia della prassi, in quanto ci
convinciamo che solo la conoscenza di tutto
un processo storico ci può render conto del
presente e dare una certa verosimiglianza
che le nostre previsioni politiche siano
concrete”. (Ivi, p. 242).

La filosofia della prassi, inoltre, non esclude
la storia etico-politica ma non la riduce a
questa (cioè i fatti culturali assumono
importanza
storica
oltre
a
quelli
esclusivamente economici e politici).

Quindi, nel 1929 Gramsci redige la prima
pagina di un nuovo piano di lavoro e
riempie di note i suoi primi novi
quaderni…

…poi mentre la sua salute peggiora (avrà
una prima crisi nel 1931 e un crollo nel
1933)
rielaborò
in
maniera
più
sistematica le prime note arrivando a
completare altri 20 quaderni (più quattro
traduzioni) che porterà con sé nel 1935,
quando uscirà per recarsi in una clinica a
Formia, dove scriverà l’ultimo quaderno…

Tra i vari punti, del primo piano di lavoro,
affrontò la questione DEL RAPPORTO
EDUCATIVO, tra educatore ed educando (che poi
verrà esteso a quello tra intellettuali e masse) tra
spontaneismo e coercizione/conformismo;
rapporto tra scuola e società, tra istruzione e
lavoro; il rapporto tra storia e storiografia…

Già nelle lettere si era dichiarato contro lo
spontaneismo rousseauiano perché l’uomo non è
natura bensì “tutta una formazione storica
ottenuta con la coercizione”.
 “La natura dell’uomo è l’insieme dei rapporti sociali che
determina una coscienza storicamente definita; questa
coscienza solo può indicare ciò che è ‘naturale’ o ‘contro
natura’.
 Inoltre:
l’insieme dei rapporti sociali è contraddittorio
in ogni momento e in continuo svolgimento, sicché la
natura dell’uomo non è qualcosa di omogeneo per tutti
gli uomini e in tutti i tempi”.
(A. Gramsci, L’alternativa pedagogica, cit. p. 161)

Il RAPPORTO PEDAGOGICO

EGEMONIA = gli intellettuali sono lo
strumento della supremazia che in ogni
società la classe dominante esercita su
quelle subalterne.
“esiste in tutta la società nel
suo complesso […] Ogni rapporto di ‘egemonia’ è
necessariamente un rapporto pedagogico e si verifica non solo
all’interno di una nazione, tra le diverse forze che la
compongono, ma nell’intero campo internazionale e mondiale,
tra complessi di civiltà nazionali e continentali” (Ivi, p. 4).

“L’egemonia è la modalità con la quale il
maestro (in senso vasto educatore,
maggiore, legislatore, politico) guida
l’alunno a conquistare la faticosa sintesi
fra la propria soggettività e l’oggettività
superindividuale cosciente di cui è parte”
(C. Scurati, L. Caimi, Profili nell’educazione: ideali e modelli
pedagogici nel pensiero contemporaneo, Vita e Pensiero,
Milano, p. 145)
 “L’educazione
è una lotta contro gli istinti legati alle
funzioni biologiche elementari, una lotta contro la
natura, per dominarla e creare l’uomo ‘attuale’ della sua
epoca”.
(A. Gramsci, L’alternativa pedagogica, p. 130)
La questione che più interessa Gramsci è
quella del rapporto tra gli intellettuali e il
partito politico che lo porterà a riflettere
sulla necessità della scuola di coordinarsi
con la struttura culturale e produttiva
della società.

“L’intellettuale è una categoria organica che ogni classe si crea per
elaborare una coscienza di sé e per imporla alle classi subalterne” (Ivi,
p. 7)

Il partito politico è l’elaboratore della nuova
figura di intellettuale, mescolato alla vita pratica
che assurge alla tecnica e alla scienza.

Gli intellettuali, per Gramsci, non sono soltanto
gli uomini di cultura, in quanto tali, ma anche
coloro che lavorano nel settore produttivo e in
quello politico-amministrativo. Essi, in modo
particolare, non sono staccati dal popolo.

