Immanuel Kant (1724 - 1804) Il criticismo kantiano • La Critica della Ragion Pura • La Critica della Ragion Pratica • La Critica del Giudizio La Critica della Ragion Pura 1781 - 1787² La Critica della Ragion Pura • • • • • • • Sensibilità, Intelletto, Ragione Spazio e Tempo Le categorie dell’intelletto L’io penso Fenomeno e Noumeno Le idee trascendentali L’illusione della Ragione Paralogismi, antinomie e altri errori logici. Sensibilità, Intelletto, Ragione Tre questioni sono alla base della riflessione kantiana in relazione al problema della conoscenza: 1. 2. 3. Quali sono le forme pure a priori? Come possono funzionare? Qual è il livello della realtà a cui la conoscenza può giungere? Nella Critica della Ragion Pura, Kant si occupa di questi problemi, distinguendo innanzitutto tre facoltà che caratterizzano i vari livelli conoscitivi: La Sensibilità (con cui riceviamo i dati dell’esperienza); L’Intelletto (con cui organizziamo tali dati); La Ragione (con cui tentiamo di guardare al di là del mondo dell’esperienza). ESTETICA TRASCENDENTALE riguarda riguarda il senso le forme a priori della sensibilità che sono spazio tempo ANALITICA TRASCENDENTALE Logica Trascendentale riguarda riguarda l'intelletto le forme a priori dell'intelletto che sono le 12 categorie DIALETTICA TRASCENDENTALE Logica Trascendentale riguarda studia la ragione le idee della ragione che sono anima mondo Dio Spazio e Tempo Il punto di partenza della conoscenza è la sensazione, cioè la modificazione che un oggetto produce sulla nostra capacità di sentire. Le sensazioni ci forniscono incessantemente una molteplicità di dati, che vengono connessi mediante le forme pure a priori della sensibilità: gli uni accanto agli altri nello spazio (contiguità) e gli uni dopo gli altri nel tempo (successione). Lo spazio e il tempo ordinano, dunque, il materiale percepito con i cinque sensi. In che modo? Lo spazio rappresenta gli oggetti all’esterno, il tempo li dispone all’interno del soggetto, nel flusso della vita interiore. Una precisazione importante... Rispetto alla concezione che di spazio e tempo aveva Newton, Kant ne riconosce, come lo scienziato inglese, il carattere originario, ma nega il loro carattere oggettivo. Spazio e tempo non sono esistenti per sé, ma sono funzioni soggettive con cui ordiniamo i dati forniti dalle sensazioni. Secondo Kant spazio e tempo non possono essere pensati altrimenti che come intuizioni pure a priori Non sono nozioni generali che vengano astratte dalle sensazioni (Empirismo): poiché la percezione di spazi e tempi, o di oggetti collocati in spazi e tempi determinati, presuppone le intuizioni pure di spazio e tempo. …in quanto condizioni di ogni percezione sensibile Ma spazio e tempo non sono neppure (Razionalismo) concetti universali (discorsivi) contenenti cioè le cose sotto di sé. Ma sono rappresentazioni che contengono tutto in sé, perché nello spazio e nel tempo tutte le parti sono date simultaneamente. Le cose, nella percezione sensibile, sono, per così dire, immerse nello spazio e nel tempo, non poste sotto, sussunte allo spazio e al tempo. Le categorie dell’intelletto Nella sensibilità gli oggetti sono dati, ma non sono pensati. Se ci fermassimo alla sensibilità non avremmo conoscenza, perché in essa ci limitiamo a ordinare (contiguità e successione) i dati forniti dalle sensazioni. La conoscenza ci è fornita solo dall’intelletto. Ma l’intelletto non può fare a meno della sensibilità. “...nessuna di queste due facoltà è da anteporre all’altra. Senza sensibilità nessun oggetto ci sarebbe dato e senza intelletto nessun oggetto verrebbe pensato. I pensieri senza contenuto sono vuoti, le intuizioni senza concetto sono cieche”. La conoscenza è sintesi di intuizioni e concetti. Per spiegare quale sia l’attività dell’intelletto e come sia strutturata, Kant opera una distinzione tra: • Giudizio percettivo Il giudizio percettivo deriva da una constatazione con cui connettiamo ciò che abbiamo percepito. Esempio: Il Sole sorge, la pietra diventa calda • Giudizio