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Guardando oltre
PRESTAMPA: Le aspettative mancate,
la confusione e gli indirizzi futuri
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Museo del patrimonio industriale - Bologna, 6 ottobre 2008
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Sarà un intervento controcorrente
… ma dobbiamo uscire da questa situazione
Lo dividerò in tre parti:
1.
2.
3.
Le novità di facciata, e l’unica vera NOVITÀ
Cercheremo di guardare oltre …
… alla ricerca di punti di riferimento
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Nuove tecnologie per la prestampa?
NO GRAZIE!
Basta!
Ne abbiamo da vendere!
Abbiamo bisogno di metodologie consolidate,
semplici, e soprattutto ferme.
Questo è chiaramente lo sfogo dell’imprenditore operatore
Ma siccome il mondo va avanti e lamentarsi senza proporre nulla non serve a
nessuno vediamo cosa sta succedendo e se possiamo contribuire a migliorarlo
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Jdf: opportunità mancata
L’anno scorso molti analisti scrivevano che Drupa 2008 avrebbe incoronato il Jdf.
Non c’erano motivi per dubitarne: in fondo gli standard ci mettono un po’ di tempo
a farsi strada: basta guardare gli ICC, vecchi di 15 anni, si stanno facendo strada
solo da qualche tempo, ma anche il Pdf, pure lui vecchio degli stessi 15 anni ha visto
la sua planetaria approvazione solo dopo molti anni dalla nascita.
E invece nulla. Perché?
Sembra che siano pochi coloro che vogliono veramente la sua diffusione.
D’altra parte basta vedere gli ICC e il Pdf.
I primi stentano a sfondare e così, ora che la necessità della gestione del
colore si è affermata, i maggiori fornitori stanno prendendo al volo le sue
intrinseche complessità per proporre soluzioni alternative.
Per il Pdf c’è da chiedersi quanto è dovuto alla sua felice costruzione e quanto al
fatto che dietro ci sta un solo, potente, padrino …
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Soft proof
Il termine viene riservato al controllo a monitor del colore, ma a me piace trattarlo
per le implicazioni molto più ampie che riguardano essenzialmente il totale svincolo
dalla movimentazione di materiali cartacei tra Cliente e Fornitore.
Sono quindi molteplici i livelli in cui la tecnologia, giustamente definita “un frutto
oramai maturo” può essere utilizzata:
1.
2.
3.
4.
Controllo sommario del contenuto dei file e verifica da parte della prestampa
Totale svincolo dallo spostamento di materiali cartacei tra cliente e fornitore
Dichiarazione contrattuale di accettazione lavoro da remoto
Dichiarazione contrattuale di accettazione colore da remoto
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Repurposing
Si tratta di una tecnologia nota da tempo che a Drupa ha visto diverse novità.
È orientata alla gestione del colore: consiste nel rielaborare i documenti digitali, ne
capisce il contenuto intimo, in particolare in termini di profili colore, e li riserpara
secondo le migliori condizioni di quella specifica macchina di quella specifica
azienda di stampa.
Potrebbe sembrare la soluzione alla semplificazione della gestione colore e la
risposta alla mancata professionalità dei grafici rispetto a quell’oggetto misterioso
che per loro è la TAC (copertura totale dell’inchiostro, particolarmente sensibile per
le rotative) ma se è vero che è in grado di fare tutto ciò, il primo problema della
gestione colore non è quello di attivarla (le gestioni automatiche stanno per
diventare mature), ma è capire se il file che abbiamo per le mani deve o non deve
essere trattato in quel modo.
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Color management affidabile
Sarei tentato a sparare giudizi, ma i test che ho fatto non sono sufficienti per fare
affermazioni che potrebbero anche essere gravi.
Quello della gestione colore è il campo dove avremmo bisogno del massimo
delle certezze. Purtroppo è il campo dove la confusione regna sovrana.
Noto che tra gli annunci Drupa, che poi stanno diventando annunci per le prossime
release, si enfatizza molto una nuova modalità di gestione del colore verso le
periferiche (macchine da stampa comprese) incentrata su una apparente novità che
altro non è che particolare profilo colore chiamato “device link”, apparentemente
sorretto da nuovi metodi di elaborazione … che a me sembrano le solite tecniche
cucinate in modo diverso.
