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Polinomi di Zernike - 1
Un’altra possibile espansione in forma polinomiale della funzione di fronte d’onda, per sistemi
ottici con pupilla circolare, è quella definita dai polinomi di Zernike. Questi sono polinomi
ortogonali ed esprimibili come il prodotto di una parte radiale e una parte angolare.
Ogni funzione di base di Zernike è il prodotto di due altre funzioni, una che dipende solo dal
raggio e l’altra che dipende solo dal meridiano. Questo schema base, costituito dal prodotto fra un
polinomio e un’armonica, si ripete per tutte le funzioni di Zernike.
 n  1anm    2 cos( f  ) se j pari e m  0

Z j   n  1anm    2 sin( f  ) se j dispari e m  0

0
n

1
a
n    se m=0

Dove la parte radiale è data da
anf    
 1  n  s !
 n2 f

n  f   n  f  
s 0
s!
s !
s !
s
(n f ) / 2


2


2


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Polinomi di Zernike - 2
Possiamo descrivere matematicamente l’aberrazione di un telescopio come somma pesata
delle funzioni di base di Zernike. Questa rappresentazione è chiamata espansione di Zernike
dell’aberrazione del fronte d’onda. Il peso che deve essere applicato ad ogni polinomio nel
calcolo della somma è chiamato coefficiente di aberrazione. Ciascun coefficiente di aberrazione è
un numero, di solito espresso in micron, o tal volta espresso in unità di lunghezza d’onda della
luce. I coefficienti di aberrazione dell’espansione di Zernike sono analoghi ai coefficienti di
Fourier dell’espansione di Fourier, che sono a loro volta analoghi allo spettro di energia di una
sorgente luminosa. Quindi è comune parlare dello spettro di Fourier di un’onda e, allo stesso
modo, possiamo parlare dello spettro di Zernike del sistema ottico del telescopio
W   ,  


n  ordine f  frequenza
anf Z nf
 sin 
W   ,    a Z 
   n  2 f  
n 0 f 0
 cos 
anf coefficiente di aberrazione (peso)
k
n
f
n
f
n
Z nf funzione base di Zernike (fronte d'onda)
k è il grado della funzione
sin per n-2m>0 e cos per n-2m<=0
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Polinomi di Zernike - 3
Uno degli aspetti più interessanti dell’insieme dei polinomi di Zernike è che essi sono
reciprocamente ortogonali, ciò significa che essi sono matematicamente indipendenti l’uno
dall’altro (base dello spazio vettoriale relativo ad un fronte d’onda sferico).
Un altro aspetto utile è che tutti i polinomi, eccetto il primo, hanno media uguale a zero e sono
calibrati in modo da avere variazioni unitarie. Questo pone tutti i polinomi su una base comune,
in modo che le loro grandezze relative possano essere comparate facilmente.
L’ortogonalità delle funzioni di Zernike permette di calcolare facilmente la varianza totale di un
fronte d’onda, come somma delle varianze dei singoli componenti.
1
Mean 
N
W   ,   0