d’esperienza Il giudizio d’esperienza ha una validità oggettiva: vale sempre e per tutti gli uomini. Esempio: Il Sole è la causa del riscaldamento della pietra Che cosa ha determinato il passaggio da un giudizio percettivo a un giudizio d’esperienza ? “…alcuni speciali concetti, che hanno la loro origine totalmente a priori nell’intelletto puro, e ai quali ogni percezione può prima essere subordinata, e così poi, per mezzo di essi, essere convertito in esperienza”. Questi speciali concetti sono: le 12 categorie La tavola delle categorie Quantità Unità Pluralità Totalità Qualità Relazione Modalità Realtà Inerenza e sostanzialità Possibilità / impossibilità Negazione Causalità e dipendenza Esistenza / Non esistenza Limitazione Comunanza e reciprocità d’azione Necessità / Contingenza Un’altra precisazione importante... Tra le categorie di relazione compaiono le categorie di sostanza e causa, che Hume aveva criticato. Kant ritiene di avere superato la critica radicale di Hume facendo della causa una delle dodici funzioni con cui l’intelletto organizza, connette ed unifica il materiale dell’esperienza già intuìto e disposto nelle due dimensioni spazio-temporali. Ed ancora... Alla base di ogni giudizio scientifico, alla base della spiegazione causale di un dato tipo di fenomeni, c’è, implicito, un giudizio sintetico a priori del tipo: ogni evento ha la sua causa un giudizio che è a priori e che costituisce uno dei modi fondamentali di pensare e connettere qualsiasi tipo di esperienza. L’io penso Una volta elaborata la tavola delle categorie, Kant si pone un problema di fondo: Come è possibile giustificarne la validità? In altre parole, con quale diritto si usino elementi soggettivi per determinare contenuti oggettivi della conoscenza. Secondo Kant, ogni cosa per essere conosciuta da me deve conformarsi ai miei modi di conoscere le cose. (Rivoluzione Copernicana) L’oggetto della conoscenza deve ruotare attorno al soggetto, che gli dà forma, lo ordina nello spazio e nel tempo e lo unifica mediante i concetti puri dell’intelletto. Ma perché la risposta sia completa, è necessario far intervenire un altro personaggio: l’io penso che ha il compito di unificare il molteplice e così dare luogo all’esperienza conoscitiva. io penso = Fonte della sintesi conoscitiva In virtù dell’Io penso le molteplici rappresentazioni che ci sono date nell’intuizione sensibile e i concetti costruiti dall’intelletto sono ricondotti a unità e fondati scientificamente. È grazie all’Io penso che possiamo ricondurre ad unità e attribuire a un soggetto tutto il processo conoscitivo che altrimenti sarebbe frammentato nelle varie rappresentazioni. L’io penso deve poter accompagnare tutte le mie rappresentazioni; ché altrimenti verrebbe rappresentato in me qualcosa che non potrebbe essere per nulla pensato, il che poi significa appunto che la rappresentazione o sarebbe impossibile, o, almeno per me, non sarebbe. Ed ancora… Tutte le mie rappresentazioni in una qualsiasi intuizione data debbono sottostare a quella condizione per cui soltanto io posso attribuirle all’identico Me stesso, come mie rappresentazioni, e perciò posso comprenderle come unite insieme sinteticamente in un’appercezione nell’espressione generale: Io penso. APPERCEZIONE TRASCENDENTALE è UNITÂ SINTETICA è L’IO PENSO RAPPRESENTAZIONE è ORIGINARIA DELL’APPERCEZIONE è accompagna PRINCIPIO DI OGNI SINTESI CONOSCITIVA tutte le nostre rappresentazioni che si svolge mediante FORME PURE A PRIORI FORME PURE A PRIORI di sensibilità intelletto quantità sono spazio sono tempo 12 categorie qualità relazione unificano ordinano modalità il molteplice dato in la materia sensibile molteplice Da Newton a Kant È attraverso la funzione attribuita all’io penso che Kant traduce, per dir così, in termini filosofici, la fisica newtoniana. L’io penso rappresenta, infatti, il legislatore della natura. Di conseguenza, per poter pensare la Natura è indispensabile che essa sottostia alle regole del soggetto. Fenomeno e Noumeno Il termine