Abbiamo preso in esame solo alcuni paesi che ci sono sembrati rappresentativi nelle varie zone geografiche in cui Cristiani e Musulmani vivono in contatto diretto: • Africa del Nord: Algeria, Tunisia, Egitto • Africa Centrale: Nigeria, Sudan • Europa: Turchia, Bosnia e Erzegovina, Serbia e Kosovo, Albania • Asia Centrale: Iraq • Asia Orientale: Indonesia, Filippine da Libertà Religiosa nel mondo Rapporto 2010 (ACS) Algeria popolazione 35.423.000 Appartenenza Religiosa Musulmani 98 % Agnostici 1,8 % Cristiani 0.2 % Cattolici 4.000 La Costituzione algerina garantisce la libertà religiosa, ma l’Islam è considerata religione di stato. Tuttavia, da alcuni anni si assiste a un aumento crescente di convertiti al cristianesimo, accolti in misura crescente nella Chiesa protestante d’Algeria, articolata in trenta differenti denominazioni. Secondo fonti locali la Chiesa cattolica avrebbe battezzato non più di 500 persone negli ultimi trent’anni. Gli algerini che si professano cristiani incontrano delle difficoltà: per esempio non possono imporre un nome cristiano ai loro bambini perché in quel caso l’amministrazione statale rifiuta di iscriverli all’anagrafe. Ogni algerino che porta un nome islamico deve essere seppellito in un cimitero islamico. Il 26 dicembre 2009, a Tizi – Ousou (Cabiria) durante l’ufficio del mattino, una ventina di assalitori musulmani ha attaccato una chiesa della comunità pentecostale Tafat (in berbero luce), costruita di recente. Tutti i 300 membri sono di origine musulmana. Due giorni dopo, durante la notte, alcuni assalitori sono tornati nell’edificio saccheggiandolo e dandogli fuoco. Altri ancora sono tornati, il 9 gennaio, per bruciare tutto ciò che trovavano (mobili, Bibbie, libri degli inni e una croce). Mons. Ghaleb Bader, Arcivescovo della capitale in occasione di un simposio sulla libertà di culto svoltosi ad Algeri ha dichiarato: “L’Algeria è probabilmente lo Stato arabo-musulmano più rispettoso della libertà degli algerini che camminano con Cristo, anche se questo sconvolge profondamente la società e suscita talvolta nella popolazione o nella stampa delle reazioni forti, non di rado violente”.. “i rifiuti dei visti richiesti dai sacerdoti o dalle religiose potrebbero provocare un soffocamento della chiesa, che si trova ad affrontare un forte invecchiamento dei suoi quadri… il dialogo con le autorità prosegue”. Tunisia popolazione 10.374.000 Appartenenza religiosa Musulmani 99,5 % Cristiani 0,2 % Altri 0,3 % Cattolici 21.000 Com’è stato segnalato nel Rapporto ACS 2008, la Chiesa in Tunisia è composta essenzialmente da stranieri. In linea di principio, non è possibile per un tunisino diventare cristiano. Tuttavia, avvengono ugualmente alcune conversioni tra i tunisini “non di origine straniera”. Negli ultimi tempi, non vogliono più nascondersi e si stanno organizzando Alcuni di loro hanno creato un sito Internet chiamato El Massih Tunisi (Gesù in Tunisia). Alcuni predicatori intervengono in dialetto tunisino. Gli animatori si definiscono “tunisini cristiani, nati, cresciuti e residenti in Tunisia”. Questi convertiti appartengono in gran parte alla Chiesa evangelica e il loro numero è calcolato tra le 500 e 1000 persone. Fra esse sono inclusi anche alcuni cattolici. Egitto popolazione 84.474.000 Appartenenza religiosa Musulmani 87,1 % Cristiani 12,5 % Altri 0,7 % Cattolici 196.000 In Egitto, i cristiani continuano ad essere oggetto di una discriminazione “ufficiosa”. Sono scartati dai posti chiave dell’esercito, della polizia e delle università, eccetto le nomine dirette, che non necessariamente sono a vantaggio della comunità; come nel 2006, quando il Presidente del Paese, Hosni Moubarak, ha nominato un cristiano copto alla testa del governatorato di Qena. I cristiani della regione assicurano che quella nomina non ha migliorato la loro sorte, perché un governatore cristiano deve costantemente dare qualcosa in cambio ai musulmani. VIOLENZE CONTRO I CRISTIANI Nel giugno del 2009, nella provincia di Qalubiya, a nord del Cairo, un cristiano di 60 anni è stato picchiato a morte da un giovane musulmano di 24 anni. Il figlio della vittima era sospettato di avere una relazione amorosa illecita con la sorella dell’omicida. Il 21 giugno 2009, alcuni musulmani hanno attaccato gli abitanti copti del villaggio di Ezbet Bouchra orientale, distruggendo le loro case e i raccolti. ALTRE FORME DI VIOLENZA E DI INGIUSTIZIA Si assiste a una recrudescenza dei sequestri di ragazze copte per sposarle forzatamente a dei musulmani. All’epoca della Fiera Internazionale del Libro, tenutasi al Cairo nel febbraio 2009, agenti della sicurezza di Stato hanno arrestato due copti, Mina Adil Shawki e Issam Kadees