L’icona del Natale L’icona della Natività è nel mondo delle icone, una tra le più belle, ma anche tra le più difficili per la sensibilità occidentale. Essa riproduce con chiarezza e semplicità il racconto evangelico della natività di Cristo arricchito di particolari, sotto l’influenza di fonti svariate, spesso legate a tradizioni locali e agli scritti apocrifi. Questi particolari, apparentemente ingenui e superflui, nascondono un aspetto spirituale per condurci nelle profondità di quell’evento tanto sospirato dai patriarchi, predetto L’icona della natività è il prologo di quella grande epopea che è la storia della salvezza. E come nel prologo dei poemi vengono esposti per sommi capi i punti salienti di ciò che si canterà, così in questa icona troviamo il compendio dei misteri della nostra fede: l’incarnazione la morte e la resurrezione. Tutto il creato partecipa: dalle nature angeliche agli animali, tutto è predisposto per manifestare il mirabile piano salvifico di Dio: l’espressione più grande del suo amore per noi, l’unione escatologica del celeste e del terrestre. Gregorio Nazianzeno parlando del mistero della Natività disse: “Il Signore si mette una seconda volta in comunione con l’uomo, e in una comunione molto più straordinaria della prima, in quanto la prima volta Egli mi fece partecipare alla natura migliore, ora invece è Lui che partecipa all’elemento peggiore. Questo fatto è più divino del primo; questo è più sublime dell’altro, per coloro che hanno senno”. il Bambino e la grotta Gli Evangeli Apocrifi raccontano che Giuseppe e Maria non avevano trovato posto nell’albergo, “e alla Regina veniva, allora additata una grotta come «piacevole» dimora”. Dentro la grotta la Vergine “diede alla luce il suo figlio primogenito: lo avvolse in fasce e lo adagiò in una Gesù Bambino è raffigurato di solito nel centro esatto dell’icona, avvolto in fasce, molto in piccolo. Spesso, come proporzioni, la figura del Salvatore è inferiore alle altre figure di questa icona, mentre nello stesso tempo occupa un posto Divino, regale. Questa piccolezza del Salvatore, che ha preso su di sé l’umiltà delle fasce e della mangiatoia degli animali esprime nel suo senso più profondo la gloria dell’abbassamento volontario di Cristo, la gloria della sua “Il Signore si spogliò e in modo portentoso prese da noi la nostra forma; allora noi ricevemmo la pienezza e fummo arricchiti con la divinizzazione, donataci in cambio della massa d’argilla da Lui assunta” (Andrea di Creta). Le fasce sono il segno di riconoscimento che l’angelo diede ai pastori (cfr. Lc 2,13), ma qui stanno a simboleggiare le bende che le donne mirofore, Pietro e Giovanni trovarono nel sepolcro vuoto. La somiglianza tra la mangiatoia e il sepolcro è fortemente voluta. E’ avvolto in fasce a causa di coloro che una volta si sono rivestiti di tuniche di pelle e una caverna fa le sue delizie a causa di coloro che hanno detestato i piaceri del Paradiso e hanno amato la corruzione . Anche la grotta è rappresentata come una voragine nera, simbolo degli Inferi, proprio come nell’icona della Resurrezione. Dalla Vergine è nato il Re della gloria rivestito della porpora della sua carne, “il Re che visitò i prigionieri e proclamò la liberazione di coloro che giacevano nelle ombre di morte” . (Giovanni Damasceno) Egli infatti precipitò la morte per sempre e asciugò da tutti gli occhi le lacrime . (cfr. Is 25,8) Nell’icona del Natale la mangiatoia con il Bambino è posta nella grotta tenebrosa, come fra le fauci di un mostro. L’immagine che si vuole ricordare è quella di Giona inghiottito dalla balena. Così anche il Verbo si è fatto carne umiliando se stesso per scendere, con la sua morte, fino nel ventre degli inferi, a soggiornare tra i morti, non perché vinto, ma per recuperare la pecorella smarrita, la dracma perduta: Dalla dimora di Dio, che sta sopra il firmamento, un fascio di luce scende sul Bambino: i cieli così si inchinarono fin nel profondo degli abissi, nelle profonde tenebre del peccato. La carne di Dio, come fiaccola portatrice di luce, dissipò le tenebre degli inferi: “la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno vinta.” Il tuo regno, o Cristo Dio, è regno di tutti i secoli, e il tuo potere di generazione in generazione. Tu