Gian Maria Varanini
Crisi e sviluppo: la peste del
1348
12 novembre 2012
Parlare della peste del 1348, oggi
• Perché è un tema storiograficamente attraente?
• La cultura attuale, la malattia, l’epidemia, la paura del
contagio….
• Un po’ di storiografia
• Per molti anni, un “oggetto” trascurato dalla storiografia
• Il rinnovamento di cinquant’anni fa: la storia della cultura
e della mentalità
• “Il senso della morte e l’amore per la vita nel
Rinascimento” di Alberto Tenenti;
• Lo studio dei “Trionfi della morte” e delle danze
macabre: l’esempio di Pinzolo
Parlare della peste del 1348, oggi
• Nel 1977, a un colloquio sulla peste nera a Binghamton
(Usa) su 33 interventi
• 15 dedicati a temi artistici o letterari,
• 3 all’atteggiamento verso la peste di predicatori o simili
• 7 ad aspetti sociali o socio-culturali (pogrom antiebraici,
confraternite)
• 4 a problemi di demografia storica
• 1 a problemi di cultura medica
• 1 a problemi di economia
• 1 a problemi di regolamentazione sanitaria
Parlare della peste del 1348, oggi
• Negli anni Sessanta, discussione sulla “crisi del Trecento”, molto
intensa, nel quadro di interessi storici marcatamente attenti alla
dimensione “economico-sociale”
• Poi, la sensibilità è cambiata
• Nella storiografia attuale, molta attenzione alle testimonianze
soggettive, alle cronache, alla percezione…
• La peste nera: dati di una realtà ed elementi di una interpretazione,
Atti del XXX convegno storico internazionale, Todi 10-13 ottobre
1993 (Spoleto 1994)
• Una buona sintesi: K. Bergoldt, La peste nera e la fine del
medioevo, Piemme, Casale Monferrato 2002, I ed. 1997)
Parlare della peste del 1348, oggi
• Parallelismo tra la peste del 1348 e le guerre mondiali
del Novecento (durante le quali muore “soltanto” il 5%
della popolazione, contro il 33% morta nella pandemia
del 1347-1350)
• Consapevolezza diffusa che “il 1348, anno della peste
nera, rappresenta l’anno del concepimento dell’uomo
dell’età moderna” (E. Friedell, Storia della civiltà dell’età
moderna, 1932)
• Viene usato per periodizzare (recentemente, anche nelle
partizioni dell’insegnamento della storia nelle scuole
della repubblica italiana)
Parlare della peste del 1348, oggi
• Un po’ di bibliografia recente, prima di cominciare
• J.N. Biraben, Les hommes et la peste en France et dans
les pays européens et méditerranéens, Paris-Le Havre
1975-76
• P. Ziegler, The Black Death, London 1972
• J. Delumeau, La paura in Occidente (secoli XIV-XVIII).
La città assediata, Torino 1979.
• A. Haverkamp (hrsg.), Zur Geschichte der Juden im
Deutschland des späten Mittelalters und der fr. Neuzeit,
Stuttgart 1981
• K.G. Zinn, Kanonen und Pest. Über die Ursprünge der
Neuzeit im 14. und 15 Jahrhundert, Opladen 1989
La popolazione europea nel basso medioevo: stagnazione
nella prima metà del Trecento
I meccanismi della crisi
• La peste non fu la causa e il principio del calo della
popolazione europea
• Crisi di sussistenza già prima del 1348
• 1293-95: mortalità per carestia in Inghilterra
• 1315-18: carestia in Europa settentrionale
• 1321-22: idem, mortalità attorno al 10%
• La sovrappopolazione relativa genera stagnazione già
per il mezzo secolo precedente la peste
L’impatto della peste sulle città: l’Italia
• In generale: da 80 a 55 milioni di persone
• L’impatto sull’Italia è il più grave
• L’alto tasso di urbanizzazione dell’Italia: oltre 150 città di 5000 e più
abitanti …
• [… cos’è città? La “soglia demografica”]
• di cui 72 sopra i 10.000 abitanti
•
11 sopra i 40.000
• e le 5-6 città più grandi d’Europa eccezion fatta per Parigi (Venezia,
Milano, Genova, Firenze, Bologna, Napoli)
• Decine di queste città perdono la metà degli abitanti, o i due terzi
L’impatto della peste sulle città: l’Italia
• In alcuni casi il calo è progressivo e continua nei decenni
successivi (Firenze da 100-120.000 a 37.000 a inizi
Quattrocento)
• L’intera Toscana da 1.000.000 del 1340 a 425.000 del
primo Quattrocento (anche per motivi politici: Firenze
conquista e “deprime” Pisa, Pistoia, Arezzo, S.