Nassif, che portavano in mano delle Bibbie. Accusati di diffamare l’Islam, sono restati in carcere per diversi giorni. Nel 2008, un decreto emesso dal Consiglio dell’Ordine dei medici, dominato dai Fratelli Musulmani, ha vietato il “trapianto di organi tra persone di religioni differenti”. Il 13 settembre 2008, il caffè della famiglia cristiana Morris Ghatas, a Port-Saïd, aperto durante il periodo del Ramadan, è stato saccheggiato da alcuni poliziotti che hanno arrestato i loro sei figli, ferendone due. Con una sentenza il giudice ha inflitto ai sei fratelli una pena di tre anni di carcere e lavori forzati oltre ad una multa di 2100 dollari. Il 28 aprile 2009, nel quadro delle misure di prevenzione contro il virus H1N1 (influenza suina), il governo egiziano ha ordinato l’abbattimento di tutti i maiali del paese, un patrimonio di bestiame di 300.000 capi. Questa decisione ha danneggiato considerevolmente i copti, perché la maggioranza di loro vivono dell’allevamento di questo animale, dichiarato impuro dal Corano (II,173). L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha giudicato questa misura inutile, perché è scientificamente provato che il virus incriminato non si trasmette all’uomo tramite l’animale. Nel settembre 2009, nelle regioni di Assouan. di Daqalîya, del Mar Rosso e di Port-Saïd, 150 cristiani sono stati arrestati “per aver rotto in pubblico il digiuno del Ramadan”, ovvero per aver mangiato o fumato per strada, prima del tramonto Nella notte fra il 6 e il 7 gennaio 2010, a Nag-Hammadi, una città a 40 km da Luxor, mentre alcuni copti uscivano dalla chiesa di Mar Girgis (San Giorgio), nella quale avevano assistito alla Messa di Natale (secondo il calendario ortodosso), sono stati fatti bersaglio di una sparatoria. Un’automobile si è fermata davanti alla chiesa e tre uomini hanno aperto il fuoco sui fedeli. Bilancio: sette morti, fra cui un poliziotto, e una decina di feriti, di cui due musulmani. Il 20 gennaio 2010, il patriarca Chenouda III dichiarava che la sola cosa che potrebbe acquietare oggi i copti sarebbe un giudizio equo dei tribunali egiziani rispetto a tutti gli assassini di cristiani negli ultimi trent’anni, mai giudicati e ancor meno puniti: ovvero 1800 assassini di cristiani e circa 200 atti di vandalismo perpetrati conto i loro beni Per mostrare la sua determinazione, la giustizia egiziana, il 22 febbraio, ha condannato cinque musulmani all’ergastolo per l’omicidio di due cristiani, commesso ad Hagasa nell’aprile 2009. Tuttavia, all’inizio di marzo, il tribunale di Assiout ne ha assolti altri quattro accusati di aver ucciso un cristiano nell’ottobre 2009. Il 12 marzo 2010, a Marsa Matrouh, una città costiera situata ad ovest di Alessandria, alcuni musulmani hanno dato l’assalto al quartiere cristiano di Reefiya, dove vivono 2000 copti: 24 di essi sono stati feriti, 17 case e 12 automobili sono state distrutte. Uno dei cristiani, il professor Mounir Naguib, ha dichiarato di essere stato sottoposto a pressione per convertirsi all’Islam. Quest’aggressione, che ha anche preso come bersaglio la chiesa, si è verificata al termine della grande preghiera del venerdì, durante la quale lo sceicco di una moschea vicina aveva lanciato un appello alla jihad (guerra santa) contro i cristiani. CONVERSIONI AL CRISTIANESIMO Le conversioni al cristianesimo restano interdette, nonostante l’articolo 46 della Costituzione, che riconosce la libertà di credenza e di culto. I tribunali applicano spesso la shari’a. Ciò significa che un musulmano che si converte e riceve il Battesimo, resta comunque musulmano dal punto di visto dello stato civile. Non può dunque ottenere la menzione della sua nuova religione e del suo nuovo nome sulla carta d’identità. Mohamed Higazy, il primo convertito al cristianesimo ad avere avviato una procedura giudiziaria per il riconoscimento della sua nuova identità religiosa ha avuto la sua domanda respinta dall’Alta Corte amministrativa, nel gennaio 2008. Il rettore della Facoltà di Studi Islamici dell’università di El-Azhar ha emesso una fatwa che condanna a morte sia lui che sua moglie, anche lei una convertita; tale decisione gli ha impedito di assistere alle udienze della corte e lo ha costretto a vivere nella clandestinità. Nel febbraio 2009, un altro cristiano proveniente dall’Islam, Maher El-Gowhary, convertito da trent’anni e battezzato con il nome di Pierre Athanase, ha avviato una procedura simile per sé e per la figlia Dina, di 15 anni. Su richiesta dei giudici, nonostante i pericoli che correva, non potendo né lavorare né mandare sua figlia a scuola, si è presentato in tribunale. La sua domanda è stata rigettata per “minaccia all’ordine pubblico”. Uno degli