Reticolo zonato ( Zone plate)
La trattazione di questo interessante dispositivo si basa sul principio di
Huyghens e ne fornisce un’efficace conferma. Si consideri un’onda sferica che si origina da O con ampiezza
costante in tutte le direzioni.
Calcoliamo il campo in Q come
risultante delle onde emesse dagli
elementi di una superficie sferica S di
raggio r con centro in O.
Suddividiamo la sfera in zone ( zone
di Fresnel) con un sistema di
cerchi A1 A1, A2 A2, A3 A3, con asse OQ; scegliamo i cerchi in modo che
q = AQ, q1= A1Q, q2= A2Q, q3= A3Q crescano in progressione aritmetica
con ragione /2 e cioè: q1= q + /2, q2= q1+ /2 = q +, q3= q +
3/2,…Le sorgenti elementari costituite da ciascuna zona mandano in Q
onde in opposizione di fase che si elidono se le ampiezze sono eguali.
Dal principio di Huyghens si sa che l’ampiezza dell’onda elementare è
proporzionale all’area della stessa sorgente: quindi l’effetto in Q dipende
dalle aree delle varie sorgenti.
Si dimostra ora con un semplice calcolo geometrico che l’area di
ciascuna zona di Fresnel è la semisomma di quelle adiacenti per cui le
aree delle zone successive crescono secondo una progressione aritmetica
2

r

(con ragione
). Ne consegue che i diametri A1 A1, A2 A2, A3
rq 2
A3 crescono come le radici quadrate dei numeri interi: le zone si fanno
via via più fitte. Ad es. con r = q = 1 m,  = 500 nm si ha: A1 A1= 1 mm,
A2 A2= 1.41 mm, A3 A3 = 1.73 mm, A4 A4 = 2 mm,.. Trascuriamo il fatto
che nel passaggio da una zona alla successiva varia l’angolo dei raggi
AiQ con le rispettive normali e quindi l’ampiezza dell’onda elementare
emessa da Q, per cui l’effetto in Q di ciascuna zona è annullato da quello
delle due mezze zone adiacenti. (perché le onde sono in opp. di fase)
Ora variamo il raggio del diaframma D: Quando il diaframma lascia
libera solo una parte della calotta centrale gli effetti delle onde sono
concordi e l’ampiezza in Q cresce finché è scoperta l’intera calotta:
l’illuminamento tocca un max e poi prende a decrescere quando si inizia
a scoprire la seconda zona; raggiunge un minimo quando tutta la
seconda zona è scoperta e così via: vi è un andamento oscillante
smorzato dell’illuminamento. Quando tutta la superficie d’onda è
scoperta, in Q si ha circa lo stesso illuminamento che si ha quando è
scoperta la metà interna della calotta centrale. Infatti se a1,a2,a3,.. sono le
ampiezze prodotte dalle zone la risultante è: a = a1- a2+ a3 – a4+ a5- …=
a1/2 + (a1/2- a2 + a3/2) + (a3/2- a4+ a5/2) + …ma le espressioni tra
parentesi si annullano e a = a1/2. Questo non è il max dell’illuminamento
che si può avere in Q. Se il diaframma lascia libera l’intera zona centrale
l’illuminamento in Q è 4 volte quello dell’intera onda libera. Se poi si
interpone uno schermo come quello in fig. si
ottiene un forte aumento dell’illuminamento. In
effetti tale schermo (reticolo zonato di Soret o
zone plate) lascia libere solo le zone che
inviano in Q onde in concordanza di fase e
blocca le altre. Tale schermo agisce in effetti
come una lente concentrando il flusso luminoso
verso il punto Q immagine di O. L’effetto
dipende in modo forte da  e dalla posizione del punto Q: per punti
vicini l’effetto invece che di concentrazione può essere di diminuzione
dell’illuminamento. In effetti se l’intero fronte d’onda fosse libero le
differenze tra punti sono quasi nulle. Se invece l’effetto di schermo
prodotto dal diframma è grande restano libere poche zone di Fresnel, gli
effetti diffrattivi e di interferenza sono vistosi e si ha concentrazione in
alcune zone e rarefazione in altre. Per il principio di Babinet lo stesso
effetto si ha con uno schermo opaco: se esso copre molte zone di
Fresnel in Q si ha buio; se invece esso copre una o poche zone di
Fresnel si può avere illuminamento e addirittura un massimo di luce.
