Fratelli di Gesù Libri Profetici Il secondo blocco di libri dell'Antico Testamento è quello dei "libri profetici". Libri Profetici Il profeta (ebraico: nabî, colui che è chiamato a parlare) non vuol dire colui che predice il futuro, ma colui che parla a nome di Dio (e in ciò è certamente compreso anche il futuro). Il profeta è colui che fa risuonare la Parola dal confronto dell'antica Torà o Legge con la situazione presente. Diventare profeta non è una scelta dell'uomo, ma di Dio. Non è l'uomo che si fa profeta, ma è Dio che lo fa. Il profeta è «proprietà» di Dio. Dio chiama sempre il profeta per una missione. Non è detto dunque che il compito profetico duri tutta la vita; è in rapporto alla missione. Il profeta parla a nome di Dio, con la parola (oracolo o dichiarazione breve o solenne, esortazioni, racconto, preghiere, "guai", autobiografia.), ma anche con gesti simbolici. Libri Profetici Il profeta quindi è l'uomo di Dio: animato dal suo Spirito, ha una parola da rivolgere al re o a Israele da parte di JHWH. Egli esprime il giudizio di Dio sul loro agire. Se Israele e il re sono stati infedeli agli impegni dell'alleanza, la parola del profeta rivela il loro peccato e preannunzia il castigo; se invece il popolo ha già scontato la pena, gli annunzia la prossima liberazione. Il Profeta Dio rispetta l'individualità di ciascuno, la sua condizione sociale, come pure le risorse, le debolezze: Isaia è un nobile; Amos un contadino; Geremia è un tipo mansueto e disposto alla dolcezza; Ezechiele è sacerdote, predisposto alle emozioni forti come un visionario. Il profeta è esposto a rischi continui, tanto da potersi teorizzare il principio che è vero profeta colui che va controcorrente, sa dire cose spiacevoli al popolo (cf Ger c. 23) e quindi pagare di persona (cf Ger 26,7-9; 28, 15-17). Il Profeta Il profeta è uno che porta il brivido dell'attualità della Parola, l'oggi del Dio che parla a te. Anche se il profeta parla di audizioni e di visioni ed è illuminato da rivelazioni straordinarie, egli ha però la grazia di leggere la Parola nella vita e la vita nella Parola: nei grandi avvenimenti politici. Il Profeta Il profeta è uomo fra gli uomini, totalmente immerso nella condizione umana. Eppure in lui è presente un mistero che lo supera. Il profeta è "l'uomo della parola di Dio". È anche dello Spirito, ma sempre in funzione della parola, del piano, del giudizio di Dio che deve assolutamente comunicare: "Il Signore Dio ha parlato: chi può non profetare?". Fare il portavoce intelligente, coraggioso, fedele del “Dio che parla al popolo”:ecco l'essenza del profeta biblico, avvenga ciò con il linguaggio delle parole o quello dei fatti. Il profeta diventa lui stesso tutto Parola. Oracoli Vi è dunque nei profeti un lavorio di intelligenza, di discernimento, con un tranquillo trapasso dalla bocca di Dio alla loro bocca. Da Dio provengono generalmente parole di due tipi: c'è la severa analisi della situazione alla luce dell'alleanza (decalogo), da cui proviene inarrestabile il giudizio di Dio (oracoli di minaccia): ma ciò non fa perdere la possibilità di un futuro diverso (oracoli di consolazione), per cui altrettanto forte è l'invito alla conversione. Profeti/Mistici I profeti sono stati definiti mistici costruttori del popolo di Dio: mistici, in quanto hanno un'esperienza profonda di Dio, il senso della sua santità e volontà ne sono in certo modo sequestrati. costruttori, in quanto non si ritirano nel deserto, ma partecipano con acuta solidarietà alle vicende per lo più tristi del popolo, sono uomini della gente e ricevono i tremendi giudizi che devono emettere sul popolo, per cui ne diventano intercessore. elementi costitutivi Sono tre gli elementi costitutivi del libro profetico: oracoli; racconti autobiografici; racconti in terza persona, che narrano fatti della vita del profeta. Morale Biblica I profeti non hanno inventato la morale biblica; essi però l'hanno portata ai vertici più alti (prima