Prima di discutere delle principali tematiche in oggetto, sarà opportuno considerare che la FESIK promuove la pratica del Karate dilettantistico, poiché a livello professionistico si possono configurare esclusivamente alcuni Insegnanti Tecnici, che per capacità e per scelta personale, diffondono la specialità all’interno delle proprie ASD, e talvolta in occasione di Stage Nazionali e Regionali, e per questo scopo la Federazione inquadra i Ruoli Tecnici secondo la seguente progressione: ALLENATORI / ISTRUTTORI / MAESTRI / DOCENTI REGIONALI / DOCENTI NAZIONALI Nel contesto relativo alle tematiche pertinenti alla PREPARAZIONE AGONISTICA potremmo rilevare che già un ALLENATORE possa essere perfettamente in grado di effettuare una PROGRAMMAZIONE stagionale in funzione del Calendario agonistico di ogni anno sportivo. Molto spesso si sbaglia la PERIODIZZAZIONE di lavoro, quando non si tiene conto esattamente delle date di ogni Manifestazione agonistica, e della effettiva ricerca dello STATO di FORMA crescente , fino alla massima espressione agonistica dell’anno in questione. Di norma la progressione è la seguente: GARE DI CLUB / CAMPIONATI REGIONALI, (verso il mese di FEBBRAIO) / TROFEI AD INVITI / CAMPIONATI ITALIANI DI CATEGORIA, ( tra APRILE e MAGGIO) ; all’interno dei CAMPIONATI ITALIANI DI CATEGORIA, (esclusi i CAMPIONATI RAGAZZI), si selezionano gli Atleti ed Atlete che saranno convocati per la formazione delle SQUADRE NAZIONALI FESIK, e che parteciperanno ogni due anni ai CAMPIONATI CONTINENTALI, (EUROPEI) , E MONDIALI; stanno ormai prendendo piede sempre di più degli importanti TORNEI INTERNAZIONALI per Clubs, e quindi aperti a tutti. Nel KARATE è sfumata la possibilità, da sempre agognata, quanto usata da alcuni per scopi eticamente discutibili, della partecipazione ai GIOCHI OLIMPICI, che necessiterebbero di una PROGRAMMAZIONE E PERIODIZZAZIONE quadriennale, di cui ovviamente non tratteremo nemmeno per semplice discussione teorica. La PREPARAZIONE AGONISTICA dovrà essere incentrata sulla PREPARAZIONE ATLETICA DI BASE E SPECIFICA; su un PROGRAMMA ALIMENTARE SCIENTIFICO; sulla PREPARAZIONE TECNICA SPECIFICA: KATA / KUMITE / SHOBU IPPON / SHOBU SANBON, e sulla PREPARAZIONE PSICOLOGICA, nonché sulla CONOSCENZA DEI REGOLAMENTI DI GARA. Faremo un rapido richiamo circa le ABILITA’ MOTORIE di carattere CONDIZIONALE e di carattere COORDINATIVO, con una verifica della conoscenza di detti argomenti da parte dei CANDIDATI del XIII CORSO INTENSIVO. CAPACITA’ DI TIPO CONDIZIONALE: FORZA – FORZA RESISTENTE – FORZA RAPIDA CAPACITA’ DI ACCELERAZIONE – RAPIDITA’ – RESISTENZA VELOCE RESISTENZA O ENDURANCE ORGANICA. CAPACITA’ DI TIPO COORDINATIVO: MOBILITA’ ARTICOLARE – EQUILIBRIO – AGILITA’ – COORDINAZIONE – APPRENDIMENTO MOTORIO – DESTREZZA – CAPACITA’ SPECIFICHE DI OGNI SPORT. RILEVARE IL FEEDBACK DELLA CLASSE LA FORZA CHE NEL NOSTRO IMMAGINARIO DI MARZIALISTI CI METTE D’ACCORDO AL DI FUORI DEGLI STILI DIVERSI, E DEI DIFFERENTI PARAMETRI, E’ INEQUIVOCABILMENTE QUELLA ESPRESSA DA SOKE MASUTATSU OYAMA, FONDATORE DEL KYOKUSHINKAI, IL KARATE PIU’ ESTREMO DELL’ERA MODERNA. MA A NOI OCCORRERA’ PERCORRERE QUEL TIPO DI TRAINING? ALTRO ESEMPIO DI RIFERIMENTO CON LA SCUOLA KYOKUSHIN: MA QUESTO TIPO DI RESISTENZA E’ ADATTO ALLE NOSTRE NECESSITA’ ATTUALI? CON IL DOVUTO RISPETTO E CON ALTRETTANTA AMMIRAZIONE, CERTE METODOLOGIE SONO LONTANISSIME DAI SISTEMI AGONISTICI DEL KARATE MODERNO. E’ QUESTO UN ESEMPIO VEROSIMILE E PRATICABILE PER TUTTI PER OTTENERE LA FORZA RAPIDA? RIBADIAMO TUTTAVIA ED ULTERIORMENTE LA NOSTRA PIU’ASSOLUTA AMMIRAZIONE PER GRAN MASTER OYAMA E PER I SUOI MIGLIORI ALLIEVI, KARATEKAS ESTREMI CORAGGIOSISSIMI. Ne’ potremo attingere da questa poesia del Maestro FUNAKOSHI, elementi che ci chiariscano sistemi e metodologie adeguati alle nostre necessità; al nostro dovere di Allenatori e Preparatori, per cui occorrerà inderogabilmente seguire tematiche scientifiche, in costante evoluzione. Per il riferimento con la Cultura classica faremo in modo che essa non vada persa, ma soltanto per il semplice valore culturale e suggestivo che essa emana Tutto ciò nello spirito della conoscenza tangibile e scientifica. OGNI SOGGETTO CHE SI OCCUPI DELLA PREPARAZIONE ATLETICA, DI