fenomeno significa “ciò che appare”. E fenomeni sono per Kant tutti gli oggetti della realtà, che si danno a noi non immediatamente, ma solo attraverso le forme a priori della sensibilità (o intuizioni) – ossia lo spazio e il tempo – e dell’intelletto. Noi dunque abbiamo voluto dire che ogni nostra intuizione non è se non la rappresentazione di un fenomeno; che le cose, che noi intuiamo, non sono in se stesse quello per cui noi le intuiamo, né i loro rapporti sono cosiffatti come ci appaiono, e che, se sopprimessimo il nostro soggetto, o anche solo la natura soggettiva dei sensi in generale, tutta la natura, tutti i rapporti degli oggetti, Nello spazio e nel tempo, anzi lo spazio e il tempo sparirebbero, e come fenomeni non possono esistere in sé, ma soltanto in noi. Quel che ci possa essere negli oggetti in sé e separati dalla recettività dei nostri sensi ci rimane interamente ignoto. Noi non conosciamo se non il nostro modo di percepirli, che ci è peculiare, e che non è neanche necessario che appartenga a ogni essere, sebbene appartenga a tutti gli uomini. Noi abbiamo da fare soltanto con esso. Spazio e tempo sono le forme pure di esso; la sensazione in generale, la materia. Quella possiamo conoscerla solo a priori, ossia prima di ogni reale percezione, e perciò la chiamiamo intuizione pura; questa invece è nella nostra conoscenza ciò che fa sì che la si dica conoscenza a posteriori, cioè, intuizione empirica. Kant opera una importante distinzione tra la cosa in sé (noumeno) e gli oggetti (la realtà fenomenica) così come essi ci appaiono. La prima è pensabile, ma non conoscibile. Mentre il fenomeno è conoscibile sulla base dell’interazione tra le forme pure a priori della sensibilità e dell’intelletto e attraverso la mediazione dell’io penso. Qual è, allora, la funzione della cosa in sé? La cosa in sé sta lì a segnalare il limite invalicabile della scienza: il residuo oggettivo (fuori e indipendente dall’intelletto) che, mentre limita le pretese conoscitive al campo dell’esperienza, rivela altresì qualcosa di più grande che l’uomo può solo immaginare, ma non possedere dal punto di vista conoscitivo. Le idee trascendentali Per quanto l’intelletto sia attivo ed eserciti una funzione legislatrice nei confronti dei fenomeni, la sua azione è però sempre ristretta all’interno dei confini segnati dall’esperienza possibile. Tuttavia… La ragione non si accontenta di tale orizzonte finito Che cosa sono le idee trascendentali? “Intendo per idea un concetto necessario della ragione, al quale non è dato trovare un oggetto adeguato nei sensi. I nostri concetti puri razionali ora esaminati son dunque idee trascendentali. Essi son concetti della ragion pura; considerano infatti ogni conoscenza sperimentale come determinata da una totalità assoluta di condizioni”. Immanuel Kant, Critica della Ragion Pura, Libro I, Sez. II E dunque… • Tutti i dati del senso interno vengono unificati sotto l’idea di anima, che quindi si configura come la totalità dei dati interiori; • Tutti i dati del senso esterno, vengono unificati sotto l’idea di mondo che equivale alla totalità dei fenomeni esterni; • Tutti i fenomeni esterni e interni, unificati sotto l’idea di Dio, in quanto totalità assoluta. Pensare e Conoscere Kant sottolinea come sia necessario operare una distinzione tra pensare e conoscere. La conoscenza, infatti, richiede due elementi: • innanzitutto l’intuizione sensibile, per cui un oggetto è dato; • in secondo luogo il concetto, in virtù del quale un oggetto è concepito (tramite le categorie dell’intelletto). Se manca uno di questi elementi non si può avere la conoscenza. Viceversa L’attività di pensare si può dare anche in mancanza dell’intuizione sensibile. Una precisazione importante Sarebbe un non senso sperare di conoscere un qualsivoglia oggetto che non appartenga all’esperienza possibile, ma si deve prendere consapevolezza che i confini della nostra conoscenza non sono i confini della possibilità delle cose. Entro questa prospettiva … La metafisica rappresenta