avvocati ha fornito questa spiegazione: “Il governo sa che, non appena verrà concesso il diritto di abbandonare l’Islam, milioni di ex musulmani che nascondono la loro fede cristiana e vivono nella paura, usciranno allo scoperto e tradurranno in pratica la loro conversione; e questo provocherà caos”. Parlare di milioni è evidentemente esagerato, ma ci sarebbero clandestinamente in Egitto numerose migliaia di musulmani convertiti al cristianesimo che sperano di poter far riconoscere la loro nuova identità religiosa. Nel dicembre 2008, una donna di 24 anni, Martha Samuel Makkar, in stato di fermo per essersi convertita al cristianesimo, è stata bloccata all’aeroporto della capitale, mentre era in partenza per raggiungere il marito. E’ stata incarcerata per un mese e minacciata di morte dal giudice perché aveva abbandonato l’Islam. "Se avessi un coltello, vi ucciderei immediatamente”, le ha detto costui, in seguito al suo rifiuto di dichiararsi musulmana. Il 13 aprile 2009, una cristiana di 22 anni che si era convertita dall’Islam, Raheal Henen Mussa, e suo marito copto, Sarwat George Ryiad, sono stati arrestati per matrimonio illegale. La giovane donna è sempre considerata musulmana nonostante la sua conversione, anteriore di tre anni al suo matrimonio. Nigeria Appartenenza Religiosa Musulmani 45,4 % Cristiani 45.5 % Animisti 8,8 % Altri 0,3 % Cattolici 21.954.000 popolazione 158.259.000 Fa parte della Conferenza degli stati islamici che hanno cominciato ad applicare i principi della Sharia (legge coranica) sia nel codice di famiglia che penale introducendo: flagellazioni, amputazioni, lapidazione…. E’ stata creata la polizia religiosa l’Hisbah. Dialogo inter - religioso Esiste dal 1999 la Nigeria Inter-Religious Concil formata da cristiani e musulmani. Esiste anche l’Associazione dei Cristiani che agisce a difesa dei diritti religiosi, tuttavia la situazione non è così idilliaca. Intolleranze e violenze a sfondo religioso: I più diffusi atti di intolleranza avvengono negli stati ove è stata introdotta la Sharia. Docenti cristiani allontanati dalla scuola, mancata concessione di permessi per la costruzione di chiese e cimiteri considerati illegali, rapimento di ragazze con conversioni all’islam e matrimoni forzati con uomini musulmani, discriminazione negli impieghi e servizi pubblici per i cristiani e altro. Le violenze settarie hanno causato 12 mila morti negli ultimi dieci anni. L’associazione dei cristiani ha denunciato gravi discriminazioni “C’è un grande disegno per escludere i cristiani in posti chiave come la Nigeria National Petroleum Corporation che è la base dell’economia nigeriana”. L’ACS (aiuto alla Chiesa che soffre) ha denunciato l’uccisione di 48 cristiani fra i quali 2 pastori e 11 edifici di culto. Nel novembre 2008 ci sono state gravi violenze nella città di Jos con la morte di 400 persone (fra loro 6 pastori) e la distruzione di 40 Chiese. Fra il 20 e 25 gennaio tre chiese pentecostali sono state assalite da un gruppo di giovani musulmani, nessuno è stato arrestato. Il livello di persecuzione nello Zanfara è allarmante ed i cristiani stanno agendo in forma di Chiese clandestine. Il 21 febbraio 2010 una folla di musulmani ha assalito e bruciato 8 edifici cristiani. Il 7 marzo 2010 musulmani hanno assalito tre villaggi uccidendo fra 300 e 500 persone cristiane bruciando 75 case . SUDAN Appartenenza religiosa Musulmani 71,4 % Cristiani 16,4 % Animisti 11,1 % Altri 1.1 % Cattolici 5.879.000 popolazione 43.192.000 Sudan del Nord Nel Sudan del nord in 16 province vige la shari’a per cui la legislazione attua politiche che favoriscono l’Islam e non rispetta il pluralismo religioso. Prevede pene di morte, flagellazioni, mutilazione degli arti, i musulmani che si convertono ad altra religione vengono puniti con il carcere, minacce, intimidazioni controlli polizieschi, costretti ad emigrare chi è sospettato di averlo fatto. Queste leggi impediscono o limitano molto l’apostolato dei cristiani presenti da decenni e che si prodigano per i profughi. Il 1°febbraio 2009 inizia una serie di incendi contro chiese cattoliche, nell’agosto 2009 una setta esoterica assale la chiesa Nostra Signora Regina della Pace profanando l’Eucarestia, distruggendo abiti liturgici, attuando il rapimento di 17 giovani uno ucciso e gli altri mai più ritrovati. Una settimana dopo vengono prese prigioniere 18 persone, sei di esse sono state uccise crocefisse orizzontalmente per evidenziare la valenza religiosa dell’attacco. Sudan del Sud Nel Sudan del sud dal dicembre 2005 viene garantita la piena libertà religiosa .Recentemente è stato votato un referendum per la secessione dal nord,è stata una vittoria dei cristiani