BASE E SPECIFICA, DOVRA’ ESSERE DEFINITO “ALLENATORE” O “PERSONAL TRAINER”. I GRADI ALTISONANTI OD ALTRI VALORI TRADIZIONALI NON COMPORTANO NECESSARIAMENTE SPECIALI CAPACITA’ DI COSTRUZIONE O RIFINITURA DI ATLETI ED ATLETE, SE NON IN ALCUNI AMBITI MOLTO RISTRETTI. LA FIGURA ODIERNA DI P.T. NON ATTIENE NECESSARIAMENTE AL SEGMENTO DEL FITNESS, O AD OPERAZIONI MERAMENTE COMMERCIALI, O PEGGIO ANCORA, A STEREOTIPI PROVENIENTI DA CHISSA’ QUALE FORMAZIONE APPROSSIMATIVA. IL P.T. E’ CHIAMATO IN CAUSA PER CONOSCERE DA VICINO IL SOGGETTO DA ALLENARE, CONDUCENDO INSIEME UN’ANAMNESI; UN PIANO DI LAVORO INDIVIDUALE, E DI TANTO IN TANTO, SOMMINISTRANDO TESTS PER DIMOSTRARE L’EFFETTIVO INCREMENTO DELLE CAPACITA’ PREVISTE, CON CHIARO ED INEQUIVOCABILE VANTAGGIO CONSEGUITO, LADDOVE LA PIANIFICAZIONE SIA STATA REALIZZATA PIENAMENTE. Esempio tipico di figura commerciale, in cui il PT non viene promosso per capacità, o prestanza fisica, ma il feeling con la propria Atleta, diviene la chiave di lettura di un progetto tipico del FITNESS, in cui il sorriso porcellanato è molto simile a quello presente sui rotocalchi; tuttavia la fiducia che l’Atleta, (per noi); il Cliente, (per altri), ha nel PT è assoluta, almeno fino a che non sussistano errori o problemi. UN MIO CARISSIMO AMICO D’INFANZIA E DI ADOLESCENZA: RICCARDO FLORIAN, AD OLTRE 60 ANNI DI ETA’ INSEGNA LO SCI ALPINO E DIRIGE UNA SQUADRA AGONISTICA GIOVANILE IN VAL DI FIEMME, IN TRENTINO; ESEMPIO DI MASSIMA FLESSIBILITA’ NEL SUO RUOLO DI MAESTRO DELLA F.I.S.I., NONCHE’ GRANDISSIMO ESPERTO DELLO SCI CON OLTRE 55 ANNI DI PRATICA; UN PT IDEALE ED AFFIDABILISSIMO PER LA PROPRIA INDISCUSSA ESPERIENZA, E PER LA SERIETA’ CHE LA SUA FIGURA EMANA. ULTERIORE ESEMPIO DI POTENZIALE PT PERFETTO: IL GRANDE CAMPIONE DI CANOTTAGGIO AGOSTINO ABBAGNALE, FRATELLO MINORE DEI LEGGENDARI CARMINE E GIUSEPPE; EGLI HA VINTO 3 OLIMPIADI E NON RICORDO QUANTI CAMPIONATI DEL MONDO; ATTUALMENTE COLLABORA CON LA NAZIONALE DI CANOTTAGGIO AL CENTRO REMIERO DI PIEDILUCO (TR). CON GRANDE ORGOGLIO ALLENO SUO FIGLIO DI 11 ANNI, NEL KARATE. I SUOI TITOLI E LA SUA STRAORDINARIA SERIETA’ NE FANNO UN GRANDE PREPARATORE ED UN ALLENATORE IDEALE. Metodologia INTERVAL TRAINING Trattasi del sistema più usato in genere, e probabilmente più adatto ai vari scopi. Ne esistono due grandi tipologie: I.T. aerobico, con un carico di lavoro di circa il 70%, in cui si privilegia il consumo di VO2 MAX, e la cui funzione non secondaria è l’effetto di bruciare il grasso corporeo e di innalzare notevolmente la Soglia Aerobica. I.T. anaerobico, con un carico di lavoro ad alta intensità, in regime di CO2, pertanto idoneo alle fasi di punta della gara di Karate, (Sport aerobico/anaerobico alternato); in alcune fasi si può arrivare al 90% del carico. Interval Training L’Interval Training si può effettuare in fase di preparazione alla Resistenza o Endurance Organica, in un Campo di Atletica; in Palestra, purchè ben aerata; a Corpo Libero, talvolta con attrezzi. Occorrono: Un cronometro e possibilmente un cardiofrequenzimetro; una tabella per l’Allenatore. Una tenuta da Atletica e scarpette. Una borraccia con acqua o soluzioni idrosaline. Ipotizzando 8/10 o più serie nel Workout, sarà fondamentale rilevare il ritmo cardiaco tra una sere e le successive, controllando l’indice di recupero dopo 90”; di media sarà ottimale il ritorno a 120 pulsazioni al minuto entro questo periodo fisso di un minuto e trenta secondi. La soglia aerobica è soggettiva, ed è in relazione con età; sesso; peso corporeo ,e naturalmente incrementabile con adeguato lavoro, ma sempre rispettando il principio della GRADUALITA’. ORA LA CLASSE CREERA’ DUE ESEMPI DI I.T. FORMANDO ALCUNI GRUPPI DI LAVORO: IL PRIMO DI NATURA AEROBICA. IL SECONDO DI NATURA ANAEROBICA. Fondamentalmente varierà l’INTENSITA’. INSERIREMO IL CONCETTO DI LAVORO ANAEROBICO ALATTACIDO ED ANAEROBICO LATTACIDO, CON ADEGUATI ESEMPI SEMPLICI. Metodologia di CIRCUIT TRAINING Il C.T. è il metodo che contiene in se le principali dinamiche di una seduta di allenamento; esso è eccezionalmente flessibile, e permette relativamente in poco tempo l’allenamento simultaneo di più Atleti/e. E’ consigliabile realizzare un percorso circolare, in cui compaiano