“Honi soit qui mal y pense”, ma questo bisogno di cambiare indirizzo, proprio
mentre gli ICC si stanno affermando, e guarda caso verso soluzioni
proprietarie, la dice lunga sulle non certezze che abbiamo in questo settore che, in
quanto standard, non ha profittato, al pari del Jdf, di nessun sponsor o padrino...
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XPS di Microsoft
Questo la cito solo per curiosità.
Per chi non lo sapesse XPS è un formato che Microsoft ha creato durante lo sviluppo di
Windows Vista (quindi qualche anno fa). Non conosco gli intendimenti profondi che
hanno ispirato la nascita di questo standard, certo è che rispetto a un Word, a un Excell o
un Publisher che cambia impaginazione su ogni computer (o meglio in base alla stampante
legata a quel computer in quanto ne controlla i margini fisici e reimpagina automaticamente
il tutto di conseguenza), questo Xps è un documento che almeno sta fermo.
Ma che bisogno c’era di fare l’Xps quando l’integrazione di Acrobat e del suo Pdf con
Office è perfetta?!
Ebbene Arlequin ha pensato di presentare un Rip che interpreta e rasterizza gli Xps.
Sarà una gran cosa, ma se le novità sono queste vuol dire che oramai per i Rip non c’è più
spazio alle novità (e questa per noi è una grande notizia) ma anche che i marketing
dovrebbero preoccuparsi della salute economica e mentale dei propri clienti (e qui sembra
proprio che non ci siamo).
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Acrobat 9, Pitstop 8
finalmente non ci interessa (o ci interessa poco)
Parleremo dopo della tristissima storia del Pdf per l’industria grafica.
Adesso ci soffermiamo sull’altra buona notizia. Se non c’è niente di nuovo vuol
dire che siamo finalmente arrivati ad un punto fermo.
Non ho visto ne Acrobat 9 ne Pitstop 8 perché sto aspettando la versione
italiana in quanto più delle altre volte per questa versione è importante la lingua.
Acrobat avrebbe migliorato il già potentissimo Preflight e Pitstop avrebbe
migliorato il suo, copiando probabilmente una funzione presente già in Acrobat
o nei Flussi dedicati, che è quella di mettere dei post-it sul Pdf ove sono indicate
tutte le anomalie. È chiaro che un tale strumento orientato anche al controllo da
parte del cliente richiede il supporto della lingua nazionale.
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Xpress 8, CS3.3
A Drupa l’amato/odiato Xpress ha presentato la versione 8. Se la tradizione si
conferma, le versioni pari (4, 6 e, speriamo 8) sono sempre state ottime e quindi
mi auguro un ritorno all’uso di questo ancora validissimo software.
Non è che ne sentiamo il bisogno, ma lasciare il campo solo ad un interlocutore
poi succede che Adobe si comporta come la Quark prima dell’arrivo di InDesign.
Per non essere da meno, Adobe è arrivato con la CS 3.3. che portava, come
oramai tradizione, l’anticipo di Acrobat in versione 9 e di cui abbiamo già detto.
Cosa ci daranno le nuove versioni? Tra i mille nuovi strumenti per fare della bella
grafica chissà se Xpress avrà messo a posto la gestione colore.
Fino alla 7.3 funzionava a monitor ma non in stampa: cioè quasi peggio che se
non ci fosse stata! Inoltre, a prima vista, non sembra migliorata l’interfaccia poco
amichevole e i comandi si trovano ancora in menu scollegati.
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… e poi CS4
Xpress è uscito con la versione 8?! … A si! E allora Adobe stringe un po’ i tempi
e annuncia la CS4, a qualche mese dalla CS3.3. L’ha presentata il 23 settembre.
Vi sono numerose novità annunciate. In Design disporrebbe di un “Live Preflight”
che consentirebbe ai designer di individuare errori nella produzione in tempo
reale mentre Photoshop avrebbe ulteriormente potenziato la gestione colore con
alcune funzioni apparentemente molto interessanti:
• Conversione con profili multichannel che in termini pratici può voler dire
riuscire a fare l’esacromia senza comperare software specifico
• Conversione con profili device link che in termini pratici può consentire di
fare repurposing senza comperare software specifico
“Apparentemente” fa il verso ai condizionali successivi: cosa succederà con
questi strumenti in mano a non professionisti di cromia e stampa?
La versione in italiano dovrebbe essere rilasciata in dicembre.
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…e la grande unica vera novità?