che ti sei incarnato per opera dello Spirito Santo, e sei divenuto uomo dalla sempre Vergine Maria, Come luce su di noi sei rifulso, o Cristo Dio, col tuo avvento: Luce da luce, Riflesso del Padre, hai rischiarato ogni creatura. Tutto ciò che respira ti loda come impronta della gloria del Padre. O Tu che sei e che eri e che, Dio, dalla Vergine sei rifulso, Gloria a te. (liturgia bizantina) Nell’interno della grotta vi sono il bue e l’asino: gli apocrifi ci dicono che quando la Vergine pose il Bambino nella mangiatoia il bue e l’asino lo adorarono. In realtà questi due animali esprimono anch’essi una simbologia: Il bue infatti rappresenta il culto idolatrico e l’asino la lussuria. Essi inoltre stanno ad esprimere un tremendo monito per Israele; dice infatti Isaia: “Il bue conosce il suo proprietario e l'asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende”. Infatti “venne fra i Una bella lettura spirituale dell’immagine della mangiatoia dice che quando l’uomo fu scacciato dall’Eden, come dice la Scrittura, era rivestito di pelle di animale. Alcuni Padri spiegano che da quell’istante in poi l’uomo percepisce la sua corporeità in maniera animalesca, è cioè continuamente spaventato dalla paura della morte. L’uomo vive da allora in una continua ricerca di autosalvezza, allo stesso modo in cui la bestia deve mangiare per sopravvivere. Così egli trova la sua mangiatoia, cioè il suo peccato, per soddisfare questo istinto di sopravvivenza. Perciò se Dio voleva di nuovo incontrare l’uomo doveva mettersi là dove l’uomo pecca. Acquista quindi un grande significato il fatto che Cristo venga e sia deposto nella mangiatoia. Cristo si abbassa al livello in cui l’uomo lo può trovare, cioè il suo peccato, e viene per farsi “mangiare” affinchè l’uomo Maria, Madre di Dio Dal Vangelo secondo Luca 2,16-21 Lc (I pastori) andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima che fosse Maria è il centro tematico dell’icona della Natività: lo si può notare dal fatto che la figura di Maria non solo è posta al centro dell’icona, ma è anche volutamente più grande delle altre figure presenti nell’icona. E’ circondata da tutti i personaggi che compaiono nel Vangelo della Nascita secondo Luca: Giuseppe, gli angeli e i pastori. L’icona riflette un’ultimo aspetto che emerge dal Vangelo: lo stupore degli uomini e anche del creato Le montagne Prima di analizzare la figura centrale della Vergine soffermiamo il nostro sguardo sulle tre montagne che si intersecano tra loro formando idealmente una specie di struttura portante di tutta la scena. Troviamo così simbolicamente espresso il mistero della santissima Trinità: un solo Dio in tre Persone. La Trinità, infatti, ha partecipato direttamente alla salvezza e costituisce la verità su cui si basa la nostra fede. La montagna centrale è quella che allarga le sue pendici tanto da abbracciare la metà inferiore della raffigurazione, perché rappresenta un altro punto basilare del nostro credo: l’incarnazione della seconda Persona, vero Alle pendici di questa montagna messianica è adagiata la Vergine. Ella rappresenta la montagna che Dio si è degnato di scegliere per il suo soggiorno: “Perché invidiate, montagne dalle alte cime, la montagna che Dio ha desiderato per sua dimora? Il Signore l'abiterà per sempre.” Da Lei, infatti, senza intervento di mano d’uomo, il Cristo ha voluto distaccarsi: Egli, la pietra angolare, la Persona unica che avvicina ciò che è distante: la divinità e l’umanità, gli angeli e gli Fuori della grotta, rivestita della porpora regale è rappresentata, distesa, la Madre di Dio. Il profeta Davide, che per lei è divenuto antenato del Signore, ha predetto in un canto rivolto a Colui che ha operato meraviglie in Lei: “la regina sta ritta alla tua destra”. Ella, infatti, è la madre del Re, colei che gode della divina confidenza La Vergine nell’icona porta tre stelle: sulla testa e su ciascuna delle spalle. Sono il segno della santificazione da parte della Trinità quale Madre di Dio: Vergine prima del parto, Vergine nel parto, Vergine dopo il parto, sola sempre Vergine nello spirito, nell’anima e nel corpo. (Giovanni Damasceno) La Vergine nell’icona non volge lo sguardo al Bambino, ma verso l’infinito per custodire in cuor suo quanto di