alcune“stazioni”, a ciascuna delle quali corrisponda un esercizio differente, sia per tipologia che per carico di lavoro. La partenza avverrà simultaneamente; ogni Atleta sarà sulla propria stazione; l’Allenatore cronometrerà 20/30” per stazione senza alcun recupero; al cambio il gruppo si muoverà ad esempio in senso orario; l’intensità sarà medio alta per tutto il circuito. Al termine della prova si rileverà l’attività cardiaca immediata e dopo i fatidici 90”. Se non si dispone di cardiofrequenzimetri si consigli di prendere il “polso carotideo” (il più facile da sentire) su sei secondi ed aggiungere lo zero finale; questo non sarà un sistema perfetto, ma abbastanza verosimile e facile da verificare. Circuit Training misto (esempio): Skipp Piegamenti braccia Crunch addominali Jumping jack Kiba dachi seiken tsuki Inarcamenti dorsali da decubito prono Mawashi geri alternati gamba avanti Cambi improvvisi di Guardia (kamae) Kizami tsuki,gyaku tsuki alternati Balzi dalla massima accosciata Plyometric Training Si tratta di una metodologia presa dai saltatori di lungo e triplo; è comune al Basket ed alla Pallavolo; è molto presente nella Ginnastica Artistica e Ritmica. E’ adatta a quelle specialità in cui occorre saper balzare e rimbalzare notevolmente, quindi estremamente adatta al Kumite Shobu Sanbon. Non occorrono particolari attrezzature, se non gradini; steps; plinti di varia altezza. Ne esistono due tipi principali: Il balzo da terra in alto Il balzo da una certa altezza al suolo con immediato rimbalzo in alto od in avanti, od in altre direzioni. Sarà molto importante controllare l’assetto delle ginocchia e delle articolazioni tibio tarsiche. Esempi di lavoro pliometrico: Altri esempi semplici di lavoro pliometrico verranno discussi dalla Classe in data odierna. Esempi di Forza Esplosivobalistica ed esplosivo-reattivobalistica,da discutere insieme: La Forza si esprime in svariate possibilità, delle quali la F. Isometrica (isostatica), né è l’applicazione meno raffinata. La F. Dinamica (isotonica), presenta molte variazioni, ma la più sofisticata è quella che tratteremo. Tutto il movimento corporeo è un’alternanza tra flessioni ed estensioni dei nostri arti. Un Judoka od un Lottatore saranno particolarmente capaci nella forza di trazione. Un Karateka od un Pugile saranno particolarmente capaci nella forza elastica estensiva. Un errore molto frequente tuttora è quello dell’uso di troppe iper-estensioni, che nel tempo danneggiano capsule articolari; legamenti e muscoli, e possono generare traumi irreversibili. Power Training, allenamento alla Forza, a corpo libero e/o con pesi Forza massimale Forza isometrica Forza dinamica Forza rapida Forza veloce Forza in accelerazione Forza eccentrica Forza concentrica Forza aussotonica Forza esplosivo balistica Forza esplosivo reattivo balistica Forza elastica Commistione di Forza nella Resistenza Tipologie di tensioni/detenzioni muscolari, applicazioni colte della Forza Reclutamento di fibre muscolari • A grandi linee, nel movimento corporeo, a seconda della richiesta degli schemi motori, il nostro corpo recluta una quantità di fibre muscolari: BIANCHE e/o ROSSE Le prime laddove occorra produrre velocità: Glicolisi, lavoro anaerobico lattacido/ Fosfocreatina, lavoro anaerobico alattacido; Mitocondri scarsi; permettono un’attività esplosiva e potente per pochi istanti; tipo di affaticamento rapido. Esse si “nutrono” principalmente di glucidi. Le seconde laddove si debba produrre resistenza: Processi ossidativi, lavoro aerobico; Mitocondri numerosi; mantengono attività tonico motoria per molto tempo; tipo di affaticamento lento. Esse si “nutrono” principalmente di “glucidi”. Si parla poi di FIBRE INTERMEDIE laddove si introduce il concetto di lavoro aerobico/anaerobico alternato, tipico del Karate. Si consiglia di rispolverare il CICLO di KREBS, Premio Nobel per la Medicina nel 1953, per aver ideato sin dal 1937 i principi chiave del METABOLISMO applicato al movimento umano. Concetti di PERCEZIONE; PROPRIOCEZIONE; ESTEROCEZIONE; OPEN SKILLS; CLOSED SKILLS Una definizione generale di "tecnica", nel karate come in altri sport, può essere quella di gesto motorio finalizzato al raggiungimento di un obiettivo, situazionale e