L’inganno nella pubblicità Roma, La Sapienza, 29 febbraio 2012 I molti aspetti dell’inganno pubblicitario La pubblicità inganna (può ingannare) in diversi modi - con i singoli messaggi, - con l’insieme dei suoi messaggi A. L’inganno nei (dei) singoli messaggi • La posizione più ostile nei confronti della pubblicità deriva dalla convinzione che: l’inganno sia connaturato con l’attività commerciale e, quindi, con la pubblicità, che ne è uno strumento privilegiato La pubblicità è una forma di comunicazione che si deve valutare tenendo conto delle sue particolarità di contenuto e di forma e delle sue modalità diffusive. • E’, in sintesi, una tipica forma di comunicazione persuasoria Pubblicità → Persuasione • C’è persuasione e persuasione • Eco: tra i diversi livelli in cui può svilupparsi “si disegna come una serie di sfumature continue che vanno dalla persuasione onesta e cauta alla persuasione come inganno. Diremo dal discorso filosofico alle tecniche della propaganda e della persuasione di massa”. • Dove si colloca su questa scala la pubblicità commerciale? E’ giustificato un giudizio negativo radicale? La concezione del “dolus bonus” • Per definire l’inganno il diritto classico ha usato la parola “dolus”, che in realtà presenta al suo interno una serie di sfumature, che vanno dall’astuzia al tranello, all’insidia, alla malizia, alla frode: l’inganno in tutta la sua dimensione negativa è il dolus malus • La pubblicità è stata compresa nel concetto di dolus bonus, con il relativo corredo di indulgenza per le sue forme poco corrette (furbizia innocua) “Caveat emptor” • “Caveat emptor”, raccomandavano gli antichi: “Stia attento il compratore”, perché tutti i commercianti sono degli imbroglioni • L’ammonimento riguardava in particolare il loro modo di comunicare • Ma, dal momento che tutti sono avvertiti, l’inganno (il “raggiro”, la “frode”) non avviene: il “dolus” è “bonus”, non fa danno Fusi & Testa • “è incontestabile che spesso la pubblicità riferisce fatti non veri o deforma sensibilmente la realtà così da rendere possibile, anche per effetto delle sofisticate tecniche persuasive di cui si vale e dell’insistenza dei suoi messaggi, una induzione in errore dei suoi destinatari”. Tutti? → I consumatori non sono tutti uguali • Opportunità di considerare il grado di giudizio dei singoli “consumatori”, con particolare riferimento all’ipotetica figura del “consumatore medio”, ai minori, alle “sensitives audiences” • → consumatore più sprovveduto • E necessario tener conto anche della diversità dei prodotti e servizi pubblicizzati La risposta del mondo pubblicitario • Che la pubblicità possa ingannare, comunque, lo afferma lo stesso mondo pubblicitario (inserzionisti o utenti, mezzi di comunicazione, professionisti) che ne ammette le possibili “degenerazioni”, tra le quali, appunto, l’inganno; • e che, dal 1966, ha adottato un Codice di deontologico (dapprima “di lealtà pubblicitaria”, poi “di autodisciplina pubblicitaria”, ora “di autodisciplina della pubblicità commerciale”). • Il sistema autodisciplinare fa oggi capo all’ Istituto dell’autodisciplina pubblicitaria L’intervento pubblico • Successivamente è intervenuto anche lo Stato, che ha affidato gli interventi in materia all’Autorità Antitrust • Ormai da anni il Diritto comunitario è il riferimento fondamentale (ma non unico) della legislazione nazionale La nozione di inganno nel Codice di autodisciplina • Art. 1. (Lealtà pubblicitaria ). La comunicazione commerciale deve essere “onesta, veritiera e corretta” • Art. 2 (Pubblicità ingannevole). “La comunicazione commerciale deve evitare ogni dichiarazione o rappresentazione che sia tale da indurre in errore i consumatori, anche per mezzo di omissioni, ambiguità o esagerazioni non palesemente iperboliche, specie per quanto riguarda le caratteristiche e gli effetti del prodotto, il prezzo, la gratuità, le condizioni di vendita, la diffusione, l’identità delle persone rappresentate, i premi o riconoscimenti” • Il riferimento alle “esagerazioni non palesemente iperboliche” rimanda ad un’attenta valutazione di parole e immagini e richiama in causa • i diversi gradi di ingannabilità dei singoli consumatori e, insieme • il diverso grado di tutela che s’intende accordare attraverso le varie forme di intervento Autodisciplina: luci e ombre • • • • • • - tutela la pubblicità dal discredito, solo