Gimignano…)
• Firenze ritorna agli abitanti pre-peste nel Settecento
(Venezia a inizi Cinquecento)
L’impatto della peste sulle città: l’Europa
• La peste arriva più tardi, dura più a lungo (1349-1350),
complessivamente incide di meno
• Nel Brabante e in Olanda le città continuano a crescere
• (nell’anno 1400, tasso di urbanizzazione al 35%, simile
alla Toscana)
• In area tedesca esistevano solo 5-6 città (la più grande è
Colonia, 30.000 abitanti nel 1400).
• L’economia urbana non soffre molto nel lungo periodo
• Wüstungen (abbandoni di villaggio) attribuiti alla peste
L’impatto della peste sulle città: l’Europa
• Francia: impatto grave delle pesti successive a quella
del 1348
• Avignone: morti metà degli abitanti
• Normandia: calo del 53% fra 1314 e 1380
• Parigi: perdita di abitanti di circa un terzo (nel secolo
successivo al 1348)
• Isole britanniche: da 5 milioni ante 1348 a 3 milioni (e a
,2,3 milioni nel corso del Quattrocento)
Dopo il 1348
• La crisi demografica ha effetti su prezzi e salari
• I prezzi dei cereali calano
• I salari crescono per la concorrenza tra gli imprenditori
che si contendono i pochi lavoratori
• (In questo senso l’alleggerimento della pressione
demografica rappresenta una imprevista possibilità di
prosperità per i sopravvissuti)
Mortalità in alcune città italiane durante l’epidemia di peste
del 1630-1631
• città
Bergamo
Bologna
Brescia
Cremona
Mantova
Milano
Padova
Parma
Verona
Venezia
popolazione
25.000
62.000
24.000
37.000
32.000
130.000
32.000
30.000
54.000
140.000
morti
10.000
15.000
11.000
17.000
25.000
65.000
18.000
15.000
31.100
46.000
La “peste nera”: la parola e la realtà
Il termine “peste nera” è oggi comunemente accettato per
distinguere l’epidemia del 1348 dalle altre
- l’origine è forse nella colorazione cianotica che assume il
corpo dell’infermo nella forma polmonare, o nelle
emorragie cutanee tipiche dell’evoluzione setticemica, o
nelle croste che compaiono nelle zone di cancrena
attorno alle punture delle pulci
- Secondo alcuni la definizione viene applicata post
eventum per esprimere l’idea di lutto
Cenni di fisiopatologia della peste. Le risultanze attuali della ricerca
scientifica
• Yersinia o Pasteurella pestis, bacillo scoperto nel 1894
• Agente patogeno che si annida in piccoli roditori, infettati
da altri roditori già infetti attraverso la pulce dei ratti
(Xenopsylla Cheopis Roth): trasmissione “omologa”
• Se la pulce colpisce il rattus norvegicus (topo delle
chiaviche), la malattia resta endemica. Se colpisce il
rattus rattus, l’agente patogeno arriva più vicino ai luoghi
di insediamento umano (case, magazzini, cantine, stive
delle navi). La pulce del ratto ha potere patogeno anche
sull’uomo
Cenni di fisiopatologia della peste
• La trasmissione “eterologa” dal ratto all’uomo genera la malattia, e
la pulce dell’uomo (pulex irritans) la trasmette da uomo a uomo,
accrescendo la mortalità (in funzione della concentrazione di uomini
e della contiguità fisica tra gli uomini, della temperatura [se è bassa,
il contagio rallenta perché le pulci, che sopravvivono anche 30 giorni
in stato di non-simbiosi con animali ospiti, al di sotto di una certa
temperatura sono meno mobili])
• Infezione contratta per via cutanea (morso della pulce): peste
bubbonica. Da 1 a 6 giorni dopo il morso, necrosi della zona
circostante, rigonfiamento dei linfonodi. Poi, o lento miglioramento o
cedimento delle difese del sistema linfatico e arrivo del bacillo nel
circolo sanguigno. Setticemia e morte.
Cenni di fisiopatologia della peste
• I bacilli ostruiscono i vasi capillari e causano emorragie
ed edemi nel tessuto, ecc.
• Se non si instaura l’infezione setticemica, restano
bubboni vari del sistema linfatico, vertigini, allucinazioni,
e può seguire coma e morte.