L’intellettuale gramsciano, proprio per questa
sua capacità ad aderire ai problemi concreti…

è chiamato “intellettuale organico” che
agisce come un funzionario del partito, cioè da
specialista si fa politico.
Inoltre, cura gli interessi comuni operando
perché il popolo non abbia bisogno di altro se
non del Partito.
Quindi l’intellettuale organico non è staccato
dalla masse popolari, ma ne condivide i
problemi.
A
differenza
dell’intellettuale
tradizionale che si opponeva alle masse
popolari.

Tutti gli uomini sono intellettuali:

“ma lo stesso rapporto tra sforzo di elaborazione
intellettuale-cerebrale e sforzo muscolare-nervoso non è
sempre uguale, quindi si hanno diversi gradi di attività
specifica intellettuale” (Ivi, p.12)
“Non c’è
attività umana da cui si possa escludere ogni intervento
intellettuale, non si può separare l’homo faber dall’homo
sapiens”;
 “Il problema della creazione di un nuovo ceto intellettuale
consiste pertanto nell’elaborare criticamente l’attività
intellettuale che in ognuno esiste in un certo grado di
sviluppo, modificando il suo rapporto con lo sforzo
muscolare-nervoso” che deve diventare
 …“il fondamento di una nuova integrale concezione del
mondo”(Ivi, p. 13)

La nuova qualità dell’intellettuale non sarà
più l’eloquenza ma il mescolarsi alla vita
pratica “dalla tecnica lavoro giunge alla tecnica scienza e alla
concezione umanistica storica, senza la quale si rimane
‘specialista’ e non si diventa ‘dirigente’”. (Ibidem)

“Gli intellettuali sono i commessi del gruppo dominante per le
funzioni subalterne dell’egemonia sociale” (consenso
spontaneo delle masse) “e del governo politico”
(dell’apparato di coercizione statale che
assicura legalmente la disciplina)…

Il partito politico, dunque, procura la
saldatura tra intellettuali organici di un
dato gruppo, quello dominante, e
intellettuali tradizionali = il partito elabora
i propri componenti fino a farli diventare
intellettuali politici qualificati e dirigenti,
organizzatori di tutte le attività inerenti
una società integrale, civile e politica.

Il partito ha una funzione direttiva,
educativa, cioè intellettuale. Ci dev’essere
una connessione sentimentale tra gli
intellettuali
e
il
popolo-nazione:
gli
intellettuali devono sentire le passioni
elementari del popolo: solo così il rapporto
può essere di rappresentanza, solo così si
realizza la forza sociale del “blocco
storico”.

Gli intellettuali sono gli attori del rapporto
pedagogico-politico. Il partito è il “Nuovo
Principe” ma che si pone il compito di
eliminare la divisione tra governati e
governanti,
così
da
incorporare
l’individuo nell’uomo collettivo.

Il blocco storico si attua quando una classe
sociale egemonizza una certa situazione e
riesce ad imporre la propria visione del
mondo e i propri interessi COME VISIONE
UNIVERSALE DELL’INTERO CORPO SOCIALE.
Il partito comunista per Gramsci è il
“moderno Principe”; così come in
Machiavelli, infatti, il principe è un individuo
concreto (nel quale lo stato si rende visibile),
anche nel comunismo, il partito è il soggetto
nel quale si rende visibile la volontà collettiva
del gruppo rivoluzionario.


Il partito rappresenta tutti gli interessi della
classe lavoratrice, proponendosi come guida
morale, ideale e politica. Il Principe inoltre
prende il posto, nella coscienza umana, della
divinità, dell’imperativo categorico, ovvero
assume un valore etico.

Nel pensiero di Gramsci, dunque, il lavoro
politico ha una valenza pedagogica perché
produce una generale rivoluzione della
mentalità per arrivare all’emancipazione
sociale e politica, contro ogni forma di
“alienazione”.