di Gesù). Tre le componenti: coscienza acuta del peccato, ossia dall'allontanamento dalla santità di Dio, in particolare con l'idolatria, l'ipocrisia nel culto, l'ingiustizia sociale. Insistente proposizione di una religione del cuore: "cercare Dio" (Ger 50, 4; Am 5, 4). "Uomo, ti è stato insegnato ciò che buono e ciò che il Signore richiede da te: praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio " (Mic 6, 8); Traduzione "politica" della fede nella giustizia e nella protezione dei poveri (Am, Is.) Il castigo non è l'ultima parola di Dio, perché Dio, nonostante tutto, è fedele all'alleanza. Egli è bontà e misericordia, lento all'ira e grande nell'amore. Ordine dei Profeti Nelle nostre Bibbie i libri dei profeti sono ordinati sulla base della loro importanza, per così dire, ed estensione. Perciò abbiamo prima i cosiddetti quattro grandi profeti: Isaia, Geremia (cui fanno seguito il libro delle Lamentazioni, attribuito dalla tradizione a questo profeta, e poi il libro che porta il nome del suo discepolo Baruc), Ezechiele e Daniele (che, però, più che profetico, è un libro apocalittico); poi i dodici cosiddetti "profeti minori": Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia. Amos Amos di Tekòa (vicino a Betlemme), contemporaneo di Osea. Non era profeta di professione, ma sentì la chiamata di Dio dinanzi all'ingiusta situazione regnante in Samaria. "Ero pastore e raccoglievo sicomori" (Am 7, 14): cosi dice di sé Amos. Amos Denuncia le ingiustizie sociali del regno d'Israele in epoca di prosperità economica e di culto sfarzoso. È il profeta della giustizia lesa (cf. Am 5,7-13; 6,1-17). Perciò preannunzia un giorno di JHWH (cf. Am 5,18-20), giorno non di salvezza, ma di punizione per la nazione, colpevole, come le nazioni pagane, di crimini contro l'umanità e la fraternità (cf. Am 2,6-15). Termina con l'annuncio della futura ristrutturazione (Am 9, 11 - 15). Amos L'ideale di Amos è che "zampilli come acqua il giudizio e la giustizia come fonte perenne" (Am 5, 24). Sua speranza è che nel popolo vi sia un "resto" che agisca bene, perché questo sarà garanzia di vita. Dio, per esperienza del profeta, è il Signore dell'universo, colui che chiede ragione a tutte le nazioni e in particolare al suo stesso popolo Israele. Osea Osea, nello stesso regno del nord. È tempo di benessere per Israele, e perciò anche di disuguaglianza, di lusso vizioso e di senso di autosufficienza. È quanto si nota guardando con gli occhi di Osea. denuncia l'infedeltà d'Israele verso il suo "sposo" JHWH, al quale, come una sposa, si era legato con l'alleanza, ma che ha tradito dandosi agli "amanti“( le varie divinità cananee). Osea è anche il profeta che proclama l'amore misericordioso di Dio, che perdona e reintegra nella sua intimità il popolo infedele. Osea Dalla viva forza della sua personale esperienza Osea introdusse nel linguaggio teologico d'Israele alcuni concetti che nessuno si era azzardato a usare prima, concetti di amore, di fidanzamento e di matrimonio nel trattare della relazione divino - umano. Diventerà in seguito un apporto irrinunciabile. Dio è sposo fedele di Israele infedele: è la sintesi del messaggio di Osea. Isaia Isaia è il primo grande profeta del regno di Giuda. La sua predicazione si svolge dal 740 al 700 a.C. Egli è presente in tutti gli aspetti della vita del popolo: quelli politici, come consigliere del re, e quelli religiosi, come denunziatore, al pari di Amos, delle ingiustizie sociali e di un culto senza anima e in stridente contrasto con la vita morale. A tutti propone la fede incrollabile in JHWH, più potente di tutti i nemici e delle potenze ritenute invincibili, come l'Assiria (cf. Is 7,9b; 28,16; 30,15). Isaia Il libro di Isaia riunisce la profezia di almeno tre profeti, tra i secoli VIII e VI a.C., Proto-Isaia (Is 1-39); Deuteroisaia (Is 40-55); Tritoisaia (Is 56-66). Proto-Isaia Il Proto-Isaia è una figura di eccezionale personalità, nato a Gerusalemme nel secolo