sudanesi contro la violenza e lo strapotere del nord islamico. Turchia Appartenenza Religiosa Musulmani 97,4 % Agnostici 2 % Cristiani 0,3 % Altri 0,3 % Cattolici 37.000 popolazione 75.705.000 Non è tuttora possibile ai turchi convertirsi apertamente al cristianesimo, a causa delle discriminazioni nei confronti dei convertiti. In occasione di una riunione tenutasi a Venezia nel Marzo del 2010, la Commissione per la Libertà Religiosa del Consiglio d’Europa ha adottato una risoluzione che chiede alla Turchia di accordare un riconoscimento legale alle minoranze religiose che non lo hanno, in particolare alla Chiesa latina; e di lottare fermamente contro le discriminazioni di cui esse sono oggetto. Chiesa latina Durante l’anno di san Paolo, a Tarso la chiesa della città in cui nacque l’apostolo, confiscata dallo Stato nel 1943 e trasformata in museo, è stata parzialmente aperta al culto cattolico. Tuttavia i poteri pubblici hanno dichiarato che i cristiani potevano continuare ad andare a pregare in quella chiesa, addirittura a celebrare i loro uffici; ma al patto di prenotare in anticipo, di pagare un canone all’entrata e di non disturbare l’attività del museo. Il 17 dicembre del 2008, un sacerdote cappuccino italiano, P. Adriano Franchini, superiore della custodia della Turchia, è stato pugnalato all’uscita da una Messa. Ha potuto essere salvato. Il suo assalitore, un ragazzo di sedici anni, è stato dichiarato malato di mente dalle autorità. Il 3 giugno del 2010, Mons. Luigi Padovese, presidente della Conferenza episcopale della Turchia, è stato assassinato nella sua residenza, dal suo autista. Era sul punto di partire per Cipro, dove avrebbe dovuto partecipare al viaggio del Papa Benedetto XVI. Anche in questo caso il governatore della provincia si è affrettato a dichiarare che l’autore dell’omicidio era affetto da disturbi psicologici !!!! Chiesa greco-ortodossa Il potere di Ankara continua a negare il carattere ecumenico del Patriarcato di Costantinopoli, riconoscendogli solamente una autorità locale. Nel 1971 viene chiuso il seminario di Halki (isola nel Mar di Marmara), di proprietà del Patriarcato ecumenico, per cui la chiesa greco-ortodossa si trova nell’impossibilità di rinnovare i suoi quadri Chiesa armena Il governo turco vieta alla Chiesa armena di celebrare le liturgie nella chiesa consacrata alla Santa Croce. Abbandonata nel 1915 dagli armeni, costretti all’esilio, questa chiesa è stata restaurata e trasformata dalle autorità turche in un museo. Chiesa siro-ortodossa Dal 2008 un conflitto oppone la Chiesa siro-ortodossa allo Stato turco a proposito di alcune terre che appartengono al Monastero Mar Gabriel. Costruito nel quarto secolo, questo monastero era una volta il centro spirituale siro-ortodosso, in questa regione, interamente cristiana. La diminuzione del numero dei cristiani non è più cessata: dai 250.000 nel 1923 sono passati a 70.000 negli anni ’70, e oggi sono soltanto 2.500. Bosnia e Erzegovina popolazione 3.760.000 Appartenenza Religiosa Musulmani 55,4 % Cristiani 41 % Agnostici 3,6 % Cattolici 464.000 La libertà è generalmente rispettata; tuttavia si lamentano restrizioni nei confronti di alcuni gruppi minoritari da parte delle autorità. Persistono localmente anche violenze e abusi su base religiosa in diverse zone dello stato bosniaco. I capi religiosi di gruppi minoritari residenti a Sarajevo, Banja Luka e Mostar, lamentano discriminazioni perpetrate soprattutto per quanto riguarda l’uso a scopo religioso delle proprietà di funzionari locali e la inadeguata o mancata protezione in caso di vandalismi o molestie. Nel corso dell’anno sono molto diminuiti gli attentati a simboli religiosi, membri del clero e proprietà di comunità nelle tre maggiori aree etniche. I serbo-ortodossi sono ancora oggetto di attacchi. Il 6 gennaio , vigilia del Natale ortodosso, uomini non identificati hanno dato alle fiamme la bandiera nazionale nella cattedrale ortodossa di Tuzla. Vandali hanno danneggiato alcuni siti di proprietà della Chiesa Cattolica: per esempio le vetrate della Chiesa di San Luca a Novi Grad ( Sarajevo) sono state danneggiate per ben tre volte dal 2005. La discriminazione resta un grave problema soprattutto in tre zone: contro i serbi nella zona a maggioranza serba, contro i croati nell’Erzegovina e contro i bosniaci nella Bosnia centrale. Serbia e Kosovo popolazione 9.856.000 Appartenenza religiosa Cristiani 65,3% Musulmani 24,5 % Agnostici 8,7 % Altri 1,5 % Cattolici 523.000 Serbia Punto d’incontro e scontro tra il cattolicesimo, la Chiesa ortodossa e l’Islam. La Serbia risulta essere uno dei paesi europei più variegati dal punto di vista religioso. La Costituzione prevede la piena