Il compito di educare, dunque, spetta al
partito, il quale si presenta come
“educatore collettivo”, che nel suo
sforzo pedagogico segue il criterio del
conformismo, cioè dell’organizzazione
della cultura, in modo tale da investire
ogni cittadino, modellandolo sul progetto
politico-culturale del partito stesso.

La cultura è centro di questa rivoluzione,
che libera dal folklore, integra le classi.
L’egemonia culturale si costruisce
attraverso la scuola ed altre istituzioni.
CONFORMISMO VS SPONTANEISMO?

Ma come far sì che questo conformismo
sociale sia avvertito come libertà? Questo
elemento di spontaneismo doveva essere
educato, per essere frutto della
spontaneità e della direzione consapevole.

Lo Stato va concepito come educatore,
opera sulle forze economiche ma non
deve abbandonare a se stessi i fatti che
riguardano la sovrastruttura.

La disciplina non è da intendersi come
accettazione passiva di un ordine, ma come una
consapevole e
lucida assimilazione della
direttiva da realizzare.


“La disciplina pertanto non annulla
la personalità e la libertà”…
…se l’origine del potere che ordina la disciplina
è democratica la disciplina è un elemento
fondamentale di ordine democratico, di libertà.

La
lotta
è
contro
un
determinato
individualismo,
e
precisamente
contro
l’individualismo
economico…
lottare
per
distruggere il conformismo autoritario e
sviluppando l’individualità e la personalità
critica giungere all’uomo collettivo.

La disciplina dunque è da intendersi come
CONFORMISMO DINAMICO, RAZIONALE O
SOCIALE… si tratta di un conformismo
proposto, voluto e accettato liberamente e
responsabilmente.

“La tendenza al conformismo contemporaneo è più estesa e più
profonda che nel passato: la standardizzazione del modi di pensare e
di operare […] grandi fabbriche, taylorizzazione, ecc. Ma nel passato
esisteva l’uomo collettivo?”

“Lo sviluppo delle forze economiche sulle nuove basi e l’instaurazione
progressiva della nuova struttura saneranno le contraddizioni che
non possono mancare e avendo creato un nuovo ‘conformismo’ dal
basso, permetteranno nuove possibilità di autodisciplina, cioè di
libertà anche individuale” (A. Gramsci, L’alternativa pedagogica, cit.)

Gramsci criticò J. J. Rousseau (1712 1778) e il principio della natura libera e
buona dell’uomo, proprio a proposito dello
spontaneismo, invece l’uomo va educato,
formato, istruito, abituato al sacrificio, al
lavoro, in maniera graduale, con la
disciplina, non solo esteriore, ma anche
interiore.

Questa educazione interiore porta all’autodisciplina
anche intellettuale. Non c’è spazio, dunque, per lo
spontaneismo, che Gramsci definisce come “teoria
dello sgomitolamento”:

“Questo modo di concepire l’educazione come sgomitolamento di
un filo preesistente ha avuto la sua importanza quando si
contrapponeva alla scuola gesuitica […], ma oggi è altrettanto
superato” (A. Gramsci, L’alternativa pedagogica, cit., p. 174).

Il rapporto educativo secondo Gramsci non consiste
nel tirar fuori, socraticamente, ciò che già sarebbe
insito nel bambino. Il soggetto, invece, va formato
dall’esterno. Gramsci vede perciò nel fanciullo, valori
storici e non solo valori naturali.

LA SCUOLA

Gramsci si schierava contro il moltiplicarsi delle
scuole professionali che tendevano a
cristallizzare le differenze tradizionali e
stratificazioni interne, poiché la tendenza
democratica deve dare ad ogni cittadino la
possibilità di diventare governante.