VII a.C., durante le reggenze di Jotam, Acaz ed Ezechia. È il profeta del messianismo regale, attraverso il quale Dio si fa vicino al suo popolo nei momenti difficili (cf. Is 7-12). Il suo stile è tra i più elevati della poesia ebraica. Il bersaglio della sua critica è la politica dei re e la corsa agli armamenti, la corruzione morale e l'ingiustizia, l'inganno e la frode, la falsità religiosa e l'ipocrisia. Perciò Sion è sotto accusa. Deuteroisaia Il libro del Deuteroisaia, si caratterizza per il suo stile lirico. Invece di annunciare come i profeti, con l'abituale "così dice Jhwh“, egli canta e celebra quello che annuncia, cercando di trasmettere ai suoi destinatari il suo atteggiamento di celebrazione. Il tema dominante nella prima parte è l'uscita da Babilonia (Is 4048); quello della seconda è il ritorno a Gerusalemme (Is 49-55). Lo schema dell'esodo e della marcia verso la patria, attraverso un deserto idealizzato, acquista un'attualità impressionante, come mezzo di espressione di ciò che sta succedendo proprio allora nell'esperienza profonda del profeta e certamente anche di coloro che l'ascoltano. Altro tema amato dal profeta, e in cui si impegna come nessun altro aveva fato, è quello sulla unicità di Dio. Il creatore del mondo e signore della storia è lo stesso Dio che si è manifestato al suo popolo. Tritoisaia Il terzo Isaia deve far fronte a ingiustizie sociali, ricostruire la morale e la fede religiosa, "fasciare quelli dal cuore spezzato" (Is 61,1), opporsi alla sfiducia di coloro che hanno visto frustrata la loro illusione e vanificata la promessa del Seconda Isaia. A momenti ci sembra di ritrovare tutto l'ottimismo del profeta dell'esilio (Is 60-62); a momenti, invece, vi si riflette un umore apocalittico (Is 6365). Michea Michea, 'chi come jhwh', è un contadino, visse nei tempi burrascosi della seconda metà del secolo VIII, è contemporaneo di Isaia. Anch'egli denunziatore deciso e forte delle ingiustizie sociali. Preannunzia la distruzione di Samaria e predice la stessa sorte a Gerusalemme, se la sua popolazione non si convertirà. L'invito è accolto dal re Ezechia, che tenta una riforma religiosa. Michea Nel libro di Michea si osserva questo ritmo: denuncia (Mic 1- 3), promesse (Mic 4 - 5), altre denunce (Mic 6, 1 - 7, 6) altre promesse (Mic 7, 8 - 20). Michea Michea denuncia con forza ogni tipo di piaghe sociali: la cattiveria, la violenza e l'oppressione delle classi dirigenti, la tirannia dei capi, l'avidità dei sacerdoti e dei profeti ufficiali, la venalità dei giudici, l'esosità dei commercianti e dei creditori. Non mancano però oracoli di salvezza (Mic 6, 8). Geremia Geremia visse e svolse le sue attività a cavallo del secolo VII e VI. Carattere mite e, all'inizio della sua missione, giovane inesperto, deve affrontare il momento più difficile e decisivo della storia della nazione giudaica, quello che conduce all'esilio in Babilonia. Conobbe la riforma religiosa di Giosia (622), la caduta di Ninive, capitale degli Assiri (612), la tragica morte di Giosia (609), la vittoria di Nabucodonosor sull'Egitto e il suo dominio sulla Palestina (605), la prima deportazione a Babilonia del popolo di Giuda (597) e la distruzione di Gerusalemme con l'esilio (586). Partecipò in tutto questo periodo di storia in posizione di contrasto con la corrente maggioritaria del suo popolo e alla fine fu condotto in Egitto controvoglia; e lì si perdettero le sue tracce. Geremia Inizia la sua missione nel 626, con il mandato di sradicare e demolire, di edificare e piantare (Ger 1,10). Il suo amico Baruc raccontò la storia delle sue sofferenze (Ger 36-45). Il punto di vista personale sulla sua vita e sulla sua missione lo si trova nelle "confessioni", espressione di lotta con Dio (Ger 11, 18-22; 15, 10-21). Nella prima parte del libro predomina la denuncia contro Israele e Giuda (Ger 1-25); poi è da notare specialmente l'annuncio di speranza per il futuro (Ger 26-35), quindi la biografia