è ancora una volta il CTP
… ma non il Computer To Plate
… ma il Computer to PAPER
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Le ultime edizioni di Drupa sono spesso ricordate per quello che ha proposto la
prestampa, diciamo la parte più innovativa della professione:
 Il CTF fu l’emblema dell’edizione 1995
 I flussi di lavoro quella del 2000
 Il CTP(late) quella del 2004
Questa è l’edizione del Computer to paper che a mio modo di vedere non è una
modalità di stampa offset, come può essere quella realizzata dalla Karat, dalle
Ryobi, dalla dismessa DI della Heidelberg; macchine di piccolo formato con CTP
incorporato e quindi velocissime nei cambi lavoro, ma la naturale evoluzione di
una attività di prestampa, con un approccio completamente diverso: elaboro, ti
faccio vedere il risultato, se non va bene lo cambio, e tutto mentre sto producendo
un altro lavoro che, se troppo lungo, lascia lo spazio all’inserimento di altri (così
vado avanti in confezione) e poi riattacco col primo ...
… e poi con la personalizzazione ogni copia è diversa dall’altra.
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D’altra parte basta guardare come si gestisce
l’imbottitura e lo svuotamento dei colori o la
simulazione degli schiacciamenti (perché in digitale
potrebbero non esserci) … per rendersi conto che
lavorare in digitale somiglia più a fare del fotoritocco
cromatico in Photoshop che non aprire e chiudere
calamai da un pulpito di una macchina da stampa.
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Circa la qualità e le performances di risoluzione, la macchina da stampa Indigo
(elletroink) ha raggiunto i 2.400 dpi così come la Xerox 700 a toner e, in qualche
modo, la Xeicon (e forse altre), e sono oramai uno standard lineature a 80 lpc (200
lpi). Anche la grammatura della carta ha varcato tutti i limiti: non sono una rarità le
macchine che stampano da 40 a 350 gr mq.
Rispetto alle lineature poi non è detto che si debba forzatamente avere la rosetta:
una foto a tono continuo è sempre stata superiore ad una stampa.
D’altra parte l’applicazione di retini sempre più fini e la ricerca di tecnologie come lo
stocastico non vogliono forse svincolare l’offset dagli effetti indesiderati della
rosetta?
E allora non raccontiamocela quando tentiamo di svilire una stampa
digitale perché non ha la rosetta!
Ciò anche per dire che tecnologie diverse prevedono parametri e approcci diversi e
quindi che laddove la risoluzione si è fermata a 600 dpi (o 600x1200, ma col punto
variabile), non è detto che il risultato di stampa sia per questo meno professionale.
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La prossima schiavitù: le royalty
Ma il digitale non è solo rose e fiori. Se è vero che si sta appropriando di
parte degli spazi dell’offset, è anche perché aveva fatto i primi passi in un mercato
morto ancora prima di nascere, messo in concorrenza da fotocopiatori che si
acquistano con poche migliaia di euro, o anche con nulla, se uno è disposto a farsi
incastrare da subito dalle royalty. Perché quello delle royalty è il grande business dei
produttori di tecnologia che rischia di farci tutti schiavi.
Scegliere una tecnologia “è per la vita”, perché non solo siamo costretti a
usare un solo tipo di materiale di consumo, ma ci dovremo pagare sopra la gabella.
“Regala il rasoio e vendi le lamette” potrebbe essere lo slogan, se non fosse
ancora peggio la situazione che ci vede sborsare cifre con lo stesso numero di zeri
di una macchina offset con in più la tassa delle royalty sul click.
Sembra che le macchine di maggior produttività accettino contratti “à la
carte”, ovvero sui materiali e non sul click. Questo è un argomento di
grande rilevanza da non sottovalutare anche in termini strategici.
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… e allora GUARDIAMO OLTRE
… cercando di capire però prima …
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Da dove nasce l’attuale situazione?
Siamo in un momento di transizione – Per capire cosa intendo dire prendiamo
il caso del colore che è quello che oggi crea i maggiori sgomenti e dissapori tra
opposte fazioni professionali. Sono 15 anni che sono nati ufficialmente i profili
colore ICC – basandosi su una tecnologia che aveva fatto i suoi primi passi nel
decennio precedente – ma stanno cominciando a funzionare solo adesso.
Nonostante questo ampio margine temporale la dicotomia di conoscenze e di
attrezzature contemporaneamente presenti sul mercato (e in azienda) fa si che
sempre più spesso vengono elusi profili colore che erano stati previsti in fase
progettuale (con risultati talora catastrofici) o, al pari, vengono attivati profili colore
di cui la fase progettuale neppure conosce l’esistenza e il funzionamento (con
risultati altrettanto disastrosi).