non. È opportuno premettere che quando si parla di allenamento nel karate, bisogna sempre distinguere l'allenamento del kata dall'allenamento del kumite , in quanto tecnicamente profondamente diversi tra loro.Nel kata ci troviamo di fronte ad esercizi individuali, sempre uguali, che per essere appresi e memorizzati devono essere ripetuti diverse volte. Nel combattimento invece, il contesto cambia sempre, tempi e spazi non sono mai uguali. Con riferimento al kata si parla allora di closed skills (o abilità chiuse), mentre con riferimento al kumite si parla di open skills (abilità aperte). Per fare un rapido esempio si pensi ad un kata: può essere eseguito sia ad occhi aperti che ad occhi chiusi (cioè escludendo uno degli analizzatori del proprio sistema nervoso); escludere l'analizzatore visivo nel kumite, combattendo per esempio bendati, renderebbe invece impossibile il combattimento. Il sistema nervoso possiede analizzatori che servono a raccogliere informazioni, questi di dividono in analizzatori di tipo esterocettivo e di tipo propriocettivo. Gli analizzatori di tipo esterocettivo sono: acustico, tattile, visivo, quest'ultimo importantissimo per i giochi sportivi e gli sport da combattimento. Gli analizzatori di tipo propriocettivo invece sono: il sistema vestibolare (equilibrio) e il sistema cinestesico (fusi, organi tendinei dei golgi, propriocettori articolari). SEGUE Funzione degli analizzatori è quella di darci una rappresentazione totale del nostro sé dal punto di vista spaziale e temporale.Quando gli analizzatori ricevono delle informazioni, il sistema nervoso li elabora e, se necessario, formula un programma d'azione di risposta. Quindi il sistema nervoso organizza il programma del movimento, invia gli stimoli per la sua esecuzione, lo controlla continuamente e lo sanziona alla fine. L'apparato locomotore si muove perché gli vengono inviati una serie di comandi circa le azioni che devono essere compiute. La capacità di eseguire dei movimenti anche ad occhi chiusi si basa sulla memoria interna, nel caso del kata appunto, il corpo è già educato ad eseguire i movimenti e quindi li può realizzare anche escludendo l'analizzatore visivo. Nel kumite invece questo non è possibile perché quando introduciamo una limitazione nelle abilità aperte (open skills), non possiamo più eseguire la prestazione; e se invece la introduciamo nelle abilità chiuse (closed skills), il movimento può essere comunque eseguito. Non a caso gli sport da combattimento sono inseriti nel gruppo degli sport situazionali. Per definizione come abilità aperte (dove abilità sta per atto motorio, gesto), intendiamo abilità che è eseguita in ambiente variabile. La variabilità può essere data dal partner che fa attacchi, finte, spostamenti ecc; tutte le operazioni mentali devono allora essere talmente veloci da consentire risposte efficaci, tempestive ed adeguate. Quando si allena un'abilità chiusa, come ad esempio un kata, è consigliabile esercitarsi bendati: l'esclusione dell'analizzatore esterocettivo favorisce la discriminazione propriocettiva e quindi affina maggiormente il movimento. SEGUE Open e closed skills nel Karate • Per analizzare come opera il sistema nervoso lo si può suddividere in blocchi. • Nel primo blocco si trova l'attività degli analizzatori che consiste nella percezione e nell'analisi. Nel combattimento si percepisce e si analizza il movimento dell'avversario; dati scientifici confermano che il tempo fisiologico, non modificabile, che trascorre dalla visione alla ricezione dello stimolo, è di 50 millesimi di secondo. Nel blocco successivo si ha l'interazione con la memoria: in questa fase lo stimolo viene confrontato con le relative informazioni presenti in memoria. Dopo di questo avvengono i processi decisionali. Nella memoria a lungo termine sono immagazzinate le conoscenze specifiche apprese in allenamento o in gara. Queste conoscenze possono essere ben organizzate in mappe, consentendo una ricerca rapida, quasi automatizzata; oppure non organizzate, in maniera definita abitualmente "a macchia di leopardo". Nel primo caso le vie utilizzate per la ricerca della risposta ad un dato stimolo sono razionali e rapide mentre nel secondo caso la ricerca risulta confusa