già citata e infine oracoli su altri popoli (Ger 46-51). Geremia La nuova esperienza di Geremia è che Dio non conserva rancore, ma è sempre disposto a salvare e convertire l'uomo che non riesce a convertirsi (Ger 31, 18-20). Il profeta, con diverse azioni simboliche, esprime la speranza dei deportati smarriti. Ma forse il tema più eccezionale, nell'annuncio di salvezza di Geremia, è quello della nuova alleanza, quella che Dio scriverà nel cuore degli uomini trasformandoli (Ger 31, 31-34; 32, 37-41). Geremia è il profeta della religiosità interiore e personale, della responsabilità individuale, il padre della preghiera e il messaggero della conversione e della trasformazione della persona Sofonia Sofonia, "jhwh protegge", profetizzò in Gerusalemme nella seconda metà del VII secolo, al tempo di Giosia, forse prima della sua riforma religiosa, contro l'adesione ai culti stranieri. Ripropone temi già noti. In particolare richiama il "giorno di JHWH", di cui aveva parlato Amos, e ne fa un giorno di giudizio e di condanna per tutti i responsabili del peccato d'Israele, ma di speranza per gli umili e gli oppressi (cf. Sof 2,1-3; 3,9-20). Sofonia Il libro composto da tre capitoli, si divide in quattro sezioni: sul giorno del Signore (Sof 1, 2 - 2, 3), contro le nazioni (Sof 2, 4 - 15), denuncia contro Gerusalemme (Sof 3, 1 - 18), promesse (Sof 3, 9 20). È lo schema generale della storia della salvezza. Sofonia accusa il mondo, le nazioni e il suo stesso popolo di orgoglio, di prepotenza e di autosufficienza, come pure di avarizia, di frode e di altri peccati. La sua accusa e la profezia di condanna mirano a portare alla conversione, a un modo d'essere individuale più equilibrato e maturo. La profezia speranzosa di Sofonia poggia su un piccolo gruppo di umili, i "poveri di jhwh", per i quali il profeta preludia il "Beati i poveri" (Mt 5, 3). Naum Naum, "il signore ha consolato", esercitò il ministero profetico in Giuda, negli anni tra il 626 e il 612, anno della caduta di Ninive, la capitale degli Assiri. Naum Il libro di Naum si compone di tre parti: inizia con un salmo (Na 1, 2 - 8), continua con oracoli contro l'Assiria (Na 1, 9 - 2, 3) e termina con un canto in cui celebra la caduta di Ninive (Na 2, 4 - 3, 19). Naum Di Naum vanno ricordati soprattutto gli oracoli contro Ninive, l'orgogliosa capitale dell'Assiria, sconvolta e occupata dall'avanzante potenza babilonese (612 a.C.). Il profeta vede in questo evento il giusto giudizio di Dio su uno dei più feroci oppressori d'Israele. Abacuc Della persona di Abacuc, "abbraccio", non abbiamo notizie. Il profeta non si limita ad aspettare il messaggio, ma si mette a cercarlo, facendo domande a Dio. La sua profezia è dialogo. Abacuc Anche Abacuc vede in Babilonia lo strumento della giustizia di Dio, ma, questa volta, sulle ingiustizie di Giuda e degli oppressori dei poveri (cf. Ab 2,5-20); si salverà soltanto chi è giusto e chi nella fede cerca rifugio in Dio (cf. Ab 2,1-4). Lamentazioni L'esilio babilonese dura dal 587 al 538 a.C. Ai suoi inizi risalgono le Lamentazioni. Le Lamentazioni, impropriamente attribuite a Geremia, sono opera di un autore ignoto, che descrive in termini accorati il lutto della città e degli abitanti di Gerusalemme subito dopo la sua distruzione (cf. Lam 1-4); ma da questi lamenti scaturisce un senso di fiducia incrollabile in Dio e di pentimento profondo dei peccati (cf. Lam 5). Lamentazioni È una collezione di cinque canti funebri sulle rovine del popolo di Giuda e di Gerusalemme, distrutti da babilonia nel 585 a.C Il genere della lamentazione, è quello del canto per i defunti: qui il morto è tutto un popolo e una città, personificati in una vedova e una madre rimaste senza marito e senza figli. Ezechiele Ezechiele è sacerdote e insieme profeta. Deportato in Babilonia con la prima ondata di esiliati, si senti chiamato a fare il profeta ed esercitò il ministero fino all'anno 571, cosciente di essere una "sentinella", con