Un po’ di software funziona, un altro po’ non funziona; quello più vecchio non si
pone il problema ma si pone in un flusso dove il problema esiste: insomma una
babele immane di problemi.
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Gestione
colore: siono
La cosa che balza evidente è che gli spazi pratici (monitor e
macchina da stampa) hanno zone reciprocamente non
visibili cioè zone in cui il risultato in stampa può essere una
sorpresa … non sempre gradita.
Questa è la condizione
classica in cui si lavora:
uno spazio monitor
“normale” (potrebbe
essere un monitor La
Cie di quelli blu presenti
ancora in tante aziende)
un ampio spazio RGB
(Adobe 1998) in cui si
salvano le immagini
acquisite da scanner o
da dorso digitale, e lo
spazio ISO Coated v2
(ECI) che definisce e
rappresenta le macchine
da stampa offset su
carta patinata,
decisamente più ridotto.
… succede che tutti questi
colori non sono riproducibili e
da qui le discussioni,
contestazioni, cause...
Ma c’è di più ed è anche molto peggio:
cosa succede se il nostro grafico creativo si è fatto la “sua prova colore”
sulla sua stampante da meno di 300,00 euro mettendo la più bella carta
fotografica che ha potuto comprare e che gli ha consentito di usare uno
spazio colore “immenso” rispetto al “minuscolo” Fogra 39?
Fino a pochi anni fa non
esisteva una stampante da
ufficio che potesse eguagliare
una macchina da stampa e
questa è una convinzione che
(fortunatamente?!) è dura a
morire. Andateglielo a spiegare
che le situazioni si sono
invertite e che quei bellissimi
verdi brillanti che è possibile
ottenere con 300,00 euro
non si ottengono con
investimenti di 1.500.000,00
euro!
Anche perché su molte
macchine digitali quei colori si
possono ottenere …
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Il grande formato se ne è già andato
È stato il primo a sparire dalle sale stampa tradizionali.
Con le 120x160, ma anche con macchine larghe 2 metri, come si può pensare di
competere con luci da 5 metri, che stampano su bobine lunghe quanto vogliamo,
che stampano sui materiali più disparati.
Le basse tirature anche
Restano nelle sale stampa tradizionali solo perché si è deciso di fare una
competizione di sopravvivenza, ma non ha nessun senso economico.
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Le medie tirature quasi
Ci sono macchine digitali già in produzione che hanno produttività elevatissime.
Per ora su prodotti da battaglia quali i giornalini pubblicitari per i quali sono
competitivi con l’offset a 2.000 copie.
Chi non è rimasto colpito da quel grande “scatolone” che stava nello stand HP e
che va sotto il nome di HP Inkjet web press. Sarà disponibile dall’autunno del
prossimo anno una versione a banda 762 mm e che stampa a 122 m al minuto
… e ogni foglio può essere diverso dall’altro.
Prezzo d’acquisto ipotizzato 2.500.000,00 $.
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Nelle alte una bella integrazione
Qui fortunatamente non si parla di concorrenza ma
di integrazione.
È la testata Versamark di Kodak, già in produzione
da tempo e che nell’ultima versione raggiunge le 90
mila copie ora di personalizzazioni in BN o a colori.
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Un grande bisogno di semplificare
Non so di chi è la colpa di tanta complicazione nella prestampa.
Abbiamo visto che dove c’è business proprietario i concetti, sorretti da sapienti
slogan, passano con maggior velocità (chi non ricorda il cristal raster) ma
certamente anche noi tecnici abbiamo le nostre responsabilità.
Quando ci infoiamo usiamo un linguaggio tutto nostro che esclude i poveri
mortali, al punto che poi ci si chiede se alla fine ci capiamo o se facciamo finta
… perché altrimenti temiamo di fare brutta figura e di essere esclusi dal branco.
E così il linguaggio diventa sempre più incomprensibile.
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Pochi giorni fa, in una riunione TAGA qui a Bologna, presenti esponenti di spicco
della nostra associazione di tecnici, si è aperto un dibattito sulle prove colore.
Io, che da un po’ di tempo mi sto battendo per la semplificazione, ho chiesto
conferme sulle mie procedure. Mi hanno detto: si … ma … quasi … forse … ni …
“perché per essere a norma devi usare la carta effettiva della stampa”.
