Corso di Formazione - F.I.S.M.
Istituto Filippo Smaldone – Foggia
24 ottobre 2008
Handicap, famiglia e scuola.
DOTT.SSA ANTONIETTA MOSCATO
PSICOLOGA – PSICOTERAPEUTA
Referente Regionale Integrazione Scolastica dei diversamente abili
Ufficio Scolastico Regionale di Basilicata
PREMESSA
• L’Italia si è distinta per l’approvazione
•
di Leggi rivoluzionarie ed è uno dei
paesi nel mondo all’avanguardia per il
riconoscimento legislativo dei diritti dei
disabili.
La definizione del “modello italiano” di
integrazione piena viene guardato con
particolare attenzione dai Paesi esteri
che più hanno a cuore la qualità della
vita delle persone disabili.
PREMESSA
• Il primo importante cambiamento che
si è verificato nel corso di questi ultimi
anni, sospinto da mutamenti sia del
contesto sociale, culturale, politico e
normativo, riguarda il nuovo modo
d’intendere la condizione delle persone
disabili e gli interventi in loro favore. Si
è molto accentuata l’importanza della
dimensione di progettazione e
concertazione degli interventi, su scala
regionale, zonale e comunale.
PREMESSA
• Il secondo importante cambiamento,
legato allo sviluppo della normativa e della
cultura dei servizi, riguarda la modalità
d’approccio complessivo alla problematica
dell’handicap. Le prospettive che si
affermano sono sempre più quelle che
tendono a mettere in evidenza le
potenzialità delle persone e a
contestualizzare le situazioni di disabilità
negli ambiti dove si gioca, al di là delle
prestazioni di servizio, la qualità della vita
del disabile.
PREMESSA
• Altro elemento di cambiamento è dato
dallo sviluppo, avutosi nel corso degli anni
’90, del solidarismo sociale organizzato,
dopo la fase, negli anni ’80, di forte
espansione del volontariato sociale
diffuso. Questo nuovo contesto,
l’articolato mondo dell’associazionismo,
esprime richieste d’informazione e
formazione, con modalità diverse dal
passato, volendo essere accompagnato
( pensiamo alle associazioni dei genitori )
nelle proprie iniziative progettuali.
PREMESSA
• Un approccio essenziale allo sviluppo
delle potenzialità dei disabili, è dato
dai notevolissimi progressi delle nuove
tecnologie, applicate alle
problematiche dei disabili. Dette
tecnologie hanno portato profonde
innovazioni non solo a vantaggio dei
processi educativi, formativi e
riabilitativi, ma anche degli stili di vita
e della qualità della vita stessa delle
persone disabili.
UNA NUOVA CULTURA DELLA
DISABILITA’.
• Sviluppare una nuova cultura della disabilità
significa passare dal principio del sostegno a
quello dell’inclusione e della partecipazione,
facendo leva sulle capacità delle persone
disabili ( centralità della persona), facilitando
la loro esistenza indipendente, e promovendo
l’integrazione sociale, anche attraverso il ciclo
produttivo, nella prospettiva del
rafforzamento della possibilità di istruzione e
di formazione lungo tutto l’arco della vita.
• Il raggiungimento di questi obiettivi passa
attraverso un processo lungo, di assimilazione
e di sedimentazione sociale e culturale.
Integrazione: una scelta
irreversibile.
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La scelta della piena integrazione è stata
compiuta in Italia agli inizi degli anni ’70.
Oggi è una scelta irreversibile in relazione a
numerosi fattori:
ai rapporti tra etica, valori e diritti;
al quadro legislativo e normativo vigente;
alla constatazione che l’impegno per
l’integrazione nella scuola di tutti e di
ciascuno rappresenta la strategia
fondamentale per lo sviluppo, la crescita e la
conquista delle autonomie da parte di ogni
persona in situazione di handicap; ma
soprattutto costituisce la condizione
fondamentale per la successiva integrazione
sociale ( e, se possibile, lavorativa ) delle
persone con deficit;
Integrazione: una scelta
irreversibile.