straordinario era avvenuto in lei (cfr. Lc 2,19). Sul suo volto si legge anche l’umana mestizia di una madre che avrebbe voluto dare qualcosa di più al suo Signore e sembra dire: “Quando Sara mise al mondo un bambino ricevette delle vaste terre in omaggio, io invece non ho un nido (cfr. Lc 9,58): mi è stata preparata questa caverna dove tu hai voluto abitare, La Vergine, posta sul dorso della montagna, rivestita di porpora, richiama anche il roveto del Sinai: in esso infatti scopriamo la figura del mistero della Vergine dal cui parto è scaturita la luce del mondo. Il roveto rimase intatto, così il parto non ha inaridito il fiore della sua verginità (Gregorio di Nissa). I Melodi bizantini videro descritta l’immagine della Vergine anche nel Mar Rosso: là infatti Mosè, il divisore delle acque, fece attraversare il mare a Israele senza bagnarsi; qui la Vergine ha generato Cristo senza contaminarsi. Dopo il passaggio di Israele il mare rimase inattraversabile; l’Immacolata, dopo la nascita dell’Emmanuele, rimase incorrotta. L’immagine della Nascita di Cristo misteriosamente è prefigurata dal sogno che vide Nabucodonosor e che fu profeticamente spiegato dal profeta Daniele: la pietra, staccatasi dal monte che distrugge gli idoli. E di solito nell’icona della Natività di Cristo il Salvatore ha una certa somiglianza figurativa con questa pietra perchè schiacciò ed eliminò il potente orgoglio dell’umanità, nell’immagine di questo idolo. Maria, offerta a Dio per l’opera dell’incarnazione affinchè egli potesse scendere, fu prefigurata dalla scala di Giacobbe (cfr. Gen 28), che è il contrario della Torre di Babele (cfr. Gen 11): il tragico sforzo umano per conquistare il cielo con le proprie forze. Nel Paradiso, il serpente ha offerto ad Eva la falsa possibilità di diventare Dio (cfr. Gen 3,5); la nuova E noi che possiamo offrirti, o Cristo nostro Dio, per essere apparso sulla terra assumendo la nostra umanità? Ogni creatura plasmata da Te ti offre qualcosa per renderti grazie: gli angeli ti offrono il loro canto, i cieli ti offrono la stella, i Magi presentano doni, i pastori il loro stupore, la terra prepara una grotta, il deserto una greppia, noi ti offriamo una Madre, Signore, che esisti prima che il tempo esistesse, dona la pace, abbi pietà di noi! Gli angeli e i pastori Nella parte superiore dell’icona, a destra della cima della montagna centrale, vi sono tre angeli: due guardano verso il cielo e uno invece si volge verso i pastori. E’ ancora un richiamo simbolico alla Trinità, la cui seconda Persona si è chinata verso la creatura. Sul crinale della montagna, davanti alla grotta, vi sono altri tre angeli che si inchinano con le mani velate in segno di adorazione. Gli angeli magnificano l’Uomo-Dio, Colui al quale è stata data ogni potestà in cielo e sulla terra. Questi esseri celesti partecipano al grande mistero e cantano “ Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”. Sulla parte destra dell’icona, verso il centro, vi sono due pastori che incarnano il popolo che camminava nelle tenebre e che vide una grande luce. (cfr. Is 9,1). Come Adamo nel Paradiso, i pastori, sentita una voce divina, ebbero paura, ma l’Angelo del Signore li rassicurò dicendo: “Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia". E gli uomini di buona volontà sono stati rischiarati dalla luce della “Ogni creatura elevi inni e intrecci danze, e apporti qualcosa per essere degno per questo giorno! Ci sia oggi una sola e comune celebrazione degli esseri celesti e di quelli terreni, e tutto quanto il concerto umano e sovrumano festeggi unito insieme. Oggi è stato edificato il creato, santuario del Creatore di tutte le cose, e, in modo straordinario la creatura è preparata al Creatore come sua divina dimora. La natura che prima era stata ridotta in terra, oggi riceve l’inizio della divinizzazione, e la polvere si affretta a correre in alto verso la gloria suprema. Oggi, Adamo, che presenta per noi a Dio la primizia proveniente da noi, gli offre Maria, e per mezzo di lei la primizia, che fra tutto l’impasto (cfr. 1Cor 5,6; Gal 5,9) non ne era stata Giuseppe Ora soffermiamo il nostro sguardo su Giuseppe che si trova nella parte inferiore dell’icona, a destra. Qui vediamo due uomini, un arboscello e un