Alla mia osservazione che, di fatto, non esistono macchine che possono fare ciò la
risposta (riconosco volutamente provocatoria) è stata: le norme dicono questo, e
quindi bisogna fare questo, in subordine, se proprio non si può allora ecc. ecc.
Allora ho insistito: ma visto che non possiamo che essere in subordine, vogliamo
dare qualche regola pratica. Ed è ricominciato: si … ma … quasi … forse … ni …
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Disquisendo con un collega,
vero professionista di
prestampa, su un parametro
estremo relativo al flattening
gli ho chiesto: ma tu li hai
provati quei valori? Cosa
consigli?
E lui: io non do miei consigli,
ma mi attengo al parere
autorevole di quello che dice il
Ghent Work Group e mi
rimanda al relativo sito
www.gwg.org
Eccolo quel sito: per un
parametro più importante di
quello in discussione, cioè le
joboption e/o le modalità per
fare i Pdf di tipo x occorre
analizzare 400 situazioni
diverse.
Sono raccolte in ben 20
pagine come questa.
Da tecnico posso anche
accettare tutto, anzi
potrei anche
entusiasmarmi, se non
addirittura eccitarmi, di
tanta accuratezza e
completezza.
Mi viene però il
dubbio che ci siamo
persi qualcosa strada
facendo.
Ma come fa un normale
operatore, che tra l’atro
probabilmente non
conosce neppure l’inglese,
a muoversi in tanta
complessità?
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L’ignoranza non è consentita
È vero, come la legge!
Ma a parte che sulla legge in genere le cose vietate lo sono anche per il senso
comune, qui il senso comune non c’è (ancora).
E allora dobbiamo crearlo, e anche urgentemente.
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12647-2 un faro?
… o un accecante faretto che spara sugli occhi?
Abbiamo a disposizione un punto di riferimento fondamentale.
È vero: la 12647-2 sembra fatta da ingegneri per i loro colleghi, propone cose talora
tecnicamente irrealizzabili – come è il caso della prova colore di cui abbiamo parlato
prima – ma poi fornisce la scappatoia, ed è comunque un solido punto di
riferimento valido in tutto il mondo.
Intanto dobbiamo creare un gruppo di interessi che commissioni a UNI la
traduzione italiana in modo da avere un riferimento certo, comprensibile da tutti.
Poi, se da tecnici – e qui lo chiedo ai miei Presidente e Vicepresidente di TAGA –
smettiamo di disquisire e di riempirci la bocca sul logaritmo inverso o sulla “funzione
diritta della curva storta” e cerchiamo e divulghiamo solo le strade pratiche
di applicazione della norma faremo certamente un servizio alla professione.
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Un altro PS: Procedure Semplificate
Lo chiamerei progetto PS in onore a quel Postcript che nella sua ingegneristica
semplicità ci ha permesso di fare il grande salto di qualità della rivoluzione digitale.
Nessuno (o veramente pochi) sapevano che cosa ci stava dentro: ma si faceva in un
modo solo (o quasi) e funzionava!
Perché la cosa che interessa è che qualsiasi cosa che facciamo funzioni e
ci dia di ritorno informazioni utili, per quanto incomplete possano essere.
Piuttosto che niente, dice un vecchio adagio, è sempre meglio piuttosto…
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Cosa intendo per Procedura Semplificata
Tra voi stampatori molti oramai hanno la lettura
automatica del foglio stampato: purtroppo quegli
impianti ragionano in densitometria, mentre la
12647-2 è colorimetrica: buttiamo via tutto?
Certamente no: prendiamo dalla scala di quella
procedura – che mantiene la sua validità per il
controllo delle macchina – tutto quello che ci può
dare in ciò che già conosciamo in densitometria,
facendoci anche fornire dei commenti qualitativi
sul nostro operare e nel contempo cominciamo a
farci l’occhio alla colorimetria e ai numeri che ci
fanno stare dentro, o fuori, dalla 12647-2.
Cosa intendo per Procedura Semplificata
Tra voi stampatori molti oramai hanno la lettura
automatica del foglio stampato: si ragiona in
densitometria, mentre la 12647-2 è tutta
colorimetrica: buttiamo via tutto?
Certamente no: prendiamo dalla scala di quella
procedura – che mantiene la sua validità per il
controllo delle macchina – tutto quello che ci può
dare in ciò che già conosciamo in densitometria,
facendoci anche fornire dei commenti qualitativi
sul nostro operare e nel contempo cominciamo a
farci l’occhio alla colorimetria e ai numeri che ci
fanno stare dentro, o fuori, dalla 12647-2.