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alla considerazione dei vantaggi che tale
coeducazione comporta per gli altri alunni;
all’esperienza umana, culturale e professionale
maturata da un’ampia fascia di operatori scolastici,
che non deve andare dispersa o relegata in nuovi
ambiti speciali, ma messa a disposizione di tutta la
scuola e di ogni alunno;
all’idea ampiamente diffusa anche a livello europeo
e internazionale, che la prassi della piena
“inclusione” realizzata nel nostro Paese, costituisca
un valore peculiare per la scuola italiana e che
debba continuare a rappresentare occasione di
scambio, di confronto e di reciproco
incoraggiamento per innalzare la qualità della
scuola e dell’integrazione;
alla crescente attenzione della stessa opinione
pubblica al diritto di cittadinanza delle varie forme
di “diversità”.
IL QUADRO ETICO E
VALORIALE DI RIFERIMENTO
Il diritto all’educazione, all’istruzione e
all’integrazione è da collocare sempre più nel
quadro dei sistemi:
1. scolastico-formativi,
2. lavorativo,
3. socio assistenziale,
portando al centro dell’attenzione i bisogni
fondamentali della persona diversamente abile,
i suoi familiari, il suo contesto abituale di vita e
richiamando competenze ed obblighi che le
leggi vigenti assegnano a Enti Locali e Servizio
Sanitario Nazionale.
IL QUADRO ETICO E VALORIALE DI
RIFERIMENTO.
In sintesi possiamo sostenere che:
1. l’integrazione riguarda tutti gli allievi,
indipendentemente dal tipo e dal livello di gravità
dell’handicap;
2. l’integrazione va ulteriormente potenziata, anche
attraverso la valorizzazione delle risorse umane, delle
competenze professionali maturate dagli operatori
anche con l’utilizzo di adeguate strumentazioni
tecnologiche;
3. è importante poter partecipare per apprendere; i
compiti a diversi livelli e in relazione alle potenzialità
individuali, possono essere meglio appresi quando si
consente “la partecipazione alla cultura del compito”;
4. è fondamentale la flessibilità dell’organizzazione
scolastica, la personalizzazione dei curricoli formativi,
l’abitudine ad una valutazione rilevante in positivo che
certifichi le competenze ( anche minime)
concretamente acquisite sulle quali costruire
successivi traguardi;
IL QUADRO ETICO E
VALORIALE DI RIFERIMENTO.
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è necessario differenziare i percorsi formativi ( non solo per
gli allievi in situazioni di handicap) con il criterio di trovare
ancoraggi costanti con la programmazione di tutta la classe;
individualizzazione non è sinonimo di insegnamento
individuale;
è importante trovare raccordi tra tutti i soggetti istituzionali
che si occupano della piena integrazione sociale di ciascun
individuo; per i soggetti in situazione di handicap la
prospettiva è quella di una presa in carico di tutto l’arco
dell’esistenza;
occorre imparare a documentare le esperienze realizzate,
per dar conto di come la consolidata prassi dell’integrazione
scolastica consenta a ognuno, in base alle proprie
potenzialità, di conseguire livelli importanti di autonomia,
ma anche di conoscenze e di competenze, finalizzabili al
raggiungimento di una migliore qualità dell’integrazione
nella vita sociale e, se possibile, lavorativa.
IL DIRITTO ALL’INTEGRAZIONE
SCOLASTICA.
La Legge-quadro sull’handicap.
Il diritto all’integrazione e all’istruzione degli
alunni in situazioni di handicap nelle sezioni
e classi comuni delle scuole di ogni ordine e
grado è disciplinato dalla Legge-quadro n.
104 del 5 febbraio 1992.
“E’ persona handicappata colui che presenta una
minorazione fisica, psichica o sensoriale,
stabilizzata o progressiva, che è causa di
difficoltà d’apprendimento, di relazione o
d’integrazione lavorativa e tale da
determinare un processo di svantaggio
sociale o di emarginazione” art.3 Leggequadro sull’handicap
IL DIRITTO ALL’INTEGRAZIONE
SCOLASTICA
Fondamentali sono:
Art. 12 Diritto all’educazione e all’istruzione.