“La scuola è lo strumento per elaborare gli intellettuali di vario
grado. […] Alla più raffinata specializzazione tecnico-culturale
non può non corrispondere la maggiore estensione possibile della
diffusione dell’istruzione primaria e la maggior sollecitudine per
favorire i gradi intermedi al più gran numero” (Ivi, p. 14)

Sostenne una critica accesa verso la riforma
Gentile del 1923 che si era scagliata a favore
di quelle divisioni: era una vecchia scuola,
che concepiva la formazione manuale nella
scuola elementare e faceva della scuola
superiore una scuola prettamente votata
all’educazione umanistica (che, beninteso,
Gramsci aveva lodato negli anni giovanili).

Gramsci, invece, sosteneva il rifiuto del
vecchio umanesimo per individuarne uno
nuovo.
Il vecchio intellettuale era votato alla
retorica, alla persuasione, quello nuovo è
il tecnico votato alla produzione
industriale, costruttore, organizzatore.

Significava ritrovare un’unità tra lavoro
manuale e intellettuale. A tal proposito nel
primo quaderno indica la necessità di un
tipo di scuola “unica, intellettuale e
manuale” ispirata alla cultura moderna
che si poteva definire americana.

Nel quarto quaderno, affermava la
necessità di formare i produttori non solo
attraverso
la
semplice
scuola
professionale-manuale, bensì tramite
una scuola tecnica ma di cultura. La
soluzione stava nel creare…
…una scuola unica di base, cioè non
professionale ma tale da fornire la
capacità di operare sia manualmente che
intellettualmente.


…si trattava, cioè, una scuola integrale, un
collegio scuola, con refettorio, dormitori
ecc. più breve dei corsi liceali per
consentire ai ragazzi di terminare gli studi
verso i 15 e i 16 anni.

Questa sorta di attivismo portò con sé una
dose inevitabile di conformismo, ma si
tratterà di un dogmatismo dinamico
(diverso, come vedremo, dalla coercizione
brutale di Ford e Taylor).
“scuola unica iniziale di cultura generale, umanistica,
formativa, che contemperi giustamente lo sviluppo della capacità
di lavorare manualmente (tecnicamente, industrialmente) e lo
sviluppo delle capacità del lavoro intellettuale. Da questo tipo di
scuola unica […] si passerà a una delle scuole specializzate o al
lavoro produttivo” (Ivi, p. 101).

Una

Il Primo grado elementare della durata di 3-4
anni = insegnamento delle prime nozioni
strumentali dell’istruzione, diritti e doveri
(indirizzo dogmatico, conformismo dinamico);

Il resto del corso di studi non sarebbe dovuto
durare più di sei anni. A quindici-sedici anni di
età = fine scuola unitaria.

Ai gradi successivi la scuola dovrà passare
da scuola attiva a scuola creativa, ossia
diretta verso l’autodisciplina intellettuale e
l’autonomia morale.

La fase ultima doveva creare i valori
fondamentali dell’umanesimo =autodisciplina
intellettuale, autonomia morale, studio e
apprendimento dei metodi creativi.

La scuola creativa era il coronamento di
quella attiva, creativa nel senso di
apprendimento spontaneo del discente.

Dopo la scuola unitaria alle accademie aspettava il
compito di preparare coloro che sarebbero passati al
lavoro professionale = istituti specializzati in tutte le
branche di ricerca e di lavoro scientifico.
Organizzazione scolastica e ricerca del principio
educativo sono altamente legati. Sempre nel quarto
quaderno Gramsci chiarirà cosa si intende per
principio educativo.

PRINCIPIO EDUCATIVO = IL CONCETTO E IL FATTO
DEL LAVORO (DELL’ATTIVITÀ TEORICO-PRATICA)
come principio educativo immanente della scuola
elementare.

La scuola di base, uguale per tutti, era
fondata su un nuovo modello educativo in cui
si univano sia l’attività intellettuale, con la
riscoperta delle fonti classiche, sia quella
manuale attraverso il lavoro, così da
stimolare l’allievo alla crescita verso un’etica
del lavoro.

Una scuola, quindi, di cultura, non di tipo
politecnico, ma che sia sempre lavoro,
impegnata in una trasformazione della realtà.