Tutto ciò è stato ottenuto con una unica lettura
spettrofotometrica. Si tratta del risultato di una
bella collaborazione a distanza tutta TAGA:
le formule di derivazione della densitometria dalla
spettrofotometria mi arrivano da Carlo Balestrini,
io ho sviluppato l’analisi, il metodo di lettura, i
calcoli e l’interfaccia (che rilascerò solo dopo
verifica con Adalberto Monti).
Per quello che non c’è, pazienza, intanto sapremo
giorno per giorno come stiamo operando.
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La storia triste del Pdf
Oggi del Pdf possiamo sapere tutto.
E più ne conosciamo e più siamo intimamente orgogliosi del nostro sapere.
Noi ne impariamo una funzionalità, e loro (i tecnici progettisti) ne aggiungono
quattro di nuove in una rincorsa che ci può vedere solo perdenti perché mentre loro
sulle nuove funzioni ci mangiano i maccheroni, noi per lo stesso motivo, abbiamo
delle altre cose da fare.
Non sono un nostalgico fuori tempo, ma avevamo il Pdf e non l’abbiamo più.
Quel Pdf era generato o da un professionista che conosceva un minimo di regole e
lavorava esclusivamente in CMYK, oppure da uno che lavorava in Office (o
qualcosa di simile) e, in genere, accettava qualsiasi stampato purché almeno decente
(cioè con gli RGB non “sfritellati”), cosa oggi assolutamente facile da ottenere.
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La superiorità dell’RGB
L’ho messo nel titolo e così nessuno potrà darmi dell’antiquato, ma quella
indiscutibile superiorità, passa per un percorso lungo che necessita di una
stratificazione lenta di concetti e di modalità operative assolutamente
necessaria e che invece è completamente mancata, al punto che sono certo che
molti di voi sentendomi magnificare gli RGB si chiederanno cosa sto farneticando.
E così nel nostro Pdf è entrata la gestione colore senza che nessuno sapesse bene
cosa fosse. Questo mentre la macchina da stampa che aveva lo spazio colore più
grande in assoluto si è trovata nana di fronte a stampanti da casa che si
comprano con pochi soldi e mentre con altrettanti pochi euro si dispone di un
dorso digitale che fa impallidire lo spazio colore (volutamente limitato al CMYK)
degli scanner professionali (che come presumo tutti sapranno lavorano pure loro
in RGB e potrebbero avere tranquillamente quella ampiezza cromatica … che
però non si può stampare).
Quanti di voi non hanno avuto problemi con questi moderni Pdf?
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Ridateci il Pdf e la tranquillità
Non è un progetto impossibile. Il progresso tecnologico non è stato inutile e ha
portato a miglioramenti qualitativi che reputo rivoluzionari rispetto al passato.
Una cosa così grossa però non può essere lasciata alla sola volontà e
abnegazione di qualche tecnico che per il gusto di apprendere e di
scambiare esperienze si ritrova alla sera a discutere con i colleghi di TAGA.
E qui mi rivolgo al mio Presidente dell’Associazione che tra l’altro sa bene che non si
fanno nozze con i fichi secchi o con le lumache.
Siamo entità economiche? Associazioni di imprenditori che investono anche molto
per i gioielli tecnologici che mettiamo nelle nostre aziende?
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… e allora investiamo in conoscenze
Io lo so che per molti di voi è facile spendere fior di quattrini per un pezzo di
ferro, macchina da stampa o computer che sia, ma che quando si tratta di
software è difficile tirare fuori migliaia di euro per un CD di plastica (perché
quello che si vede è un CD in una scatola colorata). Figuriamoci per l’acquisto di
conoscenza, entità ancora più impalpabile e senza neppure la scatola e il CD!
A mio giudizio è venuto il momento di por mano al portafogli e sviluppare,
proprio come Associazione, progetti di acquisizione e ampliamento delle
conoscenze. Abbiamo già detto della necessità della traduzione ufficiale della
12647 in italiano a cura di UNI ma si potrebbe anche creare una sorta di
“tecnico condotto” a servizio delle aziende partecipanti al progetto.
Il problema non è piccolo perché occorre trovare persone che
conoscono, sanno insegnare e sono pratici. Non è compito da poco!
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Grazie per l’attenzione
L’essenza della conoscenza è che, dopo averla scoperta, la si applichi.
Confucio
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