poiché non esistono vie razionali e preferenziali per la ricerca della risposta. Essendo le azioni estremamente veloci ed essendo il tempo di reazione semplice (cioè quello intercorrente tra l'elaborazione dell'informazione e la decisione) di circa 150-200 millesimi di secondo, la razionale organizzazione della memoria è fondamentale in quanto circa la metà del tempo di reazione complessivo è impiegato per scegliere la risposta opportuna. Bisogna poi decidere cosa fare dello stimolo in arrivo: è il blocco della cosiddetta "presa di decisione". Questo momento è importante perché rappresenta la capacità umana di darsi uno scopo ancor prima di iniziare ad operare per conseguirlo. La rappresentazione mentale è allora il futuro necessario, la capacità di prevedere ciò che potrebbe accadere. In questa fase, che si chiama appunto della "pre-azione", prima ancora di iniziare a muoversi sono svolte queste operazioni. È quel tempo che passa dal momento in cui si è percepito lo stimolo al momento in cui incomincia il movimento di risposta. Questo tempo deve essere il più breve possibile, pena l'inadeguatezza delle risposte rispetto allo scopo che ci si è prefissati. A differenza della fase percezione-analisi, il tempo della fase elaborazione-decisione è un tempo sul quale si può intervenire e quindi deve essere reso il più breve possibile. Per fare questo, dobbiamo preliminarmente verificare come, all'interno della memoria dell'atleta, siano organizzate le cosiddette abilità tecnico-tattiche, in quanto, se all'interno della memoria c'è disordine nell'organizzazione delle abilità e quindi delle conoscenze, passerà molto tempo fra l'elaborazione e la decisione e di conseguenza sarà ritardato anche il tempo d'inizio dell'azione di risposta. Se poi nella memoria esistono addirittura lacune, non c'è possibilità di risposte efficaci in tempi utili. Open e closed skills nel Karate Il punto centrale del discorso è quindi l'organizzazione della conoscenza nella memoria. Quando si parla di "memoria" nello sport, ci si riferisce alla caratteristica di riconoscere un gesto: si tratta allora della "memoria visiva". Il gesto deve però essere riconosciuto appena nasce e bisogna capire immediatamente di che cosa si tratta in modo da rispondere in tempo utile. La memoria visiva risolve la prima parte del problema, poi bisogna operare concretamente, e saranno allora d'importanza fondamentale la memoria dell'analizzatore vestibolare, la capacità di utilizzare le informazioni relative a quella determinata azione, e la memoria cinestesica che regola le contrazioni muscolari. Quindi, parlando di memoria, non parliamo di "tecnica pura", bensì di "tecnica inserita nel contesto situazionale". A questo punto perché l'azione di risposta sia efficace, non è sufficiente che risulti corretta la scelta della riposta, ma è necessaria anche la rapidità d'azione, condizionata dalla capacità condizionale (forza rapida) e dalla capacità intermedia (mobilità articolare). Il "sistema di controllo" consente poi di verificare che, istante per istante, l'azione programmata e quella che si sta eseguendo, siano adeguate alla situazione. Nel far questo è anche possibile che l'azione venga modificata o interrotta qualora non risulti più adatta alla situazione concreta. L'azione che si compie è di conseguenza legata alle proprie capacità di regolazione delle contrazioni, ampiezza di movimenti e velocità (propriocezione), le quali devono adattarsi alle informazioni relative allo spazio ed al tempo (esterocezione). Ultimo blocco è infine quello del feed back. Open e closed skills nel Karate La differenza tra open e closed skills sta nel fatto che nel primo caso il sistema nervoso deve rispondere adeguatamente ad uno stimolo, nel secondo caso invece si opera in assenza di stimolo. Nell'evento open skill l'80-85 % dell'operazione trattata passa attraverso l'analizzatore visivo, quindi è di tipo esterocettivo mentre le restanti informazioni sono di tipo propriocettivo. Viceversa accade nell'evento closed skill . Nel caso del kumite, un allenamento in prevalenza svolto in assenza di partner, creerà una buona memoria propriocettiva che però non sarà integrata coi parametri spazio-temporali dell'aspetto situazionale. Nel