Egli era sensibile e attento ad una pedagogia,
che da Célestin Freinet (1896 - 1966) in poi
si chiama “popolare”, volta all’emancipazione
delle classi povere.

Necessità di un’educazione che con Marx
chiameremo tecnologica, teorica, pratica,
e anche Gramsci sembrava recuperare i
valori di quello storicismo che però era
legato dell’umanesimo tradizionale:
necessità di una formazione umanisticostorica e tecnologica insieme.

Uniformare il motivo storicistico a quello
tecnologico = storia della scienza e della
tecnica.

Metodologicamente sosteneva la logica che si
allontana da quella matematica per elaborare
un GIUDIZIO STORICO E PSICOLOGICO.

Da Giovane universitario Gramsci era stato
studioso di linguistica, ciò lo aveva portato ad
esaltare la logica formale che si nutriva di
grammatica e non di aritmetica.
IL METODO

Il suo pensiero si origina da un’analisi
quanto più obiettiva del reale “Poste
queste ragioni, si presenta il problema…”
= “IL METODO DEL POSTO CHE… “

Gramsci era in realtà un politico
impegnato che voleva comprendere
storicamente il reale e trovare soluzioni
dalle contraddizioni che esso mostrava.

LA SCUOLA E IL MODELLO SOVIETICO

La scuola unica è l’originale interpretazione
dell’esperienza sovietica, “la scuola unica del
lavoro” (che si era imposto di trattare nel
piano di lavoro del 1932)…

…risentiva del modello propugnato da Lenin
nell’opuscolo “Materiali per la revisione del
programma di partito”, posto alla base
dell’VIII Congresso del Partito comunista
bolscevico nel 1919 e che sosteneva il valore
politico dell’utopia.

IL MODELLO SOVIETICO
DELL’INDUSTRIALIZZAZIONE

In Unione Sovietica si era manifestato un
certo interesse per il modello di vita
americano e di un uomo capace di
reintegrarsi nella produzione
razionalizzata (A Ford e Taylor però
Gramsci rimproverava di sviluppare nel
lavoratore solo una parte macchinale)

Tuttavia, Gramsci si pose il problema se il
tipo di industria e di organizzazione del
lavoro fordista, cioè, far subire agli operaimassa tutto un processo di trasformazione
psico-fisico per adattarsi al nuovo modello di
operaio, fosse un’esigenza razionale.

Dopo un’attenta riflessione, stabilì che il
modello era razionale, ma per generalizzarsi
richiedeva un processo lungo in cui sarebbe
dovuto avvenire un mutamento delle
condizioni sociali, morali e materiali…

…e quindi non solamente con la coercizione
ma con l’autodisciplina, individuando in
questo sistema un miglioramento del tenore
di vita dell’operaio.

L’americanismo gli appariva pieno di
contraddizioni proprio perché governato
da una forza sociale ‘altra’ rispetto al
proletariato, ma poteva proprio per
questo essere superata…
 “L’americanizzazione richiede un ambiente dato, una
data struttura sociale […] e un certo tipo di Stato. Lo Stato
è lo stato liberale […] nel senso più fondamentale della
libera iniziativa e dell’individualismo economico […]”

(Ivi, p. 200).

L’AMERICANISMO
Parlando di americanismo intendeva parlare
anche e soprattutto dell’industrializzazione
socialista, evitando però la censura carceraria.
SPONTANEISMO O AMERICANISMO? Con
americanismo intendeva l’industrializzazione,
la macchinazione dell’uomo.
Occorreva formare un uomo nuovo, preparato
alla moderna cultura del lavoro, e perciò era
necessario il conformismo.

Gramsci aveva combattuto la sua politica
giovanile a Torino, nel maggior centro
industriale italiano, e l’americanismo si
configurava come la necessità di ricercare
altre vie educative.