,
1
Variance 
N
W   ,   Mean 


2
1
,
total wave variance =
 component variance
modi
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Polinomi di Zernike - 4
Polinomi per le principali aberrazioni del fronte d’onda
ABERRAZIONE
COEFFICIENTE DI
FRONTE D’ONDA
VALORE
COEFFICIENTE
FORMA FUNZIONALE
pistone
Z0
1
1
tilt in x-direction
Z1
4
ρcosθ
tilt in y-direction
Z2
√4
ρsinθ
defocus
Z3
√3
2ρ2-1
astigmatismo (0°) e
defocus
Z4
√6
ρ2cos(2θ)
astigmatismo (45°)
e defocus
Z5
√6
ρ2sin(2θ)
coma 3° ordine
lungo l’asse x
Z6
√8
(3ρ3-2ρ)cosθ
coma 3° ordine
lungo l’asse y
Z7
√8
(3ρ3-2ρ)sinθ
Sferica 3° ordine
Z8
√5
(6ρ4-6ρ2+1)
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Polinomi di Zernike - 5
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Polinomi di Zernike - 6
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Polinomi di Zernike - 7
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Polinomi di Zernike - 8
Proviamo a simulare le aberrazioni di Zernike in
Matlab…
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Modellazione ottica di un telescopio
A questo punto la domanda sorge spontanea: ora che sappiamo come progettare otticamente un
telescopio e come calcolare analiticamente le aberrazioni, come facciamo a modellare le ottiche
in modo da minimizzare il contributo delle aberrazioni nel telescopio?
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Ray Tracing - 1
Per la progettazione di un sistema ottico si fa uso di strumenti software denominati programmi di
ray tracing (tracciamento dei raggi).
Il ray tracing è un procedimento basato, da un punto di vista teorico, sulle proprietà dell’ottica
geometrica: la propagazione della luce in un mezzo omogeneo e la legge della rifrazione e
riflessione di Snell, che a sua volta discende dal noto Principio di Fermat: in un sistema ottico il
percorso seguito da un raggio luminoso tra due punti qualsiasi nello spazio è quello che ha il
tempo di percorrenza minore.
Il ray tracing è un metodo di rendering ottico basato sulla modellazione di dispositivi ottici in
base all’analisi dei fasci luminosi che li percorrono.
Questo metodo traccia dei raggi di luce da una sorgente fino al piano immagine. I raggi vengono
testati in modo da determinare e ottimizzare le loro intersezioni con gli stop inseriti nel modello.
Nel ray tracing un raggio di luce viene tracciato lungo la direzione scelta per il percorso ottico da
una sorgente al piano immagine. Esso è rivelato sottoforma di un pixel dell’immagine finale. Il
pixel sarà quindi rivelato in termini di immagine policromatica del fascio incidente.
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Alcune definizioni - 2
In un sistema ottico (OS) esistono delle limitazioni fisiche al numero di raggi che lo possono
attraversare. Ciò che delimita i raggi passanti si chiama stop di apertura. Esso dunque controlla la
luminosità dell’immagine.
Nel piano focale invece si trova lo stop di campo: un diaframma che delimita la regione del piano
focale capace di accogliere i raggi. Esso dunque limita la dimensione dell’oggetto visto (FOV).
Dallo stop di apertura di un sistema si risale a:
Pupilla di entrata: immagine dello stop di apertura prodotta dalla parte di OS che lo precede.
Pupilla di uscita: immagine dello stop di apertura prodotta dalla parte di OS che lo segue.
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Alcune definizioni - 3
La posizione e dimensioni degli stop e pupille è importante perché condiziona la correzione delle
aberrazioni e la qualità dell’immagine. Ridurre il diametro del fascio di raggi soddisfa meglio la
condizione parassiale, ma ovviamente riduce la luminosità dell’oggetto (la brillanza del
telescopio). Inoltre lo stop evita l’effetto del vignetting. In un telescopio l’obiettivo è la pupilla di
entrata mentre quella di uscita è la sua immagine prodotta sul rivelatore.
Molto importante è il raggio passante per il centro dello stop di apertura (chief ray). Tutti gli altri
raggi convergono laddove il chief ray forma l’oggetto se e solo se l’OS è privo di aberrazioni.
Il cono dei raggi che giunge al centro dell’immagine si definisce come l’F/#.
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Figure di merito
La figura di merito è lo strumento analitico con cui verificare la “bontà” di un sistema ottico.
Infatti il passo successivo alla definizione dei parametri ottici dell’OS è decidere quando
“accettare” una soluzione come “la migliore” in termini di qualità dell’immagine (che spesso è
frutto di un compromesso tra requirements scientifici e costruttivi dell’OS).
In un generico strumento di ray tracing, le principali figure di merito (MF) utilizzate sono:
Point Spread function (PSF)
Spot Diagram (SD)
Encircled Energy (EE)
Modulation Transfer Function (MTF)
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Point Spread Function - 1
Nel caso di aperture circolari (specchi di telescopi) la distribuzione d’intensità luminosa segue
quello che viene definito come il profilo di Airy (Airy pattern): una serie di anelli concentrici
sempre meno luminosi (dovuti al fenomeno già visto della diffrazione). Questo profilo è un
esempio di ciò che viene chiamata PSF: la distribuzione d’intensità luminosa sul piano
immagine.
La PSF di un OS è la distribuzione di irraggiamento sul piano immagine che scaturisce da una
sorgente (esempio: un telescopio che forma l’immagine di una stella). Sebbene la sorgente sia
puntiforme, la sua immagine non lo è (diffrazione+seeing+aberrazioni).
Q punto sul fronte d’onda W
P punto sul piano immagine
Ɛ ostruzione
D diametro pupilla
Q
ρ
s
r
θ
ɛ
0   1
   1
P
ψ
W
D
pupilla d’uscita
z
R
piano immagine
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Point Spread Function - 2
La PSF, nel caso comune di un telescopio con primario di diametro D e con ostruzione ɛ
(secondario in configurazione cassegrain), si può formalizzare genericamente come:
2
Ove J1 è la funzione di Bessel di
I  r , 
2
J
v
J