caso del kata invece, gli analizzatori cinestesico e vestibolare prevalgono notevolmente su quello visivo (esterocettivo). Nelle closed skills non c'è nessuno stimolo in arrivo e si estrae direttamente dalla memoria l'informazione, rimangono comunque presenti la rappresentazione mentale, l'azione, il risultato, il sistema di controllo e il feed back. Metodologie Due sono le conseguenze metodologiche. Innanzitutto nel kumite si parla di lavoro a coppie per il 3035% in contesto situazionale, dove tutte le operazioni neuropsichiche sono svolte correttamente e le operazioni biomeccaniche si attuano secondo le necessità. In secondo luogo nel kata il lavoro a coppie ha poca utilità: nelle closed skills l'individuo deve affinare delle sensazioni propriocettive, le deve memorizzare e riprodurre con estrema precisione. Saranno necessari molto lavoro a vuoto e kata come esercizio specifico e di gara. Kata closed skills Kumite open skills Pianificazione e Periodizzazione del lavoro Innanzi tutto una premessa: Come già ribadito ci rivolgiamo ad Atleti/e dilettanti, pertanto adatteremo quanto seguirà alle loro esigenze di tempo e di disponibilità La prima cosa da fare al momento della pianificazione della stagione agonistica è quella di fissare uno o più obiettivi da raggiungere e, attraverso l´analisi delle stagioni passate e allo stato di forma raggiunto dall´atleta, conoscere quali sono i gli aspetti tecnici, fisici e psichici che dobbiamo migliorare. Fare qualche test (per la forza, per il VO2max, per la soglia anaerobica…) a inizio stagione è utile per capire lo stato di forma attuale e per avere dei dati da confrontare con quelli raccolti in successivi test che verranno svolti nel corso della stagione, i quali ci forniranno utili indicazioni sull´efficacia degli allenamenti svolti. Gli stimoli che dovranno pervenire all´organismo non possono essere somministrati senza una logica ma devono seguire una precisa pianificazione. La pianificazione dell´allenamento è la formulazione della strategia (attraverso tappe successive) di differenti tipi di carico, in un ampio spazio temporale, in ordine sia ad obiettivi intermedi sia all´obiettivo finale1. Secondo Starischka le caratteristiche più importanti della pianificazione dell´allenamento sono il suo progressivo adattamento, la sua costruzione per fasi temporali e la periodizzazione del carico sportivo. La periodizzazione è la formulazione di principi teorici relativi a periodi più particolareggiati dell´intera pianificazione, mentre la programmazione è l´applicazione di tali principi, cioè la stesura del programma di allenamento. Pianificazione e Periodizzazione Un modo utile per procedere nell´elaborazione del piano di allenamento può essere il seguente: determinare gli obiettivi generali e specifici che si vogliono raggiungere, l´intervallo temporale al quale ci si riferisce e fare una verifica della condizione attuale attraverso test determinare con precisione le date delle competizioni (anche gare di controllo) e dei test ai quali si vuole partecipare fissare l´intervallo temporale (periodizzazione) dei periodi di preparazione, gara e transizione pianificare i contenuti, i mezzi e i metodi di allenamento necessari Pianificazione e Periodizzazione a. – b. Gli obiettivi che ci prefiggiamo possono essere a lungo, medio o breve termine. Per lungo termine si intende la prestazione che si vuole raggiungere ad anni di distanza (ad esempio partecipare alle Olimpiadi di Londra 2012 2); a medio termine ci limitiamo a quello che vorremmo fare in un periodo più ristretto (uno – due anni); per breve termine ci si riferisce alla stagione in corso. Ma come deve essere un obiettivo? Innanzitutto deve essere chiaro, cioè si deve riferire ad una data o ad un intervallo di tempo precisi, devo sapere esattamente come raggiungerlo, con quali mezzi e metodi e tutto deve essere finalizzato al raggiungimento di tale traguardo. Deve poi essere realizzabile, cioè non deve essere impossibile da raggiungere, l´atleta deve rendersi conto delle attuali capacità prestative e di quanto queste possano essere migliorate al fine del successo. Deve essere stimolante; ovvero deve motivare e impegnare a fondo l´atleta nello sfruttare al massimo