libertà religiosa, pur operando discriminazioni tra le comunità e negando ad alcuni gruppi lo status legale. I gruppi maggiormente discriminati sono quelli minoritari, non registrati al Ministero della Religione, che sono danneggiati dalle difficoltà considerevoli per espletare diverse procedure necessarie, come aprire un conto corrente bancario o la compra-vendita di proprietà Kosovo Resta alta la tensione tra le varie comunità religiose, soprattutto dopo la dichiarazione unilaterale di indipendenza nazionale dalla Serbia, il 17 febbraio 2008. I protestanti, riferiscono di episodi discriminatori da parte di autorità nazionali e locali: come, per esempio, l’impossibilità di avere cimiteri a loro riservati, costretti a svolgere i loro uffici funebri all’interno di cimiteri musulmani, oppure il divieto di costruire una chiesa su un terreno da loro stessi acquistato. Per quanto riguarda la Chiesa Cattolica si registra la ripresa dei lavori per la costruzione della cattedrale dedicata alla Beata Madre Teresa. Albania popolazione 3.169.000 Appartenenza religiosa Musulmani 61,9 % Cristiani 31,8 % Agnostici 6,3 % Cattolici 507.000 Nel periodo preso in esame dal Rapporto non si riscontrano nel paese sostanziali mutamenti per quanto concerne la libertà religiosa. Il governo supporta economicamente la Chiesa Cattolica, erogando anche un sussidio statale ai membri del clero, secondo quanto previsto dalla legge sul finanziamento delle comunità religiose, approvata il 5 giugno 2009. Iraq popolazione 31.467.000 Appartenenza religiosa Musulmani 97,3 % Cristiani 1,8 % Altri 0,9 % Cattolici 301.000 • • La storia del Cristianesimo in Iraq ha tradizioni antichissime. Secondo la tradizione, la presenza dei cristiani in Iraq trae origine dalla predicazione di san Tommaso che giunse in Mesopotamia dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme (70 d.C.). Le più antiche testimonianze certe (storiche ed archeologiche) della presenza di seguaci di Gesù risalgono ai primi decenni del II secolo. Durante il III secolo la Chiesa della Mesopotamia perse i collegamenti con le Chiese dell'Impero romano e passò definitivamente sotto la dominazione persiana. Nel IV secolo venne organizzato il primo concilio interno alla Chiesa di Mesopotamia (oggi definita "Assira"). I cristiani in Iraq hanno vissuto soprattutto nelle maggiori città: Baghdad, Kirkouk, Mossul e Bassora. Il regime di Saddam Hussein diede un duro colpo alla libertà dei cristiani nazionalizzando le loro scuole. Saddam ebbe un cristiano nel suo governo, Mikhail Yuhanna, ma egli tenne sempre nascosta la sua fede, islamizzando persino il suo nome in Tariq Aziz. Oggi ci sono circa 300.000 cattolici in Iraq, meno dell'1% della popolazione La Chiesa cattolica in Iraq è parte della Chiesa cattolica universale in comunione con il vescovo di Roma, il papa. È formata da Chiese sia di rito latino sia di rito orientale. Il gruppo più rappresentativo, che raccoglie i tre quarti di tutti i cristiani iracheni, è costituito dalla Chiesa cattolica caldea, il cui capo ha il titolo di Patriarca di Babilonia dei Caldei. Tale Chiesa utilizza una lingua liturgica simile all'aramaico, la lingua che si parlava in Palestina ai tempi di Gesù Cristo. Attualmente nella capitale Baghdad ci sono sessanta chiese, oltre ai conventi. Circa metà delle chiese sono cattoliche. Il 9 febbraio 2010 i capi religiosi di tutte le Chiese cristiane presenti nel Paese hanno istituito il «Consiglio dei capi delle comunità cristiane in Iraq». Scopo dell'iniziativa è creare una linea unitaria di dialogo col paese. Il Consiglio, quindi, parlerà a nome di tutti i cristiani dell'Iraq. Primo segreterio generale è stato eletto mons. Avak Asadorian, vescovo della Chiesa armena; il suo vice è mons. George Casmoussa, vescovo siro-cattolico di Mossul. I temi principali che affronterà il Consiglio sono la diaspora cristiana e il dialogo coi musulmani. Durante il 2009 e nel primo semestre del 2010, le violenze inflitte ai cristiani non sono cessate, passando da una calma relativa a periodi di vere e proprie persecuzioni Il procuratore della chiesa Caldea riferisce che “gruppi armati entrano nei quartieri abitati da cristiani e uccidono alla cieca, tutti quelli che trovano sulla loro strada”. Sono omicidi eseguiti a sangue freddo in pieno giorno davanti a testimoni, come se si volesse dimostrare che è possibile agire in tutta impunità, e che il controllo della città è in mano loro. Mons Sako, arcivescovo caldeo di Kirkouk, ha dichiarato:” siamo il bersaglio di una campagna di esecuzioni e di violenze sugli obiettivi politici”. Secondo Mons. Casmoussa, arcivescovo siro-cattolico, gli islamici autori di questi crimini vogliono