Art. 13 Strumenti per l’integrazione che devono
essere messi a disposizione in maniera
coordinata da Scuola, Enti Locali e Unita’
Sanitarie Locali.
Art.14 Modalità d’attuazione dell’integrazione, con
espliciti richiami ai compiti del MPI.
OBIETTIVI DELL’INTEGRAZIONE
•
La legge-quadro art.12 comma 3, sancisce che
l’integrazione scolastica nelle classi comuni di ogni
ordine e grado ha come compito lo sviluppo delle
potenzialità della persona handicappata non solo ai
fini dell’istruzione, ma nell’ordine:
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dell’apprendimento;
della comunicazione;
delle relazioni;
della socializzazione;
delle autonomie e della comunicazione personale.
L’integrazione è dunque un concetto ben più ampio di
quello che definisce il solo inserimento nelle classi
comuni, e richiede a tutta la scuola dei piccoli e grandi
cambiamenti, per evitare mere assimilazioni in un
contesto educativo e formativo che non è capace di
adattamenti reciproci.
OBIETTIVI
DELL’INTEGRAZIONE
In quest’ordine di considerazioni, aggiungerei un
ulteriore valore, tutt’altro che trascurabile, e
cioè l’aspetto simmetrico all’inserimento
scolastico dell’alunno in situazione di
handicap: lo stimolo alla crescita e alla
maturazione che gli stessi compagni
normodotati ricevono dalla presenza di
coetanei in difficoltà, nei cui confronti possono
acuire la capacità di riconoscere e rispettare la
diversità, recependo e sviluppando
atteggiamenti di mutuo aiuto e sentimenti di
solidarietà.
Dall’individuazione della situazione
di handicap al Piano Educativo
Individualizzato.
Il comma 5 dell’art.12 della Legge-quadro identifica alcuni
momenti significativi dell’iter finalizzato alla piena
integrazione scolastica degli alunni in situazioni di
handicap:
• individuazione dell’alunno come persona handicappata;
• la definizione di una diagnosi funzionale;
• la predisposizione di un profilo dinamico funzionale;
• la formulazione di un piano educativo individualizzato;
• Le occasioni di verifica degli interventi realizzati e di
aggiornamento della documentazione.
La definizione della modalità di svolgimento dei compiti
attribuiti dalle norme vigenti alla Aziende Sanitarie
Locali in materia di integrazione scolastica degli alunni
in situazione di handicap è demandata ad un apposito
Atto d’indirizzo e coordinamento che è stato emanato
con Decreto del Presidente della Repubblica in data 24
febbraio 1994.
Dall’individuazione della situazione di
handicap al Piano Educativo
Individualizzato.
SEGNALAZIONE ED INDIVIDUAZIONE DELL’ALUNNO IN SITUAZIONE DI HANDICAP.
In riferimento all’applicazione del D.P.R. 24.02.94, tenendo conto anche
delle indicazioni del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
23 Febbraio 2006, n. 185 pubblicato sulla G.U. n. 115 del 19 Maggio
2006 Regolamento recante modalità e criteri per l’individuazione
dell’alunno come soggetto in situazione di handicap, ai sensi dell’art.
35, comma 7, della Legge 27 dicembre 2002, n. 289 e della
Conferenza Unificata della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 20
marzo 2008, le Aziende Sanitarie ai fini dell’individuazione dell’alunno
come soggetto in situazione di handicap, devono disporre appositi
accertamenti collegiali, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 12 e 13
della Legge n. 104/92, su richiesta documentata dei genitori o degli
esercenti la potestà parentale o la tutela dell’alunno medesimo. Il
verbale, sottoscritto dai componenti il collegio, deve indicare la
patologia stabilizzata o progressiva accertata con riferimento alle
classificazioni internazionali dell’OMS e specificare l’eventuale
carattere di gravità della medesima.
Detti accertamenti devono essere effettuati in tempi utili rispetto
all’inizio dell’anno scolastico, non oltre 30 giorni dalla ricezione della
richiesta e sono propedeutici alla redazione della diagnosi funzionale.