v



1
1 
2 1
PSF  r ,  


 ordine 1, mentre ν è una variabile
2 
2
I0
v

v
 adimensionale che vale:
1    
v
 2 1   rD  r
 
2 D
r   
      D  
 R
R f   f  f
 
Ove dal raggio lineare r siamo passati al raggio angolare α (che rappresenta l’angolo dell’oggetto
2
in cielo) e introdotto un angolo adimensionale ω.
 2J v 
Se l’ostruzione non c’è si ottiene allora la PSF come:
PSF  r ,    1


v

Il primo minimo di questa funzione si

ha per 1  1.22 da cui:
1  1.22
D
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Point Spread Function - 3
a lunghezze d’onda inferiori e a parità di prestazioni, la PSF è più sensibile alle aberrazioni, che
prevalgono sulla distribuzione di luminosità diffrattiva.
λ = 2mm, FOV = 0.7°, ɛ = 0.2
λ = 0.1mm, FOV = 0.7°, ɛ = 0.2
λ = 2mm, FOV = 0.7°, ɛ = 0.5
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Point Spread Function - 4
Già sappiamo cos’è una variazione di fronte d’onda ΔW, o variazione di cammino ottico OPD.
Esiste un criterio qualitativo per stabilire il limite della massima tolleranza accettabile di OPD
(criterio di Rayleigh): uno strumento ottico non si discosta molto dalle prestazioni ideali, se la
variazione di cammino ottico di un fronte d’onda non supera ¼ della lunghezza d’onda.
Nelle condizioni di Rayleigh, in condizioni di pura diffrazione senza aberrazioni e senza
ostruzione, l’84% dell’energia cade dentro il primo minimo (disco di Airy).
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Point Spread Function - 5
Quando le distorsioni del fronte d’onda sono locali (è il caso ad esempio di zone di M1 deformate
a causa di gradienti termici/gravitazionali) si preferisce usare il valore R.M.S. (Root Mean
Square):
OPDrms 
 OPD
2
n
ove il numeratore sotto radice rappresenta le differenze “locali” tra il fronte d’onda locale e
quello ideale (detto il best fit).
Un altro criterio per valutare il fronte d’onda si basa sul criterio di Marechal: Definiamo
rapporto di Strehl S come il rapporto tra il picco della PSF reale o aberrata e quella al limite di
diffrazione:
MAX
PSFreale
S
MAX
PSFdiffr
Il criterio prevede che S non debba essere inferiore all’80% dell’energia totale della PSF, che
corrisponde alla condizione:
OPDrms   /14
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Spot Diagram
La distribuzione geometrica dei raggi sul piano immagine prende il nome di spot diagram.
Una griglia di raggi uniforme passante per la pupilla d’entrata, si presenta sul piano immagine
con diversa forma, dipendente dalle aberrazioni dominanti.
Qui sono raffigurati 3 spot diagram relativi ad un telescopio Schmidt-cassegrain di pupilla 50cm,
F/#=4 e per λ=550nm, rispettivamente pari ad un FOV di 0°, 0.7° e 1°, in cui fuori asse si notano
coma ed astigmatismo. La dimensione RMS dello spot viene confrontata con la dimensione del
disco di Airy per verificare che le aberrazioni non dominino sul disco di diffrazione.
In pratica la dimensione dello spot nel diagramma fornisce informazioni sulla distribuzione
dell’energia, mentre la sua forma indica quali sono le eventuali aberrazioni dominanti sul FOV.
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Encircled Energy
Per quantificare l’energia raccolta sul piano immagine è utile l’Encircled Energy o EE. Essa è la
frazione (percentuale) di energia totale contenuta in un cerchio di raggio r centrato intorno al
chief ray.
Ovviamente la max frazione di energia non può
2 r0
1
superare quella dovuta alla diffrazione
EE  r0  
I0
  I  r,  drd
0 0
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Modulation Transfer Function - 1
Una caratteristica fondamentale per gli OS è di poter “contrastare” efficientemente gli oggetti. Un
oggetto possiamo immaginarlo scomposto in infiniti componenti di Fourier, cioè di chiaro-scuri a
frequenza spaziale crescente. Basandosi su quest’approccio, nel 1946 il francese P.M. Duffieux
ha introdotto una funzione complessa per descrivere la risposta in frequenze spaziali di un OS: la
Optical Transfer function (OTF):
 