• Se viene interessato il tessuto polmonare, è possibile il
coinvolgimento dei polmoni e il contagio si può
trasmettere attraverso la cavità rinofaringea con estrema
facilità (come il raffreddore): “peste polmonare” a
incubazione brevissima
Cenni di fisiopatologia della peste
• In ogni caso le cognizioni scientifiche di XIX e XX secolo vanno
applicate con prudenza alle epidemie trecentesche (il bacillo può
essersi modificato: interesse, al riguardo delle ricerche relative alle
riesumazioni di cadaveri trecenteschi)
• La diffusione del rattus norvegicus nel Seicento e la relativa minor
diffusione del rattus rattus facilita il contenimento della peste
• Ma non è ancora chiarita del tutto la modalità di diffusione: perché
sono state assenti le epidemie nel terzo mondo?
• Ancora dopo la seconda guerra mondiale piccole epidemie di peste
sono state fronteggiate negli Stati Uniti
La cultura medica del Trecento di fronte all’epidemia
• In Italia i medici non sono sollecitati alla riflessione, allo
studio e alla ricerca
• In Spagna: Jacme d’Agremont (Università di Lerida),
Epistola (24 aprile 1348) su richiesta del comune locale
• In Francia: Consilium de pestilentia (o Compendium de
epidimia) redatta collettivamente della facoltà di
Medicina di Parigi, su invito di Filippo VI
• In Italia: Giovanni da S. Sofia, Modus preservandi atque
tuendi corpora a peste quantum medico est possibile
La cultura medica del Trecento di fronte all’epidemia
• Guy de Chauliac, Chirurgia, II, scritto nel 1363: durante
l’epidemia del 1348 i medici “poco o nulla facevano…
quasi tutti i malati infatti morivano”.
• Francesco Petrarca, Familiari: “consulta gli storici:
tacciono; interroga i fisici: stupiscono; chiedi ai filosofi:
alzano le spalle, corrugano la fronte e col dito sulle
labbra impongono il silenzio”
La cultura medica del Trecento di fronte all’epidemia
• Gentile da Foligno, Tractatus de pestilentia et causis
eius et remediis (1348)
• - difficoltà della cultura medica di collocare la peste nella
fisiopatologia umorale di tradizione ippocratico-galenica
• - si confonde la peste con le “febbri pestilenziali”
La cultura medica del Trecento di fronte all’epidemia
• Nelle descrizioni tutti gli osservatori constatano
• - incubazione brevissima
• - morbilità elevata
• - grande contagiosità
• - alto livello di letalità
Talora confermano le testimonianze dei cronisti che
parlano di incidenza selettiva in relazione all’età e al
sesso
Giovanni da Parma: “morivano più i giovani dei vecchi, più
le ragazze giovani, più le donne degli uomini”
La cultura medica del Trecento di fronte all’epidemia
• Si cerca di far rientrare la peste negli schemi della
dottrina umorale, correlando la maggiore o minore
incidenza dell’esito infausto al temperamento individuale
(complessione calda e umida delle donne)
• Secondo alcuni, influiscono le abitudini alimentari, i
comportamenti sessuali o lo stile di vita
• Non ha rilevanza il ceto sociale, anche se qualcuno
sottolinea la maggior vulnerabilità dei poveri…
• …anche se oggi si mette in dubbio la connessione tra
indebolimento organico determinato da
sottoalimentazione e tasso di mortalità per peste
La cultura medica del Trecento di fronte all’epidemia
• Non si bada alla stagionalità, che invece sembra
accertata
• Non si bada ai risvolti psicologici e alle reazioni emotive,
molto presenti ai cronisti
• Si ha percezione dell’importanza dell’evitare gli
assembramenti umani e il contatto coi malati
• L’osservazione dei sintomi è abbastanza attenta:
• - polimorfismo dei sintomi (bubbone o apostema
[inguine, ascelle, collo, orecchie] ma con difficoltà nel
distinguerli da ascessi, foruncoli, antrace; vomito
sanguigno; dolori al fianco o al petto; tosse e affanno)
La cultura medica del Trecento di fronte all’epidemia
• Ma non si arriva a elaborare concettualizzazioni che forniscano al
medico criteri clinici abbastanza unitari e precisi, come invece si era
fatto per la lebbra
• Del resto nel Trecento (e anche dopo) il compito della medicina è
prevalentemente prognostico: corretta previsione dell’esito di un
caso morboso individuale
• I medici non riprendono il ‘sentimento’ popolare che legava la
diffusione della peste alla vendetta divina per le colpe dell’umanita,
ma non sono alieni da rinvii al soprannaturale (Dio come causa
remotissima, spiegazioni di tipo astrologico)
• Teoria miasmatica e intuizioni contagionistiche
• Teoria ottica (l’infezione può essere trasmessa con lo sguardo)