quanto ha costruito in anni di attività. Pianificazione e Periodizzazione Inoltre l´obiettivo finale può essere suddiviso in tappe parziali, che saranno un tavolo di prova per verificare l´efficacia del lavoro svolto e, in caso di eccessivo scostamento dal valore previsto, un´occasione per riflettere e correggere gli errori commessi3. c. Una volta individuato l´obiettivo e quindi avere ben chiaro quando devo raggiungere il massimo livello prestativo passo alla stesura del piano di allenamento. Innanzitutto dovrò dividere la stagione in alcuni periodi fondamentali, durante i quali svolgerò diversi tipi di allenamento, sia riguardo ad intensità e durata che per quanto riguarda i mezzi e metodi. Secondo Matveiev (1978) si possono individuare un primo periodo di preparazione, seguito dal periodo di gara, ed infine il periodo di transizione, cioè di recupero e rigenerazione. Questi tre periodi possono essere a loro volta divisi e/o coincidere con: macrocicli della durata di alcuni mesi mesocicli comprendono alcune settimane, di solito un mese circa microcicli solitamente si riferiscono a pochi giorni massimo una settimana Sarà bene tenere conto che la più piccola unità di lavoro, ma non per questo meno importante, è la singola SEDUTA DI ALLENAMENTO. Essa dovrà contenere alcune fasi fondamentali: PRERISCALDAMENTO; NUCLEO CENTRALE DEL LAVORO; PREATLETISMO O TECNICA SPECIFICA; MEMORIZZAZIONE DEGLI SCHEMI ESEGUITI; DEFATICAMENTO E STRETCHING; DOCCIA; REINTEGRO IDROSALINO. Come organizzare un piano di lavoro a medio termine IN PROSSIMITA’ DEL PERIODO STAGIONALE DI RIPRESA DOPO LA PAUSA ESTIVA, (EVENTUALE), CHE POI COINCIDE GROSSOMODO CON LA DATA DEL XIII CORSO INTENSIVO DI GAETA, SAREBBE OPPORTUNO REAIZZARE UNA SORTA DI DIARIO, CHE PRESENTI PREVENTIVAMENTE LE DATE ; LE SEDI E GLI ORARI DI OGNI SINGOLA SEDUTA DI ALLENAMENTO. PROPORREMO UN PIANO DI LAVORO VOLTO AL PRIMO MACROCICLO, AD ESEMPIO DA SETTEMBRE A FINE DICEMBRE, CONSIDERANDO QUESTO SEGMENTO PERIODO PREPARATORIO. A SEGUITO DI UNA CORRETTA ED OBIETTIVA PIANIFICAZIONE INDIVIDUALIZZATA, INSERIRE IN OGNI PROGETTO DI SEDUTA, LA DURATA EFFETTIVA E DEI TEMPI DI RECUPERO; L’INTENSITA’ POSSIBILMENTE VARIABILE; IL CARICO DI LAVORO, INSOMMA LA QUANTITA’ E LA QUALITA’. EVIDENTEMENTE NEL PERIODO PREPARATORIO SARA’ LA QUANTITA’ A SORREGGERE IL PIANO, CON RIPRISTINO DELLE ABILITA’ MOTORIE DI TIPO CONDIZIONALE; LA TECNICA SPECIFICA VERRA’ PERFETTAMENTE INTEGRATA SENZA RICERCA SPASMODICA DELLA PERFEZIONE. Come organizzare il piano di lavoro nel PERIODO AGONISTICO Proposta alla Classe di costituire in loco alcuni Gruppi di lavoro, formati da un aspirante Docente Nazionale o Docente Regionale; un aspirante Maestro; un aspirante Istruttore ed un aspirante Allenatore. Essi realizzeranno in maniera breve e semplice una scheda di riferimento al Periodo Agonistico, esclusivamente alla Classi CADETTI; JUNIORES E SENIORES, con esempi nella preparazione al KATA agonistico ed al KUMITE agonistico. Per brevità di elaborazione ipotizziamo questa idea ad un Mesociclo nel Periodo Agonistico: Periodo agonistico lunedì martedì mercoledì giovedì venerdì sabato domenica Periodo agonistico completamento Periodo di Transizione Si tratta, come dice il termine stesso, di Periodo di passaggio; normalmente in questa fase si espletano momenti di “richiamo” sulle necessità atletico/specifiche. Non è neanche sconsigliabile la proposta di lavoro alternativo, magari all’aperto; o con giochi di squadra, o qualsiasi elemento possa rendere piacevole il lavoro stesso, cosiddetto di mantenimento. Naturalmente in tutto questo complesso meccanismo, non verranno mai sottovalutati gli aspetti psicologici e motivazionali, supportandoli al meglio possibile. Il fenomeno del doping Il doping nello sport "Doping" è ormai una parola che da qualche anno è alla ribalta delle cronache sportive. Purtroppo, troppo spesso non si parla più di vittorie, successi, nuovi record stabiliti, bensì di inchieste per doping, squalifiche, raggiri. L'ultimo "scandalo doping", in ordine di tempo, è stato quello scoperto alle Olimpiadi Invernali, svoltesi a Salt Lake City, e che hanno visto la squalifica di ben due atleti dalla gara di sci a favore di atleti italiani. Ma in realtà cos'è