Il tema dell’americanismo si lega a quello
del conformismo. Americanismo =
“continua vittoria dell’animalità sull’uomo”;
“sforzo per creare un nuovo tipo di lavoratore e
di uomo”.
Americanismo = la forma di industrialismo,
la più dinamica negli anni ’20 e ’30, era il
modello dell’industrializzazione socialista in
URSS…
…fondamentale in quanto la conquista delle
forze materiali era il modo più importante di
sviluppare la personalità.

I mutamenti richiesti dall’industrializzazione,
però, erano imposti per “coercizione
brutale”.

Il conformismo esisteva inevitabilmente, il
vero problema pedagogico era come
cercare di non renderlo brutale.

Riflettere sulla scuola significava quindi
anche riflettere sulla pratica a come poter
attivare americanismo e conformismo.

Problema pedagogico dell’americanismo è
quello della formazione dell’uomo adatto a
questo nuovo tipo di società, alle nuove
forme di produzione e di lavoro.
LA CENTRALITÀ DEL LAVORO

La scuola unitaria doveva favorire la formazione di
nuovi rapporti tra cultura e lavoro, tra lavoro
intellettuale e industriale (in questo, un ruolo cardine
di aggancio con le università doveva essere svolto
proprio dalle accademie).

Il motivo che dà profondo respiro al pensiero
pedagogico di Gramsci è IL LAVORO, inteso alla
maniera di Marx come quel continuo processo di
industrializzazione che è insieme di
intellettualizzazione attraverso il quale la vera natura
dell’uomo si socializza.
Il fine era quello di costruire…

…una società in cui lavoro e istruzione
(permanente) avessero centri e finalità
comuni = la società che l’Unione sovietica
sulle orme di Marx e Lenin si prefiggeva di
costruire.

L’aggettivo nuovo in Gramsci significa
socialista = nuovo umanesimo, nuovo
conformismo = industrializzazione
socialista.
LA RICERCA DEL PRINCIPIO EDUCATIVO

Gramsci era alla ricerca di un criterio
non arbitrario che potesse giustificare il
conformismo in pedagogia e l’egemonia in
politica per la formazione di un uomo
nuovo;

tale principio oggettivo era da individuare
nel mondo della produzione, dove andava
ricercata anche l’universalità del principio
morale.

Gramsci configurava la futura società
senza classi, nella quale il conformismo si
sarebbe potuto sviluppare razionalmente
e in base alle forze sociali dominanti =
così la personalità e l’originalità
dell’individuo si sviluppano a partire dalla
socialità.

“La politica è concepita come un processo che sboccherà nella
morale […] la collettività deve essere intesa come prodotto di una
elaborazione di volontà e pensiero collettivo raggiunto attraverso
lo sforzo individuale concreto, e non per un processo fatale
estraneo ai singoli: quindi obbligo di una disciplina interiore e
non solo di quella esteriore e meccanica” (Ivi, p. 164)
Quindi: responsabilità contro arbitrio
individuale, libertà responsabile e dunque
collettiva o di gruppo.


La ricerca del principio educativo era correlata,
dunque, alla ricerca di un principio di oggettività
che era necessità storica su cui basare
l’universalità del principio morale…
 “Occorre persuadersi che non solo è oggettivo e
necessario un certo attrezzo, ma anche un certo modo
di comportarsi, una certa educazione, un certo modo
di convivenza, ecc. […]” (Ivi, p. 162).

Gramsci riflette sul rapporto tra conformismo, inteso come
socialità, e originalità:
 “l’individuo è originale storicamente quando dà il massimo
risalto alla socialità”.

(A. Gramsci, L’alternativa pedagogica, cit.)
(Nel suo caso ciò gli fu garantito tramite l’appartenenza ad
un partito politico e ad una tradizione).


In realtà l’interesse di Gramsci non era rivolta al mondo dei
beni materiali, ma anzi, verso la liberazione dalle condizioni
materiali = pensare cioè che la spiritualità dell’uomo si
sarebbe potuta sviluppare aldilà delle condizioni materiali,
voleva dire affidarsi al potere di altri.
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