secondariamente o indirettamente i consumatori; - si fonda su regole apprezzabili nella loro formulazione (non sempre nell’applicazione), che contemplano anche altre forme scorrette oltre all’inganno; - opera con grande rapidità (anche se …); - si avvale per le decisioni di operatori di elevato prestigio … - … ma non esponenti del mondo consumeristico, che, d’altra parte, non fanno neppure parte dell’Istituto dell’autodisciplina pubblicitaria; - l’esecuzione delle decisioni è sostanzialmente rimessa alla buona volontà degli interessati - tali decisioni non hanno un particolare potere deterrente … - e sono scarsamente divulgate Lo Stato (Autorità Antitrust) • Le norme ricalcano quelle elaborate in sede autodisciplinare • Il procedimento è complesso e le decisioni dell’Autorità Antitrust possono essere impugnate presso il TAR del Lazio e le decisioni di quest’ultimo presso il Consiglio di Stato • La durata delle procedure è quasi sempre esiziale rispetto alla breve o brevissima durata delle campagne pubblicitarie • Le sanzioni statuali prevedono però l’irrogazione di pene pecuniarie che possono avere un valore deterrente 2 problemi particolari • 1. La figura del consumatore “medio” e del “consumatore più sprovveduto” (Adriano Vanzetti): il grado di tutela accordato • 2. La “trasparenza” della pubblicità e il “Product Placement” B. L’inganno della pubblicità nel suo insieme • Falabrino: “la pubblicità non è ingannevole nei singoli messaggi, o è tale soltanto in maniera episodica e sempre meno rilevante. Ma è ingannevole (felicemente ingannevole) nel suo messaggio globale: nella pubblicità c’è il godimento senza il vizio, il piacere senza la vita. La pubblicità esercita una grande funzione consolatrice e divertente” Frédéric Beigbeder • E’ un ex pubblicitario. Nel suo romanzo autobiografico (di successo) “Lire 26.900” il protagonista esordisce così: • “Sono un pubblicitario: ebbene sì, inquino l’universo. Io sono quello che vi vende tutta quella merda. Quello che vi fa sognare cose che non avrete mai. Cielo sempre blu, ragazze sempre belle, una felicità perfetta, ritoccata in photoshop …” Lo “specchio distorto” • Richard W. Pollay: “The Distorted Mirror: Reflections on the Unintended Consequences of Advertising” (“Journal of Marketing”, Aprile 1986). Pollay: la pubblicità • - rinforza selettivamente valori che possono essere comunicati facilmente e legati ai prodotti, mentre trascura la promozione di valori di più elevato ordine morale; • - promuove il materialismo come mezzo per raggiungere la felicità; • - favorisce la ricerca di status e rafforza stereotipi sociali, miopia, egoismo, eccessivo interesse per la sessualità e conformismo; • - provoca cinismo, insicurezza e scontento. La contestazione radicale • I movimenti che si proclamano apertamente antipubblicitari: dagli Adbusters canadesi ai Casseurs de pub in Francia, che propongono anche forme di détournement, di manomissione anche fisica dei messaggi pubblicitari, ma soprattutto la critica della società dei consumi e la promozione di alternative sostenibili • In Francia il Gruppo MARCUSE opera all’insegna di un manifesto contro il dominio pubblicitario nel mondo (grande menzogna) In sintesi • • • • La pubblicità alimenta il tessuto culturale: con sistematicità con modalità insidiose con proposte che incidono sull’area dei consumi • e sull’area complessiva dei valori • esercitando molteplici forme di inganno L’inganno pubblicitario chiama in causa • - i cittadini, in particolare nella loro veste di consumatori, ma anche di elettori; • Il mondo educativo • - il mondo pubblicitario, tenuto a comportamenti di correttezza, di onestà, di lealtà; • - i movimenti di tutela dei consumatori; • - i pubblici poteri, chiamati a emanare norme rispondenti alla necessità di tutela degli interessi, economici e non, dei cittadini. Obiettivo complessivo: • alimentare una cultura del fenomeno pubblicitario che ne promuova la conoscenza profonda e sia in grado di sensibilizzare imprese, professionisti, media, mondo educativo e mondo dei consumatori, favorendo un maggiore senso di responsabilità in quanti commissionano, realizzano e diffondono i messaggi commerciali, un approccio meno rassegnato o succube nei cittadini, nei consumatori, negli educatori, una intelligente capacità di regolamentazione e di vigilanza da parte dei responsabili amministrativi e politici.