lo sforzo della ragione di andare oltre l’esperienza. Essa nasce dal perenne bisogno dell’uomo di dare un significato unitario al mondo e a tutta l’esperienza umana. Essa corrisponde a ciò che possiamo definire come il sogno dell’infinito. Ma… Tale sogno della ragione è destinato a naufragare, rivelandosi una mera illusione carica di contraddizioni e di aporie. L’illusione della Ragione Paralogismi, antinomie e altri errori logici. Il problema dell’anima In accordo con quanto sostenuto dalla psicologia razionale, l’unità della coscienza veniva considerata come qualcosa di sostanziale (una res, un’entità spirituale e immortale). Secondo Kant l’unità della coscienza non è altro che l’unità logico-formale del pensiero (Io penso), intesa come funzione di sintesi conoscitiva. Pretendere di attribuire a tale funzione la categoria di “sostanza” significa utilizzare in modo errato le categorie, applicandole a qualcosa che va al di là dell’esperienza sensibile e a cui non possono essere applicate. Il paralogismo dell’anima • Premessa maggiore: Ciò che non può esser pensato, altrimenti che come soggetto, non esiste, anche, altrimenti che come soggetto, e però è sostanza. • Premessa minore: Ora un essere pensante, considerato semplicemente come tale, non può esser pensato altrimenti che come soggetto. • Conclusione: Dunque, esso esiste anche soltanto come tale, cioè come sostanza. Il problema del mondo Errata è anche la cosmologia razionale (altra branca della Metafisica) che si occupava di descrivere il mondo come la totalità sostanziale e incondizionata di tutte le cose fisiche. Nel cercare di dimostrare l’esistenza di un siffatto “cosmo”, la ragione va incontro a tutta una serie di antinomie (contraddizioni) Le 4 antinomie Prima antinomia Tesi Il mondo nel tempo ha un cominciamento, e inoltre, per lo spazio, è chiuso dentro limiti. Antitesi Il mondo non ha né cominciamento né limiti spaziali, ma è, così rispetto al tempo come rispetto allo spazio, infinito. Le 4 antinomie Seconda antinomia Tesi Ogni sostanza composta nel mondo consta di parti semplici, e non esiste in nessun luogo se non il semplice, o ciò che ne è composto. Antitesi Nessuna cosa composta nel mondo consta di parti semplici; e in esso non esiste, in nessun luogo, niente di semplice. Le 4 antinomie Terza antinomia Tesi La causalità secondo le leggi della natura non è la sola da cui possono esser derivati tutti i fenomeni del mondo. È necessario ammettere per la spiegazione di essi anche una causalità per libertà. Antitesi Non c’è nessuna libertà, ma tutto nel mondo accade unicamente secondo leggi della natura. Le 4 antinomie Quarta antinomia Tesi Nel mondo c’è qualcosa che, o come sua parte o come sua causa, è un essere assolutamente necessario. Antitesi In nessun luogo esiste un essere assolutamente necessario, né nel mondo né fuori del mondo, come sua causa. Il problema di Dio Parimenti illusoria è la teologia razionale che si sforza di dimostrare l’esistenza di Dio. Le tante prove di Dio non reggono alla prova della critica. • Prova ontologica; • Prova cosmologica; • Prova fisico-teologica; La prova ontologica Tale prova prende le mosse dall’affermazione della perfezione di Dio. Ora, un simile attributo (la perfezione, appunto), secondo i sostenitori di tale tesi, dovrebbe implicare anche l’esistenza, in quanto attributo o predicato della perfezione. Dio è perfetto, e in quanto perfetto esiste! Tale definizione finisce con il rivelarsi una mera tautologia, ovvero una definizione che non definisce nulla. Scriveva Kant, concludendo la dimostrazione della fallacia della prova ontologica: “Tutta la fatica e lo studio posto nel tanto famoso argomento ontologico da concetti (cartesiano) dell’esistenza di un Essere supremo sono stati dunque perduti, e un uomo mediante semplici idee potrebbe certo arricchirsi di conoscenze né più né meno di quel che un mercante potrebbe arricchirsi di quattrini se egli, per migliorare la propria condizione, volesse aggiungere alcuni zeri alla sua situazione di