Il verbale d’accertamento, con l’eventuale termine di rivedibilità e il
documento relativo alla diagnosi funzionale, sono trasmessi ai genitori
o agli esercenti la potestà parentale o la tutela dell’alunno e da questi
all’istituzione scolastica presso cui l’alunno va iscritto ai fini della
tempestiva attivazione delle procedure amministrative previste.
Dall’individuazione della situazione di
handicap al Piano Educativo
Individualizzato.
DIAGNOSI FUNZIONALE
La D.F. consiste in una descrizione della compromissione funzionale dello stato psicofisico
dell’alunno. Si articola in un profilo, nel quale vengono considerate difficoltà, capacità e
potenzialità di sviluppo dell’alunno in ordine alle seguenti aree: cognitiva, affettivorelazionale, linguistica, sensoriale, motorio-prassica, neuropsicologica e dell’autonomia
personale e sociale.
E’ atto successivo all’individuazione dell’alunno in situazione di handicap ed è da definire
entro il 30 luglio per gli effetti previsti dalla legge 20 agosto 2001, n. 333.
Alla diagnosi funzionale provvede l’Unità Multidisciplinare composta dal medico specialista
nella patologia segnalata, dallo specialista in neuropsichiatria infantile, dal terapista della
riabilitazione, dagli operatori sociali in servizio presso l’Unità Sanitaria Locale o in regime
di convenzione con la medesima.
La D.F. verrà stilata utilizzando l’apposito modello ( D.P.R. 24.02.94 ) secondo i criteri di
classificazione di disabilità e salute previsti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
La D.F. è redatta all’atto della prima richiesta dell’intervento didattico specializzato, ed è
aggiornata, nell’arco dell’intera carriera dell’alunno, in concomitanza ad eventuali variazioni
significative del quadro clinico-funzionale e ogni qualvolta se ne ravvisino i presupposti
sempre su richiesta dei genitori, degli esercenti la potestà parentale o la tutela dell’alunno
medesimo.
Dall’individuazione della situazione di
handicap al Piano Educativo
Individualizzato.
Qualora all’alunno non venga riconosciuto uno stato di
disabilità ma la presenza di problematiche aspecifiche (vedi
situazioni di grave svantaggio ), le ASL si impegnano a darne
comunicazione alle scuole.
La presentazione tardiva della D.F. rispetto ai tempi di
programmazione delle risorse ( formazione degli organici)
esonera l’USR regionale dall’obbligo di attivare le procedure di
nomina degli insegnanti specializzati ed implica soluzioni
organizzative compatibili con le risorse già deliberate e/o
erogate.
Dall’individuazione della situazione di
handicap al Piano Educativo
Individualizzato.
PROFILO DINAMICO FUNZIONALE
Ai sensi dell’art.12, comma 5, della Legge 104 del 1992, il P.D.F. è atto
successivo alla D.F. e indica il prevedibile livello di sviluppo che l’alunno in
situazione di handicap dimostra di possedere in tempi brevi ( 6 mesi ) e nei
tempi lunghi ( due anni ).
Alla sua elaborazione partecipano gli insegnati curriculari e l’insegnante
specializzato, almeno un operatore sanitario e sociale dell’U.M.D. e la
famiglia.
Il P.D.F. è da definire entro il 30 luglio per gli effetti previsti dalla legge 20
agosto 2001, n. 333.
Naturalmente l’insegnante specializzato e quelli curriculari dovranno avere a
disposizione un congruo periodo di tempo per conoscere adeguatamente
l’alunno in questione e prendere parte attiva alla stesura del documento
come previsto dall’art.4 del DPR 24/02/94.
Il P.D.F. è aggiornato a conclusione della scuola dell’infanzia, della scuola
primaria, secondaria di primo grado e durante il corso di istruzione
secondaria superiore, come disposto dall’art.12, comma 8, della Legge
104/92.
Il D.S. è responsabile di tutto il procedimento ai sensi della L. 241/90, ed ha il
compito di indire gli incontri e di presiedere ai lavori.