il compito di vigilare su Israele (Ez 3, 1621). inizia nel 593 a.C. a predicare la penitenza, ma al tempo stesso preannunzia l'ulteriore castigo che sta per abbattersi su Gerusalemme (cf. Ez 1-24). La seconda parte del libro raccoglie la predicazione del profeta dopo la distruzione della città e la seconda deportazione (587 a.C.). Oltre a proporre oracoli contro le nazioni pagane (cf. Ez 25-32) - un genere comune a tutti i profeti (si possono vedere Is 13-23; Ger 46-51) -, Ezechiele alimenta la speranza del popolo esiliato (cf. Ez 33-38) e delinea il piano di ricostruzione della futura nazione (cf. Ez 40-48). Ezechiele Lo stile di Ezechiele è fortemente visionario e simbolico, con generi plurimi: oracoli di denuncia e di annuncio, allegorie, proverbi, racconti, favole. L'immagine del popolo del suo tempo si rispecchia bene nel suo libro. Il profeta veglia con un occhio sul popolo in patria e con l'altro su quello in esilio. Con le sue esperienze di traslazioni si fa vedere a volte con gli uni e subito dopo con gli latri. Gli esiliati sembrano riunirsi intorno a lui e chiedergli consiglio. Egli li sprona a prendere conoscenza della propria colpa, ma contemporaneamente ravviva la loro speranza, creando l'immagine del futuro. Ezechiele nel capitolo in cui denuncia è particolarmente severo, paragonando il suo popolo alla sposa infedele (Ez 16, 20, e 23). Ezechiele Tuttavia l'annuncio di salvezza fa vedere che prevale l'immagine del Dio salvatore, il pastore d'Israele. I capitoli di Ez 40 - 48 sono una visione del popolo riorganizzato. Aggeo Aggeo, rimpatriato, è il profeta che incoraggia e sostiene Zorobabele e Giosuè, i responsabili dei giudei rimpatriati, nell'opera di ricostruzione del tempio di Gerusalemme, che viene inaugurato nel 515 a.C., poco più di venti anni dopo il ritorno. Il libro di Aggeo, di due capitoli, nei quali sono riunite quattro profezie, si sviluppa tutto intorno a questa tematica. Zaccaria Zaccaria, "jhwh si ricorda" (l'autore dei cap. 1-8 del libro che porta il suo nome), è certamente un altro rimpatriato, come Aggeo e si batte per gli stessi scopi: la ricostruzione del tempio, la restaurazione delle due istituzioni basilari della nazione, cioè il sacerdozio con Giosuè e la regalità davidica con Zorobabele; questa però non trova accoglienza. Malachia Malachia significa "mio messaggero" e non è il nome ma la qualifica attribuita all'ignoto autore di questo libretto. Come i profeti preesilici, anch'egli denuncia la mediocrità e la pigrizia dei sacerdoti del tempio ricostruito (cf. Ml 1,6-2,9), e annuncia la venuta del "giorno di JHWH" come giorno di giudizio e di condanna per i peccatori e di salvezza per i giusti (cf.Ml 2,17-3,5; 3,13-21). L'era messianica viene ribadita dall'annuncio della venuta dell'angelo dell'alleanza (cf.Ml 3, 1) e di un Elia precursore (cf.Ml 3, 23s), che nella lettura del Nuovo Testamento (cf.Mt 11, 10) prefigura il Battista. Abdia Di Abdia, "servo di jhwh", non abbiamo alcun dato personale ed è difficile collocarlo nel tempo, forse tra la fine dell'esilio e gli inizi del dopoesilio. Il suo libro, di un solo capitolo e 21 versetti , è il più corto dell'Antico Testamento. Contiene una profezia contro Edom che aveva approfittato della rovina di Gerusalemme per invadere la Giudea meridionale e un'altra sulla ristrutturazione d'Israele. Gioele Gioele, "jhwh è Dio", è un profeta senza dati biografici. Il suo libro è di difficile datazione: gli studiosi si orientano in maggioranza per il tempo del dopo-esilio, tra il V e il IV sec. a.C. Il testo si compone di due parti. Nella prima, al disastro provocato da un'invasione di cavallette nel territorio di Giuda, il profeta reagisce invitando a una liturgia di lutto e di supplica (cf. Gl 1-2). Nella seconda parte, con stile apocalittico, il profeta annunzia il grande giudizio di Dio, con il quale si aprono i tempi escatologici, i tempi della restaurazione paradisiaca (cf. Gl 34). Giona Per la brevità