2 i  ux  vy 
OTF  u, v  
  PSF  x, y  e
 
dxdy
 
  PSF  x, y  dxdy
 
Ove x,y sono coordinate spaziali cui sono associate le frequenze u,v. Dunque la OTF è la
trasformata normalizzata della PSF, dipendente dalla scelta del piano immagine. Il modulo della
OTF è ciò che si chiama la Modulation Transfer Function (MTF), e rappresenta la degradazione
del contrasto al variare delle frequenze. Nel caso unidimensionale si ha dunque:
2
2



MTF  OTFre  u   OTFim  u  

 

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Modulation Transfer Function - 2
Allo scopo di verificare la capacità di contrasto di un OS, (esempio semplice: la messa a fuoco
degli obiettivi di una camera fotografica), si utilizza come oggetto un disegno detto test chart: in
questo modo si riesce a capire qual è il potere risolutivo del sistema in termini di max frequenza
spaziale distinguibile in righe o linee per mm [l/mm]. Oltre un certo valore le righe B/N si
confonderanno in un’unica tonalità di grigio. In genere il contrasto si ritiene accettabile per valori
della MTF > 5%.
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Modulation Transfer Function - 3
Per conoscere il limite max della MTF (dovuto alla sola diffrazione) riprendiamo l’equazione del
2
minimo della PSF già vista:
 2 J  v   Il primo minimo di questa funzione si
PSF  r ,    1
 ha per   1.22 da cui: r1  1.22 F / 
v
1


Sviluppando la MTF per questa PSF, si ottiene una funzione decrescente, il cui massimo si
ottiene in corrispondenza della frequenza:
umax 
La curva superiore è il limite
diffrattivo, cui corrisponde una
frequenza max di circa 339 l/mm
1
F / 
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Sintesi del ray tracing
Nota la specifica di prestazione dell’OS (ad es. 80% EE in 2 pixel), si innesca un processo
iterativo, partendo dalla scelta della funzione di merito (fra quelle già viste). Si tratta in sintesi di
minimizzare la funzione di merito normalizzata, che possiamo quindi schematicamente definire
2
come:
wi  ci  ai  Ove con w si indica il generico
i
MF 2  i
peso, ci è il valore calcolato della
wi
MF scelta, confrontato con il
i
valore ai atteso (definito dalle
specifiche).