• Naturalmente nessun sospetto sui ratti e sui vettori animali
La cultura medica del Trecento di fronte all’epidemia
• Un’eccezione c’era stata: Salimbene de Adam nel 1285, appena
prima che scoppi una pestilenza, osserva:
“tutto il mese di marzo 1285 fu pieno di pulci e c’erano in tale
abbondanza pulci da ogni parte durante quel mese intero, che
anche in piena estate sarebbero state veramente troppe”
° Un contraccolpo positivo: potenziamento nel 1348 della pratica della
dissezione anatomica espressamente finalizzata ad individuare le
cause della mortalità (anche se non era possibile che emergessero
risposte utili)
° Il comune di Firenze fa eseguire autopsie e poi chiede al papa
un’indulgenza da “dare a’ medici che separarono più corpi per
potere più chiaramente conoscere le malattie de’ corpi”
° [il tema della concezione del corpo…]: cfr. Le Goff, Il corpo nel
medioevo
La cultura medica del Trecento di fronte all’epidemia
• L’approccio migliora nel corso del Trecento, in occasione
delle pestilenze successive
• Nel 1363 Guy de Chauliac distingue la forma bubbonica
da quella polmonare
• Nel 1382, Raimondo Chalmel de Vivario, De peste libri
tres
• Fine Quattrocento, Alessandro Benedetti: De
observatione in pestilentia
Politiche sanitarie di fronte alla peste del 1348
• La debolezza delle fonti “pubbliche”: perché?
• Il rischio di applicare i ‘nostri’ schemi alla concezione di
“stato” e di “bene comune” del passato
• L’idea che lo stato debba occuparsi della salute (e
dell’istruzione) è moderna, e ingannevole
• “Contro un nemico invisibile”: la creazione di una
“politica sanitaria” nella Toscana del Cinque-Seicento
• Prima: nessuna prevenzione (ovviamente), nessuna
“ordinaria amministrazione”, nessuna “politica di
sistema” (cioè nessuna politica)
• Il ruolo della chiesa e dei privati, la munificenza del
principe
Politiche sanitarie di fronte alla peste del 1348
• Nello specifico del 1347-50:
• - il ‘fattore sorpresa’ e i cordoni sanitari stabiliti tra il
settembre 1347 (peste a Messina e Catania) e l’arrivo
del contagio nell’Italia centrosettentrionale tirrenica
• I provvedimenti pistoiesi (fine aprile 1348)
• a) proibiti i rapporti con Pisa e Lucca appestate
• b) proibito il commercio dei panni usati
• c) regolamentazione delle sepolture
• d) Proibizione degli assembramenti
[vaga cognizione dell’idea di contagio inter-umano; idea di
isolamento]
Politiche sanitarie di fronte alla peste del 1348
• Lombardia (luglio 1348-agosto 1350)
- proibita la mobilità tra le due sponde del lago Maggiore
- Ma:
- Processioni religiose con conseguenti assembramenti
(Firenze)
- Rispetto dello status sociale di cavalieri, giuristi, e medici
in occasione di funerali (eccezione per i “milites de
corredo” alle regole sui funerali)
Politiche sanitarie di fronte alla peste del 1348
• Rallentamento ma non soppressione dell’attività politica e
amministrativa (abbassamento del numero legale dei consigli,
provvedimenti contro i funzionari assenteisti, divieto ai notai e ai
medici “tam fisice quam cirologie salariati et non salariati” di uscire
dalla città)
• Continuità di altre attività (funzionamento delle Università, vita
diplomatica intercittadina)
• Non distinguibilità di provvedimenti genericamente ecologicoambientali da quelli specifici per la peste. A Pistoia 2 maggio 1348 i
provvedimenti sulla “corruptio aeris” sono relativi alla macellazione
delle carni e alla concia delle pelli. A Firenze, la rimozione delle
putredines (resti organici) lasciati dai venditori di pesce e carne è
motivata dalla volontà di evitare la corruptio aeris, ma anche da
quella di “aptare ornare etr decorare forum novum”
Politiche sanitarie di fronte alla peste del 1348
• Aspetti medico-sanitari, di psicologia sociale, di spirito pubblico nei
provvedimenti sui funerali
• - raccolta dei cadaveri in più punti della città, trasporto celere e privo
di formalità a spese del comune, squadre di becchini di quartiere
con coinvolgimento degli ecclesiastici, fosse comuni, allargamenti di
cimiteri
• A Venezia i due cimiteri “nuovi” in due isole lontane sono per i morti
degli ospedali e per i poveri (S. Marco Boccalama, S. Leonardo
Fossamala)
• Limitazione della partecipazione ai funerali, proibizione oltre il terzo
grado; divieto di abito scuro, anzi “obbligo di removere merorem et
inducere plenum gaudium atque festum”
• In successive pestilenze: lontane dalla città le capanne degli
appestati, perché i cittadini non sentano i lamenti
(Foucault e la “segregazione” del male; la paura sociale….)