piccolo gregge di pecore. Giuseppe si ferma silenzioso in disparte, considerando fra sé la missione che quella nascita prodigiosa affida ora alla sua vita. E’ il dramma dell’uomo chiamato da Dio e a cui il Signore della storia consegna il futuro delle Sue Giuseppe si interroga davanti al mistero: l’avvolsero le tenebre, le tenebre della notte. Il creatore di ogni cosa, Dio Verbo, ha composto un libro nuovo, scaturito dal cuore del Padre per essere scritto con un calamo dallo Spirito nella lingua di Dio. Fu dato a un uomo che conosceva le lettere, ma egli non lo lesse. Giuseppe, in effetti, non conobbe affatto Maria, né il significato del mistero. (Giovanni Damasceno) A incarnare il dubbio di Giuseppe è il pastore ritto davanti a lui. Questo pastore ben saldo sul suo bastone, dice al venerando patriarca: “Come questo bastone non può produrre fronde, così un vecchio come te non può generare, e, d’altra parte, una Vergine non può partorire” suscitando nel suo cuore “una tempesta di opposti pensieri” Tra i due vi è un arboscello: “Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, (…) In quel giorno avverrà che la radice di Iesse sarà un vessillo per i popoli. Le nazioni la cercheranno con ansia. La sua dimora sarà gloriosa. In quel giorno avverrà che il Signore stenderà di nuovo la sua mano per riscattare il resto del suo popolo”. (cfr. Isaia 11) Secondo alcune interpretazioni, il personaggio che parla con Giuseppe sarebbe addirittura il diavolo, sotto le spoglie del pastore, che alimenta ed esaspera i suoi dubbi così come fa con le eterne esitazioni di tutti noi. Non riusciamo a comprendere né la potenza di Dio né la grandezza dell’uomo. La verità di Gesù Cristo, Dio vero da Dio vero, doveva essere rivelata a Giuseppe dall’angelo. Ma il dubbio di Giuseppe, chiamato anche“Promesso Sposo” dai nostri fratelli ortodossi, è anche quello di non essere in grado di accogliere il grande mistero della nascita di Dio dalla Vergine. Caratteristica di molte icone del Natale è che la Madre di Dio sia raffigurata con lo sguardo rivolto non al Salvatore, ma al suo Promesso Sposo, ed il suo volto esprime profonda pena E’ come se la Madre di Dio volesse aiutare Giuseppe, si preoccupasse per lui, ed in questa apprensione già si delinea la sua vocazione di Regina del Cielo, di ausiliatrice del genere umano, che porta a Dio le angosce degli Giuseppe rappresenta l’uomo di fronte al mistero di Dio. In lui e nella sua figura pensosa è raccolto tutto il dramma dell’uomo che si confronta con un Dio che irrompe nella storia e le imprime nuove direzioni. Il dubbio di Giuseppe non è chiuso su se stesso, ma si apre alla fede. La fede cambia la storia. Quella di Giuseppe, così come quella di tanti altri patriarchi che lo hanno preceduto. Il Dio dei padri costruisce la sua I Magi Il motivo per cui nell’icona della Natività troviamo anche la visita dei Magi va ricercato nelle origini della festa del Natale, risalente al IV secolo: in tale epoca, il 6 gennaio si commemorava insieme la nascita, l’adorazione dei Magi e il Battesimo di Gesù. Tale concomitanza era più che naturale, perché si trattava di aspetti diversi dell’unica manifestazione (questo è il significato del termine “Epifania”) di Dio nel suo Figlio fatto uomo: in modo nascosto nella Natività, rivelato alle genti più lontane nell’adorazione dei Magi, e proclamato solennemente dalla voce del Padre nel Battesimo. Nella loro cavalcata dall’Oriente verso l’alto, verso le stelle, i Magi sono l’immagine dello sforzo umano che cerca di penetrare i misteri di Dio. Dio è in alto, perché due angeli guardano in su – l’angelo è testimone della presenza di Dio -… … ma c’è anche un angelo che ha lo sguardo rivolto verso i pastori e comunica loro che è inutile sforzarsi per salire sul monte. E’ giunta l’ora infatti in cui Dio stesso scende dall’alto. Bisogna semplicemente essere puri di cuore per vederlo (cfr. Mt 5,8). I Magi e i pastori raffigurati nelle icone della Natività non formano una folla unica e non sono raffigurati vicini gli uni agli altri. I pastori rappresentano la stirpe eletta di Israele, per essi si è aperto il cielo ed è diventata visibile la schiera degli angeli, che cantava inni a Dio. Essi furono chiamati ad adorare Cristo a nome di tutto