questo doping di cui si parla tanto? Vanno sotto il nome generico di doping tutta una serie di preparati chimici che servono per potenziare la prestazione sportiva, per annullare la sensazione di dolore o fatica, per accrescere la massa muscolare. Com'è risaputo, la legge italiana non prevede un regolamento preciso per la gestione di questi preparati; in pratica, chi fa uso di questi preparati non commette reato, quindi non incorre in sanzioni civili né penali, ma soltanto in squalifiche comminate dai comitati sportivi, poiché solo in quel campo hanno commesso una violazione. Tuttavia, anche le federazioni sportive non sono d'accordo né sulle sostanze proibite, né sull'applicazione delle sanzioni. I controlli anti-doping vengono effettuati all'inizio delle gare, tramite il prelievo di 2 campioni di urine; i primi controlli vengono effettuato su un primo campione e, se risultano positivi, vengono confermati dalle analisi effettuate sul secondo campione. Non sempre però le sostanze dopanti vengono riconosciute, poiché spesso sono talmente simili a quelle prodotte dall'organismo che i controlli non riescono a "stanarle" e poi non sempre i metodi per analizzare le urine in cerca di sostanze dopanti sono adeguati alle sottigliezze e ai sistemi che vengono escogitati per sfuggire ai controlli. Il doping nello Sport Va anche detto, e non è un'affermazione secondaria, che le sostanze dopanti sono spesso nocive per la salute. A fronte di risultati nello sport e nel proprio aspetto fisico, gli sportivi devono fare i conti con effetti collaterali non molto "secondari". Gli stimolanti, per esempio, agiscono sulla stanchezza e sulla sensazione di dolore, permettendo così allo sportivo di andare ben oltre i propri limiti. Gli stimolanti però, in caso di abuso, possono portare ad uno scompenso cardiaco, dovuto principalmente all'aumento di battiti e di pressione e possono provocare dipendenza. Anche gli analgesici servono per alleviare il dolore che potrebbe inficiare la prestazione sportiva dopo un incidente o un trauma (per esempio ciò che accade ai calciatori quando hanno problemi ai legamenti o alle ginocchia). Queste sostanze sono sicuramente pericolose, perché danno assuefazione. Molto conosciuti sono gli anabolizzanti, che grande successo e fama hanno avuto soprattutto durante gli anni '80, quando era di moda il body building, l'apparenza fisica e la dimostrazione del corpo statuario. Gli anabolizzanti, infatti, vengono utilizzati per accrescere la massa muscolare; sono ormoni maschili naturali che inducono cambiamenti durante la pubertà dei giovani maschi. Gli anabolizzanti artificiali, invece, portano all'esasperazione questi cambiamenti e provocano, a lungo andare, tumori al fegato, danni al sistema cardiocircolatorio, impotenza e sterilità. Altre due categorie meno conosciute sono quelle dei diuretici e degli ormoni peptidici; i primi sono utilizzati in quelle discipline in cui il peso è fondamentale, poiché permettono allo sportivo di calare di peso, grazie all'eliminazione dei liquidi; i secondi, invece, incidono sulla prestazione sportiva vera e propria in quanto stimolano la produzione di altre sostanze preposte all'ossigenazione dei tessuti e al controllo di emozioni e stress. I primi possono provocare danni alla circolazione e ai reni, i secondi possono incidere negativamente su tutto il corpo, in quanto bloccano la produzione naturale delle sostanze naturali. A nome dei vertici della Federazione Educativa Sportiva Italiana Karate, mi sento in dovere di dissuadere chiunque voglia fare uso di sostanze dopanti, non soltanto perché è cosa eticamente assurda; non soltanto per i grandi rischi connessi, ma sopra tutto ,visti gli alti contenuti educativi che la Disciplina del Karate promuove sin dalla propria creazione, tali sostanze nulla hanno a che fare con i processi di evoluzione lenta , metodica e capillare, tipici delle Arti Marziali. RINGRAZIANDOVI PER LA CORTESE ATTENZIONE, PERMETTETEMI DI AUGURARVI I MASSIMI SUCCESSI, SIA NEL RUOLO DI ATLETI/E, CHE NEL RUOLO DI INSEGNANTI TECNICI DELLA Federazione Educativa Sportiva Italiana Karate. Francesco Romano Bonizi C.F. Presidente della Commissione Tecnica Nazionale e mail [email protected] Sito www.fesik.org