I cambiamenti di mentalità
• La fortuna dei temi del macabro nell’arte europea dopo
la metà del Trecento: il tema dei tre vivi e dei tre morti, la
danza macabra, il trionfo della morte, le raffigurazioni dei
transi (corpi in decomposizione): memento mori
• Tutto questo con molta intensità in Europa, con minore
intensità in Italia
• La fortuna dei temi della morte nella letteratura: generi
letterari come la consolatio, l’elogio funebre, l’ars
moriendi
• Secondo molti storici (M.Meiss, Painting in Florence and
Siena after the Black Death) è la peste che influisce sulla
diffusione di questi temi
I cambiamenti di mentalità
• Trionfo della morte: la morte come grande livellatrice che
mette sullo stesso piano poveri e ricchi, laici e
ecclesiastici (papa compreso)
• il ciclo degli affreschi del Camposanto di Pisa, per lungo
tempo considerato l’esempio della pittura di crisi:
comprende oltre al “Trionfo della morte” vero e proprio
anche un giudizio universale (con raffigurazione
“ordinata” dell’inferno, con i supplizi ben compartimentati
[peccati capitali]) e una Tebaide (anacoreti)
• … ma è anteriore al 1340, forse 1335, e non può essere
motivato dall’angoscia indotta dalla peste (come,
sembra, il ciclo nella chiesa domenicana di Bolzano)
I cambiamenti di mentalità
• La peste non ha ripercussioni specifiche sull’arte
figurativa
• L’esperienza della morte era comunque troppo comune
in precedenza, per carestie o altro
• La “rimozione della morte” tipica della nostra società era
comunque impossibile
• La speranza di vita alla nascita era molto bassa, la
mortalità infantile altissima
• Inoltre i temi profani non sono frequenti nella cultura
figurativa medievale
• Anche nel 400 le scene di peste in pittura sono rare
I cambiamenti di mentalità
• L’incontro dei tre vivi e dei tre morti è un tema letterario
già presente nella letteratura francese del 200
• La danza macabra: rappresentazione nella quale la
morte, ballando (spesso è un’orchestra di morti che
suona per il ballo), chiama a se il papa, l’imperatore, il
re, il dottore, l’erudito, il giurista, il chierico… tutte le
categorie sociali
• anche in forma dialogata o con cartigli esplicativi
• ha comunque il suo momento magico nel 400, quando
compare nei manoscritti o nelle xilografie popolari
I cambiamenti di mentalità
• Il papa “ero considerato santo. Quando ero in vita non temevo
nessuno. Muoio con infamia. Invano mi oppongo alla morte”
• L’imperatore “con le vittorie ho rafforzato l’impero. Con la morte
sono vinto, non sono né imperatore né uomo”
• Il canonico “nel coro della chiesa cantavo le lodi che amavo. Che
differenza tra quel suono e il sibilo della morte”
• Il medico “ho salvato molte persone, giovani, mature e anziane. Ora
chi salva me? La morte mi promette il contrario”
• Il neonato. “O cara mamma, un uomo nero mi trascina via da te.
Devo ballare quando non ho ancora imparato a camminare”
I cambiamenti di mentalità
• Il soggettivismo di Petrarca (lettera ad se ipsum)
• “Richiamo alla mente i tanti cari amici perduti e i loro
affettuosi colloqui, e l’improvviso svanire dei loro dolci
volti, e i cimiteri che ormai non bastano alle continue
sepolture… Questi lutti geme il popolo d’Italia che per
tante morti vien meno; questi piange la Gallia stremata e
priva di abitanti (….) Quest’anno pestifero incombe sul
genere umano, e minaccia luttuosa strage, e l’aria
densissima favorisce la morte (…) Trepido mentre così
medito, lo confesso; e sento l’insidia della morte ormai
vicina. Né mare né terra né oscure grotte di monti mi
mostrano dove potrei nascondermi fuggendo…”
Scarica

Peste e società 12 nov (vnd.ms-powerpoint, it, 1291 KB, 11/12/12)