del suo scritto, Giona è stato inserito tra i cosiddetti ''profeti minori''; ma, più che della effettiva messa per iscritto della predicazione di un profeta, come avviene per Isaia, Geremia e per tutti gli altri profeti minori, si tratta di una sorta di "racconto esemplare“. Secondo l'interpretazione più comune il nome Giona significa ''colomba''. capitolo 1 Nel capitolo 1 la Parola del Signore è rivolta a Giona, figlio di Amittai, e gli viene comandato di andare a predicare a Ninive, la Grande Città. Giona evidentemente non è un cuor di leone, perché invece fugge a Tarsis via nave; di questa localizzazione si dirà più sotto. Ma la nave è investita da un fortunale e rischia di essere colata a picco dalla violenza dalle onde. Giona allora ritrova improvvisamente il proprio coraggio e svela ai compagni di viaggio che la colpa dell'ira divina è sua, poiché ha rifiutato di obbedire a JHWH; perché la nave sia salva, egli deve essere gettato in mare. capitolo 2 E così, ecco nel capitolo 2 l'episodio che ha ispirato generazioni di scrittori ed artisti. Giona è gettato in mare, ma un "grande pesce" (da nessuna parte è precisato che si tratti di una balena) lo inghiotte. Dal ventre del pesce, dove rimane tre giorni e tre notti, Giona rivolge a Dio un'intensa preghiera, che ricorda uno dei Salmi. Allora, dietro comando divino, il pesce vomita Giona sulla spiaggia. capitolo 3 Nel capitolo 3, Giona ottempera la sua missione e va a predicare ai niniviti. Questi, contro ogni aspettativa, gli credono, proclamano un digiuno, si vestono di sacco e Dio decide di risparmiare la città. Ma qui riemerge l'istinto ribelle di Giona: lui non è contento del perdono divino, voleva la punizione degli oppressori del suo popolo. Così, nel capitolo 4, si siede davanti alla città e chiede a Dio di farlo morire. capitolo 4 L'episodio più gustoso del libretto si trova proprio nel capitolo 4. Il Signore fa spuntare un ricino sopra la sua testa per apportargli ombra, ed egli se ne rallegra. Ma all'alba del giorno dopo un verme rode il ricino che muore, il sole e il vento caldo flagellano Giona, che invoca di nuovo la morte. Allora l'autore riporta le parole di Dio, divenute celeberrime: « Tu ti dai pena per quella pianta di ricino per cui non hai fatto nessuna fatica e che tu non hai fatto spuntare, che in una notte è cresciuta e in una notte è perita; ed io non dovrei aver pietà di Ninive, quella grande città, nella quale sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra, e una grande quantità di animali? » Il pesce Quando il libro di Giona parla di un grande pesce, più che ad una balena o a uno squalo bianco (come ipotizzato da alcuni), presumibilmente l'autore biblico pensa ad uno dei mostri primordiali citati nel libro di Giobbe, simboli del caos. Ad ogni modo, quest'immagine ha conosciuto una fortuna incredibile nella letteratura. Tra gli altri viene ripresa: da Ludovico Ariosto nei suoi ''Cinque Canti'', aggiunti e poi espunti dall'Orlando furioso, dove a finire nel ventre di una balena è Astolfo; da Carlo Collodi nel suo immortale Pinocchio, anch'egli emulo dell'antico Giona. Tre giorni di cammino Quest'espressione indica le dimensioni di Ninive ed è una chiara iperbole. Infatti nel libro dell'Esodo il "cammino di tre giorni" è quello necessario per uscire dall'Egitto e compiere un pellegrinaggio nel deserto ed offrire sacrifici al Signore (Esodo 5,3). Dopo tre giorni di cammino, inoltre, dopo il passaggio del Mar Rosso il popolo eletto raggiunge Mara (Esodo 15,23), luogo dove si manifesta la Misericordia di Dio, a cui evidentemente vuole alludere l'autore del libro di Giona. Giona nel Nuovo Testamento La permanenza di Giona per tre giorni e tre notti nel ventre del pesce ha conosciuto un'importante letture cristologica nel Nuovo Testamento. Così recita infatti Matteo 12,40: « Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra. » Anzi, alla "generazione perversa" che domanda un segno, Gesù non