Israele, ed hanno I Magi invece rappresentano il mondo pagano. Essi giungono a comprendere il significato della Nascita di Cristo non facilmente, ma in modo molto arduo, attraverso sentieri contorti, e non da luoghi limitrofi, ma da lontano, (dalla Persia, secondo la tradizione della Chiesa ortodossa), ed il loro viaggio, guidato dalla stella, è lungo e difficile. Non la visita degli angeli, ma il movimento delle stelle li ha accompagnati ed istruiti. Così la stella, che condusse i re a Betlemme, secondo Giovanni Crisostomo, non era una stella comune, ma anche in questo caso si trattava di un angelo, sfolgorante di luce come una stella, ed ha accompagnato i re dall’oriente ad Diversi quindi sono gli annunci e diverse le strade dei pastori e dei re magi, ma sono stati riuniti dal Cristo Emmanuele, che sono venuti ad adorare. Ci lasciamo accompagnare nella nostra contemplazione da un bellissimo inno composto da Romano il Melode (padre costantinopolitano del V sec.) Dissero i Magi: Balaam aveva profetato che una stella sarebbe sorta a spegner tutte le profezie; un astro assai più sfolgorante dell’astro che apparve a noi, perché è il Creatore di tutti gli astri. Di lui fu predetto: Da Giacobbe spunterà un Bambino nuovo, Come Maria ebbe udito queste parole strane si chinò sul frutto delle sue viscere e abbracciandolo disse: Grandi cose figlio mio, grandi cose sono quelle che tu hai fatto con la mia pochezza; ecco infatti, i Magi ti cercano là fuori, i re dall’Oriente cercano il tuo volto, e implorano di vederlo i ricchi del tuo popolo. Sono veramente popolo tuo questi dai quali fosti riconosciuto Bambino nuovo, il Dio prima dei secoli. Poiché dunque, o figlio, sono tuo popolo, falli entrare sotto il tuo tetto perché vedano una ricca povertà, una miseria onorata: io ho in te la mia gloria e il mio vanto, perciò non mi vergogno. Sei tu la grazia e la bellezza di questa misera dimora e di me; fa cenno che entrino, non m’importa la modestia, poiché in te io posseggo un tesoro che dei re son venuti a vedere, avendo saputo re e Magi che tu eri apparso Bambino nuovo, il Dio prima dei secoli. Gesù Cristo, vero Dio nostro disse: “Fa entrare quelli che ho condotto qui con la mia parola; è la mia parola infatti che è brillata a chi mi cerca, è una stella agli occhi della carne, è virtù agli occhi dello spirito. Ora dunque o Santa, accogli coloro che hanno accolto me; infatti io sono in loro come tra le tue braccia, e senza separarmi da te sono venuto qui con loro. Ella apre la porta e accoglie il corteo dei magi; apre la porta lei, la porta impenetrabile che solo Cristo ha varcato; apre la porta lei, che fu aperta senza essere derubata del tesoro della sua purezza. Aprì la porta lei da cui fu generata la Parola. (Romano il Melode) Il bagno del Bambino Nella parte inferiore destra dell’icona troviamo due donne che provvedono al bagno del Bambino. I vangeli apocrifi raccontano che Giuseppe andò in cerca di una levatrice e la trovò appena fuori dalla grotta. Essa chiamò con se un’altra donna chiamata Salome, che non credendo al parto prodigioso della Vergine, si ritrovò con una mano inaridita, ma prendendo in braccio il Bambino In seguito l’apocrifo ci svela l’identità della seconda donna: si tratta di Eva, “la nostra prima madre”, e le fa dire una splendida preghiera; “Sii benedetto, Signore Dio dei padri nostri, Dio d’Israele, che oggi con la tua venuta hai operato la redenzione dell’uomo, che mi hai riabilitata e rialzata dalla mia caduta e mi hai reintegrata nella mia antica dignità. Adesso la mia anima si sente fiera e la mia speranza in Dio mio Salvatore ha sussultato”. E la nostra prima madre Eva prese il Bambino tra le braccia e si mise ad accarezzarlo e abbracciarlo con tenerezza e Eva con il peccato della sua disobbedienza introdusse la maledizione nel mondo, la Vergine, Madre di Dio, col frutto del suo seno ha fatto germogliare sulla terra la benedizione. Era giusto, quindi, che ad occuparsi del bagno del Bambino fosse proprio la nostra prima madre Eva con Salome, la donna ebrea che credette al portento. Il gesto del bagno sta a sottolineare un’azione puramente umana e con essa la vera e non apparente umanità di Cristo. Viene così prefigurato il Battesimo: morte e discesa agli inferi.