PSF: distribuzione di irraggiamento (intensità luminosa)
sul piano immagine che scaturisce da una sorgente;
SD: distribuzione geometrica dei raggi sul piano
immagine ;
EE: frazione (percentuale) di energia totale contenuta in
un cerchio di raggio r centrato intorno al chief ray;
MTF: degradazione del contrasto al variare delle
frequenze (modulo della OTF, espansione infinita di
chiaro-scuri dell’immagine nel dominio di Fourier);
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Software di ray tracing: Zemax
Zemax è uno dei SW di ray tracing più comuni. Consiste in un ambiente integrato in cui è
possibile modellare un OS sottoforma di lenti o specchi disposti lungo un cammino ottico, per
analizzare la qualità dell’immagine proiettata da una sorgente e ottimizzarne quindi le
caratteristiche costruttive. Si compone di una tabella in cui ogni riga è un elemento ottico e le cui
colonne ne costituiscono i parametri progettuali e costruttivi. Si parte sempre da una sorgente
(OBJ) per arrivare all’immagine (IMA), attraverso una sequenza di stop e breaks che si
inseriscono nell’OS. E’ poi possibile graficare le varie funzioni di merito analizzate, per valutarne
le prestazioni complessive. Consente quindi di eseguire il processo iterativo menzionato. Ci deve
sempre essere almeno uno stop nel cammino ottico (pupilla o obiettivo dell’OS).
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Modello di una lente in Zemax - 1
Partiamo dal caso più semplice: un OS composto da una singola lente. Vogliamo progettare ed
ottimizzare una lente singola F/4 composta dal materiale vetro N-BK7.
Le specifiche di progetto sono le seguenti:
• f = 100mm
• FOV (radius) = 5deg
• λ centrale = 632.8nm
• spessore centrale (CT) = 2mm < CT < 12mm
• spessore minimo (ET) = ET > 2mm
• La lente deve essere ottimizzata in termini di minima spot size RMS, mediata sul FOV alla
lunghezza d’onda centrale
• la sorgente è posta all’infinito
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Modello di una lente in Zemax - 2
Le principali colonne sono:
• Surf: Type: il tipo di superficie (cliccando sulla colonna si può selezionarne il tipo)
• Comment: campo opzionale in cui specificare un commento
• Radius: raggio di curvatura (con segno invertito) espresso in unità di lente
• Thickness: spessore in unità di lente dal vertice della superficie corrente al vertice della
superficie successiva
• Glass: il tipo di materiale (vetro, aria etc..) della superficie
• Semi-diameter: il semi-diametro (raggio) della superficie in unità di lente
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Modello di una lente in Zemax - 3
La prima cosa da fare è stabilire quale deve essere l’unità di misura da usare nel seguito (unità di
lente). Inoltre il primo parametro da settare è sempre l’apertura dell’OS. Esso definisce la
dimensione del beam (fascio) che Zemax traccerà attraverso l’OS, oltre a definire i coseni
direttori iniziali dei raggi dalla sorgente (OBJ). L’apertura può essere definita in vari modi:
• EPD: Entrance Pupil Diameter
(diametro della pupilla visto nello spazio)
• Image Space: F/#
• etc…
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Modello di una lente in Zemax - 4
L’EPD si può facilmente ricavare dalle specifiche di progetto:
F / 
f
 4  EPD  100 / 4  25mm
EPD
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Modello di una lente in Zemax - 5
Definiamo ora il campo di vista FOV: si sceglie Angle (Deg) che è l’angolo che il chief ray forma
con l’asse ottico Z. Date le specifiche, ci creiamo i due FOV minimi ed uno intermedio, in modo
da valutare la qualità dell’immagine finale nelle zone d’interesse (dipende dal progetto).
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Modello di una lente in Zemax - 6