Il P.D.F. sarà redatto sulla base della modulistica prevista dal D.P.R. 24.02.94.
Dall’individuazione della situazione di
handicap al Piano Educativo
Individualizzato.
PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO
Per ogni alunno in situazione di handicap inserito nella
scuola viene definito uno specifico P.E.I., che documenta
l’integrazione degli interventi predisposti a favore
dell’alunno, per un periodo di tempo determinato, di
norma annuale.
Il Piano costituisce una variabile della programmazione
educativo-didattica di classe, con la quale ha punti di
convergenza.
Il P.E.I. è redatto congiuntamente dagli insegnanti
curriculari e dall’insegnante specializzato, da almeno un
operatore sanitario e sociale dell’U.M.D. e dalla famiglia,
subito dopo la stesura del P.D.F., è da definire entro il 30
luglio per gli effetti previsti dalla legge 20 agosto 2001,
n. 333.
La famiglia dell’alunno va riconosciuta come risorsa
importante nella definizione e nella verifica del Piano.
Dall’individuazione della situazione di
handicap al Piano Educativo
Individualizzato.
In sede di formulazione del P.E.I., i soggetti che provvedono alla sua
elaborazione avanzano proposte relative all’individuazione delle risorse
necessarie.
Il P.E.I. è il documento in cui vengono descritti gli interventi didattici, educativi,
riabilitativi e di socializzazione predisposti per ciascun alunno in situazione di
handicap.
Il P.E.I. costituisce un documento di sintesi dei dati conosciuti e di previsione
degli interventi prospettati.
In esso si definiscono:
•gli obiettivi educativo/riabilitativi perseguibili;
•gli obiettivi d’apprendimento riferiti alle aree e alle funzioni più educabili;
•i metodi, i materiali, i sussidi con cui organizzare le proposte
d’intervento;
•i tempi di scansione degli interventi previsti;
•la forma e i modi di verfica e di valutazione del Piano;
•le forme d’integrazione tra scuola ed extrascuola.
Dall’individuazione della situazione di
handicap al Piano Educativo
Individualizzato.
•Il P.D.F. è aggiornato a conclusione della scuola
dell’infanzia, primaria, secondaria di primo grado e durante il
corso dell’istruzione secondaria superiore.
•Il P.E.I . ha valenza annuale ed è aggiornato sulla base delle
indicazioni emerse nel corso degli incontri previsti dalla
normativa vigente.
•Annualmente nel mese di gennaio, i servizi sanitari
forniscono tramite le famiglie, le certificazioni utili alle nuove
iscrizioni o le eventuali revoche ed entro il mese di luglio,
sempre tramite le famiglie, le relative D.F.
La famiglia del bambino disabile.
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La famiglia è il gruppo primario, l’intermediario vitale tra
l’individuo e la società.
La famiglia è la prima istituzione educativa, il cui compito
non termina mai.
Una famiglia sana, matura, non è minacciata dai conflitti,
dalle situazioni di crisi ma considera questi fatti come
un’occasione per costruire nuove strategie d’alleanze e di
maturazione.
Le caratteristiche della famiglia sana:
una dose di sano equilibrio da parte dell’adulto basato su
una realistica valutazione di se stessi e delle proprie
capacità e sul desiderio consapevole di poter cambiare in
modo valido;
un atteggiamento ottimistico, guidato dal buon senso, su
quanto di positivo possa accadere per la famiglia e per il
bambino;
un rapporto produttivo con la comunità e le istituzioni;
capacità d’adattarsi ai cambiamenti;
stabilire valori e traguardi alla portata della famiglia;
La famiglia del bambino disabile
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un’atmosfera tranquilla che permetta la crescita e lo sviluppo
dell’identità individuale.
•
E’ importante riconoscere che la famiglia del bambino
disabile, rappresenta il primo e più importante agente
educativo, abilitativo e riabilitativo ed è fondamentale che gli
operatori della scuola e delle altre istituzioni sappiano
costruire con la famiglia un rapporto sereno e produttivo,
fondato sulla fiducia.
La famiglia in cui sia nato un figlio disabile non corrisponde
più al modello usuale.