che il Parlamento abroghi le quote che rendono obbligatoria la rappresentanza delle minoranze religiose nei consigli comunali Alle violenze si è aggiunto il ritiro dell’art. 50 della legge elettorale, che garantiva la rappresentitività delle minoranze nei consigli stessi. ( le minoranze, cristiani compresi, hanno 8 seggi su 325). A Mossul è avvenuto il maggior numero di aggressioni, i cristiani vivono sotto il regime della shari’a. In preda al terrore 1.694 famiglie cristiane sono fuggite dalla città, più di 12.000 persone. Dal 2008 ad oggi si sono ripetute uccisioni di persone inermi, nel centro della città, nelle case, vicino alla chiesa di Notre Dame, attentati con esplosivo vicino al convento di Santa Teresa e alla chiesa caldea di Sant’Efrem, alla chiesa siro-cattolica dell’Annunciazione, alla chiesa siro-ortodossa di San Tommaso, alla chiesa caldea di San Giorgio, ad un autobus che trasportava un gruppo di cristiani; uccisi molti commercianti cristiani per strada o nelle proprie case; famiglie intere decimate. Il Patriarca siro-cattolico ha inviato una supplica al Primo Ministro: “nessuna coscienza umana può accettare quest’assenza di sicurezza a Mossul, dove è diventato legale uccidere degli innocenti indifesi. Siamo sorpresi dalle ragioni dei funzionari del governo e dal loro insuccesso; ne possiamo dedurre solamente una complicità rispetto al processo di svuotamento della città, che vede coinvolti i cristiani che vivono là da secoli” Anche a Bagdad sono avvenuti numerosi attentati contro edifici religiosi: la chiesa caldea di San Giorgio, una chiesa siro-cattolica, il convento delle suore caldee. Il 5 aprile 2008 viene ucciso davanti a moglie e figli un sacerdote siro-ortodosso, direttore di una scuola mista di alunni cristiani e musulmani. Era stato oggetto di ripetute minacce e manovre d’intimidazione perché cessasse l’attività. Altre sei chiese sono state obiettivo di attentati simultanei. I morti e i feriti in questi attentati e omicidi sono tanti… Numerosi quartieri della capitale sono stati abbandonati dai cristiani, come nel caso del quartiere Dorò, a maggioranza sunnita. “Ogni volta che i deputati cristiani hanno sollevato la questione, la richiesta è caduta nel vuoto. Bisognerebbe istituire una commissione internazionale d’inchiesta, perché il paese rischia di svuotarsi della sua popolazione cristiana” ( Joseph Yacoub, professore a Lione e specialista dell’Iraq). Tra le varie discriminazioni, si denuncia anche l’ingiustizia della legge che obbliga il coniuge e i figli di un cristiano che si converte all’Islam a fare la stessa cosa, oppure quella che obbliga gli alunni cristiani negli istituti pubblici a seguire i corsi sull’Islam. Torture, attentati e uccisioni si riscontrano anche a Kirkouk e a Ninive, mentre a Bassora, nel sud dell’Iraq, non sono state segnalate violenze anticristiane L’Arcivescovo di Bagdad, Mons. Jean-Benjamin Sleiman, ha dichiarato: ” La situazione della popolazione irachena cristiana è quella di una comunità che ha perso la fiducia nei confronti del proprio paese. Questo è avvenuto perché l’emigrazione si è trasformata in esodo e fuga. La paura domina tutti gli aspetti della vita e ogni episodio di violenza diventa una minaccia mortale”. Indonesia popolazione 232.517.000 Appartenenza religiosa Musulmani 79 % Cristiani 11,6 % Animisti 2,6 % Altri 6,6 % Cattolici 6.881.000 Quadro politico e istituzionale Il processo di democratizzazione dell’Indonesia, che è stato avviato nel 1998, ha contribuito in modo determinante a migliorare i diritti umani nel Paese. Nelle elezioni del 2009 alla guida del Paese è stato confermato il governo del Presidente Susilo Bambang Yudhoyono, che ha promosso passi importanti nella lotta al terrorismo e all’intolleranza religiosa. I gruppi estremisti e l’ala islamica più radicale non sono riusciti a ottenere un seguito popolare, come dimostrato dalle elezioni parlamentari di giugno, ma le pressioni della frangia islamica hanno però influenzato la politica dell’esecutivo. L’unione di forze di gruppi islamici moderati, cristiani, indù, buddisti e altri leaders religiosi e della società civile, ha provato ad opporsi alle norme basate sulla Shari’a, sia in Parlamento che nelle piazze. Nel Paese musulmano più popoloso al mondo, i casi di violenze hanno riguardato cristiani e gruppi musulmani considerati “eretici” dall’ortodossia, come gli Ahmadi, che sono la minoranza maggiormente perseguitata. Il Setara Institute for Democracy and Peace è un gruppo di attivisti che si battono per la tolleranza religiosa e i diritti umani. Tra essi vi è anche il segretario esecutivo della Commissione episcopale per gli affari interreligiosi, Padre Antonius