Definiamo ora la banda di lunghezza d’onda di nostro interesse: nel nostro caso la lente è
puramente monocromatica (una sola λ) riferentesi ad una sorgente laser di Elio-Neon (He-Ne) a
0.6328μm. In generale lo si può fare manualmente o selezionando un tipo pre-impostato nel
programma:
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Modello di una lente in Zemax - 7
Ora dobbiamo inserire le superfici del nostro OS e dargli un nome (commento intuitivo)
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Modello di una lente in Zemax - 8
Possiamo quindi iniziare a definire i parametri della lente, in base alle specifiche di progetto:
Il tipo di vetro si può editare direttamente (Zemax lo riconosce) o cercare dal menu Tools.
Circa lo spessore, dai vincoli progettuali,
possiamo iniziare a sceglierne uno (sarà poi
ottimizzato nel corso della procedura). Un valore
di 4mm per una lente di apertura di 25mm.
Il raggio di curvatura e lo spessore tra il vertice
della lente e l’immagine non devono essere
predeterminati,
poiché
saranno
variabili
dell’ottimizzazione.
Per ora lasciamo il raggio dello STOP a infinito e cambiamo il thickness del retro-lente pari alla
nostra focale (100mm). Notare come varia il raggio dell’immagine in base ai parametri inseriti.
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Modello di una lente in Zemax - 9
Una volta definiti dei parametri, vi sono 2 possibili metodi di ottimizzarne i valori:
1. Rendere questi parametri variabili e aggiungere manualmente ulteriori vincoli nell’editor
della funzione di merito;
2. Usare speciali funzioni di risoluzione embedded nel programma per forzare i valori dei
parametri, eliminandone alcuni ritenuti non necessari (migliore!!!)
Tra i diversi metodi di risoluzione disponibili, uno importante è definire l’F/# per mantenere la
desiderata lunghezza focale. Per implementare un metodo si clicca con il destro sulla casella di
riferimento e si seleziona il tipo di metodo.
Si aggiusta il raggio di curvatura automaticamente
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Modello di una lente in Zemax - 10
A questo punto siamo pronti per valutare la qualità dell’OS. In Zemax si possono usare diversi
metodi:
Layout: mostra la sezione in YZ attraverso la
lente. Fornisce una visione d’insieme sempre utile
dell’OS nei FOV scelti (3 nel nostro caso)
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Modello di una lente in Zemax - 11
Spot Diagram: indica l’immagine. In assenza di
aberrazioni si avrà sempre un oggetto perfetto,
per ogni FOV e rispetto al chief ray.
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Modello di una lente in Zemax - 12
OPD Fan: plot della differenza di cammino ottico
come funzione delle coordinate della pupilla. In
assenza di aberrazioni si avrà un fronte d’onda
perfettamente sferico nella pupilla d’uscita.
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Modello di una lente in Zemax - 13
Ray Fan: plot delle aberrazioni come funzione
delle coordinate della pupilla. Un certo raggio del
fronte d’onda ha un punto d’intersezione in un
punto a distanza non nulla dal chief ray. Di
nuovo, in assenza di aberrazioni qualunque raggio
dovrebbe incrociare la pupilla nell’origine.
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Modello di una lente in Zemax - 14
Dalla valutazione dei 4 plot visti, è ovvio che la lente ha un certo numero di aberrazioni,
includenti sferica, coma, distorsione, defocus, curvatura di campo e astigmatismo. Un altro plot
utile è in questo senso quello relativo alla curvatura di campo e distorsione.
Uno degli errori commessi finora è stata la scelta casuale del fuoco. Sicuramente molte delle
aberrazioni sono in parte dovute al fatto che il piano immagine non è ancora al suo best focus!
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