cassa”. Immanuel Kant, Critica della Ragion Pura Libro II, Cap. III, Sez. IV La prova cosmologica Seguendo le parole di Kant tale prova può essere enunciata nel modo seguente: Premessa maggiore: Se qualche cosa esiste, deve anche esistere un Essere assolutamente necessario. Premessa minore: Ma io stesso, per lo meno, esisto. Conclusione: Dunque, esiste un Essere assolutamente necessario. La prova cosmologica La premessa minore contiene un’esperienza, la premessa maggiore un’illazione da un’esperienza in generale all’esistenza del necessario. Tale illazione riprende l’argomento secondo cui ogni elemento contingente ha una sua causa e, ripercorrendo a ritroso l’intera catena di effetti e cause si dovrebbe necessariamente (ma proprio questo è ciò che non possiamo dimostrare) che esista una causa originaria, Dio appunto. La prova cosmologica Kant smaschera l’inganno di tale argomentazione rivelando la presenza di tutta una serie di contraddizioni. In primo luogo, tale pseudo-prova, in realtà, ripropone, seppure con termini diversi l’argomentazione ontologica, già in precedenza confutata. Ed inoltre … All’interno di tale argomento si tiene “celato un nido di pretese dialettiche, che la critica trascendentale può facilmente scoprire e distruggere”: 1.Il principio trascendentale di conchiudere dal contingente a una causa: principio che ha un significato solo nel mondo sensibile, ma fuori di questo non ha nessun senso. 2.Il principio di conchiudere dalla impossibilità di una serie infinita di cause date l’una sull’altra nel mondo sensibile a una causa prima, a cui non ci autorizzano i principi dell’uso stesso della ragione nell’esperienza, i quali molto meno possono estendere questo principio al di là di essa (dove questa catena non può certo essere prolungata). 3.La falsa soddisfazione di sé della ragione rispetto al completamento di questa serie […]. 4.Lo scambio della possibilità logica di un concetto di tutte le realtà insieme (senza interna contraddizione) con quella trascendentale, la quale ha bisogno di un principio che renda fattibile una tale sintesi, ma che, d’altra parte, potrebbe concernere solo il campo delle esperienze possibili. La prova fisico-teologica L’ultima critica concerne la cosiddetta prova fisicoteologica che, partendo dalla constatazione circa l’ordine e la bellezza del mondo giunge a concludere che tali elementi (ordine e bellezza) derivino da un Essere sommo ordinatore. Nonostante il fascino posseduto da una simile tesi e il rispetto dovuto ad un’argomentazione così concepita, Kant sottolinea che tale conclusione è logicamente non coerente e dunque fallace. Ed infatti… L’errore consiste nell’attribuire tale capacità ordinatrice ad una causa esterna (Dio), mentre nulla impedisce di sostenere che tale criterio di regolazione possa essere interno al mondo stesso. Ancora una volta siamo al cospetto di un uso scorretto della nozione di causa (Hume). Scriveva Kant: “Il passo per via empirica alla totalità assoluta è assolutamente impossibile. […] La prova fisico-teologica è restata incagliata, e in questo imbarazzo è saltata senz’altro alla prova cosmologica; e poiché questa non è altro che una prova ontologica mascherata, essa ha adempiuto il suo scopo solamente per mezzo della ragion pura, sebbene da principio avesse rinnegato ogni parentela con questa, e costruito tutto su prove luminose desunte dall’esperienza”. Immanuel Kant, Critica della Ragion Pura Libro II, Cap. III, Sez. VI In conclusione Le idee trascendentali (anima, mondo, Dio) sono gli oggetti impossibili della ragione finita. Essi non possono essere conosciuti dall’uomo. Tuttavia … Pur non potendo dimostrare, entro la dimensione gnoseologica, la loro esistenza; pur non potendoli conoscere, essi svolgono una importante funzione regolativa. Ma, per poter svolgere questo compito e per poter comprendere l’importanza di tali idee è necessario abbandonare il territorio impervio della Ragion Pura e addentrarsi in quello della Ragion Pratica. Immanuel Kant (1724 - 1804) FINE