Benny Susetyo. Una ricerca effettuata da questo istituto conferma il clima di tensione nel Paese e in un documento con i dati relativi al 2009 registra oltre 200 casi di violazioni alla libertà religiosa. Attacchi contro i cattolici A inizio luglio 2009 nell’East Java gruppi di musulmani hanno bloccato la costruzione di una casa per bambini disabili, nel timore che potesse diventare un centro finalizzato al proselitismo cristiano. L’edificio che stava sorgendo nella periferia di Batu avrebbe dovuto accogliere minori con problemi di autismo, ritardo mentale e disabilità; il progetto è curato da un’organizzazione no-profit gestita dall’ istituto secolare femminile Alma. Il sindaco ha revocato il permesso di costruzione che era stato rilasciato in precedenza in seguito alle proteste di oltre mille musulmani locali. La Chiesa cattolica ha avviato numerose attività a favore dei più bisognosi e non manca di intervenire in situazioni di emergenza, come i terremoti, fenomeno assai diffuso nell’Arcipelago. Il 1° settembre un sisma di magnitudo 7.3 ha colpito Tasikmalaya provocando oltre 70 morti e quasi mille feriti. I cattolici hanno organizzato raccolte e spedizioni di generi di prima necessità come tende, oggetti per la casa e piccole somme di denaro. La Caritas indonesiana è intervenuta a sostegno del personale sanitario, coordinando il soccorso alle vittime e la distribuzione di aiuti senza distinzioni di etnia o di credo religioso per un terremoto del 30 settembre che ha devastato un’area nel West Sumatra, causando migliaia di vittime e distruzioni. Il 19 ottobre le autorità di Purwakarta, nel West Java, revocano il permesso di costruzione della chiesa cattolica di Santa Maria. L’iter per la costruzione di una chiesa in Indonesia è assai complicato. Se si tratta di un luogo di culto cristiano, serve il nulla osta di un certo n° di residenti nell’area in cui viene costruito l’edificio e del gruppo per il dialogo interreligioso del posto. Nell’isola di Sumatra, invece, è stata inaugurata una cappella cattolica pur fra le proteste della comunità islamica locale. Nei giorni che hanno preceduto il Natale, si sono intensificati gli episodi di violenza a danno della minoranza cattolica. La notte del 18 dicembre una folla di mille musulmani ha assaltato la chiesa di Sant’Alberto a est della capitale Jakarta. La cappella era in fase di completamento e avrebbe dovuto ospitare la Messa di Natale. L’importanza della collaborazione e del dialogo interreligioso fra cristiani e musulmani in Indonesia è sottolineata anche dal card. Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, nella visita di fine novembre. Incontrando personalità politiche, leaders islamici e cattolici, il porporato ha spiegato che creare il ponte per il dialogo non è un’opzione, ma una necessità. Il card. Tauran si è inoltre recato nella grande moschea di Istiqlal, a Jakarta, il più grande luogo di preghiera musulmano in tutto il Sud-est asiatico, sorto di fronte alla cattedrale della capitale. A inizio dicembre, Padre Johannes Jonga Pr, parroco a Wairs, ha vinto l’edizione 2009 del Yap Thiam Hien, premio assegnato a chi si distingue in ambito nazionale per l’impegno della promozione della pace e del rispetto dei diritti della persona. Egli ha saputo fronteggiare le tensioni causate dai separatisti, soccorrendo i bisognosi e facendo proprie le rivendicazioni della popolazione locale davanti ai soprusi dei soldati. Cristiani, una minoranza perseguitata A metà agosto il Jakarta Post racconta le discriminazioni vissute ogni domenica da una comunità cristiana a Banten. Secondo il leader Bedali Hulu, i fedeli hanno vissuto gli ultimi due mesi in preda al timore per i continui attacchi di dozzine di membri di organizzazioni islamiche durante le funzioni domenicali. Una quarantina di membri della Jakarta Baptist Christian Church vivono sotto costanti pressioni e minacce di uomini armati di bastoni. “Come possiamo pregare nel modo giusto- aggiunge Bedali – se c’è un gruppo di persone che urla frasi minacciose all’esterno della chiesa!?”