Stati d’ansia, sensi di colpa, tensioni tra i genitori,
preoccupazioni economiche, le difficoltà di rapporto con i
servizi e le istituzioni, contribuiscono a trasformare il clima
familiare in senso negativo per l’educazione del bambino,
collocandolo spesso al centro di un’esasperata attenzione di
parenti e amici, nell’alternarsi di speranza e di disperazione.
La famiglia di un bambino disabile da sola difficilmente saprà
cosa fare. Ha diritto a ricevere tutta l’attenzione e l’aiuto
necessario da parte delle scuola, dei servizi sociali e sanitari.
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Accertamento e accettazione della
disabilità: reazioni dei genitori.
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L’impatto sul nucleo familiare determinato dalla nascita di un
bambino “diverso dagli altri” molte volte è devastante e
l’accettazione profonda è un processo che dura tutta una vita.
Tutti i genitori con figli minorati o disabili, all’inizio attraversano
delle fasi fondamentalmente simili:
Il sospetto che “qualcosa non funzioni” porta i genitori a vivere con
uno stato d’animo di grandi incertezze e paure. In questo periodo
sono su un’altalena emotiva fatta di disperazione e di esaltazione.
La reazione dopo la diagnosi è uno stato di shoch, caratterizzato
dall’estraniare il proprio IO dalla situazione di crisi. Di solito è una
condizione breve, che dura poche ore o al massimo uno o due
giorni, che funge da meccanismo difensivo per permettere ai
genitori di superare lo stato iniziale di disperazione.
Nello stadio dell’ammissione, i genitori iniziano a rendersi conto
della gravità della situazione e a recepirla emotivamente. Ha inizio
così una reazione di disperazione violenta, che comporta
l’emergere di sentimenti molto intensi. La sensazione dominante
sarà quella di sentirsi sopraffatti ed inadeguati a svolgere il
compito di genitori.
Accertamento e accettazione della
disabilità: reazioni dei genitori.
• Altra reazione sarà la totale confusione. Durante questo periodo i
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genitori provano un altro sentimento intenso: la rabbia. La rabbia
insorge quando le aspettative vengono distrutte. E’ possibile che la
rabbia/collera venga inconsciamente proiettata sullo specialista,
sul medico che ha diagnosticato troppo tardi la disabilità o su chi
non è stato capace di guarirla.
La rabbia viene interiorizzata dai genitori: questo stadio si
manifesta con uno stato depressivo.
Un’altra forma di rabbia è il sentimento d’impotenza e di
frustrazione.
Altro sentimento, specialmente per la madre, è il senso di colpa.
A questo punto, i genitori hanno un bisogno quasi ossessivo di
scoprire le cause e di stabilire chi ha la colpa della minorazione. E’
lo stadio del “gioco delle accuse”.
Un forte senso di colpa potrebbe portare alla formazione reattiva
dell’iperprotezione. La madre dedicherà tutta la vita a fare del
proprio figlio il migliore bambino disabile del mondo. Tutto questo
sarà la copertura di una conflittualità profonda. Questa dedizione
totale a volte può risultare dannosa per i rapporti con tutti gli altri
membri della famiglia.
Accertamento e accettazione della
disabilità: reazioni dei genitori.
TESTIMONIANZE
Una madre di un bambino sordo:”…l’insegnante dell’asilo
speciale lesse attraverso la mia maschera e disse che avrei
fatto bene a non viziare mio figlio se non volevo che avesse
due handicap, dei quali l’essere viziato sarebbe stato il
peggiore”.
“….Penso di essere diventata necessariamente una persona
migliore: forse più dura, più cinica, meno emotiva e molto
meno tollerante di un tempo. Sento di essere una
sopravvissuta..Porto con me una pena che occasionalmente
viene a galla. A ogni cambiamento degno di nota nello
sviluppo di mio figlio mi ritrovo a vivere le stesse ansie e
angosce dei periodi di assestamento, come all’inizio..Alcune
vengono a fasi differite; ho imparato a riconoscerle e so che
l’angoscia passerà. Piango ancora….qualche volta. L’ unica
differenza è che ora piango soprattutto perché sono
orgogliosa di mio figlio…”
Le aspettative dei genitori dei
bambini disabili.