promette altro che ''il segno di Giona''. I tre giorni trascorsi da Giona nel ventre del mostro richiamano la resurrezione di Gesù "il terzo giorno". Infatti, secondo il linguaggio biblico, "tre giorni" rappresenta lo spazio di tempo al di là del quale la morte è definitiva ed irreversibile. Ed anche la pronta conversione dei niniviti è contrapposta da Gesù all'incredulità dei suoi contemporanei. La destra e la sinistra L'espressione ''non saper distinguere la destra dalla sinistra'' si trova solo nel libro di Giona. È abbastanza evidente che esse intendono indicare il Bene e il Male, perché secondo Deuteronomio 1,39) sono i bambini a non saper distinguere l'uno dall'altro. I niniviti sono dunque considerati come dei bambini che non hanno ancora conosciuto la Parola di Dio. Giona nella tradizione ebraica successiva In questo contesto non si può non citare il film «Giona che visse nella balena », film di Roberto Faenza, che racconta le disavventure di un bambino nell'orrore dei campi di sterminio nazisti, ai quali sopravvive ma in cui perde padre e madre. In questo contesto Giona si trasforma nell'incarnazione dell'intero popolo ebraico, costretto a restare "nel ventre della balena", cioè in un mondo ostile che cerca di opprimerlo o addirittura di distruggerlo, ma, con tenacia e forza d'animo, riuscirà ad essere "vomitato" dal mostro e a tornare alla vita. Significato Chiaro appare il messaggio del libro di Giona, al di là del linguaggio metaforico usato dall'autore. Ninive era un chiaro simbolo di oppressione per Israele, avendo distrutto e deportato il Regno del Nord; eppure a Giona, che qui rappresenta il rifiuto di questa nuova politica, è chiesto di invitare alla conversione proprio quella città. Dopo che egli ha accettato a malincuore di farlo, il suo rifiuto della decisione divina di risparmiare la città spiega assai bene i motivi della fuga nella direzione opposta. Giona non si rassegna ad accettare un Dio misericordioso, preferendogli il Dio del giudizio inesorabile, soprattutto contro un impero tanto odioso come quello assiro. Al suo sfogo, che rasenta la bestemmia, Iddio risponde con la parabola del ricino, il cui significato è altrettanto chiaro. Noi tutti siamo pronti a preoccuparci per le piccole cose della vita; perché Dio non dovrebbe preoccuparsi altrettanto dell'intera umanità, anche quella peccatrice e pagana, affinché possa essere salvata anch’essa? Daniele Il libro di Daniele fu scritto da un autore sconosciuto, negli anni tra il 167 e il 164. Il libro di Daniele non contiene la predicazione di un profeta, ma una serie di racconti edificanti e soprattutto di testi caratterizzati dallo stile apocalittico, con sogni svelati, visioni e previsioni di un futuro prossimo. Il suo scopo è offrire una visione della storia che dia coraggio e speranza ai giudei al tempo della persecuzione di Antioco IV Epifane (164 a.C.). Il racconto, nella prima parte (cf. Dn 1-6), è imperniato sulla figura di Daniele e dei suoi compagni, che suppone siano vissuti al tempo dell'esilio, più volte messi alla prova ma sempre liberati e vincitori. Nella seconda parte (cf. Dn 7-12) lo stesso Daniele ha visioni e sogni, con i quali descrive attraverso simboli il persecutore, la sua azione nefasta, ma anche la sua fine. Questa assicura l'avvento del regno dei santi, simboleggiati da un "figlio di uomo" il cui potere non tramonterà mai (cf. Dn 7,1314). Il cap. 13 racconta la storia di Susanna calunniata ma vittoriosa, cui fanno seguito gli apologhi contro l'idolatria del cap. 14. Baruc Per ultimo poniamo il libro di Baruc, che si ritiene composto all'inizio del I sec. a.C., ma è attribuito al segretario-servitore di Geremia. La raccolta presenta un materiale vario: una confessione dei peccati (cf. Bar 1,15-3,8), una meditazione sulla sapienza (cf. Bar 3,9-4,4), un invito alla speranza rivolto a Gerusalemme (cf. Bar 4,5-5,9), una critica all'idolatria attribuita a Geremia (cf. Bar 6). Fratelli di Gesù