. Minoranze religiose e violenze La gran parte delle violenze confessionali in Indonesia sono istigate da gruppi estremisti che attaccano e distruggono edifici appartenenti alle minoranze, tra cui chiese cristiane, templi indù, moschee sciite a Ahmadya. A questo si aggiungono minacce a musulmani moderati, imponendo la chiusura forzata di negozi e attività commerciali durante il mese di Ramadan. Timori di islamizzazione, dal terrorismo alla Shari’a Una sanguinosa strage ha colpito due prestigiosi hotel a Jakarta. Il 17 luglio 2009, infatti, attentatori suicida si sono fatti esplodere al Marriott Hotel e al Ritz Carlton, provocando nove morti e quasi cinquanta feriti. Nei giorni successivi, la Jemaah Islamiyah affiliata ad Al Qaeda e guidata dal terrorista malaysiano Noordin Mohammed Top, ha rivendicato l’attacco e le squadre di sicurezza indonesiane il 17 settembre hanno ucciso il terrorista insieme al altri quattro. Il Consiglio degli ulema, (Mui) è una frangia radicale che sovente ha orchestrato una dura opposizione anche fra i musulmani indonesiani moderati. Il 25 gennaio, 700 membri del Mui hanno emesso una fatwa (editto religioso) contro la pratica dello yoga, il vizio del fumo e l’astensione dal voto, spiegando che sarebbero attività contrarie ai precetti dell’Islam. La presa di posizione degli Ulema ha scatenato un’ondata di proteste, perché si tratta di attività connaturate alla sfera personale dell’individuo e non vanno regolate mediante editto religioso. Il 27 gennaio leaders religiosi musulmani e membri della società civile hanno infatti bollato come incostituzionali e inutili le fatwa suddette. A fine gennaio arriva la presa di posizione degli imam di Jakarta che, in maggioranza, si dichiarano contrari ai kamikaze e a una visione radicale dell’Islam. L’episodio che ha scatenato il dibattito più aspro e acceso nel Paese ha riguardato l’approvazione, da parte del parlamento di Aceh, di una norma che prevede la pena di morte – mediante lapidazione – per le adultere. Il governo provinciale non ha voluto controfirmare la legge, approvata dal parlamento il 14 settembre, perché mancavano i criteri nell’applicazione della pena di morte per lapidazione. A fine ottobre, la provincia di Aceh ha proposto un’altra norma che ha scatenato un mix fra repulsione e ilarità nel resto del Paese: il bando ai jeans attillati per le donne e i pantaloncini per gli uomini: quanti verranno colti in flagrante saranno vestiti con uno speciale abbigliamento fornito dalle autorità. Sempre ad ottobre, si è registrata una presa di posizione comune che ha unito tutte le religioni presenti e riconosciute nel Paese: musulmani, cattolici, protestanti, buddisti, indù e confuciani insieme a donne attiviste si sono uniti contro la legge che legalizza l’aborto. In precedenza il Parlamento aveva approvato la riforma sanitaria, che estende i casi di interruzione di gravidanza. Immediata la reazione senza eccezioni dei leaders religiosi che si sono schierati all’unisono a difesa della vita. Filippine popolazione 93.617.000 Appartenenza religiosa Cristiani 88.7 % Musulmani 6,6 % Animisti 3.3% Altri 1,4 % Cattolici 73.726.000 Aspetti giuridici e istituzionali La costituzione sancisce dal 1986 la libertà religiosa e il godimento della professione e del culto religioso senza discriminazioni né privilegi. La maggioranza della popolazione è cristiana, tuttavia vi sono gravi contrasti religiosi nella regione di Mindanao. La regione di Mindanao, a maggioranza musulmana, è da oltre 40 anni teatro di conflitto tra esercito filippino e gruppi estremisti islamici e Abu Sayyaf, gruppo terroristico legato ad al-Qaeda. Essi reclamano il dominio dell’isola e si battono per istituire uno Stato islamico indipendente, compiendo attacchi contro i cristiani con lo scopo di cacciarli dai territori musulmani Attacchi contro i cristiani e rapimenti Il 5 luglio 2009, a Cotabato una bomba esplode all’esterno della cattedrale dell’Immacolata Concezione, durante una messa presieduta da mons. Orlando Quevedo. Lo scoppio provoca 5 morti e 45 feriti e mons. Quevedo definisce l’atto “non solo criminale, ma un sacrilegio”. Il 27 ottobre a Jolo, capoluogo della provincia di Sulu, il lancio di una granata danneggia la Cattedrale di Nostra Signora del Monte Carmelo. Il 15 gennaio 2009 , un gruppo di uomini rapisce a Jolo tre operatori della Croce Rossa, per tre mesi i sequestratori, legati al gruppo integralista di al-Qaeda minacciano di decapitare gli ostaggi , ma dopo alcuni mesi vengono rilasciati o dietro un riscatto o con lo scambio di persone (non è mai stato chiarito). Durante gli anni del governo della presidente Gloria Arroyo, nelle Filippine si è assistito a un incremento degli omicidi sommari. Le vittime sono spesso attivisti per i diritti umani e sacerdoti, che si battono a favore dei contadini. Il 7 settembre 2009, nella regione di Samar del Nord, un commando di 30 uomini armati uccide Padre Cecilio Lucero, responsabile del centro per i diritti umani Social Action Center. Segni di speranza. Stremata da 40 anni di conflitto, la popolazione civile di Mindanao, cristiana e musulmana, ha dato vita in questi ultimi anni a una serie di iniziative che hanno l’obiettivo di portare la pace nelle regioni, attraverso il dialogo interreligioso; speriamo che tutto questo porti frutti.