Molte delle aspettative dei genitori di un bambino disabile verranno
deluse:
• quella di avere un bambino “ normale”;
• quella dello specialista che si prenda cura di loro guarendo la
“parte danneggiata” del figlio;
• quello di uno specialista o di una scuola che si assuma la completa
responsabilità dell’educazione del proprio bambino disabile;
• quella che il proprio figlio supererà benissimo tutte le difficoltà e
sarà come i bambini “normali”.
E’ essenziale analizzare insieme ai genitori tutte le loro aspettative,
guidarli ad assumere un comportamento obiettivo nei confronti del
proprio bambino che va considerato in tutti gli aspetti del suo
sviluppo.
Il genitore deve imparare ad affrontare giorno per giorno i problemi
propri e quelli del figlio e a valorizzare adeguatamente i progressi,
le conquiste del proprio bambino.
Principi sul rapporto scuola-famiglia.
L’esperienza suggerisce tre principi generali fondamentali per
creare e mantenere un rapporto produttivo tra la scuola e la
famiglia:
• 1) sviluppare una base comune di conoscenza tramite lo
scambio di informazioni ;
• 2) sviluppare ed appoggiare ciascuno il ruolo dell’altro;
• 3) pianificare insieme il programma educativo del
bambino.
• La scuola e la famiglia possono avere aspirazioni diverse,
ma è essenziale che siano d’accordo su un piano realistico
d’aspettative, solo così sarà possibile valorizzare al massimo
le potenzialità del bambino/ragazzo.
• Sia la scuola che i genitori devono in pratica condividere
una conoscenza comune del bambino/ragazzo, rispettare
ciascuno il ruolo dell’altro e pianificare insieme il futuro del
ragazzo e la sua educazione.
L’importanza della collaborazione
tra la scuola e la famiglia.
• La famiglia ha un ruolo essenziale nel processo
educativo.
• La famiglia intesa come gruppo che appoggia, stimola,
premia e considera l’apprendimento, è il fattore
primario che influenza il successo scolastico di
qualsiasi bambino. Gli altri due fattori sono il bambino
stesso con le sue capacità evolutive e la scuola come
ente specializzato.
Solo quando questi fattori sono costruttivamente in
rapporto tra loro, il bambino disabile trarrà il massimo
beneficio dalla sua esperienza scolastica.
E’ importante che la scuola e la famiglia del bambino
disabile instaurino:
• una collaborazione aperta;
• un’interdipendenza operativa nelle rispettive
competenze;
• sinergie su obiettivi condivisi.
L’importanza della collaborazione
tra la scuola e la famiglia.
Insegnanti e genitori hanno molto da
imparare l’uno dall’altro, è questo il
principio da cui si parte.
E’ fondamentale una continua
comunicazione, chiara, paritaria e
democratica, delle reciproche
aspettative, degli atteggiamenti e
valori per definire obiettivi e linee di
azione profondamente condivise e
frutto di una elaborazione comune.
L’importanza della collaborazione
tra la scuola e la famiglia.
Questa modalità di lavoro di confronto e di raccordo
che porta i genitori e gli insegnati del bambino
disabile a collaborare e a condividere le stesse
opinioni e la stessa modalità educativa,
• agevola il passaggio di informazioni;
• permette ai genitori di acquisire una maggiore
consapevolezza delle capacità dei propri figli;
• determina da parte dei genitori e degli insegnanti
la percezione di non essere più soli nel lavoro
educativo/didattico;
• facilita la scelta dell’obiettivo su cui lavorare;
• permette di monitore l’efficacia dell’intervento in
termini di prestazione del bambino.
Anche i genitori e non solo gli alunni hanno bisogno
di una scuola dell’accoglienza e della fiducia.
Niente di nuovo che sia realmente
interessante nasce senza
collaborazione.
(J. Watson)
Grazie
per
l’ attenzione !
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Handicap, famiglia e scuola