Le piastre zonate trovano applicazione nell’ottica dell’estremo
ultravioletto e dei raggi X soffici per costruire microlenti.
In queste regioni spettrali a causa del forte assorbimento dei materiali
ordinari (vetro, quarzo, MgF2 ecc.) non è possibile costruire lenti.
Ottica adattiva
Questa nuova tecnica nell’ottica è stata sviluppata inizialmente per scopi
militari ma successivamente è stata applicata all’astronomia e
attualmente le applicazioni si stanno espandendo.
Si tratta di deformare una superficie ottica in modo che le aberrazioni del
fronte d’onda siano compensate dall’ottica. L’esempio più significativo è
quello astronomico. Si osservi una stella con un telescopio, supposto
costituito da uno specchio parabolico (oppure da una lente perfetta).
Essendo la sorgente all’ il
fronte d’onda che incide sul
telescopio
è
piano
e
l’immagine
praticamente
puntiforme: la sua grandezza
è limitata dalla diffrazione.
Si è visto che tale limite per
telescopi di grande apertura è
molto piccolo.
La luce tuttavia passa attraverso l’aria dell’atmosfera (per un telescopio a
terra e non nello spazio). A causa delle turbolenze dovute a moti
convettivi dell’aria vi è una deformazione più o meno importante del
fronte d’onda: l’immagine viene allargata e/o a causa della variazione
temporale della turbolenza anche spostata (balla!). Possiamo pensare di
dividere la sezione del fronte d’onda in diverse porzioni più piccole e per
ciascuna di esse assimilare il fronte d’onda ancora con un piano ma
inclinato di d rispetto al piano perpendicolare all’asse. Se ora il
corrispondente elemento dello specchio si potesse inclinare di d/2 le
varie sezioni inviano ora le immagini tutte insieme e la correzione per la
turbolenza è realizzata.
Per realizzare un sistema
di ottica adattiva ho
quindi bisogno di due
sistemi: uno di misura del
fronte d’onda perturbato;
due di uno specchio
deformabile.
Il primo dispositivo si realizza ad es. con il sensore indicato: ShackHartmann. Si ha un array bidimensionale di lenti (spesso sono
microlenti): ciascuna forma l’immagine della porzione di fascio piano
campionato su un sensore a matrice es. CCD.
Se il fascio incidente è piano sul CCD ho una griglia regolare di punti
luminosi; se vi è deformazione del fascio nel fuoco della corrispondente
lente ho uno spostamento dr = f d: (lo spostamento è proporzionale al
gradiente del fronte d’onda ma per integrazione posso ricavare la forma
esatta dell’intero fronte). Ora i segnali delle singole celle mi servono per
pilotare le corrispondenti celle dello specchio deformabile. Esistono
diverse varietà di specchi deformabili. Ad es. specchi costituiti da una
sottile membrana che può essere spostata mediante o trasduttori
piezoelettrici oppure anche per attrazione elettrostatica da sottostanti
elettrodi.
Nella pratica in un telescopio la
deformazione non si realizza direttamente sullo specchio primario (troppo
grosso e pesante) ma su un’ottica
aggiuntiva ad es. uno specchio piano di
rimando del fascio. Per la correzione
delle turbolenze dell’aria è necessario
però
effettuare
le
deformazioni con una velocità
paragonabile a quella delle
fluttuazioni
dell’indice
di
rifrazione dell’aria (ordine di 1/10
– 1/100 s); per cui lo specchio a
membrana deve possedere una
piccola inerzia.
Esistono molte altre applicazioni dell’ottica adattiva alcune in evoluzione
come ad es. la possibilità di correggere dinamicamente i difetti di visione
dell’occhio dovuti alle aberrazioni del cristallino. In questo caso il
dispositivo preferibile anziché uno specchio deformabile è una cella a
cristalli liquidi in cui si fa variare localmente con un campo elettrico
l’indice di rifrazione e quindi lo spessore ottico.
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Lez.14 OA Ing